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Sommario del 07/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: Cristo è la "medicina" contro il relativismo, il risolutore dei mali del mondo. I lavori sinodali affidati alla Vergine del Rosario
  • Violenze anticristiane e rispetto dei migranti al centro del Sinodo. Intervista col vicario apostolico di Tripoli
  • Una delegazione di Padri sinodali in visita in Campidoglio
  • Mons. Migliore all’Onu: più solidarietà e più società civile
  • Il Beato Sigismondo Felice Felinski sarà canonizzato domenica dal Papa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Memoria della Beata Vergine del Rosario. Il Papa: il Rosario, preghiera per tutti
  • Dossier Caritas-Migrantes: falso il binomio più immigrati più criminalità
  • Giornata nazionale dei Risvegli per dare voce alle persone in coma
  • Inaugurazione a Roma della Mostra "Il Potere e la Grazia. I Santi Patroni dell'Europa"
  • Chiesa e Società

  • Messaggio dei vescovi portoghesi sul pellegrinaggio del Papa a Fatima
  • Elezioni in Bolivia. L’arcidiocesi di La Paz: no alla strumentalizzazione della fede
  • Lettera pastorale dei vescovi dello Zimbabwe sulla riconciliazione nel Paese
  • Iraq: sciiti e sunniti esprimono solidarietà ai cristiani vittime delle violenze
  • In corso l'assemblea dei vescovi vietnamiti: assente l’arcivescovo di Hanoi
  • In Pakistan i Salesiani donano speranza ai poveri
  • Il rapporto tra fede e scienza al centro dell’intervento del cardinale Pell a Sydney
  • A Creta la plenaria della Commissione “Fede e Costituzione" del Consiglio Ecumenico delle Chiese
  • Palermo: l’arcivescovo Romeo convoca un incontro nel nome di Padre Puglisi
  • Aperto a Roma il convegno nazionale dei responsabili delle case di accoglienza religiosa
  • Nobel per la Chimica a tre studiosi impegnati nella lotta alle malattie incurabili
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan: a otto anni dall’intervento, Obama rilancia la lotta contro il terrorismo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: Cristo è la "medicina" contro il relativismo, il risolutore dei mali del mondo. I lavori sinodali affidati alla Vergine del Rosario

    ◊   Una “luminosa figura di sacerdote”, che a metà del XVI secolo fece di Cristo il centro assoluto della sua opera apostolica, contrastando con i valori del Vangelo la scissione tra fede e ragione che in quel periodo iniziava a delinearsi. In occasione dell’Anno Sacerdotale, Benedetto XVI ha presentato questa mattina, all’udienza generale in Piazza San Pietro, la storia di San Giovanni Leonardi, fondatore dei Chierici Regolari della Madre di Dio e Patrono dei farmacisti, del quale dopodomani si ricordano i 400 anni dalla morte. Al termine, nel giorno della festa liturgica della Vergine del Rosario, il Papa ha affidato a Lei i lavori del Sinodo dei Vescovi per l’Africa in corso in Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Tutto comincia da una passione per gli aromi e i medicamenti che, a metà del ‘500, è praticata dalla corporazione degli “speziali”. L’adolescente Giovanni Leonardi studia e presto affina la vocazione alla farmacopea, ma si apre pure all’altra vocazione, quella del sacerdozio, che coltivava da tempo e che lo porta - ha spiegato Benedetto XVI ai 40 mila in Piazza San Pietro - a trasmettere agli uomini “la medicina di Dio”, il Cristo Risorto, che per Leonardi è, e sarà sempre, “misura di tutte le cose”:

     
    “Animato dalla convinzione che di tale medicina necessitano tutti gli esseri umani più di ogni altra cosa, san Giovanni Leonardi cercò di fare dell’incontro personale con Gesù Cristo la ragione fondamentale della propria esistenza (...) Il primato di Cristo su tutto divenne per lui il concreto criterio di giudizio e di azione e il principio generatore della sua attività sacerdotale”.

     
    Questa passione per Cristo, oltre a indurlo a spendersi senza risparmio per l’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio da lui fondato - come pure per le missioni per le quali contribuì all’istituzione della Congregazione di Propaganda Fide - lo portò a farsi promotore presso Papa Paolo V di un rinnovamento morale e di costumi a partire all’interno della Chiesa. Osservava, ha detto il Papa...
     
    “...che ‘chi vuole operare una seria riforma religiosa e morale deve fare anzitutto, come un buon medico, un'attenta diagnosi dei mali che travagliano la Chiesa per poter così essere in grado di prescrivere per ciascuno di essi il rimedio più appropriato’. E notava che ‘il rinnovamento della Chiesa deve verificarsi parimenti nei capi e nei dipendenti, in alto e in basso. Deve cominciare da chi comanda ed estendersi ai sudditi’”.

     
    Ai suoi occhi, la Chiesa appariva realisticamente “santa ma fragile” e, dunque, ha spiegato il Pontefice, San Giovanni Leonardi cercò di renderla sempre più bella, un segno “trasparente” del suo capo:
     
    “Capì che ogni riforma va fatta dentro la Chiesa e mai contro la Chiesa. In questo, san Giovanni Leonardi è stato veramente straordinario e il suo esempio resta sempre attuale”.

     
    L’azione di San Leonardi si sviluppa, ha notato ancora Benedetto XVI, negli stessi anni - tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 - nei quali cominciano “ a delinearsi le premesse della futura cultura contemporanea”, caratterizzata, ha detto il Papa...
     
    “...da una indebita scissione tra fede e ragione, che ha prodotto tra i suoi effetti negativi la marginalizzazione di Dio, con l’illusione di una possibile e totale autonomia dell’uomo il quale sceglie di vivere 'come se Dio non ci fosse'. E’ la crisi del pensiero moderno, che più volte ho avuto modo di evidenziare e che approda spesso in forme di relativismo”.

     
    Anche in questo caso, ha affermato il Pontefice, la risposta di San Giovanni Leonardi è chiara e attuale: “Cristo innanzitutto” al centro del cuore, della storia e del cosmo:
     
    “E di Cristo - affermava con forza - l’umanità ha estremo bisogno, perchè Lui è la nostra ‘misura’. Non c’è ambiente che non possa essere toccato dalla sua forza; non c’è male che non trovi in Lui rimedio, non c’è problema che in Lui non si risolva. ‘O Cristo o niente’! Ecco la sua ricetta per ogni tipo di riforma spirituale e sociale”.

     
    In conclusione, Benedetto XVI ha rivolto questo auspicio tanto al clero quanto all’insieme dei credenti:
     
    “L’esempio e l’intercessione di questo ‘affascinante uomo di Dio’ siano, particolarmente in questo Anno Sacerdotale, richiamo e incoraggiamento per i sacerdoti e per tutti i cristiani a vivere con passione ed entusiasmo la propria vocazione”.

     
    Durante le catechesi, parlando in lingua polacca, il Papa ha affidato alla Madonna del Rosario i lavori sinodali in corso in Vaticano, ribadendo poco dopo in lingua italiana “l'importanza” di questa preghiera mariana, “tanto cara - ha ricordato - anche ai miei venerati Predecessori”. Benedetto XVI ha esortato in particolare i giovani, i malati e i nuovi sposi a fare del Rosario il centro della loro vita cristiana. Quindi, saluti del Pontefice sono giunti anche al cardinale Ivan Dias e ai collaboratori del dicastero per l’Evangelizzazione dei Popoli, ai responsabili e agli studenti del Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide, ai partecipanti al pellegrinaggio promosso dall’Ordine della Madre di Dio, in occasione del quarto centenario della morte di San Giovanni Leonardi, ai sacerdoti, religiose e seminaristi dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote e ai rappresentanti dell'Associazione “Pianeta Down”, e , tra gli altri, ai Cavalieri del Ringraziamento di Roio, in provincia de L’Aquila. “Alla Vergine Maria della Croce, venerata nel Santuario di Roio affido ancora una volta - ha concluso il Papa - le attese e le speranze delle popolazioni colpite dal recente terremoto”.

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    Violenze anticristiane e rispetto dei migranti al centro del Sinodo. Intervista col vicario apostolico di Tripoli

    ◊   È entrato nel vivo il secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, in corso in Vaticano sui temi della riconciliazione, della giustizia e della pace. Oggi, prima sessione di lavoro per i Circoli minori. In mattinata, inoltre, una delegazione dei Padri Sinodali si è recata in Campidoglio per un incontro con il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Ieri pomeriggio, intanto, i lavori del Sinodo sono proseguiti con la quarta Congregazione generale. Numerosi i temi emersi dall’Aula, come le violenze contro i cristiani, la necessità di una “conversione ecologica” dell’Africa e il problema delle migrazioni. Ce ne parla Isabella Piro:

    Una sessione pomeridiana punteggiata da diversi applausi, quella di ieri pomeriggio: applausi di solidarietà, incoraggiamento, approvazione di temi più sentiti, emersi dai lavori. Ad aprire la seduta, la testimonianza toccante della Repubblica Democratica del Congo, dove alcune parrocchie hanno subito attacchi ed atti di intimidazione. Gesti con i quali, si è detto in Aula, si vorrebbe ridurre al silenzio la Chiesa, l’unico sostegno di un popolo terrorizzato, umiliato e sfruttato.

     
    Poi, il grande tema dei rapporti con le sètte: una sfida urgente da affrontare anche con autocritica, hanno ribadito i Padri Sinodali, cercando di capire cosa non è sufficiente nel lavoro pastorale. Auspicato anche un nuovo slancio nelle relazioni ecumeniche e una comprensione specifica delle espressioni culturali africane.

     
    Quindi, l’Aula del Sinodo ha lanciato un appello perché la Chiesa in Africa susciti una “conversione ecologica” attraverso l’educazione, così che il Paese non sia più vittima dello sfruttamento petrolifero, della deforestazione, dello smaltimento dei rifiuti tossici. Centrale anche la necessità di una formazione sacerdotale adeguata, che punti al passaggio dal “dialogo tra le culture” alla “cultura del dialogo”.

     
    E ancora, l’incoraggiamento ai laici, che possono fare da “interfaccia” evangelizzatrice tra la Chiesa e il mondo, e il sostegno ai Tribunali Penali Internazionali, affinché ristabiliscano giustizia e pace sulla base della verità. Perché, come diceva Giovanni Paolo II, “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”. Da segnalare, inoltre, l’auspicio che l’Unione Africana includa un rappresentante permanente della Santa Sede e un osservatore del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar.

     
    Infine, la pagina tragica dei migranti, degli sfollati, dei richiedenti asilo, una realtà che in Africa riguarda più di dieci milioni di persone, vittime di sfruttamento e del disprezzo dei diritti umani. Molte di esse vanno in Libia, Paese-ponte verso l’Europa, ma poi spesso rimangono nell’illegalità, sono vittime di sfruttamento sessuale, rischiano il carcere, non hanno accesso all’assistenza legale e sanitaria, Di qui, la speranza che il Sinodo studi le cause che sono alla base del traffico di esseri umani, del dramma dei “barconi”, per dimostrare al mondo che la vita degli africani è sacra, e non è priva di valore, come invece viene presentata da molti mass media.

     
    Sul dramma degli immigrati africani, che come abbiamo detto riguarda oltre dieci milioni di persone, ieri al Sinodo è intervenuto mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vescovo di Tabuda e vicario apostolico di Tripoli, in Libia. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – Noi siamo testimoni di una presenza di immigrati che vengono da tutte le parti dell’Africa. Non voglio entrare in merito ai respingimenti, ma ho sottolineato più volte l’importanza di non rifiutarli, di assisterli almeno in Libia, perché rigettarli e disinteressarsi di loro è contro i diritti dell’uomo ed è anche contro la nostra civiltà umana, cristiana o quello che sia.

     
    D. – Qual è l’azione di soccorso della Chiesa in Libia verso queste persone?

     
    R. – Noi, nel nostro piccolo, in Libia, cerchiamo di seguire questa massa di gente nei centri di raccolta, dove i libici danno possibilità di incontrarla, di visitarla, di assisterla spiritualmente e pastoralmente. Lo facciamo per i cristiani, ma anche per tutti gli altri, e ce ne sono tanti. Noi cerchiamo di assisterli sul piano materiale, offrendo da mangiare. Abbiamo assistito persone, portando coperte e vestiti, e le abbiamo assistite soprattutto sul piano medico. Settimanalmente le nostre suore si interessano di tante donne gestanti e devono, quindi, essere accompagnate all’ospedale. Non hanno documenti e la suora offre il proprio passaporto, si prende cura di loro, cercando di assisterle, affinché possano dare alla luce i loro bambini. Hanno attraversato il deserto e sono persone veramente povere. Mi riferisco in particolare a questa massa di eritrei che arriva in Libia, decisa a non ritornare nel proprio Paese, ma piuttosto ad essere accolta in Occidente.

     
    D. – Quante delle persone respinte, da quello che lei ha potuto conoscere e sapere, sono richiedenti asilo?

     
    R. – Non sono in grado di capire se tutta questa gente ha diritto di avere asilo politico o meno. Io non guardo in faccia le persone. Vedo che hanno bisogno di mangiare, hanno bisogno di essere curate. Non vedo se hanno diritto o non hanno diritto. Io vedo gente che ha bisogno. Non domandiamo niente: hanno bisogno e quindi diamo. Se c’è qualcuno che riusciamo a capire che vuole ritornare al proprio Paese, lo accompagniamo agli uffici competenti. Accompagniamo le altre persone all’ufficio delle Nazioni Unite per avere una carta delle Nazioni Unite, la carta di rifugiato, che è un documento di identità, che come ben si sa non è riconosciuto dalla Libia. Questo forse potrebbe essere un appello: facciamo in modo che abbiano un documento che sia riconosciuto, accettato anche dalle autorità libiche. Allora, mi domando, come fare, perché questa gente possa avere un documento per farsi valere nella propria identità.

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    Una delegazione di Padri sinodali in visita in Campidoglio

    ◊   Una delegazione del Sinodo dei Vescovi per l’Africa - come già detto - si è recata questa mattina in Campidoglio per un incontro con il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Al centro del confronto, i temi riguardanti lo sviluppo, la pace e l’immigrazione. Si è parlato anche della manifestazione organizzata dal Comune di Roma proprio sull’Africa in calendario per il prossimo 19 ottobre. Ha seguito per noi l’incontro Davide Dionisi.

    Cooperazione allo sviluppo, Ogm, regolamentazione dei flussi migratori, accoglienza di rifugiati politici e il contributo di Roma in vista del vertice della Fao di novembre: sono questi i temi principali al centro dei colloqui di questa mattina tra il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e la delegazione del Sinodo per l'Africa in corso in questi giorni in Vaticano. Il gruppo di presuli, guidati dal segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović, prima d’incontrare il primo cittadino, si è raccolto in preghiera nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli. Il gruppo è stato poi ricevuto nello studio privato del sindaco. Sul significato sull’incontro di questa mattina, il commento di mons. Eterović:

     
    “Siamo grati all’onorevole Gianni Alemanno per l’invito che ha fatto alla presidenza della Seconda Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi di visitare i suoi uffici e di scambiare i reciproci auguri. La città di Roma accoglie ogni anno milioni di pellegrini; molti di essi provengono dall’Africa e Roma fa tutto il possibile affinché si sentano a casa. Questa è una vocazione universale di Roma. D’altra parte, i vescovi rappresentanti di 244 Padri sinodali, tutti africani, hanno voluto ringraziare il sindaco e scambiare con lui alcuni pareri su dei temi che stanno molto a cuore: la collaborazione tra l’Africa e l’Europa, come migliorarla, i rifugiati politici, l’immigrazione ed anche il possibile ed auspicabile sviluppo della produzione agricola in Africa”.

     
    L’incontro è stato anche il preludio della grande manifestazione promossa dal Comune di Roma che si terrà il 19 ottobre prossimo sul tema “Africa: quale partnership per la riconciliazione, la giustizia e la pace?”. I dettagli nella testimonianza del sindaco, Gianni Alemanno:

     
    “Abbiamo sottolineato che la città di Roma segue con grande attenzione il Sinodo per l'Africa, perché da questo Sinodo ci aspettiamo dei messaggi chiari per rilanciare la cooperazione e lo sviluppo fra l’Europa e l’Africa. Questo per due obiettivi: il primo è quello di fare in modo che ci sia uno sviluppo equilibrato di questo continente e che esso esca definitivamente fuori dal sottosviluppo. Il secondo riguarda la possibile regolazione dei flussi migratori, in maniera tale che ogni persona possa scegliere se vivere nel proprio Paese o emigrare in Europa secondo dei flussi legali e regolari che devono essere aiutati proprio in alternativa all’immigrazione irregolare”.

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    Mons. Migliore all’Onu: più solidarietà e più società civile

    ◊   Non ci sarà vera riforma delle Nazioni Unite se non si riuscirà a incorporare le voci della società civile. Così l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, è intervenuto all’incontro della 64esima Sessione dell’Assemblea generale dedicato al tema del lavoro dell’Organizzazione. Il servizio di Fausta Speranza:

    Dalla società civile provengono voci critiche in tema di aiuto umanitario, di promozione del ruolo del diritto e di denuncia di pesanti violazioni dei diritti umani. Con queste parole mons. Migliore saluta con favore l’espresso riconoscimento da parte del segretario generale dell’Onu del ruolo critico della società civile all’interno dell’Organizzazione che cerca di darsi riforme. Riuscire a lavorare davvero insieme e “con rinnovato impegno di responsabilità” è il vero obiettivo, sottolinea mons. Migliore che cita subito le più grandi sfide su cui misurarsi: l’imminente Conferenza di Copenaghen chiede un’azione in tema di cambiamenti climatici, una questione che – dice mons. Migliore – ha “sia cause che conseguenze di livello globale”. Tutti hanno il “dovere di usare le risorse della terra in modo sostenibile”. Qualcuno le ha usate finora “in modo sproporzionato e abusandone”. Poi c’è la questione nucleare: tanto è stato fatto ma tanto resta da fare per assicurare “seri progressi nel controllo e nel disarmo di questi strumenti di distruzione”. Nel mondo globale, “soluzioni nazionali non possono che rappresentare solo una parte della formula per promuovere pace e giustizia”. Ricordando la crisi economica globale e sottolineando le conseguenze per i Paesi più poveri, mons. Migliore è tornato a chiedere che “Nazioni Unite e Paesi sviluppati agiscano insieme per assicurare assistenza ai tanti Paesi che non sono in grado di fronteggiare la crisi economica e che pure devono far fronte alle sfide della sicurezza e dello sviluppo”. L’osservatore permanente della Santa Sede chiede “più ampia solidarietà”, “rinnovato impegno a mettere al primo posto i poveri”. Guardando in particolare all’anno di crisi – dice mons. Migliore – “impariamo dagli errori e ricordiamo il dovere di rispondere all’esigenza di cooperazione”. Con una raccomandazione: “L’aiuto allo sviluppo per essere efficace deve promuovere nei poteri locali la responsabilità ad affrontare i cronici malfunzionamenti a livello politico, amministrativo e sociale”.

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    Il Beato Sigismondo Felice Felinski sarà canonizzato domenica dal Papa

    ◊   È stato vescovo titolare di Tarso e arcivescovo di Varsavia dove ha voluto avviare una decisa azione di rinascita spirituale e morale incrementando la preparazione del clero, la catechesi al popolo, l’assistenza per i poveri e i bambini. Sigismondo Felice Felinski, che sarà canonizzato domenica dal Papa in Piazza San Pietro, insieme ad altri quattro Beati, è nato nell’attuale Ucraina, ha studiato a Mosca e nel 1857 a Pietroburgo ha fondato la Congregazione delle Suore della Famiglia di Maria. Per la sua fedeltà a Roma e i suoi contatti con la Sede Apostolica senza la mediazione del governo zarista, il 14 giugno 1863 è stato deportato e condannato all’esilio ma ha continuato ad assistere spiritualmente i cattolici e gli esiliati in Siberia. Al microfono di Tiziana Campisi, suor Teresa Antonietta Frącek, francescana della Famiglia di Maria e postulatrice della causa di canonizzazione, descrive i tratti di mons. Felinski:

    R. – Lo chiamavano “apostolo della concordia nazionale e della fratellanza evangelica”. E’ da annoverare tra i grandi riformatori religiosi che si dedicavano al risveglio del cattolicesimo nell’impero russo. Rappresenta un modello di vita, di carità di Dio e di amore per la patria. Al contempo è simbolo di unità, di fratellanza delle nazioni sulla base del Vangelo. A Pietroburgo era padre spirituale degli alunni dell’Accademia ecclesiastica romano-cattolica e docente nella stessa, ma guardava anche la gente, i poveri, gli orfani. E per loro ha fondato un ricovero e al contempo una comunità religiosa che ha chiamato “Famiglia di Maria”. Desiderava che le suore, dedicandosi a Dio, al servizio della Chiesa, formassero una nuova famiglia per gli orfani e per i poveri che non hanno una propria casa e una propria famiglia.

    D. – Quale esempio ci lascia Sigismondo Felice Felinski?

     
    R. – Era un uomo di grande semplicità e umiltà, era di povertà francescana. Cristo era per lui Via, Verità, Vita. Noi possiamo attingere anche per i nostri tempi alla sua spiritualità. In lui è da sottolineare questo servire Dio e gli uomini con grande semplicità, e attraverso lo stile di vita del Beato Sigismondo è possibile rileggere il Vangelo. Era un grande veneratore della Madonna e si appoggiava molto alla Divina Provvidenza. Non si è mai scoraggiato, ha sempre avuto una fiducia incondizionata nella Provvidenza divina. Oggi ognuno può rileggere di nuovo il Vangelo tenendo presente il modo in cui è vissuto Sigismondo e portare nella propria vita e nel proprio lavoro la serenità e la semplicità che lo hanno contraddistinto.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell’informazione vaticana, la catechesi del Papa all’udienza generale e i lavori sinodali.

    Un miliardo di bambini sotto le bombe: in rilievo, nell’informazione internazionale, la denuncia - da parte dell’Unicef - della condizione dell’infanzia nei territori di guerra.

    “Il Potere e la Grazia. I santi patroni d’Europa”: in cultura, il discorso del cardinale Tarcisio Bertone e il testo dell’ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi, scritto per il catalogo della mostra che sarà inaugurata stasera a Palazzo Venezia.

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    Oggi in Primo Piano



    Memoria della Beata Vergine del Rosario. Il Papa: il Rosario, preghiera per tutti

    ◊   La Chiesa – come ha già ricordato il Papa all’udienza generale - celebra oggi la memoria della Beata Vergine Maria del Rosario. Una ricorrenza istituita da San Pio V per commemorare la vittoria riportata dalle nazioni cristiane nel 1571 a Lepanto contro la flotta islamica. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Il Rosario nasce nel 1200 con San Domenico di Guzmán: devotissimo della Madre di Dio, il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, per aiutare i poveri a vivere la fede, insegna a meditare sui misteri dell’Incarnazione recitando l’Ave Maria. Una preghiera per tutti, semplice ma profonda ha affermato Benedetto XVI:

     
    “Il Rosario è preghiera contemplativa accessibile a tutti: grandi e piccoli, laici e chierici, colti e poco istruiti. E’ vincolo spirituale con Maria per rimanere uniti a Gesù, per conformarsi a Lui, assimilarne i sentimenti e comportarsi come Lui si è comportato. Il Rosario è ‘arma’ spirituale nella lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo”. (Omelia della Messa a Pompei, 19 ottobre 2008)

     
    Preghiera antica dunque, il Rosario – ha sottolineato il Papa – “non è una pratica relegata al passato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia”:

     
    “Il Rosario sta invece conoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre sua Maria”. (Riflessione a conclusione del Rosario a Santa Maria Maggiore, 3 maggio2008)

     
    C’è chi ha difficoltà a pregare il Rosario per la sua modalità ripetitiva, eppure è una preghiera potente che purifica i cuori “da tante forze negative” aprendoli “alla novità di Dio”:

     
    “Il Rosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale ma profondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice del Nome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria”. (Riflessione a conclusione del Rosario a Santa Maria Maggiore, 3 maggio2008)

     
    Il Papa invita ad affidarsi alla Beata Vergine del Rosario; quindi spiega perché Maria è Beata:

     
    "Per questo è Beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unica roccia che non muta e non cade”.(Riflessione a conclusione del Rosario in Piazza San Pietro, 31 maggio 2008)

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    Dossier Caritas-Migrantes: falso il binomio più immigrati più criminalità

    ◊   ''Il problema criminalità in Italia è serio, ma bisogna ridimensionare i giudizi correnti sull'apporto degli stranieri”. Lo afferma una ricerca presentata ieri a Roma e realizzata dall'equipe del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes insieme all'Agenzia Redattore Sociale. Il titolo è “La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi". Ce ne parla Gabriella Ceraso.

    C’è un diffuso senso di insicurezza, ma non c’è la tanto citata emergenza criminalità: in Italia il livello è immutato dagli anni ’90. E’ uno dei tanti luoghi comuni che il rapporto Caritas vuole ridimensionare. Alla stessa maniera non vale il binomio “più immigrati-più criminalità”, visto che tra il 2001 e il 2005, si legge - ultimo anno certo nelle stime - la popolazione immigrata è aumentata del cento per cento, ma le denunce solo del 45,9. Nel confronto con gli italiani poi, il tasso di criminalità degli immigrati regolari è solo leggermente più alto, tra l’1,23 e l’1,40 per cento contro lo 0,75, non di cinque o sei volte superiore, come si crede. Inoltre, la differenza cala tra le persone oltre i 40 anni. Franco Pittau, coordinatore Dossier Immigrazione della Caritas:

    “Ci siamo detti che se gli italiani fossero concentrati per più del 90 per cento tra i ventenni e i trentenni ci sarebbero 200 mila denunce in più. L’ultimo passo che abbiamo fatto è questo: se noi dalle denunce togliamo la parte che riguarda l’infrazione alle leggi sugli stranieri, come rimane la differenza tra italiani e stranieri? Viene annullata”.

    Ad incidere, dunque, sono soprattutto i reati relativi alla condizione stessa di irregolarità, commessi da quattro stranieri su cinque. Pari o inferiore rispetto agli italiani, invece, il tasso di carcerazione definitiva. Mentre preoccupanti restano le violenze subite dagli immigrati e il ruolo della stampa sulla criminalizzazione degli immigrati stessi. Roberto Natale, presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana:

    “Conta correggere il sensazionalismo, conta correggere questo nostro abuso della parola 'clandestino', conta far riferimento alla presunzione di innocenza”.

    Da qui, conclude il rapporto, il bisogno di individuare strategie più adatte a favorire convivenza interetnica e attuazione di politiche sociali più inclusive. Ancora Franco Pittau:

    “Non è che l’immigrazione ci debba portare ad accettare la delinquenza, la dobbiamo combattere con tutte le forze, ma quello che dobbiamo sradicare dalla nostra mente è che immigrazione e delinquenza siano la stessa cosa, perché è questa serenità che ci porterà ad insistere sull’integrazione. Del resto, la sicurezza senza l’integrazione non va molto avanti. Noi abbiamo bisogno degli immigrati: insegniamo loro a rispettare la legge, siamo severi, preveniamo tutto quello che vogliamo, coinvolgiamo le loro associazioni - cosa che non facciamo - e gli immigrati saranno una grande risorsa per il Paese, come del resto ha detto il presidente della Repubblica.”

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    Giornata nazionale dei Risvegli per dare voce alle persone in coma

    ◊   Si celebra oggi l’undicesima edizione della “Giornata nazionale dei Risvegli”, l’iniziativa promossa dall’associazione bolognese “Gli amici di Luca” per promuovere il dibattito intorno al coma. Ma qual è il significato di questo evento? Giuseppe Petrocelli lo ha chiesto a Fulvio De Nigris, direttore del Centro studi per la Ricerca sul coma.

    R. – Noi facciamo questa Giornata dei Risvegli per dare voce alle famiglie che vivono questo problema di una persona cara in coma o in stato vegetativo e che praticamente a volte non può esprimersi e invece l’espressione di queste problematiche nella Giornata dei Risvegli trova il momento di maggiore visibilità attraverso convegni, attraverso iniziative scientifiche, attraverso spettacoli. Abbiamo uno spettacolo fatto dai ragazzi usciti dal coma ed è uno spettacolo che mette in mostra la condizione di questi ragazzi ma in una forma poetica. Quindi, insomma, la Giornata dei Risvegli è un modo per dire che queste persone ci sono, che hanno problematiche sì importanti ma che noi dobbiamo essere in grado di risolvere.

     
    D. – Qual è l’attività dell’associazione?

     
    R. - Gli “Amici di Luca” si occupano un po’ a tutto campo di questa tematica. Noi abbiamo un numero verde come aiuto (800.99.80.67) che è un numero di assistenza nazionale per le famiglie, un punto di ascolto ma anche un appoggio per far capire cosa si può fare quando c’è una persona in coma. Noi abbiamo delle "guide-famiglia" che diffondiamo gratuitamente, abbiamo dei nostri libri, abbiamo una rivista (“Gli amici di Luca Magazine”), poi facciamo questo grande lavoro di accompagnamento della famiglia in questa struttura, che è la “Casa dei risvegli Luca de Nigris”, dove parliamo di una fase post-acuta dove è ancora possibile fare qualcosa, dove è possibile risvegliarsi ma dove, se il 90 per cento delle persone escono da questa condizione, c’è quella parte di persone che non ne esce e che torna in una dimensione di vita che comunque deve essere assistere assistita.

     
    D. - Ci sono progressi nella ricerca?

     
    R. – Sul coma ci sono degli studi anche importanti di “imaging”, di riflessi e di studio su quelle che sono le possibilità di queste persone: che cosa queste persone sentono, che cosa vivono, anche in una condizione estrema come lo stato vegetativo. Certamente molto è ancora da fare e questo è uno dei punti nodali del nostro impegno, cioè incrementare la ricerca. Noi abbiamo un centro studi di ricerca sul coma e abbiamo molti progetti di ricerca in atto.

     
    D. - In definitiva che messaggio si sente di dare?

     
    R. – Il messaggio che noi possiamo dare è che dobbiamo accompagnare la famiglia, dobbiamo intercettare i loro bisogni. Bisogna essere anche più chiari su questa tematica con delle terminologie che siano precise. Bisogna, quindi, che i clinici stabiliscano un glossario particolare e che facciano chiarezza su questa tematica. Può darsi anche che lo “stato vegetativo” non sia più la terminologia esatta ma che forse bisogna parlare di “sindrome”.

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    Inaugurazione a Roma della Mostra "Il Potere e la Grazia. I Santi Patroni dell'Europa"

    ◊   Un viaggio nella storia dell’Occidente cristiano attraverso le immagini dei Santi. La mostra “Il Potere e la Grazia. I Santi Patroni dell’Europa”, curata dal Comitato di San Floriano, propone opere di più di 80 artisti, fra cui Caravaggio, Tiepolo, Van Dick, Mantegna. Ritratte le vite dei Santi che nei secoli hanno segnato la storia dei Paesi europei. Oggi l’inaugurazione della mostra che ieri è stata presentata a Palazzo Venezia, a Roma. C’era per noi Debora Donnini.

    Le stigmate di San Francesco, le tentazioni dei diavoli a Sant’Antonio abate, l’estasi di Santa Caterina, Santa Elisabetta d’Ungheria che compie un’opera di carità verso una povera donna. Sono alcune delle immagini raffigurate nelle tele provenienti dai maggiori musei europei e concessi alla mostra “Il Potere e la Grazia. I Santi patroni dell’Europa”. Esposti anche diademi, icone e codici miniati. Gli autori: i più grandi artisti dell’occidente, da Caravaggio a Tiepolo. Un arcipelago di culture diverse, l’Europa, con un patrimonio comune: il cristianesimo. “Il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la nostra civiltà”. Cita Kant mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Ma quale messaggio vuole trasmettere l’esposizione? Ci risponde mons. Ravasi:

     
    “Può comunicare almeno tre significati. Il primo è sicuramente quello che per studiare la cultura europea è assolutamente indispensabile avere quel grande codice di riferimento che è la Bibbia e la cultura cristiana. La seconda considerazione riguarda proprio il rapporto tra fede e politica o, se si vuole, tra il potere e la grazia. I Santi sono un segno di trascendenza, però dall’altra parte hanno lasciato tracce profonde – pensiamo soltanto a figure come Benedetto e Francesco – a cosa hanno rappresentato per la stessa società civile e da ultimo direi che forse è anche una riscoperta della bellezza che stiamo perdendo sempre di più".

     
    La mostra racconta vite di Santi, che di riflesso parlano delle storie dei popoli europei, del rapporto con principi e re, di evangelizzazione e persecuzioni, delle opere di carità della Chiesa, e dunque di potere e grazia. Una mostra che sottolinea la rivoluzione portata dal cristianesimo e resa evidente anche dalla bellezza dell’arte e dalle grandi opere di carità, come ci spiega il curatore don Alessio Geretti:

     
    “L’arte che racconta l’impegno di carità e di servizio dei grandi Santi è uno dei segni in cui si manifesta la rivoluzione culturale che il cristianesimo ha introdotto nella storia della civiltà. L’Europa d’oggi, quand’anche possa continuare ad avere ospedali, scuole ed attenzioni verso gli ultimi al di là della fede degli uni o degli altri, non può ignorare che tutto questo ha avuto come inventori degli uomini che proprio a causa della loro fedeltà a Dio e al Vangelo si sono presi a cuore l’uomo concreto nella sua carne. Un tempo, forse, i grandi eroi erano i vincitori in battaglia; nell’arte cristiana sono i vincitori del male che mortifica la persona umana i veri eroi celebrati dagli splendori degli artisti”.

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    Chiesa e Società



    Messaggio dei vescovi portoghesi sul pellegrinaggio del Papa a Fatima

    ◊   "Gioia e giubilo" sono i sentimenti espressi dalla Conferenza episcopale del Portogallo in una dichiarazione sul pellegrinaggio del Papa a Fatima nel 2010. Una visita “da pellegrino”, scrivono i vescovi, che avviene in occasione del decimo anniversario della beatificazione dei pastorelli, Francesco e Giacinta, e in occasione delle celebrazioni per il centenario dalla nascita di Giacinta. Pellegrina si fa la Chiesa con Benedetto XVI per questa visita che riveste “un grande significato pastorale, dottrinale e spirituale”. Ricordando quanto detto da Giovanni Paolo II che parlava di Fatima come del luogo dal quale “si irradia un messaggio di conversione e speranza", i vescovi hanno definito il pellegrinaggio del Santo Padre “una sfida per tutti noi”. “Il Santuario di Fatima, dove diventa vivo e attuale il messaggio della Madonna, – si legge nella nota dell’episcopato portoghese – è un elemento importante per l’evangelizzazione e l’edificazione della Chiesa del nostro Paese”. “Maria, Stella dell’evangelizzazione” ma anche “Stella del Mare”, come l’ha definita il Papa, “che accompagna il viaggio di ciascuno di noi e di tutta la Chiesa – scrivono i presuli – nel mare della vita e della storia, con il suo amore vigile e attento di una madre che ama i propri figli e e desidera la loro felicità”. “Nel viaggio – aggiungono – indica la luce vera che è Gesù ”. Maria è pure “Stella della Speranza” perché indica continuamente la meta, “il porto sicuro e felice, in eterna comunione con Dio e con tutti gli uomini”. “La visita del Papa – concludono i vescovi – intende incoraggiare l’impegno costante e generoso nell’opera di evangelizzazione, per aiutarci a passare da una religiosità tradizionale ad una fede adulta e consapevole, capace di renderci testimoni in modo coraggioso nel pubblico e nel privato, e che sappia affrontare le sfide del secolarismo e del relativismo dottrinale ed etico, tipico del nostro tempo”.(B.C.)

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    Elezioni in Bolivia. L’arcidiocesi di La Paz: no alla strumentalizzazione della fede

    ◊   Dopo diversi articoli di stampa, l’arcivescovado di La Paz è intervenuto con una nota per precisare quanto affermato da alcuni giornali boliviani: il fatto che due raggruppamenti politici “Plan Progresso per la Bolivia” (PPB) e “Alianza Sociale” (AS), entrambi in corsa per le elezioni del 6 dicembre prossimo, avevano dato inizio alle loro rispettive campagne elettorali con celebrazioni eucaristiche nella cattedrale di La Paz. Nella nota, l’arcivescovado ha precisato che “tali celebrazioni sono state richieste per pregare per la salute di singole persone malate e non per i partiti politici”. In queste poche parole l’arcidiocesi, guidata da mons. Edmundo Abastaflor, ha denunciato l’inganno e la malafede che ha visto coinvolta la stessa arcidiocesi, completamente all’oscuro di una manovra elettorale aliena e lontana dalla sua missione e dalla sua volontà. “Gli spazi dei nostri templi - prosegue il comunicato - restano sempre aperti alla partecipazione di tutte le persone naturalmente secondo i loro principi cristiani e la loro buona fede”. In modo particolare il comunicato spiega che “queste celebrazioni eucaristiche non sono mai state concordate con alcun partito politico e che, ovviamente, non potrebbe essere altrimenti”. L’indicazione vale “anche per il prossimo futuro poiché - si legge - si tratta di atti che nulla hanno a che fare con la funzione pastorale e religiosa della nostra Chiesa”. Infine l’arcidiocesi di La Paz ha riaffermato “il carattere sacro della liturgia” e perciò ancora una volta ha chiesto “ai raggruppamenti politici di astenersi dall’utilizzare gli spazi sacri per scopi elettorali”. Quest’ultima precisazione è in linea con una precedente nota dell’Episcopato boliviano, intervenuto dopo l’annuncio di un candidato che assicurava di voler aprire i suoi comizi con la celebrazione della Santa Messa. In Bolivia, il 6 dicembre, quasi 4 milioni di elettori, ottemperando ad alcune diposizioni transitorie della nuova Costituzione in vigore da pochi mesi, dovranno eleggere il presidente, il vice presidente della Repubblica e i 166 membri dell'Assemblea legislativa plurinazionale. Ieri, nelle tre principali città del Paese - La Paz, Santa Cruz y Cochabamba - è cominciata la fase finale della campagna politica che, secondo i sondaggi, dovrebbe vedere come vincitore ancora una volta il presidente Evo Morales con quasi il 50% delle preferenze. Molto indietro gli altri due candidati rispettivamente al 18% e all'11%. La campagna elettorale è già molto intensa e, come prevedevano gli osservatori, le opinioni sono molto polarizzate e aggressive. In questo contesto sono stati diversi i tentativi, provenienti da più parti, di strumentalizzare la fede religiosa e i suoi simboli per scopi elettorali estranei alla natura e alla missione della Chiesa cattolica. Pertanto, a più riprese, diversi vescovi boliviani hanno rifiutato queste ingerenze indebite.(A cura di Luis Badilla)

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    Lettera pastorale dei vescovi dello Zimbabwe sulla riconciliazione nel Paese

    ◊   “Per fermare la spirale della violenza, dell’umiliazione, dell’oppressione e dello sfruttamento” in Zimbabwe occorre fare conoscere la verità su quanto avvenuto, e “riconoscere apertamente e pubblicamente che la violenza è stata parte della nostra vita e della nostra storia” . È quanto scrivono i vescovi dello Zimbabwe nella lettera pastorale: “Guarigione nazionale e riconciliazione” pubblicata nei giorni scorsi, prima dell’inizio del Sinodo. In questo senso, proseguono, “le vittime devono poter raccontare le loro storie in un clima di libertà e sostegno”, mentre “i responsabili devono assumersi la responsabilità dei loro peccati”. Nel documento i presuli esaminano in dettaglio le radici delle ferite che hanno lacerato l’ex Rhodesia, distinguendo tre fasi della storia del Paese: quella precoloniale, quella coloniale e quella successiva all’indipendenza. Questo perché, scrivono, “ogni epoca ha le sue fonti di conflitto” e tuttavia “le diverse epoche hanno profondamente influenzato le successive”. Cosi “i conflitti che esistevano prima del colonialismo sono stati utilizzati dal sistema coloniale secondo il principio del ‘divide et impera’ per mantenere il potere e alcuni di questi metodi e strategie sono stati ereditati e perpetuati nel periodo post-coloniale”. Alle rivalità tra le principali etnie che hanno preceduto la colonizzazione – ricorda la lettera - si è aggiunta, durante la colonizzazione britannica, la discriminazione razziale, che “ha creato risentimento tra i neri” e odio tra i diversi gruppi che costituiscono la popolazione dello Zimbabwe. Se l’indipendenza sembrava, in un primo momento, avere portato maggiore benessere e libertà “si è dimenticato di provvedere ai bisogni di coloro che sono rimasti traumatizzati dalla guerra di indipendenza, specialmente gli ex combattenti”. “Abbiamo ignorato – aggiungono - quelli che erano sconvolti fisicamente e psicologicamente dalla povertà, dalla discriminazione e dall’oppressione”. Per guarire le ferite di oggi occorre quindi guarire quelle lasciate dal passato. “Perché possa avere luogo un’autentica riconciliazione e guarigione nazionale – sottolinea in conclusione la lettera - è necessario che l’intera nazione partecipi a un vasto processo sostenuto da una forte volontà politica e dal desiderio di riconciliare e guarire il Paese”. Un’impresa – ribadiscono i presuli - a cui la Chiesa locale vuole continuare a dare il suo attivo contributo. Lo Zimbabwe è da poco uscito da una grave crisi politica precipitata dopo le elezioni presidenziali del 2008. Le consultazioni, infatti, sono state contrassegnate da tumulti, violenze, intimidazioni, ed accuse di brogli tra la maggioranza, guidata dal presidente Robert Mugabe al potere da 29 anni, e l’opposizione di Morgan Tsvangirai. All’inizio dell’anno si è giunti ad un accordo per un governo di unità nazionale, con Mugabe come presidente e Tsvangirai primo ministro. Il Paese è anche alle prese anche con una grave crisi economica che ha costretto molti cittadini a emigrare. (L.Z.)

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    Iraq: sciiti e sunniti esprimono solidarietà ai cristiani vittime delle violenze

    ◊   In seguito all’uccisione dell’infermiere cristiano, Imad Elia Abdul Karim, rapito il 3 ottobre, e il cui corpo è stato ritrovato domenica scorsa, trenta capi delle tribù sciite provenienti dal Sud dell’Iraq, insieme ad alcuni capi religiosi sunniti si sono recati questa mattina a Kirkuk, in Iraq, per esprimere la loro solidarietà e vicinanza alla comunità cristiana oltre ad avere condannato le violenze perpetrate contro di loro e lanciato un appello al governo perché protegga gli abitanti. E’ quanto ha rivelato al Sir l’arcivescovo di Kirkuk, Louis Sako, che ha detto di aver ricevuto visite anche da parte di tante persone della città. Sako aveva lanciato appelli alle autorità per chiedere la liberazione dell'infermiere parlando anche di una situazione preoccupante per la comunità cristiana sempre più oggetto di minacce e violenza che sta spingendo molte famiglie cristiane a lasciare la città. (G.C.)

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    In corso l'assemblea dei vescovi vietnamiti: assente l’arcivescovo di Hanoi

    ◊   Al raduno della Conferenza episcopale del Vietnam, cominciato lunedì scorso sono convenuti quasi tutti i vescovi impegnati nelle 26 diocesi del Vietnam e che durerà fino al 10 ottobre. Tra i temi dell’assemblea –secondo AsiaNews- vi sono anzitutto i preparativi del Giubileo della Chiesa in Vietnam, per celebrare i 300 anni dell’arrivo del cristianesimo, l’educazione nei seminari, gli aiuti alle vittime del tifone Ketsana e la beatificazione di Francois Pallu e Lambert de la Motte, entrambi missionari ed evangelizzatori del Vietnam. All’incontro di ieri erano assenti mons. Emmanuel le Phuong Thuan, di Can Tho, ormai molto anziano, e l’ arcivescovo di Hanoi, mons. Joseph Ngo Quang Kiet, fatto oggetto durante l’anno di aspre critiche per la sua difesa della libertà religiosa. In un biglietto letto all’inizio dei lavori, l’arcivescovo si è scusato per la sua assenza dovuta a "stanchezza", e ha augurato al presidente dell’ assemblea “ ogni bene” e “frutti abbondanti all’incontro” assicurando la sua preghiera per tutta la durata del raduno. (G.C.)

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    In Pakistan i Salesiani donano speranza ai poveri

    ◊   “Abbiamo iniziato il Centro Educativo Don Bosco non solo per i cristiani che non possono permettersi di andare a scuola ma anche per i musulmani poveri”. È quanto ha riferito- secondo Zenit- il missionario italiano don Pietro Zago all’associazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre, nel sottolineare la missione educativa dei Salesiani nei confronti degli abitanti più poveri di Quetta, la capitale della provincia del Belucistan, in Pakistan dove i cristiani rappresentano appena l’1,4 per cento della popolazione che è per la maggioranza musulmana. Qui i religiosi costituiscono un importante punto di riferimento per l’istruzione di tantissimi bambini il cui stato di indigenza preclude loro il diritto all’istruzione. In Pakistan ci sono anche 2 milioni di immigrati afghani, e circa 500mila di loro vivono nei campi intorno a Quetta. Molti dei bambini rifugiati vanno a scuola in casa affittate nel loro campo perché non hanno i mezzi per frequentare le scuole governative. Il Centro Don Bosco aiuta tre di queste scuole, dando loro fondi per pagare gli insegnanti e distribuire materiale scolastico e pasti. Il Centro promuove il rispetto reciproco tra i vari gruppi etnici nel dividere gli alunni in classi diverse quando studiano religione. (G.C)

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    Il rapporto tra fede e scienza al centro dell’intervento del cardinale Pell a Sydney

    ◊   “Continuerò a credere nell'unico e vero Dio dell'amore perché penso che nessun ateo possa spiegare il sorriso di un bambino”. Sono le parole del cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, pronunciate nel corso del suo intervento al “Festival of Dangerous Ideas” che si è tenuto lo scorso fine settimana all'Opera House della metropoli australiana. Come riporta Zenit, il porporato ha affermato che molte persone considerano Dio “un nemico” oppure, in base alle recenti scoperte della fisica e della biologia, “un matematico di prima categoria”. “Non è possibile arrivare a Dio – ha continuato - nel contesto della scienza, perché Dio è fuori dallo spazio e dal tempo”. “Il Dio su cui stiamo discutendo - ha proseguito l’arcivescovo di Sidney - non è un Dio contrattato per riempire i vuoti della nostra conoscenza scientifica attuale, che si riempiranno quando la scienza progredirà”.“E' l'insieme dell'universo che non si spiega da sé, includendo l'infrastruttura e gli elementi che comprendiamo scientificamente”. Inoltre, interpellato sull’ateismo in Australia, il cardinale Pell ha affermato che l’assenza di Dio è legata “all’ostilità laicista nei confronti del cristianesimo” in particolare per “la difesa cristiana della vita, del matrimonio, della famiglia e del legame della sessualità con l’amore e la vita”. (B.C.)

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    A Creta la plenaria della Commissione “Fede e Costituzione" del Consiglio Ecumenico delle Chiese

    ◊   “ Un desiderio profondo di unità spinge le Chiese a ritrovarsi a Creta per esplorare le vie di comunioni possibili”. E’ con queste parole che mons. Gregory James Fairbanks ha presentato al Sir lo stato d’ animo con cui i 120 membri delle rispettive Chiese partecipano oggi alla sessione plenaria della Commissione “ Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese ( Wcc) presso l’Accademia ortodossa di Kolympari, Creta, e che terminerà il 14 ottobre. Tre sono i temi principali di discussione: cosa significa essere Chiese, le fonti dell’autorità e il discernimento morale. La Commissione analizzerà come le Chiese arrivano a prendere posizione sulle questioni controverse come il proselitismo, l’omosessualità e la ricerca delle cellule staminali. “Le questioni morali- secondo quanto riferisce mons. Fairbanks- rappresentano una delle principali sfide da affrontare , dal momento che è proprio su di esse che le diverse Chiese non hanno le stesse visioni”. Ma alla diversità delle concezioni si accompagna anche la speranza da parte dei presuli che le Chiese possano arrivare ad un pensiero comune. Alla domanda di quale margine ha oggi la speranza ecumenica, don James Puglisi, direttore del Centro Pro Unione e membro della delegazione cattolica, ha risposto che “ le Chiese membro della Commissione Fede e Costituzione stanno lavorando a questo scopo a partire dal 1927 , compiendo grandi passi in avanti, comprovati dal documento di consenso su Battesimo, Eucarestia e Ministero”. (G.C.)

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    Palermo: l’arcivescovo Romeo convoca un incontro nel nome di Padre Puglisi

    ◊   È nel nome di Padre Pino Puglisi, sacerdote ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993, che presbiteri, diaconi, consacrati e laici accorreranno alla convocazione fatta dall’arcivescovo Paolo Romeo per oggi pomeriggio nella cattedrale del capoluogo siciliano. “In attesa del convegno diocesano, di fronte alla crisi di valori morali, di principi etici e di dinamiche economiche- ha detto l’arcivescovo di Palermo- la figura di Padre Puglisi, aiuta tutti ad avvertire la dimensione ampia del progetto di evangelizzazione che la Chiesa di Palermo vuole continuare a sviluppare nei tre ambiti pastorali della famiglia, dei giovani e del territorio”. Anche quest’anno sarà Enzo Bianchi, priore di Bose, a sviluppare la tematica che sarà oggetto della riflessione degli operatori pastorali che si riuniranno nuovamente giovedì, nei vari vicariati di zone, per dare vita ai laboratori di studi. (G.C.)

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    Aperto a Roma il convegno nazionale dei responsabili delle case di accoglienza religiosa

    ◊   Si è aperto a Roma con la relazione del segretario nazionale della Cei, mons. Mariano Crociata, il convegno nazionale: “Case per ferie: una missione che continua”. Alla riunione, promossa da don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, partecipano i responsabili di oltre tremila case di accoglienza religiosa che, secondo il portale Hospites, può garantire un’offerta di oltre 300 mila posti letto. Necessaria però, vista la crescita della richiesta, una preparazione più attenta dei gestori, in prevalenza religiosi, soprattutto in lingue straniere, marketing e analisi della qualità dell’accoglienza. C’è poi un cammino da compiere riguardo all’importanza evangelizzatrice di questa proposta di accoglienza che si rivolge soprattutto a famiglie e giovani cercando di esprimere il volto di una Chiesa ospitale, crocevia di relazioni e dialogo. Secondo don Lusek – riporta Avvenire – l’ospite percepisce in queste strutture un clima famigliare che “propone e attualizza l’antica ospitalità benedettina”. Il fenomeno del turismo religioso è in assoluta crescita, lo scorso anno si è registrato un incremento del 55% rispetto al 2006 e del 183% rispetto al 2004. Inoltre gli ospiti, stando ai risultati di un questionario che hanno compilato, scelgono queste case proprio per il clima famigliare che respirano e per la possibilità di incontrare persone con gli stessi ideali, solo al terzo posto si colloca la scelta economica, seguita dalla certezza di un luogo sicuro e affidabile. (B.C.)

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    Nobel per la Chimica a tre studiosi impegnati nella lotta alle malattie incurabili

    ◊   Assegnato il Nobel per la Chimica a tre scienziati. Si tratta di due americani – Venkatraman Ramakrishnan e Thomas Steitz- e di una studiosa israeliana Ada Yonath. Premiata la loro ricerca sulla struttura e le funzioni del ribosoma che sintetizza le proteine. I loro studi aprono una nuova strada nella scoperta di nuovi antibiotici necessari a debellare malattie ancora non curabili. I tre scienziati hanno utilizzato un sistema “X-ray” con il quale hanno effettuato una cristallo-grafia per mappare la posizione di ognuno dei centinaia di migliaia di atomi che compongono il ribosoma. Hanno poi riprodotto un modello tridimensionale che può dimostrare la reazione degli antibiotici sul ribosoma stesso. Venkatraman Ramakrishnan è originario dello stato indiano del Tamil Nadu ma di nazionalità americana, lavora a Cambridge, in Gran Bretagna. A Yale invece insegna Thomas Steitz, anch’egli americano. Ada Yonath, la terza donna premiata con un Nobel scientifico nel 2009, è nata a Gerusalemme ed insegna nell'Istituto Weizmann di Rehovot.(B.C.)


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    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan: a otto anni dall’intervento, Obama rilancia la lotta contro il terrorismo

    ◊   Non si ferma la violenza in Afghanistan. Due civili sono morti ed altri 25 sono rimasti feriti nel sud nell'esplosione di un razzo che ha colpito un autobus nel distretto di Qara Bagh. Nella provincia occidentale di Herat, un reparto congiunto di forze militari internazionali e dell'esercito afghano ha attaccato una base d’insorti, uccidendone sei. Sempre ad Herat, un soldato spagnolo è stato ucciso dall’esplosione di una mina. Ieri, alla vigilia dell'ottavo anniversario dell'inizio della guerra in Afghanistan, Barack Obama ha confermato l’impegno dell’amministrazione Usa nella lotta senza quartiere alla rete terroristica di Al Qaeda. Dagli Stai Uniti Elena Molinari:

    Barack Obama non ha ancora deciso quale sarà la sua strategia per l’Afghanistan, ma a otto anni dall’inizio della guerra nel Paese asiatico il dibattito all’interno della sua amministrazione sulle opzioni che ha di fronte si fa infuocato. Ieri, lo stesso Obama ha promesso ad Al-Qaeda di colpirla ovunque si trovi ed ha assicurato che il suo governo raddoppierà gli sforzi per affrontare chi continua ad attentare la sicurezza del Paese. Per i comandanti militari, in Afghanistan quest’impegno si deve tradurre in rinforzi. Lo ha precisato nelle ultime settimane il capo delle forze statunitensi nel Paese, il generale Stanley McChrystal, ed Obama se lo è sentito ripetere ieri anche da un gruppo di senatori e deputati repubblicani chiamati a discutere con lui e con i colleghi democratici della situazione. Intanto, forse per far pressione su un’opinione pubblica restia ad inviare più truppe a Kabul, ieri anche il capo del Pentagono, Robert Gates, ha ammesso che i talebani stanno vincendo e solo perché gli Stati Uniti ed i loro alleati non sono riusciti a mandare più uomini sul terreno.

     
    Pakistan
    Le forze di sicurezza pakistane hanno annunciato di aver ucciso il comandante talebano Nisar, conosciuto anche come Ghazi, uno dei leader più importanti del movimento. Secondo la tv pakistana, il leader talebano è stato ucciso durante scontri tra esercito e militanti talebani questa mattina a Matta, nella valle dello Swat. Dal ministro dell’Interno pakistano arriva invece la conferma dell’uccisione del nuovo leader dei talebani, Hakimullah Mehsud, annunciata nelle scorse settimane da fonti dell'intelligence. Il ministro sostiene quindi che l’uomo che sostiene di essere Mehsud, apparso pochi giorni fa in un video trasmesso da al-Jazeera, "potrebbe essere un sosia".

    Iran nucleare
    Parlando dell’incontro bilaterale sul nucleare con gli Usa, avvenuto il primo ottobre a Ginevra, il presidente iraniano, Ahmadinejad, affermando che si è trattato di ''un buon colloquio, logico e in un quadro che accettiamo, fatto di rispetto e giustizia''. Secondo Ahmadinejad, il rappresentante americano e iraniano hanno parlato di “argomenti compresi nel pacchetto di proposte” presentato da Teheran per le trattative con i 5+1, tra i quali ''il disarmo internazionale, la possibilità per tutte le nazioni di accedere alla tecnologia nucleare e la fornitura di combustibile per il reattore di Teheran'' utilizzato a scopi medici.

    Medio Oriente
    Resta alta la tensione a Gerusalemme, dove la polizia israeliana ha arrestato il leader dell’ala radicale del movimento islamico, lo sceicco Raed Salah, che nei giorni scorsi aveva guidato i disordini alla Spinata delle Moschee. Intanto, è tornato nella regione l’inviato Usa, George Mitchell. La missione è tesa a riavviare il negoziato tra israeliani e palestinesi interrotto dal dicembre scorso dopo l’operazione “Piombo Fuso”, condotta da Tel Aviv nella Striscia di Gaza. Intanto, da Roma, dove si trova in visita ufficiale, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, è tornato ad auspicare l’unità del popolo palestinese, dicendosi favorevole al ritorno alle urne dopo l'incontro tra le fazioni palestinesi fissato per fine ottobre al Cairo, dove è attesa la firma di un accordo.

    India
    Si aggrava il bilancio delle inondazioni in India. Sono almeno 300 i morti e due milioni e mezzo gli sfollati per le piogge torrenziali che hanno flagellato tre Stati del centro-sud, Karnàtaka, Andhra Pradésh e Maharàshtra. Ad aggravare l'emergenza, lo straripamento di fiumi, Krishna e Tungabhadra, che hanno sommerso decine di migliaia di case. Intanto, il governo indiano valuta gli stanziamenti necessari all’intervento di ricostruzione. Da New Delhi, Maria Grazia Coggiola:

     
    Come si è verificato anche in altre catastrofi naturali, il governo indiano ha deciso di non chiedere l’aiuto internazionale per gestire l’emergenza dell’alluvione che ha colpito gli Stati meridionali del Karnataka e dell’Andhra Pradesh. I senzatetto sarebbero oltre due milioni, mentre le vittime sono oltre 300 secondo un bilancio ancora parziale, dato che moltissimi villaggi sono ancora sommersi. Dopo le piogge torrenziali della scorsa settimana - che hanno causato lo straripamento dei due fiumi principali della regione - il livello dell’acqua sta ora scendendo, ma ci vorrà tempo prima che gli sfollati raggruppati in circa 1.500 campi di accoglienza possano riprendere la loro vita normale. La priorità è ora quella di garantire la distribuzione di viveri, medicinali e soprattutto acqua pulita. Intanto, ci si continua a chiedere se l’anomalia delle piogge record - dopo una scarsissima stagione monsonica - non sia una manifestazione del cambiamento climatico. Secondo gli esperti, i bacini dei fiumi meridionali Krishna e Godavari non sono soggetti a straripamento, a differenza dei grandi fiumi del nord come il Brahmaputra o il Gange.
     
    MyanmarLa leader dell'opposizione del Myanmar, Aung San Suu Kyi, ha incontrato oggi, per la seconda volta in cinque giorni, il ministro nominato ad hoc dalla giunta militare per il dialogo con l'opposizione. Secondo l'avvocato del Premio Nobel per la Pace, i colloqui si concentrano sulla strategia da adottare per ottenere un alleggerimento delle sanzioni contro il Myanmar.

    Madagascar
    Andry Rajoelina continuerà ad essere presidente di “transizione” del Madagascar. È uno dei punti dell’accordo tra le principali componenti politiche dell’isola e il Gruppo di contatto internazionale incaricato di sollecitare la riconciliazione dopo il golpe del marzo scorso. L’ex capo di stato, Marc Ravalomanana, in esilio in Sudafrica, avrebbe espresso il suo parere favorevole a patto che Rajoelina non si ricandidi alle prossime presidenziali.

    Alluvione Messina
    Il capo della protezione civile italiana, Guido Bertolaso, ha annunciato in un’informativa alla Camera dei deputati che domani il governo emanerà un'ordinanza che stanzia 20 milioni di euro per le prime emergenze causate dall'alluvione nel Messinese. La somma si aggiunge ad altri 20 milioni della Regione Sicilia. Intanto, nei luoghi del disastro si continua a scavare: il bilancio è fermo a 25 vittime accertate e 10 dispersi, che porta il totale presumibilmente a 35 vittime. Tuttavia, le autorità non escludono che qualche extracomunitario non registrato possa essere rimasto vittima del disastro.

    Russia: anniversario omicidio Politkovskaja
    In Russia ricorre oggi il terzo anniversario della morte della giornalista Anna Poitkovskaja, brutalmente assassinata nella sua abitazione. Per questo omicidio, non è stato indicato ancora nessun colpevole. Fallito il primo processo, è stata infatti avviata una nuova inchiesta, voluta dai familiari della giornalista e tuttora in corso. Sono quindi ancora tutti da chiarire i punti oscuri di questa vicenda, che pone molti interrogativi nell’opinione pubblica internazionale. Stefano Leszczynski ne ha parlato con Fabrizio Dragosei, giornalista del Corriere della Sera e autore del libro, edito da Bompiani, “Le Stelle del Cremlino”:

    R. - Si sapeva che Anna Politkovskaja aveva scritto cose molto dure, magari a volte anche eccessive, contro il Cremlino e contro soprattutto i luogotenenti del Cremlino che hanno governato in questi ultimi anni la Cecenia. E’ un caso sul quale si è mobilitata una parte consistente dell’opinione pubblica russa e questo è un’eccezione.

     
    D. - La Russia è passata attraverso un periodo di dissesto politico economico terribile ed è tornata ad essere una grande potenza: l’Occidente deve temere la nuova Russia?

     
    R. - Io credo francamente che l’Occidente non debba temere la Russia, ma debba guardare alla Russia con grande attenzione e debba seguirla aiutandola anche a imboccare la strada giusta. La via che seguiva l’ultima amministrazione americana, che era una via di confronto e di imposizione nei confronti della Russia, secondo me era completamente sbagliata perché di fronte a quell’atteggiamento la Russia tende a reagire in maniera sbagliata. Credo che l’atteggiamento giusto dell’Occidente, e dell’Europa in particolare, sarebbe sia quello di incoraggiare la Russia sulle strada delle riforme, sia del ritorno a una piena democrazia, cercando nello stesso tempo, però, anche di richiamarla ai suoi doveri ogni volta che fa qualcosa di sbagliato.

     
    Ue, deficit conti pubblici
    La Commissione europea ha avviato una procedura per deficit eccessivo nei confronti di Austria, Belgio, Italia, Repubblica Ceca, Germania, Olanda, Portogallo, Slovacchia e Slovenia. L’Unione Europea ha stimato che nel 2009 questi Paesi sforeranno il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil. Salgono così a 20 su 27 i Paesi della Ue con una procedura per deficit eccessivo aperta, tra cui anche Francia, Spagna e Regno Unito. Annunciando le nuove procedure, il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, ha esortato gli Stati membri a definire subito “strategie di uscita coordinate” sul fronte del risanamento dei conti pubblici.

    Turchia, vertice Fmi – Banca Mondiale
    Secondo giorno di scontri a Istanbul tra polizia e dimostranti che protestavano contro la riunione dell'Fmi e della Banca Mondiale. La polizia turca ha fatto ricorso al lancio di candelotti lacrimogeni, ai cannoni ad acqua e ai mezzi blindati per disperdere una folla di alcune centinaia di dimostranti. Gli scontri sono avvenuti a poche centinaia di metri dal luogo dove sono riuniti i rappresentanti dei due organismi finanziari. Ieri, una persona che si trovava sul luogo dei disordini è morta per arresto cardiaco, mentre sono stati eseguiti un’ottantina di arresti. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 280

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