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Sommario del 26/11/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Messaggio del Papa per l'Anno giubilare della Chiesa vietnamita: un evento per rinnovare l'annuncio del Vangelo
  • Sabato dal Papa, i presidenti di Cile e Argentina per celebrare la mediazione della Santa Sede che sventò la guerra tra i due Paesi. Con noi, mons. Sainz Muñoz
  • Altre udienze e nomine
  • Mons. Tomasi: tutelare i diritti dei migranti anche se irregolari
  • Giornata di studio per i 20 anni della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa
  • Sessione plenaria della Commissione Teologica Internazionale
  • “Servire la giustizia e la pace”: presentato il nuovo libro del cardinale Martino
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Attentati anticristiani a Mosul: distrutta la Chiesa cattolica di Sant'Efrem
  • Israele: congelamento temporaneo degli insediamenti in Cisgiordania
  • Stop del Senato alla Ru486: il commento del prof. D'Agostino
  • Al parlamento italiano oltre 800 mila firme di cittadini sugli obiettivi mancati del Millennio
  • Manuale di Sant'Egidio per i poveri: la crisi si abbatte sulle famiglie
  • Chiesa e Società

  • Cina: articolo dell'agenzia ufficiale su padre Matteo Ricci, definito “modello di integrazione”
  • India: prime verità sulle violenze contro le minoranze religiose
  • Piogge e alluvioni non fermano il pellegrinaggio a La Mecca
  • L’Unione Mondiale di Organizzazioni Femminili Cattoliche in campo contro la Convenzione Onu
  • Caritas Internationalis: accorato appello per i bambini sieropositivi
  • Congo: migliaia di rifugiati senza assistenza, cibo e acqua
  • Matrimoni omosessuali: la Chiesa in Argentina accusa il governatore di Buenos Aires
  • “Guardando il futuro con speranza”: documento della Plenaria dei vescovi in Bolivia
  • Dichiarazione di dieci vescovi della Patagonia contro la privatizzazione dell’acqua
  • In calo le infezioni da Hiv nel mondo
  • Angola: per il presidente dei vescovi "i politici ignorano gli appelli della Chiesa”
  • Ghana: i vescovi denunciano il degrado generale dei costumi nel Paese
  • Zambia: l’Associazione del clero cattolico invita il governo a dialogare con la Chiesa
  • Padre Sinnot: dopo il sequestro ritorna alla vita missionaria
  • Washington: le istituzioni caritative cattoliche in difesa dei bambini
  • Usa: “Dichiarazione di Manhattan” per una più corretta coscienza religiosa
  • La Fondazione Wallenberg certificherà l’aiuto di Giovanni XXIII agli ebrei
  • Le Chiese europee dedicano il 2010 ai migranti
  • Università Cattolica: omelia di mons. Crociata sull'impegno cristiano nel mondo della sofferenza
  • Incontri di Taizé: attesi in Polonia 30 mila giovani di tutta Europa
  • 24 Ore nel Mondo

  • Clima: Cina e Usa annunciano nuovi tagli alle emissioni in vista del vertice di Copenaghen
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Messaggio del Papa per l'Anno giubilare della Chiesa vietnamita: un evento per rinnovare l'annuncio del Vangelo

    ◊   “Rinnovare l’annuncio del Vangelo” in Vietnam per “costruire una società giusta, solidale ed equa”: è l’appello che il Papa lancia nel suo Messaggio per l’Anno giubilare della Chiesa vietnamita, aperto martedì scorso a So Kien, nell’arcidiocesi di Hanoi. L’evento celebra il 350.mo dei Vicariati apostolici del Tonchino e della Cocincina e il 50.mo dello stabilimento della gerarchia ecclesiastica nel Paese. Il servizio di Sergio Centofanti:
     
    In un Paese in cui “il quotidiano mette talvolta alla prova la fede”, le parole di Benedetto XVI vogliono aprire alla speranza. Invita i vescovi a testimoniare “con coraggio e perseveranza la grandezza di Dio e la bellezza della fede in Cristo”. Il Pontefice esorta i religiosi e le religiose a vivere “la radicalità evangelica e chiede ai fedeli laici di “impegnarsi più a profondamente e attivamente nella vita e nella missione della Chiesa”: l’obiettivo è quello di un annuncio più incisivo della Buona Novella per portare alla società i “valori evangelici della carità, della verità, del diritto e della giustizia” promuovendo il dialogo, il rispetto reciproco e la collaborazione. “L'Anno Giubilare – spiega - è un tempo di grazia favorevole alla riconciliazione con Dio e col prossimo”. E in questo senso esprime la necessità di “riconoscere le mancanze del passato e del presente, commesse contro i fratelli nella fede e i concittadini, chiedendone perdono”. Benedetto XVI esorta quindi ad attingere la speranza e il coraggio dall’esempio luminoso dei martiri vietnamiti: nel giorno della loro memoria, il 24 novembre, si è aperto l’Anno Santo a So Kien, luogo dove sono conservate le loro reliquie. Invoca infine la protezione della Madonna di La Vang assicurando la sua “preghiera quotidiana” per tutti i fedeli vietnamiti. Ma sull’apertura delle celebrazioni giubilari a So Kien, dove erano presenti decine di migliaia di persone, ascoltiamo la testimonianza di una religiosa francescana vietnamita, suor Elisabetta, Missionaria di Maria. L’intervista è di Romilda Ferrauto:

     
    R. - C’était grandiose, parce-que tous les diocèses …
    “E’ stato grandioso, perché tutte le diocesi hanno contribuito con canti e danze e soprattutto scene che raccontano la persecuzione. Davvero per la Chiesa intera del Vietnam è stata una festa grande. Abbiamo voluto rivolgere uno sguardo al passato per vedere come il cristianesimo sia arrivato fino a noi attraverso molte difficoltà e sofferenze: per tre secoli ci sono state persecuzioni come nei primi tempi del cristianesimo a Roma. Ebbene, il Vietnam oggi può dire: nonostante tutto …”.

     
    D. - Ma per i cattolici del Vietnam la loro vita quotidiana continua ad essere limitata da restrizioni…

     
    R. - Bien sur, il y en a beaucoup. …
    “Sì, ce ne sono molte. Ma lei sa che noi siamo anche un po’ permeati di confucianesimo, che è anche un po’ rassegnazione, forse anche un po’ troppa rassegnazione. Eppure, questa rassegnazione fa sì che i cattolici vivano nella pazienza. Come è detto nella Lettera di San Paolo ai Romani: niente può separarci dall’amore di Cristo: non la sofferenza, la persecuzione né la spada, nulla e nessuno può separarci dall’amore di Cristo. E questa consapevolezza è molto forte in tutte le difficoltà attraversate dalla Chiesa in Vietnam”.

     
    D. - Abitualmente diffidenti nei riguardi di ogni manifestazione pubblica di fede, le autorità vietnamite hanno tuttavia voluto unirsi ai festeggiamenti, e i cattolici sperano che ne nasca un miglioramento delle relazioni bilaterali:

     
    R. - Après les petits mots de notre archevêque de Saigon pour …
    “Dopo le brevi parole del nostro arcivescovo di Saigon per l’inaugurazione dell’Anno Santo, ci sono stati gli auguri presentati dal governo: è stupefacente! Ma Dio fa tante di quelle cose stupefacenti, come non puoi nemmeno immaginare! Bisogna dire che il regime, nonostante sia comunista, è molto cambiato, ci sono state molte aperture: i cattolici e i seguaci delle altre religioni possono esprimersi, anche se vi sono sempre delle difficoltà: ci sono sempre i soldati in giro, per una questione di sicurezza. Ma ciò non toglie nulla al fatto che ci sono stati gli auguri del governo!”

     
    D. - Ospiti d’eccezione, il cardinale Etchegaray e il cardinale Ving-Trois sono venuti per sostenere questa Chiesa che continua ad esistere nonostante le sofferenze…

     
    R. - Le Vietnam, actuellement, connait cette floraison …
    “Il Vietnam conosce, attualmente, un fiorire del cristianesimo: è una Chiesa molto vivace. Parliamo ad esempio dei religiosi: siamo oltre 14 mila in tutto il Vietnam con almeno 140 Congregazioni; siamo 12 mila religiose mentre il ramo maschile conta 2.500 persone. Le vocazioni dunque si moltiplicano: uomini e donne, nonostante tutte le difficoltà – sociali e politiche – accettano di dedicare la loro vita a Cristo”.

     
    D. - Ma se sembra che le autorità vietnamite vogliano giocare la carta della pacificazione, le tensioni non mancano in seno alla Chiesa stessa: gli anni di regime comunista hanno lasciato tracce profonde …

     
    R. - Des difficultés internes, vraiment, ça existe: malgré toute cette démonstration …
    “Sì, in effetti, le difficoltà interne alla Chiesa esistono: nonostante tutte le manifestazioni, nella Chiesa stessa con tutti gli avvenimenti che ci sono stati con il governo, la situazione è molto complessa! Noi cerchiamo di vivere in termini fraterni. Noi religiosi cerchiamo di fare quel che è possibile per portare pace e concordia, soprattutto comprensione. Il Santo Padre lo sa!”.

     
    D. - Una Chiesa martire, che però vuole sperare e che conta sulle preghiere della Chiesa universale:

     
    R. - La force et le sang des martyrs …
    “La forza e il sangue dei martiri ci sostengono molto. Penso che continueremo a vivere la nostra fede nella consapevolezza che la Chiesa ci sostiene: la Santa Sede, tutta la Chiesa universale! Continuate a sostenerci, a pregare per noi e a venire a trovarci!”.

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    Sabato dal Papa, i presidenti di Cile e Argentina per celebrare la mediazione della Santa Sede che sventò la guerra tra i due Paesi. Con noi, mons. Sainz Muñoz

    ◊   Benedetto XVI riceverà in udienza, sabato prossimo, i presidenti del Cile, Michelle Bachelet Jeria e dell’Argentina, Cristina Fernández de Kirchner. L’evento celebra il 25.mo anniversario della firma del “Trattato di pace e amicizia” fra i due Paesi, felice esito della mediazione pontificia, che nel 1978 sventò un conflitto tra Cile e Argentina. Artefice di quella mediazione fu il cardinale Antonio Samorè, che ebbe tra i suoi più stretti collaboratori l’attuale nunzio apostolico in Gran Bretagna, mons. Faustino Sainz Muñoz. Intervistato da Alessandro Gisotti, mons. Sainz Muñoz ricorda quale fu l’elemento chiave che contribuì a sventare il conflitto tra Cile e Argentina:

    R. - Credo che l’Argentina e il Cile volevano evitare il baratro della guerra, perché in definitiva non volevano la guerra, ma si erano visti “condotti” sull’orlo di questo precipizio! Quindi, ebbero la buona idea di chiedere al Santo Padre, a Giovanni Paolo II, la possibilità che gli desse una mano, di aiutarli a trovare una via d’uscita migliore. Il Santo Padre decise di inviare il cardinale Samorè nel Natale dell’anno ’78, perché vedesse lui, come mediatore, le possibilità esistenti di una via pacifica per la soluzione della controversia. Poi i due Paesi si sono mantenuti per sei anni in questo atteggiamento di ascolto fiducioso delle proposte del Santo Padre, attraverso il cardinale Samorè, con pazienza, fino ad arrivare alla soluzione felice con la firma del Trattato di pace e di amicizia, fatta il 29 novembre 1984. Credo che, da una parte, l’elemento fondamentale fu l’impegno della Santa Sede, di Giovanni Paolo II, attraverso il cardinale Samorè, e poi la pazienza della Santa Sede, dello stesso cardinale Samorè, e dei due Paesi nel seguire le indicazioni che venivano date loro.

     
    D. – Dal rischio di una guerra alla cooperazione e l’integrazione: giusto 25 anni fa, Cile e Argentina firmavano un accordo di pace e di amicizia. Si confermava, dunque, quanto aveva detto Giovanni Paolo II all’inizio di questa mediazione, cioè che la pace avrebbe dato molti frutti per tutti, per i cileni e gli argentini…

     
    R. – Questo è evidente! L’ho potuto constatare la settimana scorsa. Sono stato a Santiago del Cile per partecipare ad una commemorazione del 25.mo della firma del Trattato, organizzata dalla Pontificia Università Cattolica del Cile e dalla Nunziatura apostolica a Santiago. Io ero intervenuto in quella prima missione del cardinale Samorè e l’avevo anche aiutato durante l’iter intero della mediazione e in questa mia visita ho potuto verificare come si sia avverata quella predizione del Santo Padre. Il Trattato includeva molte clausole di collaborazione, di integrazione di ogni genere. Debbo dire che queste clausole sono state adempiute in maniera incredibile. In tutti e due i Paesi ho visto che sono contentissimi e posso dire che la relazione tra i due Paesi ha subito un cambio definitivo: non ha niente a che vedere con il clima che si respirava nel dicembre del ’78, che era un clima di guerra, di sfiducia. Adesso non c’è più la sfiducia, c’è l’integrazione praticamente totale. A riprova di questo c’è il fatto che, recentemente, i due Paesi hanno firmato un nuovo Trattato che è frutto anche di quel trattato firmato 25 anni fa.

     
    D. – La mediazione sulla zona australe del Sudamerica dimostrò che, in ogni controversia, il dialogo non pregiudica i diritti delle parti, ma anzi amplia le possibilità di comporre, di risolvere le divergenze. Quale lezione possiamo trarre oggi da quell’evento di ormai oltre 30 anni fa?

    R. – La lezione più importante è che con il dialogo si può risolvere qualsiasi problema tra le parti, perché i rispettivi diritti con il dialogo possono venire meglio identificati. A volte si considerano diritti alcune aspirazioni che non rispondono a questa categoria di diritto, ma con il dialogo si può arrivare ad una migliore comprensione dei diritti delle due parti ed arrivare evidentemente ad una soluzione giusta, pacifica, onorevole e soddisfacente per tutti. Questo è stato il caso della soluzione trovata per il contenzioso sulla zona australe. E questo credo sia possibile anche per altre questioni che, attualmente, possono dividere Paesi fratelli. Per esempio, in Sudamerica non mancano adesso problemi che potrebbero essere risolti meglio attraverso il dialogo, che non attraverso le minacce, come si sente di tanto in tanto.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza episcopale del Brasile della Regione Sul 1, in visita "ad Limina".

    Il Santo Padre ha eretto la diocesi di Tenancingo (Messico) con territorio dismembrato dalla diocesi di Toluca, rendendola suffraganea della Chiesa Metropolitana di México. Il Papa ha nominato primo vescovo di Tenancingo mons. Raúl Gómez González, finora vicario generale della diocesi di San Juan de los Lagos. Mons. Raúl Gómez González è nato il 17 febbraio 1954 a Capilla di Guadalupe, Jalisco, ed è stato ordinato sacerdote il 23 aprile 1983.

    La nuova diocesi di Tenancingo ha una superficie di circa 2.890 Km2, e una popolazione di oltre 350 mila abitanti di cui 332 mila sono cattolici. Le parrocchie sono 28; vi sono 47 sacerdoti diocesani e 18 sacerdoti religiosi, 86 religiose, e 12 seminaristi maggiori. Come Cattedrale è stata designata la Basilica di San Clemente, nella città di Tenancingo. Con l’erezione della nuova diocesi di Tenancingo le circoscrizioni ecclesiastiche in Messico sono ora 91.

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    Mons. Tomasi: tutelare i diritti dei migranti anche se irregolari

    ◊   Non criminalizzare gli immigrati irregolari semplicemente per il loro status: è l’appello di mons. Silvano Maria Tomasi, intervenuto ieri alla 98.ma sessione del Consiglio dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. L’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra ha invitato gli Stati a sviluppare una strategia complessiva che tuteli i diritti dei migranti. Il presule ha quindi rilevato i segnali positivi che, su questo fronte, arrivano dagli Stati Uniti ed ha auspicato che vengano sradicati i pregiudizi nei confronti degli immigrati. Al microfono di Alessandro Gisotti, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi sottolinea le principali preoccupazioni della Santa Sede sul fenomeno dell’immigrazione irregolare:

    R. – Anzitutto, direi che quello che impressiona è che c’è una fetta di umanità che si trova in una situazione di irregolarità amministrativa: tra i 30 e i 40 milioni di persone, quindi tra il 15 e il 20 per cento dei 214 milioni di emigrati riconosciuti dalle Nazioni Unite nel mondo di oggi. Davanti a questa massa enorme di persone, la preoccupazione che la Chiesa ha è che non avendo una posizione riconosciuta legalmente, queste persone vengono esposte ad abusi, sfruttamento per cui davanti a questa enorme realtà soprattutto quei Paesi che vogliono fare avanzare la democrazia non possono ignorare questo fenomeno.

     
    D. – L’immigrazione irregolare si lega spesso a forme di sfruttamento del lavoro, di povertà, in definitiva di violazione dei diritti umani. Come spezzare questo circolo vizioso?

     
    R. – Prima di tutto, direi che l’attrattiva dei posti di lavoro fa scattare questi flussi irregolari verso Paesi non solo occidentali, ma ormai questo è un fenomeno globale, quindi direi che è ragionevole – nell’interesse un po’ di tutti – creare dei canali regolari di movimento in modo che le piccole e medie imprese, che di solito assumono queste persone perché ne hanno dei benefici economici, possano regolarizzare questa presenza, magari anche da parte dello Stato, con delle concessioni di certi benefici che facilitino la regolarizzazione. Il rischio di sfruttamento, il rischio di abuso verrebbe molto eliminato se ci fosse un coordinamento più efficace da parte degli Stati interessati: quelli di origine, quelli di transito e quelli di destinazione. E, soprattutto, che si aprano dei canali regolari e poi si tenga conto che non è illegale la persona che viene a lavorare, perché lavorano in posti di lavoro che sono perfettamente legali; ma è il sistema, i canali di passaggio che rendono questo problema difficile da trattare e pone le persone in situazione di irregolarità.

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    Giornata di studio per i 20 anni della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa

    ◊   Stamane la conferenza stampa di presentazione e nel pomeriggio la giornata di studio: sono le iniziative per ricordare il ventennale di attività della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. In apertura dell’incontro pomeridiano, che si svolgerà a Palazzo San Pio X, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone rivolgerà un saluto ai partecipanti. A presiedere i lavori l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. E mons. Ravasi ha preso parte naturalmente anche alla presentazione stamane in Sala Stampa vaticana, insieme con il prof. Francesco Buranelli, segretario della Pontificia Commissione stessa. Il servizio di Fausta Speranza:

    Tirare le somme di 20 anni di lavoro e guardare al futuro. E’ l’obiettivo in tema di patrimonio artistico e culturale che – ricorda mons. Ravasi – è “uno scrigno immenso” nel mondo. Serve la tutela di quello che abbiamo ma serve di incoraggiare a quanto ancora l’arte può esprimere. Mons. Gianfranco Ravasi:

     
    “I Beni Culturali non sono soltanto delle pietre preziose, ma richiedono anche una fruizione continua, una tutela continua sul futuro. Soprattutto, però, di loro natura dovrebbero continuamente sbocciare”.

    Con un obiettivo preciso:

    “Cercare di far sì che questo patrimonio non muoia, una parte continui ad essere vivente, perché lo è di sua natura, e soprattutto possa dialogare con la modernità, ma una modernità che abbia la stimmate, il segno del bene culturale e non semplicemente del prodotto”.

    Un appuntamento concreto c’è: si tratta dell’annunciata partecipazione della Santa Sede alla 54.ma Biennale di arte contemporanea di Venezia nel 2012, con un padiglione curato dalla stessa Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Mons. Ravasi sottolinea l’importanza di avere il coraggio di linguaggi nuovi, nel rispetto delle finalità:

    “L’artista si esprime con la sua nuova grammatica. Il sacro continua ad aggiornarsi, continua ad esprimersi in forme culturali e musicali differenti. Certamente deve essere consapevole della finalità. Cosa, questa, che è molto più difficile ora, perché siamo in una società secolarizzata, perché tante volte l’artista non viene sufficientemente istruito in maniera nobile. E poi a volte non c’è dialogo sulle finalità. Per esempio l’architetto a volte non dialoga all’interno delle altre arti. Molti architetti che hanno costruito dei templi mirabili non accettano di dialogare come facevano per esempio Borromini o il Bernini al loro tempo. Gli architetti devono sapere ad esempio che all’interno del culto cattolico devono esserci le immagini, deve esserci un altare, un battistero, devono esserci dei segni che sono anche dei segni visibili e dei simboli. Ecco allora la necessità di far sì che l’artista, con la sua propria grammatica, e l’architetto si incontrino, che il popolo, l’assemblea e il liturgista insieme rincorrano la finalità che dovrà essere espressa col nuovo linguaggio”.

     
    Non si può non ricordare il lavoro svolto dalla Commissione in questi anni. Commissione voluta da Giovanni Paolo II nel 1988 e operativa dal 1989. Ma bisogna anche ricordare che questa intuizione di Giovanni Paolo II si inserisce in un continuum di sensibilità che lega diversi Papi recenti fino a Papa Benedetto XVI. Il prof. Francesco Buranelli, segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa:
     
    “Il confronto fra la Chiesa e gli artisti ha vissuto in questi ultimi decenni momenti di nuovo ed intenso slancio. Non a caso ha coinciso con il grande rinnovamento teologico e liturgico iniziato nel secondo dopoguerra e culminato nel Concilio Vaticano II. Uno slancio favorito con consapevolezza e lungimiranza dagli ultimi Pontefici, da Pio XII fino al recentissimo ed emozionante incontro di Benedetto XVI con gli artisti, avvenuto lo scorso 21 novembre sotto il severo sguardo del Cristo giudice michelangiolesco in Cappella Sistina. Ricordiamo poi che Paolo VI, uomo di grande sensibilità e conoscitore approfondito di arte e musica, che sentiva personalmente e profondamente la necessità di un continuo confronto con gli artisti, riprese il dialogo interrotto. Successivamente Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, approfondì nella sua Lettera agli artisti il tema del dialogo tra l’arte e il sacro. Ancora una volta un Pontefice romano tornava a proporre agli artisti grandi temi di Dio, dell’uomo, della bellezza. Non c'era nella Lettera nessuna commemorazione di antichi fasti, nessuna dotta citazione di munifiche committenze, ma solo il riconoscimento di incomprensioni e la ricerca - da amico ad amico - di rinnovare un rapporto di affetto e di fiducia. Si tratta per la Chiesa di non aver più paura di questa amicizia. Ed è questo lo sforzo che sta compiendo oggi la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, facendo propri gli insegnamenti di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”.

     
    Resta il lavoro di conservazione e tutela, che presenta diverse problematiche anche per il mutare di alcune concezioni. Basti pensare alla tutela prevista recentemente dall’Unesco anche di beni immateriali, che rappresenta una conquista culturale, però non senza rischi, come sottolinea mons. Ravasi:

    “Pensiamo, ad esempio, al Carnevale di Rio de Janeiro che viene considerato come un bene culturale, ma penso anche a tante espressioni altissime del folklore come il kumbamela (il pellegrinaggio) indù è sicuramente espressione anch’esso di un bene culturale da tutelare e da custodire. Si è andati sempre avanti in questa linea, qualche volta, forse, anche esagerando o cadendo in aspetti che sono del tutto marginali e secondari”.

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    Sessione plenaria della Commissione Teologica Internazionale

    ◊   La Commissione Teologica Internazionale, presieduta dal cardinale William Levada, terrà la prima Sessione plenaria annuale del nuovo quinquennio dal 30 novembre al 4 dicembre 2009 presso la "Domus Sanctae Marthae" in Vaticano, sotto la direzione del segretario generale, il padre domenicano Charles Morerod. La Commissione, che celebra quest’anno il quarantesimo anniversario della sua creazione da parte di Paolo VI, deciderà innanzitutto i temi che saranno trattati in questo nuovo quinquennio nonché l’organizzazione concreta dei lavori. Fra i temi che il cardinale presidente ha chiesto ai membri di prendere in considerazione vi è l’importante questione della metodologia teologica, sulla quale si era già riflettuto durante il precedente quinquennio. Durante la settimana di lavori i membri della Commissione Teologica Internazionale saranno invitati a partecipare ad una Santa Messa celebrata dal Santo Padre nel Palazzo Apostolico.

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    “Servire la giustizia e la pace”: presentato il nuovo libro del cardinale Martino

    ◊   Promuovere la giustizia e la pace in ogni ambito della vita umana, fornire spunti di riflessione per interpretare le complesse trasformazioni del nostro tempo, ma anche tradurre in pratica le direttive che sono alla base della Dottrina sociale della Chiesa. Questi alcuni degli obiettivi del libro “Servire la Giustizia e la pace” (Libreria Editrice Vaticana) scritto da mons. Renato Raffaele Martino presidente del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace. Alla presentazione del libro, ieri a Roma, anche il Ministro del welfare, Maurizio Sacconi. C’era per noi Cecilia Seppia:

    La globalizzazione e le sue conseguenze sull’ordine internazionale, il lavoro e la famiglia, la cultura e la finanza ma anche i diritti umani, la povertà e lo sviluppo. Sono solo alcune delle importanti tematiche affrontate da mons. Martino nel libro "Servire la giustizia e la pace". Una raccolta di interventi in cui il porporato fa emergere la potenza interpretativa della Dottrina sociale della Chiesa sia rispetto a problematiche secolari, sia rispetto alle novità che connotano il nostro attuale momento storico. Fase in cui l’attuazione della giustizia e della pace, appare ancora di più come un servizio necessario che tutti possono e devono assolvere in vista del bene comune. Sentiamo il cardinale Renato Raffaele Martino:

     
    “Quando, nella mia funzione, io agisco faccio un servizio non solo a me, ma alla società. Quindi quando i politici e gli amministratori fanno quello che fanno, lo devono fare in questo spirito di servizio per gli altri. Se lo fanno per avere i propri vantaggi e se vogliono fare il loro comodo, questo va assolutamente contro il servizio alla società. Servire non è una parola brutta, ma è al contrario una parola nobilissima, perché vuol dire mettere le proprie risorse a beneficio degli altri. E’ necessario poi sempre dialogare: non dobbiamo chiuderci dentro le nostre posizioni, non ammettendo che anche qualcun altro può contribuire con la sua opera e con il dialogo a migliorare il mondo e, quindi, ad ottenere la giustizia”.

     
    Tra le finalità di questo volume anche quella, dunque, di mettere in luce il ruolo sociale della Chiesa, che ancorata ai principi del Vangelo, primo tra tutti quello della dignità della persona umana, appare sempre più impegnata a salvaguardare la pace e favorire la giustizia. Il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio:

     
    “La pace e la giustizia riguardano il ministero e la vita dei cristiani. La pace e la giustizia sono un compito cristiano e riguardano il Regno di Dio. Noi non dobbiamo accettare la guerra, la violenza, la povertà; non dobbiamo rassegnarci; non dobbiamo accettare il muro dell’impossibilità. Una volta Giovanni Paolo II disse: ‘tutto può cambiare!’”.
     
    La giustizia e la pace, spiega infine il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, presente all’incontro, sono alla base di ogni stabilità politica. Guardare alla coesione sociale di un Paese, difendendo i diritti inalienabili della persona umana appare, quindi, come unica via per raggiungere lo sviluppo. D’altra parte, ribadisce Sacconi non c’è possibilità di sviluppo se non si riconosce e si difende il valore sommo della vita.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina l'Iraq: nuovi attentati contro luoghi di culto cristiani a Mossul.

    Un tempo di perdono e di riconciliazione tra credenti e non credenti: messaggio del Papa ai vescovi vietnamiti per l'anno giubilare.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Lo sviluppo rurale decisivo per il futuro dell'Africa".

    Tutti a Copenaghen: il presidente degli Stati Uniti e il premier cinese annunciano la loro partecipazione al vertice sul clima.

    Una casa comune per gli artisti di ogni latitudine - Le radici romane a tutela del patrimonio culturale: in cultura, gli interventi del cardinale Tarcisio Bertone, del direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, Salvatore Settis, e la conferenza stampa dell'arcivescovo Gianfranco Ravasi alla giornata di studio per il ventennale di attività della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa.

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    Oggi in Primo Piano



    Attentati anticristiani a Mosul: distrutta la Chiesa cattolica di Sant'Efrem

    ◊   Duplice attentato anticristiano a Mosul, in Iraq. Questa mattina due diversi ordigni hanno colpito la Chiesa cattolica caldea di Sant’Efrem e la Casa Madre delle suore domenicane di Santa Caterina. Al momento non si hanno notizie di vittime, ma la Chiesa è andata completamente distrutta. Anche il convento delle suore ha riportato danni. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    Fonti cristiane di AsiaNews a Mosul parlano di “minaccia in stile mafioso”. “È un messaggio ai cristiani – spiegano – per costringerli a fuggire dalla città”. In uan dichiarazione all'agenzia Sir, il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni ha detto: “L’attentato esplosivo è avvenuto questa mattina intorno alle ore 7.00 italiane. Fortunatamente non ci sono né morti né feriti, lo stesso parroco non era in canonica poiché era uscito per una visita. Se fosse stato dentro per lui non ci sarebbe stato scampo. Tutto è andato distrutto. Questo è un attacco a tutta la Chiesa irachena – afferma il vescovo - e dimostra che nessuno è al sicuro, quello che è accaduto a Mosul oggi può accadere in ogni altro luogo del Paese”. Secondo padre Emil Shimoun Nona, neoeletto arcivescovo di Mosul “hanno voluto colpire un simbolo della presenza cristiana e cattolica irachena e non solo di Mosul. Tornano a salire la paura e la fuga dei cristiani. La polizia - ha aggiunto - ha avviato le indagini per scoprire i colpevoli di questo terribile atto. Resta difficile capire come sia potuta accadere una cosa simile, davanti ai luoghi di culto c’è sempre polizia e camionette. Dai primi rilievi pare non si sia trattato di un’autobomba ma di esplosivo piazzato dentro la Chiesa. Comunque bisogna attendere per avere certezze”. Quindi ha aggiunto: "Hanno voluto colpire una parrocchia nel centro della città, una zona povera, dove restano ancora delle famiglie cristiane, quelle che non hanno potuto lasciare la città a causa sempre delle violenze; adesso è tornata la paura e ricomincerà la fuga dei cristiani. Hanno distrutto le mura, le pietre della Chiesa; adesso dobbiamo riedificare quella delle persone che hanno timore, e stanno perdendo la fiducia e la speranza. Abbiamo bisogno di preghiere, aiuto e sostegno morale e materiale”. Per il corepiscopo Philip Najim, procuratore caldeo a Roma, contattato sempre dal Sir, “i cristiani non si sentono protetti né dalle autorità locali né da quelle centrali, quindi, spinti da violenze come quella di oggi, scelgono di emigrare dall’Iraq. Siamo davanti ad una violenza cieca che colpisce tutta la popolazione, tutto l’Iraq, che ha lo scopo di creare caos e confusione”. Per il procuratore caldeo “colpire una chiesa ha un significato terribile, significa attaccare un luogo di culto dove si va a pregare il Dio unico e onnipotente di tutti. Significa colpire la fede, un bene prezioso della persona umana, la sua religione. Sono azioni contro Dio che alimenta la paura”. Quindi ha concluso: “non so dire se questo attentato sia legato ad un crescente clima di tensioni in vista delle previste elezioni di gennaio penso, tuttavia, che tali azioni vanno a colpire anche le varie etnie e lo Stato stesso”.

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    Israele: congelamento temporaneo degli insediamenti in Cisgiordania

    ◊   Israele ha annunciato di aver deciso il congelamento dei progetti edilizi ebraici in Cisgiordania, per la durata di 10 mesi. Il provvedimento, che non riguarda Gerusalemme est, è stato adottato - secondo lo Stato ebraico - per rilanciare i negoziati di pace con i palestinesi. Ma l'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha già commentato negativamente, ritenendo insufficiente l'iniziativa. Sul significato della decisione di Israele di congelare temporaneamente gli insediamenti, il commento di Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze, intervistata da Giada Aquilino:

    R. – Il significato è quello di evitare lo scontro diretto con il presidente americano, di fare un gesto politico ma non pratico, perché per esempio non si ferma nulla a Gerusalemme. Quindi il risultato è compiacere gli americani, non compiacere i palestinesi e anche creare una frattura interna al Likud, perché già alcuni componenti di tale partito si sono opposti.

     
    D. – In pratica, nella costruzione degli insediamenti che ripercussioni ci saranno?

     
    R. – Molto poche, perché il governo aveva già approvato la costruzione di 3 mila unità abitative e questa continuerà. Nulla si ferma a Gerusalemme e soprattutto possono continuare gli insediamenti abusivi che a volte si spostano facilmente da un luogo all’altro.

     
    D. – I palestinesi hanno risposto che l’annuncio non soddisfa i requisiti minimi da loro ritenuti necessari …

     
    R. – I palestinesi hanno, in questo momento, due sfaccettature: il presidente del Consiglio dei ministri, Fayyad, ha detto che è un gesto strumentale, che non riporta al negoziato di pace. Però non bisogna dimenticare che i palestinesi tutti – Hamas e Fatah – hanno in questo momento il problema delle elezioni e quindi ognuno di loro prende posizione su tale questione pensando alle future consultazioni.

     
    D. – E la linea americana al riguardo?

     
    R. – La reazione americana è stata abbastanza critica, perché il segretario di Stato, Clinton, ha commentato che la decisione di Israele è un passo avanti, però bisogna pur sempre arrivare ad uno Stato palestinese sulla linea dei confini del 1967, sia pure con aggiustamenti.

     
    D. – Cosa c’è da aspettarsi per i prossimi mesi, riguardo al tavolo negoziale?

     
    R. – La definizione, sul lato palestinese, di un partner che non sia solo credibile, ma che sia efficace. Bisogna aspettarsi di vedere che cosa esce dalle elezioni. Nei rapporti tra Israele e Stati Uniti, che sono molto complicati, c’è da aspettarsi una precisa definizione di quello che gli americani vogliono da Israele e di ciò che gli israeliani sono disposti a dare al presidente Obama.

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    Stop del Senato alla Ru486: il commento del prof. D'Agostino

    ◊   Stop alla procedura di immissione in commercio della pillola abortiva Ru486 in attesa di un parere tecnico del Ministero della Salute circa la compatibilità tra la legge 194 e la pillola. E’ quanto deciso dalla commissione sanità di Palazzo Madama che oggi ha approvato il documento finale dell’indagine conoscitiva sulla Ru486 presentato dal relatore Antonio Tomassini. Favorevoli Pdl e Lega, contrario il Pd. Plaude alla decisione l’Udc. “La procedura corretta per la messa in commercio richiede preventivamente il parere del governo. E alla luce di questa serve una nuova delibera dell'Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco”, ha spiegato il ministro della Salute Sacconi. Il servizio è di Paolo Ondarza.

    E’ sospesa per il momento la commercializzazione della Ru486 , si dovrà attendere il parere del ministero della Salute chiamato a decidere se l’introduzione della pillola abortiva è compatibile con la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Lo ha deciso la commissione sanità al Senato con 14 voti favorevoli, compreso quello del relatore e 8 contrari, tutti dell’opposizione. La notizia ha immediatamente scaldato il dibattito politico. “Il governo dica chiaramente che non vuole la commercializzazione della Ru486” commenta la capogruppo al Senato del Pd Finocchiaro. L’Italia dei Valori parla di colpo di mano da parte dell’esecutivo e di una scelta oscurantista che porta l’Italia indietro di 100 anni rispetto all’Europa. La maggioranza secondo l’Idv vuole impedire la libera determinazione delle donne. Sulla stessa linea la senatrice radicale Porretti che parla di uso improprio delle istituzioni. Voci fuori dal coro anche all’interno della maggioranza: il capogruppo del Pdl alla Camera Cicchitto si dice in disaccordo con la Commissione Sanità di Palazzo Madama. Soddisfatto il presidente del Pdl al Senato Gasparri che parla di una vittoria di civiltà in difesa della salute delle donne. “Troppi erano e sono ancora i dubbi che legano la somministrazione alla salute delle donne”, ha spiegato . Plaude anche il presidente dell’Udc Buttiglione secondo il quale deve sempre prevalere il principio di precauzione. “Stavolta – ha detto Buttiglione - diciamo noi giù le mani dalla 194”. Ma c’è davvero conflitto tra la legge e la commercializzazione della Ru486? Sentiamo il presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Francesco D’Agostino:

     
    R. – Io sono convinto di sì, perché la legge italiana sull’aborto, la 194, riconosce legale l’aborto, ma a ben precise condizioni: in particolare a condizione che l’aborto venga effettuato in un ospedale o in una struttura autorizzata, sotto diretto controllo medico. Invece, l’uso della pillola Ru486 favorisce un aborto del tutto privato, che la donna potrebbe attivare in casa o in qualunque altro luogo, senza l’assistenza medica e quindi con gravi rischi per la sua salute.

     
    D. – C’è chi attacca il governo e parla di un uso improprio delle istituzioni, ma quello preso oggi è un provvedimento legittimo?

     
    R. – Siamo di fronte ad un fenomeno contrario, al tentativo da parte di alcuni partiti politici, di alcuni movimenti di opinione, di estendere la pratica abortiva al di là dei paletti, belli o brutti che siano, fissati dalla legge 194.

     
    D. – La decisione odierna entra in contrasto con il pronunciamento favorevole alla commercializzazione da parte dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco...

     
    R. – L’Aifa ha un compito molto ristretto: ha il compito di autorizzare la commercializzazione di un farmaco, dopo averne riscontrati l’innocuità e il beneficio oppure ha il compito di verificare che il farmaco di cui si chiede l’autorizzazione alla vendita corrisponda ad altri farmaci già commercializzati in altri Paesi dell’Unione Europea. Quello che l’Aifa non può sindacare è se l’uso di un particolare farmaco sia o no coerente con una legge dello Stato italiano.

     
    D. – Una volta che il Ministero si sarà espresso, quali sono gli scenari che si possono aprire?

     
    R. – Il Ministero potrebbe, usando il proprio potere regolamentare, non autorizzare la commercializzazione della pillola. Però il potere regolamentare dei ministri è sottoposto al vaglio dei giudici amministrativi del Tar e del Consiglio di Stato, che potrebbero anche ritenere illegittimi questi interventi del ministro. Purtroppo fin troppe volte negli ultimi mesi i giudici sono intervenuti in questioni bioetiche, sposando tesi ideologiche preconcette. Mi auguro che non sia così in questo caso, naturalmente.

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    Al parlamento italiano oltre 800 mila firme di cittadini sugli obiettivi mancati del Millennio

    ◊   820 mila italiani chiedono al governo e al parlamento di rispettare le promesse non ancora mantenute nella lotta contro la povertà e i cambiamenti climatici, a partire dalla Finanziaria 2010, che torna in aula per il dibattito e in vista della Conferenza mondiale sul clima del prossimo dicembre a Copenaghen. Oggi a Montecitorio, nel corso di una conferenza stampa, la consegna simbolica di una targa, segno tangibile della mobilitazione a sostegno degli Obiettivi del Millennio fissati dall’Onu. Il servizio di Roberta Gisotti:

    In tutto il mondo sono stati 173 milioni le persone che hanno aderito in 123 Paesi alla Campagna “Stand up. Take action” “Alzati e agisci” perché gli Stati rispettino gli impegni presi nell’Agenda del Millennio. Ma come superare la delusione per aver finora mancato gli obiettivi di sviluppo e recuperare la fiducia verso i Vertici mondiali, come quello recente della Fao a Roma sull’Alimetazione, che si è chiuso con un nulla di fatto, in vista di quello del prossimo dicembre sul clima a Copenaghen. Marta Guglielmetti, coordinatrice della Campagna Onu del Millennio.

     
    R. – Il problema è proprio che i politici e soprattutto i governi dei Paesi più ricchi continuano a negare il fatto che si debba accelerare, che si debbano rispettare gli impegni che sono stati presi più volte in sedi internazionali. E’ proprio miope per un politico non vedere come ormai in un mondo globale non si possano risolvere i problemi, come la crisi finanziaria ed economica che sta toccando tutti, senza contemporaneamente lavorare per risolvere i problemi della crisi globale.

     
    D. – Un’oligarchia politica sempre più staccata dalle popolazioni. Quale può essere lo strumento di pressione verso la politica di questa accresciuta sensibilità nell’opinione pubblica?

     
    R. – Quello che stiamo facendo proprio oggi qui in Parlamento: portare dentro i ‘palazzi’ la voce di questi cittadini è anche la nostra missione, lavorando insieme a quei politici che sono più sensibili, per riuscire a raggiungere qualche risultato. Sappiamo che per quanto riguarda, ad esempio, l’aumento dell’aiuto pubblico allo sviluppo, che interessa la Finanziaria, che in questi giorni i parlamentari stanno discutendo, ci sono diverse persone, sia della maggioranza che dell’opposizione. Non si tratta di una questione di partito perché la lotta alla povertà è veramente trasversale ed è così che deve essere. Dunque, alcuni parlamentari stanno cercando di far rintrodurre in quel testo degli emendamenti. Così come è stato presentato dal governo, il testo è assolutamente inaccettabile perché contiene piuttosto dei tagli. Serve invece un incremento dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Uno dei momenti importanti è proprio questo: far avvicinare, tramite anche chi lavora su questi temi nella società civile, la voce dei cittadini alla politica. Spesso, si dice che in Italia c’è questo mancato legame. Lavorare su questi temi – sulla lotta alla povertà e il raggiungimento degli Obiettivi del millennio – può essere uno strumento per riavvicinare il cittadino ai politici e soprattutto al parlamento, che è l’organo principe della volontà dei cittadini.

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    Manuale di Sant'Egidio per i poveri: la crisi si abbatte sulle famiglie

    ◊   Presentata oggi a Roma ‘Dove mangiare, dormire e lavarsi’, la guida stilata come ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio con l’obiettivo di raccogliere gli indirizzi utili per le persone in difficoltà. La cosiddetta ‘guida Michelin dei poveri’, giunta alla 20.ma edizione, è stata accompagnata dall’illustrazione di alcuni dati sui mutamenti della povertà in Italia. Sentiamo qual è il quadro dal portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti, al microfono di Eugenio Bonanata:

    R. – Il quadro che emerge quest’anno è un quadro di forte crisi sociale, di forte sofferenza, cioè aumentano fortemente le famiglie normali di poveri, di persone che non ce la fanno, che chiedono aiuto ad un centro come il nostro. Pensi che da un anno all’altro, dal 18 per cento sono salite al 38 per cento le richieste di aiuto d’emergenza finanziaria per problemi di usura, per problemi di una malattia che non si sa come pagarne le conseguenze, di uno sfratto esecutivo. E’ una fase in cui i poveri assoluti purtroppo rimangono tali e i poveri normali aumentano e hanno due volti: il volto di un anziano, un anziano solo che non ce la fa, e i volti di famiglie fragili. Poi c’è un fatto inquietante: aumentano i giovani sotto i 25 anni che non studiano, non lavorano, non cercano lavoro, non sanno come cercare lavoro. Questo è il dato più drammatico.

     
    D. – Questa, appunto, è anche la novità, se vogliamo, rispetto al passato...

     
    R. – La novità è che questo fenomeno, i giovani che non fanno nulla, sotto i 25 anni, aumentano in tutta Europa, ma in Italia aumentano di più. E’ il segnale di una società sbandata, è il segnale di una politica del lavoro difficile e, contemporaneamente, l’altro aspetto è il segnale di una politica per la famiglia che non c’è, perché l’altra faccia non sono solo i giovani, ma sono le famiglie numerose. Tra le famiglie numerose il rischio di povertà aumenta del 100, 200, 300 per cento.

     
    D. – Un’ultima battuta sulla nazionalità dei poveri: da dove arrivano? Est europeo, Nord Africa...

     
    R. – Abbiamo parlato finora di poveri e poveri italiani, i poveri non italiani cambiano. Le nazionalità oggi non sono tanto dall’Est Europa, perché abbiamo un forte flusso nigeriano e poi di profughi che vengono dai Paesi di guerra: Eritrea, Afghanistan e così via. Quindi, anche l’idea dell’invasione dall’Est è un’idea moderatamente non vera. Il problema è che gli immigrati aumentano, anche perché poche sono le cittadinanze italiane concesse a chi ne avrebbe diritto: l’Italia è uno dei Paesi dove si concedono meno cittadinanze che negli altri Paesi. Francia, Germania, Regno Unito al contrario hanno una politica anche di naturalizzazione.

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    Chiesa e Società



    Cina: articolo dell'agenzia ufficiale su padre Matteo Ricci, definito “modello di integrazione”

    ◊   L’11 maggio 2010 ricorreranno i quattrocento anni dalla morte di padre Matteo Ricci, il grande missionario gesuita italiano (1552-1610) che con il suo straordinario zelo per la missione, unito al talento scientifico, umanistico e culturale, ha evangelizzato l’impero cinese. In vista di questo importante anniversario, oltre al mondo cattolico cinese anche i mass media statali e popolari della Cina ricordano in un clima amichevole "questo grande saggio occidentale". L’agenzia ufficiale statale cinese “Xin Hua”, Nuova Cina, lunedì scorso gli ha dedicato un lungo articolo intitolato “Modello dell’incorporazione della civiltà europea e cinese”, che è stato riportato da tantissimi siti tra quelli più visitati, governativi e popolari, come il sito del Counsellor’s Office of the State Council, The China Internet Information Center e tanti altri. L’articolo delinea la figura di padre Matteo Ricci usando espressioni ormai ben conosciute: “Ponte tra occidente e oriente”, “grande saggio dell’occidente”, “promotore/modello dello scambio tra occidente e oriente”. Si legge anche una sua dettagliata biografia, la sua vita, la sua missione, il suo contributo culturale, scientifico, sociale e religioso, citando soprattutto la lettera di Benedetto XVI a mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, in occasione dell’apertura delle celebrazioni per i 400 anni della morte del missionario. In quattro parti – introduzione, studio della cultura cinese, due viaggi verso Pechino, la via dell’incorporazione delle diverse culture e scienze – l’autore dell’articolo analizza i diversi fattori che sono fonte della sua notorietà e che lo hanno reso una figura importantissima e a tuttoggi molto amata, benvoluto da tutti i cinesi, cattolici e non. Infine padre Matteo Ricci è definito “pioniere della ricerca di una base comune di dialogo interreligioso e dello scambio scientifico culturale. Con il suo straordinario talento culturale e teologico che supera il tempo, ha indicato una via alternativa dell’incorporazione tra cultura e scienza per tutti”. (R.P.)

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    India: prime verità sulle violenze contro le minoranze religiose

    ◊   Sta suscitando grande clamore in tutta l’India la pubblicazione sul Rapporto della Commissione Liberhan sui fatti di Ayodhya, località nello stato di Uttar Pradesh: dopo una lunga indagine, il documento getta piena luce sulla violenza bruta e generalizzata di gruppi estremisti indù che, il 6 dicembre 1992, portò alla distruzione di una moschea e a un violento attacco contro la comunità musulmana, con migliaia di vittime. In particolare Il Rapporto sottolinea con chiarezza il ruolo del Baratiya Janata Party, il partito nazionalista indù attualmente all’opposizione nel governo federale, nonché quello delle organizzazioni fiancheggiatrici come il Vishwa Hindu Parishad (Vhp, Consiglio mondiale indù), il Bairang Dal e il Rss, che pianificarono meticolosamente la distruzione della moschea e i massacri. “Il Rapporto squarcia il velo dell’impunità e indica precise responsabilità politiche che non possono essere ignorate oggi”, commenta in un colloquio con l’agenzia Fides padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale dell’India. “Oggi alcuni esponenti dei gruppi fondamentalisti indù – che continuano a terrorizzare le minoranze religiose come cristiani e musulmani - si nascondono dicendo che sono fatti antichi, di ormai 17 anni fa. Ma questa è una piaga che si è riaperta, è una questione che non può essere seppellita con leggerezza”. Il Rapporto afferma che dietro le violenze c’era un desiderio di potere: “La volontà di acquisire maggior potere politico ha motivato lo scoppio dei disordini a sfondo religioso” sulle quali il BJP ha costruito la sua fortuna politica. Padre Babu si chiede: “E’ possibile allora che, in un Paese democratico, dove vige lo stato di diritto, fatti tanto gravi possano accadere nella totale impunità?” Il “Sangh Parivar” (movimento che raccoglie diverse organizzazioni implicate) “è chiamato alla resa dei conti di fronte all’opinione pubblica. La sua ideologia violenta vuole polarizzare la nazione sulla base del credo religioso. Noi tutti, cittadini indiani, in quanto nazione, non possiamo tollerare tale pericolo per l’unità e l’integrità nazionale”, afferma padre Babu. Il dibattito in India è rovente e proseguirà, ma “un fatto è certo: siamo in un momento cruciale della storia dell’India contemporanea”, sottolinea il portavoce. Di recente, anche per quanto riguarda il massacro compiuto contro i cristiani in Orissa nel 2008, il Primo Ministro dello Stato, Naveen Patnaik, ha riconosciuto in modo ufficiale il coinvolgimento diretto delle organizzazioni radicali indù. La Chiesa cattolica spera che queste pubbliche ammissioni possano condurre ad emarginare i movimenti nazionalisti ed estremisti indù dalla società e dalla politica indiana.

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    Piogge e alluvioni non fermano il pellegrinaggio a La Mecca

    ◊   Poco prima dell’alba i tre milioni di pellegrini convenuti da tutto il mondo hanno cominciato a riunirsi a Mina, sulle piane di Arafat nell’Arabia Saudita, per il primo rito dell’ Hajj, il viaggio annuale a La Mecca che ogni musulmano, se ne ha le condizioni economiche e di salute, è chiamato fare una volta nella vita. I pellegrini - riferisce l'agenzia Misna - hanno raggiunto la località superando le difficoltà poste da inattese e intense piogge torrenziali e alluvioni che nelle ultime ore hanno provocato la morte di 48 persone, 44 delle quali a Jeddah, sul Mar Rosso; alcune strade sono state sommerse dall’acqua che in poco tempo ha raggiunto quasi un metro di altezza. Sul monte Arafat, dove il profeta Mohammed pronunciò il suo ultimo sermone, i fedeli pronunceranno la preghiera “Signore sono qui in risposta alla tua chiamata. Non c’è altro Dio che te. Benedetto tu sia Signore”. Il presidente americano Barak Obama ha inviato un messaggio ai pellegrini della Mecca e ai musulmani negli Stati Uniti e nel mondo che oggi si preparano a celebrare la ricorrenza Eid Al Adha (festa del sacrificio), in cui sono ricordate le figure di Abramo e Ismaele, suo figlio con la schiava Hagar da cui, secondo la tradizione musulmana, discendono le popolazioni arabe. “I riti del pellegrinaggio e Eid al Adha ci ricordano la condivisa discendenza da Abramo delle tre grandi religioni del mondo” ha detto il presidente americano. Domani i pellegrini torneranno a Mina, dopo aver trascorso la notte a Muzdalifah per il rito della ‘lapidazione’ del diavolo in cui i fedeli lanceranno sassi contro tre muri (in passato tre pilastri), chiamati jamarat, che simboleggiano il male. L’ Hajj è uno dei cinque pilastri della fede islamica, insieme alla professione di fede, la preghiera quotidiana, il digiuno nel mese di Ramadan e l’elemosina obbligatoria ai poveri. (R.P.)

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    L’Unione Mondiale di Organizzazioni Femminili Cattoliche in campo contro la Convenzione Onu

    ◊   Rappresentanti di organizzazioni cattoliche di donne di 25 Paesi hanno espresso al Segretario Generale dell'ONU il proprio rifiuto della convenzione dell'organismo internazionale contro la discriminazione femminile. Il presidente dell'Unione Mondiale di Organizzazioni Cattoliche di Donne (WUCWO, dalle iniziali in inglese), Karen Hurley, lo ha dichiarato in una lettera inviata lunedì scorso a Ban Ki-Moon alla chiusura della riunione annuale delle rappresentanti dell'Unione, celebrata a Roma dal 14 al 18 novembre. La lettera esorta l'organismo internazionale a "svolgere azioni concrete per difendere le donne e i bambini, vittime innocenti della violenza". Segnala anche di non sostenere la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forma di discriminazione contro la donna (CEDAW). "La CEDAW - ha spiegata - viene utilizzata come uno strumento per promuovere la violenza [contro le] donne e le ragazze, le madri e i bambini". E questo "attraverso l'accesso legale all'aborto a richiesta, esercitando pressioni sui Paesi di tutto il mondo perché legalizzino e finanzino l'aborto, promuovano gli anticoncezionali, la riproduzione assistita per unioni omosessuali e altri atti immorali che vanno contro la legge naturale di Dio". La WUCWO, ha aggiunto, "sfida e metterà in evidenza il linguaggio ambiguo particolarmente relazionato a termini come genere, riproduttivo, salute, scelta o diritti". "Vi esortiamo - ha dichiarato la Hurley - a prendere decisioni per realizzare azioni concrete per sradicare la violenza perpetrata contro le donne di tutte le età e di tutti gli stati di vita, e a promuovere un totale rispetto per la dignità delle donne. Deve esserci un maggiore rispetto globale per la dignità di cui le donne sono state dotate dal loro creatore", ha affermato. (C.P.)

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    Caritas Internationalis: accorato appello per i bambini sieropositivi

    ◊   “Accesso universale ai diritti umani”, è questo il tema che verrà affrontato il 1° dicembre, durante la Giornata Mondiale per la Lotta all’Aids. Il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, ha chiesto un'azione immediata per prevenire la morte dei bambini affetti dall'Hiv nei Paesi poveri. Come riportato da Zenit, il Presidente ha anche affermato che uno dei fondamentali diritti dell’uomo è quello di permettere ai bambini sieropositivi di crescere e diventare adulti. Ogni giorno, 1.500 bambini contraggono il virus HIV. In massima parte, si tratta di neonati contagiati dalla mamma durante la gravidanza o alla nascita. In queste situazioni di estremo disagio, la metà dei bambini muore prima di aver compiuto due anni per l’impossibilità d'accesso alle cure adeguate. Il presidente della Caritas ha ricordato che l'organizzazione lavora in tutto il mondo in comunità in cui l'Hiv sta "devastando le famiglie". "Esortiamo i Governi, le compagnie farmaceutiche e la comunità internazionale ad assicurare che i bambini abbiano un accesso tempestivo alle cure dell'Hiv e della tubercolosi", ha aggiunto. I bambini sotto i 15 anni colpiti dal virus sono attualmente due milioni. Circa 15milioni sotto i 18 anni hanno perso uno o entrambi i genitori per malattie collegate all'Aids. Dati provenienti dal Nord America e dall'Europa dimostrano come le donne sieropositive che ricevono trattamenti completi per la prevenzione della trasmissione madre-figlio dell'Hiv, vedano ridursi a meno del 2% il rischio di contagio del virus al nascituro. La Caritas è impegnata da oltre 20 anni, in più di 100 paesi nella lotta alla pandemia. "Nessuna madre e nessun padre dovrebbe guardare impotente il proprio figlio morire. Nessun bambino dovrebbe soffrire per essere nato in un Paese in cui ci sono un alto tasso di Aids e un sistema sanitario povero". "L'accesso universale non è relativo alla geografia, ma all'umanità", ha affermato il cardinale Rodríguez Maradiaga. Secondo il Rapporto 2009 realizzato dal Programma delle Nazioni Unite per il contrasto all'Aids (UNAIDS) insieme all'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si è allungata la speranza di vita dei malati grazie ai medicinali antiretrovirali, facendo sì che il tasso di mortalità sia sceso sotto il 10% negli ultimi cinque anni. Questi farmaci sono anche quelli che permettono il calo della trasmissione del virus tra madre e neonato. Secondo le statistiche, le persone affette dall'Hiv nel mondo sono circa 33milioni. (C.P.)

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    Congo: migliaia di rifugiati senza assistenza, cibo e acqua

    ◊   Circa 24mila rifugiati sono giunti recentemente nel nord del Congo-Brazzaville. Stanno scappando dalle terribili violenze del conflitto che imperversa tra diversi gruppi nella Repubblica Democratica del Congo. A darne notizia è Medici senza frontiere (Msf) che sta fornendo assistenza medica di emergenza nella regione di Inpfoudou. “Non c’è nessuna assistenza per i rifugiati, niente cibo, niente acqua, nessun riparo. Le famiglie sono sparpagliate lungo il fiume, all’aperto” afferma Salha Issoufou, coordinatore per l’emergenza di Msf che sollecita altre organizzazioni umanitarie a fornire materiali di soccorso perché “la popolazione locale sta già dividendo le proprie risorse con le ondate di rifugiati”. Le agenzie delle Nazioni Unite e le autorità governative - riferisce l'agenzia Sir - hanno annunciato che distribuiranno aiuti. “Il principale problema sanitario è la diarrea”, aggiunge Issoufou. “Bevono l’acqua dei fiumi, che li fa ammalare. C’è anche la malaria, perché lungo il fiume ci sono molte zanzare”. Msf sta organizzando cliniche mobili in diverse aree dove si sono raccolti i rifugiati e supporterà l’ospedale di Bétou, dove sono curati i casi più gravi. In molti villaggi i pozzi hanno bisogno di essere riparati per migliorare l’accesso all’acqua potabile. Msf sta pensando di distribuire anche teli di plastica, coperte e zanzariere. (R.P.)

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    Matrimoni omosessuali: la Chiesa in Argentina accusa il governatore di Buenos Aires

    ◊   Mauricio Macri, governatore di Buenos Aires, ha tradito il suo ruolo di “custode della legge”: è l’accusa ribadita dall’arcivescovo della capitale argentina Jorge Mario Bergoglio, durante un incontro tra i due, svoltosi ieri nella sede della curia metropolitana. Il motivo del contendere è la sentenza emessa nei giorni scorsi da un giudice di diritto amministrativo che autorizza il matrimonio omosessuale tra persone dello stesso sesso, dichiarando incostituzionale il Codice civile che lo vieta. Immediata era stata la replica del cardinale Bergoglio, che aveva criticato Macri, il quale con “una decisione a sorpresa non aveva accolto il ricorso su tale sentenza” che si presenta come “assolutamente illegale”, che riflettendo, aveva sottolineato il porporato, “la grave indifferenza per le leggi che ci governano”. “Il matrimonio come rapporto stabile tra un uomo e una donna è un bene non solo per i singoli individui, ma anche per l’intera società”, “non è un evento privato o il frutto di una scelta radicata nella natura stessa della persona umana, uomo e donna”, sostengono i presuli argentini, in risposta ai progetti di legge presentati in Parlamento per riconoscere il matrimonio omosessuale. “La Chiesa – chiariscono - non ha alcun intento discriminatorio”, nel “considerare l’eterosessualità come un prerequisito per un matrimonio”, piuttosto riconosce “un aspetto oggettivo che ne è il presupposto”. Da rilevare che l’Argentina sarebbe il primo Paese dell’America Latina a legalizzare il matrimonio omosessuale. (A cura di Roberta Gisotti)

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    “Guardando il futuro con speranza”: documento della Plenaria dei vescovi in Bolivia

    ◊   “Guardando il futuro con speranza”, intitolano i vescovi della Bolivia la dichiarazione conclusiva della loro Assemblea plenaria, che ha chiuso i lavori ieri dopo aver ultimato la fase di ristrutturazione della pastorale e l’elezione delle nuove autorità che continueranno ad essere presiedute dall’arcivescovo di Santa Cruz, cardinale Julio Terrazas. Nel documento i presuli affrontano anzitutto l’attuale condizione nazionale, in particolare le prossime elezioni generali per il rinnovo di tutte le più altre cariche, che si eleggono con il voto popolare, come si legge nelle disposizioni transitorie della nuova Costituzione in vigore da pochi mesi. I vescovi si augurano che questo delicato momento sia “vissuto come una festa democratica” e ribadendo prese di posizioni precedenti chiamano alla più ampia partecipazione cittadina, al rispetto assoluto della libertà e della coscienza di ogni elettore, e alla centralità del bene comune. In particolare scrivono: “Siamo fiduciosi sul fatto che non ci saranno frodi che oscurino il processo com’è accaduto in passato, ne vi sarà alcun tipo di coercizione sulle persone e sui mass-media, né minacce, né bugie. Tutto ciò - aggiungono - è necessario per celebrare insieme una vera festa democratica”. I presuli riflettono sul significato dell’Avvento “tempo propizio per la purificazione e la ricerca della comunione” e ricordano inoltre l’Anno sacerdotale in corso, che come ha detto il Papa è anche un invito a vivere “in profondità la vocazione del Battesimo”. La dichiarazione dell’episcopato boliviano dedica anche un ampio spazio alla Missione permanente, che era uno dei temi dell’agenda di lavoro. Questa Missione, scrivono i presuli, “serve per rivitalizzare la nostra Chiesa affinché sia in grado di rispondere di più, e sempre meglio, alla costruzione del Regno. Nello spirito profondo della Missione permanente, che “ci invita a tener presente in ogni istante il bisogno della conversione e della speranza gioiosa nella venuta del Signore, abbiamo revisionato a fondo le nostre strutture per servire il Popolo di Dio”. Al tempo stesso i vescovi osservano che i cambiamenti in corso della pastorale e della medesima Conferenza episcopale “vogliono essere una risposta all’impegno evangelizzatore, alla comunione ecclesiale e alla promozione umana per realizzare così il messaggio e il mandato del Signore”. I vescovi boliviani si congedano fiduciosi nel futuro del Paese e rinnovano la loro esortazione a tutti perché sia costruita una “società più giusta, libera e solidale, ma anche unita nella diversità delle sue tradizioni culturali e regionali”. Infine, i presuli, ricordano il grande patrimonio della “profonda religiosità del popolo che si esprime in una sempre maggiore apertura verso Dio e la sua volontà realtà che dà vita ai valori umani e cristiani, che permettono di trascendere il semplice materialismo della vita”.( A cura di L. Badilla)

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    Dichiarazione di dieci vescovi della Patagonia contro la privatizzazione dell’acqua

    ◊   “Clamor de la Patagonia”: è l’accorato appello rivolto lo scorso 24 novembre da dieci vescovi, otto della regione patagonica argentina e due di quella cilena, al Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per esprimere le loro preoccupazioni per “le minacce che subisce la Patagonia a causa dei progetti minerari, idroelettrici, e forestali, inclusi quelli riguardanti le scorie nucleari, che potrebbero ferire gravemente e irreversibilmente la natura e la vita umana in questa parte del mondo che è una vera riserva di vita”. Nella prospettiva del Vertice di Copenhagen (7-18 dicembre 2009), i presuli riflettono in particolare sulla grande e delicata questione dell’acqua, in particolare dell’acqua dolce e osservano: “L’acqua è fonte di vita e non può essere sostituita. La vita è un dono di Dio e ogni vita è a sua volta fonte di altre vite. Così l’acqua è un diritto umano e un patrimonio comune dell’umanità, e perciò, non può essere privatizzata né tantomeno mercantilizzata. Anzi, l’acqua, aggiungono i presuli deve essere motivo e fonte di solidarietà, giustizia ed equità tra i popoli”. I vescovi cileni e argentini chiedono al segretario generale dell’Onu di farsi portavoce dell’esortazioni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI che a più riprese, in ogni sede, hanno chiesto una “globalizzazione della solidarietà” così come l’instaurazione di “un nuovo ordine mondiale”. In questo contesto i presuli ricordano la necessità di camminare verso l’elaborazione di “Piano mondiale per l’acqua”. Trattandosi di un bene comune, osservano, occorre che l’acqua sia gestita da tutti: dal settore pubblico, dal settore privato e soprattutto dalle comunità locali. In questo senso assicurano di aspettare dall’Onu un ruolo attivo nella promozione e incoraggiamento di una più “incisiva cultura della vita e dell’austerità per controbilanciare la cultura consumistica e dello spreco”. Infine, i presule ricordando il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2010 ribadiscono il principio secondo il quale chi “desidera coltivare la pace deve avere cura del Creato”. (L.B.)

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    In calo le infezioni da Hiv nel mondo

    ◊   Dai 60milioni di persone contagiate dal virus dell’Hiv, ora le ultime stime rese note a Ginevra dall’Onu, lasciano sperare in un lieve calo di quest’epidemia dilagata a livello mondiale. Dall’inizio del contagio, che si pensa abbia avuto origine nell'Africa sub-sahariana, sono 25milioni le persone decedute; nel 2008 sono stati invece 2milioni i decessi registrati a causa del virus dell’Hiv. Nel corso degli ultimi otto anni le infezioni sono scese del 17%, l’ultimo Rapporto dell’Unaids (Programma congiunto delle Nazioni Unite per l'Hiv/Aids) evidenzia infatti l’importanza dei programmi di prevenzione che hanno contribuito al calo del contagio da Hiv. Come riportato dall’agenzia Fides, i dati mostrano che sono in vita molti più sieropositivi rispetto a prima grazie agli effetti della terapia antiretrovirale e alla crescita della popolazione. Anche il numero dei decessi correlati all’Aids è calato del 10% rispetto agli ultimi cinque anni perchè molte più persone hanno accesso alle cure. L’Unaids e l’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) calcolano che nel 1996, da quando sono apparsi sul mercato gli adeguati trattamenti per combattere l’epidemia, sono state salvate circa 2.9 milioni di vite umane. Grazie alle terapie somministrate alle mamme sieropositive, dal 2001 sono stati prevenuti circa 200 mila nuovi contagi infantili. In Botswana, dove il trattamento copre l’80% dei malati, le morti collegate all’Aids sono calate del 50% rispetto agli ultimi cinque anni e il numero dei bambini orfani sta diminuendo grazie al fatto che i genitori riescono a rimanere in vita più a lungo. Dal 2001, data della ratifica della Dichiarazione di Impegno per l’Hiv/Aids delle Nazioni Unite, il numero dei nuovi contagi nell’Africa sub-sahariana è diminuito di circa il 15%, 400 mila casi in meno rispetto al 2008. Per quanto riguarda i dati epidemiologici in Italia, è stato dimostrato che, negli ultimi quindici anni, la proporzione di donne malate di Aids è andata progressivamente aumentando; si è passati, nel 1985, dal 16% di donne colpite nel totale dei pazienti con Aids, al 25% nel 1999.  Per ottimizzare i risultati e migliorare le condizioni di vita dei 33.4 milioni di sieropositivi e dei milioni di persone che fanno parte dei programmi di recupero, l’Unaids ha lanciato un social network (www.aidsspace.org) aperto alla comunità e gratuito. L’obiettivo è quello di allargare i network informali ed includere un numero maggiore di persone sieropositive in grado di ottimizzare le risorse per una risposta più efficace all’Aids. (C.P.)

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    Angola: per il presidente dei vescovi "i politici ignorano gli appelli della Chiesa”

    ◊   “I nostri appelli non sono sempre graditi. Quando facciamo una denuncia, non sempre riceviamo una risposta soddisfacente” lo ha affermato mons. Gabriel Mbilingue, arcivescovo di Lubango e neo-eletto presidente della Ceast (Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé), nella sua prima dichiarazione da presidente della Ceast. Nel suo intervento mons. Mbilingue ha espresso la forte preoccupazione dei vescovi dell’Angola per la corruzione e l’occultamento dei gravi problemi del Paese. Secondo il presidente della Ceast (che è stato eletto dalla Plenaria che si è tenuta a Luanda dal 13 al 20 novembre scorsi), le prese di posizione della Chiesa sono state spesso accolte con fastidio dalle autorità. Mons.Mbilingue ha aggiunto che fingere di non vedere i problemi, è una strategia ricorrente dei politici che governano l'Angola. Ricordando gli appelli lanciati dai vescovi nel passato, mons. Mbilingue ha sottolineato che “dopo mesi dalla loro diffusione, tutto è rimasto come prima”. Il presidente della Conferenza episcopale nota, infine, che “molti politici del nostro Paese sono cristiani” ma hanno dato e continuano a dare il cattivo esempio su come governare il loro popolo. (R.P.)

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    Ghana: i vescovi denunciano il degrado generale dei costumi nel Paese

    ◊   Al termine della loro recente plenaria a Yendi, nel Nord del Paese, i vescovi del Ghana hanno denunciato il progressivo allontanamento della società ghanese dai valori tradizionali e il conseguente degrado generale dei costumi nel Paese. La sessione ha avuto come filo conduttore il tema del Sinodo dei Vescovi per l’Africa: “La Chiesa in Ghana al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 13.14). Nel documento finale – riferisce l’agenzia Apic - la Conferenza episcopale evidenzia la preoccupante diffusione di fenomeni come la corruzione, la violenza, la pedofilia, l’omosessualità , l’incesto. Secondo i presuli, all’origine di questo degrado morale vi è la crescente indifferenza e disprezzo verso la cultura tradizionale ghanese che hanno portato i ghanesi ad allontanarsi da Dio e quindi dai valori. Durante la sessione sono stati affrontati anche altre problematiche come la distribuzione dei proventi delle risorse naturali, l’emarginazione e lo stigma sociale contro le persone accusate di stregoneria e i conflitti inter-etnici di cui è stato teatro in passato il distretto settentrionale di Yendi. A questo proposito, pur dicendosi felici delle riassicurazioni dei leader religiosi e politici locali secondo i quali “tali violenze appartengono ormai al passato”, essi si dicono convinti che restano ancora diversi ostacoli da superare per consolidare la pace nell’area e renderla durevole. In particolare, i vescovi ghanesi segnalano la disoccupazione tra i giovani ed invitano il governo di Accra ad accelerare la messa in opera di programmi di sviluppo mirati nella regione. “La creazione di posti di lavoro nell’agricoltura – rilevano – contribuirà a risolvere il problema dei giovani disoccupati che possono essere facilmente manipolate da persone malintenzionate interessate a riaccendere le violenze”. (L.Z.)

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    Zambia: l’Associazione del clero cattolico invita il governo a dialogare con la Chiesa

    ◊   Le attuali tensioni tra il governo e la Chiesa cattolica in Zambia dovrebbero essere risolte con il dialogo e la riconciliazione. Ad affermarlo il presidente dell’Associazione del clero cattolico zambiano, padre Cletus Mwiila che risponde così alle ripetute accuse mosse in questi mesi a diversi esponenti della Chiesa locale di essere ostili al governo del Presidente Rupiah Banda. All’origine delle accuse, ribadite recentemente dal vice-presidente della Repubblica George Kunda, i rilievi mossi anche dai vescovi all’immobilità del governo di fronte alle emergenze del Paese, a cominciare dalla povertà e dalla corruzione. Proprio per richiamare l’attenzione su questa piaga ormai endemica, nelle scorse settimane la Caritas locale, insieme a due organizzazioni gesuite, ha lanciato una campagna di disobbedienza civile per la legalità. Secondo padre Mwiila le divergenze con il governo possono essere risolte con un dialogo aperto e uno spirito di collaborazione. Il sacerdote ha ribadito la disponibilità della Chiesa a collaborare, senza però rinunciare – ha sottolineato – alla sua fedeltà al Vangelo. (L.Z.)

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    Padre Sinnot: dopo il sequestro ritorna alla vita missionaria

    ◊   Rapito fuori dalla sua abitazione a Pagadian, nelle Filippine e liberato l’11 novembre, un mese dopo il sequestro, Padre Michael Sinnot ha dichiarato di voler continuare a svolgere il suo servizio come missionario. Il presbitero originario di Clonard, Irlanda ha detto “Penso che se volevano sequestrare qualcuno avrebbero dovuto scegliere una persona molto più giovane, perché non sempre riuscivo a camminare rapidamente”. Come riportato da Zenit, il sacerdote irlandese è stato consegnato all'Esercito filippino da alcuni rappresentati del Fronte Islamico di Liberazione Moro, un gruppo che lotta per l'indipendenza di Mindanao, un'isola del sud delle Filippine. Il Fronte ha detto di non aver catturato Sinnott, ma di aver negoziato la sua liberazione con i sequestratori, un gruppo separato del movimento ribelle. I rapitori avevano diffuso un video di padre Sinnott il 31 ottobre e chiedevano un riscatto di due milioni di dollari. Il sacerdote ha inoltre dichiarato di non provare alcun rancore per i suoi rapitori, dai quali assicura di essere stato trattato bene. Dopo la sua liberazione, Padre Sinnot è stato portato all'aeroporto di Manila, dov'è stato salutato dal Presidente filippino Gloria Macapagal Arroyo. Il Ministro degli Esteri irlandese Micheál Martin ha detto che non è stato pagato alcun riscatto. “Come in sequestri precedenti, il Governo irlandese non ha pagato riscatti – ha dichiarato –. Facendolo, avremmo solo messo in pericolo il lavoro vitale degli operatori umanitari e dei missionari di tutto il mondo”. Il sacerdote appartiene alla Società Missionaria di San Colombano, un missionario irlandese vissuto tra il VI e il VII secolo che fondò molti monasteri in tutta l'Europa occidentale. (C.P.)

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    Washington: le istituzioni caritative cattoliche in difesa dei bambini

    ◊   L’Arcidiocesi di Washington è stata costretta a ritirarsi dalla sua personale collaborazione con il governo della città, a causa della determinazione dei legislatori di ridefinire le condizioni per il matrimonio. “I nuovi requisiti posti alle organizzazioni religiose perché riconoscano i matrimoni omosessuali nelle loro politiche – afferma l'Arcivescovo Donald Wuerl - potrebbero restringere la nostra capacità di fornire il livello di servizi che abbiamo ora". Come riportato da Zenit, una norma su “l’uguaglianza del matrimonio civile” richiederebbe che le istituzioni cattoliche assicurassero gli stessi benefici agli impiegati che hanno un'unione omosessuale e a quelli con un matrimonio eterosessuale. Sono in gioco anche gli accreditamenti e/o le licenze delle istituzioni educative e professionali cattoliche. Helen Alvaré, docente di Diritto alla Catholic University of America ha commentato che i bambini sono il centro di questa battaglia, e che il diritto di famiglia è cambiato "arrivando a mettere avanti gli interessi degli adulti". La giurista ha argomentato che se gli assessori di Washington "si permettessero di pensare in modo più integrale al benessere dei bambini e delle loro famiglie, questi stessi consiglieri dovrebbero anche temere di perdere la collaborazione di un organismo così profondamente impegnato nel benessere dei bambini da essere disposto a essere giudicato dal tribunale dell'opinione pubblica perché difende i loro interessi". (C.P.)

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    Usa: “Dichiarazione di Manhattan” per una più corretta coscienza religiosa

    ◊   “I cristiani, quando hanno dato vita ai più alti ideali della loro fede, hanno difeso il debole e il vulnerabile e hanno lavorato instancabilmente per proteggere e rafforzare le istituzioni vitali della società civile, a cominciare dalla famiglia”. Queste parole racchiudono il cuore della “Dichiarazione di Manhattan”, che è stata sottoscritta da oltre 125 leader cattolici, ortodossi ed evangelici degli Stati Uniti, insieme per difendere la vita e la famiglia. Santità della vita, matrimonio e libertà religiosa sono i temi principali contenuti nel documento, dove figurano le firme di 15 Vescovi cattolici. Come riportato dall’agenzia Fides, e secondo il sito ufficiale della Dichiarazione (www.manhattandeclaration.org), il numero delle firme al documento ha superato le 107.000 unità. La Dichiarazione di Manhattan pone un accento particolare sul tema della libertà religiosa negli Stati Uniti d’America. Riflettendo sulle parole di Gesù “Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21), i firmatari del documento affermano che “il diritto alla libertà religiosa ha il suo fondamento nell’esempio di Cristo stesso e nell’autentica dignità della persona umana creata ad immagine di Dio. Nessuno può essere costretto ad abbracciare una religione contro la sua volontà, né può essere proibito a persone di fede di adorare Dio secondo quanto impone loro la propria coscienza, o di esprimere pubblicamente e liberamente le proprie profonde convinzioni religiose”. Alla luce dell’attuale situazione culturale degli Stati Uniti, i firmatari - tra cui l’Arcivescovo di New York, Timothy Dolan, e quello di Washington, Donald Wuerl - definiscono paradossale il fatto che quanti rivendicano oggi il diritto ad uccidere un bambino nel seno materno, gli anziani e i disabili, ed anche il diritto a pratiche sessuali immorali, “siano riconosciuti e approvati dalla legge”. Tali persone, che reclamano questi “diritti”, sono spesso l’avanguardia di coloro che vorrebbero calpestare la libertà degli altri di esprimere il proprio impegno religioso e morale per la santità della vita e la dignità del matrimonio come unione coniugale di un uomo e una donna. La dichiarazione ricorda ai legislatori che sebbene i cristiani rispettino le leggi dello stato, “le leggi che sono ingiuste – e specialmente le leggi che sembrano voler costringere i cittadini a fare ciò che non è giusto – minano il bene comune piuttosto che mettersi al suo servizio… Leggi ingiuste degradano l’essere umano”. (C.P.)

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    La Fondazione Wallenberg certificherà l’aiuto di Giovanni XXIII agli ebrei

    ◊   La Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg ha annunciato la conclusione di un'indagine storica che documenta l'aiuto offerto da Papa Giovanni XXIII agli ebrei perseguitati durante l'Olocausto. Secondo lo studio, già quando era nunzio apostolico, l’arcivescovo Roncalli salvò la vita di molti ebrei dell'Europa dell'Est, aiutandoli a emigrare in Terra Santa. La notizia è stata confermata dalla Fondazione in un comunicato inviato alla agenzia Zenit alla vigilia del 25 novembre, 128° anniversario della nascita di Angelo Giuseppe Roncalli. “Il suo papato si è distinto per l'atteggiamento di avvicinamento tra la Chiesa cattolica e l'ebraismo, la cui maggiore espressione è stata plasmata nel Concilio Vaticano II”, spiega l'istituzione fondata dall’ebreo Baruch Tenembaum, pioniere del dialogo interreligioso. “Meno conosciuto - ricorda il comunicato della Fondazione Wallenberg - fu il suo ruolo precedente all'elezione al pontificato, durante l'Olocausto, negli anni Quaranta, mentre era delegato apostolico a Istanbul, dove usò tutte le sue risorse politiche, intellettuali e affettive per salvare il maggior numero possibile di vittime ebree dal crudele apparato di sterminio nazista. Una ricerca congiunta della Fondazione Wallenberg e del Comitato Roncalli – rende noto il comunicato - , con la partecipazione di storici di spicco, rivela il coraggioso atteggiamento del delegato apostolico, che approfittò delle prerogative diplomatiche che aveva per inviare cetificati di Battesimo e di immigrazione in Palestina agli ebrei ungheresi. Il suo intervento si estese a favore degli ebrei di Slovacchia e Bulgaria e si moltiplicò per molte altre vittime del nazismo”. “La Fondazione Wallenberg e il Comitato Roncalli consegneranno i risultati di queste indagini allo Yad Vashem (l'autorità nazionale israeliana dell'Olocausto), con la ferma raccomandazione che questa prestigiosa entità conferisca il titolo di 'Giusto tra le Nazioni' ad Angelo Giuseppe Roncalli – anticipa il comunicato -. Per onorare la memoria di Roncalli ed educare le giovani generazioni sulla sua eredità di solidarietà, le due istituzioni rivolgono un appello congiunto ai sindaci di tutte le città del mondo, esortandoli a porre statue e busti commemorativi di Roncalli in luoghi pubblici ed emblematici delle rispettive città”. La Fondazione Wallenberg, del cui Honorary Board fa parte il cardinale Paul Poupard, da anni onora la memoria di Papa Giovanni XXIII. Una rappresentanza della Fondazione fu ricevuta da Benedetto XVI nel settembre del 2006. (A.M.)

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    Le Chiese europee dedicano il 2010 ai migranti

    ◊   Il 2010, già "Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale", per la Conferenza delle Chiese europee (Kek) sarà in particolare “Anno delle Chiese per le migrazioni”; l'ufficio del Sinodo della Chiesa riformata di Ungheria ospita anche un convegno promosso dalla Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme). "Per tre giorni - dice una nota della Kek ripresa dall'agenzia Misna - protestanti, anglicani ed ortodossi europei, insieme con i fratelli e sorelle nella fede che in Europa vivono ma che provengono da tutto il mondo, rifletteranno su come le Chiese cristiane possono rispondere alla sfida dell'accoglienza e dell'integrazione degli stranieri in Europa”. Il tema delle migrazioni è considerato “una lente di ingrandimento attraverso cui guardare le grandi trasformazioni delle società contemporanee. E allo stesso tempo una grande opportunità ecumenica per le nostre chiese: la costruzione di uno spazio di pace e di riconciliazione, dove la diversità non è motivo di esclusione ma un'opportunità per la crescita reciproca”. Il convegno di Budapest sarà anche l'occasione per conoscere diversi progetti di accoglienza dei migranti, nonché progetti a favore dei diritti dei migranti e della loro integrazione nelle società europee portati avanti dalle diverse Chiese a livello nazionale. (R.P.)

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    Università Cattolica: omelia di mons. Crociata sull'impegno cristiano nel mondo della sofferenza

    ◊   “Il rilievo sociale dell’ambito medico e sanitario, che risalta ancora di più nel caso di questo Policlinico universitario e delle strutture ad esso afferenti, evoca prontamente la dimensione etica dell’attività che vi si svolge. E non v’è dubbio che, molto più che per altri aspetti della vita sociale, la responsabilità etica risalta là dove è in gioco la persona umana gravata da malattie, provata dal dolore, o sospesa sotto la minaccia incombente della morte”: lo ha detto stamane a Roma, nell’omelia della messa per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore-Policlinico Gemelli, il segretario generale della Cei mons. Mariano Crociata. “Il senso di questo nostro celebrare – ha proseguito - sta più in profondità ed è più vicino a noi di quanto pensiamo, poiché non si giustappone ad una dimensione umana o ad progetto eticamente già autosufficienti, bensì si colloca a loro fondamento, li anima dall’interno, conferisce loro il giusto orientamento. Senso dell’esperienza umana e impegno etico o sono cristiani nativamente e strutturalmente o non lo sono affatto. Il cristianesimo non può essere ridotto ad una verniciatura superficiale su una parete già completa e finita di suo”. “In un tempo che vede oscillare molti tra il nichilismo rappresentato in forma estrema dal terrorismo autodistruttivo e un consumismo in forza del quale tutto si compra ma niente ha valore duraturo – ha poi detto mons. Crociata nell’omelia all’Università Cattolica di Roma -, noi credenti siamo chiamati a testimoniare in modo sobrio e radicale insieme il valore esaltante di una vita umanamente piena perché piena di Dio. La sfida per voi è fare della passione per Dio l’anima della passione per la scienza, per la cura di chi è malato, per il benessere pienamente umano di ogni persona”. Il segretario generale della Cei - riferisce l'agenzia Sir - ha quindi affermato: “Siamo richiamati a condurre la nostra esistenza senza lasciarci rinchiudere nel corto circuito dei nostri drammi, dei nostri problemi, perfino del nostro lavoro e delle nostre fatiche. Senza falsi provvidenzialismi e senza indulgenze di sorta al dolce far niente, e meno ancora però alla paura paralizzante e disperata, scopriamo il bisogno di uno sguardo verso l’orizzonte più vasto sulla cui vista ci colloca il nostro percorso di vita”. (R.P.)

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    Incontri di Taizé: attesi in Polonia 30 mila giovani di tutta Europa

    ◊   30 mila giovani di tutta l'Europa e degli altri continenti si raduneranno a Poznan, in Polonia, dal 29 dicembre al 2 gennaio 2010 su invito della comunità di Taizé. Si tratta – si legge in un comunicato diffuso oggi da Taizé e ripreso dall'agenzia Sir - del 32° incontro europeo di giovani ed è organizzato su invito dell’arcivescovo ed anche dei responsabili delle relazioni ecumeniche della diocesi di Poznan. Dal Portogallo alla Russia, dalla Svezia alla Croazia, tutti i paesi europei saranno rappresentati. Risalgono al 1978 gli incontri europei animati dai fratelli di Taizé. Hanno avuto luogo a Parigi, Barcellona, Londra, Roma, ed anche a Praga, Vienna, Monaco, Budapest, Milano, Lisbona, Zagabria, Ginevra, Bruxelles. L'incontro europeo ha avuto luogo già tre volte in Polonia, due volte a Wroclaw (1989 e 1995), ed una volta a Varsavia (1999). Questi incontri si inseriscono in quello che fr.Roger, il fondatore della comunità di Taizé, chiamava il “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”. Durante l’incontro di quest’anno in Polonia, la mattina, i giovani saranno in 150 parrocchie delle diocesi di Poznan e di Gniezno. Il pomeriggio si ritroveranno alla Fiera della città per le preghiere comuni ed incontri su temi di carattere sociale e spirituale. Saranno date testimonianze di impegno in favore della giustizia, della solidarietà e sulla pace nel mondo. Un tema di riflessione sarà quello della libertà “per la quale in molti si sono battuti nel XX secolo e che sembra oggi così naturale a coloro che hanno meno di 25 anni”. Durante la preghiera di ogni sera, fr.Alois, priore di Taizé e successore di fr.Roger, offrirà una meditazione. In occasione dell'incontro di Poznan, fr. Alois pubblicherà la “Lettera dalla Cina” che sarà tradotta in una cinquantina di lingue e che i giovani troveranno al loro arrivo in Polonia. Taizé intrattiene delle relazioni coi cristiani della Cina da più di vent’anni. Come segno di amicizia, la comunità, attraverso “l'operazione speranza”, ha fatto stampare quest’anno un milione di Bibbie in cinese e le ha distribuite in tutte le regioni del paese. Proprio in questi giorni fr.Alois sta per terminare un viaggio di tre settimane nella Cina continentale, accompagnato da due fratelli della comunità, uno cinese e uno coreano. Ne parlerà a Poznan e intanto scrive: “quale dinamismo della fede tra i cristiani di questo paese! Ammiriamo la loro perseveranza e la loro fedeltà. Parecchi ci hanno raccontato le sofferenze che i loro genitori o nonni hanno patito per la fede. Abbiamo incontrato dei credenti che, umilmente, giocano un ruolo attivo per costruire il futuro del loro paese”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Clima: Cina e Usa annunciano nuovi tagli alle emissioni in vista del vertice di Copenaghen

    ◊   A meno di due settimane dall’apertura della conferenza Onu sul clima di Copenhagen, si allarga il fronte dell’impegno per il taglio di emissioni di gas serra. Nelle ultime 24 ore i due maggiori produttori di diossido di carbonio, Cina e Stati Uniti, hanno annunciato l’assunzione di nuovi obiettivi nel taglio delle emissioni e confermato la presenza al vertice dei rispettivi presidenti. Poche ore prima, il responsabile delle Nazioni Unite per l’ambiente, Yves De Boer, ha espresso l’auspicio cha dall’imminente appuntamento internazionale escano impegni vincolanti. Il servizio di Marco Guerra:

    Entro il 2020, gli Stati Uniti ridurranno del 17% l’emissione dei gas ad effetto serra. Sarà questa la proposta che il presidente Obama porterà a dicembre al tavolo della conferenza sul clima di Copenhagen. L’obiettivo indicato ieri è in linea con la legge americana “sull'energia e sul clima”, approvata dalla Camera dei Rappresentanti l'estate scorsa, che prevede una serie di traguardi intermedi prima di una riduzione finale del 85% delle emissioni entro il 2050. Obama, ha detto il portavoce della Casa Bianca Gibbs, è stato incoraggiato dai “progressi realizzati nelle recenti discussioni con i leader di Cina ed India”, il cui premier Manmohan Singh era ieri in visita a Washington. E all’indomani dell’annuncio statunitense è proprio l’altro principale attore della partita, la Cina, a rilanciare con l’impegno a ridurre le emissioni di carbone del 40-45% entro il 2020. Il passo è importate: si tratta della prima volta che la Cina quantifica un obiettivo in termini di taglio delle emissioni. Da Pechino arriva inoltre la conferma della partecipazione del primo ministro, Wen Jiabao, al vertice nella capitale danese. Tutto ciò sembra rispondere alle esortazioni lanciate ieri dal responsabile delle Nazioni Unite per l’ambiente, Yves De Boer, che ha auspicato nuovamente il successo della conferenza di Copenaghen attraverso l'assunzione di una serie di obiettivi vincolanti, da tradursi in un trattato nel 2010.

     
    Filippine
    Si è consegnato alle autorità filippine il principale indagato della strage, di matrice politica, che lunedì ha causato 57 morti nell’isola di Mindanao. Si tratta di Andal Ampatuan Junior, sindaco di Datu Unsay e figlio del governatore locale membro della coalizione del presidente Gloria Arroyo. Le forze si sicurezza hanno inoltre ripreso il controllo delle roccaforti della famiglia Ampatuan e disarmato circa 200 miliziani. Il massacro di lunedì ha colpito 27 giornalisti e diversi esponenti politici che presenziavano alla candidatura a governatore del rivale di Ampatuan.

    Iran-nucleare
    Stamani ha preso il via a Vienna la riunione dell'Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Al centro della due giorni di lavori, ancora il programma nucleare iraniano ed il congedo del direttore generale dell’organismo dell’Onu, Mohammed El Baradei. I Paesi mediatori sospettano che dietro il programma di Teheran si celi il tentativo di dotarsi di armi non convenzionali. Intanto, proprio sul programma nucleare iraniano a scopi civili, il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha ricevuto da diversi Paesi dell’America Latina, visitati in questi giorni, chiari consensi. Questa spaccatura che c’è nella comunità internazionale rischia di rendere ancora più difficile un accordo sulla questione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Giorgio Alba di Archivio Disarmo:

    R. – L’accordo viene ricercato principalmente tra le grandi potenze. Cina e Russia si stanno riavvicinando alla posizione occidentale e statunitense, quindi il ruolo che svolge questa visita di Ahmadinejad è quello di ritagliarsi tra i Paesi in via di sviluppo una controparte politica, che non ha un peso essenziale per l’Iran. Nel momento in cui la Cina e la Russia decidessero di applicare le sanzioni, come richiesto dagli Stati Uniti, l’Iran non troverebbe nel Venezuela, nel Brasile, nella Bolivia una solida controparte con cui sostituire commercialmente, industrialmente la mancanza di legami commerciali con Cina e Russia.

     
    D. – Si ha l’impressione, poi, che dietro questa querelle ci sia un muro contro muro basato più su motivazioni politiche...

     
    R. – Il regime iraniano è delegittimato dal risultato delle elezioni, anche a causa delle proprie azioni contro i dissidenti e le gravi violazioni dei diritti umani. Questo non è un problema per la comunità internazionale, in quanto deve trovare un accordo, si trova quindi a dover negoziare un accordo con un governo che è alla ricerca di legittimità. La ricerca di legittimità spesso viene ricercata attraverso delle dichiarazioni dure, degli atti che possono essere visti come delle minacce. Archivio Disarmo supporta ovviamente l’approccio della maggior trasparenza. Non si può negare una tecnologia, l’attività della comunità internazionale deve essere invece basata proprio sul rispetto delle regole e il rispetto della legittimità del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. E l’Agenzia internazionale per l’energia atomica deve avere pieno accesso a documenti, siti, per verificare se effettivamente questo programma iraniano sia esclusivamente civile. La strada è quella del dialogo, in cui vengono anche incluse la questione dei diritti umani e la questione di aspirare ad avere un governo iraniano legittimo, con cui eventualmente sviluppare una cooperazione, così come proposta da El Baradei.

     
    Afghanistan
    Cresce l’attesa per la presentazione della nuova strategia militare per l’Afghanistan che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, annuncerà martedì prossimo. Le cifre sull’aumento delle truppe rimangono ancora molto incerte: la stampa Usa parla di incremento tra i 20mila e 40mila soldati. Ai militari americani si aggiungerebbero fino a 7 mila unità fornite dagli alleati europei della Nato, che chiedono tempo per organizzare il proprio rinforzo. Intanto dall’Italia, dove ieri si è svolto un vertice tra il premier Berlusconi ed il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Rasmussen, giunge l’impegno a sostenere gli sforzi militari. E mentre continua il confronto in seno alla coalizione internazionale, torna a farsi sentire il leader dei talebani, Mullah Omar, affermando che un cambio di strategia non servirà ad evitare la sconfitta degli alleati.

    Pakistan
    Ancora violenza in Pakistan: l’esercito si è scontrato nelle ultime ore con gruppi di talebani nel Sud Waziristan, al confine con l'Afghanistan, con un bilancio di sette miliziani uccisi e sei feriti. In questa regione, sostengono fonti ufficiali, almeno 600 militanti sono stati uccisi da quando è cominciata l'offensiva dell'esercito per riprendere il controllo delle roccaforti dei ribelli.

    Arabia Saudita: tempesta sul pellegrinaggio a La Mecca
    Il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca, in Arabia Saudita, che vede la partecipazione di circa due milioni di musulmani, è funestato da una sciagura. Almeno 48 persone hanno perso la vita per le inondazioni che nelle ultime ore hanno colpito la regione. Le celebrazioni per la festa del sacrificio, insidiate anche dal pericolo di contagio dell’influenza A, iniziano oggi con il passaggio attorno alla Grande Moschea e culmineranno sul monte “Arafat” o “della misericordia”. Per la ricorrenza il presidente americano, Barack Obama, ha inviato un messaggio di vicinanza a tutti i musulmani che celebrano la Eid Al Adha.

    India
    È cominciata con una parata della polizia a Mumbai la giornata di manifestazioni in occasione del primo anniversario degli attentati che il 26 novembre dell'anno scorso videro 10 terroristi pachistani tenere in ostaggio per più di 60 ore la capitale economica dell'India, provocando oltre 170 vittime. Commemorazioni anche nei pressi dei luoghi simbolo dell'assedio, come gli hotel Taj Mahal e Oberoi Trident.

    Somalia-liberazione ostaggi
    Due giornalisti freelance, una canadese e un australiano, rapiti 15 mesi fa in Somalia, sono stati liberati ieri dai sequestratori. Per il rilascio sarebbe stato pagato un riscatto di un milione di dollari. I due, dopo aver passato la notte in un albergo di Mogadiscio, sono stati trasferiti a Nairobi, in Kenya, per poi fare ritorno nei rispettivi Paesi.

    No di Obama al Trattato sul bando delle mine antiuomo
    Il presidente americano Barack Obama non ha in programma di aderire al trattato internazionale che mette al bando le mine antiuomo. Lo ha annunciato il Dipartimento di Stato di Washington, spiegando che una revisione di questo tipo non va incontro alle esigenze di sicurezza americane. Ce ne parla Elena Molinari:

    Gli Stati Uniti, in realtà, già rispettano la sostanza del Trattato, avendo smesso di usare le mine dal ’91 ed avendone sospeso la produzione dal ’97. Ma l’amministrazione ha determinato che non sarebbe in grado di garantire la propria sicurezza nazionale con gli impegni assunti con amici ed alleati se firmasse la Convenzione. Il presidente americano, dunque, decide di mantenere inalterata la posizione dei suoi predecessori. Il Trattato per la messa al bando delle mine è, infatti, entrato in vigore dal 1999 ed è stato firmato da 156 Paesi, ma non da Usa, Russia, Cina ed India. Di fatto Washington intende riservarsi il diritto di riprendere in futuro l’uso delle mine. Critica è l’Associazione per i diritti umani Human Rights Watch, secondo la quale, ad esempio, la decisione è in palese contrasto con gli impegni assunti dall’amministrazione di una maggiore cooperazione con la comunità internazionale. Impegno, questo, che è stata una delle principali motivazioni del Premio Nobel per la Pace ad Obama.

     
    Stati Uniti, giorno del ringraziamento
    Gli Stati Uniti e gli americani nel mondo si apprestano a celebrare il Thanksgiving, il Giorno del Ringraziamento, osservato il quarto giovedì di novembre in segno di gratitudine per la fine della stagione del raccolto. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 330

     
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