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Sommario del 24/11/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Aperto l’Anno giubilare della Chiesa vietnamita. Il Papa: la testimonianza dei suoi martiri è un dono della fede in Cristo
  • Padre Marco Rupnik sull'incontro di Benedetto XVI con gli artisti: un "grande gesto" di dialogo e di amicizia che segnerà il mondo dell'arte
  • L’etica dei limiti in economia: intervento del cardinale Bertone all'inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università Europea di Roma
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I cento anni della presenza dei Frati Cappuccini in Amazzonia ricordati dal ministro della provincia umbra dell'Ordine, padre Tofanelli
  • L'arcivescovo dell'Aquila, Giuseppe Molinari: il Natale che si avvicina sia un'occasione per dare nuova speranza alle popolazioni colpite dal sisma
  • La disgregazione del tessuto familiare dietro l'aumento degli abusi sessuali sui minori. Intervista con don Fortunato Di Noto
  • Presentato il Premio Bonifacio VIII assegnato a quanti promuovono i valori della pace
  • Chiesa e Società

  • Marco Tarquinio nuovo direttore di "Avvenire": scelta nel segno della continuità
  • Filippine: la piaga a Mindanao della proliferazione delle armi leggere
  • India: il governo dell’Orissa riconosce la matrice indù delle violenze anticristiane
  • Pakistan: Ong criticano le leggi sulla blasfemia
  • La Chiesa sudcoreana verso i rifugiati del nord: “Sono agenti di unità ed evangelizzazione”
  • Rapporto Onu sull'Aids: scendono le infezioni, i progressi maggiori in Africa
  • Proseguono le espulsioni degli angolani dal Congo: campi profughi al collasso
  • Somalia: grave crisi umanitaria nella città di Beledweyne
  • Nel 2009, l'Africa supera il miliardo di abitanti
  • Il Benin ratifica la Convezione contro il commercio delle armi leggere
  • Manila: i giovani dell’Asia riuniti per portare Cristo al continente
  • Colombia: al via la campagna per combattere la violenza contro le donne
  • Messico: migranti sequestrati mentre tentano di passare dal Messico negli Usa
  • Perù: i fedeli di Trujillo hanno celebrato un anno di Missione continentale
  • Bolivia: il cardinale Julio Terrazas rieletto presidente della Conferenza episcopale
  • Il cardinale Rouco Varela alla plenaria dei vescovi spagnoli: “Tornano a crescere le vocazioni”
  • Per i vescovi inglesi la depenalizzazione del suicidio assistito può diventare istigazione al reato
  • Portogallo: la pedagogia del bene comune al centro dei lavori della Settimana sociale
  • Italia e Cina: un “mare” di progetti che affondano nell’opera di padre Matteo Ricci
  • Jubilmusic 2009: “Musiche e Parola” per una scommessa vincente
  • Oggi a Roma il Consiglio pastorale dei Cappellani delle carceri italiane
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ahmadinejad in Brasile assicura: ancora in tempo per un accordo sul nucleare
  • Il Papa e la Santa Sede



    Aperto l’Anno giubilare della Chiesa vietnamita. Il Papa: la testimonianza dei suoi martiri è un dono della fede in Cristo

    ◊   Con una solenne celebrazione eucaristica a So Kien, nell’arcidiocesi di Hanoi, si è aperto oggi l’Anno giubilare della Chiesa vietnamita. L’evento celebra il 350.mo dei Vicariati apostolici del Tonchino e della Cocincina e il 50.mo dello stabilimento della gerarchia ecclesiastica nel Paese. L’apertura dell’Anno Santo, proclamata dal cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Man, coincide con l’odierna festa liturgica dei Santi Martiri vietnamiti. Benedetto XVI si era soffermato sull’importanza di questo evento giubilare nell’udienza ai vescovi del Vietnam, lo scorso 27 giugno. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Una Chiesa martire che guarda con rinnovata speranza al futuro: con una suggestiva processione illuminata da migliaia di candele portate dai fedeli e una grande Messa con decine di vescovi e centinaia, tra sacerdoti e religiosi, si è aperto a So Kien l’Anno Santo della Chiesa del Vietnam. Un evento giubilare incentrato sul tema: “La Chiesa cattolica in Vietnam: mistero, comunione, ministero”.

     
    “Cette célébration qui sera marquée tout…”
    Questa celebrazione, aveva sottolineato Benedetto XVI ricevendo i vescovi vietnamiti, nel giugno scorso, potrà permettere alla Chiesa “di condividere con entusiasmo la gioia della fede con tutti i vietnamiti”. In tale occasione, ha aggiunto, il popolo di Dio deve essere invitato a rendere grazie per il dono della fede in Gesù Cristo:

     
    “Ce don a été accueilli généreusement, vécu et témoigné…”
    “Questo dono - è stata la riflessione del Papa - è stato accolto generosamente, vissuto e testimoniato da molti martiri che hanno voluto proclamare la verità e l’universalità della fede in Dio”. Per questo, la Chiesa del Vietnam celebra l’apertura dell’Anno giubilare proprio nel giorno in cui si ricordano i 117 martiri vietnamiti canonizzati da Giovanni Paolo II nel 1988. Martiri come il sacerdote Andrea Dung-Lac e Pietro Thi, uccisi nel 1839, che preferirono morire piuttosto che rinnegare Cristo. Martiri come Paolo Le Bao-Thin, ricordato da Benedetto XVI nella Spe Salvi, quale esempio di uomo che non fuggì davanti al dolore, ma che, con la forza della fede, trasformò la sofferenza in speranza. Da queste testimonianze eroiche, è l’esortazione del Papa, la Chiesa del Vietnam può trovare la forza per affrontare le sfide attuali:

     
    “L’Eglise ne peut jamais se dispenser de l’exercice de la charité…”
    “La Chiesa - è il richiamo del Papa - non si può mai esimere dall’esercizio della carità” e d’altro canto, “non vi sarà mai una situazione nella quale non si avrà bisogno della carità di ogni cristiano, poiché l’uomo, al di là della giustizia, avrà sempre bisogno dell’amore”.
     
    Un amore che feconda: negli ultimi cinque anni, le vocazioni sacerdotali in Vietnam sono aumentate di quasi il 50%. Una crescita permessa dall’ammorbidimento delle restrizioni imposte dal regime comunista alla Chiesa. L’Anno Santo, è l’auspicio dei vescovi vietnamiti, sia un’occasione di “pentimento, rinnovamento e riconciliazione, così da recare abbondanti frutti alle famiglie, alle comunità e all’intera Chiesa del Signore in Vietnam”. All'apertura dell'Anno Giubilare vietnamita - riferisce l'agenzia Asianews - hanno preso parte, tra gli altri, i cardinali Roger Etchegaray, André Vingt-Trois e Bernard Law.

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    Padre Marco Rupnik sull'incontro di Benedetto XVI con gli artisti: un "grande gesto" di dialogo e di amicizia che segnerà il mondo dell'arte

    ◊   L'invito di Benedetto XVI al mondo dell'arte, perché si faccia interprete nel mondo di una bellezza che elevi lo spirito dell'uomo e lo apra alla speranza, continua a raccogliere sempre nuovi consensi. Sulle parole pronunciate sabato scorso dal Papa nella Cappella Sistina, si sofferma il gesuita, padre Marco Ivan Rupnik, teologo, docente universitario e artista, direttore del Centro Aletti nel Pontificio Istituto Orientale, che raduna artisti di ispirazione cristiana. L'intervista è di Fabio Colagrande:

    R. - Questo gesto di Benedetto XVI è di grande importanza per il dialogo tra la Chiesa e l’arte, ma soprattutto tra la Chiesa e gli artisti. Questo incontro io penso esprima comunque una certa fatica. Perché? Perché, altrimenti, si tratterebbe di un avvenimento un po’ più usuale. Invece, si è avuto 45 anni fa e 10 anni fa: ciò vuol dire che la Chiesa percepisce che gli artisti rimangono in qualche modo ancora lontani, oppure a passi timidi stanno avvicinandosi a riprendere i grandi temi spirituali che la Chiesa custodisce nei suoi tesori. E certamente, come si sentiva dalle parole di Benedetto XVI, a lui preme molto che questo incontro si acceleri.

     
    D. - Perché, secondo lei, c’è questa difficoltà?

     
    R. - Queste difficoltà hanno radici lontane. Certamente, bisogna tener conto che l’arte in una certa epoca storica si è sentita spiazzata, emarginata, messa su un binario cieco, in quanto l’Europa ha optato per il concetto, per la parola, per la logica, per la scienza, per la filosofia come via della conoscenza, mentre in tempi antichi l'arte era la via regale, il simbolo, la metafora. Trovandosi nella parte più emarginata, certamente l’arte raccoglie tutta una protesta di questo uomo offeso, ferito in schemi molto razionalistici, intellettualistici, meccanici, schematici. Certamente, tutto ciò che è più tipicamente del soggetto si esprime nell’arte. Allora è chiaro che, quando si incomincia ad esprimere un soggetto per far vedere la sua unicità, la sua forza, si cercano forme nuove, linguaggi propri, grammatiche proprie, codici propri e così nasce una incomunicabilità. A quel punto, anche la Chiesa si è trovata certamente coinvolta, perché noi viviamo dentro la cultura. Tuttavia, mi sembra che oggi si avverta ormai di nuovo un desiderio - magari non direttamente, non ancora esplicitamente religioso - ma condiviso da tanti che mi dicono che è bello creare una realtà che possa trasmettere qualcosa che vada al di là di se stessa. Un'opera di fronte alla quale ritrovarsi sia nel momento di difficoltà della vita, sia nel momento felice. Un’opera che potrebbe indicare qualcosa a qualcuno, per essere insieme con questa persona che guarda l’opera d’arte. Ormai, siamo ad un punto in cui il desiderio di uscire da se stessi e mettersi in comunicazione e in comunione con gli altri diventa uno stato d’animo di tantissimi artisti. E per questo penso che la Chiesa abbia una grandissima occasione, in questo momento, di iniziare a camminare più amichevolmente - come diceva lo stesso Santo Padre - “con” gli artisti, per aiutarli ad aprire e far sperimentare loro questi grandi tesori della salvezza. Più l’artista sarà “salvato”, più sarà “redento”, più “forte” sarà la sua opera d’arte. Noi dobbiamo aiutarli affinché i grandi contenuti di redenzione, di luce, di amore, di accoglienza, di misericordia passino nelle persone che hanno questo talento di sensibilità e di capacità di espressione. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    L’etica dei limiti in economia: intervento del cardinale Bertone all'inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università Europea di Roma

    ◊   “Verso un nuovo umanesimo”: il tema della Lectio magistralis, tenuta stamani dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, per inaugurare l’Anno accademico dell’Università Europea a Roma, aperta nel 2005, con quattro corsi di laurea Giurisprudenza, Economia, Scienze storiche e Scienze tecniche. La cerimonia, aperta dal rettore padre Paolo Scarafoni, è stata conclusa dal ministro italiano per l’Economia, Giulio Tremonti, che ha svolto un intervento su “Il mondo dopo la crisi”. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “E’ possibile oggi un nuovo umanesimo, che riporti l’uomo, la sua dignità e la sua responsabilità al centro?”: se lo è chiesto il cardinale Bertone ripercorrendo la storia economica dell’Europa, alla luce dell’Enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate. “Oggi - ha osservato - siamo di fronte a un passaggio epocale radicale”, non solo per l'Europa ma per l'intera famiglia umana, caratterizzato da “globalizzazione, liberalizzazione, finanziarizzazione, nuove tecnologie, migrazioni globali, disuguaglianze sociali, conflitti identitari, rischi ambientali”. La crisi finanziaria attuale rende solo più urgente la domanda di un nuovo umanesimo. Crisi portata - ha spiegato il porporato - da gravi squilibri strutturali nell'economia mondiale insieme al venire meno delle fondamenta etiche della finanza, non più strumento volto a favorire “l’economia reale, il benessere, lo sviluppo di tutti gli uomini”.

     
    La richiesta persistente nei Paesi occidentali, a partire dalla metà degli anni ’70, “di risultati finanziari sempre più brillanti” si è infatti “ripercossa sull’intero sistema economico, fino diventare un vero e proprio modello culturale”, dove si è radicato a livello popolare “l’ethos dell’efficienza” come criterio ultimo di giudizio e di giustificazione della realtà economica”. “Lo strumento, si è pertanto, trasformato in un fine”. Ecco che tutto si rovescia. “Si comincia a essere ricchi per essere ancora più ricchi e inizia a delinearsi la figura dell’incremento indefinito del profitto. E’ la logica distruttiva dell’illimitato, di ciò che non ha limite, di ciò che non ha senso”. A questa deriva bisogna opporre “l’etica dei limiti”: “alla presunta ‘creatività’ delle scommesse finanziarie”, “ai movimenti di capitale speculativi”, “alla sfrenata corsa delle rendite manageriali”, alle politiche che non legano “lavoro e produttività”. Più che “una via d’uscita”, “un ritorno della morale” che significa - ha concluso il cardinale Bertone - “la responsabilità della persona, prima che dei governi, verso gli altri e la loro dignità”.

     
    Ha fatto eco alle parole del segretario di Stato, il ministro Giulio Tremonti, ricordando che “ogni 8 secondi nel mondo si fa un milione di dollari, o un milione di euro, di nuovo debito bruciando il futuro dei nostri figli”. Riguardo la crisi economica, arginata dalla politica, il ministro ha criticato l’aiuto che la “mano pubblica” ha offerto indistintamente alle banche “anche alla finanza deviata”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’alchimista stregone e i fondi avvoltoi: in prima pagina, Luca M. Possati su come si rinnova la finanza selvaggia.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’Afghanistan: si avvicina l’annuncio della nuova strategia statunitense.

    Grenoble 1943, un ricordo dolce e terribile: in cultura, Anna Foa su ebrei e resistenza francese.

    Un articolo di Evandro Agazzi dal titolo “Dna compatibile tra evoluzionismo e religione”: un convegno internazionale a Firenze per chiarire alcuni equivoci storici.

    Il mosaico è un mistero di luce rivelata: Timothy Verdon sul concetto di bellezza secondo Marko Ivan Rupnik.

    L’esorcista dell’arte moderna: a ventincinque anni dalla morte Francesco M. Petrone ricorda Hans Sedlmayr.

    Un articolo di Simona Verrazzo dal titolo “Le mille vite del Romancio”: una casa editrice per la salvaguardia della lingua nazionale svizzera.

    Due riforme nel segno del Vaticano II: nell’informazione religiosa, l’intervento, a Friburgo, dell’arcivescovo Piero Marini sul tema “La liturgia papale al tempo di Benedetto XVI”. 

    Nell’informazione vaticana, un articolo sul messaggio finale della plenaria della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

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    Oggi in Primo Piano



    I cento anni della presenza dei Frati Cappuccini in Amazzonia ricordati dal ministro della provincia umbra dell'Ordine, padre Tofanelli

    ◊   Un ringraziamento a Dio per il dono di partecipare alla sua missione con l’annuncio del Vangelo in Amazzonia. Lo ha espresso ieri padre Antonio Maria Tofanelli, ministro provinciale dei Cappuccini umbri, a 100 anni dall’inizio della presenza dei frati in quelle terre lontane. Per l’occasione, è stato presentato presso la nostra emittente il documentario “Tra acqua e cielo”, realizzato da NOVA-T, che racconta la storia dei Cappuccini in Amazzonia. All’incontro è stato anche illustrato il “calendario di Frate Indovino” 2010. Il servizio di Debora Donnini:

    Siamo nel 1909: quattro Frati cappuccini umbri partono per annunciare il Vangelo in una terra lontana, nel cuore della foresta Amazzonica, regione dell’Alto Solimoes. E’ l’inizio di un’avventura che oggi registra la presenza di circa 40 Cappuccini in quella porzione di mondo segnata da alberi e acqua. Padre Antonio Tofanelli, ministro provinciale dei Cappuccini umbri:

    “Vogliamo ringraziare Dio, prima di tutto perché, in qualche modo, tutto parte da una sua chiamata ad essere partecipi della sua stessa missione. Lui ci ha considerato degni di raggiungere i suoi figli in terra amazzonica, per portare il suo annuncio d’amore. A noi interessa tantissimo la promozione umana e credo che essa sia stata favorita sia in termini di igiene, di sanità, di scolarizzazione, di lavoro. Però, credo soprattutto che, in questo caso, noi condividiamo con le popolazioni locali, così come con chiunque, quelli che possono essere i disagi e le speranze legati alla condizione umana”.

     
    “Se oggi questa gente sa leggere scrivere, se ha la possibilità di curarsi è anche grazie a quello che i frati hanno fatto”, spiega Sante Altizio, il regista del documentario “Tra acqua e cielo”. Al centro dell’incontro, anche la presentazione del “Calendario di Frate indovino”, dedicato quest’anno all’Italia. Con spiritualità, saggezza e un pizzico di umorismo, l’almanacco entra ormai da mezzo secolo nelle case di milioni di persone e i suoi proventi servono anche a sostenere missioni come quella nella terra amazzonica.

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    L'arcivescovo dell'Aquila, Giuseppe Molinari: il Natale che si avvicina sia un'occasione per dare nuova speranza alle popolazioni colpite dal sisma

    ◊   A sette mesi dal terribile sisma che ha scosso l'Abruzzo, la popolazione cerca di riappropriarsi, gradualmente, di una condizione di normalità. Un percorso non facile, mentre procede la ricostruzione di tanti edifici danneggiati. Tra questi anche numerose chiese, molte delle quali, purtroppo, non saranno accessibili ai fedeli per Natale. Luca Collodi ne ha parlato con l'arcivescovo dell'Aquila, mons. Giuseppe Molinari:

    R. - Purtroppo, il lavoro per le Chiese storiche - quelle più antiche, più belle, più artistiche - sappiamo che è lungo. A tutt'oggi ancora non sono ultimate neppure le opere di puntellamento, di messa in sicurezza. Ci sono poi alcune Chiese rimaste agibili, come nel paese di Assergi, verso il Gran Sasso. All’inizio, avevamo la speranza di vederne messe a posto, per Natale, una quarantina. Adesso, purtroppo, il numero è sceso a 26. Si sta lavorando, anche se un po’ con una certa lentezza. Noi, intanto, abbiamo già provveduto a mettere al sicuro le opere d’arte delle varie Chiese, siamo riusciti a recuperare quasi tutto. Sono situazioni poi che variano di giorno in giorno. Nella recente assemblea della Conferenza episcopale italiana, ad Assisi, tutti i vescovi dell’Abruzzo si sono incontrati con il cardinale Angelo Bagnasco, pregandolo d’insistere presso il governo affinché mantenga le promesse fatte per mettere al più presto possibile in sicurezza le Chiese, ma anche di rendere agibili quelle che non hanno avuto tanto danno.

     
    D. - Che Natale si annuncia per L’Aquila e l’Abruzzo?

     
    R. - Mi auguro un Natale sempre ricco della fede, della speranza e della solidarietà che ogni Natale porta. Questo è un discorso che vale prima di tutto per chi crede nel Natale. Mi auguro che, pur nella tragedia, sia un Natale bello anche per tutti quelli che sono stati colpiti da questa tragedia. Sono già state consegnate tante case, altre sono ancora in costruzione, tanti problemi sono stati risolti. Certo, ne rimangono molti altri da risolvere ma speriamo, con l’aiuto del Signore e la buona volontà di tutti, di risolverli.

     
    D. - La vita quotidiana all’Aquila come si sta evolvendo?

     
    R. - Intanto, è ripresa l’attività delle scuole, non solo quelle statali ma anche quelle non statali tenute dai religiosi che hanno avuto delle strutture costruite appositamente per loro. Cerchiamo di riprendere la vita normale anche nelle parrocchie. Per il resto, anche gli uffici stanno riprendendo a lavorare. Certo, molti uffici sono ancora concentrati nella scuola della Guardia di Finanza, però dei segnali di ritorno alla normalità si vedono.

     
    D. - Quest’anno il Presepe avrà un significato particolare nelle case degli aquilani...

     
    R. - Senz’altro. Ci sono però delle organizzazioni di altre città che si sono offerte per portare dei Presepi già pronti qui, nella nostra città. Presepi itineranti, un po’ particolari. Ce n’è uno molto bello che sarà allestito presso la Caserma degli Alpini. La tradizione del Presepe rimane ed anche il Presepe servirà a ricordarci che il Natale porta tanta speranza a tutti. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La disgregazione del tessuto familiare dietro l'aumento degli abusi sessuali sui minori. Intervista con don Fortunato Di Noto

    ◊   “Lo sfruttamento sessuale dei bambini produce un giro d’affari che va dai 2,5 ai 13,5 miliardi di euro l’anno”. Meter, una delle associazioni che lavora in prima linea nella tutela dei minori, torna a rilanciare l’allarme pedofilia. “La crisi della famiglia e una mentalità normalizzante aiutano il diffondersi di questo fenomeno”, spiega don Fortunato Di Noto, presidente di Meter. Ma quali sono le dimensioni di questa realtà? Giuseppe Petrocelli lo ha intervistato:

    R. - Nell’ultimo Rapporto dei diritti umani all’Onu, emerge come 200 mila minori ogni anno vengano coinvolti nel mercato della pedopornografia e della produzione. Oltre a quello, anche noi come associazione Meter, abbiamo già segnalato dall’inizio dell’anno circa 10 mila siti pedopornografici e questo dimostra come si tratti di un fenomeno esteso, un fenomeno globale.

     
    D. - Lei ha sostenuto che la crisi della famiglia e un certo tipo di mentalità sono alleati della pedofilia. Cosa significa?

     
    R. - Significa che oggi, più che mai - proprio perché la famiglia è minacciata e sta vivendo una grande crisi educativa, non è più un punto di riferimento e tante sono le famiglie disgregate - in tale contesto si sta insinuando una sub-cultura di "normalizzazione" delle relazioni affettive, anche sessuali, di adulti con bambini. In altre parole, è come se tali relazioni riempissero in maniera forte questo vuoto che sta vivendo la famiglia. Sono vuoti affettivi, esistenziali, educativi e credo che il nostro impegno, l’impegno di tutti, sia quello di aiutare le famiglie ad uscire fuori, perché aiutare la famiglia significa innestare la logica dell’amore e i bambini non si sentono abbandonati. Perché nella misura in cui i bambini sono abbandonati a se stessi, è normale che questa mentalità - alimentata anche da alcuni soggetti adulti che vogliono sfruttare i bambini - riempia questi vuoti affettivi, diventando molto delicata e pericolosa.

     
    D. - Cosa ritiene fondamentale per vincere questa battaglia?

     
    R. - Aiutare i bambini attraverso i centri di ascolto e di prima accoglienza resta fondamentale: noi già abbiamo accompagnato più di 780 bambini alle rispettive famiglie. Certo, il problema è anche l’accompagnamento giudiziario, di sostegno alle vittime: io ritengo che, sia il governo italiano sia altri, dovrebbero creare un fondo di sostegno alle vittime, perché le famiglie spesso sono dissanguate dalle lungaggini processuali. Noi come associazione abbiamo aiutato circa 160 deputati a formulare norme che blocchino questa istigazione alla normalità degli abusi sessuali sull’infanzia. Dall’altra parte, dobbiamo anche dire - se vogliamo fare un cenno all’aspetto ecclesiale - che le comunità dovrebbero impegnarsi sempre di più nel promuovere i diritti dell’infanzia: essere più vigilanti, compiere un percorso educativo affinché le famiglie non si sentano sole. E’ l’impegno della Chiesa, ma l’impegno anche degli uomini di buona volontà.

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    Presentato il Premio Bonifacio VIII assegnato a quanti promuovono i valori della pace

    ◊   Promuovere i valori della pace e della convivenza tra i popoli, secondo l’esempio della perdonanza bonifaciana. E’ l’obiettivo del Premio nazionale e internazionale “Bonifacio VIII” giunto alla settima edizione. L’iniziativa, promossa dall’Accademia Bonifaciana, è stata presentata stamani nella sede della nostra emittente. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Papa Bonifacio VIII ha donato all’umanità, con il primo Giubileo del 1300, un’occasione straordinaria di riflessione e di conciliazione. Riferendosi alla ricchezza di questo prezioso patrimonio storico e spirituale, il Premio Bonifacio VIII intende riconoscere gli sforzi di quanti si sono impegnati in opere umanitarie e culturali, come ha sottolineato il presidente dell’Accademia Bonifaciana, Sante de Angelis:

    “La meta che ci prefiggiamo anche quest’anno è quella che ci ha auspicato Papa Giovanni Paolo II e cioè che l’Accademia Bonifaciana contribuisca con ogni utile iniziativa alla costruzione di un mondo più giusto e fraterno, nella promozione degli autentici valori umani e cristiani, e che il 'Bonifacio' diventi il segno nel mondo di una vera cultura della pace ed un momento insostituibile e di grande prestigio per promuovere la terra di Ciociaria”.

    Il Premio Bonifacio VIII verrà consegnato sabato prossimo ad Anagni. Tra i premiati di questa settima edizione ci sono il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, e mons. Gaetano Bonicelli, arcivescovo emerito di Siena. Riceverà il Premio Bonifacio VIII anche l'arcivescovo Edward Nowak, segretario emerito della Congregazione per le Cause dei Santi, che ha sottolineato l’importanza di modelli autentici per la costruzione di una vera cultura della pace:

    “Ho lavorato tanto per la proclamazione dei Santi, dei Beati. Questi personaggi sono proprio 'fiori' dell’umanità. Guardiamo sempre a questi esempi che dobbiamo in qualche maniera - modesta, piccola - seguire e imitare”.

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    Chiesa e Società



    Marco Tarquinio nuovo direttore di "Avvenire": scelta nel segno della continuità

    ◊   Marco Tarquinio è il nuovo direttore di "Avvenire", il quotidiano della Conferenza episcopale italiana. La nomina a pieno titolo di Tarquinio da parte del Consiglio di amministrazione arriva dopo quasi tre mesi di direzione ad interim del giornale, intrapresa dopo le dimissioni di Dino Boffo. “Affidando la direzione a Marco Tarquinio l'editore ha inteso valorizzare in primo luogo la grande esperienza professionale che il giornale ha maturato in questi ultimi anni, divenendo un punto di riferimento del mondo cattolico ed un autorevole interlocutore della società e della cultura del nostro Paese”. È quanto si legge nel comunicato del Cda dei Avvenire Nuova Editoriale Italiana spa, riunitosi oggi sotto la presidenza di mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano. Tarquinio, nato a Foligno, 51 anni, sposato con due figlie, lavora dal 1994 nel giornale dei vescovi, dove ha ricoperto gli incarichi di caporedattore e vicedirettore sotto la direzione di Boffo. Giornalista esperto conoscitore della vita politica italiana, in passato è stato anche redattore del Corriere dell'Umbria e notista politico al Tempo. “Auguri di buon lavoro”, sono stati espressi del segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone. Il neodirettore ha rilasciato un'intervista alla Radio Vaticana, consultabile sul sito della nostra emittente (www.radiovaticana.va). (M.G.)

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    Filippine: la piaga a Mindanao della proliferazione delle armi leggere

    ◊   Dopo il sequestro e la barbara esecuzione di 46 persone nella provincia di Maguindanao che ha costretto la presidente delle Filippine, Gloria Arroyo, a proclamare lo stato di emergenza nella regione di Mindanao, sulla vicenda è intervenuto all'agenzia Fides padre Eliseo Mercado, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, docente all’università Notre-Dame di Cotabato e grande conoscitore dell’area di Mindanao. “Non c’è dubbio che la proliferazione illegale di armi leggere nelle Filippine Sud - ha detto il religioso - è il problema principale, che contribuisce far crescere il numero di feriti, morti, violazioni dei diritti umani e ad alimentare la guerra fra bande rivali”. Il punto e che anche i civili hanno iniziato ad armarsi per difendersi dalla violenza imperante. Si calcola che oltre 1,1 milioni di armi illegali, senza licenza, circolino nelle Filippine, in larga percentuale nel Sud. Oltre a 1,8 milioni di armi detenute legalmente in tutta la nazione. Secondo dati della Polizia filippina, il 97% dei crimini registrati fra i 2004 e il 2008 è stato commesso utilizzando armi illegali. “E un fenomeno che contribuisce a creare instabilità e a deteriorare la pace e l’ordine pubblico”, nota padre Mercado. Di recente il governo ha diffuso un “condono “ per cui i detentori di armi illegali che le avessero registrate non avrebbero subito sanzioni. Ma i risultati non sono stati soddisfacenti, segno che la maggior parte delle armi è in mano a bande criminali. “Si tratta di un problema importante, che i nuovi legislatori e il nuovo governo (le elezioni sono nel 2010) dovranno affrontare con urgenza”, nota il missionario. “Ne va del futuro e della pace sociale a Mindanao”. Il maggior esportatore mondiale di armi leggere sono gli Stati Uniti, da cui proviene la larga maggioranza delle armi presenti nelle Filippine. Di recente il Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, ha dichiarato pubblicamente che il suo governo si impegnerà per fermare la proliferazione delle armi leggere nel mondo. “E’ una posizione che accogliamo con favore, nella speranza che influisca sulla drammatica situazione delle Filippine Sud”, conclude padre Mercado. (R.P.)

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    India: il governo dell’Orissa riconosce la matrice indù delle violenze anticristiane

    ◊   Per la prima volta dai pogrom del 2008 il governo dello Stato indiano dell’Orissa riconosce le responsabilità dei movimenti radicali indù nelle violenze anticristiane nel Kandhamal. Secondo quanto riferisce AsiaNews ieri, il Chief minister dell’Orissa, Naveen Patnaik, rispondendo ad una interrogazione presentata da Adikand Sethy, parlamentare del Communist Party India (Cpi), ha evidenziato il coinvolgimento nei disordini dei gruppi Rastriya Swayam Sevak Sangh (Rsss), Viswa Hindu Parishad (Vhp) e Bajarang Dal (Bd). L’esponente del governo ha inoltre riferito degli arresti compiuti tra i militanti di queste organizzazioni: Rsss 85, Vhp 321 e Bd 118. Sino ad oggi il governo dell’Orissa aveva sempre eluso la domanda sulla matrice indù delle violenze riducendo le vicende del Kandhamal a scontri etnici tra tribali. Mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, dice ad AsiaNews: “Ora che il governo dell’Orissa ha ammesso che dietro il massacro di cristiani innocenti ci sono le organizzazioni radicali indù, ci aspettiamo di vedere quando verranno chiamate a rispondere davanti alla legge”. L’avvocato Dibakar Parichha, che segue le vicende legali delle vittime dei pogrom, ricorda che “sono stati denunciati 837 casi e più di 3mila esposti, relativi a 415 villaggi, sono stati presentati ai posti di polizia. Nonostante questo solo 27 persone sono sotto processo mentre le altre sono a piede libero”. Il 19 novembre il tribunale speciale dell’Orissa dedicato ai processi per i pogrom del 2008 ha condannato nove persone a quattro anni di carcere ed al pagamento di una multa di 3.500 rupie, circa 50 euro. Nonostante questo, sono sempre maggiori i numeri delle assoluzioni rispetto a quelli delle condanne anche quando ci sono prove inconfutabili che accusano gli indagati. L’avvocato Rasmi Ranjan Jena elenca ad AsiaNews i fatti che rendono fragile la giustizia nel Kandhamal: “ Ci sono metodi di indagine carenti e faziosi; le schedature degli arrestati e la loro presentazione alla Corte indeboliscono i processi; le vittime ed i testimoni patiscono l’assenza di sicurezza sociale e fisica fuori e dentro i tribunali; i testimoni vengono minacciati; la mancanza di partiti democratici e di destra che facciano da contraltare al dominio del Bjp e del Rss aiuta i colpevoli e guasta l’atmosfera che si respira nei tribunali”. Per la popolazione cristiana dell’Orissa rimane l’incubo di incontrare per le strade dei villaggi gli assalitori di oltre un anno fa. Il clima di impunità di cui possono godere soprattutto le personalità più importanti dei movimenti indù acuisce il timore di non poter mai ottenere pace e giustizia. Il caso delle assoluzioni a catena incassate da Manoj Pradhan, politico del Bjp e membro del parlamento di Bhubaneswar, è esemplare. Ora che Patnaik ha reso note le responsabilità delle persecuzioni la situazione potrebbe cambiare. Ma John Dayal, membro dell’All India Christian Council e del National Integration Council, non si fa illusioni: “Prima dobbiamo aspettare di vedere come il parlamento risponderà alle parole di Patnaik e all’ammissione del coinvolgimento delle forze nazionaliste”. (M.G.)

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    Pakistan: Ong criticano le leggi sulla blasfemia

    ◊   “Io promuovo la pace. E tu?”. È questo il tema della conferenza svoltasi sabato scorso a Lahore, nel Punjab, in Pakistan, che ha visto coinvolti più di centocinquanta, tra musulmani e sikh. L’iniziativa è stata organizzata dalla Hac Alliance, una coalizione di tre organizzazioni non governative (ong), Human friends organization, Awaz-e-Niswan e la Cathe foundation. In questa occasione – come riportato sull’Osservatore Romano - è stata data voce alle forti controversie nate sulla questione delle leggi sulla blasfemia in vigore in Pakistan, una delle principali preoccupazioni della comunità cristiana e della comunità episcopale giustizia e pace, causa anche delle forti violenze in corso nel Paese. L’organizzatrice della conferenza – Neena Norren - ha condannato l’uso strumentale delle leggi in questione, spiegando durante il suo intervento che “le leggi sulla blasfemia, che prevedono la pena di morte per insulti al profeta Maometto e il carcere fino all’ergastolo per atti contro il Corano, sono state messe in discussione”. “Questo – ha aggiunto – è senza dubbio un progresso nella lotta per il riconoscimento del pluralismo religioso in Pakistan”. Il presidente della Conferenza episcopale del Pakistan (Ncjp), l’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence John Saldanha, e il segretario esecutivo, mons. Peter Jacobs sono in prima linea nella lotta contro queste leggi, ed si stanno impegnando per fare pressione sul comitato parlamentare per le riforme costituzionali cercando in tutti i modi di eliminare gli articoli nella costituzione del Paese che discriminano in base alla religione. La conferenza di pace si è aperta con la recita del Corano, seguita da alcuni brani del Guru Granth Sahib, il libro sacro dei Sikh, e poi con la lettura della Bibbia. Infine, sono state proiettate alcune diapositive di violenze nei confronti della comunità cristiana e sono stati letti numerosi messaggi di pace e di riconciliazione in Pakistan. Non sono da trascurare le forti preoccupazioni dovute all’estremismo religioso e sulla questione delle minoranze, bisogna porre fine al terrore e all’ingiustizia perpetrato nel nome della religione. Tra il 1980 ed il 1986 queste leggi erano state introdotte dall’allora presidente del Pakistan, Zia-ul-Haq, per garantire il rispetto di Maometto, i suoi Compagni e del Sacro Corano. Oggi queste leggi sono le uniche al mondo attraverso cui persone che subiscono accuse infondate restano vittime di omicidi, vengono arse vive e subiscono la distruzione delle loro proprietà. Dal 1986 all’ottobre del 2009, almeno 966 persone sono finite sotto accusa per la legge sulla blasfemia. Il 9 marzo scorso una folla ha preso di mira una chiesa in un villaggio vicino a Gujranwala, una donna è morta in seguito all’attacco. Il 22 aprile, un insediamento cristiano e una chiesa sono stati colpiti da uomini armati nella città di Taisar, nei pressi di Karachi. Anche in questo caso, un giovane cristiano è stato ferito gravemente ed è morto a causa delle ferite. Il 29 giugno è stato incendiato un intero insediamento cristiano in un villaggio vicino a Kasur: bruciate più di 60 case, di proprietà di 100 famiglie. Il 30 giugno, di nuovo, circa 60 case appartenenti a cristiani nel villaggio di Korian sono state incenerite da una folla. Il primo agosto, nella città di Gojra, un numero simile di edifici sono state bruciate. Sette cristiani, tra cui donne e bambini, sono bruciati vivi, mentre un’ottava persona è morta per infarto, dopo che la folla ha colpito la sua abitazione. E ancora l’11 settembre gli estremisti hanno colpito un insediamento cristiano e una chiesa; nella notte fra il 14 e il 15 settembre, un giovane cristiano è morto in prigione in seguito a un omicidio extragiudiziale. Sul suo capo pesava l’accusa di aver dissacrato il Corano. (C.P.)

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    La Chiesa sudcoreana verso i rifugiati del nord: “Sono agenti di unità ed evangelizzazione”

    ◊   Il dramma degli esuli nordcoreani che vivono nella discriminazione nella parte sud della penisola, è stato il tema al centro delle riflessioni dell’incontro “I saeteomin, agenti di Vangelo”, promosso dalla Rete episcopale per la Riconciliazione del popolo coreano e svoltosi domenica scorsa nel Centro Hanmaum di Seul. Saeteomin in coreano significa “rifugiati, coloni”, ed è il termine con cui i sudcoreani chiamano coloro che riescono a scappare dal regime di Pyongyang per stabilirsi dall’altra parte del confine. Col tempo, dato il bassissimo livello d’integrazione degli esuli, è divenuto un termine dispregiativo. E proprio da questo è voluto partire il vescovo ausiliare di Seoul, mons. Lucas Kim Woon-hoe, citato da AsiaNews: “Dobbiamo essere veri testimoni di quello che accade nel Nord. E niente può aiutarci di più in questo compito dei nostri fratelli saeteomin, che hanno la nostra identica dignità”. Per questo motivo i rifugiati nordcoreani “sono agenti di evangelizzazione, membri a tutti gli effetti della nostra società e amici con cui costruire insieme il futuro”. “Ascoltando la loro testimonianza – aggiunto il presule -, impariamo a conoscerli e ad accoglierli, anche in vista del loro ruolo di evangelizzatori, quando la Corea del Nord tornerà ad essere un Paese libero”. Oltre ai partecipanti laici, erano presenti circa 90 tra sacerdoti, religiosi e saeteomin. Uno di loro, Dong Young-soo, riuscito a entrare in Corea del Sud nel 2003, ha messo in luce le discriminazioni che colpiscono in base all’appartenenza al ceto sociale. In Corea del Sud in base alla classe sociale, infatti, si ha accesso a determinati tipi di istruzione o lavoro. E in effetti, la comunità dei saeteomin vive emarginata dal resto del Paese: considerati dei traditori inaffidabili in patria, nel sud vengono trattati come mendicanti perenni. Secondo il professor Ko Kyeong-bin, che insegna all’Università di Seoul, “l’agonia dei 20mila saeteomin che vivono qui ci preoccupa molto. D’altra parte, questi sono soltanto lo specchio dei 20 milioni di nordcoreani che arriveranno da noi dopo la Riunificazione delle due Coree. Dobbiamo fare molta strada, prima di essere pronti ad accoglierli nel modo giusto”. L’accademico, che ha guidato per anni il dipartimento per la Riunificazione del governo, aggiunge: “È proprio il pregiudizio e la discriminazione contro di loro che ha contribuito a rendere più difficile la strada verso una nuova unione fra i due Paesi. Dobbiamo cambiare il nostro modo di fare, perché siano proprio loro gli agenti del ritorno all’unità. In un secondo momento, saranno anche agenti di evangelizzazione”. Prima di chiudere l’incontro, mons. Kim ha espresso un auspicio: “Con questa giornata ho capito quale importante missione dobbiamo compiere, il prima possibile. Ho ascoltato la testimonianza dei saeteomin e ne sono rimasto molto colpito. Pregherò Dio, affinché giunga presto il giorno in cui tutti noi potremo vivere con un cuore solo la riconciliazione delle due Coree”. (M.G.)

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    Rapporto Onu sull'Aids: scendono le infezioni, i progressi maggiori in Africa

    ◊   È diminuito del 17% il numero di persone nel mondo che, dal 2001 al 2009, ha contratto il virus dell’immunodeficienza umana (Hiv) responsabile della Sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids): è il dato principale contenuto nel rapporto 2009 realizzato dal Programma delle Nazioni Unite per il contrasto all'Aids (Unaids) e dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) sullo stato della pandemia a livello globale. Il rapporto, che al suo interno contiene anche molti altri dati positivi, precisa che il numero di nuove infezioni registrate è sceso del 15% nell’Africa sub-sahariana, del 25% in Asia orientale e del 10% nel Sud e Sud Est asiatico; mentre in Europa Orientale, che negli anni scorsi aveva fatto registrare una crescita di infezioni soprattutto tra i tossicodipendenti, i livelli si sono “stabilizzati”. I dati positivi non si fermano però alla diminuzione dei contagi. Secondo Unaids e Oms - riferisce l'agenzia Misna - si è allungata la speranza di vita di persone infette da Hiv grazie ai medicinali antiretrovirali, i quali, se non curano il virus, consentono almeno di contenerne gli effetti più degenerativi; di conseguenza il tasso di mortalità è sceso sotto il 10% negli ultimi cinque anni. I medicinali antiretrovirali sono anche i principali responsabili del calo di trasmissione del virus Hiv nei neonati dalle partorienti. Nel rapporto si cita il caso del Botswana dove, la copertura di trattamenti antiretrovirali ha raggiunto l’80% dei malati, consentendo di abbattere del 50% in soli cinque anni il numero di morti per l'Aids. Il Programma delle Nazioni Unite e l’Oms hanno evidenziato l’importanza di non sottrarre investimenti nella lotta alla Sida - denunciando come i risultati incoraggianti degli ultimi anni e la crisi economica stiano spingendo soprattutto i Paesi più poveri e dirottare fondi destinati alla lotta e prevenzione della malattia in altri settori - e di proseguire con l’approccio coordinato (dalla prevenzione alla cura) che si è dimostrato la chiave vincente nel contrastare la malattia e i suoi effetti peggiori. Secondo le statistiche presentate oggi, comunque, nel mondo sono circa 33 milioni le persone che vivono con il virus Hiv, meno di tre milioni i nuovi infetti stimati nel 2008 e due milioni circa i morti provocati dall'Aids o di complicazioni ad essa riconducibili. (R.P.)

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    Proseguono le espulsioni degli angolani dal Congo: campi profughi al collasso

    ◊   I Governi della Repubblica Democratica del Congo e della Repubblica del Congo stanno espellendo tutti gli angolani residenti sul loro territorio. La denuncia raccolta da Zenit arriva dall’associazione caritativa cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) che parla di migliaia di persone costrette a tornare in Angola senza neanche la possibilità di portare con sé i propri già scarsi averi. Secondo due collaboratori dell’associazione, padre Andrzej Halemba e Ulrich Kny, gli angolani espulsi vivono “una sofferenza indicibile” e devono sopportare “condizioni raccapriccianti”. I due riferiscono anche di poliziotti congolesi, in uniforme o in abiti civili, che “si presentano senza avviso e chiedono agli angolani di abbandonare immediatamente il Paese”. Questa situazione, denuncia Acs, provoca lo smembramento di molte famiglie: ci sono bambini rimasti soli perché non sono riusciti a ritrovare i propri genitori che erano stati espulsi, così come gli angolani sposati con cittadini congolesi devono abbandonare il coniuge. I collaboratori di Acs raccontano inoltre di persone costrette a percorrere fino a 900 chilometri a piedi e di donne che partoriscono per strada. Molti anziani, donne e bambini arrivano ai campi di rifugiati senza aver mangiato da giorni. Di fronte a questa tragica emergenza, le diocesi congolesi di Uíje e Mbanza Congo si sono mobilitate per assistere migliaia di rifugiati affamati, stremati e non di rado gravemente malati. A Damba sono stati allestiti cinque campi di accoglienza, ma le forti piogge hanno impregnato il terreno occupato dalle tende fornite dalla città, provocando una situazione catastrofica. “Alcuni rifugiati decidono di proseguire subito il cammino verso altri villaggi dove si trovano dei loro familiari – spiega Ulrich Kny –. Altri non sanno dove andare: i loro paesi sono stati totalmente distrutti durante la guerra civile e i loro parenti sono fuggiti. C'è anche chi non viene accolto dai propri familiari e che, con un dolore ancor maggiore, torna ad uno dei campi di accoglienza”. A Damba, quattro cappuccini e quattro suore della Misericordia assistono la marea incessante di rifugiati offrendo assistenza spirituale, ospitando nel convento, distribuendo cibo, stoviglie, medicinali e vestiti e incaricandosi della vaccinazione contro il tetano, la poliomielite e altre malattie. Le suore assistono ogni giorno centinaia di persone, contando sul sostegno di numerosi volontari della parrocchia, ma i rifugiati aumentano continuamente ed è molto difficile far fronte a tutte le loro necessità. Nelle ultime settimane, si stima che siano stati espulsi circa 40.000 angolani. “Tutto sembra indicare che si tratti di una rappresaglia per l'espulsione dall'Angola di immigrati clandestini provenienti dai Paesi congolesi, iniziata due anni fa”, commenta Acs. I rappresentanti dell'associazione, tuttavia, hanno sottolineato che le espulsioni degli angolani non riguardano solo gli immigrati illegali, ma anche quelli che risiedono regolarmente in una delle due Repubbliche congolesi, come rifugiati della guerra civile o per qualsiasi altro motivo. (M.G.)

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    Somalia: grave crisi umanitaria nella città di Beledweyne

    ◊   A Beledweyne, città a nord-ovest di Mogadiscio quasi al confine con l’Etiopia, l’amministrazione locale è cambiata ben tre volte dallo scorso settembre aggravando ogni volta le condizioni di vita della popolazione costretta ad adeguarsi alle direttive del nuovo gruppo al potere. Al confine tra zone di influenza degli ‘shebab’ e delle forze governative, Beledweyne - scrive Irin, rete informativa dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento umanitario - è solo un indicativo esempio dell’emergenza umanitaria vissuta dall’intera Somalia che si fa più grave con il passare del tempo e con l’accumularsi dei problemi. A Beledweyne, - riferisce l'agenzia Misna - gli sfollati che vivono in campi allestiti all’esterno della città sono circa 15.000 e, sottolinea Irin, sono proprio loro a pagare le peggiori conseguenze di questo costante clima di insicurezza. “Questa gente – scrive la rete informativa dell’Onu citando testimonianze locali – è stata costretta a fuggire diverse volte, gli aiuti che ricevono non sono sufficienti e per sopravvivere si affidano a sporadici lavori in città”. A confermare le difficoltà dovute al continuo cambiamento di amministrazioni, controllate ora da un gruppo ora da un altro, è il Programma Alimentare Mondiale (Pam) secondo cui in tutta la Somalia sono oltre un milione e mezzo gli sfollati e circa tre milioni e 600 mila le persone che hanno bisogno di assistenza alimentare. Aiuti che a volte difficilmente si riesce a garantire a causa dell’insicurezza generale, come avvenuto ieri nella città meridionale di Buale dove 12 operatori stranieri del Pam sono stati costretti a trasferirsi nel timore di possibili scontri tra fazioni rivali. (R.P.)

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    Nel 2009, l'Africa supera il miliardo di abitanti

    ◊   Nel 2009 l’Africa ha superato il miliardo di abitanti: la notizia, rimasta in sordina, - riferisce l'agenzia Misna - esprime tutta la “vitalità e la buona salute demografica del continente ricco in capitale umano da mettere al servizio del proprio sviluppo”; in un editoriale pubblicato dal quotidiano ‘Fasozine’ del Burkina Faso, Serge Mathias Tomondji elenca i risvolti positivi del dato recentemente diffuso dal ‘Population Reference Bureau’ di Washington. “A lungo continente sottopopolato, per aver perso 11 milioni di persone durante tre secoli di tratta degli schiavi e per essere stato decimato da epidemie e fame, l’Africa vive oggi un vero e proprio boom demografico” scrive Tomondji che aggiunge qualche altro dato: nel 1950 solo un abitante del pianeta su 10 viveva in Africa; oggi il rapporto è di uno su sette e nel 2050 sarà di uno a cinque; inoltre, il 43% degli africani sub-sahariani ha meno di 15 anni e in particolare l’Uganda, con il 56% della popolazione minorenne, è il paese più giovane del mondo. L’editoriale, intitolato “Un miliardo di africani...e poi?” si sofferma anche sulla dimensione negativa assunta spesso dall’informazione quando tratta argomenti africani e individua nel fabbisogno alimentare una delle questioni fondamentali per mettere alla prova la capacità dell’Africa di provvedere ai bisogni di una popolazione crescente. Pur essendo, a suo avvico “troppo poco reattiva e facile preda di ladri di ricchezze e potenzialità”, l’Africa abbonda di energie da capitalizzare, forze da federare, iniziative da sviluppare tali da farne il continente della creatività e della prosperità senza aspettarsi miracoli e dollari dall’Occidente”. L’editoriale conclude; “E’ ora di rimboccarci le maniche per risolvere da soli i nostri mali. Diventiamo dunque ‘afro-realisti’ vincenti”. (R.P.)

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    Il Benin ratifica la Convezione contro il commercio delle armi leggere

    ◊   Si allarga l’area “off limits” per il commercio di armi nell’Africa occidentale. Con la ratifica da parte del governo del Benin, avvenuta il 29 settembre scorso, sono nove i Paesi membri della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao) in cui è in vigore la 'Convenzione contro la proliferazione di armi leggere e di piccolo calibro' (Alpc). Secondo quanto riferisce la Misna, il testo, adottato nel giugno 2006 ad Abuja dai Paesi della Cedeao, proibisce il traffico di armi tra gli Stati firmatari della convenzione così come il trasferimento di armamenti ad attori non-statali senza l’accordo del governo del Paese importatore; la convenzione prevede tuttavia alcune deroghe nei casi di legittima difesa, di minacce alla sicurezza nazionale o di partecipazione di uno di questi Paesi ad una missione di mantenimento della pace. Ad oggi manca ancora la ratifica di altre sei delle 15 nazioni della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale; “ai fini delle sicurezza collettiva della regione e visti i movimenti transfrontalieri di armi leggere è necessario che la Convenzione venga ratificata da tutti gli stati membri della Cedeao” ha detto il ghaneano Mohamed Ibn Chambas, presidente della Commissione dell’organismo regionale. La Convenzione ha inoltre consentito l’istituzione di Commissioni nazionali di coordinamento nella lotta contro le armi e di un Gruppo di controllo sovranazionale guidato da esperti indipendenti. (M.G.)

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    Manila: i giovani dell’Asia riuniti per portare Cristo al continente

    ◊   Rinnovare la fede dei giovani nella Parola di Dio e nell’Eucarestia e renderli portatori del cristianesimo nelle varie realtà dell’Asia. Con questo scopo si è aperta ieri a Manila la quinta Giornata della Gioventù asiatica, che vede la partecipazione di oltre 2000 giovani provenienti da 22 Paesi del continente. La giornata del 2009 avviene nell’unico Paese oltre a Timor Est a maggioranza cattolica. Essa è una grande opportunità soprattutto per i giovani che vivono in Paesi dove non vi è libertà religiosa come  Cina, Mynamar, Vietnam, Cambogia. Quest’anno la delegazione più numerosa è proprio quella cinese, con 83 partecipanti.  Grazie a incontri di catechismo, testimonianze, pellegrinaggi e all’ospitalità delle famiglie cattoliche filippine, i giovani  hanno la possibilità di vivere da vicino l’esperienza della comunità cristiana. “Vogliamo mostrare loro l’esperienza del cristianesimo vissuta nelle nostre parrocchie – spiega ad AsiaNews mons. Joel Baylon, responsabile della pastorale giovanile per la Conferenza episcopale filippina – e far vedere ai giovani filippini il volto della Chiesa nelle varie realtà dell’Asia”. Organizzata per la prima volta nel 1999 in Thailandia, l’Ayd si tiene ogni tre anni e si sviluppa in tre giorni di incontri di approfondimento spirituale e culturale. L’ultimo appuntamento  è avvenuto nel 2006 ad Hong Kong. (M.G.)

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    Colombia: al via la campagna per combattere la violenza contro le donne

    ◊   Sotto il patrocinio della Pastorale sociale della chiesa colombiana domani 25 novembre si apre la Campagna sulla non-violenza contro la donna che ha scelto come motto l’invito a riflettere sulla “dignità della donna, dono da proteggere, coltivare e promuovere”. La Sezione vita, giustizia e pace della Pastorale sociale, che opera insieme alla Caritas locale, spiegando il senso dell’iniziativa ricorda che è fondamentale oggi, se si desidera affrontare la gravità e vastità del fenomeno, riflettere sui rapporti strutturali che intercorrono tra le diverse espressioni del potere. Un percorso di questo tipo può aiutare ad identificare, si precisa, gli archetipo che spesso sostengono le diverse forme di violenza contro la donna nella vita quotidiana e dunque, quanto occorre fare per sradicare questi comportamenti affinché si possa liberare il cammino da ogni ostacolo e arrivare così alla difesa incondizionata della dignità femminile. Per gli organizzatori dell’evento, che ha ricevuto da più parti numerose adesioni, è fondamentale oggi che l’educazione dei colombiani, sin dall’infanzia, faccia perno sul rispetto della vita, sula valore dell’equità e dunque sulla dignità di ogni persona umana. Solo un’educazione di base cimentata in un orizzonte simile - aggiungono - può aiutare ha individuare ed offrire strumenti adeguati per una migliore comprensione ed applicazione della legge 1257 che sancisce norme per garantire a tutte le donne una vita affrancata da ogni tipo di violenza sia nell’ambito privato sia in quello pubblico. In Colombia, come in buona parte dell’America Latina, la violenza contro la donna è una piaga fra le più deleterie. Non solo. In Colombia è un fenomeno addirittura in aumento negli ultimi anni. I dati statistici, spesso non completi poiché molte donne non denunciano le violenze che subisco, soprattutto se avvenute all’interno della famiglia, della casa o del matrimonio, sono preoccupanti anche perché in alcuni casi, tali condotte finiscono nell’omicidio. Fra le cause principali di questa realtà va ricordato il cosiddetto “machismo”, condotta quasi teppistica in virtù della quale il maschio pretende di avere sulla donna potere di vita e di morte. Il 13 maggio 2007, Benedetto XVI nel suo discorso di apertura della V Conferenza generale degli episcopati dell'America Latina, in Aparecida (Brasile), ricordava: "In alcune famiglie dell'America Latina persiste ancora sfortunatamente una mentalità maschilista, che ignora la novità del cristianesimo nel quale è riconosciuta e proclamata l'uguale dignità e responsabilità della donna rispetto all'uomo”. (A cura di Luis Badilla)

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    Messico: migranti sequestrati mentre tentano di passare dal Messico negli Usa

    ◊   Mons. Rafael Romo Muñoz, arcivescovo di Tijuana, città messicana confinante con gli Stati Uniti, al suo rientro dopo aver presso parte in Vaticano al VI Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati, è tornato a parlare con dolore sul fenomeno dei migranti vittime di sequestri mentre tentano di attraversare illegalmente la frontiera tra i due Paesi. Ormai, come dimostrano anche rapporti di organismo internazionali, nella “terra di nessuno”, cioè una vasta area tra i due Paesi dell’America del nord prosperano numerose bande criminali che sequestrano i migranti per farsi pagare un riscatto. La Commissione per la mobilità umana dell’arcidiocesi ha potuto raccogliere documentazione su numerosi casi e ciò permette di sostenere che nei primi sei mesi del 2009 i sequestrati sono almeno novemila persone. Mons. Romo Muñoz ha detto di aver denunciato questa dolorosa realtà nel corso del Congresso in Vaticano chiedendo a tutti i partecipanti di prendere coscienza sulla gravità del fenomeno che non sembra diminuire anche perché, secondo la polizia messicana, ormai si parla di ingenti “fatturati”. Nel mese di giugno l’Osservatorio pastorale del Consiglio episcopale dell’America Latina (Celam) ha già denunciato che ogni mese in Messico spariscono più di 1.600 persone dirette illegalmente negli Stati Uniti. Arrivano da ogni Paese dell’America centrale, più della metà dall’Honduras. Le cifre sui rapimenti dei migranti sono l’esito di un’inchiesta della Commissione nazionale dei Diritti umani messicana durata da settembre 2008 al febbraio di quest’anno, diffusa dal Celam. Nei sei mesi esaminati dal rapporto, i sequestri hanno raggiunto quasi quota diecimila e la cifra potrebbe verosimilmente rispecchiare la media annuale, ventimila sparizioni. Di solito i migranti sono catturati a bordo dei treni che li portano oltreconfine, oppure mentre si nascondono nelle stazioni in attesa di partire, sempre in gruppo, per lo più nel sud del Paese. Dopo averli maltrattati, i rapitori chiedono ai prigionieri un riscatto dai 1500 ai 5000 dollari a persona. Cifre alla mano, il traffico potrebbe aver fatto guadagnare ai malviventi almeno 25 milioni di dollari in soli sei mesi. I rapitori sono ben organizzati, ma soprattutto ben protetti dai membri corrotti delle autorità statali. Agiscono in bande armate con la complicità delle forze dell’ordine: quasi tutte le vittime hanno raccontato di essere state fermate, con la promessa di cibo o di un passaggio per gli Stati Uniti, da uomini in uniforme, a volte in pattuglia. Molti hanno raccontato che gli agenti della polizia si facevano vivi anche durante i giorni di prigionia, portavano denaro o alcool ai sequestratori, altre volte aiutavano persino a sorvegliare i luoghi di detenzione. A causa della collusione con le autorità, i rapimenti restano normalmente impuniti. (L.B.)

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    Perù: i fedeli di Trujillo hanno celebrato un anno di Missione continentale

    ◊   Domenica scorsa, in occasione della solennità di Cristo Re dell'Universo è stato celebrato il primo anniversario della Missione continentale nell'arcidiocesi Metropolitana di Trujillo. In mattinata, nella cattedrale, il presidente della Conferenza episcopale del Perù, l'arcivescovo di Trujillo, mons. Miguel Cabrejos Vidarte, ha presieduto l'Eucaristia con la folta presenza di fedeli provenienti da tutte le parrocchie della diocesi. Nella sua omelia, - riferisce l'agenzia Fides - mons. Cabrejos ha ricordato l'importanza che ha nella vita delle persone l'incontro con Gesù attraverso l'Eucaristia: "La nostra vita non ha senso, se prima non abbiamo incontrato Gesù Cristo". L’arcivescovo ha parlato anche del lavoro di evangelizzazione che tutti i missionari dovrebbero avere come priorità permanente: "Il lavoro che abbiamo iniziato non deve essere un programma o una mera azione da completare. Noi dobbiamo rispondere all’azione missionaria, ai tempi apostolici, facendola diventare un atteggiamento permanente". Dopo la Messa, l'arcivescovo insieme ai vescovi, ai sacerdoti e a centinaia di pellegrini, si sono recati nella Plaza de Armas per portare il loro saluto alle istituzioni e alle persone che hanno partecipato alla prima “Expo Cattolica 2009”. Questo evento è stato organizzato per presentare il materiale, le risorse e le strategie per l'azione evangelizzatrice della Chiesa arcivescovile di Trujillo. In questo ambito quindi è stato possibile trovare, tra le altre cose, dipinti, manifesti, opuscoli, materiali audiovisivi, indicazioni di siti internet, software, una originale discoteca e un karaoke di musica cristiana. Inoltre sono state presentate tutte le novità nel campo biblico, teologico, pastorale, educativo, sociale e liturgico della Chiesa. (R.P.)

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    Bolivia: il cardinale Julio Terrazas rieletto presidente della Conferenza episcopale

    ◊   Il cardinale Julio Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz è stato rieletto per la settima volta presidente della Conferenza episcopale boliviana (Ceb). Mons. Jesus Perez Rodriguez, arcivescovo di Sucre, è vice-presidente della Ceb e come Segretario generale è stato scelto mons. Oscar Aparicio Céspedes, vescovo ausiliare di La Paz. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, il cardinale avrebbe voluto cedere l’incarico di presidente ad un altro membro dell’episcopato, ma è prevalsa l’insistenza dei vescovi. Con questa decisione, tutti i vescovi hanno infatti espresso il loro impegno di proseguire a mantenere un atteggiamento conciliante e profetico come quello del cardinale boliviano, dinanzi alle vicende della società che sta vivendo un momento storico importante nel quadro dell’America Latina. Nei mesi recenti, il cardinale Terrazas ha denunciato con forza la crescente povertà della Bolivia e la spirale di violenza che sta crescendo nel Paese. Si è lanciato anche nella lotta contro la droga attraverso i suoi messaggi della domenica, sempre fondati sulla Parola di Dio. Nello scorso mese di aprile, la sua casa è stata bersaglio di un attentato che ha danneggiato la porta principale del palazzo: un episodio di violenza che ha suscitato ampie proteste dell'opinione pubblica nazionale e internazionale. Nella riunione dei vescovi, il porporato ha detto: “la speranza non si raggiunge con le pillole, ma con la gioia di essere discepoli e missionari che sono disponibili a servire il Signore". (R.P.)

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    Il cardinale Rouco Varela alla plenaria dei vescovi spagnoli: “Tornano a crescere le vocazioni”

    ◊   Sono iniziati ieri a Madrid i lavori dell’assemblea autunnale della Conferenza episcopale spagnola. In qualità di presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Antonio M. Rouco Varela ha pronunciato il discorso inaugurale nel quale ha dato anche il benvenuto al nuovo nunzio della Santa Sede in Spagna, mons. Renzo Fratini. Sono stati due gli argomenti principali nell’intervento del cardinale: l’Anno Sacerdotale e l’attuale crisi economica e morale. Sulla personalità del sacerdote ha affermato che non vanno separate la sua missione profetica e quella culturale. Sulla crisi di vocazioni al sacerdocio ha dichiarato che è stata superata la fase piú acuta degli anni successivi al Concilio Vaticano II e sono sempre piú numerose le vocazioni anche se non ancora sufficienti, e non sono distribuite in maniera omogenea tra le diverse diocesi. Il porporato ha dato alcune cifre a suo avviso “preoccupanti” sul numero oggi di sacerdoti per la cura pastorale dei fedeli, sia nelle zone urbane sia in quelle rurali. Sull’attuale crisi economica e sociale ha messo in risalto soprattutto la gravità della disoccupazone che continua ad aumentare; inoltre ha aggiunto che la crisi va vista oggi in una prospettiva mondiale, ma si è chiesto se gli uomini rusciranno da soli a creare i necessari vincoli di fratellanza tra i popoli se si fa a meno della dimensione trascendente dell’essere umano. Nella sua valutazione della crisi, il cardinale Rouco Varela ha elencato alcune dimensioni fondamentali: il basso indice demografico e il rispetto del creato. Ma ha sottolineato d’altra parte, l’enorme contributo della Chiesa allo sviluppo e l’aiuto assistenziale per mezzo della Caritas o dell’associazione “Manos unidas” che quest’anno compie 50 anni dalla sua creazione. Il cardinale Rouco ha preso poi in considerazione altri argomenti di particolare importanza come la crisi dell’educazione in Spagna che, secondo le sue parole, “soffre gravi problemi”. Tra questi, ha precisato l’eccessivo intervento dello Stato che manca del dovuto rispetto alla famiglia o i contenuti di alcune materie obbligatorie. Nel suo intervento, mons. Renzo Fratini, nunzio apostolico in Spagna, ha messo in risalto la priorità dell’annuncio evangelico nella missione della Chiesa, e non solo nei Paesi in missione. Nel suo ruolo come nunzio apostolico, il presule ha dichiarato di voler essere fedele a questa priorità, sempre secondo le caratteristiche della sua carica, e di voler mantenere l’unità tra la Chiesa universale e le chiese particolari. Mons. Fratini ha anche sottolineato l’importanza della mutua vicinanza tra il sacerdote e il vescovo. Nel corso di questa assemblea dei vescovi spagnoli sará eletto un vescovo che sostituirà nel Comitato esecutivo, il cardinale Carlos Amigo che è andato in pensione. Inoltre, sarà presentato un documento sull’attuale crisi economica, e si darà ampia informazione sulla prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Madrid nel 2011. (Dalla Spagna, Ignacio Arregui)

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    Per i vescovi inglesi la depenalizzazione del suicidio assistito può diventare istigazione al reato

    ◊   Un’istigazione a violare l’attuale legge sul suicidio. Così i vescovi inglesi e gallesi bocciano le recenti direttive decise dal direttore della Procura generale inglese sulla depenalizzazione del suicidio assistito. Le nuove direttive – lo ricordiamo - sono state pubblicate in Inghilterra e Galles il 23 settembre scorso dopo la battaglia legale vinta da Debbie Purdy, una donna malata di sclerosi multipla che si era rivolta ai giudici per sapere quale sarebbe stato il destino del marito nel caso in cui questi l’avesse aiutata ad andare all’estero per un suicidio assistito. Esse stabiliscono che una persona che aiuta a morire un malato terminale non è penalmente perseguibile se non si può dimostrare che essa ha agito per ottenere un vantaggio economico personale. Chiamati ad esprimere un parere nell’ambito di una consultazione pubblica sulla questione, i vescovi inglesi hanno ribadito il loro fermo no alla misura che - affermano - prende di mira i disabili, i malati terminali, le persone depresse e gli anziani e “potrebbe incoraggiare comportamenti criminali”, mandando il messaggio che uccidere queste persone è accettabile. I presuli accusano poi il Procuratore generale della Corona Keir Starmer di avere abusato dei suoi poteri, ignorando la volontà del Parlamento che per ben due volte in 18 mesi ha rigettato tentativi di modificare l’attuale legge sul suicidio in vigore dal 1961: “Considerato il chiaro orientamento espresso dal Parlamento sulla questione – scrivono - l’inclusione di categorie come le malattie terminali e degenerative e la disabilità incurabile tra le condizioni per la non perseguibilità va oltre le competenze della Procura Generale”. Contro la legalizzazione e la depenalizzazione del suicidio assistito si sono mobilitati in questi mesi anche le altre Chiese nel Regno Unito e la comunità ebraica. Ultimamente i leader delle Chiese cristiane scozzesi si sono incontrati con il Primo Ministro scozzese Alex Salmond per esprimere le loro preoccupazioni circa la possibilità che la depenalizzazione possa essere introdotta anche in Scozia, che ha un ordinamento autonomo da quello inglese e gallese. (L.Z.)

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    Portogallo: la pedagogia del bene comune al centro dei lavori della Settimana sociale

    ◊   Rilanciare con urgenza una "lucidità operativa" per rispondere ai grandi problemi che segnano l'odierno contesto sociale. La Conferenza episcopale portoghese sceglie il messaggio conclusivo della Settimana sociale per scuotere le coscienze della società civile lusitana colpita dalla “disoccupazione, profonde diseguaglianze economiche, disprezzo per l'ambiente e, soprattutto, l'affievolirsi dei valori fondamentali e della dimensione religiosa nella vita pubblica”. Le riflessioni della Settimana sociale 2009, svoltasi a Aveiro, sono infatti tutte dedicate alla “costruzione del bene comune come pedagogia sociale”. Un approfondimento per responsabilizzare a una costante tensione al bene comune i cittadini, lo Stato e la Chiesa, "maestra di carità" e "esperta in umanità". Al tradizionale appuntamento, di cui riferisce l'Osservatore Romano, hanno preso parte numerosi rappresentanti dell'episcopato del Paese e delle istituzioni di solidarietà sociale. Al termine dei lavori i vescovi hanno inoltre voluto sottolineare che “lo Stato non deve sostituirsi ai cittadini e pervadere la società, ma armonizzare con giustizia le proprie iniziative con le istanze che provengono dai vari ambienti e settori”. La persona deve essere e rimanere “il soggetto, il fondamento e il fine della vita sociale, solo così la sua sovranità si radica nella società”. È dunque attraverso il riconoscimento della sovranità del cittadino che si costruisce il bene comune. Ed è la costruzione del bene comune che giustifica l'autorità dello Stato. I presuli mettono poi l’accento su un altro elemento essenziale per lo sviluppo integrale della persona: il rispetto del senso religioso della vita. Nel ricordare l'enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, sottolineano inoltre che la religione cristiana e le altre religioni possono offrire il loro determinante, indispensabile contributo per il processo di sviluppo integrale nella misura in cui il senso di Dio è presente, trova  cittadinanza  nella sfera pubblica soprattutto nella dimensione culturale, sociale ed economico-politica. La Conferenza episcopale portoghese conclude il messaggio invitando le istituzioni, tutte le componenti sociali e politiche "a procedere con coraggio, perseveranza e creatività" per il rinnovamento della città dell'uomo per la promozione della dignità di ogni essere umano. (M.G.)

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    Italia e Cina: un “mare” di progetti che affondano nell’opera di padre Matteo Ricci

    ◊   Italia e Cina ancora unite nel nome di padre Matteo Ricci (1552-1610), a 400 anni dalla sua scomparsa. Il primo corridoio marittimo per le merci nel Mediterraneo, che collegherà Genova a Tianjin, sarà infatti intitolato al gesuita ritenuto l'“Apostolo della Cina”. In occasione della presentazione della piattaforma logistica avvenuta ieri mattina, il viceministro italiano dello Sviluppo Economico, Adolfo Urso, ha spiegato i “benefici sul piano dell’occupazione nel sistema portuale ligure e per la crescita dell’interscambio commerciale, in particolare per l’export”. L'iniziativa, ha detto ancora alla Zenit il viceministro Urso, “consentirà all’Italia di effettuare il controllo delle merci e servirà per la lotta alla contraffazione e alla concorrenza sleale”. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, ha definito il progetto – che partirà ufficialmente il 1° gennaio 2010 – “una idea originale e impegnativa”. “Matteo Ricci è insieme a Marco Polo il personaggio italiano più conosciuto e apprezzato – ha poi aggiunto padre Lombardi -, e intitolare a lui questa iniziativa vuol dire anche manifestare un impegno, non solo in campo commerciale, ma anche in quello culturale e spirituale con gli insegnamenti che lo stesso Ricci ci ha lasciato: l’amicizia e il dialogo tra i due popoli”. La possibilità di creare un corridoio doganale preferenziale fra Genova e Tianjin è operabile a seguito della firma, il 25 settembre scorso, dell’accordo doganale fra Italia e Cina, che lo considera in modo specifico. (M.G.)

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    Jubilmusic 2009: “Musiche e Parola” per una scommessa vincente

    ◊   Più di 5000 persone hanno partecipato all’11.ma edizione di Jubilmusic 2009, il più importante Festival di Christian Music d’Italia, che si è svolto a San Remo, dal 20 al 22 novembre. Nato da un’iniziativa della diocesi di Ventimiglia – San Remo, il Festival ha avuto come titolo “Musiche e Parola”, evocando il bisogno di restituire dignità a quei generi musicali che troppo spesso sono contenitori di messaggi negativi per i giovani e la loro felicità. Inoltre è stato sottolineato il bisogno di dire che non esiste una musica buona e una cattiva, ma che tutte le Musiche possono essere veicolo credibile della Parola, secondo i contesti. Il direttore, Marco Brusati, sentito dal Sir, lo definisce “punto di riferimento di tutta Europa”, “che rappresenta l’attuale sfida della Chiesa nella società complessa: quella di comunicare la Buona Notizia, la Parola, attraverso i più diversi linguaggi, rappresentati dalla parola musiche”. Ogni anno, il programma propone eventi specializzati che utilizzano linguaggi fruibili da differenti gruppi ed appartenenze: dalla veglia con adorazione eucaristica, al concerto di musica cristiana, al concorso nazionale per giovani, alla catechesi, agli incontri con le scuole, alla messa conclusiva. I linguaggi sono stati davvero numerosi, a partire da quello del divertimento educativo, con i ragazzi delle elementari e i giovani delle scuole superiori, che hanno consegnato alla memoria un Jubilmusic “estroflesso verso le realtà territoriali, pronto ad andare là dove ci sono i ragazzi ed i giovani”. Una stabile occasione annuale dove non poteva mancare il Gospel di livello mondiale del britannico Junior Robinson, la straordinaria voce della francese Marie de Pluie e di suo marito Phil, il pop-rock inglese dei Portland, il sound latino dello statunitense di origine messicana Santiago Fernández, l’hip-hop di Dré, artista che ha venduto oltre un milione e mezzo di copie con il suo gruppo e perfino l’ex membro dei Pooh Stefano D’Orazio, che ha cantato insieme ai giovani la canzone “50 primavere”. “Ma la musica – continua Brusati – non basta più da sola ad esaurire il processo di comunicazione attraverso il quale possa fluire la Parola”. Di qui la presenza a Jubilmusic 2009 di testimoni che “quotidianamente senza troppo clamore mediatico s’impegnano perché soprattutto i giovani si aprano all’esperienza di fede”. Come la giovane suor Anna Nobili, da ballerina “cubista” a consacrata: “Prima danzavo per uomini che volevano solo il mio corpo. Stavo gettando via la mia vita nei locali più trasgressivi, ora la mia vita è cambiata, sono come rinata, ma non ho smesso di danzare perché danzo per Dio e i miei passi, le mie coreografie, sono tutte dedicate a Lui". Era presente anche l’educanimatore GG Cotichella, ritenuto il più originale erede ed interprete della form-animazione cattolica, che ha fatto riflettere sull’uso dei linguaggi giovanili, dagli sms a facebook. Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, ha tenuto la catechesi a 500 giovani, portando poi la sua testimonianza anche sul palco dell’Ariston. Soddisfatto e pronto per l’edizione 2010, il vescovo di Ventimiglia mons. Alberto Maria Careggio, ha già lanciato il tema del prossimo anno: “Affinché la nostra gioia sia piena”. (C.P.)

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    Oggi a Roma il Consiglio pastorale dei Cappellani delle carceri italiane

    ◊   Il Consiglio pastorale dei Cappellani delle carceri italiane si è riunito a Roma presso l’Istituto di Maria Santisisma Bambina, su convocazione dell’Ispettore generale dei Cappellani, mons. Giorgio Caniato. Nel contesto dell’Anno Sacerdotale indetto dal Santo Padre, la riflessione verterà sul tema “Anno Pastorale: Prete in carcere” con l’obiettivo di suscitare in ogni cappellano una più intensa vita spirituale così da rendere più efficace la testimonianza evangelica nella realtà carceraria. In apertura dei lavori, il padre Jos Janssens, docente emerito alla Gregoriana terrà una Lectio Divina; da mons. Gennaro Matino dell’arcidiocesi di Napoli verrà quindi un contributo su “L’identità sacerdotale”, mentre mons. Mauro Rivella, sottosegretario della Cei, si soffermerà sul “Rapporto Cei e Cappellani delle carceri”. Tra i relatori previsti nella seconda giornata dei lavori di domani, il padre Stefano Del Bove, gesuita esporrà una “Lettura antropologica della figura del prete”. La giornata conclusiva dell’incontro vedrà gli interventi del ministro della Giustizia, Angelino Alfano e di Emilio Di Somma, capo vicario del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, sul “Disagio della Polizia Penitenziaria”. (M.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ahmadinejad in Brasile assicura: ancora in tempo per un accordo sul nucleare

    ◊   “Speriamo ancora di poter firmare un accordo con l'Aiea”, quello che prevede l'invio di uranio all'estero per l'arricchimento, ma non abbiamo molto più tempo per farlo”. È quanto ha detto oggi il presidente iraniano, Ahmadinejad, nel corso di una conferenza stampa congiunta con l'omologo brasiliano, Lula da Silva, nel suo viaggio in America Latina. Ahmadinejad ha alternato frasi concilianti ad altre dure e critiche all'Occidente. Ha ricordato che recentemente Teheran si era accordata con Usa e Russia per acquistare combustibili nucleari. A suo avviso, però, le trattative in tal senso si sono arenate di fronte alla “propaganda contro l’Iran”, con l’accusa di voler arricchire l'uranio al 25%. Sebbene il Paese abbia la tecnologia per farlo al 25%, - dice il presidente iraniano – al momento lo fa solo al 3,5% per tentare di rafforzare i rapporti con l'Occidente. Resta da dire che il presidente iraniano Ahmadinejad si è detto convinto che “l'era delle aggressioni militari è finita” e ha lasciato il posto all’epoca del dialogo e del pensiero. Ha aggiunto che Usa e Israele non hanno coraggio per fare attacchi.

    Obama - Afghanistan
    Il presidente statunitense, Barack Obama, annuncerà entro pochi giorni la propria decisione sull'eventuale invio di ulteriori truppe in Afghanistan, come richiesto dai vertici militari di Washington. A renderlo noto la Casa Bianca, citata dalla Cnn, al termine dell'incontro di ieri del presidente Usa con il gabinetto di guerra. Tre le opzioni allo studio: l’invio di ulteriori 40 mila militari, come sollecitato dal generale Stanley McChrystal, comandante in capo delle truppe americane in Afghanistan; 10 mila soldati, come chiesto dal vicepresidente Joe Biden; tra i 20 mila e i 35 mila uomini, come auspicato dal segretario alla Difesa, Robert Gates, e dal segretario di Stato, Hillary Clinton. Quale dunque l’opzione più realizzabile? Giada Aquilino lo ha chiesto a Paolo Quercia, coordinatore ricerche di politica internazionale della Fondazione "Fare Futuro":

    R. – L’ipotesi che prevarrà, secondo le notizie trapelate, sarà l’aumento di circa 30 mila soldati. Ricordiamo che, aggiungendo 30 mila ai circa 70 mila americani già presenti sul territorio afghano, i militari di Washington raggiungerebbero quasi lo stesso numero di soldati che aveva l’Armata rossa dell’Unione Sovietica nel momento di maggiore impegno in Afghanistan. A questi si aggiungono anche i soldati della Nato, che sono altri 36 mila, più le forze afghane locali. Quindi è un impegno considerevole. Gli strateghi militari sono divisi: se per controllare l’Afghanistan sia necessario avere un numero così elevato di soldati o non. Sicuramente, è una strategia con cui si cerca di chiudere la partita afghana per avvicinare un disimpegno.

     
    D. – Sul terreno afghano, però, la situazione rimane drammatica: questo è l’anno con più vittime per gli Stati Uniti dall’inizio della guerra nel 2001. Cosa è mancato finora?

     
    R. – Penso che il numero dei soldati sia stato un falso problema. È mancata una precisa strategia. Gli americani, nel 2001, sono stati coinvolti in una missione che era puramente di caccia ai terroristi ritenuti responsabili degli attentati dell’11 settembre. Piano piano, sono rimasti un po' intrappolati in questo scenario. Quello che non è stato ben sviluppato è se gli americani, con i propri alleati, stanno lì per costruire un nuovo Stato, efficiente e capace di controllare il proprio territorio, o se sono lì per presidiare un territorio vitale e intervenire in caso della creazione di pericoli legati al terrorismo, anche internazionale, soprattutto legato alla zona di confine tra Afghanistan e Pakistan.

     
    Usa - India
    Il presidente Usa, Barack Obama, riceve oggi alla Casa Bianca il premier indiano Manmohan Singh, ma a causa del maltempo la cerimonia dell'arrivo è stata spostata dal South Lawn alla East Room della residenza presidenziale. L'arrivo di Singh alla Casa Bianca, per la prima visita di Stato della presidenza Obama, è previsto per le 9.15 ora di Washington. Il presidente americano e il premier indiano faranno una conferenza stampa congiunta alle 11.35, le 17.35 in Italia.

    Londra - Iraq
    Si apre oggi a Londra l'inchiesta pubblica sul coinvolgimento della Gran Bretagna nella guerra all'Iraq. L'inchiesta, presieduta da Sir John Chilcot, prende in esame tutto il periodo dal 2001 al 2009. Un rapporto sulle sue conclusioni non uscirà prima delle prossime elezioni, nella tarda primavera prossima. Tra le persone che testimonieranno c'è l'ex premier Tony Blair.

    Nato - Afghanistan
    Un convoglio di autobotti della Nato in viaggio verso l'Afghanistan è stato attaccato e incendiato ieri sera da sconosciuti nel distretto pachistano di Jafarabad, in una zona di frontiera fra le province di Sindh e del Balochistan. Lo riferisce Geo Tv. L'operazione non ha causato alcuna vittima. Negli ultimi mesi, almeno 60 veicoli della Nato sono stati danneggiati dagli estremisti islamici in varie zone del Balochistan, con la morte di almeno tre autisti. L'emittente, citando fonti della polizia, ha precisato che un commando di circa otto persone ha attaccato le autobotti con armi da fuoco, provocando alcune forti esplosioni ed un incendio che è stato poi controllato dai vigili del fuoco.

    Medio Oriente
    Tre palestinesi sono rimasti feriti oggi in seguito a un raid compiuto dall'aviazione israeliana nella Striscia di Gaza, la parte di territorio palestinese controllata dagli islamico-radicali di Hamas, in risposta al nuovo lancio di un razzo Qassam dalla Striscia verso Israele avvenuto ieri sera. Nei giorni scorsi, Hamas ha ribadito - a nome suo e delle altre principali fazioni attive nella Striscia - la tregua di fatto nel lancio di razzi e colpi di mortaio contro Israele in vigore dalla fine della devastante operazione militare israeliana "Piombo Fuso" dell'inverno scorso, salvo in caso di incursioni. Un cessate il fuoco violato peraltro da episodiche eccezioni ed evidentemente non accettato da tutti i gruppi. Il tentativo di Hamas di evitare innalzamenti della tensione si lega anche al rilancio delle trattative per il possibile rilascio del soldato israeliano Ghilad Shalit (ostaggio nella Striscia di Gaza dal giugno 2006) in cambio di centinaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Per lo scambio sembra restino problemi. Da parte sua, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu fa sapere che lo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas non è stato ancora approvato e potrebbe anche non avvenire.

    Giordania - elezioni
    Il parlamento di Amman, in Giordania, è stato sciolto questa mattina. La Giordania si avvia verso le elezioni anticipate. Il re Abdullah II, per il momento, non ha fornito una spiegazione ufficiale della sua decisione e non ha ancora fissato la data per le prossime elezioni politiche. L'attuale parlamento, formato da 110 deputati, è stato eletto nel novembre del 2007 con una legge elettorale che, secondo l'opposizione, è stata elaborata per favorire i candidati filo-governativi. Nel frattempo i ventisette detenuti giordani in sciopero della fame nelle carceri israeliane, per chiedere al Parlamento di abolire la condanna a vita, sono in serio pericolo di salute: lo denuncia il Comitato nazionale giordano per i prigionieri in Israele. Un altro caso simile è quello del leader di Hamas, Abdallah Barghuthi, condannato a 67 ergastoli in Israele.

    Filippine - massacro Mindanao
    Il presidente delle Filippine, Gloria Arroyo, ha decretato lo stato di emergenza in una parte del sud dell'arcipelago in seguito al massacro avvenuto, ieri, sull'isola di Mindanao in seguito ad un tentativo di un sequestro di massa. Le vittime facevano parte di un gruppo di una cinquantina di persone, giornalisti e seguaci di un leader politico locale, che voleva presentare la sua candidatura a governatore provinciale. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    È salito a 46 morti il drammatico bilancio del massacro avvenuto ieri sull’isola di Mindanao, nelle Filippine, in seguito al maxisquestro di un gruppo di esponenti politici e giornalisti da parte di decine di uomini armati. Particolarmente cruenti i dettagli che emergono dalle indagini: i cadaveri delle vittime, tra cui almeno 14 donne - ha riferito la polizia locale - sono crivellati da colpi di arma da fuoco e le donne del gruppo sono state violentate prima di essere uccise. Le violenze sembrano essere legate alle rivalità politiche tra i candidati prima delle elezioni per il posto di governatore, in programma il prossimo anno. Le vittime dell'agguato erano tutte collegate ad Esmael Mangudadatu, vicesindaco di una città vicina al luogo del massacro ma in procinto di candidarsi alla guida della provincia. Gli investigatori puntano compatti il dito contro la famiglia di Datu Andal Ampatuan, governatore di Maguindanao da tre mandati e intenzionato a lasciare l'incarico in eredità al figlio. Gli Ampatuan e i Mangudadatu si spartivano il potere nella regione dagli anni Ottanta, ognuno nei rispettivi feudi comunali. La tensione era però salita negli ultimi mesi, quando l'ultimo rampollo della dinastia Mangudadatu aveva “invaso” il campo rivale puntando appunto alla carica di governatore. Le autorità di Manila hanno condannato la strage, aprendo subito un'inchiesta sull'accaduto e il presidente Gloria Macapagal-Arroyo - che in passato si è appoggiata a entrambi i clan per raccogliere il voto locale - ha dichiarato lo stato d’emergenza nella regione. Preoccupazione per la situazione è stata espressa dall'Unione nazionale dei giornalisti - che denuncia la morte di ben 12 reporter coinvolti nella carneficina. E proprio in vista delle elezioni nazionali e amministrative del prossimo maggio, che rinnoveranno oltre 17mila cariche nell'arcipelago, il timore di molti osservatori è che gli spunti per i regolamenti di conti si moltiplichino.

     
    Russia - inchiesta
    Il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev, ha incaricato il ministro della Giustizia e il procuratore generale di aprire un'inchiesta sulle circostanze delle morte in prigione dell'avvocato Serghiei Magnitsky, 37 anni, accusato di complicità in evasione fiscale da parte del fondo di investimento russo Hermitage Capital, ma anche testimone chiave in un processo contro dirigenti del ministero dell'Interno per una presunta appropriazione indebita di 230 milioni di dollari. Lo ha reso noto il Cremlino tramite la portavoce Natalia Timakova.

    Cina - condanne a morte
    Sono state eseguite in Cina le condanne a morte di due persone accusate della produzione e la distribuzione di latte in polvere contaminato destinato ai neonati. Almeno sei bambini sono morti e altri 300mila si sono ammalati l'anno scorso dopo aver consumato latte in polvere contaminato con la melamina, una sostanza tossica utilizzata per la fabbricazione di resine plastiche, che era stata aggiunta per far sembrare il prodotto più proteico. Le condanne eseguite sono quelle di Zhang Yujun, accusato di "aver messo in pericolo la salute pubblica" producendo e vendendo 600 tonnellate di latte in polvere contaminato, e Geng Jinping, accusato di averne venduto 900 tonnellate. Il governo cinese è però intenzionato a non permettere le proteste dei cittadini: ai primi di novembre la polizia ha arrestato un padre che stava organizzando online un gruppo di genitori intenzionati ad ottenere un risarcimento per i danni causati dal latte alla salute dei loro figli.

    Strage Mumbai - processo
    Finisce fra due giorni, ad un anno esatto dalla fine dell'assedio di Mumbai, l'istruttoria del processo contro i terroristi accusati di essere coinvolti negli attentati della capitale economica indiana del novembre scorso, nei quali morirono oltre 170 persone. “Abbiamo ascoltato 265 testimoni, ne mancano ancora una decina - ha dichiarato il procuratore della Repubblica, Ujjwal Nikam - dovremmo terminare il 26 novembre, proprio un anno dopo gli attacchi”. Le testimonianze di altre trecento persone saranno invece prodotte in giudizio attraverso verbali. Il procuratore ha infatti reso noto che non saranno ascoltati personalmente trattandosi per lo più di parenti di vittime, medici che hanno soccorso i feriti. Il processo ha avuto inizio l'8 maggio scorso. Alla sbarra ci sono il terrorista pachistano Ajmal Kasab, accusato di omicidio plurimo, l'unico sopravvissuto del commando di dieci che assediò Mumbai, e gli indiani Faheem Ansari e Sabauddin Ahmed, che rispondono invece di cospirazione, accusati di aver aiutato Kasab e gli altri. Dopo la chiusura di questa fase, toccherà agli avvocati della difesa esercitare il proprio diritto di ascoltare ed interrogare i testimoni.

    Thailandia
    L'ex primo ministro thailandese, Samak Sundaravej, destituito dalla Corte costituzionale nel settembre dello scorso anno, è morto questa mattina a causa di un cancro al fegato a 74 anni. Lo hanno annunciato i familiari. Samak guidò il Partito del potere del popolo (Ppp) alla vittoria delle legislative lo scorso gennaio, prime elezioni dopo il colpo di Stato del settembre 2006. A settembre è stato costretto a dimettersi dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver accettato un compenso economico da un'azienda produttrice di programmi televisivi di cucina, la "Face Media", comparendo tra l'altro come "buongustaio" in uno di questi programmi. Al suo posto è salito al governo Somchai Wongsawat. Ad ottobre Samak - stando alle rivelazioni della stampa - avrebbe subito un intervento nell'ospedale di Bangkok per l'asportazione di un tumore al fegato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Chiara Pileri)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 328

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