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Sommario del 14/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all'udienza generale: in un mondo spesso frenetico e conflittuale il cristiano non si stanchi di tessere rapporti di fraternità e pace
  • Il cardinale Turkson: i Padri sinodali ascoltano il grido delle donne africane
  • Mons. Migliore all'Onu: è la persona la più grande risorsa per lo sviluppo
  • Santa Sede e Austria ratificano un nuovo Accordo sui Rapporti patrimoniali
  • A Córdoba la plenaria del Gruppo misto di lavoro tra Chiesa cattolica e Consiglio Ecumenico delle Chiese: intervista con mons. Farrel
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Cresce la fame nel mondo: oltre un miliardo senza cibo
  • Alleanza globale contro l’Aids pediatrico: appello dalla conferenza promossa da Caritas e ambasciata Usa presso la Santa Sede
  • Bocciata in Italia la legge sull'omofobia: il commento di Cesare Mirabelli
  • Oggi la Giornata internazionale per la prevenzione delle catastrofi naturali
  • Primo Congresso Missionario dell’India. Mons. López Quintana: annunciare con coraggio il Vangelo
  • Il ruolo del cattolicesimo in Europa: intervista col cardinale Ruini
  • Chiesa e Società

  • Filippine: per la polizia padre Sinnott è tenuto prigioniero dal Fronte islamico Moro
  • La Caritas aiuta 300mila vittime dei disastri naturali
  • Il presidente dei vescovi peruviani: difendere la vita è una questione di diritti umani
  • Honduras: spari contro un seminario
  • Congo: Msf denuncia tattiche di violenza per terrorizzare la popolazione
  • Indonesia: cristiani e musulmani contro la legge sull'aborto
  • In Vietnam iniziative di monaci buddisti e attivisti cattolici in difesa della vita
  • Decalogo dell’osservatorio Van Thuân con le ragioni del “no” all’aborto chimico
  • Benedetta in Polonia la prima cappella dedicata a Santa Gianna Beretta Molla
  • Thailandia: il direttore di Signis sul prossimo Congresso mondiale dell’Associazione
  • Egitto: convegno al Cairo dei responsabili delle scuole cattoliche
  • Congratulazioni dei vescovi Usa a Obama per il Premio Nobel
  • Usa: le Pom intensificano la presenza in internet e Facebook
  • Il 19 ottobre proiezione a Roma del film su Popieluszko, cappellano di Solidarność
  • Da venerdì ad Assisi il convegno internazionale dell'Aifo
  • Premio "Cuore Amico" a missionari in Paraguay, Burundi e Kenya
  • Dal 19 ottobre i Redentoristi riuniti per il loro Capitolo Generale
  • A Napoli 10mila firme per intitolare una piazza a Giovanni Paolo II
  • 24 Ore nel Mondo

  • Decine di migliaia di persone fuggono dalle zone di conflitto in Pakistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all'udienza generale: in un mondo spesso frenetico e conflittuale il cristiano non si stanchi di tessere rapporti di fraternità e pace

    ◊   Apertura al prossimo, perdono e ricerca della pace sono da sempre i tratti distintivi dello stile di vita cristiano, tanto più importanti oggi in un tempo segnato da intolleranza, incomunicabilità e conflitti. Lo ha affermato Benedetto XVI, all’udienza generale in Piazza San Pietro prendendo spunto dalle qualità spirituali e umane che testimoniò Pietro il Venerabile, uno dei grandi monaci dell’abbazia di Cluny nel Medioevo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Viene dal Medioevo un nuovo esempio per il mondo contemporaneo di cosa possano creare i valori cristiani quando si sposano a qualità umane come l’equilibrio, la mitezza, il senso della misura, la magnanimità. La figura di sintesi è quella di Pietro il Venerabile, uno dei “santi abati” di Cluny, alla cui carica fu eletto nel 1122 rimanendovi fino alla morte, avvenuta nella Notte di Natale del 1156. Rettitudine, lealtà, lucidità, speciale attitudine a mediare: Benedetto XVI ha elencato alle migliaia di persone presenti alla catechesi le doti di questo antico monaco, definito “asceta rigoroso con se stesso e comprensivo con gli altri”. A un tempo “severo” e “dotato di profonda umanità”:
     
    “Di indole sensibile e affettuosa, sapeva congiungere l’amore per il Signore con la tenerezza verso i familiari, particolarmente verso la madre, e verso gli amici. Fu un cultore dell’amicizia, in modo speciale nei confronti dei suoi monaci, che abitualmente si confidavano con lui, sicuri di essere accolti e compresi”.

     
    Dal compendio delle virtù di un uomo di mille anni fa, che si riconosceva per indole “portato all’indulgenza” perché - scriveva - “sono assuefatto a sopportare e perdonare”, il Papa ha tratto un esempio sempre valido anche mille anni più tardi:
     
    “Potremmo dire che questo santo Abate costituisce un esempio anche per i monaci e i cristiani di questo nostro tempo, segnato da un ritmo di vita frenetico, dove non rari sono gli episodi di intolleranza e di incomunicabilità, le divisioni e i conflitti. La sua testimonianza ci invita a saper unire l’amore a Dio con l’amore al prossimo, e a non stancarci nel riannodare rapporti di fraternità e di riconciliazione”.

     
    Dal punta di vista spirituale e pastorale, ha spiegato il Pontefice, Pietro il Venerabile si distingue negli anni del suo ministero per il suo amore all’Eucaristia - sulla quale, ha affermato Benedetto XVI, ha lasciato pagine-capolavoro grazie anche al suo notevole talento letterario - e per la venerazione nutrita nei riguardi della Vergine. Ma “vivo”, ha soggiunto il Papa, appare anche il suo “senso ecclesiale”, che si traduce “in cura e sollecitudine anche per chi era al di fuori della Chiesa, in particolare per gli ebrei e i musulmani”:
     
    “Per favorire la conoscenza di questi ultimi provvide a far tradurre il Corano. Osserva al riguardo uno storico recente: ‘In mezzo all’intransigenza degli uomini del Medioevo - anche dei più grandi tra essi - noi ammiriamo qui un esempio sublime della delicatezza a cui conduce la carità cristiana’”.

     
    Dunque, ha ribadito Benedetto XVI, un esempio di “santità monastica” di stampo benedettino che non smette di insegnare, in qualsiasi tempo, che un’esistenza “pervasa di amore profondo per Dio” diventa una vita di amore e di “sincera apertura al prossimo, nel perdono, e nella ricerca della pace”:

     
    “Potremmo dire, concludendo, che se questo stile di vita unito al lavoro quotidiano, costituisce, per san Benedetto, l’ideale del monaco, esso concerne anche tutti noi, può essere, in grande misura, lo stile di vita del cristiano che vuole diventare autentico discepolo di Cristo, caratterizzato proprio dall’adesione tenace a Lui, dall’umiltà, dalla laboriosità e dalla capacità di perdono e di pace”.
     
    Al termine delle catechesi in sintesi, oggi in dieci lingue, il Papa ha rivolto come di consueto saluti ai vari gruppi presenti in Piazza San Pietro, tra i quali quello dei Consoli di Milano e della Lombardia, esortati “ad operare con rinnovato impegno in favore dell’uomo e della sua dignità”, e quello dei delegati internazionali dell’emittente Radio Maria:

     
    “Li incoraggio a proseguire la loro importante opera a servizio della diffusione del Vangelo”.

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    Il cardinale Turkson: i Padri sinodali ascoltano il grido delle donne africane

    ◊   Circoli minori al lavoro, oggi, per il secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, in corso in Vaticano sul tema della riconciliazione, la giustizia e la pace. Il programma prevede il dibattito, a porte chiuse, sulla “Relazione dopo la discussione”. Il documento è stato presentato ieri pomeriggio dal cardinale Peter Turkson, relatore generale del Sinodo. Nel testo, il porporato ha riassunto i temi principali emersi in Aula finora ed ha dettato le linee-guida sulle quali i presuli dovranno lavorare, in vista dei documenti finali dell’Assemblea. Il servizio di Isabella Piro:

    È una Chiesa africana orgogliosa delle sue origini apostoliche e fiera per i suoi antenati nella fede quella tratteggiata dal cardinale Turckson. Una Chiesa che, per rendere più forte il suo compito di riconciliazione, deve ripensare il suo modo di essere e di agire, guardando alla verità e nella fedeltà per la sua missione. La Chiesa-Famiglia di Dio in Africa, continua il porporato, deve essere trasformata dal di dentro e deve trasformare il continente.

     
    Il suo apostolato, allora, comprenderà vari aspetti e il relatore generale ne indica alcuni: liberare la popolazione africana da ogni paura, compresa quella provocata dalla magia e dall’occultismo; assicurare la formazione in ogni campo, dalla catechesi ai mass media, dalla politica alla cultura; sfidare un passato di colonialismo e sfruttamento; resistere alle minacce della globalizzazione.

     
    “The issue of migration came up for special mention…”
    Poi, il cardinale Turkson chiede attenzione alla questione delle migrazioni, anche in rapporto alle legislazioni dei Paesi occidentali, e invita a considerare il tema della “etnicità” che può sviluppare atteggiamenti di esclusione e distruggere le comunità vive, trasformandosi quasi in una forma di razzismo.

     
    Il relatore generale del Sinodo non dimentica le “ombre” che coprono la società africana nel campo della famiglia, minacciata dall’ideologia del “genere”, dalla nuova etica sessuale globale, dall’ingegneria genetica, e attaccata dalla salute riproduttiva e da stili di vita “alternativi” al matrimonio tra uomo e donna.

     
     
    “The Church may see the present and persistent shadows in Africa…”
    Ma sono “ombre, continua il cardinale Turkson, che la Chiesa può vedere come sfide ed opportunità per crescere.

     
    Attenzione viene riservata anche alle donne, ancora ai margini della cultura africana: i Padri sinodali hanno ascoltato il loro grido, dice il cardinale Turkson. La Chiesa-Famiglia di Dio è invitata a fare qualcosa contro le gravi ingiustizie perpetrate contro di loro, come poligamia, violenze domestiche, discriminazione nel diritto di eredità, matrimoni forzati. Esse hanno bisogno di essere riconosciute, nella società come nella Chiesa, come membri attivi.

     
    Un altro appello è rivolto alla difesa dei bambini, “la parte più sofferente della popolazione Africana”, dice il relatore generale, che subiscono abusi, sono costretti alla guerra, e si vedono negare il diritto all’educazione. E la stessa cura è riservata ai giovani, nei confronti dei quali si lamenta la povertà delle politiche governative sull’educazione e l’occupazione.

     
    Centrale inoltre la necessità di un esercizio responsabile del potere da parte della leadership africana, che deve stare lontana dalla corruzione, rispettare i governi democratici, senza tollerare i colpi di Stato. Gli episcopati africani, ricorda poi il cardinale Turkson, hanno anche un grande interesse a rafforzare la loro presenza nelle organizzazioni continentali, come l’Unione Africana, in armonia con l’azione della Santa Sede, per stimolare e garantire iniziative di riconciliazione, giustizia e pace.

    “The tragedy of the pandemic of Hiv-Aids…”
    Poi, il cardinale Turkson sottolinea che la pandemia di Aids non è stata persa di vista, ma che la Chiesa si impegna nello sforzo di ridurre la negativa visione sociale delle persone infette. Un appello viene quindi lanciato perché in Africa i malati ricevano gli stessi trattamenti che in Europa.

     
    Quindi, l’accento va alla richiesta di fermare le fabbriche di armi, di evitare una guerra per l’acqua, di promuovere mass media locali che non strumentalizzino l’Africa. E ancora: il porporato dice no alla bramosia delle multinazionali che vogliono appropriarsi delle risorse naturali dell’Africa, scatenando conflitti non dovuti quindi al tribalismo, e chiede una collaborazione attiva con i musulmani di buona volontà, in modo da ridurre le tensioni.
     
    Poi, il grande tema della giustizia che è una rivelazione di Dio e che ha come scopo principale non il risarcimento, ma il risanamento attraverso l’ammissione della colpa e il perdono.

     
    Infine, il cardinale Turkson riassume tutto in venticinque domande. Tocca ora ai Circoli minori trovare le risposte adeguate dalle quali scaturiranno, poi, le Proposizioni finali.

     
    In tarda mattinata, poi, a colloquio con i giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede, il card. Wilfrid Napier, presidente delegato del Sinodo, ha ricordato le tante attività della Chiesa nel campo della lotta all’Aids. Attività che comprendono il fare informazione sulla patologia, curare i malati, partecipare a programmi che distribuiscono farmaci antriretrovirali ed insegnare, soprattutto ai giovani, il giusto valore della sessualità a scopo procreativo. In questo senso, il porporato ha condannato un certo “imperialismo culturale” di chi vuole donare aiuti all’Africa, in cambio, però, dell’accettazione di ideologie che non le appartengono.

     

    Non c’è sviluppo in Africa senza riconoscimento della parità tra uomo e donna. Un concetto, questo, più volte ribadito al Sinodo. Qualcosa a livello sociale sta cambiando e oggi molte realtà ecclesiali in Africa promuovono i diritti delle donne. Lo conferma Barbara Pandolfi, uditrice al Sinodo e presidente dell’Istituto Secolare Missionarie della Regalità di Cristo. Paolo Ondarza l’ha intervistata.

    R. – Sicuramente, la donna in Africa ha un ruolo rilevante per quello che riguarda la vita economica, la vita sociale, la vita nei villaggi. E’ la sua presenza che, per esempio, dà stabilità alla famiglia, è la sua presenza che dà continuità anche al sostentamento stesso della famiglia attraverso il suo lavoro. E’ lei che si occupa del lavoro dei campi, dei bambini ed è una presenza altamente significativa anche all’interno della Chiesa: spesso anima, con la danza e con i canti, la liturgia e guida anche delle comunità. Sicuramente ci sono dei cambiamenti. Sono dei cambiamenti forse ancora piccoli, nascosti, che riguardano soprattutto la consapevolezza che la donna ha di se stessa. Grazie anche all’intervento di molti gruppi e associazioni ecclesiali che aiutano in questo, favoriscono la consapevolezza del ruolo della donna stessa e della sua dignità, che talvolta però è messa in discussione dal non rispetto, anche dalla violenza che la donna subisce, e dalla cultura talvolta maschilista nella quale essa si trova coinvolta.

     
    D. – Le donne africane, che comunque sono state abituate a ricoprire finora una posizione – appunto – di subordinazione, quanta capacità hanno di accogliere il messaggio di promozione della donna?

     
    R. – Molte di loro hanno questa capacità. Loro, di fatto, hanno in parte condiviso le tradizioni dei loro Paesi ma in parte le hanno anche subite. Ci sono molte donne che vivono la poligamia come una disgrazia: non l’hanno scelta, è loro capitata, la devono subire ma vorrebbero liberarsene, così come di altre situazioni di ingiustizia. Poi, credo che ormai ci siano modelli diversi, in Africa: donne che hanno incominciato a lavorare e ad essere valorizzate sia sul piano sociale sia sul piano ecclesiale dei diritti umani. Molti gruppi, anche della Chiesa, riconoscono alla donna un effettivo valore e quindi le danno anche sicurezza, quell’autostima che è necessaria perché possa emergere e possa anche lottare.

     
    D. – La donna africana che cosa ha da offrire come modello, a quella occidentale?

     
    R. – La cosa che impressiona di più, quando incontriamo le donne africane, è la loro grande forza di vivere: la forza di cantare e di danzare in qualunque situazione della vita. E anche cogliere il senso profondo e la forza che la vita è in se stessa. Io credo che questa sia la grande ricchezza che le donne africane possono dare, insieme alla capacità di accoglienza, questa capacità di condivisione. Càpita, qualche volta, che in un villaggio non ci sia niente da mangiare, ma quando arriviamo le donne condividono quel che hanno: una pannocchia di mais, un piatto di manioca …

     
    D. – Qualcuno tra i Padri sinodali ha usato un’immagine significativa: di una donna, Maria, che ha portato Gesù all’Africa, con un evidente riferimento alla fuga in Egitto; e ha detto: “Oggi le donne africane continuano ancora a portare Gesù all’Africa” …

     
    R. – Davvero! La donna è portatrice di un messaggio, di una profezia e in Maria anche della Parola che si fa carne. Per le donne africane, questo credo che si realizzi, e in molti modi. Il primo modo è attraverso la loro fede: hanno un senso profondo di Dio, della presenza di Dio nella vita. Molte donne sono portatrici di un messaggio di pace, di riconciliazione; hanno saputo ricostruire la famiglia che magari è composta da figli provenienti da unioni diverse, hanno saputo spesso accogliere figli frutto di violenza … Quindi, veramente, le donne anche nella società possono davvero portare il messaggio evangelico, in alcuni casi le donne sono anche catechiste. Questo aspetto sarebbe da sviluppare maggiormente, in Africa.

     
    D. – Vorrei concludere questa intervista con un’immagine che lei ha usato nel suo intervento, un’immagine che deriva dalla Genesi …

     
    R. – Nel racconto della Genesi, la prima divisione nel genere umano è stata proprio quella fra uomo e donna: l’uomo che accusa la donna, la donna che spinge l’uomo a commettere il peccato, e questa comunità d’amore che l’uomo aveva poche righe prima cantato, dicendo: “Questa è carne della mia carne, ossa delle mie ossa”, si spezza. E’ conseguenza del peccato. E questo peccato porta l’uomo a dominare la donna. Ecco: credo che la riconciliazione arrivi proprio nel superamento di questo dominio. E arriva nel riconoscere la diversità come ricchezza, e non attraverso un rapporto di potere, di dominio, di violenza.

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    Mons. Migliore all'Onu: è la persona la più grande risorsa per lo sviluppo

    ◊   Le molte sfide che sono di fronte alla comunità internazionale per raggiungere un più grande e sostenuto sviluppo economico e sociale: ne ha parlato l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, nell’ambito dell’Assemblea delle Nazioni Unite in corso nel Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Demografia, famiglia, promozione della donna, migrazioni, educazione, salute materna. Molte le questioni cruciali per il futuro dell’umanità poste da mons. Migliore, intervenuto nel dibattito sugli obiettivi raggiunti a seguito delle grandi Conferenze dell’Onu su temi economici e sociali, nel quindicesimo anniversario di quella svoltasi al Cairo su popolazione e sviluppo.

     
    Se nel 1994 – ha ricordato il presule – l’impressione generale era che fosse imminente un’esplosione demografica che avrebbe ostacolato un “adeguato sviluppo economico globale”, oggi “vediamo che questa percezione era infondata”, se il calo demografico in molti Paesi sviluppati è stato tale da dover ora incoraggiare un incremento delle nascite per assicurare la crescita economica, e se molti Paesi in via di sviluppo stanno sviluppandosi più che in passato, minacciati più che dall’esplosione demografica dall’irresponsabile governo economico mondiale e locale. “Per quasi un secolo – ha osservato il rappresentante vaticano – vi sono stati tentativi di collegare la popolazione globale con il cibo, l’energia, le risorse naturali e le crisi ambientali. Tuttavia, al contrario – ha sottolineato – è stato costantemente dimostrato dall’ingegno umano e dall’abilità dei popoli a lavorare insieme che le persone sono la più grande risorsa del mondo”, così anche la famiglia – è stata riconosciuta dall’Onu - quale “elemento vitale di un maggiore sviluppo sociale ed economico”, chiamata a raccogliere le sfide dell’emancipazione femminile nel lavoro e a casa. E i governi sono stati interpellati a supportarla nelle proprie responsabilità e a contrastare lo sfruttamento sessuale ed economico delle donne e le discriminazioni di cui sono oggetto. E se la persona umana è al centro di ogni politica di sviluppo, lo sono anche i migranti, troppo spesso visti – ha stigmatizzato il presule - “come conseguenza inevitabile della globalizzazione” mentre “stereotipi negativi sui migranti sono usati per promuovere politiche che hanno un effetto disumanizzante e creano divisioni irresponsabili all’interno della famiglie".

     
    Altro tema centrale quello dell’educazione per tutti, lo strumento più efficace - ha ribadito l’osservatore della Santa Sede - per un sviluppo economico, sociale e politico duraturo, e per promuovere l’equaglianza tra uomini e donne. Ha voluto infine mons. Migliore sgomberare il campo dall’equivoco di un’interpretazione della salute sessuale e riproduttiva che includa un diritto all’aborto: questo – ha denunciato mons. Migliore – “viola esplicitamente il linguaggio della Conferenza del Cairo, sfida le norme morali e giuridiche all’interno delle comunità e disperde gli sforzi per soddisfare i reali bisogni delle madri e dei bambini".

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    Santa Sede e Austria ratificano un nuovo Accordo sui Rapporti patrimoniali

    ◊   La Santa Sede e l’Austria hanno ratificato oggi un nuovo Accordo riguardante la Convenzione che regola i Rapporti patrimoniali tra i due Stati. Una nota ufficiale della Sala Stampa vaticana informa che, alle 12, nel Palazzo Apostolico Vaticano il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e l’ambasciatore d’Austria presso la Santa Sede, Martin Bolldorf, hanno proceduto allo scambio dei documenti di ratifica del sesto Accordo Addizionale alla Convenzione fra la Santa Sede e la Repubblica Austriaca per il Regolamento dei Rapporti Patrimoniali del 23 giugno 1960, firmato a Vienna il 5 marzo 2009. Alla cerimonia, conclude la nota, erano presenti l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, i monsignori Fortunatus Nwachukwu, capo del Protocollo, Antonio Guido Filipazzi, Nicolas Thevenin e Lech Piechota, e il sig. Moritz Ehrmann, addetto dell’Ambasciata d’Austria presso la Santa Sede.

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    A Córdoba la plenaria del Gruppo misto di lavoro tra Chiesa cattolica e Consiglio Ecumenico delle Chiese: intervista con mons. Farrel

    ◊   E’ in corso a Córdoba, in Spagna, la plenaria del Gruppo misto di lavoro tra la Chiesa cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese, un organismo creato nel 1965 con il compito di sostenere la reciproca collaborazione nella ricerca dell’unità dei cristiani. Presiedono i lavori il metropolita Nifon di Targoviste, del Patriarcato di Romania e mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino. Al centro della plenaria, che si concluderà domenica, quattro temi principali: ce ne parla il segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, mons. Brian Farrell, anch’egli presente a Córdoba. L’intervista è di Philippa Hitchen:
     

     
    R. – Dobbiamo far arrivare alle Chiese, attraverso gli esperti, i teologi ed anche attraverso i documenti, i progressi che si fanno e gli accordi che si trovano, non solo su astratte cose dottrinali, ma anche sulle conseguenze della vita per le comunità locali, le parrocchie, le associazioni.

     
    D. – Accanto ai problemi pratici del cammino verso l'unità, sottolineate soprattutto un ecumenismo spirituale...

     
    R. - L’unità dei cristiani non è una cosa che possiamo fare da noi soli : è un dono di Dio. Pertanto, al centro del nostro incontro c’è la preghiera, la conversione al Vangelo, la purificazione delle memorie storiche. E noi cerchiamo i modi per educare i fedeli di tutte le Chiese a questo senso della priorità dello Spirito nella ricerca dell’unità.

     
    D. – Altro punto al centro dell’incontro è la questione delle migrazioni. In che senso?

     
    R. - E‘ l’effetto della migrazione sulle Chiese. Il messaggio delle Chiese stesse alla società civile molte volte è contraddittorio perciò noi cerchiamo di trovare i modi in cui la Chiesa cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese possano collaborare insieme per difendere il migrante e per assicurare che i principi veri dell’umanesimo cristiano passino alle leggi.

     
    D. – C’è un problema che accomuna tutte le Chiese?

     
    R. - Un problema gravissimo per tutte le Chiese è la formazione cristiana dei giovani e la presenza dei giovani nelle Chiese.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Apertura al prossimo, perdono e ricerca della pace: ricordando nella catechesi Pietro il venerabile il Papa ripropone lo stile di vita dell’autentico discepolo di Cristo.

    Nell’informazione vaticana, i lavori sinodali.

    La lezione di Lehman e i manager troppo distratti: in rilievo, nell'informazione internazionale, la notizia dei sempre più alti compensi dei banchieri statunitensi.

    La scala di Giobbe: in cultura, Cristiana Dobner su Edith Stein nel decennale della sua proclamazione a compatrona d’Europa.

    Il maestro che non clonava se stesso: a vent’anni dalla morte, Carlo Carletti ricorda Pasquale Testini, caposcuola dell’archeologia cristiana, del quale - domani in Campidoglio - verranno presentati importanti contributi raccolti nel volume “Scritti di archeologia cristiana. Le immagini, i luoghi, i contesti”.

    Un articolo di Giovanni Carrù dal titolo “Il Papa che insegna nell’oscurità”: San Callisto e gli affreschi delle catacombe a lui intitolate.  

    L’introduzione di Sabrina Sforza Galitzia al volume “Il Cenacolo di Leonardo in Vaticano. Storia di un arazzo di seta e oro”.

    Patrimonio sotto scorta: Simona Verrazzo sul tango, gli arazzi di Aubusson e la danza degli Ainu aggiunti alla lista dei beni dell’umanità posti sotto tutela dall’Unesco.

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    Oggi in Primo Piano



    Cresce la fame nel mondo: oltre un miliardo senza cibo

    ◊   Le persone che soffrono la fame nel mondo sono 1,02 miliardi, il 9% in più rispetto all’anno scorso, e l’incremento più forte si registra nei Paesi ricchi. Lo denuncia il rapporto pubblicato oggi dalla Fao e dal Pam, il Programma alimentare mondiale. I dati, spiegano i due organismi, dimostrano il fallimento dell’obiettivo assunto con la Dichiarazione Onu del millennio, quello di dimezzare entro il 2015 la fame nel mondo. L’obiettivo, sostengono Fao e Pam, va ricalibrato e subito. Servizio di Francesca Sabatinelli.

    In 39 anni è il picco più alto: la fame nel 2009 colpisce oltre un miliardo di persone. Un fatto intollerabile spiegano la Fao e il Pam, che disegnano la mappa della sottonutrizione. Il record lo mantiene la regione Asia-Pacifico, seguita dall'Africa Subsahariana, dall'America Latina, dal Nord e dall’est Africa. E’ colpa sì della crisi economica globale ma - spiega il direttore generale della Fao, Jacques Diouf - si hanno mezzi tecnici ed economici per eliminare questa piaga: a mancare è una maggiore volontà politica. E non solo, per Sergio Marelli, presidente della Focsiv, Federazione degli Organismi Cristiani per il Servizio Internazionale Volontario, oltre a mancare le politiche quelle che ci sono vengono anche applicate in modo sbagliato:

     
    R. - Non si è voluto negli ultimi decenni sostenere le piccole agricolture, le aziende su scala familiare, favorendo invece le politiche di grandi coltivazioni, delle grandi multinazionali per i prodotti di esportazione, che sono sicuramente oggi in crisi per la crisi economica, ma altrettanto sono una delle cause; per cui ancora oggi si deve assistere al fatto che un miliardo di persone non abbiano cibo in quantità e qualità sufficiente. La Coldiretti sostiene, e noi con loro, questo nuovo orizzonte del "chilometro 0", cioè produrre per consumare in loco, accorciando le filiere e cioè i passaggi di commercializzazione e così eliminando quegli attori che proprio sui mercati internazionali speculano anche, ormai, sulle derrate alimentari, quindi speculano proprio sulla pelle della povera gente. Il dato che non si investe in agricoltura è altrettanto eloquente. Pensiamo che negli anni ’80 il 18 per cento degli aiuti allo sviluppo veniva investito in agricoltura. Lo scorso anno la Fao dice che si è investito solo il 3 per cento.

     
    D. – Sergio Marelli, insomma fa comodo ai Paesi industrializzati, ai Paesi ricchi, tenere i poveri sotto scacco in questo modo?

     
    R. – Ci sono i mezzi produttivi, ci sono i mezzi economici, c’è cibo sufficiente per sfamare tutta la popolazione. Certo che fino a quando le terre fertili dei Paesi del sud del mondo continueranno ad essere messe a coltura per produrre agro-carburanti, cioè per risolvere un problema, ancora una volta, dei Paesi ricchi del nord del mondo, che consumano molta energia e oggi devono far fronte ai cambiamenti climatici e alle crisi ambientali, è chiaro che si continuerà purtroppo a promuovere una politica di affamamento, di impoverimento dei Paesi del sud del mondo. I mezzi ci sono, occorre che a questi mezzi corrisponda una volontà politica per far sì che di questi beni, del cibo, dell’acqua, delle derrate, delle risorse agricole, ne possano godere tutti e non solamente essere tornaconto di profitti miliardari per pochi soggetti.

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    Alleanza globale contro l’Aids pediatrico: appello dalla conferenza promossa da Caritas e ambasciata Usa presso la Santa Sede

    ◊   Si è aperta stamani alla Pontificia Università della Santa Croce, a Roma, la conferenza sull’Aids pediatrico promossa dalla Caritas internationalis e dell’Ambasciata americana presso la Santa Sede. Alla tre giorni di lavori partecipano esponenti della Santa Sede e delle Nazioni Unite, personalità laiche e religiose impegnate nella lotta all’Aids e rappresentanti di grandi compagnie farmaceutiche. Il servizio del nostro inviato alla conferenza, Alessandro Gisotti:

    Unire le forze per mettere fine allo scandalo dei bambini vittime dell’Aids. E’ questo il messaggio forte lanciato dalla Pontificia Università della Santa Croce. La conferenza si è aperta con l’intervento di mons. Jean-Marie Musivi Mpendawatu, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari, che ha indicato nella prevenzione e nell’assistenza le due direttrici d’azione della Chiesa nella lotta all’Aids. Mons. Mpendawatu ha ribadito che castità, astinenza e fedeltà coniugale sono irrinunciabili per sconfiggere la pandemia. Ancora, ha sottolineato che le organizzazioni caritatevoli cattoliche impegnate sul fronte dell’Aids non devono stringere alleanze con realtà che tradiscano la loro identità. Ha infine riecheggiato l’appello di Benedetto XVI in favore di un più facile accesso ai farmaci antiretrovirali. E’ stata dunque la volta del neoambasciatore americano presso la Santa Sede, Miguel Díaz, che ha innanzitutto assicurato l’impegno dell’amministrazione Obama nel contrasto all’Hiv. L’ambasciatore ha indicato in San Damiano de Veuster, l’apostolo dei lebbrosi canonizzato domenica scorsa, un esempio estremamente attuale per affrontare una realtà complessa come quella dell’Aids. Né ha mancato di sottolineare la significativa coincidenza della conferenza sull’Aids con il Sinodo per l’Africa, continente che più di ogni altro soffre a causa della pandemia. Nel suo appassionato discorso, il segretario generale di Caritas internationalis, Lesley-Anne Knight, ha denunciato lo scandalo dell’Aids pediatrico: 800 bambini, ha detto, muoiono ogni giorno a causa di malattie collegate all’Aids. Nei Paesi in via di sviluppo, ha proseguito, mancano strumenti diagnostici per le madri e medicinali adeguati alla cura dei bambini sieropositivi. Proprio per questo, ha spiegato, "Caritas internationalis" ha lanciato una campagna per promuovere la produzione e la distribuzione di medicinali, specie nelle aree rurali.

     
    “Non c’è un deficit di risorse materiali ma un deficit di buona volontà”, il direttore esecutivo dell’agenzia Onu per la lotta all’Aids (Unaids), Michel Sidibé, ha preso in prestito le parole di Martin Luther King per esortare i governi e la comunità internazionale ad impegnarsi a sradicare la piaga dell’Aids. “E’ una questione di giustizia sociale”, ha aggiunto Sidibé che ha invocato una partnership globale che coinvolga società civile, governi e compagnie farmaceutiche. Un ruolo fondamentale su questo fronte, ha riconosciuto Sidibé, viene svolto dalla Chiesa cattolica. La prima sessione della conferenza si è conclusa con una tavola rotonda su diagnosi e terapia dei bambini sieropositivi in cui è stato anche affrontato il tema delicato della proprietà intellettuale sui farmaci antiretrovirali.

     
    Alla Conferenza sull’Aids pediatrico, in corso a Roma, è intervenuto oggi anche il prof. Paolo Rossi, pediatra immunologo dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che intervistato da Alessandro Gisotti si sofferma sulle sfide più urgenti nella cura dei bambini vittime dell’Aids:

    R. – Le sfide maggiori sono la diagnosi precoce, specialmente per quanto riguarda le donne in gravidanza, quindi la possibilità di fare diagnosi e la possibilità, una volta fatta la diagnosi, di avere accesso alle cure. Un’altra sfida molto grande è chiaramente quella di allestire un vaccino che possa prevenire le nuove infezioni o che possa mitigare gli effetti dell’infezione riducendo la necessità di cura.

     
    D. - A che punto siamo con i medicinali, nello specifico nella cura dell’Aids pediatrico?

     
    R. - La ricerca farmaceutica nel campo dei farmaci antiretrovirali ha fatto passi da gigante, conoscendo noi oggi quasi tutti i meccanismi patogenetici che sono messi in atto dal virus dell’Hiv. Abbiamo un vasto numero di farmaci capaci di interferire con il ciclo biologico del virus e quindi determinare una riduzione significativa della replicazione virale. Possiamo dire che in realtà l’Hiv nei Paesi industrializzati è una malattia cronica non guaribile in questo momento, ma comunque curabile. Il problema pediatrico è che molti di questi farmaci non hanno una formulazione pediatrica. Dire che c’è un farmaco non vuol dire che c’è un farmaco per il bambino. Ad esempio ci sono dei farmaci disponibili per l’adulto che hanno delle compresse molto grandi con dei dosaggi molto grandi, ma non si conoscono bene i dosaggi che devono essere ultilizzati in pediatria. Recentemente sia negli Stati Uniti, sia in Europa in particolare, è passata una legge per cui tutti i farmaci che possono essere usati in pediatria devono avere una sperimentazione pediatrica.

     
    D. - Il Papa ha chiesto tante volte, in particolare nel suo viaggio in Africa, un più facile accesso ai medicinali antiretrovirali. Un appello che ovviamente fate vostro, con quali speranze e quali aspettative?

     
    R. – L’appello del Papa è un appello non soltanto accorato ma estremamente razionale. In realtà la problematica fondamentale è che mentre nei Paesi industrializzati, per esempio in Italia, possiamo dire che tutti i bambini hanno accesso alle cure, in Africa soltanto l’otto per cento dei bambini ha accesso alle cure, in America Latina l’otto per cento, in Asia addirittura solo il cinque per cento. Senza dubbio un importante passo avanti è l’impegno da parte dei governi per avere maggiore accesso alle cure.

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    Bocciata in Italia la legge sull'omofobia: il commento di Cesare Mirabelli

    ◊   In Italia la Camera ha respinto la proposta di legge sull'omofobia, che prevedeva di inserire nell'ordinamento un’aggravante per i reati commessi per discriminazione sull'orientamento sessuale. Il ministro per le Pari Opportunità Carfagna promette un suo disegno di legge in materia. Intanto è spaccatura a destra e a sinistra. Il servizio di Fausta Speranza:

    Un gruppo del Pdl considerato molto vicino al presidente della Camera Fini vota con l'opposizione. Nel Pd Paola Binetti vota come la destra e qualcuno parla di possibile espulsione. La polemica politica infuria più che sul risultato della votazione sulle dinamiche di mancati accordi: sostanzialmente il provvedimento arriva in Aula con un accordo di massima nel cosiddetto Comitato dei nove per il ritorno in Commissione. In questo modo, si sottolinea anche dalla maggioranza, verrebbe messo al riparo dalla pregiudiziale di costituzionalità presentata dall'Udc. Il Pd non è del tutto contrario a patto che vengano garantiti tempi certi per il ritorno in Assemblea. Poi però, il Pd valuta che sia meglio una possibile bocciatura in Aula che non un 'insabbiamento' certo del testo in Commissione. In ogni caso, rimane il bisogno di riflettere su un punto preciso: il testo di proposta di legge inseriva tra le aggravanti dei reati i fatti commessi “per finalità inerenti all’orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa dal reato”. Questo può aprire a disuguaglianze? La violenza subita da un gay poteva diventare più grave della stessa subita da qualunque altra persona o addirittura da altri soggetti più deboli come persone con handicap o donne incinte? Ascoltiamo la riflessione del prof. Cesare Mirabelli, ex giudice costituzionale:
     
    “Certamente l’aggravante significa sanzionare più pesantemente. Vi può essere l’esigenza di una protezione accentuata per determinate categorie di persone, quando risponda ad un’esigenza di ragionevolezza. Ma la distinzione rischia di introdurre diseguaglianze: vi sono e vi possono essere categorie egualmente deboli, rispetto alle quali la protezione non si attuerebbe. E allora questo certamente pone dei problemi rispetto al principio di proporzionalità ed eguaglianza. La protezione è sempre possibile: la legge penale prevede un minimo ed un massimo di sanzioni e, in quest’ambito, possono essere certamente colpite più gravemente lesioni di persone più deboli”.

     
    Tra i parlamentari che hanno bocciato la legge molti sostengono che sarebbe stata come una "implicita premessa di altri e ben più importanti passaggi: riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, adozione di bambini da parte di coppie del medesimo sesso ". Ancora il prof. Mirabelli:

     
    “Questo dipende dagli orientamenti politici e dagli indirizzi, che sono sottostanti rispetto a queste scelte. Certamente, se sono espressione di una cultura o di un orientamento inteso a raggiungere questi risultati, la soluzione che veniva adottata poteva essere una linea di apertura”.

     
    La Chiesa da sempre ribadisce la ferma condanna di ogni tipo di violenza e c’è poi tutto lo sdegno in più se motivata da qualunque forma di razzismo. Anche la legge parte da questi presupposti. Dunque non ci sono già gli strumenti legislativi per colpire simili forme di violenza? L’opinione del prof. Mirabelli:

     
    “Gli strumenti ci sono, nel senso che si tratta di ipotesi di reato che già sono previste e la previsione di un’aggravante vuole essere la sottolineatura di una maggiore gravità del fatto. Ma gli strumenti possono essere già oggi utilizzati e sono quelli che operano nell’ambito del minimo e del massimo delle pene previste per questi reati. E quando si tratta di reati particolarmente odiosi, lo stesso giudice si può orientare ad una sanzione più grave”.

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    Oggi la Giornata internazionale per la prevenzione delle catastrofi naturali

    ◊   Ricorre oggi la “Giornata internazionale per la prevenzione delle catastrofi naturali”, indetta dalle Nazioni Unite. Solo nel 2008 i disastri legati alle condizioni climatiche e ambientali hanno provocato la morte di 235mila persone e oltre 25 milioni di profughi. Questi dati, forniti dall’Ong Coopi, risultano ancora più allarmanti se si considera che la maggioranza di questi eventi colpisce soprattutto i Paesi del sud del mondo, come confermano la recente alluvione nelle Filippine ed il devastante terremoto a Sumatra. Per una riflessione sulle conseguenze di questi fenomeni e sullo stato di conservazione del pianeta, Marco Guerra ha intervistato Giampiero Maracchi, direttore dell’Istituto di Biometeorologia del Cnr:

    R. – Molti degli eventi e la frequenza di questi eventi estremi c’erano anche nel passato. Ma oggi sono molto più frequenti: lo si deve attribuire al cambiamento del clima. Cambiamento del clima che senz’altro – o perlomeno al 95% - è da imputarsi agli effetti dell’uomo. Negli ultimi 400 mila anni, il contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera è variato da 220 e 290 parti per milione. Negli ultimi cento anni è variata da 290 a 380. Mi sembra che già la proporzione di questa variazione dica a che cosa dobbiamo imputare i cambiamenti cui assistiamo.

     
    D. – Molti esperti sostengono che il riscaldamento globale accrescerà la povertà e arresterà lo sviluppo dei Paesi più poveri. Quali scenari dobbiamo immaginare in queste aree?

     
    R. – A me sembra che oggi, oltre al cambiamento del clima, il problema sia legato piuttosto al modello economico e al fatto che le risorse naturali per uno sfruttamento come quello che è stato fatto dalla civiltà industriale nei Paesi sviluppati, non sia estendibile a tutto il mondo. Ognuno di noi ha a disposizione 2.500 metri quadri di terra coltivabile: è una quantità veramente piccolissima!

     
    D. – Per affrontare la sfida del cambiamento climatico, sono sufficienti gli obiettivi fissati per la riduzione delle emissioni?

     
    R. – Sono qualcosa. La mia idea è che bisogna rivedere il modello di sviluppo che abbiamo adottato negli ultimi due secoli. Certamente è cosa molto complessa. Non so se si riuscirà a farlo velocemente ma credo che la base di tutto sia questo, perché le risorse che noi abbiamo erano adatte ad uno sviluppo che riguardava 200-300 milioni di persone, non sei miliardi.

     
    D. – Quali risultati si attende nei prossimi anni?

     
    R. – Mi attendo dalla Conferenza delle parti di Copenaghen che ci sia una maggiore decisione sui tempi, perché se si rimanda al 2050 penso che sarà un po’ tardi.

     
    D. – Quale è la misura più urgente nell’agenda della comunità internazionale?

     
    R. – E’ quella di ridurre, in ogni caso, l’uso dell’energia perché ne adoperiamo troppa. Oggi, nel 2009, adoperiamo il doppio dell’energia che adoperavamo nel 1980. Non ce ne è ragione, perché nel 1980 già eravamo in una situazione di benessere. Peraltro io credo che la risposta l’abbia data il Papa con l’Enciclica nella quale tratta, appunto, i temi dell’ambiente insieme a quelli dell’economia: oggi non si può trattare dell’ambiente se non si tratta dell’economia!

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    Primo Congresso Missionario dell’India. Mons. López Quintana: annunciare con coraggio il Vangelo

    ◊   Si è aperto oggi a Mumbai il primo Congresso missionario dell’India incentrato sul tema: “Risplenda la vostra luce: diventate il messaggio e il messaggero”. Fino a domenica prossima liturgie, relazioni e meditazioni porranno in evidenza la missione di Gesù e la trasformazione operata dalla fede. Il discorso di apertura è stato pronunciato dal nunzio apostolico in India, l’arcivescovo Pedro López Quintana che, al microfono di Amedeo Lomonaco, si sofferma sul significato del Congresso missionario:

    R. – Questo primo congresso ha un grande significato per l’India, perché è il primo congresso missionario. Dopo la celebrazione, tre anni fa, del congresso in Thailandia, i vescovi indiani decisero che fosse giunto il momento di promuovere tale incontro in India sul tema: “Risplenda la vostra luce: diventate messaggio e messaggeri”. E’ il momento, per la Chiesa in India, di fare una profonda riflessione sulla presenza del Vangelo in India. Soprattutto è il momento per ciascuno di fare un bilancio, di vedere come si possa continuare a rispondere alla missione del Signore, ad essere messaggeri, ad essere luce.

     
    D. – Un congresso che celebra anche duemila anni di cristianesimo in India e sottolinea la profondità dell’identità cristiana in questo Paese e anche la rinnovata percezione di un compito fondamentale, quello missionario …

     
    R. – La Chiesa indiana ha l’orgoglio di essere così antica, come la Chiesa di Roma. La Chiesa indiana è depositaria di una profonda tradizione cristiana e si sente quindi responsabile di fare in modo che questa luce, originariamente accesa nel Sud dell’India, possa brillare con forza in tutto il Paese. I valori evangelici veramente vissuti possono trasformare la società dall’interno.

     
    D. – Cosa significa essere missionari, essere luce in India?

     
    R. – Una cosa interessante è che proprio venerdì si celebra in India il Diwali, la festa indù nella quale si celebra la vittoria della luce sulle tenebre. La Chiesa in India in questo anelito che si percepisce nella cultura indiana vede questa occasione come un’opportunità di scoprire la luce. Un’opportunità per far comprendere di essere portatori di questa autentica luce che può veramente trasformare il mondo e la società. Con tutte le difficoltà che ci sono in questo Paese, tra cui tante resistenze, tanti problemi, si vuole rafforzare la speranza. La Chiesa può veramente essere una forza rilevante in questo Paese.

     
    D. – Dunque, un impegno, una luce missionaria che è anche un invito ai cristiani a vivere pubblicamente la propria fede in situazioni anche difficili, come nel caso delle violenze anticristiane in Orissa..

     
    R. – Più che altro si deve rinnovare l’entusiasmo e il coraggio per non avere paura di mostrarsi. Questo vale anche per una minoranza piccola come quella cristiana in India. Non si deve avere paura, si deve essere veramente coraggiosi in questo annuncio che è un annuncio attraverso una vita vissuta coerentemente, rispondendo all’invito del Signore.

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    Il ruolo del cattolicesimo in Europa: intervista col cardinale Ruini

    ◊   Il dibattito sul ruolo del cristianesimo nella formazione dell’identità europea è oggi ricorrente quando si affrontano i rapporti tra la religione e le istituzioni civili. Proprio alle sfide poste al cattolicesimo in Europa dalla secolarizzazione e dall’incontro con altre fedi e civiltà è dedicato il volume ‘Confini’, edito recentemente da Mondadori, che riporta con immediatezza un colloquio tra il cardinale Camillo Ruini e uno storico laico come Ernesto Galli della Loggia. Nel libro si tematizzano gli ostacoli che trova attualmente il cristianesimo nel suo tentativo di incarnarsi nella modernità occidentale. Ma da dove hanno origine queste difficoltà? Fabio Colagrande lo ha chiesto allo stesso cardinale Ruini, presidente del Progetto Culturale della Conferenza episcopale italiana.

    R. – Hanno, a mio avviso, una doppia origine. Da una parte, nella modernità occidentale stessa che, non soltanto si è sviluppata in maniera molto rapida – il che già di per sé indica difficoltà di adattamento – ma soprattutto, ha preso fin dall’inizio sotto vari profili un orientamento non troppo favorevole al cristianesimo e, in particolare, al cattolicesimo. Sull’altro versante, le difficoltà hanno origine anche all’interno della Chiesa: da quello che possiamo dire sinceramente, una certa lentezza nel comprendere i fenomeni, nel valorizzare gli aspetti positivi, insieme al giusto contrasto verso quelli incompatibili con la fede cristiana.

     
    D. – Eminenza, in questo libro lei afferma di condividere l’invito di Papa Benedetto XVI ad allargare gli spazi della razionalità, proprio per favorire la nuova evangelizzazione dell’Occidente. Come spiegare questa formula?

     
    R. – Direi che la formula ha un significato che riguarda da una parte la ragione teoretica e dall’altro la ragione pratica e i comportamenti. Per la ragione teoretica, si tratta di non limitare la ragione umana in senso proprio, la ragione capace di verità, alle scienze empiriche, secondo una tendenza diffusa nel mondo scientifico e culturale di oggi. In secondo luogo, si tratta di superare quella che il Papa chiama “la dittatura del relativismo”, comprendendo che – appunto – anche in campo pratico, in campo morale la ragione umana è capace di fare i conti con la realtà, con l’oggettività e non soltanto con i desideri e le tendenze del soggetto.

     
    D. – Questo invito del Papa possiamo considerarlo un’intuizione a suo modo profetica?

     
    R. – Direi di sì. Per una doppia ragione: una, perché indica alla Chiesa la strada di un’autentica evangelizzazione. Ma l’altra, che riguarda invece l’umanità stessa: l’umanità, se vuole andare avanti, se vuole affrontare seriamente i grandi problemi che ha davanti a sé, deve avere una ragione più larga, una ragione non prigioniera né dello scientismo né del relativismo.

     
    D. – Eminenza, lei si è impegnato da tempo personalmente nella promozione della presenza della Chiesa nella cultura italiana. Come e perché è nato questo suo “sforzo pastorale”?

     
    R. – E’ nato anzitutto dalle intuizioni di Giovanni Paolo II, che si esprime sia nel discorso all’Unesco sulla cultura del 1980, sia nel discorso del 1985 alla Chiesa italiana riunita nel Convegno di Loreto. Ma, oltre a questa intuizione del Papa, c’è l’acuta consapevolezza non soltanto mia di una certa sproporzione tra la capacità di presenza che i cattolici italiani hanno nel campo sociale e in particolare nel campo caritativo, e una certa debolezza della loro presenza nella cultura. Si è voluto cercare di avviare un processo che rimedi a questa debolezza.

     
    D. – Ecco: lei è arrivato a farsi un’idea delle cause storiche di questo "auto-occultamento" dei cattolici in Italia?

     
    R. – Se parliamo di “auto-occultamento”, penso che dobbiamo riferirci ad una certa auto-referenzialità del mondo cattolico, spesso poco incline a confrontarsi sul serio, specialmente in certi passi della sua storia moderna, con il mondo a lui esterno. Ma non si può parlare solo di "auto-occultamento": bisogna parlare anche di un "occultamento", non “auto”, ma che viene dagli altri. Ci sono certamente delle forze in Italia che sono orientate a ridurre il più possibile la presenza dei cattolici nel mondo della cultura.

     
    D. – Nel volume “Confini” si parla anche un po’ della storia italiana, della storia della Chiesa italiana. Le chiedo: come si è trasformato il ruolo pubblico della Chiesa in Italia dopo la caduta della Democrazia Cristiana? E quali problematiche ha creato questo mutamento?

     
    R. – Direi che la caduta e la fine della Democrazia Cristiana hanno comportato certamente che la Chiesa potesse rapportarsi alle diverse forze politiche senza apparire legata in modo peculiare ad una di esse. Quindi, ha rappresentato un vantaggio accanto – certamente – allo svantaggio della fine di una presenza organizzata dei cattolici nella politica italiana. Ma credo che il mutamento più grande non sia legato alla fine della Democrazia Cristiana: sia invece legato all’emergere di quella che io chiamo – e che il Papa chiama anche, nella sua ultima Enciclica “Caritas in veritate” – “la nuova questione antropologica”, cioè le grandi sfide antropologiche ed etiche che riguardano l’uomo come tale e che hanno una dimensione non solo privata ma, necessariamente, pubblica. In particolare, riguardo alla vita, alla famiglia ma anche ad altre tematiche. Ebbene, questa sfida ha richiesto una nuova presenza della Chiesa in Italia.

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    Chiesa e Società



    Filippine: per la polizia padre Sinnott è tenuto prigioniero dal Fronte islamico Moro

    ◊   Padre Michael Sinnott, 79.enne missionario rapito lo scorso 10 ottobre nel sud delle Filippine, è stato consegnato al Fronte islamico Moro. Ad affermarlo è Angelo Sunglao, capo della polizia a Zamboanga, secondo cui "il sacerdote e i suoi rapitori sono arrivati ieri nella città di Sultan Naga Dimaporo". In un primo momento il portavoce del Fronte islamico Moro aveva negato qualsiasi coinvolgimento nel sequestro, mostrandosi disponibile a collaborare per il rilascio del missionario. "Non sappiamo chi ci sia dietro – ha affermato Eid Kabalu – ma ciò che conta è la nostra disponibilità a cooperare". Il generale Ben Dolorfino ha affermato inoltre che il sacerdote sarebbe stato ferito alla testa al momento del sequestro. Alla dichiarazione del generale, ripresa dall'agenzia di stampa Adnkronos, si aggiungno anche notizie di presunti avvistamenti del missionario. Fino ad oggi, padre Sinnott sarebbe stato visto almeno tre volte dopo il rapimento. Fonti di AsiaNews a Mindanao, anonime per motivi di sicurezza, sottolineano che la situazione è “molto delicata” ed è necessaria “estrema cautela” e “massimo riserbo” per ottenere il rilascio del sacerdote. Nel frattempo, si moltiplicano gli appelli per la sua liberazione. Mons. Angel Lagdameo, presidente della Conferenza episcopale filippina, chiede ai rapitori di rilasciare l’ostaggio per motivi umanitari e per le precarie condizioni di salute del sacerdote. Padre Sinnott è stato di recente operato al cuore e ha bisogno di assumere medicine quotidianamente. La speranza è che sia liberato nel più breve tempo possibile. Si teme, infatti, che le sue condizioni di salute possano ulteriormente aggravarsi. “Invitiamo i fedeli a pregare – sottolinea mons. Angel Lagdameo – per la salute di padre Sinnott e perché venga liberato”. Un'altra fonte di preoccupazione – spiega alla Misna il direttore della società di San Colombano, padre Patrick O’Donoghue - riguarda "le condizioni meteorologiche" poichè a Mindanao "sta piovendo con intensità e padre Michael non è nelle condizioni di stare all’aperto per molto tempo". Al coro di voci che chiedono la liberazione di padre Sinnott si aggiunge anche l’appello di padre Angel Calvo, presidente di Peace Advocates Zamboanga, associazione impegnata nel dialogo fra cristiani e musulmani: "È un altro attentato alla sacralità della vita umana contro l’ordine democratico che impone di vivere in modo dignitoso, in piena sicurezza e nella pace". “Padre Sinnott - afferma infine alla Fides il vescovo di Pagadian, mons. Emmanuele Cabajar - è un uomo di pace. Imploriamo i rapitori perché lo rilascino subito e lo trattino con compassione, date le sue precarie condizioni di salute”. "La nostra priorità oggi – spiega il presule – è cercare di fargli recapitare le medicine di cui ha bisogno per la sua vita. Stiamo tentando in tutti i modi di stabilire un canale con i sequestratori". "Intanto chiediamo a tutti i fedeli di pregare per la sua salvezza. Tutta la comunità della diocesi si è mobilitata: nelle parrocchie, nella scuole, nelle associazioni cattoliche si prega per il missionario. Speriamo nella protezione dell’Altissimo e confidiamo nella forza della preghiera". Dal 1993, almeno 15 fra sacerdoti e pastori protestanti sono stati rapiti a Mindanao. Tra questi, otto sono stranieri e sette di nazionalità filippina. (A.L.)

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    La Caritas aiuta 300mila vittime dei disastri naturali

    ◊   Circa 300mila persone, gravemente colpite dai disastri naturali che nelle ultime due settimane hanno devastato varie regioni dell'Asia e del Pacifico, stanno ricevendo aiuti umanitari d'emergenza attraverso la rete Caritas a Sumatra e Samoa e in India, in Cambogia e nelle Filippine. In questo momento, le Caritas locali stanno portando avanti nei rispettivi Paesi i piani d'emergenza avviati per identificare le necessità più urgenti delle vittime e le aree più vulnerabili. In generale, le priorità sono simili: aiuti alimentari e sanitari, acqua potabile, utensili domestici, vestiario, materiale da costruzione e accompagnamento psico-sociale. Caritas Indonesia sta assistendo a Sumatra 7.500 famiglie (circa 40mila persone) nelle zone più colpite dal terremoto del 30 settembre. Un'Équipe Congiunta di Risposta della Caritas specializzata nelle emergenze sta lavorando nei distretti di Padang e Pariaman, dove si sta prestando aiuto a un totale di 30mila persone. Accanto a queste, l'équipe Caritas aiuta anche altre diecimila vittime nelle parrocchie della città di Padang. Il costo totale stimato per la prima fase del piano d'emergenza di Caritas Indonesia si aggira sui 235mila euro. Tra le emergenze attualmente dichiarate in Asia, quella che interessa gli Stati indiani del Karnataka e dell'Andhra Pradesh, nel sud del Paese, a causa delle intense piogge delle ultime settimane è quella di dimensioni maggiori per numero delle vittime: sono 18 milioni le persone coinvolte e 2,5 milioni gli sfollati. Caritas India – riferisce l’agenzia Zenit - ha avviato un piano di risposta a questa emergenza per una somma complessiva di 1,5 milioni di euro, con cui si presteranno aiuti umanitari per i prossimi tre mesi a 35.500 famiglie (circa 200mila persone) in più di 700 località di nove distretti del Karnataka e dell'Andhra Pradesh. Le attività incluse nel programma di aiuti d'emergenza vanno dalla distribuzione urgente di acqua e alimenti alla somministrazione di lotti familiari di prodotti igienici, utensili domestici, vestiario e coperte. (A.L.)

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    Il presidente dei vescovi peruviani: difendere la vita è una questione di diritti umani

    ◊   “Il primo diritto di una persona è il diritto di vivere, a nessuno compete attribuirlo ad alcuni e privarlo ad altri”. E’ quanto afferma in un messaggio il presidente della Conferenza episcopale peruviana Hector Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo metropolita di Trujillo. “Se in Perù non c'è la pena di morte per i peggiori criminali – si chiede il presule - come è possibile che siamo in grado di accettare la pena di morte per un embrione che non ha nemmeno il tempo di commettere errori e non può neanche difendersi? È giusto tutto questo? È umano?”. Inoltre – afferma - “non è il riconoscimento da parte di altri a stabilire” chi gode del diritto di vivere e chi no, “ma qualcosa di precedente”: negare questo diritto è dunque una discriminazione, una vera e propria “ingiustizia”. La Costituzione peruviana – prosegue il messaggio - riconosce che la vita umana inizia dal concepimento, e sottolinea che il concepito è un soggetto di diritto a tutti gli effetti. E il più grande di questi diritti è proprio il diritto alla vita”. Quindi, “nessun motivo può conferire oggettivamente il diritto di disporre della vita degli altri, anche nella sua fase iniziale”. “Anche il cosiddetto aborto terapeutico – rileva il presidente dei vescovi del Perù - è la via a una pianificazione sistematica eugenetica delle nascite” e “sta aprendo la strada ad una cultura dell’eutanasia” secondo la quale in determinate circostanze la vita “non è considerata degna di essere vissuta”. Anche nel caso tragico dello stupro – spiega - abortire significa considerare che “la vita della madre vale più di quella del bambino”. Invece “tutti gli esseri umani hanno la stessa dignità e uguale valore”. Non ci possono essere discriminazioni. Così non si può togliere la vita ad una persona per salvarne un’altra. “La verità non è mai comoda” - aggiunge mons. Cabrejos – spiegando che “la difesa della vita non è solo una questione di fede, ma di etica, di dignità, di diritti umani e di civiltà”. Il presidente dei vescovi del Perù conclude: “Ricorda che anche tu sei stato un embrione, un feto. Oggi vivi, per questo ama e difendi la vita”. (A cura di Sergio Centofanti)

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    Honduras: spari contro un seminario

    ◊   Alcuni sconosciuti hanno esploso domenica scorsa 14 proiettili contro la facciata del Seminario Maggiore Nostra Signora di Suyapa a Tegucigalpa, in Honduras. Fortunatamente non ci sono state vittime. Gli spari – rende noto il portavoce della polizia, Orlin Cerrato - hanno colpito il muro perimetrale, accanto al portone principale del Seminario, situato nella periferia sud-occidentale di Tegucigalpa. Sul luogo – riferisce l’agenzia Zenit - sono stati rinvenuti almeno 14 proiettili di un'arma di calibro non determinato. Finora “si sa solo che gli spari sono partiti da un veicolo in movimento”, ma non si conoscono l'identità e il movente degli assalitori, ha aggiunto, sottolineando che “non c'è stato alcun ferito”. Venerdì la Chiesa cattolica dell'Honduras ha chiesto in un comunicato che la crisi politica provocata dal colpo di Stato del 28 giugno contro Manuel Zelaya abbia “una soluzione giusta, pacifica e concordata”. Ha anche precisato che “qualsiasi tipo di violenza” danneggerà il dialogo per cercare un'uscita dal conflitto. Il Seminario Maggiore ha ospitato il 3 luglio la riunione tra il cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga e il segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani, José Miguel Insulza, durante la visita che questi ha fatto a Tegucigalpa per chiedere il ritorno di Zelaya. La stampa locale ha reso noto che le autorità del Seminario hanno presentato una denuncia. La polizia sta indagando sull'accaduto. L'esterno dell'edificio ha varie telecamere di sicurezza, quindi verranno anche analizzati i filmati. Nel frattempo, le attività del Seminario continuano normalmente. (A.L.)

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    Congo: Msf denuncia tattiche di violenza per terrorizzare la popolazione

    ◊   Un anno dopo lo scoppio delle violenze nel distretto dell’Haut-Uélé, nel nord della Repubblica Democratica del Congo, gli attacchi e gli scontri “si sono ora estesi a nuove zone, obbligando centinaia di migliaia di persone alla fuga. Le organizzazioni umanitarie non sono riuscite a fare fronte agli enormi bisogni creatisi, ed è ora necessaria un’azione urgente e una maggiore presenza delle organizzazioni umanitarie nelle zone rurali dell’Haut-Uélé e del Bas-Uélé”: è quanto sostiene oggi Medici senza frontiere, denunciando nuove violenze. Dalla fine del 2008, la popolazione civile dell’Haut-Uélé e del Bas-Uélé è infatti vittima degli attacchi perpetrati dal gruppo ribelle ugandese della Lord’s Resistance Army, e dell’offensiva da parte delle forze armate congolesi e ugandesi. “La popolazione locale è l’obiettivo delle violenze: omicidi, rapimenti e abusi sessuali”, dichiara Luis Encinas, coordinatore delle operazioni di Msf in Africa centrale: “Sono tattiche di violenza il cui obiettivo è quello di terrorizzare le persone. I pazienti ci raccontano storie di estrema brutalità, di bambini obbligati a uccidere i loro genitori, di persone bruciate vive nelle loro case”. Centinaia di migliaia di persone - riferisce l'agenzia Sir - sono sfollate nel corso dell’ultimo anno. A causa dell’insicurezza e dell’assenza di strade in queste aree molto isolate, Msf ha dovuto utilizzare aeroplani per trasportare scorte e farmaci. (R.P.)

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    Indonesia: cristiani e musulmani contro la legge sull'aborto

    ◊   Musulmani, cattolici, protestanti, buddisti, indù, confuciani e donne attiviste uniti contro la legge che “legalizza” l’aborto. Accade in Indonesia, dove il Parlamento ha approvato la riforma sanitaria che estende i casi di interruzione di gravidanza. La norma - riferisce l'agenzia AsiaNews - deve essere controfirmata dal Presidente per l’entrata in vigore, ma una vasta campagna popolare ne chiede la cancellazione. In una conferenza stampa organizzata ieri pomeriggio nella sede dell’Indonesian Ulemas Council (Mui), a Jakarta, i leader religiosi e diverse organizzazioni non governative condannano il “difetto morale” insito nella norma, che legalizza alcuni casi di aborto. Essi sottolineano che è “moralmente sbagliata” ed è contraria a “ogni credo religioso che rispetta la vita umana sin dal concepimento”. La legge sulla Riforma sanitaria 2009 è stata approvata dal parlamento lo scorso 14 settembre, durante gli ultimi giorni della precedente legislatura. Il nuovo parlamento si è insediato il primo di ottobre, con la conferma alla presidenza di Susilo Bambang Yudhoyono, al quale spetta il compito di ratificare la norma. Tra i punti più controversi l’articolo 85 comma 1, che stabilisce: “L’aborto è legale e può essere praticato solo se la gravidanza non ha superato le sei settimane dal primo giorno in cui ogni donna incinta termina le mestruazioni del mese”. Il precedente articolo 84, sempre al comma 1, dichiara che non è consentito nessun tipo di aborto, ma (comma 2) in alcuni casi la pratica è legale quando è in pericolo la vita della madre e del nascituro. “Respingiamo qualsiasi proposta di aborto indotto” afferma padre Sigid Pramudji Pr, segretario generale della Conferenza dei vescovi indonesiani (Kwi); egli aggiunge che la pratica è lecita solo per “gravi ragioni sanitarie” al fine di “salvare la vita” della madre. Analogo il parere di Ma’ruf Amin, capo del Mui, il quale annuncia un ricorso alla Corte costituzionale indonesiana, che verrà inoltrato dalla conferenza interreligiosa. “L’aborto è lecito – spiega il leader musulmano – solo se il feto ha meno di 40 giorni e solo in caso di gravi motivi sanitari”. Protestanti, buddisti, indù, seguaci di Confucio e movimenti per la donna si uniscono all’appello per la vita lanciato da cattolici e musulmani. Il forum interreligioso aggiunge infine che l’articolo 75 della riforma sanitaria dichiara illegale l’interruzione di gravidanza; le persone non devono abortire per nessuna ragione. (R.P.)

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    In Vietnam iniziative di monaci buddisti e attivisti cattolici in difesa della vita

    ◊   In Vietnam migliaia di buddisti hanno partecipato ad una cerimonia speciale dedicata ai bambini non nati in seguito ad aborti. Negli ultimi anni la percentuale di interruzioni di gravidanze in Vietnam è in continua crescita. Secondo l’Associazione vietnamita per la pianificazione familiare, il Paese ha una delle percentuali maggiori di aborti in tutto il mondo: ogni anno sono almeno 2,1 milioni, su una popolazione di circa 82 milioni di persone. L’aborto – ricorda Asia News – è legale e viene praticato sia in ospedali pubblici sia in strutture private. Negli ultimi anni, attivisti cattolici “pro life” hanno cercato di coinvolgere i buddisti, che rappresentano l’80% della popolazione. Sono diverse le iniziative in favore della vita. Nella città costiera di Nha Trang, ad esempio, il cattolico Tong Phuoc Phuc ospita in casa ragazze incinte allontanate dai loro genitori. In quella casa – spiega Ngueyen Thi Ngoc Thao, madre di due bambini – “ho sperimentato il vero amore”. La donna, buddista, era stata cacciata dal marito perchè si era rifiutata di interrompere la gravidanza. (A.L.)

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    Decalogo dell’osservatorio Van Thuân con le ragioni del “no” all’aborto chimico

    ◊   Un decalogo contro la pillola RU486 con dieci buone ragioni contrarie all’aborto chimico: lo ha presentato nella sua newsletter l'Osservatorio internazionale cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa (www.vanthuanobservatory.org). “La questione della vita è al centro della Dottrina sociale della Chiesa”, ricorda mons. Giampaolo Crepaldi, presidente dell’Osservatorio, “perché riguarda in modo radicale la dignità della persona e perché da come si affronta il tema del rispetto della vita umana dipendono tutte le altre questioni sociali”. La pillola RU486, aggiunge mons. Crepaldi, è “espressione di una cultura disgregativa, che distrugge la passione per la vita e colpisce fin nelle origini il significato dello stare insieme”. Partendo dalla considerazione che “un aborto è sempre un aborto” e la modalità, chimica o chirurgica, “non cambia la sua natura di delitto abominevole”, il decalogo ricorda anche che “l'aborto chimico non è meno pericoloso per la salute della donna”. La RU486, che prevede l’associazione di mefipristone e prostaglandine, non è, insomma, “una medicina”, ma “un veleno”, che “non ha alcuna azione terapeutica, non cura nessuna malattia, non svolge alcuna azione benefica. Ha un solo scopo: eliminare tramite la sua morte un embrione umano”. La “pillola” per abortire, prosegue il decalogo, “banalizza l’aborto. Utilizzare un prodotto chimico, per giunta catalogato come farmaco, induce due drammatici errori: ritenere che l’aborto sia un cosa facile e che rientri nell’ambito delle terapie mediche”. L’RU486 “pone la donna totalmente sola nella gestione dell’aborto, come avveniva e ancora avviene nell’aborto clandestino”. Inoltre, “c’è poco tempo per una adeguata riflessione. Le pillole vengono consegnate alle donne in tempi necessariamente brevi, dovendosi assumere entro i primi 49 giorni della gravidanza per essere efficaci”. “L’aborto – si legge infine nel decalogo ripreso dal Sir - resta un atto gravemente ingiusto, un lutto da elaborare, una ferita da guarire. Perderne consapevolezza non cambia la realtà dei fatti: un fatto è un fatto. In barba a tutte le ideologie”. (A.L.)

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    Benedetta in Polonia la prima cappella dedicata a Santa Gianna Beretta Molla

    ◊   In Polonia è stata benedetta la prima cappella dedicata a Santa Gianna Beretta Molla, vicino a Poznań. L'Arcivescovo di Poznań , mons. Stanislaw Gadecki, ha lanciato un appello per la difesa della vita umana fin dal momento del concepimento. Gianna Beretta Molla (nata a Magenta, in provincia di Milano, il 4 ottobre 1922 e morta a Monza il 28 aprile 1962) era un medico pediatra e una laica cattolica che morì prematuramente per un cancro all'utero salvando la sua ultima bambina. L'Arcivescovo Gadecki – rende noto l’agenzia Zenit - ha sottolineato che la vita umana è oggi attaccata: “Bisogna ricordare che dal punto di vista scientifico la vita umana non inizia con la nascita, ma al momento del concepimento”. “L'accettazione del fatto che con la fecondazione c'è un nuovo essere umano non è una questione d'opinione, ma un fatto”. Il presule si è riferito alla vita di Santa Gianna Beretta Molla dicendo che era dedita alla preghiera e al sacrificio, attiva e capace di aiutare gli altri a costo di privazioni e sofferenze. Diede alla luce quattro figli, anche se l'ultimo parto minacciava la sua vita. “Se bisogna scegliere tra la mia vita e quella del bambino, non esitate. Scegliete la sua. Salvatelo!”, disse ai chirurghi. Anche se i medici fecero tutto il possibile per salvarle la vita, morì una settimana dopo la nascita della sua bambina. “La sua morte illustra splendidamente le parole di Gesù: 'Non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici'”, ha detto infine l'arcivescovo Gadecki. (A.L.)

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    Thailandia: il direttore di Signis sul prossimo Congresso mondiale dell’Associazione

    ◊   I comunicatori cattolici possono fare molto per la promozione di una cultura della pace e per formare ai valori le nuove generazioni. Ad affermarlo è Augustine Loorthusamy, presidente di Signis, l’associazione cattolica mondiale per la comunicazione, che dal 17 al 21 ottobre terrà il suo Congresso mondiale a Chiang Mai, in Thailandia. In un’intervista all’agenzia Ucan, Loorthusamy parla delle sfide della comunicazione cattolica oggi in riferimento, in particolare, al tema scelto per il Congresso che è appunto: “I media per una cultura di pace: i diritti dei fanciulli, promessa per il domani” . I comunicatori cattolici – dice - possono dare un contributo fondamentale alla promozione della causa della pace, della vita e del dialogo tra le religioni e le culture, anche in sinergia con gli altri media religiosi e laici. Una collaborazione tanto più auspicabile quando si tratta di parlare alle nuove generazioni che, come recita il titolo del Congresso, sono la promessa del domani. E per parlare ai giovani– sottolinea Loorthusamy – occorre essere presenti nei luoghi in cui passano adesso buona parte del loro tempo, a cominciare dal cyberspazio. Il presidente di Signis parla anche delle difficoltà di fare un’informazione cristiana oggi. I comunicatori nella Chiesa – dice - devono fare i conti con una “miriade di problemi”: dalle intimidazioni e ritorsioni dei governi o dei gruppi radicali, alla mancanza di un’adeguata formazione professionale e della capacità di proporsi sul mercato, ai finanziamenti. A mancare, a volte, è anche il sostegno e il riconoscimento delle autorità ecclesiali. E tuttavia, secondo Loorthusamy, “molto è il lavoro che viene fatto nel campo della comunicazione nei diversi ambiti della Chiesa”, un lavoro - sottolinea - essenziale per una Chiesa che voglia essere vitale e avvicinare i più giovani. Nata nel 2001 dalla fusione tra l’Associazione cattolica internazionale per la radio e la televisione (Unda) e l’Organizzazione cattolica internazionale di cinema e audiovisivi (Ocic) Signis conta oggi membri in più di 130 Paesi nel mondo. L’Associazione rappresenta i media cattolici nelle diverse organizzazioni e istituzioni governative e non governative ed è impegnata a sollecitare politiche che favoriscano una comunicazione rispettosa dei valori cristiani, della giustizia e dei diritti umani; a coinvolgere i professionisti dell’informazione in un dialogo su questioni di etica professionale; a favorire la collaborazione ecumenica e interreligiosa nelle attività di comunicazione. Una delle priorità di Signis è assicurare a tutti un accesso di qualità ai media, grazie a una formazione che passa attraverso l’apprendimento di una capacità di lettura e di visione critica e l’acquisizione di nuove tecniche di comunicazione. L’Associazione ha uno statuto consultivo presso l’Unesco, l’Ecosoc e il Consiglio d’Europa. Il programma del Congresso di Chiang Mai, che riunirà più di 500 comunicatori cattolici, è articolato intorno a tre problematiche fondamentali: le questioni globali ed attuali sui diritti dell’uomo e del bambino; le prospettive emergenti per i mass media ed i cambiamenti sociali e le sfide di chi cresce nell’era digitale. (L.Z.)

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    Egitto: convegno al Cairo dei responsabili delle scuole cattoliche

    ◊   Il Comitato Centrale delle scuole cattoliche ha tenuto il suo incontro annuale al Cairo per studiare le tematiche e i problemi comuni ai diversi istituti scolastici cattolici in Egitto. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides dalla Chiesa locale, il Comitato centrale delle scuole cattoliche è stato costituito negli anni Cinquanta del secolo scorso per coordinare il lavoro delle 122 scuole cattoliche che operano in Egitto. Il Comitato è membro dell'Unione internazionale delle scuole cattoliche, che ha sede a Bruxelles. La Società di San Vincenzo de’ Paoli ha celebrato nell’ultima domenica di settembre, festa di San Vincenzo de’ Paoli, una Messa presso la scuola delle Suore della Carità a Helmeya, a Il Cairo. Padre Millad Sedky, che ha presieduto la Santa Messa, ha sottolineato il servizio reso ai poveri dai religiosi e dai laici della “San Vincenzo” ed ha ricordato l’apertura dell’Anno Giubilare Vincenziano indetto in tutto il mondo per celebrare i 350 anni della morte di San Vincenzo de 'Paoli e di Santa Luisa De Marillac. (R.P.)

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    Congratulazioni dei vescovi Usa a Obama per il Premio Nobel

    ◊   Il Cardinale Francis George, arcivescovo di Chicago e presidente dell'episcopato statunitense, si congratulato con il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, dopo il conferimento del Premio Nobel per la pace. Il porporato sottolinea che si deve ancora lavorare molto per realizzare iniziative capaci di rendere il mondo più pacifico e giusto. “Ma il premio – aggiunge - è stato assegnato perché, come presidente degli Stati Uniti, ha già cambiato il dibattito internazionale”. "Nel nostro Paese – spiega il cardinale Francis George – la netta e storica affermazione che ha accompagnato la sua elezione ha cambiato i rapporti tra uomini e donne di tutte le razze”. “La ricca diversità della società degli Stati Uniti è ora sicuramente più ancorata all’unità nazionale”. “La nostra preghiera – conclude il porporato - è che il Signore benedica il Presidente e la sua famiglia". (A.L.)

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    Usa: le Pom intensificano la presenza in internet e Facebook

    ◊   In questa settimana che precede la Giornata Missionaria Mondiale, il lavoro di animazione predisposto dalle Pontificie Opere Missionarie (Pom) degli Stati Uniti prevede una maggiore presenza in internet, attraverso la pubblicazione del materiale a disposizione, e la trasmissione di interviste radiofoniche. E’ quanto comunica all’agenzia Fides Monica Yehle, della direzione nazionale delle Pom. Sfruttando le possibilità dei nuovi media per far conoscere la necessità e l’urgenza della missione, le Pom, attraverso Facebook, forniscono informazioni e rilanciano notizie sulle missioni. Hanno anche lanciato una nuova versione in formato elettronico del magazine “Mission”, mettendo in evidenza alcuni articoli del numero attualmente in distribuzione. Inoltre il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, mons. John Kozar, grazie alla popolarità dei radio messaggi “Mission Lessons”, è stato ospite di diversi programmi di radio locali in settembre ed in ottobre, dove ha parlato della Giornata Missionaria, delle Pontificie Opere Missionarie e in generale dei temi missionari. La trasmissione delle interviste è stata programmata in questa settimana che precede la Giornata Missionaria. Inoltre mons. Kozar presenterà il messaggio missionario ai giovani durante un raduno che si svolgerà nella diocesi di Allentown in questi giorni. Tutto il materiale per l’animazione della Giornata Missionaria è comunque sempre disponibile nell’apposito sito internet delle Pom da cui ognuno può scaricarlo. (R.P.)

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    Il 19 ottobre proiezione a Roma del film su Popieluszko, cappellano di Solidarność

    ◊   A Febbraio 2009 è uscito nelle sale polacche l'attesissimo “Popieluszko” di Rafal Wieczynski, che racconta la storia di padre Jerzy Popieluszko, cappellano del movimento “Solidarność”, vittima nell'ottobre del 1984 di un omicidio atroce commesso da tre agenti dei servizi della Sicurezza polacca. Ai funerali, il 3 novembre 1984, parteciparono più di mezzo milione di persone, compreso Lech Walesa. Il 14 giugno 1987 pregò sulla sua tomba Giovanni Paolo II che gli attribuì il titolo di “Servo di Dio”. La Chiesa Cattolica ha iniziato il processo di beatificazione nel 1997 e la sua tomba, che si trova accanto la chiesa di San Stanislao Kostka a Varsavia, è meta di continui pellegrinaggi dalla Polonia e dall'estero. Oltre 7000 attori e figuranti hanno partecipato alle riprese, che sono durate sette mesi e si sono svolte in 14 città polacche. Il prossimo 19 Ottobre ricorre il 25.mo anniversario della morte di padre Jerzy Popieluszko. La sua vita è la storia di un uomo che, da semplice ragazzo di campagna, divenne la guida spirituale di un’intera nazione e il simbolo del coraggio nella lotta per la libertà e la verità. Proprio in occasione dell'anniversario, si terrà la proiezione speciale del film “Popieluszko” all'interno della IV edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, previsto il 19 ottobre alle ore 15.00, nell’Auditorium Parco della Musica. Il film sarà proiettato con i sottotitoli in italiano. L'evento è realizzato anche in collaborazione con l'Ambasciata di Polonia e la Santa Sede e vedrà tra gli ospiti oltre al regista e all'attore protagonista del film, anche il Premio Nobel per la pace e leader di “Solidarnosc” Lech Walesa. (A.L.)

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    Da venerdì ad Assisi il convegno internazionale dell'Aifo

    ◊   “Aiutare ogni individuo a diventare persona”. E’ il tema del 23.mo convegno internazionale dell'Associazione italiana Amici di Raoul Follereau (Aifo) che si svolgerà ad Assisi, dal 16 al 18 ottobre prossimi, con l'obiettivo di promuovere la dignità e i diritti umani. Il convegno si inserisce nel solco della riflessione già avviata da molti anni dall'Aifo su questi temi, parallelamente all'impegno concreto nei Paesi del Sud del mondo per vincere la lebbra e per restituire dignità e diritti alle persone più svantaggiate. “Da questo 23.mo convegno internazionale – spiegano all'Aifo - usciremo con una bussola che non lascia dubbi e orienta con assoluta precisione: ognuno deve poter acquisire, recuperare o sviluppare la propria intrinseca dignità umana, sostanziata dai diversi diritti universalmente riconosciuti”. Il convegno - rende noto il Sir - dedicherà anche, il 17 ottobre, un approfondimento alla figura di padre Damiano de Veuster, che ha consacrato la propria vita ai malati di lebbra. Oltre alla figura di padre Damiano de Veuster, canonizzato da Benedetto XVI domenica 11 ottobre, saranno ricordati gli straordinari esempi offerti da san Francesco e da Raoul Follereau. (A.L.)

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    Premio "Cuore Amico" a missionari in Paraguay, Burundi e Kenya

    ◊   Operano in Paraguay, in Burundi e in Kenya i vincitori del premio "Cuore Amico 2009", il ‘Nobel missionario’ che come ogni anno verrà assegnato alla vigilia della ‘Giornata missionaria mondiale’, che si celebrerà domenica prossima. Don Giuseppe Zanardini, salesiano, nato a Brescia, è stato scelto dalla giuria per il suo impegno in difesa dei diritti degli Indios Paraguay. La “Casa Indigena”, che ha fondato Asunción, è un punto di riferimento per le famiglie di tutte le etnie autoctone provenienti dal Chaco e dalla foresta. Il premio – ricorda l’agenzia missionaria Misna - andrà anche a Suor Vittoria Cebedese, delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, dal 1966 in missione in Burundi dove ha dedicato la maggior parte della sua attività all’istruzione e alla formazione dei giovani. E' una missionaria laica di Piacenza la terza vincitrice del premio, Francesca Lipeti, medico-chirurgo specializzato in malattie tropicali, responsabile in Kenya di un centro sanitario a Lengesim, regione abitata dalla comunità maasai. Il premio Cuore amico, istituito da don Mari Pasini, è assegnato dall’omonima associazione e sostiene progetti in terra di missione. (A.L.)

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    Dal 19 ottobre i Redentoristi riuniti per il loro Capitolo Generale

    ◊   La Congregazione del Santissimo Redentore si riunirà a partire dal 19 ottobre 2009, al Salesianum di Roma, per il suo XXIV Capitolo generale. “Ristrutturazione per la missione: speranza in azione” è il tema scelto per il capitolo cui parteciperanno 107 delegati, in rappresentanza i circa 5.500 Redentoristi in 78 paesi nel mondo che discuteranno della situazione attuale e degli orientamenti futuri della Congregazione fondata nel 1732 da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. All’attenzione dei delegati sarà in particolare la questione della ristrutturazione della Congregazione per rendere più efficace il suo apostolato nel mondo. La questione ha avuto uno spazio crescente negli ultimi tre Capitoli Generali del 1991, 1997 e 2003. I delegati ascolteranno in proposito le conclusioni di un’indagine condotta in questi sei anni da una Commissione internazionale di Redentoristi. Il Capitolo dovrà anche eleggere il nuovo Superiore generale chiamato a succedere a padre Joseph W. Tobin, in carica da dodici anni, e i consultori che lo affiancheranno. L’inizio dei lavori sarà preceduto da un giorno di ritiro presieduto da mons. Gianfranco Gardin, Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Si prevede che i lavori dureranno circa un mese. (L.Z.)

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    A Napoli 10mila firme per intitolare una piazza a Giovanni Paolo II

    ◊   A Napoli la gente di Scampia, zona tristemente nota per le faide di camorra, ha lanciato una petizione popolare per intitolare la piazza più grande del quartiere a Papa Giovanni Paolo II. L’iniziativa – rende noto il Sir - sarà illustrata durante il convegno “Non arrendetevi al male! Mai! Scampia e Giovanni Paolo II 20 anni dopo”, che si terrà il prossimo 16 ottobre nell’auditorium dell’Istituto tecnico Galileo Ferraris. All’incontro parteciperanno, tra gli altri, Enzo Avitabile, musicista e conoscitore delle antiche radici culturali e Mario Di Costanzo, direttore dell’Ufficio laicato dell’arcidiocesi di Napoli. Era il 10 novembre del 1990 quando, in quello stesso spazio che ne prenderà il nome, Giovanni Paolo II esortò la gente di Scampia “a non arrendersi al male”. “In tutti questi anni – sostengono i promotori dell’iniziativa – quel grido non è rimasto inascoltato ma è risuonato nel cuore e nella mente di centinaia di uomini e donne”. Giovanni Paolo II ha dato loro la “forza di operare il bene e di alimentare quella speranza che era venuto ad offrire”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Decine di migliaia di persone fuggono dalle zone di conflitto in Pakistan

    ◊   Il governo locale del Sud Waziristan, nella parte occidentale del Pakistan ai confini con l'Afghanistan, ha annunciato che almeno 90 mila persone stanno lasciando l'area nel timore dell'inizio delle operazioni dell'esercito di Islamabad contro i talebani. Lo ha annunciato alla stampa Shahab Ali Shah, massimo esponente del governo locale. Da oltre un mese, il governo pakistano ha annunciato l'inizio di operazioni antitalebane nell'area dove si ritiene ci siano le roccaforti ribelli. L'idea del governo è quella di iniziare in Sud Waziristan un’operazione simile a quella che ha portato all'eliminazione dei terroristi talebani dalla Valle dello Swat. L'esodo dei civili era già cominciato, ma è aumentato da quando, nei giorni scorsi, i talebani hanno intensificato gli attentati. Solo da lunedì scorso, sono oltre 120 i morti in attentati nel Paese riconducibili ai talebani. Il governo locale ha cominciato a organizzare tendopoli e centri di raccolta per le famiglie fuggite dalle zone dove si teme che l'offensiva dell'esercito cominci da un momento all'altro. Molti civili erano già fuggiti dall'area a seguito dei numerosi attacchi missilistici portati da droni americani.

    In Afghanistan uccisi 41 talebani in diverse operazioni
    In due diverse azioni, le forze militari e di sicurezza dell'Afghanistan hanno ucciso nelle ultime ore una quarantina di talebani. Intanto, il presidente afghano, Hamid Karzai, in un’intervista alla tv americana Abc News ha affermato che “sono stati fatti tanti errori” negli otto anni della campagna militare internazionale in Afghanistan: quello di non concentrarsi sulle roccaforti dei terroristi, di non fare attenzione alla polizia e alle forze armate, di condurre la guerra al terrorismo nei villaggi e nella campagne afghane dove il terrorismo non c'era. Ha poi aggiunto che “al Qaeda è stato cacciato dal Paese nel 2001 ed ora non ha più basi in Afghanistan”.

    Un morto e 4 feriti in un raid israeliano contro due tunnel di contrabbando
    È di un morto e di 4 feriti il bilancio di un raid aereo israeliano compiuto contro due tunnel usati per il contrabbando di armi tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. L’attacco è giunto in risposta al lancio di un razzo sparato ieri sera da militanti di Gaza nel sud d’Israele che però non ha provocato vittime. Gli attacchi contro Israele si sono ridotti dopo la guerra tra Israele e i militanti di Gaza tra dicembre e gennaio scorsi.

    Ue, conti insostenibili per cinque Paesi tra cui l’Italia
    La situazione dei conti pubblici sul lungo termine in Italia - così come in Francia, Ungheria, Polonia e Portogallo - è “insostenibile” anche senza considerare eventuali incrementi della spesa per le pensioni. È quanto rileva la Commissione europea in una comunicazione sulla sostenibilità dei conti pubblici approvata oggi. È quindi “indispensabile” che l'Italia, una volta avviata sulla strada della ripresa, proceda a una “rapida” azione di risanamento per “garantire una stabile riduzione del suo molto alto livello di indebitamento”, destinato a raggiungere nel 2010 il 116%, un tetto mai toccato dalla nascita dell'euro.

    Ue, in Turchia pochi progressi nel negoziato verso l'Europa
    Nessun progresso nei rapporti con Cipro, pochi nella lotta alla tortura nelle carceri, frequenti violazioni della libertà di espressione come dimostra l'oscuramento di You Tube e i numerosi casi giudiziari contro Facebook e Google: è ancora lungo il cammino della Turchia verso la Ue, secondo l'ultimo Rapporto della Commissione europea sull'allargamento dell'Unione. Secondo Bruxelles, la Turchia non ha ancora risolto questioni cruciali come i suoi rapporti con Cipro (''è urgente che apra porti e aeroporti alle navi cipriote'', dice il rapporto). Ma preoccupa anche il rispetto dei diritti umani (''pochi sforzi per prevenire la tortura nelle carceri che resta poi impunita''), e della libertà di espressione, dopo la chiusura di You Tube nel maggio 2008 e processi contro Facebook, Google e ''numerosi altri siti web''. Bruxelles critica anche la maxi multa al colosso dell'informazione Dogan Yayin Holding, che ''limita le possibilità del gruppo e quindi la libertà di stampa''. E anche se, riconosce la Commissione, l'articolo 301 del Codice penale turco ''non è piu' usato in modo sistematico per ostacolare la libertà di stampa, la legge turca non dà garanzie sufficienti a tutela dei diritti fondamentali''.

    Somalia: pirati somali chiedono riscatto per il rilascio di una nave spagnola
    I pirati somali che hanno sequestrato una imbarcazione spagnola il 2 ottobre scorso hanno chiesto un riscatto di quattro milioni di dollari oltre al rilascio di due compagni arrestati dalla Marina spagnola. Sul peschereccio, atto alla pesca del tonno, ci sono 36 persone di diversa nazionalità e lo scorso 4 settembre la stessa nave era riuscita a sfuggire ad un altro attacco dei pirati. In quest’anno, sono stati 146 gli atti di pirateria, 28 dei quali portati a termine. L’ultimo risale al 5 ottobre, quando i pirati hanno rilasciato dietro pagamento di un riscatto un cargo turco sequestrato nel luglio di quest'anno nel Golfo di Aden.

    Yemen: ribelli sciiti pronti ad aprire corridoi umanitari Onu nel nord del Paese
    I ribelli sciiti zadaisti dello Yemen si sono detti pronti ad aprire corridoi umanitari per migliaia di profughi nel nord del Paese che è stato, a partire da metà agosto, teatro di un’offensiva del governo tesa a soffocare le ribellione. Gli sciiti hanno però precisato che il governo non dovrà utilizzare i corridoi per rinforzi militari e che la tregua sarà sotto la supervisione di una commissione neutrale. Iniziata nel 2004, la ribellione zadaista ha causato migliaia di morti e 150 mila profughi.

    Grecia: sotto controllo l’incendio divampato ieri nell’isola di Evia
    I Vigili del fuoco sono riusciti a domare in parte il vasto incendio che da ieri sta devastando un’area forestale sull’isola greca di Evia. L’incendio ha provocato l’evacuazione di alcune centinaia di turisti da un Club Med. Già nel 2007, l’isola fu colpita da gravi incendi che povocarono una settantina di vittime in tutto il Paese.

    Nepal
    Il rappresentante delle Nazioni Unite per i minori e i conflitti ha chiesto ai maoisti nepalesi di rispettare gli accordi e liberare i quasi tremila minori ancora nelle fila del loro esercito. Lo scrive in un comunicato Radhika Coomaraswamy, inviata speciale del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. La rappresentante dell'Onu ha detto che il capo dei maoisti nepalesi ha assicurato la liberazione dei 2.972 minori che, secondo i calcoli delle Nazioni Unite, sono ancora nei campi maoisti, precisando che il processo di liberazione non è ancora cominciato.

    La questione nucleare sarà al centro dell’intervento odierno di Barak Obama
    C’è attesa per l’intervento del presidente americano, Barak Obama, che oggi al Congresso riferirà sugli arsenali nucleari mondiali trattando il tema dei rischi e della sicurezza. Ieri, Stati Uniti e Russia hanno scelto di affrontare la crisi nucleare iraniana attraverso la via del dialogo. Intanto, non si arrestano i test missilistici da parte della Corea del Nord. Sulla situazione degli arsenali nucleari nel mondo, Linda Giannattasio ha sentito Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali.

    R. - India e Pakistan sono evidentemente i due Paesi oggi più preoccupanti, perché potrebbero entrare in conflitto tra loro. Esiste poi la possibilità di armi nucleari in mano a Stati "instabili" - come potrebbero essere la Corea del Nord e l’Iran - o addirittura in mano a terroristi. Per il momento, la minaccia sembra essere circoscritta: la Corea del Nord non sembra avere mezzi efficaci e l’Iran non dovrebbe avere sviluppato ancora testate nucleari.
     
    D. - Oggi, il presidente americano Obama riferirà al Congresso proprio sugli arsenali nucleari dei vari Paesi. Gli Stati Uniti confermano la propria posizione di leader anche in questo settore?

     
    R. - Gli Stati Uniti hanno ripreso a fondo il discorso della non proliferazione e hanno anche migliorato i loro rapporti con la Russia e con la Cina per esercitare pressioni. In particolare, sull’Iran e sulla Corea del Nord hanno fissato l'obiettivo storico dell'eliminazione degli arsenali nucleari anche dai loro Paesi, in linea con lo spirito del Trattato di non proliferazione.

     
    D. - La strada della diplomazia scelta da Stati Uniti e Russia per risolvere la crisi nucleare iraniana può dare maggiori risultati rispetto alla via delle sanzioni?

     
    R. - Le due strade, sanzioni e diplomazia, sono in realtà praticate parallelamente. Le sanzioni di per sé difficilmente possono essere sufficienti. L’alternativa sarebbe l’uso della forza, però il presidente Obama - pur non avendola completamente esclusa - la considera molto meno prioritaria rispetto alla precedente amministrazione americana.

     
    Nuovo passo avanti per la riforma sanitaria negli Stati Uniti
    Negli Usa, la riforma sanitaria voluta dal presidente Obama ha ricevuto ieri il "sì" della Commissione finanze del Senato. A dare parere favorevole, 13 senatori democratici, ma anche la repubblicana Olympia Snowe. Soddisfazione dal presidente Obama, che ha espresso la speranza di riuscire a firmare la legge entro la fine dell’anno. Da New York, Elena Molinari:

    Una "pietra miliare": così Barack Obama ha definito l’approvazione da parte della Commissione finanze del Senato della legge di riforma sanitaria. Il disegno di legge è solo uno dei cinque esaminati da varie Commissioni del Congresso americano, ma è significativo che sia passato ricevendo il sostegno anche della senatrice repubblicana, Olimpia Snowe. Ma la strada verso il traguardo finale per la storica riforma è ancora lunga, ha osservato il presidente. La senatrice repubblicana ha, infatti, già sottolineato che il suo "sì" vale solo per oggi e che i democratici non possono contarci automaticamente per l’approvazione del disegno di legge, che approderà in aula, forse a fine mese. I testi approvati da Camera e Senato dovranno poi essere armonizzati e sottoposti di nuovo al voto dei due rami del Congresso, prima di finire sulla scrivania di Obama per la firma finale. Il testo permetterebbe a ben 29 milioni di americani, attualmente senza copertura sanitaria, di ottenere un’assicurazione nei prossimi dieci anni. L’ufficio budget del Congresso ha concluso inoltre che il piano farà risparmiare 71 miliardi di dollari alle casse pubbliche americane.

     
    Hillary Clinton annuncia aiuti alla Georgia
    Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha annunciato che Washington “aiuterà il popolo georgiano perchè possa difendersi”, pur escludendo l'installazione di elementi dello scudo antimissile in Georgia. “So che questa prospettiva (del riposizionamento dello scudo antimissile americano, ndr) inquieta la Russia e vogliamo rimuovere tale inquietudine”, ha proseguito la Clinton, in una intervista a Radio Eco di Mosca, senza tuttavia precisare il termine entro il quale saranno definiti i nuovi contorni dello scudo. “È una questione per esperti tecnici”, ha precisato la Clinton. Il capo della diplomazia americana non ha nascosto le “divergenze” con Mosca su Tbilisi, dopo la guerra dell'agosto 2008 per l'Ossezia del sud, e ha detto di averne discusso ieri sera con il leader del Cremlino Dmitri Medvedev. “Benchè lavoriamo ad un riavvio dei nostri rapporti, non siamo d'accordo sulla Georgia”, ha commentato.

    India: attacchi dei maoisti nella parte orientale del Paese
    Una cinquantina di ribelli maoisti naxaliti hanno distrutto oggi una torre telefonica e incendiato un camion nello Stato nord orientale del Bihar, in India. Gli stessi maoisti hanno ucciso inoltre ad Orissa tre persone tra cui un poliziotto, cominciando a fare fuoco in uno stadio, durante la premiazione di una manifestazione sportiva dove erano riunite oltre 20 mila persone. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Gaia Ciampi)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 287

     
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