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Sommario del 03/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Domani il Papa presiederà la Messa di apertura del Sinodo per l'Africa dedicato alla pace e alla giustizia
  • La preghiera del Papa per l'ottobre missionario: i cristiani considerino l'annuncio del Vangelo il più alto servizio offerto all'umanità
  • Nomine
  • L'attualità dell'insegnamento di don Sturzo nella lettera del Papa al convegno di Catania
  • La Beatificazione di fra Eustachio Kugler. Mons. Amato: grande testimone della carità di Gesù
  • Preparativi per il Sinodo per il Medio Oriente: si riflette sull'unità nella pluralità
  • Disarmo nucleare: editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Decine di vittime per il nubifragio a Messina. Il vescovo: tragedia annunciata
  • Irlanda verso il sì al referendum sul trattato di Lisbona
  • Migliaia di pellegrini ad Assisi per la Festa di San Francesco, Patrono d'Italia
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Elezioni in Costa Rica. I vescovi: no al monopolio di un solo uomo e di un solo partito
  • Celam in Brasile: allarme urbanizzazione per l'Amazzonia
  • Parigi: terza giornata di lavori per l'Assemblea plenaria del Ccee
  • Le alluvioni in India uccidono almeno 127 persone
  • Pakistan: le Chiese invocano iniziative immediate contro le violenze anti-cristiane
  • Gran Bretagna: i medici lasciano morire una ragazza che stava cercando di suicidarsi
  • In Kivu è stato ucciso un operatore umanitario
  • Si è conclusa la visita dei vescovi svizzeri alla Chiesa del Togo
  • Essere cristiani davanti alla sfida delle mafie: se ne discute in Calabria
  • Parte la "Missione ai giovani 2009" della diocesi di Roma
  • Il Brasile festeggia l'assegnazione a Rio delle Olimpiadi 2016
  • A Luján un pellegrinaggio mariano in difesa della famiglia
  • Oggi a Roma mons. Ravasi commenta gli scritti di San Francesco
  • In mostra a Firenze un crocifisso trecentesco
  • 24 Ore nel Mondo

  • Terremoto in Indonesia: 4000 persone ancora sotto le macerie
  • Il Papa e la Santa Sede



    Domani il Papa presiederà la Messa di apertura del Sinodo per l'Africa dedicato alla pace e alla giustizia

    ◊   Ultimi preparativi per il Sinodo dei Vescovi per l’Africa dedicato alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace, che prenderà il via ufficialmente domani. Ad aprire la seconda Assemblea Speciale dedicata a questo continente sarà la celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro, alle ore 9.30. Il Santo Padre è rientrato oggi da Castel Gandolfo, al termine del periodo estivo. La nostra emittente seguirà la Santa Messa in diretta a partire dalle ore 9.20. Ieri pomeriggio, intanto, presso la Sala Marconi della nostra emittente, si è svolto un incontro sul tema “Africa e media”, organizzato dalla Radio Vaticana insieme al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Il servizio di Isabella Piro:

    Quali sono i problemi che ostacolano un’informazione giusta ed obiettiva sull’Africa? A questa domanda ha voluto rispondere l’incontro su “Africa e media” che ha visto protagonisti alcuni Padri sinodali e numerosi giornalisti. Ad aprire i lavori, il direttore generale della Radio Vaticana padre Federico Lombardi:

    "Si parla spesso con delle prospettive non corrette o con delle prospettive troppo europee sulle questioni africane. Bisogna, invece, riuscire a trovare un’impostazione giusta, un’impostazione in cui anche gli africani siano veramente protagonisti del modo di parlare dell’Africa e sull’Africa, così che si trovi il posto giusto dell’Africa nell’informazione e nelle prospettive del mondo di oggi".

    Sulla stessa linea il cardinale nigeriano Francis Arinze, presidente delegato del Sinodo:

    "Quando qualcosa non funziona bene, allora sicuramente se ne parla in Europa. Ma quando qualcosa funziona veramente bene – e sono la maggioranza delle cose – non se ne parla, perché non fa notizia. A meno che non ci sia un europeo ucciso lì!"

    Di fronte ai problemi, “è meglio accendere una candela che condannare il buio”, ha ribadito il porporato, invitando anche i laici ad agire per dare il loro contributo ad un’informazione corretta:

    "I laici sono veramente chiamati al lavoro, qui. Non bisogna essere monaco, o sacerdote, o avere un dottorato dell’Università Gregoriana per essere presente in questo areopago".

    No ai paradigmi occidentali, dunque, per analizzare il mondo panafricano, ha continuato Filomeno Lopes, giornalista della redazione Portoghese Africa della Radio Vaticana. Perché “l’Africa è un soggetto, e non un oggetto, di relazioni, di informazioni, di comunicazioni, di cooperazione, di partenariato”:

    "Se informare significa plasmare la mente e il cuore degli africani, allora la sfida di partnership nella comunicazione e nell’informazione consiste, quindi, nell’aiutare l’Africa e gli africani a ricostruire la loro millenaria cultura comunicativa che si poggia sui valori di verità, giustizia, armonia. Se si vuole aiutare l’Africa a vincere la sfida comunicativa del futuro, bisogna investire nella cultura e nella comunicazione".
     
    Negli ultimi anni, l’Africa ha visto un grande dinamismo nel mondo della comunicazione: basti pensare che tra il 2000 ed il 2006 gli utenti africani di Internet sono cresciuti del 625,8%, rispetto al 195% del resto del mondo. In tutto questo, naturalmente, la Chiesa non resta indietro. Padre Janvier Yaméogo, membro del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:

    "La comunicazione è sicuramente essenziale per promuovere giustizia, pace e riconciliazione. Ma non va, però, dimenticato – come scrive il Papa nella Caritas in Veritate – che il senso e la finalità dei media vanno cercati nel fondamento antropologico. In un mondo mediatico, la Chiesa non può non essere mediatica, in quanto sacramento, segno e strumento per comunicare all’uomo la sua verità".

    La sfida per la comunicazione in Africa, dunque, è aperta. E se ne parlerà ancora in altri due incontri che si terranno, sempre presso la Radio Vaticana, sabato 17 e giovedì 22 ottobre.

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    La preghiera del Papa per l'ottobre missionario: i cristiani considerino l'annuncio del Vangelo il più alto servizio offerto all'umanità

    ◊   L’intenzione missionaria di Benedetto XVI per il mese di ottobre 2009 - mese tradizionalmente dedicato all’attività apostolica - esprime l’auspicio che “tutto il Popolo di Dio, a cui è stato affidato da Cristo il mandato di andare e predicare il Vangelo ad ogni creatura, assuma con impegno la propria responsabilità missionaria e la consideri come il più alto servizio che può offrire all’umanità”. Un pensiero che in questi anni di Pontificato, Benedetto XVI ha declinato in molti dei suoi aspetti, come ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis:

    “Guai a me se non evangelizzo”. Il monito che San Paolo rivolge a se stesso nella prima lettera indirizzata ai cristiani di Corinto conserva da venti secoli una straordinaria forza propulsiva. La stessa forza che ha permesso al Messaggio di Cristo di raggiungere deserti, foreste e ghiacci agli antipodi della Galilea e della Giudea dove risuonò per la prima volta, di inculturarsi in Paesi lontanissimi dalla sensibilità cristiana, di trasformare con inesauribile costanza donne e uomini di ogni epoca in testimoni coraggiosi o geniali, popolari o sconosciuti, della medesima Buona Notizia. Benedetto XVI, al pari dei suoi predecessori del ventesimo secolo, ha sviluppato questa pagina specifica del suo magistero in sintonia con l’intuizione di Pio XI, “inventore” 83 anni fa della Giornata missionaria mondiale. Era il 1926, l’anno dell'Enciclica missionaria Rerum Ecclesiae, con la quale Papa Ratti incoraggiava la cristianità a collaborare per la "ricostruzione" delle missioni distrutte nel corso della Prima Guerra Mondiale.

     
    A partire da “La carità anima della missione” del 2006 - titolo del primo dei quattro Messaggi dedicati finora alla Giornata missionaria mondiale che portano la sua firma - Benedetto XVI ha tenuto a ribadire un concetto di fondo: non c’è missione senza carità, perché “la missione parte dal cuore”. “Il fatto sociale e il Vangelo sono semplicemente inscindibili tra loro. Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco”, aveva affermato il 10 settembre 2006 da Monaco. Un mese più tardi, domenica 22 ottobre 2006, in uno degli Angelus di quell’ottobre missionario, completa:

     
    “In effetti, la missione, se non è animata dall’amore, si riduce ad attività filantropica e sociale. Per i cristiani, invece, valgono le parole dell’apostolo Paolo: 'L’amore del Cristo ci spinge'. (…) Ogni battezzato, come tralcio unito alla vite, può così cooperare alla missione di Gesù, che si riassume in questo: recare ad ogni persona la buona notizia che ‘Dio è amore’ e, proprio per questo, vuole salvare il mondo”.
     
    Il “coraggio” e la “gioia” distinguono il cristiano che ha deciso di diventare annunciatore del Vangelo. Se esiste questo corredo, non c’è ambito della vita sociale, civile, lavorativa, vocazionale che non possa essere rinnovato dalle parole di Cristo, testimoniate prima ancora che annunciate:

     
    “La missione è dunque un cantiere nel quale c’è posto per tutti: per chi si impegna a realizzare nella propria famiglia il Regno di Dio; per chi vive con spirito cristiano il lavoro professionale; per chi si consacra totalmente al Signore; per chi segue Gesù Buon Pastore nel ministero ordinato al Popolo di Dio; per chi, in modo specifico, parte per annunciare Cristo a quanti ancora non lo conoscono”.
     
    Nel Messaggio 2007, Benedetto XVI esorta “Tutte le Chiese” ad essere “per tutto il mondo”. E all’Angelus del 21 ottobre, in Piazza Plebiscito a Napoli dov’è in visita pastorale, spiega: “Ogni Chiesa particolare è corresponsabile dell’evangelizzazione dell’intera umanità”. Ciò significa, ripete, che a chi vive la missione in prima linea – e per questo affronta spesso gravi difficoltà e perfino persecuzioni - non deve mancare “il sostegno spirituale e materiale” di tutti gli altri credenti. Del resto - aggiunge idealmente il Papa all’Angelus del 19 ottobre 2008 da Pompei - “il primo impegno missionario di ciascuno di noi è proprio la preghiera”:
     
    “E’ innanzitutto pregando che si prepara la via al Vangelo; è pregando che si aprono i cuori al mistero di Dio e si dispongono gli animi ad accogliere la sua Parola di salvezza”.
     
    Qualche mese prima, il 17 maggio, ricevendo in udienza i partecipanti all’Incontro del consiglio superiore delle Pontificie Opere Missionarie, Benedetto XVI aveva ripreso uno dei cardini della coscienza missionaria della Chiesa e di ogni cristiano - quello del diritto-dovere dell’annuncio di Cristo - mettendone in risalto le ricadute non solo spirituali:

     
    “Questo impegno apostolico è un dovere ed anche un diritto irrinunciabile, espressione propria della libertà religiosa, che ha le sue corrispondenti dimensioni etico-sociali ed etico-politiche”.
     
    Senza dimenticare che tale diritto è sempre stato inteso dalla Chiesa anche dal versante di chi l’annuncio lo riceve. Nella Nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della fede su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, presentata il 14 dicembre 2007, si ricorda questa celebre frase di Giovanni Paolo II contenuta nell’Enciclica Redemptoris Missio: “Ogni persona ha il diritto di udire la ‘buona novella’ di Dio che si rivela e si dona in Cristo, per attuare in pienezza la sua propria vocazione”.

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato giudici della Corte di Appello dello Stato della Città del Vaticano mons. Giovanni Battista Defilippi, mons. Agostino De Angelis e mons. Giovanni Vaccarotto.
     
    Il Santo Padre ha nominato il cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Suo Inviato alle celebrazioni conclusive del 150.mo anniversario dell’evangelizzazione di Taiwan, che avranno luogo a Taipei il 22 novembre 2009.

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    L'attualità dell'insegnamento di don Sturzo nella lettera del Papa al convegno di Catania

    ◊   Un “modello di integerrimo, competente e appassionato servizio al bene comune”. Così Benedetto XVI, in una lettera a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, definisce la figura di don Luigi Sturzo, al centro di un Convegno internazionale che si è aperto ieri a Catania e si chiuderà domani a Caltagirone, paese di nascita del sacerdote fondatore del Partito Popolare italiano. Oltre mille i partecipanti. Don Sturzo, si legge nel messaggio, ha anticipato per molti aspetti la ‘Caritas in veritate’ e rappresenta “un modello in special modo per quanti rivestono responsabilità amministrative e di governo”. Sulla stessa linea Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito Santo e della Fondazione “Mons. Francesco Di Vincenzo”, che hanno organizzato il convegno per commemorare i 50 anni dalla morte del sacerdote siciliano: “La figura di Sturzo continua ancora a veicolare i grandi valori della tradizione democratica, al di là delle appartenenze ideologiche”. Nel suo discorso di saluto, ieri il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, ha ricordato di don Sturzo “l’amore indefesso per il sacerdozio”, e, allo stesso tempo, “il coraggio di intraprendere cose nuove, il non fermare il proprio ministero sul sagrato dell’edificio di culto”. “Don Luigi – ha continuato il presule – ci ha insegnato quanto sia vero che nella Chiesa si può edificare senza primeggiare, si può fare molto con poco potere”. In merito al ruolo politico di don Sturzo, il cardinale Angelo Comastri ha sottolineato la sua capacità di “portare un afflato di spiritualità in un mondo, quello dei Palazzi, soggetto a tentazioni mondane”, mentre in un’intervista al Sir, mons. Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina e presidente della Commissione Storica per la Causa di beatificazione del sacerdote, ha ricordato la sua passione per la libertà, soprattutto per la libertà della Chiesa a far sentire la propria voce nella società, in considerazione dell’universalità dei valori evangelici e nel rispetto dell’autonomia dello Stato. Un parallelo tra l’eredità di don Sturzo e le problematiche del mondo globalizzato odierno è stato tracciato anche dal padre di Solidarnosc, premio Nobel per la pace Lech Walesa, mentre oggi intervengono, tra gli altri, il presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi e numerosi segretari nazionali della Democrazia Cristiana. (S.G.)

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    La Beatificazione di fra Eustachio Kugler. Mons. Amato: grande testimone della carità di Gesù

    ◊   Si svolgerà domani alle 14.00 nel Duomo di Ratisbona, in Germania, il rito di Beatificazione del religioso tedesco Eustachio Kugler, dell’Ordine di San Giovanni di Dio. Partecipa all’evento, come rappresentante del Santo Padre, l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Fra Eustachio Kugler, entrato nell’Ordine dei Fatebenefratelli nel 1893, all’età di 27 anni, prima di diventare provinciale lavorò come fabbro, infermiere e poi direttore di strutture sanitarie. Arrestato dalla Gestapo durante il regime nazista si spense nel 1946. Ci traccia un profilo del nuovo Beato lo stesso mons. Amato al microfono di Roberto Piermarini:

    R. - Eustachio Kugler, dei Fatebenefratelli, è un grande testimone della carità di Gesù, Buon Samaritano. Spinto dalla compassione verso gli ammalati e i bisognosi, costruì due grandi ospedali a Regensburg, adoperandosi per il loro buon funzionamento anche durante il periodo doloroso del regime nazista e della Seconda Guerra Mondiale. Dalla sua fede in Cristo egli attingeva coraggio e perseveranza nel bene. La sorgente del suo ardore apostolico era la preghiera. Fra Eustachio era un uomo di preghiera. Fu attribuita al suo spirito di preghiera l’integrità dell’ospedale dalle bombe, mentre tutto intorno era distruzione e morte. «Dovete avere un grande uomo di preghiera nelle vostre file, visto che Dio ha così visibilmente protetto la vostra casa», fu la constatazione ammirata di un pastore evangelico. Durante i bombardamenti, fra Eustachio rimaneva solo a pregare in Chiesa davanti al Tabernacolo; scendeva in cantina solo quando il Santissimo Sacramento veniva trasferito giù. Per questo fu chiamato: “Der grosse Beter von Regensburg”, il grande orante di Regensburg.

     
    D. - Il Kugler è stato definito “il gigante dell’ospitalità” o anche “l’uomo ospitalità”. Cosa significa?

     
    R. - Le testimonianze al riguardo sono numerose. Ad esempio, Franz Xavier Schachtner, un ex degente dell’ospedale di Regensburg, ha riferito che, durante la sua permanenza in ospedale, era stato edificato dalla figura di un frate anziano, dall’aspetto malaticcio, con un abito liso e con scarpe consumate: «Prestava il suo servizio con impegno instancabile e con ammirevole perseveranza. Spesso mi chiedevo - riferisce sempre lo Schachtner -, come mai si davano a lui i vestiti più vecchi e gli si facevano fare i servizi più umili [...]; e pensai che forse si era macchiato di qualche grave peccato, che adesso stava espiando, o che forse non godeva della simpatia dei confratelli». Incuriosito, lo Schachtner chiese chi fosse quel frate. Gli risposero: «E il nostro provinciale, il superiore della provincia bavarese dei Fatebenefratelli, e fa i lavori più umili perché la gente non possa supporre in lui il superiore». Ecco come fra Eustachio praticava il voto di ospitalità, non a parole ma con i fatti, impegnandosi lui stesso a servire i pasti, pulire le stanze, lavare gli ammalati, cambiarne la biancheria, provvedere a migliorare il loro vitto. Un altro testimone afferma: «Se era il padre provinciale a fare il turno di notte, si aveva la certezza che tutti i pazienti erano curati bene. Nessun lavoro gli era troppo basso, nessuno sforzo troppo pesante, nessun malato troppo impaziente». Come provinciale, esigeva con fermezza che gli ammalati fossero curati al meglio. In tutte le sue ispezioni la prima domanda era: «I malati vengono curati bene, li si tratta bene?» . Quando doveva essere nominato un nuovo capo infermiere, la sua prima domanda era: «E’ buono con gli ammalati, e veramente un Fatebenefratello?».

     
    D. - Fra Eustachio è un ulteriore modello di santità comprensibile anche dalla nostra cultura di oggi...

     
    R. - In realtà, fra Eustachio Kugler è un esempio di vita cristiana per tutti, un modello di esistenza consacrata per i benemeriti Fatebenefratelli, un glorioso figlio della Chiesa tedesca e un grande benefattore dell’umanità sofferente e bisognosa. Come Gesù, anche il nostro Beato è passato su questa terra “beneficando” (At 10,38) e cioè facendo il bene. Imitiamolo con le nostre opere buone e siamo degni di questo nostro fratello nella fede.

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    Preparativi per il Sinodo per il Medio Oriente: si riflette sull'unità nella pluralità

    ◊   Nei giorni 21-22 settembre si è riunito per la prima volta il Consiglio presinodale per l’Assemblea speciale per il Medio Oriente della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi. All’appuntamento hanno partecipato i cardinali Nasrallah Pierre Sfeir, patriarca d’Antiochia dei Maroniti; Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei; Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; e poi il patriarca di Alessandria dei Copti Antonios Naguib; il patriarca di Antiochia dei Greci Melkiti Gregorios III Laham; il patriarca di Cilicia degli Armeni Nerses Bedros XIX Tarmouni; il patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal; mons. Ramzi Garmou, arcivescovo di Teheran dei Caldei, presidente della Conferenza Episcopale d’Iran; mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza Episcopale di Turchia. Il patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan, ha incaricato di prendere parte alla riunione mons. Jules Mikhael Al-Jamil, arcivescovo di Takrit dei Siri, procuratore e visitatore apostolico per l’Europa Occidentale.

    L’ordine del giorno prevedeva comunicazioni riguardanti la situazione ecclesiale nel contesto socio-politico delle Regioni mediorientali, in vista della preparazione dei Lineamenta per la stessa Assemblea, che si volgerà dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema: «La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32)». Benedetto XVI ha voluto personalmente annunciare la convocazione e il tema dell’Assemblea speciale nell’incontro a Castel Gandolfo con i patriarchi ed arcivescovi maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris. Accogliendo l'invito del Santo Padre, la Chiesa Cattolica nel Medio Oriente, in questo particolare momento della sua storia, ritiene provvidenziale riflettere sul significato della comunione da vivere e della testimonianza da offrire negli ambienti in cui i cristiani vivono. Una particolare attenzione è stata rivolta al mondo ebraico e musulmano, in riferimento agli ampi spazi di collaborazione nel comune servizio all’uomo e nella promozione del bene comune. I membri del Consiglio, nelle discussioni comuni come anche nei lavori di gruppo hanno concentrato il proprio lavoro sulla stesura del documento preparatorio, i Lineamenta, che servirà come guida della riflessione delle Chiese particolari in vista di una buona preparazione al Sinodo stesso.

    Seguendo il tema stabilito per i lavori sinodali, i partecipanti hanno sottolineato la necessità di riflettere sull’unità nella pluralità delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris e della Chiesa di rito latino, sull’esigenza di vivere una profonda comunione, frutto dell’azione dello Spirito Santo. Prima di essere membri di comunità diverse, infatti – è stato precisato - tutti sono cristiani ed è questo il primo titolo che li qualifica dinanzi al mondo. Proprio perché questa pluralità è una ricchezza, appare importante cercare una maggiore conoscenza reciproca mediante forme aggiornate di interscambio e di collaborazione, come uso comune dei media, momenti comuni di preghiera, incontri, educazione, opere di carità. Lo scopo della futura Assemblea sinodale per il Medio Oriente è quello di risvegliare nei cristiani, sia in quelli che vivono nella Regione, sia in quelli che se ne sono allontanati per varie ragioni, la consapevolezza della loro inconfondibile identità, rafforzare i vincoli della comunione ecclesiale ed offrire un rinnovato servizio all’intera società, nello spirito del Vangelo. Sulla traccia di queste riflessioni il Consiglio ha redatto uno schema generale, che fornirà il quadro di riferimento per la stesura finale dei Lineamenta.

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    Disarmo nucleare: editoriale di padre Lombardi

    ◊   L'esibizione degli arsenali atomici durante la Guerra Fredda fu una strada percorsa in un'epoca in cui il mondo era diviso nei blocchi est-ovest che si fronteggiavano, e nella sostanza si annullavano, e dove il sud sottosviluppato contava quasi nulla. Oggi, le mutate condizioni geopolitiche chiedono di sostituire alla potenza di armi superdistruttive sotto il controllo di pochi la capacità di un dialogo "globalizzato", che permetta di trovare nuovi equilibri con Paesi giunti prepotentemente sulla ribalta industriale e militare. Si tratta, dunque, di passare dalla deterrenza alla fiducia, come ricorda in questo editoriale il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

    “La deterrenza nucleare appartiene al periodo della Guerra Fredda e non è più giustificabile ai giorni nostri… Le armi nucleari aggrediscono la vita sul pianeta, aggrediscono il pianeta stesso e quindi il suo processo di sviluppo”. Queste e molte altre parole forti ha espresso a New York nei giorni scorsi l’arcivescovo Mamberti a nome della Santa Sede, per dire ancora una volta la totale adesione e solidarietà del Papa con ogni sforzo in favore del disarmo e della non proliferazione nucleare. Purtroppo, il Trattato di Interdizione globale degli esperimenti nucleari, pur siglato da molti anni da moltissimi Paesi, non è ancora entrato in vigore per la mancata ratifica o addirittura la mancata firma da parte di un certo numero di Stati, fra cui potenze con capacità nucleare avanzata. Il Trattato - afferma mons. Mamberti - potrà non solo dare una risposta significativa ai rischi di proliferazione nucleare ed alla minaccia di terrorismo nucleare, ma darà anche impulso al disarmo nucleare.

     
    Dal clima di minaccia a un clima di fiducia: solo così la promozione della pace e lo sviluppo dei popoli potranno essere garantiti. Il “disarmo integrale” è una delle direzioni in cui, nella sua ultima Enciclica, Benedetto XVI ha esortato la comunità internazionale e l’Organizzazione delle Nazioni Unite a muoversi per “dare reale concretezza al concetto di famiglia di nazioni”. Dove vogliamo andare? Tutti sappiamo quante forze e risorse economiche e intellettuali gli armamenti sottraggano all’impegno per lo sviluppo e la lotta alla fame, e quanto danno apportino al clima dei rapporti fra i popoli. La Chiesa non si stancherà mai di ripeterlo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Alla vigilia del Sinodo per l'Africa, una pagina dedicata alle problematiche - guerre, ingiustizia sociale e politica, razzismo - che segnano il continente, e un'intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Robert Sarah, segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

    La presa di possesso - da parte del cardinale Tarcisio Bertone - del titolo della Chiesa suburbicaria di Frascati.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Leonardo Becchetti dal titolo "Chi salverà il mercato": quando la ripresa sembra nemica del cambiamento.

    Un Beato Angelico per nulla scontato: in cultura, il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, spiega - in un articolo di Silvia Guidi - gli affreschi della Cappella Niccolina.

    Paolo Pegoraro sul ritorno di Chesterton - in libreria "Uomovivo" nella versione di Paolo Morganti - e la prima pagina dell'opera nella storica traduzione di Emilio Cecchi.

    Fabrizio Bisconti sull'effigie del vescovo nell'arte cristiana dei primi secoli.

    E grazie ai missionari l'antropologia divenne scienza: Giulia Galeotti rivisita lingue e culture di terre lontane.

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    Oggi in Primo Piano



    Decine di vittime per il nubifragio a Messina. Il vescovo: tragedia annunciata

    ◊   A poco più di 36 ore dal violento nubifragio che ha colpito il messinese si fa sempre più drammatico il bilancio delle vittime. Gli ultimi dati ufficiali parlano di 21 morti, fra i 35 e 40 dispersi e 95 feriti, tre dei quali in gravi condizioni. E mentre monta la polemica sulle cause e le responsabilità del disastro nelle aree colpite dall’alluvione continua la corsa contro il tempo per recuperare eventuali superstiti. Il punto della situazione nel servizio di Marco Guerra:

     
    La macchina dei soccorsi continua lavorare senza sosta a Briga Marina, Giampilieri, Molino e Scaletta Marea, le località del messinese più colpite dall’alluvione. Si scava incessantemente per trovare le oltre 30 persone che mancano ancora all’appello, fra cui anche quattro bambini, anche se le possibilità di ritrovarle in vita si fanno di ora in ora sempre più deboli. Lo stesso premier Berlusconi, che ha rinviato la sua visita nei luoghi del disastro, ha infatti riconosciuto che il bilancio è destinato a salire ad almeno 50 vittime. Al momento risultano ancora isolate diverse frazioni di Scaletta Marea, raggiungili solo dagli elicotteri che fanno la spola per caricare i feriti e consegnare generi di prima necessità. La situazione più preoccupate è nella frazione di Guidomandri, dove vivono un centinaio di persone. Giampilieri è stata invece completamente evacuata. Le 435 persone che si erano rifugiate nella scuola elementare del paese sono state trasferite in alcuni alberghi a Messina. Dopo una serie di sopralluoghi nelle zone devastate dalla frana, il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, pochi minuti fa, ha tenuto un incontro con il prefetto di Messina per fare il punto della situazione che è stata definita “critica ma sotto controllo”. Bertolaso ha quindi parlato di cifre “ancora ballerine” mentre in mattinata era tornato a puntare il dito contro l’abusivismo e l’incuria del territorio. Ma per un’analisi di ciò che si prospetta come l’ennesimo disastro annunciato sentiamo il commento del vescovo di Messina, mons. Calogero La Piana:

     
    R. – Sono esperienze tristi che abbiamo già sperimentato due anni fa, proprio a Giampilieri, ma anche pochi giorni fa abbiamo avuto delle frane con interruzione dell’autostrada in più punti … Cioè, tutta la zona ionica è un terreno tutto sommato fragile, è un territorio che presenta una situazione idrologica instabile, con una quantità di torrenti piccoli e grandi. E’ chiaro che un uso scellerato di questo territorio, con la mancanza di manutenzione, con costruzioni abusive, che non dovrebbero esserci, con questi incendi che devastano continuamente e la non dovuta risposta con il rimboschimento: ecco, tutto questo già faceva pensare che qualcosa sarebbe capitato, una tragedia – come molti gridano – annunciata, una situazione che è stata più volte denunciata, una situazione di aiuti, di interventi che più volte è stata richiesta; allarmi e appelli si sono susseguiti nel tempo ma sono caduti sempre nel vuoto: veri e propri gridi di allarme! E adesso … adesso c’è un’altra voce che si aggiunge, a quella degli allarmi e degli appelli: c’è il dolore di questi fratelli che hanno perso tutto, ma c’è soprattutto il silenzio di questi fratelli che hanno perso la vita. Ora, io mi domando se tutto questo basterà o se bisogna aspettare qualche altra cosa perché ci sia una vera conversione, perché ci sia una vera e propria inversione di marcia, che ci sia un intervento concreto per garantire serenità e sicurezza a questa nostra gente.

     
    Sulla stessa linea anche il sindaco del capoluogo siciliano, Giuseppe Buzzanca, che invoca un piano d’interventi strutturali per la messa in sicurezza del territorio:

     
    R. – Purtroppo, 50 anni di cattiva politica e di speculazioni che si sono protratte … ma lei pensi che a 100 anni dal terremoto, il piano di protezione civile è stato dato circa cinque-sei mesi fa: l’abc dell’intervento! Non c’era un piano di protezione civile! Noi stiamo cercando di porre un freno alla cementificazione selvaggia. Noi non esiteremo ad abbattere tutti quegli edifici per i quali ci sono ordinanze di abbattimento.

     
    D. – Quali interventi servono per mettere in sicurezza questo territorio?

     
    R. – C’è bisogno di un progetto veramente grande che richiede decine di milioni di euro e dia quelle risorse a Messina per metterla in sicurezza, perché è una delle città a più alto rischio idrogeologico ma anche a più alto rischio sismico: questo non possiamo dimenticarlo! Da soli non possiamo farcela: quindi è necessario un intervento veramente significativo, radicale, importante. E immediato!

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    Irlanda verso il sì al referendum sul trattato di Lisbona

    ◊   In Irlanda, dove ieri si è votato per il referendum di ratifica del Trattato europeo di Lisbona, si va delineando una netta vittoria del sì. Secondo i primi risultati i favorevoli sarebbero oltre il 60% dei voti espressi. Il Paese aveva già votato nel giugno 2008, bocciando in quell’occasione il Trattato, che prevede importanti riforme istituzionali dell’Unione Europea, con criteri di maggiore rappresentatività e di snellimento delle procedure di approvazione delle norme comunitarie. Sul significato del voto di Dublino, Giancarlo La Vella ha sentito Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:

    R. – Sicuramente, se questo referendum, come pare, passa in Irlanda, ci sono buone possibilità poi che passi anche in Paesi dove la classe politica non è convintissima, e penso soprattutto alla Polonia e alla Repubblica Ceca e forse anche a qualche frangia della politica tedesca. Certamente ha un altissimo valore simbolico, perché proprio, in qualche modo, dall’Irlanda era partita un’onda di scetticismo, che poi si era riverberata in altri Paesi.

     
    D. – E’ più importante l’aspetto dello snellimento burocratico che il Trattato di Lisbona imporrà oppure la maggiore rappresentatività?

     
    R. – Io credo che siano entrambi importanti. Era chiarissimo che il meccanismo decisionale dell’Unione Europea si era inceppato, perché finché l’Unione Europea aveva una certa dimensione poteva in qualche modo reggersi, ma quando poi l’Unione Europea si è allargata ad est, addirittura inglobando in un colpo solo dieci Paesi, tutto il meccanismo si è ingolfato. Io credo, però, che in questo particolare frangente, il sì irlandese serva più che altro a livello dimostrativo, per chiarire a tutti che i Paesi europei e, in particolare, i piccoli Paesi europei, di fronte ad una crisi di una certa importanza e gravità fuori dall’Unione Europea, non hanno speranza di reggersi.

     
    D. – Quindi, la crisi economica sta condizionando quelli che sono i rapporti intereuropei. Col Trattato di Lisbona possiamo dire che diventa più concreto l’aspetto federale dell’Unione Europea?

     
    R. – Quella è la speranza di tutti. C’è assoluto bisogno che l’Unione Europea si doti non solo di una moneta unica, che è anche comunque un principio di civiltà unico, non solo un fatto finanziario, non solo di norme, regole più o meno ampie che tendono comunque a uniformare le abitudine quotidiane dei cittadini. Qui c’è bisogno che l’Unione Europea accentui appunto l’aspetto federale, in modo da poter prendere una posizione europea su questioni sostanziali, che finora sono state lasciate in disparte: una politica di difesa, per esempio, una politica nei confronti dell’immigrazione, altro esempio clamoroso, una politica commerciale diplomatica che abbia almeno dei momenti collettivi. Pensiamo, per esempio, alla questione del nucleare iraniano. Insomma, ci sono delle questioni globali che l’Europa deve affrontare unita, ma unita anche nella possibilità di decidere.

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    Migliaia di pellegrini ad Assisi per la Festa di San Francesco, Patrono d'Italia

    ◊   Era la sera del 3 ottobre 1226: San Francesco lasciava questa terra dopo aver aggiunto al Cantico della Creature gli ultimi versi dedicati a “sorella morte”. Prima di spirare il Poverello chiese di essere deposto nudo sulla nuda terra nei pressi della Porziuncola. Come ogni anno in questo luogo, presso la Basilica papale di Santa Maria degli Angeli, si celebra il Transito del Santo: momenti di liturgia si alternano ad altri di rievocazione storica come il commosso saluto di frate Jacopa e il pianto di Santa Chiara e delle Povere Dame sul corpo del Poverello a San Damiano. Domani, ad Assisi, la celebrazione nazionale del Santo a 70 dalla proclamazione di Francesco, Patrono d’Italia. I festeggiamenti vedono quest’anno coinvolti in prima linea i fedeli lucani. Alla Basilicata infatti tocca, per mano del sindaco di Potenza, l’accensione della lampada votiva dei comuni d’Italia presso la tomba del Santo. Ma qual è l’attualità del messaggio di San Francesco per l’Italia? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Giancarlo Rosati, ex ministro provinciale dei Frati Minori dell’Umbria:
     
    R. – Il pellegrinaggio è un modo molto bello di esprimere la propria fede. Recarsi a San Francesco, incontrare i luoghi e la figura di San Francesco, io direi anche Santa Chiara, vuol dire esprimere amore e tornare ad attingere il messaggio e la vita di San Francesco.

     
    D. – Quest’anno il pellegrinaggio che coinvolge i fedeli lucani si svolge nel 70.mo anniversario della proclamazione di San Francesco Patrono d’Italia…

     
    R. - Quest’anno dalla Lucania, che è una piccola regione, ci sono già settemila pellegrini ad Assisi, vuol dire che San Francesco è qualcosa di vivo, di attuale. L’attualità di San Francesco è l’attualità del Vangelo. E’ quasi uno slogan, si dice che Francesco è “il più santo degli italiani e il più italiano dei santi”. E’ espressione della nostra cultura, della nostra terra, e all’inizio anche un po’ della letteratura italiana, e questo è sempre attuale.

     
    D. - San Francesco era un uomo pacificato, un uomo che riuscì a stabilire un’armonia tra le creature e il Creatore. Come questo può contribuire anche a sanare quelle lacerazioni nei dibattiti politici e nell’attualità italiana?

     
    R. – Io vedo che non ci si ascolta più perché non si valorizza più l’altro. Credo che una delle cose grandi di Francesco sia la sua attenzione ad ogni essere umano, anche quelli “contrari”.

     
    D. – Settant’anni dalla proclamazione di San Francesco Patrono d’Italia ma non solo, ricorre quest’anno anche l’ottavo centenario dell’approvazione della Regola francescana. Come oggi i francescani raccolgono l’eredità di San Francesco e come affrontano le sfide poste dal mondo contemporaneo?

     
    R. - Io direi con fatica perché noi più che guardare a Francesco dobbiamo guardare a Gesù con gli occhi di Francesco, con lo stile di Francesco, con la passione di San Francesco. Noi ci troviamo in un tempo in cui il nostro ordine così variegato sta sperimentando tempi di crisi. Credo che oggi in ogni forma di vita consacrata bisogna ritrovare una radice “monacale”, cioè il ritorno a Dio e la comunione profonda con Dio, lì è l’inizio di tutto: a partire da questo ancoraggio forte con il Signore noi dobbiamo rivolgerci agli uomini fratelli a cui testimoniare la bellezza di una vita con Gesù, quindi riannunciare anche verbalmente questa bellezza.

     
    R. – Quindi ripartire dalla comunione nella preghiera, con Cristo, perché altrimenti si rischia di disperdersi nel fare…

     
    R. – Assolutamente. Di Francesco e di Chiara, come dicevo prima, noi raccontiamo i frutti ma ci sono anni, per Francesco penso 3, 4, 5 anni, in cui lui è stato solo: da quando ha lasciato la sua famiglia è vissuto al margine della città e stava con i lebbrosi, lavorava la terra, viveva in piccole chiese, pregava. Sono stati anni fecondissimi per lui, in cui la grazia di Dio lo ha lavorato e poi, quando era pronto, il Signore gli ha riunito intorno tanti giovani ed è nata questa fraternità. Pensi che dal 1209 fino al 1221, quando ci fu il Capitolo delle stuoie, in 12 anni, cinquemila giovani d’Europa già seguivano il Vangelo nello stile di San Francesco, in più poi le clarisse.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 27.ma Domenica del tempo Ordinario la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui alcuni farisei chiedono a Gesù, per metterlo alla prova, se sia lecito a un marito ripudiare la propria moglie, come prescritto da Mosè. Gesù risponde:

    «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

     
    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:

    Al termine della Creazione, nel sesto giorno, il Signore crea l'uomo e lo crea «maschio e femmina». E' un sigillo ed è una chiave di volta. L'unità dell'uomo e della donna è posta dal Creatore al vertice dell'opera creazionale e quale punto di sostegno di tutto il creato.

     
    L'alterazione, la manipolazione, la falsificazione, la riduzione, la contraffazione, la violazione di quell'unione che viene da Dio scuote il creato intero in tutto il suo costrutto. Nulla rimane sano, nulla rimane integro, non resta più nulla di puro quando l'unità tra l'uomo e la donna, costituita «in principio» e «dal principio» della Creazione, viene scomposta e infranta.

     
    Si ritiene erroneamente che sia l'uomo ad aver prodotto quell'unità e che possa, e anzi, debba essere l'uomo stesso a farne quel che vuole, a suo piacimento. Ma non è così! Quell'«unione viene da Dio» (Agostino, Tr. in Io., 9, 2). Il risultato è pessimo. Cresce l'inimicizia degli uomini nei confronti delle donne e delle donne nei confronti degli uomini. Cresce, di giorno in giorno, un sordo reciproco risentimento. Crollano così le fondamenta del mondo.

     
    Su questo paesaggio di devastazione umana, accompagnato da drammi e sofferenze inenarrabili, si alza la parola di verità: «L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto!».

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    Chiesa e Società



    Elezioni in Costa Rica. I vescovi: no al monopolio di un solo uomo e di un solo partito

    ◊   “La vita cristiana non si esprime soltanto nelle virtù personali, ma anche nella virtù sociali e politiche”. E’ questa la riflessione centrale del documento della Conferenza episcopale del Costa Rica, dello scorso primo ottobre, illustrato ieri dal Presidente mons. Hugo Barrantes, arcivescovo di San José, nel corso di una conferenza stampa, con l’obiettivo di offrire “alcuni criteri etici e non politici che possano orientare la partecipazione responsabile e attiva di tutti i cittadini” nella vita della nazione. In particolare, ha precisato l’arcivescovo Barrantes, il messaggio si rivolge “ai cristiani, che sono la stragrande maggioranza del Paese, affinché possano essere in grado di ponderare, con coerenza, i valori che ispirano la scelta di seguire del Signore e le opzioni politiche che possono favorirli”. I vescovi dichiarano di offrire questo contributo con lo scopo che “il processo elettorale sia un vero progresso verso la democrazia (…), per rinforzare le dimensioni della legalità, della politica, dell’economia e dell’interculturalità”. In questo contesto i presuli chiedono una campagna politica civile, trasparente, portata avanti sul piano delle idee e dei progetti, “rispettosa dell’uguaglianza, della libertà, del pluralismo e dell’autentica tolleranza”. In concreto l’episcopato propone la sottoscrizione di un “Patto etico-elettorale” che consenta un dibattito politico di alto profilo, lungimirante e creativo, capace dunque di “generare fiducia e convivenza pacifica”. D’altra parte si rileva la grande e fondamentale importanza dei mass-media, “anche essi responsabili dello stato democratico e dello stato di diritto” e della libertà di ogni cittadino. I mezzi di comunicazione, secondo i vescovi, devono offrire informazione totale e ampia e non limitarsi solo a quella di alcuni gruppi politici o imprenditoriali poiché agire in questo modo “limita la libertà ma anche la possibilità di una formazione libera della propria opinione elettorale”. Un invito simile viene rivolto nel documento episcopale alle imprese o istituti che si occupano di sondaggi demoscopici e al riguardo si chiede onestà, rigorosità scientifica e statistica”, affinché questa importante risorsa, utile per la formazione dell’opinione pubblica, non diventi “un semplice strumento di propaganda, mettendo a repentaglio tra l’altro la propria credibilità”. Citando diverse riflessioni della “Caritas in Veritate”, i vescovi del Costa Rica analizzano a fondo le grandi sfide sociali ed economiche che affronta e affronterà il Paese. In particolare si soffermano sulla “disarticolazione sociale e sul deterioramento istituzionale”. L’insieme delle proposte dei presuli può riassumersi in un’affermazione cardine: lo sviluppo vero e la crescita materiale autentica non può mai prescindere dalla vita, dal suo valore sacro e unico e, dunque, dal bisogno di fare sempre il possibile per difenderla e promuoverla. “Una giusta concezione della vita quale asse portante e fondamentale dello sviluppo – scrivono i vescovi – non può fare a meno dei doveri che nascono dal rapporto fra l’uomo e la natura”. Perciò l’Episcopato conclude la sua esortazione rivolgendosi in particolari ai cristiani, impegnati nella politica, chiamati a “lottare con integrità morale e con prudenza contro le ingiustizie e le oppressioni, contro l’intolleranza” e contro il monopolio “di un solo uomo e di un solo partito”. Ai cristiani spetta l’onore di battersi “in favore della promozione della dignità umana e del rispetto e difesa della vita in tutte le sue tappe” dal concepimento sino al suo termine naturale. (A cura di Luis Badilla)

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    Celam in Brasile: allarme urbanizzazione per l'Amazzonia

    ◊   Si sono riuniti a Manaus, capoluogo delle Stato brasiliano di Amazonas, i partecipanti dell’incontro organizzato dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) per discutere le emergenze del territorio forestale che copre anche Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, ossia quasi il 44 per cento del territorio sudamericano e bacino strategico per l’intero pianeta. Inarrestabile, tuttavia, lo sfruttamento cui è sottoposto tale territorio – informa l’Osservatore Romano –, sfruttamento che sta degradando l’ambiente e creando povertà e insicurezza per le famiglie indigene. In particolare l’arcivescovo di Manaus e vice presidente della Conferenza episcopale del Brasile, Luiz Soares Vieira, nell’annunciare che alla fine di ottobre sarà organizzata una Settimana Missionaria per l’Amazzonia, ha messo in rilievo i rischi che provengono da una crescente urbanizzazione. L’incontro vuole essere una risposta alla Conferenza di Aparecida che ha posto l’Amazzonia come una delle sfide principali del continente, sfida tesa a tutelare anche i diritti umani e le culture esistenti, oltre che l’ecosistema. Si tratta, dunque, di sostituire a uno sviluppo predatorio – ha sottolineato un esponente della Caritas brasiliana – con uno sviluppo “solidale e sostenibile”. (S.G.)

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    Parigi: terza giornata di lavori per l'Assemblea plenaria del Ccee

    ◊   “Chiese d'Europa non abbassate lo sguardo. Anche se la libertà è stata riconquistata e i rapporti con i governi sono generalmente positivi, altre forme di violenza e di sopraffazione, più subdole di quelle poste in essere fino a vent’anni fa dal comunismo ateo, esistono tutt’oggi”. L’avvertimento arriva dal presidente della Conferenza episcopale di Germania, l’arcivescovo di Friburgo, Robert Zollitsch. Nel giorno in cui nel suo Paese si festeggia la Giornata dell’Unità tedesca, il presule ha voluto fare quasi un bilancio degli ultimi due decenni. E nell’omelia della Messa che ha aperto la terza giornata di lavori dell’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), ha ricordato i pericoli derivanti dagli attacchi alla vita e alla famiglia. “Là dove vi sono violazioni da parte dello Stato o delle forze sociali - ha ribadito - la Chiesa farà resistenza”. Tuttavia, ha aggiunto, “non saranno il pessimismo e i colori tenebrosi a condizionare il nostro lavoro in Europa, ma quella particolare combinazione di realismo, calma e fiducia, che viene concessa in dono ai credenti”. Un esempio in questo senso è stato ieri l’incontro di una delegazione del Ccee con il presidente Sarkozy all’Eliseo. Clima amichevole e comune sottolineatura dell’importanza delle religioni nella vita sociale, con il capo dello Stato francese che si è soffermato sulla necessità di una visione positiva della laicità aperta alle confessioni religiose e ai differenti gruppi spirituali. Dei rapporti Stato-Chiesa si parlerà ancora oggi nella penultima sessione dell’Assemblea, chiamata ad approvare un messaggio finale sull’argomento. E ancora: interventi su bioetica, gender, immigrazioni, rapporti con la Terra Santa e l’Africa proprio alla vigilia del Sinodo per l'Africa, che si apre domani a Roma. Ci sarà anche una relazione del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco su come i media a volte distorcono il pensiero del Papa. Insomma, un’attenzione a 360 gradi sull’attualità. Perché davvero le Chiese d’Europa non vogliono abbassare la guardia. (Da Parigi, Mimmo Muolo)

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    Le alluvioni in India uccidono almeno 127 persone

    ◊   Secondo fonti ufficiali sarebbero almeno 137 le persone che negli ultimi tre giorni hanno perso la vita in India centro-meridionale durante una fortissima alluvione. Gli Stati colpiti sono quello di Karnataka (con almeno 104 morti accertate) e l’Andhra Pradesh. La maggior parte delle vittime ha perso la vita annegando nei fiumi fuoriusciti dagli argini oppure restando intrappolata nel crollo delle abitazioni. I governi locali hanno chiesto aiuto a Delhi per affrontare l’emergenza: centinaia di persone sono rimaste senza casa, le coltivazioni sono state danneggiate e le vie di comunicazione interrotte. L’esercito, ha detto il premier dell’Andhra Pradesh, Rosaiah, sta cercando di recuperare con imbarcazioni ed elicotteri militari le migliaia di persone restate intrappolate o che hanno cercato di rifugiarsi sui tetti dei palazzi. A Mantralayam, meta di pellegrinaggi religiosi, un elicottero e' riuscito a mettere in salvo 15 persone. Il portavoce del Ministero delle Finanze del Karnataka, dove più di 40.000 case sono state danneggiate gravemente dalle piogge, ha annunciato l’apertura di 85 centri di accoglienza per la popolazione in difficoltà e la decisione del governo locale di consegnare 100.000 rupie (circa 2000 euro) alla famiglia di ciascuna vittima. (V.F.)

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    Pakistan: le Chiese invocano iniziative immediate contro le violenze anti-cristiane

    ◊   Contro le violenze anti-cristiane in Pakistan occorrono iniziative immediate e una maggiore compattezza delle Chiese nel Paese. È la conclusione di un seminario sui diritti umani organizzato nei giorni scorsi a Karachi dalla Commissione Giustizia e Pace della Conferenza dei Superiori Maggiori del Pakistan. All’attenzione dei 70 partecipanti - riferisce l’agenzia Ucan - i recenti attacchi nello Stato del Punjab. L’ultimo il 15 settembre scorso, quando un giovane cristiano accusato di blasfemia ha perso la vita in carcere in circostanze tutte da chiarire. La morte del ragazzo era stata preceduta ad agosto da altre violenze a Gojra in cui una decina di cristiani avevano perso la vita e più di cento case e chiese erano state saccheggiate e distrutte. Per contrastare questi attacchi – hanno evidenziato i vari interventi al seminario – è essenziale ottenere in Pakistan il rispetto degli standard internazionali sui diritti umani, l’educazione, la tolleranza e la libertà di pensiero e di religione. In questo senso il segretario della Conferenza dei Superiori maggiori, Alvin Murad, ha suggerito una vasta opera di sensibilizzazione ed educazione nelle scuole e nelle campagne al rispetto dei diritti delle minoranze contro il fanatismo e il settarismo. I partecipanti hanno inoltre invocato una maggiore unità ecumenica tra le Chiese cristiane in Pakistan, sottolineando la necessità di esprimersi con una sola voce. Come è noto, la “necessità” di promuovere il rispetto dei diritti di tutti i cittadini senza di distinzioni di appartenenza religiosa in Pakistan è stato al centro dei recenti colloqui di Benedetto XVI con il presidente pakistano Asif Ali Zardari. Il nuovo governo di Islamabad sembra più disponibile a considerare la revisione della controversa legge sulla blasfemia, di cui da tempo le minoranze e gli attivisti per i diritti umani denunciano gli abusi. Per chiedere l'abolizione del provvedimento le organizzazioni cristiane pakistane hanno indetto per il 24 ottobre una conferenza nazionale. (L.Z.)

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    Gran Bretagna: i medici lasciano morire una ragazza che stava cercando di suicidarsi

    ◊   Kerrie Wooltorton aveva 26 anni e non voleva vivere. Un problema fisico le impediva di avere figli e questo era per lei insopportabile. Aveva già cercato di suicidarsi altre nove volte nel corso di un anno quando, un giorno di settembre del 2007, decise di ingoiare liquido antigelo e poi chiamare l’ambulanza. Solo per non morire da sola, aveva specificato. Quando è arrivata al Norwich e Norfolk University Hospital, in Gran Bretagna, era ancora viva, ma i medici decisero di non intervenire per salvarla. La ragione, spiegata dai medici al giudice nel corso di un’indagine, era la volontà di essere lasciata morire espressa chiaramente nelle dichiarazioni anticipate. Sono quelle “living wills” introdotte nel 2005 dal Mental Capacity Act, che permette ai pazienti di stabilire in anticipo a quali trattamenti non vogliono essere sottoposti nel caso in cui si trovassero in condizioni gravi. Dichiarazioni prese alla lettera dallo staff medico. “Non volevo agire contro la legge ed era mio dovere seguire la sua volontà”, ha dichiarato il nefrologo Alexander Heaton. Le altre volte era stata una dialisi a salvarla. Nei giorni scorsi il giudice ha stabilito che la signorina Wooltorton aveva “piena consapevolezza” di ciò che faceva e sarebbe stato “illegale” un intervento per salvarla da parte dei medici. Eppure, come sostiene l’associazione contro l’eutanasia Care Not Killing Alliance, le “living wills” dovrebbero essere utilizzate solamente nel caso in cui un paziente perfettamente cosciente al momento della dichiarazione si dovesse trovare in uno stato di incapacità. E sarebbe necessario chiedersi, come ha detto il professor Peter Saunders, se “qualcuno che tenta il suicidio nove volte in un anno sia realmente sano di mente”. I genitori di Kerrie, Colin e Linda, sporgeranno denuncia contro l’ospedale. “Niente di questo ci ridarà nostra figlia – hanno detto alla stampa britannica – ma potrebbe impedire che qualcun altro debba passare lo stesso”. E hanno chiesto al più presto una modifica della legge. (V.F.)

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    In Kivu è stato ucciso un operatore umanitario

    ◊   Nel Sud Kivu, una regione della Repubblica Democratica del Congo, un operatore congolese di una organizzazione non governativa è morto dopo essere stato picchiato selvaggiamente da un gruppo di uomini armati. Mentre si trovava sulla strada tra Fizi e Lubondja, il mezzo su cui viaggiava è stato attaccato. Un altro operatore della stessa Ong, Adra (Agenzia di sviluppo e soccorso avventista) è riuscito a scappare all’assalto. L’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell’Onu (Ocha), riferisce che sono state aggredite anche le persone che si trovavano a bordo di due camion, ma sono state liberate poco la cattura. L’Ocha ha precisato che questo è il 22° episodio di violenza commesso nella zona da gennaio ai danni di operatori umanitari. “E’ l’ennesima aggressione contro operatori che tentano di sostenere le popolazioni civili, prime vittime del clima di insicurezza diffusa che permane nel Kivu” ha detto all’agenzia Misna il presidente della società civile di Nord e Sud Kivu, Jason Luneno. Nonostante le due operazioni militari congiunte di Kinshasa e Kigali nella regione contro i combattenti delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr) e il ritorno di centinaia di famiglie di sfollati ai loro villaggi, Luneno ha spiegato che la situazione in Congo resta parecchio precaria, nonostante le notizie ufficiali. I buoni risultati sbandierati dai governi congolese e ruandese, ha detto, riguardano soltanto la zona di Mugunga e del Masisi. Gli uomini delle Fdlr, poi, ben inseriti da 15 anni nella società congolese, “si sono nascosti in piccoli gruppi nelle foreste e nelle zone minerarie più remote del Kivu, come Walikale, Rubero, Rutshuru e Ruvungi” per evitare di essere catturati dall’esercito congolese. “Negli ultimi anni due cose non sono mai cambiate nella regione: è sempre la popolazione civile ad essere vittima dei soprusi dei militari e dei ribelli – ha raccontato Luneno – e i gruppi armati si sono arricchiti sfruttando le ricche risorse minerarie dell’est congolese”. (V.F.)

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    Si è conclusa la visita dei vescovi svizzeri alla Chiesa del Togo

    ◊   Giovedì scorso, i vescovi della Svizzera hanno concluso la loro visita ai presuli del Togo nella loro residenza di Lomé-Hédzranawoe. Un esame dei rispettivi Paesi e la condivisione delle rispettive esperienze pastorali hanno costituito il cardine di questa visita, che è durata nove giorni ed è stata memorabile perché è la prima volta che una Conferenza episcopale fa visita ad un’altra Conferenza dell’Africa occidentale. La delegazione svizzera era guidata da mons. Joseph Roduit, Padre-Abate di St-Maurice d’Agaune. Il Padre-Abate Roduit, in forza di tale titolo, fa parte della Conferenza dei Vescovi Svizzeri (CES) dove è presidente della Commissione Missioni. L’Abbazia territoriale di St-Maurice ha lo statuto giuridico di una diocesi. Essa è tra i più antichi monasteri dell’Occidente essendo stata fondata nel 515. Gli incontri tra i vescovi svizzeri e quelli togolesi sono stati moderati da mons. Ambroise Djoliba, vescovo di Sokodé e presidente della Conferenza episcopale togolese. Ognuno dei prelati svizzeri ha fatto visita ad una delle sette diocesi del Togo (Sokodé, Lomé, Kpalimé, Dapaong, Atakpamé, Aneho e Kara) accompagnato dal rispettivo vescovo. La visita ha permesso anche uno scambio di vedute con la locale Fraternità dei preti diocesani, con la Conferenza dei Superiori Maggiori e con il Consiglio delle Superiori Maggiori. Componevano la delegazione svizzera, oltre a mons. Roduit, i vescovi di Lugano e di Saint-Gall, gli ausiliari di Losanna, Ginevra, Friburgo, di Coira e di Basilea, nonché il segretario e il portavoce della CES e, infine, il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie. (A. M.)

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    Essere cristiani davanti alla sfida delle mafie: se ne discute in Calabria

    ◊   La Chiesa combatte contro tutte le mafia attraverso l’impegno quotidiano per cambiare la cultura in cui queste crescono e si sviluppano. Anche quest’anno la diocesi calabrese di Oppido-Palmi, un’area molto colpita dalla malavita organizzata, ha organizzato un’assemblea dedicata al tema della comunità cristiana “ di fronte alla sfida della ‘ndrangheta”, che si chiude oggi. “La ‘ndrangheta è anticristiana – ha detto il direttore del Centro diocesano per la pastorale e la cultura di Palermo, Giuseppe Savagnone -. Il compito della Chiesa non è quello di intervenire dal punto vista militare o di repressione: ma l’intervento della Chiesa è quello più importante di tutti, perché può colpire il cuore della questione che è una questione culturale”. Per Savagnone la Chiesa ha “un mandato che è quello di cambiare quella cultura che fa scaturire atteggiamenti non conformi alla fede cristiana, come la ‘ndrangheta”. “La Calabria oggi – ha spiegato – deve riscoprire il suo futuro, e attraverso il suo futuro riscoprire la speranza. La Chiesa ha un deposito evangelico che è tutto incentrato sulla speranza”. Il compito del cristiano è quello di “lavorare per una società diversa, costruendo un futuro diverso”. Non si tratta, quindi, di “approntare una strategia anti ‘ndrangheta – ha detto Savagnone - ma di recuperare una strategia ed una pastorale autenticamente neotestamentaria che in tante parti oggi è scaduta e dove si va avanti mantenendo l’esistente”. E’ tutta una questione di “testimonianza”: “Non servono i piagnistei. Dobbiamo insistere e lavorare verso una pastorale che parta dal territorio, una pastorale che aiuti a riscoprire il futuro e la speranza e che educhi alla cittadinanza e al bene comune testimoniando la comunione”. Ad aprire i lavori dell’assemblea sono stati il vescovo della diocesi di oppido-Palmi, mons. Luciano Bux, che ha messo in chiaro che questa iniziativa non è stata pensata per essere l’“ennesima conferenza sulla ‘ndrangheta, ma al contrario, è la comunità ecclesiale, in tutte le sue componenti, che si ferma a leggere il territorio per capire cosa significa concretamente vivere da cristiani nella Piana di Gioia Tauro”. Questa necessità – ha spiegato il presule – è nata dopo che il Papa durante la visita “ad limina” ha chiesto al vescovo quale fosse l’influsso del fenomeno sulla comunità cristiana. Essere cristiani – si legge in una nota firmata dal vicario generale, mons. Giuseppe De Masi - significa dire “nei fatti e nei gesti concreti della nostra vita quotidiana, e non solo verbalmente, il nostro no alla ‘ndrangheta e alla cultura mafiosa di morte, del malaffare, dell’arroganza e dei compromessi”.(V.F.)

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    Parte la "Missione ai giovani 2009" della diocesi di Roma

    ◊   Da oggi fino al 10 ottobre prossimo a Roma (a piazza del Popolo e piazza Navona) si svolgerà “Missione ai giovani 2009”, una settimana di rappresentazioni, sport, evangelizzazione e preghiera, ma anche musica, teatro e letteratura. Lo slogan dell’iniziativa, organizzata per il sesto anno consecutivo dal Servizio diocesano per la pastorale giovanile romana, è “Gesù al centro”. L’obiettivo, ha spiegato il direttore del Servizio diocesano, don Maurizio Mirilli, è quello di “raggiungere le scuole, gli ospedali e i centri di aggregazione dei ragazzi, per diffondere attraverso le manifestazioni e gli spettacoli un messaggio di fede che abbia come filo conduttore il tema della speranza e della carità, in linea con il programma pastorale della diocesi”. E martedì sera, alle 20.30, a piazza Navona, proprio i temi della carità e della solidarietà saranno al centro di una conferenza pubblica. I relatori saranno l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, e il vaticanista Luigi Accattoli. La manifestazione avrà inizio questa sera alle 19.00 con una Messa nella Basilica di S.Agnese in Agone, durante la quale il vescovo Giuseppe Marciante conferirà il mandato missionario ai ragazzi. (V.F.)

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    Il Brasile festeggia l'assegnazione a Rio delle Olimpiadi 2016

    ◊   L’America del Sud è in festa per Rio 2016. La “cidade maravilhosa” è stata scelta come sede dell’81.ma edizione delle Olimpiadi e nel continente che lo ospiterà per la prima volta si parlerà di occasione storica. Nella spiaggia di Copacabana, dove si erano riunite 100 mila persone per seguire la trasmissione da Copenaghen, è cominciato ieri pomeriggio un carnevale fuori stagione, la festa è andata avanti per tutta la notte e proseguirà nei prossimi giorni. Il pianto del presidente Luiz Inacio Lula da Silva e di Pelè al momento dell’annuncio hanno commosso il mondo. Titoli iperbolici nei giornali brasiliani, ed entusiasti in quelli del resto della regione. Dal Venezuela Hugo Chavez ha espresso soddisfazione e ha promesso appoggio: “Lula siamo pronti ad aiutarti affinché le Olimpiadi siano le migliori della storia” – ha detto alla televisione il presidente venezuelano. Il leader cubano Fidel Castro ha scritto un articolo intitolato “il trionfo del terzo mondo. Erano in concorso poderose potenze – si legge – ma ha vinto una città della nostra regione.” La cerimonia di Copenaghen ha visto a confronto due personalità di grande carisma, Barack Obama e Lula da Silva, il fatto che abbia vinto il secondo è stato un valore aggiunto per i latinoamericani. Per il Brasile questa vittoria rappresenta una possibilità di affermarsi come potenza emergente, mentre la popolarità di Lula è salita alle stelle. Dopo due mandati non potrà presentarsi alle prossime elezioni, ma già si parla di una candidatura per le successive. (A cura di Francesca Ambrogetti)

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    A Luján un pellegrinaggio mariano in difesa della famiglia

    ◊   Con il motto “Madre, il tuo sguardo rinnova la nostra speranza” si svolge oggi in Argentina il 35mo Pellegrinaggio Giovanile a piedi al Santuario di Nostra Signora di Luján, in provincia di Buenos Aires, organizzato dal Forum per la Vita e la Famiglia (Fvf), in collaborazione con “Associación Civil Cultivida” di Luján, “Cultura de la Vida - Itatí” di Lomas de Zamora e “Pro Vida” di Bernal. Per uno dei consiglieri dell’Fvf, mons. Antonio Baseotto, scrive l’agenzia Fides, la presenza del Forum al pellegrinaggio, serve a “ratificare l’impegno di questa associazione nella difesa della vita, dal concepimento fino alla sua fine naturale”, oltre a denunciare le violazioni dei diritti commessi da “quanti sostengono e favoriscono l’aborto e l’eutanasia”. Per mons. Antonio Baseotto è “uno scandalo proprio di un regime totalitario l’ingerenza dello Stato che pretende di imporre idee e principi contrari ai convincimenti delle famiglie, che si basano sulla difesa della persona come un essere individuale, con la sua libertà e i suoi diritti inalienabili”. Lo Stato, piuttosto, “deve garantire i diritti di tutte le famiglie e della società”, attraverso “misure di carattere politico, economico, sociale e giuridico, che contribuiscano a consolidare l’unità e la stabilità della famiglia, perché possa compire la sua specifica funzione”. (V.F.)

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    Oggi a Roma mons. Ravasi commenta gli scritti di San Francesco

    ◊   Si chiuderà con un’iniziativa culturale prestigiosa l'Ottavo Centenario della fondazione dei Frati Minori (1209-2009). Oggi alle 18.00 – informa Zenit – presso la Basilica dell'Aracoeli di Roma, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, commenterà alcuni scritti di San Francesco d'Assisi. L'evento, promossa e organizzata dai francescani del Centro Culturale Aracoeli, ha luogo in occasione della festa di San Francesco che ricorre domani, e prevede, al termine, la celebrazione dei Vespri con la commemorazione della morte del Santo, presieduti da mons. Ravasi. (S.G.)

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    In mostra a Firenze un crocifisso trecentesco

    ◊   Un crocifisso ligneo medioevale lucchese è presentato in questi giorni a Palazzo Corsini, a Firenze, nell’ambito della Biennale dell’Antiquariato che si svolge nel capoluogo toscano. Appartiene alla collezione Nella Longari, della galleria omonima milanese, ed è stato scolpito al più tardi nella prima metà del Trecento. Per verificare le origini e la datazione dell’opera i critici lo hanno confrontato con i crocifissi della stessa epoca e provenienza, in particolare quelli riuniti sotto la sigla del “Maestro del crocifisso di Camaiore”. Questo scultore, anonimo, fa parte di un gruppo di intagliatori di crocifissi che lavoravano nell’Italia centrale e hanno creato interpretazioni del cosiddetto “crocifisso gotico doloroso” meno drammatiche rispetto a quelle attribuite ai maestri tedeschi che avevano lavorato nelle loro stesse regioni. Di questo autore e delle sue opere si parlerà in un libro che sarà pubblicato presto dalla casa editrice Umberto Allemandi. Il crocifisso resterà in mostra fino a domani. (V.F.)

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    24 Ore nel Mondo



    Terremoto in Indonesia: 4000 persone ancora sotto le macerie

    ◊   Fino a quattromila persone sarebbero ancora sotto le macerie, dopo il terremoto che ha colpito mercoledì l'isola indonesiana di Sumatra. La stima è del coordinatore aiuti umanitari dell'Onu. Le autorità indonesiane hanno dichiarato che finora sono stati 777 i morti accertati, mentre per l'Onu il numero delle vittime sale a 1.100. Si temono le epidemie soprattutto nella città più colpita, Padang. La testimonianza di Matteo Amigoni, operatore Caritas a Giakarta, intervistato da Federico Piana:

    R. - Nella città di Padang, più del 50% degli edifici sono crollati e ci sono le persone sotto. Stanno scavando e ci sono sei escavatori che stanno cercando di rovistare tra le macerie, ma purtroppo non bastano. Anche con le mani si cerca di scavare, perché più il tempo passa e più la situazione si fa drammatica. Non c’è acqua, la corrente e le comunicazioni sono difficili. Inoltre, il territorio colpito da distruzioni non sappiamo ancora bene quale sia, perché ci sono state due scosse. Una, ieri, ha colpito una zona montuosa dove l'accesso è ancora più difficile. Dei tre ospedali esistenti due sono ormai inagibili, mancano le medicine.

     
    D. - Di cosa ha bisogno la Caritas?

     
    R. - La task force di Caritas Indonesia che è laggiù sta cominciando la distribuzione di tende per la notte, di cibo, coperte e acqua, per cui generi proprio di prima necessità e medicinali, sono queste le cose che si stanno cercando di mandare nella zona. Il governo indonesiano, senza dubbio, sta facendo molto. Ma la grandiosità dell’evento ha sicuramente bisogno di un aiuto internazionale. A Padang è stata colpita parte della città e anche per metà la cattedrale è crollata. I nostri che sono arrivati lì hanno usato l’ufficio della Caritas per coordinare gli aiuti utilizzando una delle stanze che era rimasta in piedi.

     
    Sale a 164 morti il bilancio dello tsunami al largo delle Samoa
    Lo tsunami che ha colpito nei giorni scorsi l'arcipelago delle Samoa e una delle isole di Tonga nell'Oceano Pacifico ha provocato 164 morti e almeno 16 dispersi.

    La terra trema anche in California
    Nella zona centrale della California è stato registrato un sisma di 4.9 gradi Richter. L'epicentro della scossa, alle 18:09 ora locale, nove ore più tardi in Italia, è stato localizzato a 11 chilometri dalla cittadina di Keeler, secondo l'Istituto geofisico americano (Uscg). Non si segnalano al momento danni a persone o cose.

    Somalia
    Tre volontari stranieri che erano stati rapiti nel luglio scorso nel nord del Kenya e poi trasferiti in Somalia sono stati liberati stamani dal gruppo integralista Hisbul Islam. Lo hanno detto alla Reuters un responsabile del gruppo, Sheikh Abirisak, ed alcune persone residenti nella città di Luq, dove i tre volontari sarebbero stati imbarcati su un aereo diretto a Nairobi. I tre volontari al momento del rapimento lavoravano per una Ong francese. Vennero rapiti il 18 luglio scorso, a Mandera, con una operazione transfrontaliera. Stamani, intanto, il gruppo di Hisbul Islam è stato attaccato dai miliziani di Shabaab, ritenuto il braccio armato somalo di al Qaeda, a Bolagadud, cittadina non lontana da Chisimaio, dove i miliziani di Hisbul Islam si erano ritirati dopo la sconfitta subita giovedì scorso. Insieme i due gruppi guidavano l'insurrezione, fino ad oggi vincente, contro il Governo federale di transizione, Tfg. L'attacco odierno degli Shabaab sembra indicare che il conflitto tra i due gruppi continuerà, e presumibilmente si estenderà in tutta la Somalia. Gli integralisti controllano quasi tutto il territorio, Mogadiscio compresa, ma con prevalenza dell'uno o dell'altro movimento a seconda delle zone. La spaccatura potrebbe indebolirli militarmente e dare respiro alle esauste truppe governative, molto deboli sul territorio.

    Senegal
    Sei militari senegalesi sono morti a causa di un attacco condotto ieri sera nella provincia meridionale della Casamance da parte di un gruppo di ribelli probabilmente appartenenti al Movimento indipendentista delle Forze democratiche della Casamance (Mfdc). L'attacco, il più sanguinoso degli ultimi anni peraltro segnato da uno stillicidio di azioni contro l'esercito senegalese, è avvenuto nei pressi della località di Nianga, nella regione di Sedhiou, 120 chilometri a est di Ziguinchor, principale città della provincia della Casamance.

    Nel pomeriggio il direttore dell’Aiea a Teheran
    È atteso oggi pomeriggio, a Teheran, il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Mohammed el Baradei, che dovrà avere con le autorità iraniane colloqui sul programma nucleare del Paese. El Baradei dovrebbe affrontare in particolare la questione delle ispezioni che l'agenzia delle Nazioni Unite dovrebbe compiere in un nuovo sito per l'arricchimento dell'uranio, vicino alla città di Qom, deol quale è stata resa nota l'esistenza solo il 25 settembre. In colloqui tenuti giovedì scorso a Ginevra con i Paesi del gruppo 5+1, Teheran si è impegnata ad aprire agli ispettori internazionali il nuovo impianto. Intanto, il capo negoziatore iraniano sul nucleare, Said Jalili, ha negato che venerdì a Ginevra vi sia stato un incontro bilaterale fra la Repubblica islamica e gli Stati Uniti a margine di negoziati fra Teheran e il gruppo dei 5+1 sul programma nucleare. La parte americana aveva reso noto che Jalili e il sottosegretario di Stato Usa, William Burns, si erano parlati per 45 minuti: il colloquio a più alto livello fra i due Paesi da quando, nel 1980, hanno rotto le relazioni diplomatiche. “Non c'è stato alcun incontro bilaterale”, ha invece affermato Jalili, citato dall'agenzia Isna, al suo ritorno in patria la notte scorsa.

    Afghanistan
    La Nato ha annunciato oggi la morte in combattimento di due soldati americani nell'est dell'Afghanistan, vittime che portano a cinque il totale dei militari Usa morti nelle ultime 24 ore. Nel darne notizia oggi, la Forza internazionale Isaf ha ricordato che ieri due soldati Usa erano deceduti nella parte occidentale della città di Kandahar - bastione dei talebani nel sud del Paese - mentre un altro militare era morto nell'est a causa si un attacco con granate. Ieri, inoltre, era morto nel sud del Paese anche un soldato britannico della Nato.
     
    Raid israeliano in risposta a un razzo da Gaza
    L'aviazione israeliana ha condotto nella notte un raid sulla Striscia di Gaza, la porzione di territorio palestinese controllata dagli integralisti di Hamas, in risposta ai lanci di un razzo e di un colpo di mortaio efefttuati ieri sera da miliziani islamici e finiti in campo aperto. Gli aerei hanno bombardato due tunnel usati per il contrabbando d'armi al confine fra la Striscia e l'Egitto, ha detto il portavoce, nonchè un’installazione non lontana da Gaza City individuata come officina per l'assemblaggio di ordigni. Al momento non si registrano vittime.
     
    A Roma la manifestazione per la libertà di stampa
    In Italia, mentre prosegue lo scontro tra maggioranza e opposizione sulla libertà di stampa, Roma ospita oggi la protesta promossa dalla Federazione nazionale dei giornalisti. “Libertà di stampa non vuol dire solo avere a disposizione decine di giornali ma anche avere tutte le notizie che meritano di essere pubblicate”, ha spiegato Franco Siddi, segretario del sindacato. La maggioranza ha preso le distanze: ridicolo dire che manca libertà di stampa, ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti. Sempre oggi, nella capitale, in programma anche la manifestazione dei precari del settore scolastico.

    Rimpatriati dall’Italia 54 extracomunitari in una settimana
    Nel corso di questa settimana, sono stati rimpatriati dall’Italia 54 extracomunitari clandestini - soprattutto algerini, marocchini e tunisini - sbarcati in precedenza sulle coste italiane. Lo rende noto un comunicato del Viminale. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 276

     
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