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Sommario del 01/10/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • L’impegno a superare ogni forma di discriminazione religiosa e la lotta contro il terrorismo temi forti dell’incontro tra il Papa e il presidente pakistano Zardari
  • Il Papa saluta la comunità di Castel Gandolfo e ricorda Santa Teresa di Lisieux: la sua “piccola via” dell’amore è una risposta ai grandi interrogativi dell’esistenza
  • Altre udienze e nomine
  • Benedetto XVI a Cipro nel giugno 2010. L’annuncio del governo di Nicosia, la gioia della Chiesa locale
  • Possesso cardinalizio
  • Lavorare per la pace attraverso il disarmo nucleare: l’appello di mons. Mamberti all’Onu
  • Concerto a Roma alla presenza del Papa nel 70.mo dell'inizio della seconda guerra mondiale
  • 60 anni del Consiglio d'Europa: intervista con mons. Aldo Giordano
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Terremoto a Sumatra: forse migliaia di vittime. L'appello del vescovo di Padang
  • Italia: al via l'indagine conoscitiva sulla Ru486
  • Simposio del Movimento Shalom sul Sinodo per l'Africa
  • Il carisma di Igino Giordani: chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione
  • La Chiesa celebra la memoria di Santa Teresa di Lisieux
  • Chiesa e Società

  • Dichiarazione dei vescovi dell'Africa orientale alla vigilia del Sinodo
  • Aumentano le persone salvate dall'Aids nei Paesi più poveri
  • Allarme siccità in Kenya. Appello dell’Ong "Lvia"
  • I cristiani iracheni abbandonano anche la piana di Ninive
  • Si apre a Parigi la plenaria delle Conferenze episcopali d’Europa
  • All'Onu la nomina di un rappresentante speciale per le violenze sulle donne nei conflitti
  • I vescovi boliviani: no alla stumentalizzazione politica della Messa
  • El Salvador: ucciso dalle gang un giovane della Comunità di Sant'Egidio
  • I vescovi canadesi dicono no all'eutanasia e sì alle cure palliative
  • La conversione come via per la giustizia e la riconciliazione. L’auspicio dei vescovi nigeriani
  • Vietnam: la polizia attacca un tempio buddista
  • Riapre in Sri Lanka un santuario storico, che ha ricevuto 43 statue in dono dai fedeli del sud
  • India: mons. Menamparampil ricorda il Mahatma Gandhi nel 140.mo della nascita
  • Ghana: la Chiesa sostiene le scuole di Kumasi
  • Slovenia: la Chiesa scrive al governo sul tema della famiglia
  • Regno Unito: domani "Harvest Fast Day", il digiuno per i Paesi poveri
  • A Dublino un seminario sulla violenza nella società irlandese
  • Celebrazione ecumenica a Chicago a dieci anni dalla Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione
  • Si è svolta a Tessalonica la quinta Sessione ecumenica di patristica
  • Il cardinale Francis George presenta il suo ultimo libro su fede e cultura
  • I Frati cappuccini celebrano i loro 75 anni al servizio del Santuario di Loreto
  • Allarme dei vescovi del Triveneto: scuole cattoliche a rischio chiusura
  • Secondo il Rapporto Caritas la crisi a Milano ha aggravato la situazione dei poveri
  • 24 Ore nel Mondo

  • A Ginevra il vertice tra Iran e gruppo 5+1, dopo la scoperta del nuovo impianto nucleare a Qom
  • Il Papa e la Santa Sede



    L’impegno a superare ogni forma di discriminazione religiosa e la lotta contro il terrorismo temi forti dell’incontro tra il Papa e il presidente pakistano Zardari

    ◊   Benedetto XVI ha incontrato stamani nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo il presidente della Repubblica Islamica del Pakistan, Asif Ali Zardari. Nei cordiali colloqui, informa una nota della Sala Stampa vaticana, il Papa e Zardari si sono soffermati “sull’attuale situazione in Pakistan, con particolare riferimento alla lotta contro il terrorismo e all’impegno di formare una società più tollerante e armonica in tutte le sue componenti”. Inoltre, prosegue il comunicato, “evocando i recenti episodi di violenza contro le comunità cristiane in alcune località, nonché gli elementi che hanno favorito tali gravi incidenti” è stata “sottolineata la necessità di superare ogni forma di discriminazione basata sull’appartenenza religiosa, con lo scopo di promuovere il rispetto dei diritti di tutti i cittadini”. Il Pontefice e Zardari hanno anche dialogato “sul contributo positivo della Chiesa cattolica alla vita sociale del Paese, attraverso le sue attività educative, sanitarie ed assistenziali”.

    Dopo il colloquio con il Papa, il presidente pakistano ha incontrato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.

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    Il Papa saluta la comunità di Castel Gandolfo e ricorda Santa Teresa di Lisieux: la sua “piccola via” dell’amore è una risposta ai grandi interrogativi dell’esistenza

    ◊   Benedetto XVI ha salutato stamani la comunità religiosa e civile di Castel Gandolfo, dove, come d’abitudine, ha trascorso il periodo estivo. Il Pontefice rientrerà in Vaticano sabato 3 ottobre, alle ore 11. Al momento del congedo dalla comunità locale, il Papa ha voluto ringraziare quanti, con dedizione e impegno, si sono prodigati per garantirgli una serena permanenza nella ridente cittadina laziale. Il Papa ha quindi esortato i fedeli a seguire “il sentiero umile dell’amore” indicato da Santa Teresa di Lisieux di cui ricorre oggi la memoria liturgica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    Un’occasione festosa e semplice per dire grazie. E’ questo il significato dell’udienza di Benedetto XVI alle autorità civili e militari, alla comunità religiosa e ai dipendenti vaticani e italiani che hanno assicurato il servizio durante il periodo estivo del Papa a Castel Gandolfo. Per tutti, a partire dal vescovo di Albano e dal sindaco della cittadina laziale, il Pontefice ha avuto una parola di ringraziamento e di benedizione. Quindi, ricordando che oggi la Chiesa festeggia Santa Teresa di Gesù Bambino, ha offerto una riflessione sull’esempio e l’attualità della carmelitana del monastero di Lisieux:
     
    “La sua testimonianza mostra che solo la parola di Dio, accolta e compresa nelle sue concrete esigenze, diventa sorgente di vita rinnovata. Alla nostra società, spesso permeata di un cultura razionalistica e di un diffuso materialismo pratico, la piccola Teresa di Lisieux indica, come risposta ai grandi interrogativi dell’esistenza, la “piccola via”, che invece guarda all’essenziale delle cose. E’ il sentiero dell’amore, capace di avvolgere e dare senso e valore ad ogni umana vicenda”.
     
    Cari amici, ha concluso il Papa, “seguite l’esempio di questa Santa; la strada da lei percorsa è alla portata di tutti, perché è la strada della fiducia totale in Dio, che è Amore e mai ci abbandona”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, anche il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio in udienza i dipendenti delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo.

    Il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Birmingham (Inghilterra) mons. Bernard Longley, finora vescovo titolare di Zarna ed ausiliare di Westminster. Mons. Bernard Longley è nato a Manchester, diocesi di Salford, il 5 aprile 1955. È stato ordinato sacerdote il 12 dicembre 1981 per la diocesi di Arundel and Brighton. Dal 2001 al 2003 ha svolto l'incarico di assistente del segretario generale della Conferenza episcopale per le questioni di ecumenismo e dialogo interreligioso. Eletto vescovo titolare di Zarna e ausiliare di Westminster il 4 gennaio 2003, è stato consacrato il 24 dello stesso mese.

    Il Papa ha nominato vescovo di Ciudad Obregón (Messico) mons. Felipe Padilla Cardona, finora vescovo di Tehuantepec. Mons. Felipe Padilla Cardona è nato il 1° maggio 1945 a León (Messico). Il 10 giugno 1973 è stato ordinato sacerdote. Il 15 febbraio 1992 è stato nominato vescovo di Huajuapan de León, ed ha ricevuto la consacrazione episcopale il 17 marzo successivo. Il 26 agosto 1996 è stato trasferito come coadiutore alla diocesi di Tehuantepec, nella quale è subentrato il 25 novembre 2000.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo di Legazpi (Filippine) mons. Joel Zamudio Baylon, trasferendolo dalla sede di Masbate. Mons. Joel Zamudio Baylon è nato il 29 gennaio 1954 in Milaor, nell'allora prelatura di Libmanan. È stato ordinato sacerdote l'8 ottobre 1978 per la diocesi di Legazpi. Nominato vescovo ausiliare della diocesi di Masbate il 14 febbraio 1998, è stato ordinato il 25 marzo successivo. Nella Conferenza episcopale delle Filippine presiede la Commissione per la Pastorale giovanile.

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    Benedetto XVI a Cipro nel giugno 2010. L’annuncio del governo di Nicosia, la gioia della Chiesa locale

    ◊   Il governo cipriota ha annunciato stamani che Benedetto XVI ha accettato di visitare Cipro. L’invito era stato rivolto al Papa dalla Chiesa locale e dal presidente della Repubblica di Cipro, Demetris Christofias, durante la sua visita in Vaticano lo scorso 27 marzo. La visita di Benedetto XVI dovrebbe svolgersi all’inizio di giugno 2010. Anche la Chiesa locale, nelle persone del Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, e dell’arcivescovo maronita di Cipro, Josef Souaef, insieme al Custode di Terrasanta, padre Pierbattista Pizzaballa, ha espresso la sua gioia per la prossima visita del Papa.

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    Possesso cardinalizio

    ◊   L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice comunica che il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, prenderà possesso del Titolo della Chiesa Suburbicaria di Frascati sabato 3 ottobre 2009, alle ore 17.00.

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    Lavorare per la pace attraverso il disarmo nucleare: l’appello di mons. Mamberti all’Onu

    ◊   “La Santa Sede esorta tutti gli Stati interessati ad adottare decisioni e impegni chiari e risoluti nonché a fare ogni sforzo a favore di un progressivo e concertato disarmo nucleare”. E’ un passaggio del discorso tenuto da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, all’Assemblea Generale dell’Onu lo scorso 24 settembre a New York. Un intervento sul tema: “Il disarmo e la non proliferazione nucleare”, nel quale il presule ha espresso il sostegno per un vertice a livello di capo di Stato e di governo che promuova la discussione su questi due importanti argomenti. Ricordando l’impegno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti dei programmi nucleari di alcuni Stati, ha affermato tuttavia che “non si sono ottenuti risultati per quanto riguarda la formulazione di piani per istituire un sistema di regolamentazione degli armamenti (art. 26), soprattutto delle armi nucleari e della loro proliferazione, come elemento necessario a mantenere la pace e la sicurezza internazionali e a creare un ambiente favorevole a garantire il progresso umano”. Pertanto mons. Mamberti ha chiesto che sia colta l’importante occasione offerta dal vertice perché, in questo modo, il Consiglio di Sicurezza potrebbe diventare “un valido sostenitore” di “un mondo libero da armi nucleari” e del disarmo atomico. “La Santa Sede – ha aggiunto il presule - chiede con vigore di rivedere quelle dottrine militari che continuano a basarsi sulle armi nucleari quali strumenti di sicurezza e di difesa o persino di potere”. In tal senso è necessaria l’entrata in vigore del Trattato di Interdizione globale degli Esperimenti nucleari (Ctbt), ancora non ratificato da 9 Stati. Altro dovere è l’inizio immediato dei negoziati per il Trattato di Interdizione del Materiale Fissile (Fmct). “Il mondo odierno esige una guida coraggiosa” ha aggiunto mons. Mamberti per “una cultura di pace” in “un mondo privo di armi nucleari”.

    Un concetto ribadito dallo stesso segretario per i Rapporti con gli Stati nell’intervento, tenuto lo stesso giorno a New York, alla Sesta Conferenza per facilitare l’entrata in vigore del Trattato di Interdizione Globale degli esperimenti nucleari (Ctbt). “La pace è un edificio in continua costruzione” ha detto mons. Mamberti che ha invitato a guardare con fiducia all’entrata in vigore del Ctbt perché “potrà non solo dare una risposta significativa ai rischi di proliferazione nucleare ed alla minaccia del terrorismo nucleare, ma darà anche impulso al disarmo nucleare”. Il presule inoltre ha evidenziato che il Trattato “favorirà una migliore risposta ad alcune catastrofi naturali” visto che prevede un attento sistema di monitoraggio internazionale. Facendo appello alla responsabilità che incombe su ogni singolo Stato, mons. Mamberti ha citato un passaggio dell’ultima Enciclica del Papa, Caritas in Veritate, nel quale Benedetto XVI sostiene che “senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere”. Pertanto, “l’attuale momento – ha aggiunto il segretario per i Rapporti con gli Stati - rappresenta un’occasione speciale per mostrare, di fronte all’intera famiglia umana, una leadership coraggiosa ed un alto senso di responsabilità politica”.

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    Concerto a Roma alla presenza del Papa nel 70.mo dell'inizio della seconda guerra mondiale

    ◊   "Giovani contro la Guerra", titolo del Concerto dell’InterRegionales JugendsinfonieOrchester, ospitato nell’Auditorium di via della Conciliazione, al quale assisterà il Papa, giovedì prossimo 8 ottobre, nell’ambito delle manifestazioni promosse quest’anno nel 70mo dello scoppio del secondo conflitto mondiale e a 20 anni dal crollo del muro di Berlino. L’evento è stato presentato stamane in Sala Stampa vaticana dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani insieme all’ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, Hans-Henning Horstmann. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Perché il ricordo tragico della guerra, possa coinvolgere non solo chi ne ha vissuto gli orrori ma anche i giovani e tutti coloro che vogliono far tesoro degli insegnamenti del passato per creare un mondo migliore. Da qui l’idea – ha spiegato il cardinale Kasper - di un Concerto celebrativo, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, dalla Commissione vaticana per le relazioni religiose con l’Ebraismo, dall’Ambasciata di Germania presso la Santa Sede e dal Forum culturale europeo di Mainau, sotto il patrocinio del Comitato internazionale ebraico per le consultazioni interreligiose. Giovani musicisti di 10 nazioni diretti da Jochem Hochstenbach e Wolfgang Gönnenwein, si esibiranno sulle note di Gustav Mahler e Felix Mendelssohn-Bartholdy, arricchite da testi della letteratura tedesca, oltre a due poesie scritte da bambini internati in campo di concentramento. Testi che saranno letti dall’attore Klaus Maria Brandauer, accanto alla voce solista del Michelle Breedt.

     
    “Il dialogo è l’unica alternativa alla guerra”, ha sottolineato il cardinale Walter Kasper, ricordando che proprio dalle ceneri della seconda guerra mondiale si è originato il movimento ecumenico:

     
    “Il movimento ecumenico dimostra come vicini belligeranti, che si sono lacerati vicendevolmente in guerre confessionali, sono diventati oggi fratelli in Cristo e contribuiscono alla riappacificazione di popoli e nazioni. Altrettanto importante è sottolineare che, nonostante un tragico e doloroso passato, la collaborazione tra cristiani ed ebrei si fonda oggi su solide basi".

     
    “Anche i dubbi e le difficoltà – ha aggiunto il porporato – possono essere superati nel rispetto e nella simpatia reciproci” Ma “per tutto ciò, preghiera costante ed impegno quotidiano sono essenziali”:

     
    “Ognuno di noi può contribuire a suo modo al dialogo ed alla riconciliazione. Anche tramite la musica”.

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    60 anni del Consiglio d'Europa: intervista con mons. Aldo Giordano

    ◊   Al Consiglio d’Europa si discute oggi dei poteri della delegazione russa: un gruppo di 72 parlamentari ha chiesto di rimetterli in discussione per il mancato rispetto di alcuni impegni da parte di Mosca. Ieri è stato chiesto a Mosca di autorizzare l'accesso in Abkhazia e Ossezia del Sud degli aiuti umanitari. All’Assemblea parlamentare, che si concluderà venerdì, domani si parlerà anche del futuro del Consiglio d’Europa alla luce dei 60 anni di esperienza compiuti quest’anno. Priorità del Consiglio d’Europa è la tutela dei diritti umani. Dell’importanza della difesa della dignità della persona e delle sfide attuali Fausta Speranza ha parlato con mons. Aldo Giordano, Osservatore Permanente della Santa Sede a Strasburgo:

    R. - Io penso che avere un organismo come il Consiglio d’Europa che si occupa dei diritti sia una cosa importante perché i diritti sono decisivi per l’umanità. Certamente oggi non possiamo limitarci a fare delle liste, degli elenchi dei diritti; noi ci troviamo abbastanza d’accordo, c’è un consenso su alcuni principi, ma il problema è oggi domandarsi qual è il contenuto dei diritti, come li interpretiamo e come li applichiamo in concreto. Allora, certamente noi andiamo incontro ad alcuni rischi o ad alcuni problemi. Abbiamo oggi un grande incrocio di culture, di popoli e di religioni e ogni tradizione sembra avere i propri diritti. E quindi ci domandiamo come possiamo fondare l’universalità dei diritti: questo mi sembra un tema molto importante sul quale la Chiesa ha un contributo certamente significativo da dare. Non potrebbe esistere un Consiglio d’Europa stesso se non ci fosse universalità dei diritti almeno a livello europeo, ma non potrebbero esistere organismi come l’Onu a livello mondiale se non intravedessimo che ci sono dei diritti e dei doveri naturalmente condivisi a livello universale. Un altro problema che io vedo qui a Strasburgo è anche quello del rischio della frammentazione dei diritti. Invece di difendere i diritti dell’uomo e applicarli in tutte le situazioni, cominciamo a definire i diritti del bambino, dell’adolescente del ragazzo, della donna, della donna che lavora, dei nomadi, dei bisessuali, dei transessuali, etc. Non so se il nostro rischio è che andiamo a parcellizzare i diritti e quindi perdiamo il discorso di fondo del valore della persona umana, che va tenuto in conto in tutte le situazioni. Un altro aspetto che potrebbe essere problematico è che cominciamo anche ad inventarci, in qualche maniera, dei nuovi diritti: per sostenere i diritti di certi gruppi rischiamo di dimenticarci che sostenere i diritti di un gruppo potrebbe far del danno ai diritti di altri gruppi o addirittura della maggioranza. Questo credo che sia il rischio verso cui andiamo incontro. Questo esigerebbe la capacità di una grossa riflessione sia a livello sociale, sia a livello filosofico, e credo anche a livello teologico. Bisognerebbe creare degli spazi dove poter fare questa riflessione.

     
    D. - Per questa riflessione, mons. Giordano, potrebbe essere utile guardare all’origine di tutto il discorso sui diritti umani e al fine, cioè all’obiettivo più alto di tutto ciò?

     
    R. - Certamente da una parte dobbiamo andare all’inizio, quindi andare alle radici. Noi abbiamo radici culturali di diritti, se parliamo di Europa. Abbiamo delle radici in Grecia, a Gerusalemme, abbiamo delle radici nel diritto romano e soprattutto abbiamo le radici nell’evento del Cristianesimo che è stato una grandissima novità come compimento di una ricerca umana. Per quanto riguarda il fine credo che oggi l’orizzonte della nostra riflessione debba essere l’umanità intera. Come europei dobbiamo domandarci come potrebbe essere oggi questa nostra tradizione, questa nostra storia a servizio di tutte le regioni della terra. Ma anche noi possiamo imparare anche con una certa umiltà dagli altri continenti e dalle altre terre. Una delle originalità che noi abbiamo come Chiesa è quella che vogliamo difendere o sostenere l’interezza della persona, non un aspetto della persona. E nella recente Enciclica del Papa mi sembra molto interessante questo aspetto. E’ chiaro che dobbiamo rispettare tutti gli uomini e quindi dobbiamo lavorare per la famiglia universale. Siamo in un mondo legato, interdipendente, siamo in mondo globalizzato e quindi non possiamo più far finta che siamo lontani e ognuno vive nel suo spazio lontano: siamo nello stesso spazio, siamo nella stessa casa. Però questo esige anche - come il Papa fa notare nella sua Enciclica - che non si possono più considerare le varie dimensioni dell’uomo quasi separate. Se parliamo di lavoro, di politica, di economia, di scienza o di famiglia, o di sviluppo demografico, o di aborto, etc. i temi sono tutti legati: l’economia è legata alla famiglia, la famiglia è legata alla bioetica, la bioetica è legata al problema delle scienze, alla politica, all’economia. C’è questa interdipendenza della dimensione dell’uomo. Quindi dovremmo contribuire a servire questa ricchezza enorme dell’uomo senza ridurlo, senza eliminarne delle dimensioni o senza ridurlo a poche dimensioni o forse a una sola dimensione. L’umanità esiste in tutti gli individui umani e le persone, quindi la Chiesa difende l’umanità tutta dove esiste. Questo mi sembra tipico della Chiesa e mi sembra molto moderno perché questa è una risposta alle domande della globalizzazione ed è anche una risposta ad un senso di povertà di umanità che spesso sentiamo sulle strade dell’Europa. C'è un’umanità povera e triste perché alle volte non trova più un senso per il proprio esistere e non trova più il fondamento della propria ricchezza. Dobbiamo restituire la ricchezza dell’umano.

     
    D. - Da questa umanità, mons. Giordano, sembra emergere sempre più un bisogno di spiritualità, una domanda di religiosità che in qualche modo chiede tutto quello che lei ha detto. E' così?

     
    R. - A differenza anche di pochi anni fa notiamo questo crescere di una domanda e spesso questa domanda non ha una risposta. E' una domanda aperta a tutte le direzioni, che incontra anche un po’ sentieri interrotti, però c’è la domanda e quindi è anche un momento privilegiato. E' un momento importante per cercare di sentire la domanda e donare la risposta. Credo che le religioni in genere e - direi - il cristianesimo in maniera speciale toccano questo punto. La religione cristiana o meglio il Cristianesimo, l’annuncio di Gesù Cristo e il Vangelo sono una proposta di senso alla vita. Riaprono il cielo azzurro sulla vita delle persone. Finché siamo chiusi nel terrestre potremmo anche tentare una vita molto riuscita e forse è giusto tentarla però alla fine saremmo dei disperati, sempre, perché le domande esistenziali poi emergono. Le domande sulla felicità, sull’amore, sul dolore, la domanda se esiste un oltre la morte sono domande di fondo e la vita prima o dopo ce le pone seriamente. Davanti a queste domande si intuisce come il Cristianesimo sia veramente una bella notizia: c’è una buona notizia ed è una bella notizia. Mi piace anche sottolineare questo aspetto: come l’umanità cerca in fondo il vero e l’Europa di oggi cerca il vero anche quando non è cosciente. Cerca un senso, cerca il bello, cerca l’amore, cerca il bene e queste tre categorie che abbiamo chiamato il “verum”, il “bonum” e il “pulchrum”, convergono nell’unità e nell’unum, trovano veramente una luce nel cristianesimo. Ci piacerebbe comunicare e far vedere che l’umanità ha la possibilità di questa enorme ricchezza. E' triste vedere che alle volte o non siamo capaci a dirlo, oppure sembra che non ci sia spazio per questa notizia e per cui ci accontentiamo di molto di meno.

     
    D. – Però c’è motivo di speranza…

     
    R. – La speranza nasce dal fatto che per il Cristo Risorto tutto è possibile, anche se noi oggi vediamo in Europa spesso la presenza del Cristo crocifisso, quindi lo vediamo soffrire. Lo vediamo soffrire nelle crisi della finanza, nella crisi della famiglia, nella crisi di senso, nella difficoltà che l’Europa ha di posizionarsi rispetto ad altre regioni del mondo. Lo vediamo crocifisso anche nelle difficoltà che abbiamo tra cristiani, perché la divisione tra cristiani è sofferenza. Il Crocifisso continua la sua Passione in qualche maniera, è Lui che continua a morire per l’Europa perché Lui ha già dato la vita per queste sofferenze dell’Europa, però il Crocifisso è solo il volto più nascosto, più misterioso. L’altro volto è il Risorto, che ha promesso di rimanere fra di noi fino alla fine dei tempi. Per cui, Lui è presente in Europa e Lui può veramente tutto e Lui ci ha detto che ci precedeva in Galilea, quindi ci precede già in Europa, ci precede già a Strasburgo, ci precede a Bruxelles. E' molto illuminante pensare che Lui ci precede ed è già là, è già là per questa nostra umanità.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Francesco Citterich sul referendum, domani, in Irlanda in merito al Trattato di Lisbona.

    L'uomo rivelato all'uomo; prima del profitto e della produzione viene il dono (che è gratuito): in cultura, l'arcivescovo Giampaolo Crepaldi sulla "Caritas in veritate".

    La matrice progressista della nuova tirannia: la prefazione di Juan Manuel de Prada al volume "La nueva tirania: el sentido comun frente al Matrix progre". 

    I piccoli incantesimi dell'ultimo Matisse: Sandro Barbagallo recensisce la mostra al museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.

    Anticipazione della relazione di Daniele Bardelli al convegno, all'Università Cattolica del Sacro Cuore, su don Carlo Gnocchi e il Novecento.

    Più pensi, più sbagli: Ernesto D'Avanzo analizza le decisioni tra istinto e razionalità.

    L'amore dà senso e valore a ogni vicenda umana: nell'informazione religiosa, il ringraziamento di Benedetto XVI alla comunità di Castel Gandolfo.

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    Oggi in Primo Piano



    Terremoto a Sumatra: forse migliaia di vittime. L'appello del vescovo di Padang

    ◊   Continua a salire il bilancio delle vittime causate dal terremoto che ha colpito l’isola indonesiana di Sumatra: le ultime notizie ufficiali parlano di oltre 700 morti, ma il numero è, purtroppo destinato a salire. Sarebbero migliaia, infatti, le persone rimaste intrappolate sotto le macerie. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Una corsa contro il tempo, quella dei soccorritori, che scavano con martelli, scalpelli, ma anche con le mani nude tra i detriti alla ricerca dei sopravvissuti. I feriti vengono curati all'esterno degli ospedali crollati, non lontano dagli obitori di fortuna messi in piedi per raccogliere i cadaveri. La città più colpita, secondo le autorità, è Padang, che sorge un’area densamente popolata, e che ospita circa tre milioni e mezzo di abitanti. Una situazione drammatica, insomma, peggiorata ulteriormente dalle forti piogge che stanno colpendo l’isola di Sumatra; l’acqua, infatti, rallenta l’opera di recupero delle vittime del sisma, mentre aumentano i rischi di epidemia. Si teme, insomma, un’ecatombe; c’è chi parla di almeno 5.000 morti, una cifra superiore a quella dello tsunami che si abbatté sulla stessa area nel dicembre del 2004.

     
    Sulla situazione nelle zone terremotate Sergio Centofanti ha sentito il vescovo di Padang, mons. Martinus Dogma Situmorang, che ricopre anche gli incarichi di presidente della Conferenza episcopale indonesiana e della Caritas nazionale:

    R. – Le informazioni sono molto sporadiche e frammentarie, perché le comunicazioni sono interrotte del tutto. L’intensità della calamità senz’altro è immensa: i lavori di scavo continuano in cerca di superstiti.

     
    D. – La Chiesa sta già portando aiuti alle popolazioni locali?

     
    R. – Sì, senz’altro! I nostri sono già in moto, sono già sul posto. Anche la Caritas internationalis è già in contatto con noi. Per quanto io sappia, la parte dove abitano i nostri cattolici è gravemente colpita e senz’altro ci saranno molti morti, lì.

     
    D. – Vuole lanciare un appello alla comunità internazionale?

     
    R. – Senz’altro, anche se secondo me quasi non c’è bisogno di fare un appello, perché la comunità internazionale è sempre molto sensibile e molto rapida nel portare soccorsi. Ma comunque, secondo me, è un dovere di ciascuno aiutare chi ha perso tutto, no?

     
    Ma quali notizie giungono da Giakarta? Lo abbiamo chiesto a padre Jósef Forró, segretario di nunziatura in Indonesia:

    R. – Abbiamo appena parlato con alcune suore che hanno una scuola lì e dicono che nella scuola 60 studenti sono rimasti sotto le macerie. Adesso bisogna pregare per loro affinché li possano salvare.

     
    D. - Intanto si continua a scavare...

     
    R. – Stanno cercando sotto le macerie, ecco, poi chissà se troveranno cadaveri o persone ancora vive.

     
    D . – Si dice che nelle zone terremotate hanno bisogno praticamente di tutto...

     
    R. - Sì. Hanno bisogno praticamente di tutto, proprio di tutto. Poi c’è il pericolo dello tsunami.

     
    D. – Anche la Chiesa italiana si è messa in moto?

     
    R. – Sì, mi hanno chiamato già dall’Italia, dalla CEI, poi vediamo: adesso stanno trattando la questione, si vedrà.

     
    Proprio a Padang sono arrivate le prime squadre di soccorso di “Terre des hommes”, già presente in Indonesia dal 2004. Salvatore Sabatino ha sentito Bruno Neri, responsabile emergenza della Ong:

    R. – In questo momento stiamo lavorando. Siamo in contatto con delle Ong partner a Padang, che si sono attivate per intervenire nel campo medico e stanno prestando soccorso ai feriti; hanno avuto a disposizione dal governo delle tende. Allo stesso tempo, c’è un gruppo che sta aiutando la Croce Rossa locale al recupero delle persone che sono ancora sotto le macerie e all’evacuazione delle persone più a rischio, per portarle in posti più sicuri, anche perché in questo momento c’è molta pioggia e ci sono molti casi di bambini con malattie respiratorie, tosse, febbre.

     
    D. – Arrivano notizie preoccupanti anche per quanto riguarda un ospedale crollato…

     
    R. – Le tende che ha dato a disposizione il governo sono state installate là vicino, per recuperare i feriti dell’ospedale e dare loro una prima accoglienza, un primo riparo.

     
    D. – Avete bisogno di materiali particolari? Vuole lanciare un appello?

     R. – Abbiamo lanciato un appello per la raccolta di fondi, perché i problemi che abbiamo in questo momento sono quelli per l’alloggio, quindi tende, coperte, vettovagliamento per cucinare e poi medicine per i bambini.

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    Italia: al via l'indagine conoscitiva sulla Ru486

    ◊   Con l’audizione in Senato del Ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha preso il via oggi l’indagine conoscitiva sulla pillola abortiva Ru486 col fine di garantirne un utilizzo farmacologico compatibile con la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. “Non assisteremo passivi ad alcuna violazione” ha dichiarato in Commissione Sanità, Sacconi. Intanto l’Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, ha confermato la già approvata immissione in commercio della pillola e attende l’esito dell’indagine per formularne le indicazioni d’uso. Ce ne parla Gabriella Ceraso.

    Finora c’è solo un sì ufficiale alla commercializzazione della Ru486 come già deliberato in luglio dall’Aifa, ma intanto parte l’indagine conoscitiva del Senato che servirà secondo il governo a fornire entro il 19 ottobre al nuovo CDA dell’Agenzia indicazione per la determina tecnica che parlerà di applicazione clinica della pillola. "Iter anomalo che allunga i tempi per la disponibilità del farmaco e blocca in modo illegittimo i lavori dell’Aifa", secondo l’opposizione che vede nell’indagine un atto pretestuoso. Ma il ministro del Welfare ribadisce che il fine del Parlamento non è perdere tempo, che i dubbi sulla compatibilità tra il processo farmacologico della Ru e il sistema sanitario nazionale sono diffusi. Sacconi torna poi sulla pericolosità per la salute della donna in caso di uso della pillola senza ricovero ospedaliero. E proprio sugli aspetti medici della Ru486 e sull’ipotesi avanzata che si tratti di una procedura meno invasiva e dolorosa per la donna rispetto all’aborto chirurgico, abbiamo raccolto il parere di Daniela Notarfonso medico e vicepresidente dell’Associazione Scienza e Vita:

     
    R. - Parlare di un minore impatto fisico sulla donna e soprattutto di una minore percezione del dolore mi lascia titubante, perché la Ru486 provoca il distacco della placenta e l’espulsione dell’embrione e dei tessuti placentari attraverso l’induzione di contrazioni uterine, che per loro natura sono dolorose. In un terzo delle persone questo avviene in alcuni giorni. Significa che la donna che sarà tornata a casa, continuerà ad avere emorragia e dolore. L’altra questione: dato che la Ru sarà usata soltanto entro le prime sette settimane della gravidanza, se viene paventata come l’aborto indolore, o comunque più semplice, ci potrebbe essere una spinta a non ponderare questa decisione con tutte le dovute precauzioni che invece richiederebbe.

     
    D. – A livello psicologico il trauma è attutito anche dall’idea di non avere un intervento chirurgico, se non in casi gravi…

     
    R. – Dovremmo pensare ad una pillola che agisca senza alcun tipo di effetto nella donna, cosa che invece, in realtà, non è. In alcune situazioni poi addirittura la donna ha visto l’embrione espulso con un vissuto molto più drammatico.

     
    D. – Alcuni sostengono che la nuova procedura garantisca maggiore autonomia alla donna che assume direttamente il farmaco. E’ così?

     
    R. – Bisogna capire quanto questa non sia invece il sancire definitivo che l’aborto è qualcosa che la donna vive per conto suo. E questo non credo che sia una vittoria.

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    Simposio del Movimento Shalom sul Sinodo per l'Africa

    ◊   Servire con fiducia e speranza il Sinodo coinvolgendo le istituzioni, la società civile ed ecclesiale e favorire le potenzialità spirituali e umane dell’Africa, per il suo progresso sociale. Questi gli obiettivi del Simposio, organizzato dal Movimento Shalom Onlus, dal titolo “Certezze e speranze: il Sinodo dei vescovi per l’Africa”, che si svolge oggi presso la Pontificia Università Gregoriana. Il servizio di Alessandra De Gaetano.

    Dare un contributo alla conoscenza delle finalità del secondo Sinodo per l’Africa, dal titolo “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia, della pace”. È la prerogativa di questo incontro, rivolto a religiosi, laici e universitari. Ma qual è il significato di questo Simposio? Don Steve Gaston Bobongaud, coordinatore del gruppo africano del Movimento Shalom:

     
    R. - E’ un momento di riflessione, prima dell’apertura ufficiale del Sinodo africano. Bisogna ricordare che il Santo Padre in Africa aveva auspicato che fosse preparato il Sinodo africano non soltanto dai vescovi, ma da tutti i popoli africani, da tutte le diocesi e dalle associazioni. Noi abbiamo voluto contribuire a questo auspicio del Santo Padre.

     
    D. - Popoli, quelli dell’Africa che, con i loro valori, si fanno protagonisti nel cammino ecclesiale in vista del Sinodo. Quali sono le caratteristiche della Chiesa in Africa? Ascoltiamo don Brice Ibombo, segretario del simposio:

     
    R. – Una Chiesa allegra, viva e vivace. Impegnata a livelllo pastorale, a livello di evangelizzazione, ma anche a livello di carità. I valori, tantissimi, sono soprattutto la fraternità, perché la vita non appartiene ad un individuo, ma a tutta la comunità. L’uomo è per la comunità non per se stesso. E poi c’è anche il valore della condivisione, della solidarietà, della gioia. In Africa ora tanti soffrono, muoiono di fame, ma c'è anche gioia, perché hanno fiducia in loro, nella vita, e godono della vita anche senza niente.

     
    D. - Riconciliazione, giustizia e pace saranno i temi affrontati nel Sinodo. Quali sono le prossime sfide? Mons. Andrea Cristiani, Fondatore del Movimento Shalom:

     
    R. – Credo che se noi riuscissimo ad investire tutto ciò che investiamo nelle armi per tutelare la pace, lo investissimo in trattori, in sementi, in formazione, in cultura, in scuole, ospedali, centri di accoglienza per i bambini, per le donne, penso che la pace avrebbe una stabilità maggiore.

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    Il carisma di Igino Giordani: chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione

    ◊   Con una celebrazione presso il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa, domenica scorsa si è chiusa ufficialmente la fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di Igino Giordani, una delle figure più rappresentative della cultura del Novecento. Padre di quattro figli, scrittore, giornalista, politico, ecumenista e patrologo, fu confondatore del Movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Giordani ha dato un notevole contributo al dispiegarsi del carisma dell’unità specialmente nel mondo della famiglia, dell’ecumenismo, della politica. Ma chi è stato l’uomo Giordani in tutti questi ambiti? Adriana Masotti lo ha chiesto al politologo Alberto Lo Presti, Direttore del Centro Igino Giordani.

    R. – E’ stato un uomo innamorato di Dio e che ha pensato bene di tradurre questo suo amore in un impegno civile consistente. Era un appassionato dei primi secoli, dove l’eroismo dei cristani portava a cambiare le istituzioni civili, la cultura e ha sempre creduto di potersi impegnare per creare quella “città di Dio” in grado di dare risposta al suo anelito di santità. E lo riconosciamo in questo un grande laico, e oggi è in discussione la sua santità proprio perché ha saputo tradurre questo suo ardore in Parlamento, come direttore di giornale, come letterato …

     
    D. – Quali le motivazioni di una causa di beatificazione che adesso affronterà l’esame, il giudizio, della Santa Sede?

     
    R. – Si conclude la fase diocesana della causa di beatificazione, quindi un primo, importante passo è stato fatto. E il Tribunale ha potuto visitare, all’interno dell’intensa vita di Igino Giordani, quelle virtù che lo hanno portato ad essere un testimone credibile del cristiano che riesce a farsi santo. Basti pensare che lui ricordava come la misericordia potesse essere una categoria nelle relazioni politiche, e la attua quando, dopo la liberazione, si prodiga per il perdono dei gerarchi fascisti, salvandone anche qualcuno dal linciaggio; oppure, quando pensa che il dialogo con i comunisti, nei primi anni Cinquanta, quando erano scomunicati e dentro la guerra fredda, fosse l’unico modo per riportare la pace tra le genti. Memorabili sono il suo discorso in Parlamento sul Patto Atlantico, visto da lui come uno strumento di pace; fu il primo che propose una legge sull’obiezione di coscienza … Allora, possiamo vedere che lui fu effettivamente un misericordioso, un mite di cuore, uno che cercava la giustizia innanzitutto, un operatore di pace … Queste cose risaltano bene nella sua biografia.

     
    D. – Può un politico essere santo? Era l’interrogativo che Giordani si era posto nel 1946, di fronte all’invito di De Gasperi a candidarsi alle elezioni politiche. A lui interessava la santità, come abbiamo detto, e a quel tempo pareva forse non opportuno sporcarsi con la politica. Le cose poi sono cambiate: resta l’esempio di un cristiano che ha saputo vivere anche in Parlamento il Vangelo. Ecco: un insegnamento – credo – di grande attualità …

     
    R. – Sì. Giordani testimonia che è possibile farsi santi in politica e non “nonostante” la politica. Ha sempre visto la politica come un servizio per il bene comune, e anche un’attività, un impegno che dovesse essere proposto lontano dai privilegi del potere. Oggi, per parafrasare qualcosa del dialogo attuale, dovremmo dire che si parla tanto della casta in politica, in realtà Igino Giordani è stato simbolo e testimone di una politica autenticamente “casta”.

     
    D. – Nel 1948, avviene l’incontro tra Igino Giordani e Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, e questo incontro gli ha cambiato la vita. Vuole dirci in breve il ruolo di Igino Giordani in questo ambito?

     
    R. – Igino Giordani incontra Chiara Lubich nel 1948. Chiara Lubich aveva 28 anni, mentre Igino Giordani era famoso, stimato, parlamentare e aveva il doppio dell’età di Chiara. Eppure, al cospetto della spiritualità che trabocca da questa signorina, lui perde tutte le sue sicurezze per seguirla. E così Igino Giordani, con la sua forza culturale e con la sua lunga esperienza, ha potuto essere di sostegno al progetto di costruzione del Movimento dei Focolari da parte di Chiara Lubich, ed è per questo che Chiara lo ha designato “confondatore” del Movimento stesso.

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    La Chiesa celebra la memoria di Santa Teresa di Lisieux

    ◊   Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa: con questi titoli la Chiesa celebra la memoria liturgica di Santa Teresa di Lisieux. Entrata nell’ordine delle Carmelitane a soli 15 anni, di età, prese il nome di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Ripercorriamo la sua vita, in questo servizio di Isabella Piro:

     
    “Vorrei essere missionaria non soltanto per qualche anno, ma vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo ed esserlo fino alla consumazione dei secoli”. Diceva così, Santa Teresa. Era nata ad Aleçon, in Normandia, nel 1873, ultima di otto figli. Cresciuta in una famiglia profondamente cristiana, aveva imparato la fede dai suoi genitori, Louis e Zélie Martin, beatificati proprio nel 2008. Poi, a soli 15 anni, la scelta di entrare nell’ordine delle Carmelitane. Data la giovane età, la decisione è accompagnata da un permesso speciale di Papa Leone XIII. Ma il fisico debole di Teresa non regge al rigore della clausura: la giovane si ammala di tubercolosi ed il 30 settembre 1897 muore. Una vita breve, ma intensa, la sua, che ci ha lasciato un carisma particolare, come ci spiega suor Filomena Adamo, Madre generale delle Piccole Suore di Santa Teresa del Bambino Gesù:

    “E’ proprio quel particolare carisma di sapienza evangelica: un carisma che lei ha attinto dalla preghiera e dalla continua meditazione del Vangelo, nel quale ha saputo scoprire luci nuove. Diciamo, quindi, che è il dono della scienza, dell’amore divino”.

     
    Nel 1925, Teresa di Lisieux sale agli onori degli altari. Nello stesso anno, viene proclamata “Patrona delle Missioni”, proprio lei che aveva visto la sua breve vita svolgersi all’interno di un monastero. Come spiegare questo? Ancora Suor Filomena:

     
    “Teresa, patrona delle missioni, sembra umanamente una contraddizione pura. Ma se ci addentriamo più profondamente nella sua vita scopriamo che è un titolo che le sta proprio bene, con la sua vita vissuta intensamente, con un grande amore e un profondo respiro evangelico. Tenace com’era disse: 'Non posso essere missionaria di azione, ma voglio essere missionaria di amore'. E ci riuscì benissimo, perché sappiamo che l’amore è come la luce, non ha paura di barriere fisiche. In lei l’amore fu passione e azione. Sappiamo che quando Teresa era già consumata dalla tisi e faceva fatica a camminare, alle sue consorelle che le dicevano: 'Fermati, riposati, siediti', lei rispondeva: 'No, io cammino per un missionario, che chissà dove, in quale Paese, sta camminando e sta faticando per portare il Vangelo'”.

     
    Nella sua pur breve vita, Santa Teresa scrisse molto. Oggi si ricorda, in particolare, la sua autobiografia, intitolata “Storia di un’anima” e il valore della “piccola via” alla spiritualità. Ma come metterla in pratica nella vita quotidiana? Ancora Suor Filomena:

     
    “Vivere, come lei ci ha detto, abbandonati, fiduciosi, tra le braccia di Dio, come un bambino tra le braccia dei suoi genitori. Quindi, non abbattersi, non scoraggiarsi, ma crescere nell’umiltà, nella fiducia, nell’abbandono, sapendo che noi siamo i figli di quel grande Dio, che è Onnipotente, ma è soprattutto misericordioso”.

     
    Dalle mura di un monastero, dunque, la spiritualità di Teresa si diffonde nel mondo ed assume un significato universale, diventando modello anche per i giovani di oggi:

     
    “Io penso al modello di una giovane che ha vissuto la vita intensamente nei suoi grandi valori, quei valori di cui il cuore dell’uomo è veramente assetato: amore, pace, serenità, solidarietà. Teresa è un modello avvicinabile da tutti, proprio perché è la Santa della quotidianità, che viveva con passione e facendo le cose ordinarie non comunemente, ma con grande amore”.

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    Chiesa e Società



    Dichiarazione dei vescovi dell'Africa orientale alla vigilia del Sinodo

    ◊   Come si è evoluta l’Africa dal 1994, anno della I Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa, al 2009, alla vigilia del II Sinodo continentale? A questa domanda i vescovi dell’AMECEA (Association of Member Episcopal Conferences of Eastern Africa, che comprende Eritrea, Etiopia, Kenya, Malawi, Sudan, Tanzania, Uganda, Zambia) offrono una sintetica ma incisiva risposta nella prima parte di una dichiarazione, pubblicata alla vigilia della II Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che si tiene a Roma dal 4 al 25 ottobre. Nel documento, inviato all’agenzia Fides, si sottolineano le sfide e i segni di speranza registrati nei 15 anni che separano le due Assemblee Speciali: l’impatto della crisi economica (che, sottolineano i vescovi mette in dubbio il raggiungimento nel 2015 degli Obiettivi del Millennio); le speranze di democratizzazione suscitate dall’apertura al multipartitismo del 1990 che sono state attenuate da “leadership carenti, da politiche elettorali caotiche e da deboli accordi di condivisione del potere” mentre la “corruzione ad ogni livello riduce i servizi resi alla popolazione”; l’innalzamento della temperatura globale che ha provocato nei Paesi AMECEA “disastri ecologici” con siccità e inondazioni, con conseguenti crisi alimentari e spostamenti di popolazione; i conflitti armati continuano a minacciare le popolazioni di Sudan, Etiopia, Somalia e Uganda, ai quali si aggiungono le violenze post elettorali in Kenya e quelle nei Paesi vicini (Sudafrica e Zimbabwe); le spinte fondamentaliste che in alcuni Paesi AMECEA si traducono nella richiesta dell’adozione della Sharia e dei tribunali islamici; la pandemia dell’Aids che continua a minacciare la vita di milioni di persone ma non sembra più costituire una priorità per “i governi, la società civile e persino le chiese”; la crescita numerica della Chiesa che “non è però stata sempre accompagnata da un approfondimento della fede e della spiritualità fondata su solidi sforzi di inculturazione”; la maturazione e lo sviluppo di forti istituzioni ecclesiali come l’AMECEA, le diverse Conferenze Episcopali, con i loro uffici e segretariati, un fatto positivo che deve però essere accompagnato da ulteriori sforzi di formazione del personale e da una valutazione del percorso finora compiuto; i problemi economici derivanti dalla povertà della popolazione e da un’insufficiente formazione dei fedeli; la crescita della sette e il crescente malcontento delle donne e dei giovani. Per affrontare questi problemi i Vescovi dell’AMECEA intendono portare all’esame del Sinodo alcune proposte. Tra queste vi sono: un approfondimento dell’evangelizzazione, soprattutto per quel che concerne la formazione alla Dottrina Sociale della Chiesa; un rafforzamento della spiritualità e della riconciliazione; la centralità delle Comunità ecclesiali cristiane di base; il dialogo ecumenico e intererreligioso; un rinnovato sforzo a favore della famiglia; una maggiore attenzione al ruolo della donna nella Chiesa (tra il 70 e l’80% dei collaboratori ecclesiali sono donne); una maggiore cura per la formazione dei giovani; un approccio integrale al problema dell’AIDS. (R.P.)

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    Aumentano le persone salvate dall'Aids nei Paesi più poveri

    ◊   Alla fine dell’anno scorso erano 4 milioni le persone che nei Paesi più poveri hanno ricevuto le terapie salvavita contro l’Aids, il 36% in più del 2007 e dieci volte in più rispetto a cinque anni fa. Si tratta di quei farmaci antiretrovirali contro la malattia causata dal virus Hiv i cui prezzi, prima altissimi, sono in diminuzione negli ultimi anni. Sono poi sempre di più i test effettuati e anche l’assistenza ai malati è in aumento. Eppure non è ancora abbastanza. I dati sono quelli diffusi dal rapporto curato dall'Unicef, Organizzazione mondiale della sanità e da Unaids, “Torwards Universal Access: Scaling Up prioprity Hiv/Aids interventions in the health sector”. “Questo rapporto mostra gli enormi progressi compiuti nella lotta mondiale contro l’Hiv e l’Aids - ha spiegato il direttore generale dell’Oms, Margaret Chan - Ma dobbiamo fare di più. Almeno 5 milioni di persone che convivono con l'Hiv non hanno ancora accesso ai trattamenti e alle cure. I servizi di prevenzione non riescono a raggiungere tutti coloro che ne hanno bisogno. I governi e i partner internazionali devono accelerare i loro sforzi per raggiungere l’accesso universale alle cure”. Nei Paesi a basso e medio reddito, lo scorso anno, il 42% dei circa 9,5 milioni di persone che avevano bisogno di cure avevano accesso alla terapia. Nel 2007 erano il 33%. I progressi maggiori sono stati raggiunti in Africa Subsahariana, proprio la regione in cui si verificano due terzi dei contagi da Hiv nel mondo. L’Aids resta la principale causa di morte fra le donne in età fertile. Nel 2008 è migliorato anche l’accesso ai servizi di contrasto all’Hiv per le donne e i bambini. Circa il 45% delle donne sieropositive in gravidanza ha ricevuto la terapia antiretrovirale per prevenire la trasmissione dell’Hiv da madre a figlio (nel 2007 era il 35%). E oggi sempre più bambini beneficiano di programmi di terapia antiretrovirale pediatrica: sono arrivati a 276.000 i bambini sotto i 15 anni di età che hanno ricevuto i farmaci. Tuttavia l’accesso alle cure resta insufficiente rispetto alla domanda. (V.F.)

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    Allarme siccità in Kenya. Appello dell’Ong "Lvia"

    ◊   Andando sul sito internet dell’Ong "Lvia" si potrà contribuire in modo diretto ai progetti dell’associazione in Kenya. E’, infatti, da agosto che il Paese africano è colpito da un terribile siccità. Secondo i dati del Programma Alimentare Mondiale, un keniano su dieci ha bisogno di assistenza e quasi 4 milioni di persone hanno necessità di aiuti. “La situazione continua a peggiorare e la siccità si manifesta in tutta la sua gravità soprattutto nelle aree ad alto rischio ambientale, come il Tharaka, dove il governo e la diocesi stanno distribuendo aiuti alimentari”. Lo ha detto Enrico Gorfer, rappresentante della LVIA a Meru, nella parte nord-orientale del Paese. “Le cause dell’emergenza – ha aggiunto - sono strutturali: mancano le infrastrutture in grado di assicurare l’approvvigionamento idrico per dodici mesi l’anno; l’agricoltura e i pascoli ne risentono e la popolazione è costretta ad abbandonare queste terre sempre più aride”. LVIA sta operando per portare avanti un progetto – finanziato dall’Unione Europea e dalla diocesi di Meru - per garantire a 15 mila persone la possibilità di avere accesso all’acqua pulita e potabile nel proprio villaggio. In costruzione serbatoi per la raccolta dell’acqua piovana e piccoli bacini in grado di raccogliere e riutilizzare l’acqua che scorre a bordo strada durante la stagione delle piogge. Sono però necessari altri fondi soprattutto per dare la possibilità alle comunità di gestire da sole le proprie risorse idriche.(B.C.)

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    I cristiani iracheni abbandonano anche la piana di Ninive

    ◊   La piana di Ninive, fin dai primi secoli del cristianesimo, è stata popolata dai cristiani iracheni, che in tempo di guerra e persecuzioni vi si rifugiavano. Ora stanno abbandonando anche quella che consideravano la loro roccaforte. Secondo le cifre fornite dal clero locale e riferite dall’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), i cristiani stanno emigrando lentamente dai centri abitati intorno alla città di Mosul. Secondo il rettore del Seminario maggiore di St Peter ad Ankawa, nel nord curdo dell’Iraq, padre Bashar Warda, “i villaggi totalmente cristiani della regione perdono 30 o 40 fedeli al mese, a volte anche di più”. Tra le cause dell'esodo, i rischi delle intimidazioni, delle violenze e dei sequestri. Domenica infatti, vicino a Bartala, a 20 chilometri da Mosul, è stata rilasciata una ginecologa cristiana, Mahasin Bashir. Un agente di polizia ha raccontato che una banda armata era entrata nell’abitazione della dottoressa durante la notte e l’aveva rapita davanti agli occhi dei suoi figli. Secondo padre Warda, scrive l’agenzia Zenith, il rapimento “ha avuto forti ripercussioni” nell’area. Dal 1987 i cristiani iracheni sono passati da 1,4 milioni a meno di 400mila. (V.F.)

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    Si apre a Parigi la plenaria delle Conferenze episcopali d’Europa

    ◊   Prenderà il via nel pomeriggio di oggi a Parigi l’Assemblea plenaria dei presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa, sotto l’egida del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Una riunione, in programma fino al 4 ottobre, che intende approfondire lo stati dei rapporti tra Chiesa cattolica e istituzioni nazionali, attraverso un’analisi dell’inquadramento giuridico della Chiesa stessa nelle singole legislazioni. A vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino i rapporti tra le Chiese d’Europa e i relativi Stati hanno subito profondi cambiamenti, generalmente in meglio, dato che la riconquistata libertà ha permesso anche alle comunità ecclesiali dell’Est di poter vivere non più come Chiese del silenzio. Tuttavia uno spettro si aggira ancora dall’Atlantico agli Urali, uno spettro che il cardinale Péter Erdő chiama laicismo, in pratica il contrario della sana laicità che è invece distinzione ma non ostilità reciproca, anzi, dove è possibile dialogo e collaborazione. Così il primate di Ungheria, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee ha presentato ai giornalisti questa mattina il tema principale dell’Assemblea, che riunirà i presidenti degli episcopati nazionali dell’intero continente. “Lo Stato – ha detto Erdő – non deve identificarsi con nessuna visione religiosa o filosofica, ma senza un minimo di valori condivisi non è possibile perseguire il bene comune”. “Quindi, per un buon funzionamento della cosa pubblica – ha aggiunto il porporato - è necessario il dialogo e noi vogliamo contribuirvi”. Dell’argomento si parlerà durante i lavori dell’Assemblea che inizia alle 17.00, insieme con i temi della bioetica e del gender, della comunicazione e dell’Anno Sacerdotale, che saranno affrontati in singole sessioni. Domani appuntamento d’eccezione all’Eliseo, dove il presidente francese, Nicolas Sarkozy, incontrerà i cardinali e vescovi che fanno parte del Consiglio. Un’ulteriore conferma che nel Paese della “laïcité” anche la religione ha di nuovo diritti di cittadinanza. (Da Parigi, Mimmo Muolo)

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    All'Onu la nomina di un rappresentante speciale per le violenze sulle donne nei conflitti

    ◊   Con una nuova risoluzione adottata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza, i 15 Paesi membri chiedono al Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, di nominare un rappresentante speciale per lottare contro le violenze di cui sono vittime donne e ragazze minorenni nelle zone di conflitto. La nuova figura - riferisce l'agenzia Misna - avrà il mandato di coordinare le attività dei vari organismi Onu per rafforzare la lotta contro le violenze fisiche e di svolgere campagne informative per sensibilizzare la comunità internazionale. Inoltre, con la risoluzione 1888, il Consiglio chiede nuovamente ai paesi dove sono in corso o conclusi di recente conflitti armati, di porre fine alle violenze sessuali e di punire i responsabili con adeguate sanzioni. Il testo votato nella notte è stato redatto e presentato dal segretario di stato americano Hillary Clinton, il cui Paese ha assunto la presidenza mensile del principale organo decisionale delle Nazioni Unite; intervenendo davanti ai 15 Stati membri, la Clinton ha detto che finora la comunità internazionale ha accordato troppo poca attenzione alla piaga delle violenze contro le donne, in particolare quelle perpetrate in Africa. In occasione del suo viaggio in Africa ad agosto, il capo della diplomazia statunitense aveva trattato l’argomento nella Repubblica Democratica del Congo, dove militari e ribelli commettono violenze su vasta scala ai danni delle donne di ogni età nelle regioni nord-orientali del Nord e Sud Kivu. Il Consiglio di sicurezza ha già approvato due risoluzioni simili sullo stesso tema nel giugno 2008 e nel 2000. (R.P.)

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    I vescovi boliviani: no alla stumentalizzazione politica della Messa

    ◊   La Chiesa non accetta che il sacramento dell’Eucaristia possa essere usato e manipolato per interessi politici. Così si legge in una breve ma ferma nota dell’episcopato boliviano di ieri, seguita alle dichiarazioni del candidato alle presidenziali del 9 dicembre prossimo, Manfred Reyes Villa, che si apprestava a dare inizio ai suoi comizi politici con la celebrazione della Santa Messa. Parlando con il quotidiano locale “El Deber”, il politico ha anche assicurato che nel corso della sua campagna si propone di far sì che l’Eucaristia sia celebrata in tutti i luoghi possibili. “Il magistero insegna - si legge nella nota episcopale - che l’Eucaristia è l’azione sacra per eccellenza e in essa il popolo glorifica Dio e Lui santifica questo suo popolo nutrendolo con il Pane della Vita". Secondo i presuli, è proprio questa la ragione fondamentale, ricordata nel concilio Vaticano II (Cf. Sacrosanctum Concilium Vaticano II), in virtù della quale la Chiesa cattolica non si può mai prestare a un uso politico di questo sacramento. Bisogna ricordare che già lo scorso 23 settembre i presuli boliviani, in una loro esortazione in occasione dell’apertura della campagna elettorale, avevano messo in guardia sui pericoli di manipolazione della religione per scopi politici: “E’ fondamentale - scrivevano - garantire la libertà di espressione e di comunicazione, vera e mai sottoposta alla coercizione e alle ideologie che fanno ricorso ad ogni tipo di manipolazione anche, talvolta, in nome di Dio e della Chiesa”. Inoltre, dopo aver osservato ancora una volta che la Chiesa boliviana non offre soluzioni tecniche né tantomeno partitiche, i presuli sottolinevano il loro essere mossi solo dal desiderio di dare un contributo alla riflessione etica ed evangelica “poiché, alla fine, ogni atto umano, personale e sociale ha sempre delle implicanze etiche ineludibili”. I vescovi in primo luogo invitano a votare e chiedono che nessun cittadino sia indifferente di fronte all’importante e delicata scelta che sono chiamati a fare per i prossimi cinque anni e, al contempo, si complimentano con la cittadinanza, iscrittasi massicciamente nei nuovi registri elettorali, che, questa volta, includono i cosiddetti "parametri biometrici" (come ad esempio la foto). Ciò, tra l’altro, accrescerà fortemente la trasparenza e la correttezza del processo di votazione evitando situazioni illegali tipiche del passato. D’altra parte i presuli chiedono a tutti, in particolare ai politici candidati e ai mass media, di lavorare sempre in favore del rafforzamento delle istituzioni democratiche. Quest’ultima nota dell’Ufficio stampa dell’episcopato conclude ribadendo a tutti i candidati e a tutti i politici la richiesta di rispettare il senso religioso del popolo boliviano e di non intraprendere mai iniziative che facciano uso inadeguato dei simboli e dei luoghi religiosi. (A cura di Luis Badilla)

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    El Salvador: ucciso dalle gang un giovane della Comunità di Sant'Egidio

    ◊   Il giovane William Quijano, 21 anni , della comunità di Sant'Egidio in San Salvador, è stato ucciso mentre rientrava a casa, con colpi d'arma da fuoco la sera del 28 settembre scorso. Secondo il comunicato della Comunità di Sant’Egidio, gli assassini fanno parte di una "mara", una delle gang violente organizzate, che assoldano i giovani poveri nelle periferie del Centro America. Da cinque anni William era impegnato nella Scuola della Pace ai bambini poveri del quartiere di Apopa, nei sobborghi della capitale. La sua vita pacifica e buona, al servizio dei giovani e dei più bisognosi era nota e rappresentava un'alternativa alle "maras". Nel comunicato si afferma che la Comunità di Sant'Egidio, presente in Salvador con migliaia di persone, è impegnata a costruire una società in cui sia possibile vivere insieme pacificamente: con il suo impegno per i poveri e i giovani, cerca di sottrarli alla violenza e rappresenta la possibilità di una vita lontana dalla logica dello scontro e dalla criminalità giovanile. (R.P.)

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    I vescovi canadesi dicono no all'eutanasia e sì alle cure palliative

    ◊   Non bisogna fraintendere: eutanasia e suicidio assistito non sono atti di compassione verso i più vulnerabili. In una lettera ai parlamentari canadesi, il presidente dei vescovi del Canada, monsignor Vernon James Weisberger, arcivescovo di Winnipeg, ha invitato a riflettere sulla riapertura del dibattito intorno alla bozza di legge C-384, che mira a legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito nel Paese. “Quelli che desiderano riaprire questo dibattito – ha scritto - sono senza dubbio preoccupati per le sofferenze degli altri. Un senso della compassione frainteso, li ha spinti a praticare l’eutanasia sulle persone più vulnerabili, invece di fornire loro un’assistenza adeguata, un efficace controllo del dolore, un sostegno sociale, emotivo e spirituale fino alla morte naturale”. Ovvero invece che occuparsi di aiutare i sofferenti e le loro famiglie, nella legge si propone di somministrare loro la morte. Quando si tratta di intenzioni e conseguenze, in questo ambito, bisogna essere più chiari possibili, “in modo da assicurare il bene e limitare eventuali danni alle persone direttamente coinvolte e anche all'intera comunità”. Il problema però, come sottolinea l’arcivescovo, è che in questa discussione si usano termini ingannevoli. Senza dubbio per un cattolico “l’uso dei farmaci e di altri mezzi per alleviare le sofferenze è legittimo anche se possono avere come effetti collaterali la riduzione di speranza di vita”. Così come è anche legittimo che qualcuno rifiuti le cure mediche considerate particolarmente gravose. Ma non potrà mai essere accettata l’uccisione diretta e intenzionale delle persone depresse, dei disabili, dei malati terminali, delle persone anziane e dei morenti. Non è possibile proteggere i vulnerabili e al contempo legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito. “Quale fiducia, quale certezza possono avere queste persone - chiede mons. Weisberger - affinché le loro vite vengano poi effettivamente protette dagli operatori sanitari, dalla famiglia, dagli amici e dalla società nel suo insieme?”. Se si ammettono eutanasia e suicidio assistito si cancella il dovere di proteggere la vita altrui. In più, come è emerso in diversi Paesi nei quali queste pratiche sono legalizzate, esiste il rischio che eutanasia e suicidio assistito possano essere imposti al fine di risparmiare sui costi. In Canada questo, ha scritto l’arcivescovo, “è un timore ben fondato”. Aiutare un malato terminale, un depresso cronico o un anziano costa, ma invece che promuovere la morte bisognerebbe pubblicizzare le cure palliative e l’assistenza domiciliare. Per questo i vescovi canadesi, chiedono ai parlamentari di fare attenzione ai termini utilizzati e a ragionare accuratamente sulle conseguenze della legge sulla vita di tutti i cittadini. E chiedono “a tutti coloro che apprezzano la bellezza e la dignità della vita” di impegnarsi in questo dibattito “civilmente e rispettosamente, al fine di testimoniare profondo rispetto della dignità di ogni vita umana”. (V.F.)

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    La conversione come via per la giustizia e la riconciliazione. L’auspicio dei vescovi nigeriani

    ◊   “C’è un urgente bisogno di conversione a ciò che è vero, a ciò che è buono, alla giustizia, alla riconciliazione, all’amore”. E’ quanto scrivono i vescovi nigeriani al termine della seconda Assemblea Plenaria che si è svolta dal 7 al 12 settembre al centro della Trasfigurazione di Kafanchan, nello stato di Kaduna. La conversione, aggiungono i presuli, è la via per raggiungere la giustizia e la riconciliazione. I vescovi, in tal senso, sono chiamati ad essere “esempi di conversione”. “Il cuore umano - si legge nel testo riportato da Zenit - deve diventare il santuario dello Spirito di Dio, così che la persona umana possa essere ricreata a immagine del Figlio di Dio”. La Conferenza episcopale nigeriana si è detta poi preoccupata per la corruzione dilagante che rischia di azzerare le speranze dei giovani e che ha già reso povero la popolazione locale nonostante le “enormi ricchezze” a disposizione del Paese. “La corruzione – scrivono - alimenta la povertà, la povertà alimenta l'insicurezza e una povertà ancora maggiore”. Alla radice dei problemi, osservano i vescovi, ci sono “l'assenza di un giusto rapporto tra noi e Dio e l'assenza di una giusta relazione tra di noi”. Quest'ultima rappresenta “l'assenza della giustizia” che a sua volta “è l'inizio dei conflitti”. Intanto sull’amnistia generale decretata dal governo per i militanti del Delta del Niger, i vescovi, pur apprezzando l’iniziativa, invitano l’esecutivo a mantenere la sua promessa in particolare per lo sviluppo della regione. Infine la Conferenza episcopale ha detto di deplorare “l’uso e l’abuso della religione per calpestare i diritti altrui”. “Chi afferma di amare Dio ma odia gli altri esseri umani, perfino al punto da ucciderli, è un bugiardo”. “Dio – aggiungono i vescovi – non ha dato a nessuno il diritto di uccidere nel suo nome, né ha autorizzato alcuno a violare la dignità di altri esseri umani”. (B.C.)

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    Vietnam: la polizia attacca un tempio buddista

    ◊   Domenica il monastero buddista di Bat Nha, nella provincia vietnamita di Lam Dong, è stato attaccato da centinaia di poliziotti e milizie governative, negli altipiani centrali del Vietnam. Secondo quanto riporta AsiaNews, l’assalto è iniziato alle 9 del mattino ed è durato tutto il giorno. Porte e finestre sono state distrutte per dare la caccia a monaci e suore che cercavano riparo nei dormitori. Al termine dell’assalto 150 monaci e 230 monache sono stati caricati su bus governativi e allontanati. L’ordine della polizia è stato di ritornare ai propri luoghi di origine. I religiosi allontanati sono discepoli di Thich Nhat Hanh, il monaco buddista fuggito in esilio 40 anni fa e rientrato nel 2005 su invito del governo. “Ci hanno picchiato in modo brutale, ci hanno insultato – ha raccontato a Radio Free Asia (Rfa) uno dei monaci - Hanno fatto a pezzi i nostri vestiti, per umiliarci, sfasciando qualsiasi cosa fosse alla loro portata”. Quando i monaci hanno reagito riunendosi in preghiera, racconta, “loro ci hanno preso a calci e trascinato a forza uno per uno nel cortile. Ci hanno lasciato all’aperto, a sfidare la pioggia gelida che scendeva”. Le forze dell’ordine hanno sequestrato il monastero, minacciando dure risposte contro quanti cerchino di rientrare nel luogo di culto. Secondo gli esperti citati da AsiaNews, il cambiamento di politica del governo è dovuto al desiderio di sequestrare i terreni del monastero. Per diversi mesi forze governative hanno cercato invano di cacciare i monaci, poi tre mesi fa c’è stato il primo assalto, al quale, il 2 settembre, è seguito il taglio dell’energia elettrica e dell’acqua potabile. (V.F.)

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    Riapre in Sri Lanka un santuario storico, che ha ricevuto 43 statue in dono dai fedeli del sud

    ◊   Il santuario di Nostra Signora di Madhu, risalente a 400 anni fa, sorge in un’area dello Sri Lanka che per anni è stata teatro di guerra e di scontri fra l’esercito nazionale e i ribelli indipendentisti, nel corso dei quali i pellegrinaggi erano stati interrotti. Per le stazioni della sua Via Crucis, ormai rovinata, oggi sono arrivate 43 statue nuovissime, in fibra di vetro, alte quasi due metri. Le sculture sono un regalo dei cristiani del sud del Paese. L’idea di donare le statue, racconta AsiaNews, è venuta a un medico e parlamentare impegnato nella difesa dei diritti umani, Jayalath Jayawardena. Il politico - che ha coinvolto nel progetto i cattolici delle zone di Jaela, Weligampitiya, Wewala e Kandana – ha raccontato di aver fatto ciò che poteva “per rendere il più alto onore alla Vergine Maria”. Così ha scritto al vescovo di Mannar, che gli ha dato il suo permesso e la sua benedizione per questa iniziativa. Un’azienda dello Sri Lanka, la Demo, ha regalato 17 veicoli nuovi per il trasporto. E tutto il percorso di oltre 200 km, da Colombo a Madhu, si è trasformato in una lunghissima processione: i fedeli salutavano con la preghiera il passaggio delle statue, esposte sui furgoni. “La processione delle statue attraverso villaggi e città non ha incontrato nessun ostacolo di tipo religioso, politico e etnico – ha detto ad AsiaNews padre Gamini Silva, docente di Teologia al seminario nazionale dello Sri Lanka -. Questa è un’occasione davvero bella che offre un esempio dell’unità possibile tra nord e sud del Paese. A Pamunugama la gente ha costretto il corteo ad avanzare molto lentamente perché tutti volevano rendere onore alle statue e mostrare il loro amore. È stata una benedizione per tutti i cittadini dello Sri Lanka, non solo per i cattolici”. Le sculture erano state benedette lunedì alla partenza, dall’arcivescovo di Colombo, mons. Malcom Ranjith, davanti a rappresentanti del governo, membri del Parlamento, sacerdoti e monaci buddisti. (V.F.)

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    India: mons. Menamparampil ricorda il Mahatma Gandhi nel 140.mo della nascita

    ◊   In un periodo storico segnato da conflitti “in continua crescita” nella “nostra amata terra” come in “molte parti del mondo”, oggi più che mai è necessario promuovere il “potente messaggio della non-violenza” o “Ahimsa, come lo chiamava il Padre della nazione”. È quanto afferma mons. Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati e autore delle meditazioni della Via Crucis del Papa al Colosseo, in occasione dei 140 anni dalla nascita del Mahatma Gandhi che ricorrono domani 2 ottobre, giornata Internazionale della Non-violenza. Mons. Menamparampil affida ad AsiaNews alcune riflessioni sulla figura di Gandhi, il suo messaggio di pace e gli insegnamenti di Gesù Cristo, che il Mahatma ha fatto propri nella lotta civile per l’indipendenza dell’India e del suo popolo. “Intolleranza, conflitti etnici, interessi economici, politici, violenza e terrorismo – spiega il prelato – sono tristemente comuni in ogni angolo del mondo; per questo oggi più che mai dobbiamo promuovere il potente messaggio della Non-violenza”, che Gandhi ha mutuato “da Gesù Cristo” facendolo proprio “nella vita pubblica e nella politica”. Egli ha saputo mobilitare “il popolo indiano a raccogliere la sfida per la libertà in modo non-violento” e in questo “è stato influenzato dagli insegnamenti di Cristo”. Una via poi seguita da Martin Luther King, che ha lottato per “i diritti civili dei neri d’America” in modo “pacifico”. Quest'anno l’arcivescovo di Guwahati ha parlato del Mahatma in occasione delle meditazioni della Via Crucis del Papa, perché in lui ha visto “il coraggio” della “verità” che deriva dallo scegliere “la strada giusta”, il modo “corretto per risolvere i problemi”. Il 5 ottobre mons. Menamparampil visiterà Kandhamal, in Orissa, teatro del pogrom anticristiano che lo scorso anno ha causato centinaia di vittime; le autorità cittadine gli hanno affidato l’organizzazione di una 'tre giorni' di incontri per 200 giovani del distretto, per discutere di “pace, armonia, comprensione reciproca e collaborazione per il bene comune”. (R.P.)

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    Ghana: la Chiesa sostiene le scuole di Kumasi

    ◊   L’arcidiocesi di Kumasi, in Ghana, ha costruito un comprensorio scolastico nella città di Antwi Agyeikrom, situata nella regione di Ashnanti. Il costo della struttura è stato di 60mila cedi ghanesi, pari a circa 4.500 dollari USA. Presentando l’opera per conto dell’arcivescovo di Menasi, Thomas Kwaku, il rev.Thomas Poku ha sottolineato come la Chiesa soddisfi non solo i bisogni spirituali dell’umanità, ma anche le necessità materiali. Il docente ha poi ricordato che la Chiesa è sempre attenta alle esigenze della scuola e che, come parte della sua responsabilità sociale, ha costruito il comprensorio a favore della popolazione locale, per far sì che si diffonda la conoscenza. In questo modo, i giovani studenti di oggi potranno aiutare lo sviluppo del Ghana del domani. Il religioso si è poi rivolto ai genitori degli allievi, chiedendo la loro collaborazione con gli insegnanti, affinché i ragazzi apprendano i fondamenti della fede e affinché anche le donne possano partecipare alle lezioni. Agli studenti, invece, è stato chiesto di intraprendere seriamente gli studi e di avere molta dimestichezza con i libri. Infine, il rev.Poku si è appellato al governo, perché tuteli i docenti. Dal suo canto, il direttore distrettuale per l’educazione, Nii Amon Kotey, ha espresso la sua gratitudine alla Chiesa cattolica per il suo impegno nel creare un ambiente favorevole alla formazione della popolazione rurale ed ha auspicato la costruzione sempre maggiore di simili strutture. (I.P.)

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    Slovenia: la Chiesa scrive al governo sul tema della famiglia

    ◊   “L’unione tra un uomo ed una donna crea un rapporto, dove si può sviluppare la vita”. Lo ricorda la Commissione giustizia e pace presso la Conferenza episcopale slovena (Ces) in un testo indirizzato al governo sloveno, riferendosi al disegno di legge sulla famiglia presentato lo scorso mese, secondo il quale anche le coppie omosessuali potrebbero sposarsi e adottare dei bambini. “La legge – ricorda la Conferenza episcopale slovena in una nota ripresa dall'agenzia Sir – presenta delle novità sia nel campo giudiziario sia sociale, a scapito della forma di famiglia tradizionale”. Nel documento l’arcivescovo coadiutore di Maribor e presidente della Commissione giustizia e pace, mons. Anton Stres, afferma che “il matrimonio di un uomo con una donna è un gran dono della natura e del Creatore” e pertanto va tutelato anche dallo Stato. La dichiarazione non tralascia i conviventi e le “nuove” forme di unione, “ai quali esprimere la particolare vicinanza materna della Chiesa”, mettendo tuttavia in risalto “la tutela della famiglia”. (R.P.)

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    Regno Unito: domani "Harvest Fast Day", il digiuno per i Paesi poveri

    ◊   Un digiuno nel tempo tradizionalmente dedicato al raccolto per condividere la nostra ricchezza. Questo il significato dell’"Harvest Fast Day", la giornata di digiuno e di raccolta fondi organizzata ogni anno dal Cafod, l’agenzia caritativa dei vescovi inglesi e gallesi per l’aiuto allo sviluppo dei Paesi d’oltremare. In tutte le parrocchie e le scuole cattoliche del Regno Unito domani migliaia di persone rinunceranno al pranzo per raccogliere soldi a favore dei più poveri nel mondo. Altri soldi saranno raccolti con la sponsorizzazione di eventi come camminate, gare sportive, competizioni in maschera. Il sito dell’organizzazione www.cafod.org.uk mette a disposizione delle parrocchie e delle scuole vario materiale insieme a una preghiera a Dio perché aiuti a dare da mangiare a chi é povero e porti giustizia agli oppressi. Quest'anno Cafod non ha scelto un Paese o un progetto particolare al quale destinare i fondi che, spiega la portavoce dell’organizzazione, andranno invece a chi ne ha più bisogno, in particolare a chi è stato colpito dalla crisi economica. Cafod sottolinea che a causa del cambio sfavorevole i soldi raccolti varranno quest’anno un terzo di meno rispetto al 2008 ed invita quindi i donatori ad essere particolarmente generosi. L’anno scorso l’iniziativa aveva raccolto 1,4 milioni di euro. (L.Z.)

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    A Dublino un seminario sulla violenza nella società irlandese

    ◊   I vescovi irlandesi, preoccupati dal dilagare della violenza nella società, sottolineano l’urgenza di sostituire “la cultura della violenza con un rinnovato senso di giustizia, di responsabilità e di comunità” e sollecitano l’intervento della società civile. Lo ha detto il vescovo ausiliare di Dublino, mons. Eamonn Oliver Walsh, all’apertura dei lavori di un incontro a tema all’istituto Mater Dei della città, organizzato dalla Commissione giustizia e affari sociali della Conferenza episcopale irlandese. La riunione è stata convocata per ascoltare le testimonianze di tutti coloro che nella Chiesa si sono impegnati a mettere in pratica le indicazioni espresse nel documento “Violenza nella società irlandese: verso una ecologia di pace”, pubblicato l’anno scorso. E proprio con questa pubblicazione la Commissione ha raggiunto l’obiettivo di fornire un quadro del problema. All’incontro erano presenti rappresentanti delle comunità di base e delle organizzazioni di volontariato impegnate contro la violenza. Il vescovo Walsh ha sottolineato che la necessità per tutti “di avere un ruolo attivo nella lotta alla violenza. Il governo e le forze di sicurezza non possono avere tutti i mezzi appropriati per sradicare il fenomeno. Per raggiungere il traguardo, la società  civile deve riscoprire i valori che ora corrono il pericolo di essere dimenticati:  l'amore per il prossimo e il rispetto per la vita umana”. Durante il meeting il giornalista Paul Reynolds, corrispondente da Dublino di un’emittente televisiva, ha sottolineato come l’indice di violenza aumenta tra i giovani quando gli adulti che sono nelle loro vicinanze non svolgono bene il proprio ruolo e non danno ai ragazzi esempi di onestà. La rappresentante del Centro di  ricerca  sui  fanciulli presso il Trinity College di Dublino, Stephanie Holt, ha spiegato  che “i fanciulli sono spesso le vittime dimenticate e silenziose della violenza, un problema che, frequentemente ed erroneamente, è considerato solo nella prospettiva degli adulti”. Il sovrintendente della polizia  di  Dublino, Pat Leahy, ha  illustrato  i metodi  della  polizia  per  recuperare i ragazzi di  strada  e  reprimere il  crimine. (V.F.)

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    Celebrazione ecumenica a Chicago a dieci anni dalla Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione

    ◊   Esponenti della Chiesa Cattolica e delle Chiese Luterane e Metodiste si riuniscono in serata a Chicago, negli Stati Uniti, per commemorare insieme il decimo anniversario della “Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione”; il testo venne firmato ad Augsburg/Augusta, in Germania il 31 ottobre 1999 dal cardinale Walter Kasper, a capo del dicastero vaticano per l’Unità dei cristiani e dal pastore Ishmael Noko, segretario generale della Federazione luterana mondiale. Attraverso tale documento, cattolici e luterani potevano affermare ufficialmente un consenso sulle verità fondamentali della Dottrina della Giustificazione e compiere in tal modo un importante passo nel pellegrinaggio comune verso la piena unità. Al paragrafo 15 la “Dichiarazione afferma tra l’altro: «Insieme confessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per mezzo della grazia, e nella fede nell’opera salvifica di Cristo, noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere buone opere». A presiedere la celebrazione serale della Parola, alle 18.30 nella Old Saint Patrick’s Church, saranno il cardinale Francis George, arcivescovo di Chicago e presidente dell’episcopato statunitense e il vescovo Mark Hanson della Chiesa evangelica luterana in America. Parteciperanno inoltre al servizio liturgico mons. Wilton Gregory, arcivescovo di Atlanta e presidente del Comitato episcopale nazionale per le questioni ecumeniche e interreligiose, il vescovo Gregory Palmer, presidente del Consiglio metodista unito dei vescovi e il pastore Ishmael Noko, cofirmatario, come si è detto, della “Dichiarazione”. (M.V.)

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    Si è svolta a Tessalonica la quinta Sessione ecumenica di patristica

    ◊   “Santità e apostolato della Chiesa”: su questo tema si è discusso, nei giorni scorsi, nella città greca di Tessalonica, nel corso della quinta sessione di patristica della Fondazione Pro Oriente. L’incontro, che ha avuto luogo presso l’Alta Accademia Ecclesiale, ha visto la partecipazione di specialisti ortodossi e cattolici provenienti da 17 Paesi. L’evento è stato patrocinato dall’arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, insieme ad alcuni Metropoliti ortodossi tra cui Anthimos di Tessalonica e Michele d’Austria. La Fondazione Pro Oriente, lo ricordiamo, è stata fondata nel 1964 dal cardinale Franz König, arcivescovo di Vienna, famoso “costruttore di ponti” con l’Est. Dal 2001, lo ricordiamo, l’Istituzione organizza ogni due anni una sessione che riunisce specialisti di patristica sia ortodossi che cattolici. L’iniziativa - riferisce l'agenzia Apic - è stata lanciata dal cardinale Schönborn con l’obiettivo di condurre soprattutto i giovani teologi verso un dialogo scientifico sulle fonti della fede. Il prossimo incontro avrà luogo a Roma e affronterà il tema de “L’autorità del vescovo di Roma nel primo millennio”. (I.P.)

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    Il cardinale Francis George presenta il suo ultimo libro su fede e cultura

    ◊   “La differenza che fa Dio”: è questo il titolo dell’ultimo libro del cardinale arcivescovo di Chicago, Francis George, che verrà presentato mercoledì 7 ottobre alle ore 18, alla Pontificia Università Lateranense. Si tratta di un volume sulla “prospettiva cattolica su fede, comunione e cultura”. L’evento è promosso dal Pontificio Istituto "Redemptor Homins", dall’arcidiocesi di Chicago, dal “Faith and Reason Institute” di Washington e dal “Lumen Christi Institute” di Chicago. Dopo il saluto del preside del Pontificio Istituto “Redemptor Hominis”, prof. Dario Edoardo Viganò, la presentazione da parte del cardinale Francis George verrà introdotta dal prof. Flavio Felice, docente di Dottrine economiche e politiche dell’Istituto “Redemptor Hominis” e dal prof. Robert Royal, presidente del “Faith and Reason Institute” di Washington. (A.G.)

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    I Frati cappuccini celebrano i loro 75 anni al servizio del Santuario di Loreto

    ◊   Il 3 ottobre i frati minori cappuccini delle Marche (la regione dove l’Ordine cappuccino è nato nel 1528) sono riuniti a Loreto per celebrare il 75.mo anniversario dell’affidamento del Santuario della Santa Casa alla famiglia cappuccina da parte di Papa Pio XI. Il legame Cappuccini-Loreto risale alla metà del '500, quando fu aperto un convento a Recanati proprio perché i religiosi potessero recarsi tutti i giorni al Santuario per i servizi più umili richiesti dalla presenza dei pellegrini: spazzare la Casa della Madonna, custodire le lampade ad olio (ce n’erano 90!), assistere gli ammalati nell’ospedale, distribuire il cibo ai poveri. Quando il cardinale Giulio della Rovere fece costruire una casa per loro a Loreto, furono chiamati a compiti più impegnativi, come la predicazione e le confessioni, attività che svolgono ancora con sacrificio e dedizione. Notevole il loro contributo all’abbellimento del Santuario, soprattutto attraverso la Congregazione Universale che ha curato la decorazione delle cappelle, e alla sua storia con studi che hanno gettato luce sulla “tradizione lauretana”, liberata da quell’alone leggendario che l’avvolgeva e che hanno fatto risaltare alcuni fondamenti storici che hanno reso più credibile l’autenticità della Casa della Madonna, visitata da 50 Papi che l’hanno definita “finestra aperta sul mondo”, “casa del sì”, “prima chiesa domestica del mondo”, “casa dell’avvento”, “santuario della riconciliazione.” La ricorrenza avrà un carattere strettamente familiare e servirà ai Religiosi per rinnovare gli impegni di servizio agli oltre 3 milioni di pellegrini che affluiscono al santuario da ogni parte del mondo. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Allarme dei vescovi del Triveneto: scuole cattoliche a rischio chiusura

    ◊   Il cordoglio e la partecipazione al lutto della Chiesa padovana per l’uccisione del missionario don Ruggero Ruvoletto, l’analisi della situazione delle realtà aggregative, delle associazioni ecclesiali, dei movimenti di cristiani laici presenti nel Nordest e le nuove iniziative in programma per sostenere la sfida educativa e valorizzare la scuola libera paritaria. Questi i punti principali attorno ai quali è ruotato il confronto dell’assemblea dei vescovi del Nordest, riunitasi nella sede di Zelarino-Mestre. Nella prima parte dei lavori i presuli hanno avviato un lavoro sistematico di lettura della situazione delle realtà associative e dei nuovi movimenti ecclesiali di cristiani laici attivi nel territorio delle diocesi della regione, esprimendo un grande apprezzamento nei confronti della molteplicità dei doni e dei carismi di tale aggregazioni, la volontà di valorizzarle tutte e la necessità di accompagnarle perché siano sempre innestate nella vita della Chiesa diocesana. Ampio spazio è stato dato alla questione dell’emergenza educativa e della scuola cattolica con particolare riferimento alla situazione attuale, anche in termini di certezza di risorse e finanziamenti disponibili da parte degli enti locali. “Vogliamo costruire un’alleanza tra tutti gli attori impegnati in campo educativo nel nostro Paese” ha sottolineato il cardinale Scola, presidente della Conferenza episcopale triveneta (Cet) e Patriarca di Venezia. “La questione educativa è oggi fondamentale in una società come la nostra, in un tempo di travaglio e di fatica nella trasmissione educativa dei valori della vita tra una generazione e le altre” ha aggiunto il porporato. In questo quadro si riafferma il valore della scuola “libera” e la necessità di rendere effettiva e concreta la parità scolastica offrendo alle famiglie una effettiva libertà di scelta in campo scolastico ed educativo. Mons. Nosiglia, vescovo di Vicenza e delegato della Cet per la scuola, ha successivamente illustrato le iniziative previste: la richiesta al Presidente della Regione Veneto di indire una “Conferenza di servizio” tra tutte le realtà interessate per trovare soluzioni operative e immediate di fronte alla grave situazione dei finanziamenti per le scuole dell’infanzia e alle preoccupanti prospettive per i prossimi anni. In secondo luogo, l’avvio di un “Tavolo scuola-lavoro del Veneto” con la partecipazione di tutte le autorità politiche e scolastiche regionali. Per domenica 29 novembre 2009 è riproposta l’iniziativa “Scuola aperta” tesa a sensibilizzare e promuovere a livello locale, presso le comunità ecclesiali e civili dei vari territori, le scuole libere e paritarie sempre più viste come “scuole della comunità”. A questa ultima iniziativa verrà affiancato un concorso regionale (da svolgersi nel corso del 2010) che coinvolgerà gli alunni sempre attorno al tema “La Scuola della comunità”. (D.D.)

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    Secondo il Rapporto Caritas la crisi a Milano ha aggravato la situazione dei poveri

    ◊   Nel 2008 quasi 16mila persone hanno chiesto aiuto alla Caritas. Nell’Ottavo rapporto sulle povertà della diocesi di Milano sono ritratti tutti: poveri di lungo corso, nuovi poveri, persone indebitate. La ricerca, realizzata dall’Osservatorio diocesano sulle povertà, si basa su un’analisi statistica del campione di famiglie che durante l’anno scorso hanno chiesto aiuto ai 59 centri di ascolto e ai servizi Caritas. Secondo il rapporto, la crisi economica non soltanto ha creato nuovi poveri, ma ha anche peggiorato la situazione di chi era già in condizione di bisogno. Le problematiche occupazionali sono aumentate: “nel periodo gennaio-settembre 2008 si assestavano al 48,4% per salire al 50,8% negli ultimi tre mesi dello stesso anno”. Crescono “in modo rilevante” anche le problematiche legate al reddito (che passano dal 33,7% del 2007, al 40,5% del 2008) e “le richieste di beni materiali, soprattutto alimentari e vestiti” (nel 2007 erano 23,9% e nel 2008 sono aumentate di quasi un terzo). Il numero di persone che hanno chiesto aiuto alla Caritas è restato pressoché identico, ma ad aumentare sono invece i colloqui, i bisogni e le richieste. “Il dato - spiega l’associazione - è segno della maggiore difficoltà degli utenti che non trovano risposta a problematiche più complesse e devono chiedere aiuto più volte e per periodi più lunghi”. Il rapporto sulla povertà della Caritas prende in considerazione anche le persone che si sono rivolte alla Diocesi di Milano per richiedere l'aiuto del Fondo famiglia-lavoro. Sono le persone, spiegano i responsabili della ricerca, “su cui meglio si possono misurare gli effetti della crisi”. Sono italiani e stranieri in egual misura che “appartengono al ceto medio-basso”: “prima dell’ottobre 2008 erano già particolarmente vulnerabili, la crisi li ha fatti precipitare in condizioni di forte disagio”. Secondo i dati del rapporto, il 51% dei richiedenti ha debiti superiori o almeno pari al reddito complessivo, che in genere non supera i 500 euro. “È una situazione insostenibile – spiegano gli autori della ricerca - se si tiene conto del fatto che solo il 25% di questi vive in una casa popolare mentre il 43% paga canoni di affitto sul libero mercato”. (V.F.)

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    24 Ore nel Mondo



    A Ginevra il vertice tra Iran e gruppo 5+1, dopo la scoperta del nuovo impianto nucleare a Qom

    ◊   È cominciato stamattina alle 10, alle porte di Ginevra, il faccia a faccia tra il gruppo 5+1 e l'Iran che si propone l'obiettivo di far ripartire i negoziati sul nucleare iraniano, da 14 mesi ad un punto morto. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    Il vertice ha luogo in un momento di alta tensione dopo la scoperta, solo alcuni giorni fa, di un nuovo impianto per l'arricchimento dell'uranio a Qom, che ha aumentato le inquietudini della comunità internazionale sulla possibilità che Teheran possa dotarsi in tempi stretti di una bomba atomica. I negoziati sono condotti dall'Alto rappresentante della politica estera della Ue, Javier Solana, insieme con i direttori politici del gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più la Germania). La delegazione iraniana è guidata dal capo negoziatore Said Jalili. Il 5+1 vuole ottenere dall'Iran garanzie precise sul fatto che i programmi nucleari su cui sta lavorando hanno scopi solo civili: Teheran si è finora rifiutata di rispondere alle domande della comunità internazionale e di aprire le porte agli ispettori dell'Agenzia per l'energia atomica (Aiea), nonostante tre risoluzioni Onu abbiano imposto sanzioni. Le richieste di Ginevra riguardano anche il secondo sito scoperto a Qom: le autorità iraniane hanno detto di essere disponibili a fare entrare l'Aiea, ma non hanno fissato alcuna data per le ispezioni.

     
    Nelle prossime settimane Obama annuncerà la nuova strategia per l’Afghanistan
    Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, annuncerà nelle prossime settimane quale sarà la nuova strategia statunitense nei confronti dell'Afghanistan, e soprattutto se ci saranno modifiche di spicco. Il prossimo vertice alla Casa Bianca - il terzo di una serie di cinque - è stato convocato per il 7 ottobre, ha annunciato ieri sera il portavoce presidenziale Robert Gibbs, al termine della riunione di ieri. Grazie ai droni e alle spie gli Usa stanno avendo la meglio su al Qaeda, ma il conflitto in Afghanistan resta per Obama, un "conflitto di necessità". Per rimettere a fuoco la strategia americana a partire dall'appuntamento con l'ottavo anno di guerra, Obama ha riunito ieri nella "Situation Room" della Casa Bianca il suoi consiglieri politici e militari. E lo stesso succederà precisamente tra una settimana.

    Pakistan
    L'80% della popolazione del Pakistan è contraria ad una assistenza degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo. Lo rivela un sondaggio dell'International Republican Institute (Iri) di Washington, pubblicato oggi dal quotidiano di Islamabad, "The Nation". Frutto di 4.900 interviste realizzate fra luglio e agosto in quattro province afghane (ma non in quella esplosiva della Frontiera del Nord-ovest e nelle Aree amministrate in modo federale alla frontiera con l'Afghanistan), il sondaggio dell'Iri, organizzazione non governativa vicina al Partito repubblicano, mostra un forte incremento del dissenso. Rispetto all'ultimo rilevamento di marzo, i critici dell'assistenza Usa al Pakistan nella lotta al terrorismo sono passati dal 61 all'80%.

    Terremoti, tsunami e tifoni: quasi mille i morti in Asia sudorientale e Pacifico
    Sale a 140 il numero dei morti nell’area delle isole Samoa, devastata da uno tsunami martedì scorso. Settanta i villaggi distrutti e centinaia i dispersi. Sempre nell’Asia sudorientale sale anche il bilancio delle vittime causate dal tifone Ketsana: in Vietnam si è raggiunta quota 101 morti e 18 dispersi; nelle Filippine i morti sono 277 e 42 i dispersi. In Cambogia dove ieri si è abbattuto il tifone i morti rimangono 11 mentre le inondazioni provocate dal suo passaggio nel Laos hanno lasciato oltre tre milioni di persone senza casa. Massima l’allerta per l’arrivo di un nuovo tifone che potrebbe abbattersi sulle Filippine già da sabato.

    La presidenza dell’Ecofin chiede a banche e mercati “un’era di responsabilità”
    Senza una seria exit strategy per risanare i conti pubblici deteriorati dalla crisi, “il rischio è che il debito pubblico della Ue arrivi al 100% del Pil in pochi anni”: lo ha detto il ministro dell'Economia svedese, Anders Borg, presidente di turno dell'Ecofin, il vertice dei ministri dell’Economia dei 27 Paesi dell’Ue. Il gruppo concorda: il momento per disegnare le exit strategy dalle misure eccezionali anti-crisi è “adesso”, ma per metterle in atto bisognerà attendere che la ripresa sia consolidata. Le strategie di uscita, dunque, dovranno essere implementate a partire dal 2011. Gli effetti della crisi, tuttavia, si fanno sempre più sentire sulla crescita potenziale che, come ha sottolineato il commissario Ue agli Affari economici e monetari Joaquin Almunia, “in Eurolandia si è dimezzata, passando dal 2% pre-crisi all'attuale 1% circa”. Borg ha anche lanciato un appello a banche e mercati: basta con l'avidità nel settore Finanziario – ha detto – si deve inaugurare un'era di responsabilità.

    In Cina si festeggiano i 60 anni della Repubblica Popolare
    Con una parata in cui hanno sfilato ottomila soldati la Repubblica Popolare Cinese ha aperto la celebrazione dei 60 anni della sua fondazione. La sfilata si è svolta in una Pechino predisposta per l’evento da ore ed è stata conclusa da migliaia di bambini che hanno liberato palloncini nel cielo. Intanto un gruppo di oltre 20 attivisti tibetani sono stati arrestati a New Delhi per aver tentato di entrare nell’ambasciata della Cina in India, mentre in Nepal 38 esuli tibetani sono stati arrestati in quanto sospettati di voler organizzare proteste contro le celebrazioni. Le comunità tibetane indiane hanno in programma una serie di proteste che si protrarranno per tutto il 2010 in commemorazione dei 50 anni del primo tentativo, non riuscito, di spingere i cinesi fuori dalla loro terra. (Panoramica internazioanle a cura di Fausta Speranza e Gaia Ciampi)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 274

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