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Sommario del 05/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa inaugura i lavori del Sinodo: l'amore di Dio apra in Africa i confini di tribù, etnie e religioni. Il rifiuto di Dio distrugge la pace nella società
  • Sinodo per l'Africa: gli interventi dei cardinali Arinze e Turkson e di mons. Eterović
  • Sul sito della Radio Vaticana una Mappa interattiva sul Sinodo
  • Domenica prossima la canonizzazione di fratel Rafael Arnáiz Barón, oblato cistercense
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Disastro di Messina: polemiche sull'abusivismo. Inchiesta della Procura
  • Attentato contro l'Onu in Pakistan: morti 4 dipendenti del Pam
  • Memoria di Santa Faustina Kowalska, apostola della Divina Misericordia
  • Chiesa e Società

  • Terremoti, alluvioni e tsunami: emergenza in Indonesia, India, Filippine e Samoa
  • India: nel Karnataka chiese e scuole cattoliche aperte per ospitare gli alluvionati
  • "Progettare il nostro futuro urbano" nella Giornata mondiale dell'habitat
  • Iraq: ucciso un infermiere cristiano
  • Congo: liberati sacerdote e seminarista rapiti nell’est del Paese
  • I religiosi dello Sri Lanka chiedono al presidente di liberare i profughi tamil
  • "L'avventura europea" nel comunicato conclusivo del Ccee
  • Senegal: appello ai cristiani del cardinale Sarr per le famiglie colpite dalle inondazioni
  • Paesi africani reclamano maggior voce nel G20 e nel Fmi
  • Conclusa la visita dei vescovi svizzeri in Togo
  • I vescovi dell'Amazzonia denunciano le minacce contro la regione
  • Repubblica Dominicana: al via "La voce dei vescovi" via radio e tv
  • La Marcia della pace Perugia-Assisi si 'trasferisce' in Terra Santa
  • Nepal: nel 20.mo della sua fondazione, la Caritas amplia il suo impegno nel Paese
  • Il Centro di servizio cattolico di Shanghai in pellegrinaggio mariano
  • Nell’Anno Sacerdotale, preghiera e verifica per il clero delle Isole Salomone
  • Spagna: anche la Famiglia Salesiana si mobilita per la vita
  • Lo storico americano Philip Jenkins prospetta un forte incremento dei cristiani in Etiopia
  • Il social network delle Gmg in vista di Madrid 2011
  • Roma: a Palazzo Venezia una mostra sui Santi Patroni d'Europa
  • Le corali della Russia ortodossa in Italia: stasera all'Aquila
  • Nobel per la Medicina a tre scienziati Usa per la scoperta dell'invecchiamento cellulare
  • 24 Ore nel Mondo

  • Svolta in Grecia: maggioranza assoluta ai socialisti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa inaugura i lavori del Sinodo: l'amore di Dio apra in Africa i confini di tribù, etnie e religioni. Il rifiuto di Dio distrugge la pace nella società

    ◊   La carità gratuita di Dio, che ogni cristiano è tenuto ad annunciare, “apra i confini di tribù, etnie e religioni”. E’ l’auspicio con il quale Benedetto XVI ha concluso questa mattina in Vaticano la meditazione introduttiva della prima Congregazione generale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Il Papa ha invitato i presuli ad affrontare i lavori sinodali con il cuore aperto alla Spirito di Dio, senza il quale - ha affermato - ogni analisi solo umana della realtà è “insufficiente”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Nessuna considerazione su ciò che vivono le varie Chiese africane, nessun racconto di gioie o di sofferenze, ha ancora riempito l’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano che subito Benedetto XVI delinea i limiti e soprattutto lo spirito con il quale esse sono tenute ad essere presentate da qui in avanti:
     
    “Abbiamo incominciato il nostro Sinodo adesso, invocando lo Spirito Santo, sapendo bene che noi non possiamo fare quanto occorre fare per la Chiesa, per il mondo, in questo momento. Solo nella forza dello Spirito Santo possiamo trovare quanto è retto, e seguirlo”.

     
    Lo Spirito è dunque quello divino, che permette - afferma il Papa - di “conoscere” le realtà umane “alla luce di Dio”. I limiti sono invece quelli di valutazioni del contesto sociale africano che, pur competenti, siano formulate seguendo binari di tipo meramente sociologico. Analisi “orizzontali”, le definisce il Pontefice, prive dell’aggancio con la dimensione “verticale”:

    “Se la prima relazione, quella fondante, non è corretta, tutte le altre relazioni non funzionano dal fondo. Perciò, tutte le nostre analisi del mondo sono insufficienti se non consideriamo il mondo alla luce di Dio, se non scopriamo che alla base delle ingiustizie, della corruzione c’è un cuore non retto, c’è una chiusura verso Dio, e quindi una falsificazione della relazione fondamentale sulla quale sono basate tutte le altre”.

    Nella sua lunga meditazione spontanea, il Papa si lascia ispirare dall’Inno dell’Ora Terza, la preghiera che introduce la seduta sinodale mattutina. Un Inno che, osserva, “implora tre doni essenziali dello Spirito Santo”. Il primo, spiega, è la “confessione”, che va intesa sia come riconoscimento della piccolezza umana davanti a Dio - da cui derivano, insiste il Papa, “tutti i vizi che distruggono la rete sociale e la pace nel mondo” - sia come ringraziamento a Dio per i suoi doni e come impegno di testimonianza. E qui, Benedetto XVI trova parola di grande densità spirituale per rimarcare la semplice grandezza di Dio rispetto alla grandezza delle cose umane:

    “Le cose della scienza, della tecnica costano grandi investimenti, avventure spirituali e materiali, sono costose e difficili. Ma Dio si dà ‘gratis’. Le più grandi cose della vita - Dio, l’amore, la verità - sono gratuite e direi che su questo dovremmo spesso meditare: su questa gratuità di Dio; sul fatto che non c’è bisogno di grandi doni materiali o anche intellettuali per essere vicini a Dio: Dio è in me, nel mio cuore e sulle mie labbra”. Il secondo dono dello Spirito, prosegue il Papa, discende dal primo: l’uomo che scopre l’intimità con il divino deve poi testimoniarlo con tutto se stesso. Deve testimoniare la verità della carità di Dio perché questa e non altro, ribadisce il Pontefice, è l’essenza della religione cristiana:

    “Importante è che il cristianesimo non è una somma di idee, una filosofia, una teoria, ma è un modo di vivere, è carità, è amore. Solo così diventiamo cristiani: se la fede si trasforma in carità, se è carità. Il nostro Dio è da una parte 'Logos', Ragione eterna, ma questa Ragione è anche Amore. Non è fredda matematica che costruisce l’universo: questa Ragione eterna è fuoco, è carità. Già in noi stessi dovrebbe realizzarsi questa unità di ragione e carità, di fede e carità”.

    Anche il terzo dono è strettamente connesso agli altri. La carità di Dio va annunciata all’umanità, a ogni uomo, che per un cristiano è un prossimo e un fratello. Prendendo spunto dalla figura del Buon Samaritano della liturgia odierna, Benedetto XVI conclude mettendo in grande risalto gli insegnamenti che arrivano fino a noi da quella antica parabola e che ben si adattano, in questo caso, anche alla realtà africana:

    “La carità non è una cosa individuale, ma universale. Universale e concreta. Occorre aprire realmente i confini tra tribù, etnie, religioni all’universalità dell’amore di Dio nei nostri luoghi di vita, con tutta la concretezza necessaria. Preghiamo il Signore che ci doni lo Spirito Santo, che ci doni una nuova Pentecoste, che ci aiuti ad essere i suoi servitori in questa ora del mondo”.

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    Sinodo per l'Africa: gli interventi dei cardinali Arinze e Turkson e di mons. Eterović

    ◊   Subito dopo il discorso di Benedetto XVI, nell’Aula del Sinodo i lavori sono proseguiti con tre interventi: il saluto di uno dei presidenti delegati, il cardinale Francis Arinze, l’introduzione del segretario generale del Sinodo, mons. Nikola Eterović, e la “Relazione prima della discussione” del relatore generale, il cardinale Peter Turkson, arcivescovo di Cape Coast, in Ghana. Il servizio di Isabella Piro:

    L’Africa nel cuore della Chiesa Universale: è iniziata così la seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al continente africano. In apertura dei lavori, il cardinale Arinze ha ricordato che l’Africa è conosciuta, sì, come una terra che cerca di sfuggire alle ingiustizie e alle guerre, ma anche come un continente di amore, di solidarietà e di impegno per la pace e la riconciliazione.

     
    Dal suo canto, mons. Eterović ha sottolineato il dinamismo dell’Africa, evidenziato anche da una crescita delle vocazioni, e le tante attività della Chiesa nel continente nel campo della carità, della salute e dell’educazione.

     
    La parola è quindi passata al relatore generale che, sulla base dell’Instrumentum Laboris, ha indicato gli argomenti principali sui quali dovranno lavorare i Padri Sinodali:

     
    “It is time to ‘shift gears’ and to have the truth about Africa told with love…”
    È tempo di “cambiare marcia” e di dire la verità sull’Africa con amore, promuovendo lo sviluppo del continente che porterà al benessere di tutto il mondo”, ha detto il cardinale Turkson. “L’Africa - ha aggiunto - è stata accusata per troppo tempo dai media di tutto ciò che viene aborrito dall’umanità”. Essa, invece, è il secondo mercato mondiale emergente dopo la Cina, è il continente delle opportunità. I problemi ci sono, è vero, ha continuato il porporato, indicandone alcuni, come le sette, gli scontri etnici e le migrazioni, che pongono i figli dell’Africa in una condizione servile. E ancora: la crisi del matrimonio tradizionale, minato da unioni alternative, private del concetto di impegno duraturo e senza il fine della procreazione. Questo, ha detto il cardinale Turkson, tende a stabilire una nuova etica globale sulla famiglia, sulla sessualità umana, e sugli aspetti correlati all’aborto, alla contraccezione e all’ingegneria genetica.

     
    Altre piaghe indicate dal cardinale Turkson sono state la droga e il traffico di armi, per il quale si è auspicato la messa a punto di un trattato vincolante sull’importazione e l’esportazione. Poi, il grande tema del cambiamento climatico, che colpisce l’Africa con inondazioni, siccità e carestia.

     
    Infine, il porporato ha affrontato i tre temi principali del Sinodo, ovvero riconciliazione, giustizia e pace. Della prima, ha ricordato che va sviluppata sia in verticale, verso Dio, che in orizzontale, verso l’uomo. In questo senso, essa costituisce la composizione delle differenze e l’abbattimento degli ostacoli nei rapporti interpersonali attraverso l’esperienza dell’amore di Dio. La giustizia, allora, andrà intesa in senso cristiano come il giusto ordine delle cose, mentre la pace, infine, non sarà soltanto, in senso laico, “assenza di conflitto”, presenza di armonia, sicurezza e prosperità, ma sarà soprattutto dono di Dio. Di qui, l’auspicio espresso dal cardinale Turkson che la Chiesa in Africa sia “sale della terra”, ovvero preservi il continente dall’odio, purifichi le menti e si consumi per la vita del suo popolo. Perché chi è sale della terra e luce del mondo conosce la salvezza di Dio e la pone al servizio di tutti. In tarda mattinata rispondendo ai giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede, il cardinale Turkson ha ribadito l’importanza della discendenza filiale per la famiglia africana sottolineando come laddove mancano i figli, il nucleo familiare tenda a disgregarsi. Quindi ha ribadito il legame con il primo Sinodo Speciale per l’Africa del 1994 e ha sottolineato come l’ultima Enciclica di Benedetto XVI, la Caritas in veritate, sarà comunque un documento di riferimento per i lavori dei Padri sinodali. Infine con un sorriso a chi gli chiedeva se prima o poi la Chiesa avrà un Papa nero, il cardinale Turkson ha risposto: “Perchè no!”.

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    Sul sito della Radio Vaticana una Mappa interattiva sul Sinodo

    ◊   In occasione della seconda Assemblea speciale del Sinodo per l’Africa la Radio Vaticana offre un’ampia copertura giornalistica dei lavori attraverso programmi, interviste e radiocronache dirette, al fine di far conoscere quanto i vescovi africani diranno. Sappiamo che spesso i media trasmettono degli stereotipi dell’Africa. Poco si dà voce a quanti vivono nelle singole realtà e sono impegnati per lo sviluppo pacifico di quelle società. Per questo, attraverso il sito web, la Radio Vaticana offre un ulteriore strumento per trovare facilmente quanto sarà pubblicato su questo importante avvenimento in audio, video e testi. Si tratta di una mappa animata del continente africano con l’indicazione dei singoli Paesi in diversi colori. Nove le lingue in cui la Mappa è disponibile per il navigatore: italiano, inglese, francese, arabo, kiswaili, amarico, tigrino, portoghese e spagnolo. Attraverso questa Mappa è possibile seguire giorno per giorno l’andamento dei lavori del Sinodo, leggere gli interventi dei vescovi, e trovare tutti i servizi scritti e audio, comprese le interviste, realizzati dai diciotto inviati dell'emittente al Sinodo. Tramite la Mappa è possibile anche consultare altra documentazione, come schede sui Paesi e le Chiese locali, sintesi del Documento preparatorio del Sinodo, i discorsi del Papa alle rispettive Conferenze episcopali, nonché sui principali temi che verranno discussi nel Sinodo. Sono tutti testi e audio disponibili cliccando su quattordici categorie tematiche, che saranno anche aggiornate nel corso dell’Assemblea con gli interventi dei Padri sinodali. (A cura di Pietro Cocco)

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    Domenica prossima la canonizzazione di fratel Rafael Arnáiz Barón, oblato cistercense

    ◊   Benedetto XVI presiederà domenica prossima a Roma, in Piazza San Pietro, alle 10.00, la Messa di canonizzazione di 5 Beati. Tra loro figura fratel Rafael Arnáiz Barón, oblato dell’Ordine cistercense vissuto nel secolo scorso. Giovane esuberante, pieno di vita, intelligente e brillante negli studi, avviato ad una promettente carriera, spinto da un forte desiderio di interiorità, ha scelto la vita monastica lottando fino alla morte contro il diabete. Tiziana Campisi ha chiesto a suor Augusta Tescari, trappista e postulatrice della Causa di canonizzazione, di tracciare un profilo del religioso nato a Burgos, in Spagna:

    R. – E’ il più giovane dei cinque canonizzati di domenica prossima. E’ morto a 27 anni ed ha vissuto interamente nel XX secolo: i suoi nipoti parteciperanno alla canonizzazione. Apparteneva ad una famiglia molto agiata; studente di architettura a Madrid, ha interrotto gli studi per entrare nella Trappa di San Isidro de Dueñas, ma dopo quattro mesi di noviziato si è ammalato di una forma molto molto grave di diabete mellito, per cui è dovuto rientrare in famiglia. E’ ritornato quattro volte nel monastero, uscendone sempre per il riacutizzarsi della sua malattia. L’ultima volta che è rientrato ha avuto una crisi molto forte ed è morto di coma diabetico, il 26 aprile 1938.

     
    D. – Cosa ha portato alla canonizzazione di fratel Rafael?

     
    R. – Si è scoperto Rafael per i suoi scritti, nel senso che lui aveva la penna molto facile ed ha lasciato molte lettere e diari spirituali. Quando è morto, tutti hanno riconosciuto che era stato un ottimo monaco, anche se è entrato come “oblato”, cioè come religioso senza voti perché nella sua situazione non poteva seguire esattamente la Regola: dunque in una posizione umiliante, all’ultimo posto … Ma, pur di seguire la sua vocazione monastica lui ha accettato, anzi, ha proposto questa condizione abbastanza umiliante. Nei suoi scritti è apparsa in pieno la spiritualità, che è molto semplice ma profondissima, un’esperienza di Dio estremamente profonda, esperienza della grandezza di Dio, della bontà di Dio, della sua misericordia, della sua signoria sulla storia … una grandissima devozione all’Eucaristia, alla Madonna …

     
    D. – Come guardare oggi alla figura di fratel Rafael?

     
    R. – Aveva tutto nella vita, perché la sua famiglia era agiata. Liberamente ha scelto e deciso la vocazione monastica e l’ha perseguita fino all’ultimo con una tenacia e con una decisione che oggi sembrano abbastanza incredibili, perché i nostri giovani non si decidono mai, né per il matrimonio né per la vita religiosa, e hanno paura di affrontare una decisione. Allora, io direi che la prima cosa che colpisce in Rafael è proprio questo: questa decisione che gli veniva da Dio di seguire Gesù fino all’ultimo, in qualsiasi condizione: ma di seguirlo. E poi, il suo amore straordinario per l’Eucaristia, l’adorazione eucaristica e la Madonna con cui parlava come si parla con una madre e con Gesù come si parla con un amico, dipendendo in tutto da loro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il primato di Dio: in prima pagina, un editoriale del direttore sul Sinodo per l'Africa; all'interno, l'omelia del Papa nella celebrazione di ieri, la sua meditazione, stamane, all'inizio dei lavori, il testo integrale del saluto del presidente e delle relazioni del segretario generale e del relatore generale.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la questione nucleare iraniana: Teheran autorizza le ispezioni al sito di Qom.

    I Paesi poveri chiedono di partecipare alle decisioni economiche globali: vertice dell'Fmi e della Banca mondiale a Istanbul.

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    Oggi in Primo Piano



    Disastro di Messina: polemiche sull'abusivismo. Inchiesta della Procura

    ◊   Dopo una notte senza pioggia, a Messina si continua a scavare anche a mani nude. E’ salito intanto a 24 il numero dei morti accertati dell’alluvione causata dal nubifragio di mercoledì scorso che ha travolto case e palazzi. Quasi 40 le persone che risultano disperse. Le scuole restano chiuse, forse sabato i primi funerali di alcune vittime. La cronaca da Patrizia Casale:

    L’ultimo corpo – quello di una donna – è stato recuperato a mezzogiorno a Molino, quando finalmente è stata riaperta la strada che porta ad Altolia, due frazioni dove in questi giorni i soccorritori sono giunti solo a piedi ed in elicottero. Anche qui lo scenario apparso alla Protezione Civile è stato terribile: crolli ovunque, metri e metri di fango che coprono auto, case ed alberi. E mentre non si spegne il dolore per le perdite che si fanno sempre più pesanti, inizia a prendere corpo l’inchiesta della Procura di Messina che ha nominato un pool di esperti per capire se e come questa tragedia poteva essere evitata. I magistrati stanno indagando sul piano regolatore di Messina, su come mai una serie di demolizioni ordinate non sono state mai compiute e in che modo sono stati impiegati i fondi destinati alla tutela del territorio ed alla valutazione dei rischi idrogeologici. In grande fermento anche la macchina della solidarietà. La comunità cittadina dello Sri Lanka, che ha vissuto il dramma dello tsunami, sta ricambiando l’affetto dei messinesi in quell’occasione con offerte di acqua e viveri. Intanto nel pomeriggio a Messina giungerà il presidente del Senato Schifani. Sorvolerà dall’alto le zone colpite dal nubifragio, poi incontrerà gli sfollati negli alberghi. Porterà la vicinanza del governo e ribadirà quando detto ieri da Berlusconi: le case saranno ricostruite entro 4 – 5 mesi, ma non certo accanto a fiumare o sotto le montagne.

    Sono 20 i milioni di euro stanziati dalla Regione Sicilia per i primi interventi. Intanto il governatore siciliano Lombardo ha parlato di “clientelismo criminale” riferendosi alle mancate demolizioni di almeno mille edifici abusivi. Proprio del legame tra territori a rischio e abusivismo Debora Donnini ha parlato con Paolo Tommasi, ingegnere geotecnico dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Cnr:

    R. – Il territorio che va dalla provincia di Messina fino alla Calabria presenta dei problemi notevoli dal punto di vista del rischio di frana. Questo tipo di frane hanno una caratterista particolare; al distacco del corpo frana segue un’evoluzione sotto forma di colata cui segue una propagazione del materiale franato attraverso i torrenti e le vie di deflusso fino a raggiungere distanze notevolissime, anche di alcuni chilometri. Quindi, queste sono delle zone che debbono essere particolarmente tenute d’occhio e soprattutto in esse si devono rispettare delle distanze ma in molti casi non accade.

     
    D. – Quindi, il problema è mettere le case in condizioni di poter resistere a questi fenomeni o proprio ricostruirle da un’altra parte?

     
    R. – A differenza del rischio sismico, in cui si devono mettere le abitazioni in condizioni di resistere, in questo caso invece sono le aree che non debbono essere interessate da costruzione e da antropizzazione. Queste aree possono essere perimetrate soprattutto in zone che, in passato, sono state interessate da fenomeni franosi, come quella dove è avvenuto questo dissesto tragico. E’ difficilissimo pensare ad abitazioni che resistono a questo tipo di fenomeni.

    Accanto ai soccorsi si è messa in moto anche la macchina della solidarietà. Molti messinesi hanno portato viveri e vestiti per gli sfollati ma tutta Italia sta mostrando la sua vicinanza. Ieri il Papa, all’Angelus, ha ricordato la tragedia di Messina ed ha invitato tutti a pregare e a mostrarsi solidali. Al microfono di Luca Collodi, mons. Vincenzo D’Arrigo, parroco di Santa Maria Annunziata, evidenzia le conseguenze del mancato rispetto della natura:

    R. – Questa è una cosa che non riguarda soltanto le istituzioni ma ogni singolo cittadino. Pensiamo agli incendi causati da noi. Sulle nostre colline non ci sono più alberi. Quindi è molto facile che, anche con una pioggia meno violenta di quella che c’è stata, tutti i detriti e tutti i massi scendano a valle. E’ normale perché non sono più trattenuti da niente.

     
    D. – Questa pioggia quindi poi si è infiltrata…

     
    R. – Nell’alveo di un torrente, che è esondato trascinando a valle dei massi grossi quanto una casa, distruggendo tutto quello che trovavano sul loro passaggio, naturalmente. Si figuri: l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, fortunatamente non più abitato da qualche anno, è stato completamente cancellato, non esiste più e tutte le case adiacenti non esistono più.

     
    D. – La gente che cosa le dice?

     
    R. – Tanti piangono i loro morti. La gente è incredula.

     
    D. - La sua parrocchia come si sta organizzando per aiutare i soccorsi?

     
    R. - Cercando di far arrivare acqua e generi di prima necessità.

     
    D. – Ci sono state parrocchie che sono state devastate…

     
    R. – La chiesa parrocchiale è sommersa quasi fino a metà di altezza, quindi è inagibile totalmente.

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    Attentato contro l'Onu in Pakistan: morti 4 dipendenti del Pam

    ◊   Il terrorismo torna a colpire il personale Onu in Pakistan. Quattro persone, dipendenti del Pam, il Programma Alimentare Mondiale, hanno perso la vita stamani in un attentato suicida avvenuto in uno degli uffici dell’organizzazione nel cuore della capitale, Islamabad. Una decina i feriti, alcuni in situazione molto grave. Sospese le attività e chiuse tutte le sedi delle Nazioni Unite nel Paese. Sulle possibili motivazioni dell’atto terroristico, che ancora una volta colpisce gli operatori umanitari dell’Onu, Giancarlo La Vella ha sentito Vicki De Marchi, portavoce del Pam:

    R. – E’ molto complicato dare una risposta a questo interrogativo. Noi siamo un’agenzia delle Nazioni Unite, che si occupa di assistenza alimentare, agiamo in oltre 70 Paesi, alcuni con gravi conflitti in corso: pensiamo al Darfur e all’Afghanistan. Quindi, non ci siamo mai considerati un obiettivo del terrorismo e, chiaramente, per noi, quanto è avvenuto rappresenta un vero choc. E’ difficile pensare che si tratti di un attacco portato alla nostra sede deliberatamente. Chiaramente questo sarebbe un fatto gravissimo per tutta la comunità umanitaria.

     
    D. – Che tipo di attività il Pam svolge in Pakistan?

     
    R. – In Pakistan noi assistiamo circa 2 milioni di persone: si tratta di sfollati, di bambini che vanno a scuola e che non hanno abbastanza cibo, e ai quali noi forniamo quotidianamente alimenti. Insomma tutti quei settori socialmente vulnerabili. Quindi, la nostra è una presenza importante, ma di natura assolutamente umanitaria.

     
    D. – Perché spesso il terrorismo rivolge le sue azioni contro le organizzazioni internazionali? Che cosa può dar fastidio della vostra attività che, in fondo, come lei ha sottolineato, ha un puro scopo umanitario?

     
    R. – Ma, io credo che in generale, laddove c’è una presenza delle Agenzie delle Nazioni Unite nelle situazioni di conflitto, di tensione, o di fame nel nostro caso, sicuramente il nostro intervento è un elemento di stabilizzazione, perché in qualche modo facilita la sopravvivenza delle persone: il fatto che ci sia il cibo, il fatto che magari gli sfollati possano rientrare nelle loro abitazioni, che le persone possano andare a scuola è sicuramente un elemento di pacificazione, di stabilizzazione. Io credo, appunto, che chi colpisce le Nazioni Unite, ha come obiettivo quello di destabilizzare il Paese.

     
    D. – L’Onu ha chiuso oggi le sue sedi in Pakistan. Questo episodio rallenterà in qualche modo la vostra attività?

     
    R. – Noi speriamo di no. La nostra presenza in Pakistan è una presenza importante come lo è in altri Paesi della regione. Quindi, noi speriamo che questo non abbia conseguenze sulla nostra presenza lì. Ancora è troppo presto per valutare tutta una serie di aspetti dell’attentato di Islamabad.

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    Memoria di Santa Faustina Kowalska, apostola della Divina Misericordia

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria di Santa Faustina Kowalska, l’apostola della Divina Misericordia, canonizzata da Giovanni Paolo II nel 2000. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    (musica)

     
    Suor Faustina nasce nel 1905 in un piccolo villaggio della Polonia, terzogenita in una povera famiglia contadina di 10 figli. Entrata in convento a 20 anni svolge le mansioni di cuoca, giardiniera e portinaia. Presto iniziano le sue esperienze mistiche. Gesù le appare e le rivolge parole sorprendenti, trascritte da lei stessa nel suo diario: le dice di voler concedere “grazie inimmaginabili” a coloro che confidano nella sua misericordia. Ecco quanto afferma Benedetto XVI:

     
    “La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si è rivelato nell’antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo, incarnazione dell’Amore creatore e redentore”. (Regina Caeli del 30 marzo 2008)

     
    Suor Faustina muore nel 1938, a 33 anni, ma le sue strade si intrecciano col giovane Karol Wojtyla che frequenta quegli stessi luoghi e s’impregna della spiritualità della Kowalska. Da questo incontro nasce l’Enciclica Dives in Misericordia, del 1980. Tanto più il mondo “non ha il coraggio” di pronunciare questa parola – scrive Giovanni Paolo II – tanto più bisogna che la Chiesa la proclami: la misericordia, è quell’amore “più potente della morte, più potente del peccato e di ogni male”, capace di sollevare l’uomo dalle sue “abissali cadute”. Ancora le parole di Benedetto XVI:

     
    “Solo la Divina Misericordia è infatti in grado di porre un limite al male; solo l’amore onnipotente di Dio può sconfiggere la prepotenza dei malvagi e il potere distruttivo dell’egoismo e dell’odio”. (Omelia del 2 aprile 2008)
     
    E’ un “amore che ha caratteristiche materne e, a somiglianza di una madre segue ciascuno dei suoi figli, ogni pecorella smarrita”. E “anche se ci fossero milioni di tali smarrimenti – scrive Giovanni Paolo II nell’Enciclica - anche se nel mondo l'iniquità prevalesse sull'onestà, anche se l'umanità contemporanea meritasse per i suoi peccati un nuovo diluvio” come ai tempi di Noè, la Chiesa continuerà a implorare la Divina Misericordia. E Benedetto XVI aggiunge:
     
    “Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall’amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l’abbiano in abbondanza (cfr Gv 10,10). Dalla misericordia divina, che pacifica i cuori, scaturisce poi l’autentica pace nel mondo, la pace tra popoli, culture e religioni diverse”. (Regina Caeli del 30 marzo 2008)

     
    Solo la Divina Misericordia illumina il mistero dell’uomo – ricorda Benedetto XVI: al di fuori di essa non c’è speranza per l’umanità. E quando tutto sembra avvolto dalle tenebre e dalla disperazione con Santa Faustina siamo chiamati a dire. Gesù confido in te!

     
    (musica)

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    Chiesa e Società



    Terremoti, alluvioni e tsunami: emergenza in Indonesia, India, Filippine e Samoa

    ◊   All’indomani dell’appello del Papa per coloro che sono stati toccati dal devastante terremoto della scorsa settimana in Indonesia, i soccorritori hanno deciso di fermare la ricerca dei sopravvissuti nella città di Padang, la più colpita dal sisma. Una scelta dettata dalla necessità di bloccare la possibile diffusione di epidemie. Intanto il bilancio, secondo l’Onu, è salito a 1.100 vittime ma sembra probabile che i morti saranno 5 mila. Padang – secondo quanto riferito da Asianews – sembrerebbe tornare alla normalità. Comincia a riaprire qualche negozio, sotto le tende si va a scuola per alleviare il trauma ai bambini, l’elettricità funziona solo al 60%. Non c’è più crisi di carburante, ma manca l'acqua potabile. Le peggiori carenze però sono sul fronte sanitario: mancano sale operatorie e chirurghi; la maggior parte dei feriti ha fratture ma non ci sono antibiotici a sufficienza nè ossigeno nè anestetici. Nell'isola di Samoa, intanto, e in quelle intorno, la popolazione commemora nei luoghi di culto le oltre 170 vittime dello tsunami che ha colpito l'isola del Pacifico la scorsa settimana. Le autorità hanno annunciato una giornata di lutto e una grande cerimonia commemorativa. In India la pioggia continua a cadere. L'inondazione che ha colpito gli stati del Karnataka e dell'Andhra Pradesh in questi giorni è considerata la peggiore dal 2000. Un altra violenta alluvione, quella che ha colpito le Filippine, ha lasciato le popolazioni locali in una situazione di grave emergenza. "Ringraziamo Dio di essere ancora vivi - ha detto all'agenzia Fides il parroco di Boso Boso, padre Domingo Barawid - ma abbiamo urgente bisogno di tutto, cibo, medicine, utensili, materassi, coperte e materiale edile per ricostruire case e luoghi di lavoro". Già la scorsa settimana il bilancio delle vittime del tifone Ondoy aveva raggiunto quota 230 e il 40% della capitale, Manila, è ancora sommerso dall'acqua. I centri di evacuazione per ospitare gli sfollati sono oltre 600 e le persone colpite dall'alluvione 347 mila. (B.C. e V.F.)

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    India: nel Karnataka chiese e scuole cattoliche aperte per ospitare gli alluvionati

    ◊   Almeno 18 milioni gli abitanti del Karnataka hanno subito danni a case e proprietà per le violente piogge che in questi giorni hanno colpito le regioni settentrionali dello Stato e del vicino Andhra Pradesh. Uno dei distretti più colpiti è quello di Bellary e il vescovo della città, mons. Henry D’Souza, sta dirigendo in prima persona gli aiuti alla popolazione. “Ho chiesto a tutte le nostre istituzioni nella regione – dice ad AsiaNews - di usare chiese e scuole per ospitare gli sfollati, fornire loro cibo, medicinali e prime cure di emergenza. In alcune zone abbiamo aperto centri di accoglienza e ho chiesto alle nostre opere caritative di compiere ogni sforzo nei soccorsi”. B.S. Yeddyurappa, primo ministro del Karnataka, afferma che nei 12 distretti del nord “le coltivazioni sono totalmente distrutte, la rete viaria e quella elettrica fortemente danneggiate”. E aggiunge che “le operazioni di soccorso e di ricostruzione devono svolgersi su larga scala, data la vastità della tragedia”. Secondo le prime stime del governo di Bangalore, i morti sono più di 150 e almeno 100mila le case distrutte. Per verificare la situazione di persona, mons. D’Souza ha compiuto una visita nella diocesi. “La popolazione è sottoposta a gravi sofferenze” egli dice e “la Chiesa di Bellary sta facendo tutto il possibile”. La pioggia per ora dà tregua alla popolazione e dopo aver invaso villaggi e strade, l'acqua comincia a ritirarsi. “Abbiamo istituito una unità di crisi per coordinare i lavori di soccorso - continua il vescovo - e stiamo dando fondo a tutte le nostre energie per aiutare chiunque, senza differenza di religioni o di casta”. “I più colpiti – afferma il prelato - sono i poveri, già stremati dalle prove della vita quotidiana. Con questa tragedia hanno perso anche le loro magre proprietà”. I danni registrati nella diocesi di Bellary sono ingenti. Il vescovo racconta: “Ci sono stati diversi morti e molte case distrutte, solo quelle dei cattolici sono quasi 600. Molti ponti sono stati trascinati via dalle piogge e le strade danneggiate. I feriti si contano a centinaia, la maggior parte per il crollo delle case con tetti fatti di terra che non hanno retto alle piogge. I villaggi sono invasi dal fango e i campi completamente inondati”. “Sono straziato dalle sofferenze del nostro popolo - conclude il vescovo di Bellary -, ma siamo certi nella fede radicata in Dio. Con l’aiuto e la guida del nostro Padre celeste siamo all’opera per servire tutta la popolazione, soccorrerla a aiutare chi sta soffrendo”. (R.P.)

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    "Progettare il nostro futuro urbano" nella Giornata mondiale dell'habitat

    ◊   In un mondo in cui le città crescono a un ritmo altissimo c’è bisogno di pianificare il futuro e andare incontro ai bisogni dei cittadini. E’ questo il senso del tema della Giornata Mondiale dell’Habitat di quest’anno, che ricorre oggi, “Planning our Urban Future (“Progettare il nostro futuro urbano”). La giornata è stata istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare la comunità internazionale sul problema degli insediamenti umani, sul diritto fondamentale a un riparo adeguato per tutti. Fra le sfide urbane più importanti di questo secolo, scrive il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon nel suo messaggio, “includono la rapida crescita di molte città e il declino di altre, l’espansione del settore informale e il ruolo che le città rivestono nel causare o limitare i cambiamenti climatici”. Ci sono testimonianze che i governi in gran parte non riescano a far fronte a queste sfide. Fra le conseguenze più visibili ci sono l’espansione urbana incontrollata e lo sviluppo non programmato. Inoltre sono centinaia di milioni i cittadini che sono sempre più vulnerabili all’innalzamento del livello del mare, alle inondazioni delle zone costiere e ad altri rischi climatici legati al clima. Ma la tendenza riguarda sia i paesi sviluppati che quelli in via di sviluppo: da un lato la crescita di aree suburbane e comunità chiuse ricche, dall’altro il simultaneo aumento di zone popolari sovraffollate, enclave etniche, quartieri poveri e abitazioni informali. “E’ necessario un progetto urbano migliore e più equo – scrive il segretario generale - Nuove idee provenienti dalle città moderne di tutto il mondo possono mostrarci la strada verso un’urbanizzazione sostenibile. Tuttavia c’è ancora molto da fare: i cosiddetti ‘poveri urbani’ hanno bisogno di avere accesso alla terra e di accrescere i loro possedimenti, inoltre tutte le città hanno bisogno di trasporti pubblici più sicuri e che rispettino l’ambiente, sicurezza nelle abitazioni, cliniche e servizi pubblici; sono anche necessari finanziamenti per lo sviluppo urbano”. Alla base del programma delle Nazioni Unite in questo ambito c’è la pianificazione territoriale, che può funzionare, però, “soltanto laddove esiste una buona gestione urbanistica e i cittadini poveri vengono coinvolti nelle decisioni che influiscono sulla loro vita”. (V.F.)

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    Iraq: ucciso un infermiere cristiano

    ◊   Ieri sera verso le 23, a Kirkuk la polizia irachena ha ritrovato il corpo dell’infermiere cristiano, Imad Elia Abdul Karim, rapito il 3 ottobre scorso davanti a casa sua, nel quartiere di Mualimin. Aveva 55 anni, era sposato e aveva due figli. Il suo corpo era stato gettato in strada, nello stesso quartiere in cui in passato erano stati uccisi un importante funzionario cristiano della città, Aziz Risqo, e due donne. Per il referto medico la vittima avrebbe subito torture. Secondo fonti di Asia news, durante l’agguato del 3 ottobre, i tre rapitori avevano aperto il fuoco contro l’uomo (occupato a riparare la sua auto), ferendolo. Dopo averlo sequestrato erano spariti nel nulla. Proprio ieri l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, aveva lanciato un appello per la sua liberazione alle autorità e alla stampa, definendo ancora una volta “preccupante” la situazione dei cristiani, che negli ultimi mesi sono sempre più “bersaglio di minacce, sequestri e omicidi”. L’arcivescovo aveva denunciato quanti “mirano a guadagni politici” o “approfittano di una mancanza di ordine” per perpetrare sequestri e chiedere “riscatti in denaro”. “Tutti sanno – ricordava il prelato – che i cristiani sono cittadini di questo Paese e di questa città; nessuno ha dubbi circa la loro devozione alla patria, la loro sincerità”. Mons. Sako aveva parlato di “atti contro cristiani che vogliono avere un ruolo nella ricostruzione della nazione”, di “una cultura dell’umiliazione che rifiutiamo con forza” e aveva invitato “le autorità governative, le persone oneste dell’Iraq e di Kirkuk a fare di tutto per proteggere i cittadini, chiunque essi siano”. L’arcivescovo chiedeva “ai rapitori di Imad Elia Abdul Karim di temere Dio” e di rilasciare l’ostaggio perché potesse “tornare alla famiglia e ai figli il più presto possibile”. “Imad – ha raccontato ad AsiaNews un altro cristiano della città irachena – è un uomo molto conosciuto nell’ambiente della sanità a Kirkuk”. All’origine del sequestro, spiega, ci potrebbero essere sia un’eventuale richiesta di denaro sia legami con la sua attività professionale dell’uomo. La comunità cristiana conferma il clima di “paura” per i numerosi casi di “sequestri e omicidi avvenuti quest’anno”. Dopo il rapimento di un medico cristiano, Samir Gorja, rivela una fonte locale, alcune famiglie “hanno lasciato la città. Il governo non fa nulla e i cristiani sono diventati un obiettivo” da colpire. (V.F.)

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    Congo: liberati sacerdote e seminarista rapiti nell’est del Paese

    ◊   Sono liberi il sacerdote e il seminarista che erano stati rapiti nella notte tra il 2 e il 3 ottobre da un gruppo armato che aveva assalito la parrocchia nella località di Ciherano, nel territorio di Walungu, a sud di Bukavu, il capoluogo del sud Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Inizialmente, secondo quanto raccolto dall’agenzia Fides presso fonti locali, era stato rapito anche il parroco, che è stato quasi subito liberato dagli stessi rapitori. Un portavoce militare congolese ha precisato che il sacerdote e il seminarista sono stati liberati nella notte tra il 3 e il 4 ottobre. Secondo il portavoce militare gli assalitori sarebbero uomini delle Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda (FDLR), un gruppo armato che si è insediato nel Kivu dagli anni ’90. Il portavoce ha inoltre affermato che i due uomini di Chiesa sarebbero stati liberati in cambio del pagamento di un riscatto di 5mila dollari. “Non sono in grado di confermare il pagamento di un riscatto” dice all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa locale, che per motivi di sicurezza ha chiesto di non essere citata per nome. “Se così fosse, sarebbe un fatto grave, perché creerebbe un pericoloso precedente”. La fonte di Fides non esclude però che il movente criminale nasconda altre motivazioni:“ Attraverso questo rapimento temo che si sia voluto lanciare un avvertimento alla Chiesa, che ha una presenza capillare sul territorio ed è testimone autorevole di quello che avviene nel nord e nel sud Kivu. Nelle due province congolesi, solo nei centri urbani vi è una relativa sicurezza, nelle campagne e nelle foreste sono i gruppi armati a dettare legge”. “Questa insicurezza, che dura da almeno 15 anni, ha lo scopo di svuotare il territorio dei suoi abitanti, per mettere le mani sulle sue immense ricchezze. È un piano che vediamo attuarsi sotto i nostri occhi. I gruppi armati, che dicono di combattersi, in realtà passano la maggior parte del loro tempo ad aggredire la popolazione civile e a saccheggiare i villaggi. Sono probabilmente pedine che rientrano in un disegno più grande che si protrae nel tempo. I vescovi e la Chiesa continuano a denunciare questi crimini e per questo danno fastidio” conclude la fonte di Fides. Un rapporto pubblicato di recente dall’organizzazione Global Witness, descrive in dettaglio come le diverse formazioni militari dell’area si finanzino depredando le ricchezze della regione. “In diverse aree delle province del nord e sud Kivu, sono i gruppi armati e l’esercito nazionale congolese che controllano il commercio della cassiterite (minerale di stagno), dell’oro, della columbite-tantalite (coltan), della wolframite (dalla quale si ricava il tungsteno) e altri minerali”. (R.P.)

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    I religiosi dello Sri Lanka chiedono al presidente di liberare i profughi tamil

    ◊   I religiosi dello Sri Lanka impegnati tra i profughi tamil chiedono al presidente Mahinda Rajapaksa il rilascio degli Internally Displaced People (IDPs) dai campi profughi del nord del Paese, dove oltre 200 mila persone vivono nella sofferenza. Il Centre for Society & Religion (Csr) e la Conference of Major Religious Superiors (Cmrs), promotori del cosiddetto “Ministero della presenza” tra gli IDPs, hanno inviato al presidente dello Sri Lanka una lettera in cui manifestano il loro apprezzamento per il lavoro sin qui svolto da governo ed esercito a favore dei rifugiati, ma chiedono una rapida soluzione dell’emergenza profughi e ribadiscono le condizioni di estrema frustrazione in cui sono costretti a vivere. Padre Rohan Silva , direttore del Csr, auspica che “il presidente risponda positivamente alla richiesta”, inviata il 30 settembre. Il missionario spiega che le due organizzazioni promotrici dell’appello si rivolgono alle autorità “come religiosi e come cittadini dello Sri Lanka” che vogliono dare “voce ai senza voce” e difendere “i loro diritti e le loro libertà”. Il direttore del Csr spiega ad AsiaNews che “attraverso il ‘Ministero della presenza’ le nostre suore ed i nostri fratelli stanno lavorando in modo instancabile per alleviare le sofferenze e i dolori dei rifugiati e garantire l’educazione ai bambini che vivono nei campi profughi”. “La lunga attesa per tornare alle proprie case e dai propri cari - continua l'appello - sta facendo pagare un caro prezzo a queste persone tormentate” e ricorda che “in posti come Kallimoddai e Sirukkandal ci sono profughi imprigionati da più di 18 mesi”. I religiosi citano la costituzione del Paese che, all’articolo 14, garantisce a tutti i cittadini “libertà di movimento e di residenza nello Sri Lanka”. I promotori del “Ministero della presenza” sottolineano l’importanza della decisione del governo, resa nota il 9 settembre scorso, di lasciar uscire dai campi profughi tutti gli IDPs che hanno parenti pronti ad accoglierli. Auspicano inoltre che a tutti i rifugiati che lo desiderano sia permesso di abbandonare i centri. Csr e Cmrs sono molto preoccupati per le condizioni di “alienazione” e “depressione” in cui sono costretti a vivere i rifugiati e ricordano al presidente che “essi desiderano solo mettere alla spalle le tragiche esperienze della guerra e iniziare una nuova vita”. (R.P.)

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    "L'avventura europea" nel comunicato conclusivo del Ccee

    ◊   “L’edificazione dell’Europa è davvero un’avventura che vale la pena vivere”. E perciò “non è il momento di rallentare la marcia o di fermarsi sul bordo del sentiero”. Lo scrivono i presidenti delle 37 Conferenze episcopali europee nel messaggio finale della loro assemblea, che si è conclusa ieri mattina a Parigi con la Messa celebrata nella Cattedrale di Notre Dame. “Vent’anni fa – ricordano – abbiamo assistito alla caduta del muro di Berlino. Questo evento, destinato a segnare la storia, è stato preparato da uomini convinti e coraggiosi che non si sono tirati indietro per mancanza di libertà”. Vent’anni dopo – osservano però i cardinali e vescovi che presiedono le Conferenze episcopali nazionali – constatiamo che lo straordinario slancio europeo, con una forte connotazione etica, si è enormemente indebolito”. Consumismo, individualismo e relativismo sono veleni spirituali che preoccupano. In particolare, dicono i vescovi europei, destano apprensione “le numerose proposte di legge, nei nostri Paesi o presso le istituzioni europee, che vanno contro il bene autentico dell’uomo e della società”. Tuttavia la speranza non deve venir meno. “La difesa della vita, dal concepimento alla morte naturale, non è una causa persa”, scrivono. E soprattutto c’è la forza del Vangelo e la visione dell’uomo che ne consegue che, oggi come ieri – conclude il Messaggio - vogliamo mettere al servizio dell’edificazione dell’Europa. Per farla crescere veramente". (A cura di Mimmo Muolo)

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    Senegal: appello ai cristiani del cardinale Sarr per le famiglie colpite dalle inondazioni

    ◊   Una raccolta speciale per sostenere le famiglie vittime delle inondazioni che hanno colpito in queste settimane il Senegal. La proposta è dell’arcivescovo di Dakar, il cardinale Théodore Adrien Sarr, che ha chiesto una colletta in tutte le parrocchie dell’arcidiocesi di Dakar, nelle scuole private cattoliche, nelle istituzioni sanitarie e nelle diverse strutture gestite dalla Chiesa. Le offerte saranno versate alla Caritas/Senegal che dal 10 settembre è impegnata in diversi interventi. “Si tratta di un progetto di assistenza alle famiglie vittime delle inondazioni nelle banlieue di Dakar, Fatick, Mbour, Joal e nella regione di Kaolack – ha detto il cardinale Sarr – in totale interesserà oltre 20 mila persone”. La Caritas, ha aggiunto il porporato, sta collaborando con le autorità statali dall’inizio delle inondazioni, ma c’è bisogno della solidarietà dei cristiani. La regione di Kaloack è stata colpita particolarmente da piogge torrenziali che hanno inondato interi quartieri, ma vi sono anche da affrontare i problemi legati alla mancanza di energia elettrica e alla sicurezza, problemi per i quali il cardinale Sarr chiede alle autorità soluzioni tecniche durevoli. (T.C.)

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    Paesi africani reclamano maggior voce nel G20 e nel Fmi

    ◊   Un seggio per l’Africa nel G-20, l’organizzazione che riunisce le nazioni più industrializzate e con le economie emergenti, per renderlo più rappresentativo degli equilibri mondiali e una maggiore presenza dell’Africa negli organismi finanziari internazionali, come Fondo monetario internazionale (Fmi) e Banca mondiale. È la richiesta dei ministri delle Finanze membri del gruppo dei Paesi poveri più indebitati (Hipc), che include 35 Stati che stanno rinegoziando il loro debito estero con il Fmi. “Un miliardo di persone che vivono in Africa ha il diritto di far sentire la propria voce”: ha detto il ministro camerunense Lazare Essimu Menye, durante una conferenza stampa a margine dell’incontro del Fmi in corso a Istanbul. Alle domande dei giornalisti se il Sudafrica, già membro del G-20, non possa rappresentare le istanze del continente, Menye ha risposto che il Paese dell’Africa australe “difende solo le necessità della sua economia”. Secondo il ministro nigeriano Ali Lamine Zeine, “poiché in queste sedi internazionali si discute il destino economico dell’Africa, deve esistere una rappresentanza dei Paesi africani perché la nostra opinione sia presa in considerazione”. In un comunicato diffuso ieri a Istanbul, - riferisce l'agenzia Misna - i Paesi dell’Hipc hanno chiesto di affidare al più presto un peso maggiore ai Paesi africani rispetto alla formulazione attuale per aiutare gli Stati africani, colpiti duramente dalla crisi economica globale che ha ridotto i prezzi delle materie prime e eliminato gran parte degli investimenti stranieri, a mobilitare le proprie risorse interne. Richiesta fatta propria anche dal direttore del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, che ha sollecitato un aggiustamento di rotta rispetto all'attuale compagine, rilevando che «è difficile organizzare un'economia globale lasciando un miliardo di persone fuori da tale processo”. Strauss-Kahn non ha comunque specificato quali Paesi dovrebbero essere inclusi nell'eventualità di un allargamento del G-20. (R.P.)

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    Conclusa la visita dei vescovi svizzeri in Togo

    ◊   I vescovi della Svizzera hanno concluso una visita ai confratelli del Togo nella loro residenza di Lomé-Hédzranawoe. Un esame dei rispettivi Paesi e la condivisione delle rispettive esperienze pastorali hanno costituito il cardine di questa visita, che è durata 9 giorni ed è stata memorabile perché è la prima volta che una Conferenza episcopale fa visita ad un’altra Conferenza dell’Africa occidentale. La delegazione svizzera era guidata da mons. Joseph Roduit, Padre- Abate di St-maurice d’Agaune. Il Padre- Abate Roduit, in forza di tale titolo, fa parte della Conferenza dei Vescovi Svizzeri (CES) dove è Presidente della commissione Missioni. L’Abbazia territoriale di St-Maurice ha lo statuto giuridico di una diocesi. Essa è tra i più antichi monasteri dell’occidente essendo stata fondata nel 515. Gli incontri tra i vescovi svizzeri e quelli togolesi sono stati moderati da mons. Ambroise Djoliba, vescovo di Sokodé e Presidente della Conferenza episcopale togolese. Ognuno dei prelati svizzeri ha fatto visita ad una delle sette diocesi del Togo (Sokodé, Lomé, Kpalimé, Dapaong, Atakpamé, Aneho e Kara) accompagnato dal rispettivo vescovo. La visita ha permesso anche uno scambio di vedute con la locale Fraternità dei preti diocesani , con la Conferenza dei Superiori Maggiori e con il Consiglio delle Superiori Maggiori. Componevano la delegazione svizzera, oltre a mons. Roduit, i vescovi di Lugano e di Saint-Gall, gli ausiliari di Losanna Ginevra Friburgo, di Coira e di Basilea, nonché il segretario e il portavoce della CES e, infine, il Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie. (A.M.)

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    I vescovi dell'Amazzonia denunciano le minacce contro la regione

    ◊   Si è conclusa ieri a Manaus, in Brasile, la quattro giorni di lavori del Terzo Incontro episcopale sulle priorità pastorali della regione amazzonica, convocato dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Tra i 70 partecipanti - pastori, esperti e religiose - c’erano 24 vescovi delle quattro nazioni amazzoniche: Brasile, Venezuela, Colombia, Perù e Bolivia. A loro, come espressione di solidarietà ecclesiale ma al tempo stesso di condivisione pastorale, nella cornice della Missione continentale, si sono aggiunti pastori di nazioni non-amazzoniche come il Messico, Costa Rica, Uruguay, Argentina, Honduras e Suriname. Nella dichiarazione finale i partecipanti sottolineano di aver scoperto ancora una volta “l’importanza di essere sensibili agli stili di vita dei nostri popoli dell’Amazzonia e, al tempo stesso, al bisogno di rispettare e prendersi cura delle forme di vita” esistente nella regione. “Vogliamo manifestare, aggiungono, la nostra preoccupazione per le molteplici minacce che insidiano questa geografia e che preoccupano tutta la Chiesa e il mondo intero”. I presuli spiegano che occorre sempre ricordare che “l’Amazzonia è un dono di Dio” che offre all’uomo e alla natura una ricca “diversità di climi, fiumi, risorse naturali, e tradizioni storiche, culturali, linguistiche e territoriali” affidate in primo luogo “ai popoli aborigeni che la abitano”. Sono queste le singolari caratteristiche che, secondo i presuli, consentono di dire che l’Amazzonia più che una regione è un vero arcipelago della biodiversità. Un tale concetto, osservano, permette di allontanare credenze e giudizi sbagliati come una “presunta omogeneità di ecosistemi e popoli”, “l’ultima frontiera da conquistare”, “luogo strategico” per trovare risorse altrove in esaurimento. Secondo i partecipanti sono tutti concetti che servono a legittimare in modo sbagliato un insieme di pressioni che “minacciano l’integrità dell’Amazzonia” e che si traducono in tre pretese indebite perché “mercantiliste”: la regione è una fonte inesauribile di risorse naturali rinnovabili e non; la biodiversità dell’area, natura e popolazioni, è una fonte commerciale con possibilità straordinarie e, infine, il territorio offre grande possibilità per un’urbanizzazione vertiginosa, cosa che già accade, con gravi conseguenze per le condizioni di vita degli abitanti. “L’Amazzonia è parte della Creazione e tutti abbiamo nei suoi confronti delle responsabilità, in particolare nel rispetto della sua biodiversità e della sua socio-biodiversità”, e ciò significa rispettare non solo la natura ma anche i popoli a cui Dio ha affidato la prima custodia di questo dono. In questi popoli si deve vedere “il volto sofferente del Cristo” e dunque siamo chiamati a offrire loro solidarietà “rispettando il loro lavoro, la loro spiritualità” e i loro tentativi di “dare vita ad una nuova economia e a una nuova società”. I vescovi latinoamericani dell’Amazzonia concludono ribadendo il loro impegno a favore di un principio irrinunciabile: “Il rispetto della natura è anche il modo migliore di promuovere e difendere un’ecologia umana aperta alla trascendenza”, e, quindi, garanzia di “rispetto della persona umana e della famiglia”. “Soltanto in questo modo le generazioni future avranno la possibilità di accedere alla contemplazione del Dio che si manifesta nelle sue creature”. (A cura di Luis Badilla)

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    Repubblica Dominicana: al via "La voce dei vescovi" via radio e tv

    ◊   Fra pochi giorni la Conferenza episcopale della Repubblica Dominicana, secondo quanto si legge in un comunicato del suo ufficio stampa, darà il via a un programma radiofonico e televisivo chiamato “La voce dei vescovi”, che consentirà ai presuli di mantenere un contatto permanente e al tempo stesso dinamico e diretto con i cattolici del Paese. Per trasmettere il programma via radio si userà una rete che coinvolge 12 differenti emittenti (alcune anche con portata internazionale). La radio manderà in onda ogni mercoledì tra le 16 e le 17 un programma per far ascoltare il magistero episcopale, usando al contempo tutte le piattaforme di ultima generazione: dalle chat alla posta elettronica, curata dall’Associazione di emittenti cattoliche dominicane (Udeca). Sulla televisione invece il programma andrà in onda ogni sabato e domenica, a orari di programmazione diversi, su 20 canali televisivi distinti. I programmi saranno condotti da due sacerdoti: Francisco Jiménez e Carmelo Santana, rispettivamente segretario generale e segretario aggiunto dell’episcopato dominicano. L’annuncio dell’iniziativa è stato dato giorni fa dall’arcivescovo di Santo Domingo, il cardinale Nicolàs de Jesùs Lòpez Rodrìguez, nel corso di un incontro sulla pastorale dei prossimi due anni alla luce della Missione continentale. Va ricordato che questo progetto avrà anche un forte impatto in tutta la regione caraibica visto che dalla Repubblica Dominicana le trasmissioni radiofoniche e televisive possono raggiungere la vasta area delle Antille, dove le chiese locali, a causa della scarsa disponibilità di risorse, non sempre possono accedere all’uso dei mass-media. Questa è di certo la situazione della Chiesa di Haiti, Paese confinante con la Repubblica Dominicana, che tra l’altro affronta non poche sfide pastorali fra i suoi migranti - che lavorano, spesso clandestinamente, nell’agricoltura e nelle industrie dominicane. (A cura di Luis Badilla)

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    La Marcia della pace Perugia-Assisi si 'trasferisce' in Terra Santa

    ◊   La Marcia per la pace Perugia-Assisi si trasferisce in Terra Santa, per riscoprire il ''significato autentico'' della parola ''pace'': da Betlemme fino a Gerusalemme, passando per Hebron, Tel Aviv, Gaza, Nazareth, Nablus e altri territori del conflitto. Vi parteciperanno dal 10 al 17 ottobre - scrive l'agenzia Ansa - circa 400 persone provenienti da tutta Italia (70 dall'Umbria) e dal resto d'Europa, in marcia per riaffermare il dialogo e portare un messaggio di solidarieta'. I protagonisti sono rappresentanti di oltre cinquanta istituzioni locali, esponenti di associazioni e gruppi, studenti e insegnanti, sportivi e artisti, giovani e semplici cittadini. L'organizzazione di questa marcia ''straordinaria'', denominata ''Time for Responsabilities'', e' stata presentata stamani a Perugia. ''Oggi presentiamo un'altra storia - ha commentato Flavio Lotti, coordinatore del progetto - in cui la Perugia-Assisi esce dai confini nazionali, rinuncia alla terra umbra e si reca a Gerusalemme per assumersi le proprie responsabilita'''. Gia' nel 1991 - ha ricordato Lotti - la marcia umbra si trasferi' a Reggio Calabria ''per combattere un'altra guerra, quella di mafia''. E nel 1989 ci fu ''una grande catena umana'' di circa 30.000 persone (1.000 dall'Italia) proprio a Gerusalemme. Oggi - ha spiegato - ''quella manifestazione non e' piu' pensabile, perche' il conflitto e la situazione sono fortemente degenerati''. Lotti si e' detto convinto che ''l'affermazione della pace in quelle terre avra' una ripercussione positiva sul pianeta intero''. Ha annunciato infine che la tradizionale marcia Perugia-Assisi si svolgera' invece il 16 maggio 2010. (R.P.)

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    Nepal: nel 20.mo della sua fondazione, la Caritas amplia il suo impegno nel Paese

    ◊   A venti anni dalla sua fondazione, avvenuta nel 1989, la Caritas Nepal, già molto attiva nella nazione, ha esteso ulteriormente il suo impegno in favore dei poveri e degli emarginati. Come comunica a Fides la Chiesa locale, in occasione del 20° anno dalla sua istituzione, nei giorni scorsi, la Caritas Nepal ha inaugurato un nuovo ufficio nella capitale Kathmandu, alla presenza di mons. Anthony Sharma, vicario apostolico del Nepal. La nuova struttura renderà più efficiente ed efficace il lavoro della Caritas, migliorando sensibilmente la capacità di collegamento e coordinamento con tutti gli uffici locali nelle parrocchie dislocate in tutto il territorio nepalese. Inoltre l’organizzazione ha aperto una nuova sede periferica nella zona di Narayanghat, a Ovest della capitale, che svolgerà un servizio di raccordo capillare per l’intera area del Nepal occidentale. “La missione di evangelizzazione della Chiesa nepalese passa attraverso le opere di carità”, ha sottolineato il vicario apostolico, presenziando con gioia all’evento. La Caritas, collegata con la rete di Caritas Internationalis, ha intenzione di rafforzare il proprio impegno, anche per ribadire agli occhi della popolazione nepalese la propria missione di contribuire allo sviluppo umano e spirituale della nazione. Mons. Sharma ha sottolineato che la Chiesa ha sempre mostrato il suo stile di presenza, quello di “essere una comunità a servizio della gente” e di aver guadagnato in tal modo la stima di tutti i gruppi sociali, politici e religiosi presenti in Nepal. Oltre al grande impegno nel campo dell’istruzione (la Chiesa gestisce 27 scuole in tutto il paese) la Chiesa in Nepal è impegnata tramite la Caritas in diversi tipi di servizio sociale, a beneficio dei poveri, degli ammalati, degli emarginati: “Siamo stati i primi – nota il Vescovo – ad occuparci dei bambini ritardati o disabili, che sono molto numerosi nel paese”. Oggi tre centri cattolici lavorano a pieno regime per la loro assistenza. La Caritas opera per migliorare la vita delle donne e per la loro alfabetizzazione, attraverso programmi educativi e sociali, che hanno avuto un forte impatto sulla società. L’assistenza fornita gratuitamente ai disabili fisici e mentali (che sono oltre 1,5 milioni nel paese) è molto stimata. I servizi sanitari, fissi e mobili, curano numerose persone. Per questo la Chiesa è benvoluta da tutti. (R.P.)

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    Il Centro di servizio cattolico di Shanghai in pellegrinaggio mariano

    ◊   In Cina, 21 cattolici del Centro di Servizio Sociale Cattolico Paolo Xu di Shanghai hanno dedicato una settimana, dal 19 al 21 settembre a un pellegrinaggio verso il famoso Santuario mariano del Villaggio del Rosario, nella diocesi di Fu Zhou. E hanno raccontato la loro esperienza all’agenzia Fides. “Il pellegrinaggio ci ha dato la carica spirituale che ci permette di vivere la nostra fede come tutti i cristiani – hanno scritto la loro ritorno -, ma anche di svolgere nel modo migliore la nostra missione di operatori del Servizio sociale e pastorale cattolico”. In quei giorni hanno recitato il Rosario, celebrato la Via Crucis e l’Eucarestia. “Nessuno ha sentito la fatica di quasi tre ore di aereo e quasi un’ora di macchina - hanno raccontato -. Appena scesi dall’aereo abbiamo cominciato ad ammirare la bellezza della creazione e a lodare il Signore: il mare, la montagna… Arrivando al Villaggio siamo rimasti stupiti dal miracolo del Signore: la trasformazione di un terreno sperduto in una meraviglia della natura, dove si sente la fragranza della spiritualità mariana”. I pellegrini hanno visitato anche la scuola elementare costruita grazie ai fondi che avevano raccolto - 280.000 Yuan (circa 30.000 Euro) -, hanno incontrato i ragazzi che studiano lì e coloro che si occupano della loro istruzione. Il capo gruppo del pellegrinaggio, suor Pan, ha raccontato agli studenti la storia di Paolo Xu, cui è intitolato il Centro, il primo cattolico intellettuale e mandarino cinese battezzato da padre Matteo Ricci. Incoraggiando i ragazzi a imparare da lui, buon cittadino e buon cristiano. (V.F.)

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    Nell’Anno Sacerdotale, preghiera e verifica per il clero delle Isole Salomone

    ◊   L’Anno Sacerdotale come occasione di verifica della propria vocazione e di rinnovamento della propria missione: è stata questa la traccia del recente incontro del clero delle Isole Salomone, riunitosi nei giorni scorsi ad Auki per una tre giorni di riflessione, condivisione e preghiera. Relatore del ritiro spirituale - riferisce l'agenzia Fides - è stato mons. Christopher Cardone, vescovo di Auki, che ha parlato al clero locale sviluppando le tematiche e gli spunti offerti da Papa Benedetto XVI per l’Anno Sacerdotale. La figura del Curato d’Ars è stata presa come punto di riferimento per una verifica del proprio status di sacerdoti, a livello spirituale e pastorale. E’ emerso in tutti un desiderio di rinnovamento della propria missione che, si è detto, deve essere caratterizzata dalla “passione per l’umanità e per il Vangelo”. I Sacerdoti delle Salomone hanno anche voluto ricordare nella preghiera i loro confratelli morti negli ultimi anni, che hanno speso la loro vita a servizio dell’evangelizzazione nell’arcipelago. I partecipanti hanno vissuto una veglia di preghiera per le vocazioni al sacerdozio, in sintonia con la Chiesa universale. L’incontro, che ha dato proficui frutti a livello spirituale e relazionale, sarà il primo di una serie che scandirà l’Anno Sacerdotale nell’area del Pacifico. (R.P.)

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    Spagna: anche la Famiglia Salesiana si mobilita per la vita

    ◊   In seguito alla pubblicazione di un documento dei vescovi spagnoli riguardo alla nuova legge sull’aborto, don Francisco Ruiz, Ispettore di Spagna-Siviglia ha indirizzato una lettera ai sacerdoti salesiani, ai membri della Famiglia Salesiana e a tutti coloro che si sentono vicini all’opera di Don Bosco. “Confesso – afferma don Ruiz – che per un po’ di tempo sono stato davvero preoccupato. Non potevo credere che ci trovavamo immersi in una situazione così fortemente contraria al Vangelo e che non ci fosse la minima reazione da parte della comunità dei credenti della Chiesa spagnola. Mi sono proposto allora di spingere alla mobilitazione tutti coloro che, seguendo la propria coscienza, desiderino “agire”, perché ‘una fede senza opere è una fede morta’”. Le parole di don Ruiz vogliono essere un appello affinché la Famiglia Salesiana e il vasto movimento degli amici di Don Bosco agiscano concretamente, e per far ciò, il Superiore propone alcune linee di azione chiare e molto pratiche. Le esortazioni contenute nella lettera concordano con le attività e i preparativi in corso d’opera per la grande manifestazione nazionale, organizzata da numerosi movimenti, sia religiosi, sia laici, prevista per il 17 ottobre a Madrid. Il corteo, che si svilupperà da Puerta del Sol fino a Plaza de Alcalá, procederà con lo slogan “In difesa della vita, della donna e della maternità”. (A.M.)

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    Lo storico americano Philip Jenkins prospetta un forte incremento dei cristiani in Etiopia

    ◊   La comunità cristiana etiope potrebbe diventare, entro la metà del secolo, una delle più grandi del mondo. È la conclusione alla quale giunge lo storico Philip Jenkins, della Pennsylvania State University, negli Stati Uniti, che ha dedicato uno dei suoi studi al sito archeologico di Lalibela, in Etiopia. Una sintesi di queste ricerche - riferisce l'Osservatore Romano - è ora pubblicata sul portale web dell'editrice Queriniana di Brescia sotto il titolo «Chiesa globale. Una seconda Gerusalemme». Jenkins ritiene, infatti, che Lalibela meriterebbe d'essere annoverata tra i siti più importanti dell'arte e dell'architettura cristiana. La località prende il nome da un famoso re, Gebre Mesqel Lalibela, che governò intorno al 1200 e che presumibilmente volle dare ai cristiani una meta di pellegrinaggio alternativa a Gerusalemme, con luoghi e edifici che riproducessero la città che vide la morte e la risurrezione del Nazareno. A Lalibea lo studioso ha individuato undici grandi chiese. Presentando il proprio studio Jenkins ha osservato che oggi in Etiopia ci sono 50 milioni di cristiani. E nel 2050 — grazie all'alto tasso di natalità che si registra nel Paese e che ha portato la popolazione dai 33 milioni del 1975 agli 85 milioni attuali — potrebbero essere 100 milioni. Il che farebbe dell'Etiopia «la culla delle comunità cristiane più grandi al mondo». Così che «lontani dal cadere nell'irrilevanza storica, gli eredi di Lalibela avranno una parte significativa nella popolazione cristiana mondiale». (A.M.)

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    Il social network delle Gmg in vista di Madrid 2011

    ◊   La Giornata mondiale della gioventù di Sidney, nell’agosto 2008, fu tutto un rincorrersi di tecnologia. Benedetto XVI inviò un sms a tutti i partecipanti e ogni evento era trasmesso in streaming sul sito creato ad hoc per la Gmg. In quell’occasione vide la luce anche un social network molto speciale, Xt3 (ovvero “Cristo nel Terzo Millennio”), una rete gestita da giovani volontari che coinvolge ragazzi provenienti da 200 Paesi diversi. Per promuoverla i suoi creatori crearono lo slogan “More than a social network. So good even the Pope uses it!”, “Più di una rete sociale, talmente bello che persino il Papa lo usa!”. Ora gli organizzatori hanno deciso di sfruttarla al meglio anche per la prossima Gmg, quella convocata a Madrid nel 2011. E così hanno aperto una sezione dedicata, in lingua inglese, per dare agli utenti notizie, presentazioni e interviste sulla prossima Gmg. Ma la sezione "The Road to Madrid 2011", come ogni rete che si rispetti, servirà soprattutto agli iscritti per organizzare eventi e progetti di raccolta fondi per il viaggio in Spagna, creare gruppi di discussione con altri amici e vedere gli ultimi progetti di viaggio per gruppi di pellegrini. Sul sito poi resteranno come sempre le informazioni sul Vaticano e le notizie su quanto avviene nella Chiesa. Così Xt3 mette in pratica il tema che il Papa ha annunciato per la 43ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, "Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia". (V.F.)

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    Roma: a Palazzo Venezia una mostra sui Santi Patroni d'Europa

    ◊   “Affrontare e dare un contributo per sciogliere i più delicati nodi del dibattito culturale contemporaneo – le questioni delle identità, della laicità, delle civiltà e delle religioni – non con la fatica di ragionamenti serrati ma con il fascino del bello”. Questo l’obiettivo della mostra “Il Potere e la Grazia. I Santi Patroni d’Europa”, che verrà presentata domani a Roma (ore 12, Palazzo Venezia). Promossa dal governo italiano, tramite l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, e dalla pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, la mostra, curata da don Alessio Geretti, nasce dalla collaborazione tra il Comitato di San Floriano – in Carnia – ed il Polo Museale della Città di Roma. I 70 santi padroni dei diversi popoli europei – si legge in una nota ripresa dall'agenzia Sir – hanno ispirato nei secoli le migliori espressioni delle arti, della liturgia, della mistica e della religiosità popolare: è a tutto ciò che la mostra vuole rendere omaggio, attraverso capolavori che vanno dalle Stigmate di San Francesco del van Eyck al Martirio di San Pietro di Guercino, dal San Giovanni Battista di Caravaggio al San Luigi IX di El Greco, fino al San Giorgio del Mantegna o al San Giovanni Battista di Tiziano. All’incontro di domani interverranno tra gli altri mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e Sandro Bondi, Ministro per i Beni e le Attività Culturali. (R.P.)

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    Le corali della Russia ortodossa in Italia: stasera all'Aquila

    ◊   E’ un patrimonio di tutta la Cristianità quello musicale religioso russo che viene fatto conoscere in Italia grazie a una manifestazione di alto livello, sette concerti in sei città, di cui sono protagoniste tre splendide corali: quelle, miste, del Conservatorio di Mosca, diretta dal prof. G.B.Tevlin, e del Collegio musicale statale Gnessiny, diretta da Valey Kalinin, e quella femminile, diretta da Nina Koroleva, della “Fondazione internazionale per l’unità dei popoli ortodossi”, ente che ha promosso l’evento, patrocinato dal Patriarca russo Kirill, con la collaborazione dei ministeri della cultura di Russia e per i Beni e le attività culturali d’Italia. Un programma dal titolo “Le voci della Russia ortodossa in Italia” perché interpretato da oltre cento voci e composto soprattutto da musiche della liturgia e da canti della tradizione religiosa colta e popolare. I primi due concerti sono stati coronati da un vivissimo successo a Roma, sabato sera all’aperto sul colle Gianicolo, attorno alla chiesa russo-ortodossa di Santa Caterina d’Alessandria, e ieri sera nella basilica di San Clemente, particolarmente venerata dai cristiani delle Chiese orientali perché custodisce il sepolcro di San Cirillo, loro patrono. Stasera all’Aquila il concerto sarà ospitato dall’auditorium della Guardia di Finanza a Coppito; domani sera a Bari dalla basilica di San Nicola, mercoledì 7 a Firenze dalla chiesa di Santo Stefano al Ponte, giovedì 8 a Venezia dalla Scuola Grande di San Rocco e infine venerdì 9 a Milano dalla chiesa di San Marco. (A cura di Graziano Motta)

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    Nobel per la Medicina a tre scienziati Usa per la scoperta dell'invecchiamento cellulare

    ◊   I vincitori del Nobel per la Medicina 2009 sono tre, e per la prima volta fra loro ci sono ben due donne premiate assieme. Sono gli scienziati americani Elizabeth Blackburn, dell’Università della California, Carol Greider dell’Università di Baltimora e Jack Szostak di Harvard. Nel 1985 lavoravano insieme all’Università di Berkley, e lì hanno scoperto il meccanismo dell’invecchiamento delle nostre cellule. La causa di tutto sono i telomeri, le strutture che proteggono le estremità dei cromosomi, quelli che contengono il nostro Dna. Per spiegare che cosa sono i telomeri gli scienziati usano quei pezzetti di plastica che proteggono le estremità delle stringhe delle scarpe. Ogni volta che la cellula si duplica perde un pezzo di estremità, ovvero una sequenza di telomeri. Quando le sequenze sono finite la cellula muore. Scoprendo come funzionano, e soprattutto come agisce l’enzima che c’è alla base del loro processo di riproduzione, la telomerasi, i tre scienziati hanno permesso di capire come invecchiano le nostre cellule e hanno aperto una nuova via alla ricerca sulle malattie legate allo sviluppo cellulare, come il cancro.(A cura di Valentina Fizzotti)

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    24 Ore nel Mondo



    Svolta in Grecia: maggioranza assoluta ai socialisti

    ◊   Dopo sei anni di governo di centrodestra, in Grecia gli elettori hanno dato la maggioranza assoluta al leader socialista, Giorgio Papandreou, in cambio della promessa di far uscire il Paese dalla crisi senza nuovi sacrifici. Il premier, Costas Karamanlis, ha subito annunciato le dimissioni dalla presidenza del partito. E già oggi Papandreou si recherà dal presidente della Repubblica, Karolos Papoulias, per ricevere l'incarico di governo. Il servizio di Furio Morroni:

    Vincendo con più del pronosticato 41%, il Pasok dovrebbe ottenere almeno 155 dei 300 seggi del Parlamento, un numero adeguato per governare senza problemi. Adesso, la sfida che attende George Papandreou è quella di mantenere le promesse fatte. Attuare un piano da tre miliardi di dollari per risanare l’economia senza nuove tasse per i lavoratori e la classe media, garantendo al tempo stesso salari e pensioni. Il leader socialista è sicuro di poter rilanciare i consumi e l’economia attraverso uno sviluppo verde, finanziato con la lotta all’evasione fiscale; una redistribuzione delle tasse, tese a colpire i grandi proprietari e una riduzione delle spese statali. Kostas Karamanlis, invece, dopo anni di governo in cui la Grecia è passata da una forte crescita alla recessione, stavolta non è riuscito a convincere della validità del suo programma, ed ha subito una disfatta.

     
    Crisi: ancora rischi per l’economia mondiale
    La ripresa è iniziata, ma sarà lenta e con alcune fragilità nell'occupazione e nel settore finanziario: il Fondo monetario internazionale (Fmi) e il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, concordano su un quadro che presenta ancora rischi per l'economia mondiale. Secondo Draghi, in alcune aree la recessione si è fermata, ma la disoccupazione cresce ovunque. L'Fmi chiede l'iniezione di altre risorse per poter assolvere al suo nuovo ruolo di 'vigilantè dell'economia. E la crisi colpisce anche manager e dirigenti: nei primi otto mesi dell'anno ai piani alti delle aziende hanno perso il posto in 13 mila.

    Manifestazione di agricoltori a Bruxelles sulla questione latte
    Contro la crisi del latte, gli agricoltori europei oggi saranno di nuovo a Bruxelles, con almeno 2.000 trattori, per manifestare la loro rabbia nel cuore decisionale dell'Ue. Nello stesso momento, i ministri europei dell'Agricoltura si incontreranno per concordare con la commissaria europea, Mariann Fischer Boel, un piano di intervento sul fronte del latte.

    È morto il giuslavorista Gino Giugni, ex ministro italiano del Lavoro
    È morto l'ex ministro del Lavoro Gino Giugni, aveva 82 anni. Professore di diritto del lavoro all'Università di Roma, è stato presidente del Psi ed è considerato il padre dello "Statuto dei diritti dei lavoratori" del 1970. Dottore honoris causa alle Università di Buenos Aires e di Nanterre, ha insegnato a Parigi e Los Angeles, ed è stato presidente dell'Accademia europea di diritto del lavoro. Negli Anni Ottanta, ha presieduto le Commissioni ministeriali per la riforma delle liquidazioni e sul costo del lavoro e nel marzo del 1983 è stato gambizzato a Roma dalle Brigate Rosse. Eletto senatore nelle politiche del 1983, Giugni è diventato presidente della Commissione lavoro di Palazzo Madama. Dall'aprile ‘93 al maggio ‘94, ricoprì la carica di ministro del Lavoro e della sicurezza sociale del governo Ciampi. Negli ultimi anni è stato presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

    Italia, Tribunale di Milano condanna la Fininvest a pagare 750 milioni di euro alla Cir
    Secondo il Tribunale di Milano, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest, nella cosiddetta vicenda denominata Lodo Mondadori. Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui la corte civile condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. Sentenza contro la quale la Fininvest presenterà ricorso. La "corresponsabilità" di Silvio Berlusconi, scrive il giudice Mesiano, comporta “come logica conseguenza” la “responsabilità della stessa Fininvest”, questo “per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell'attività gestoria della società medesima”. Nella vicenda nota come "Lodo Mondadori", di cui sono protagonisti gli imprenditori Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti e che vede al centro di tutto l’acquisizione delle azioni della Mondadori, ad un certo momento ci si affida ad un arbitrato che stabilisce che le azioni devono tornare alla Cir, ma poi interviene una sentenza che ribalta il verdetto a favore di Berlusconi. La “vicenda corruttiva” di cui parla il tribunale sarebbe proprio alla base della sentenza con cui le azioni della Mondadori venivano riconsegnate in mano alla Fininvest di Berlusconi.

    Iniziato riconteggio voti sospetti in Afghanistan
    La Commissione elettorale indipendente afghana (Ecc) ha iniziato oggi l'esame dei risultati che si sospetta siano irregolari di oltre tremila seggi. I risultati preliminari hanno assegnato al presidente uscente, Hamid Karzai, il 54,6% dei consensi, ma l'eventuale annullamento dei voti potrebbe costringerlo al ballottaggio con il principale sfidante, l'ex ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah. La procedura di verifica prevede l'esame del 10% delle schede di ogni seggio ove si sospetta vi siano state frodi e brogli. Intanto, la Nato ha annunciato la morte di due soldati della coalizione: un americano è deceduto per le ferite riportate ieri in combattimento, mentre un altro ha perso la vita oggi nel sud per l'esplosione di un ordigno artigianale (Ied). Il comunicato dell'Isaf non precisa la nazionalità della seconda vittima. Secondo sito icasualties.org, il bilancio dei soldati stranieri morti in Afghanistan dall'inizio dell'anno sale a 398, tra cui 239 statunitensi.

    In Iran cambio ai vertici dei Guardiani della rivoluzione
    La Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, ha compiuto un rimaneggiamento ai vertici del corpo d'elite dei Guardiani della rivoluzione. Lo riferiscono media ufficiali senza precisare i motivi delle nomine decise da Khamenei il quale, essendone comandante in capo, in base alla Costituzione nomina i comandanti di tutte le Forze armate e della polizia. Khamenei in particolare ha sostituito il capo della controversa milizia islamica Basiji, Hossein Taeb, con il generale di brigata, Mohammad Reza Naghdi, un veterano di questa formazione che ha avuto un ruolo essenziale nella repressione delle manifestazioni di protesta contro la rielezione del presidente Ahmadinejad nelle consultazioni dello scorso giugno.

    Stato di allerta a Gerusalemme
    La polizia israeliana ha elevato lo stato di allerta a Gerusalemme, nel timore che nuovi incidenti si verifichino oggi nella Città Vecchia dove decine di migliaia di fedeli ebrei stanno affluendo per partecipare alle celebrazioni del Sukkot (la festa dei Tabernacoli). Ingenti reparti di polizia sono stati dislocati in prossimità della Spianata delle Moschee. Per ragioni di sicurezza, l'accesso al luogo di culto è stato severamente limitato: vi possono entrare oggi solo musulmani di età superiore ai 50 anni e in possesso di documenti israeliani, e le fedeli islamiche. Scontri fra fedeli musulmani e reparti di polizia sono avvenuti alla fine di settembre (nella imminenza del digiuno ebraico del Kippur) e anche ieri.

    Incendi in California: evacuata cittadina di 4500 abitanti
    I 4.500 abitanti della cittadina californiana di Wrightwood sono stati evacuati per l'avvicinarsi delle fiamme di un incendio che ha già distrutto 1.500 ettari della Foresta di San Bernardino. Wrightwood, che ha circa 2.000 abitazioni, è situata in mezzo alla foresta ed è esposta al pericolo degli incendi. Un migliaio di Vigili del fuoco stanno lottando per arginare le fiamme. Il governatore della California, Arnold Schwarzenegger, ha dichiarato lo stato d'emergenza per la contea di San Bernardino. Wrightwood si trova circa 75 chilometri a est di Los Angeles.

    Treno deraglia in Thailandia: almeno 7 morti
    Almeno sette persone sono morte e altre decine sono rimaste ferite per un incidente ferroviario avvenuto questa mattina nel centro della Thailandia. L'espresso che collega Bangkok alla provincia di Trang, nel sud del Paese, è deragliato 13 chilometri a sud della città balneare di Hua Hin per ragioni ancora non chiare. Tutte le linee ferroviarie verso il sud della Thailandia sono state interrotte. (Panoramica internazioanle a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 278

     
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