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Sommario del 22/11/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all'Angelus: Cristo è un Re che domina con l'amore e la speranza, senza imporsi ma rispettando la libertà dell'uomo
  • La riflessione di mons. Bruno Forte sulla solennità di Cristo Re: riscoprirne la signoria guardando al suo trono, la Croce
  • A Nazareth, migliaia di fedeli alla Beatificazione di Suor Marie-Alphonsine Ghattas. Il Papa all'Angelus: un segno di fiducia per la Terra Santa
  • Le reazioni degli artisti dopo l'incontro con Benedetto XVI: dal Papa una carezza al mondo della cultura. Il parere di mons. Gianfranco Ravasi
  • La Messa del cardinale Bertone ad Assisi a dieci anni dalla riapertura al culto della Basilica superiore danneggiata dal sisma del 1997
  • Oggi in Primo Piano

  • La Romania alle urne per eleggere il nuovo capo dello Stato. L'analisi di Mihaela Iordache
  • La situazione delle donne nel mondo a 30 anni dall'approvazione della Convenzione Onu per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione
  • La Giornata per il sostentamento del clero in Italia promossa dalla Cei, un invito alla condivisione per garantire aiuto a circa 38 mila sacerdoti
  • Benedizione e concerto per il restaurato organo Tamburini nella Basilica romana di Sant'Ignazio di Loyola. Intervista con il maestro James E. Goettsche
  • Chiesa e Società

  • Usa: leader religiosi firmano un manifesto sulle questioni etiche contrario alla linea di Obama
  • Repubblica Democratica del Congo: Dongo città in ginocchio dopo gli scontri di ottobre
  • Sri Lanka: gli sfollati tamil possono tornare a casa
  • Al via la campagna: “Mio fratello è africano” oragnizzata da Medici con l'Africa Cuamm
  • I vescovi delle Filippine propongono l’utilizzo delle biotecnologie vegetali
  • Il cardinale Scherer sottolinea gli obiettivi prioritari dell'economia
  • L’associazione “Infanzia Negata” vicina ai medici del Malawi via Internet
  • La Caritas spagnola ha indetto per oggi la Giornata delle persone senza tetto
  • L'arcivescovo di Tirana, mons. Mirdita: la nostra Chiesa vive un periodo di rinascita in tutta la società
  • Per il 70.mo dell'ateneo una delegazione della Lumsa sarà ricevuta dal presidente Napolitano
  • 24 Ore nel Mondo

  • Stati Uniti: via libera dal Senato al dibattito sulla riforma sanitaria del presidente Obama
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all'Angelus: Cristo è un Re che domina con l'amore e la speranza, senza imporsi ma rispettando la libertà dell'uomo

    ◊   La regalità di Cristo non è quella dei grandi del mondo, ma è il potere di sconfiggere il male e la morte e di “accendere la speranza” anche nel cuore più indurito. Benedetto XVI ha spiegato così oggi, all’Angelus di mezzogiorno, il significato dell’ultima festa che chiude l’anno liturgico, dedicata a Cristo Re dell’Universo. Il Papa ha anche ricordato la Beatificazione di Suor Marie-Alphonsine Danil Ghattas, celebrata stamattina a Nazareth, e ha ringraziato per il loro servizio di preghiera le suore di clausura, in particolare le comunità avvicendatesi nel piccolo Monastero in Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Nell’ultima domenica di ogni anno prima dell’inizio dell’Avvento, per ogni fedele si ripete l’occasione di riflettere sul segno della regalità di Cristo, diametralmente opposto a ciò che la storia ha sedimentato, del concetto di re, nella cultura di ogni latitudine. Rispetto a quello di un monarca della terra, in che cosa consiste - si è chiesto Benedetto XVI davanti alla folla in Piazza San Pietro - il “potere” di Gesù Cristo Re? Tale potere, ha riaffermato:

     
    “… non è quello dei re e dei grandi di questo mondo; è il potere divino di dare la vita eterna, di liberare dal male, di sconfiggere il dominio della morte. È il potere dell’Amore, che sa ricavare il bene dal male, intenerire un cuore indurito, portare pace nel conflitto più aspro, accendere la speranza nel buio più fitto. Questo Regno della Grazia non si impone mai, e rispetta sempre la nostra libertà”.
     
    Pur recente come istituzione, la solennità di Cristo Re, ha spiegato il Papa, ha tuttavia “profonde radici bibliche e teologiche”:

     
    “Il titolo di ‘re’, riferito a Gesù, è molto importante nei Vangeli e permette di dare una lettura completa della sua figura e della sua missione di salvezza. Si può notare a questo proposito una progressione: si parte dall’espressione 're d’Israele' e si giunge a quella di re universale, Signore del cosmo e della storia, dunque molto al di là delle attese dello stesso popolo ebraico”.

     
    Davanti alla grandezza di questa regalità - al paradosso del suo segno, la Croce - ad ogni coscienza si rende allora “necessaria”, ha proseguito Benedetto XVI, una “scelta: chi voglio seguire? Dio o il maligno? La verità o la menzogna?”:

     
    “Scegliere per Cristo non garantisce il successo secondo i criteri del mondo, ma assicura quella pace e quella gioia che solo Lui può dare. Lo dimostra, in ogni epoca, l’esperienza di tanti uomini e donne che, in nome di Cristo, in nome della verità e della giustizia, hanno saputo opporsi alle lusinghe dei poteri terreni con le loro diverse maschere, sino a sigillare con il martirio questa loro fedeltà”.
     
    E una di queste donne straordinarie è stata citata dopo la preghiera dell’Angelus, e prima dei saluti in cinque lingue, quando il Pontefice ha ricordato l’importante cerimonia svoltasi questa mattina a Nazareth, durante la quale è stata beatificata Suor Marie-Alphonsine Danil Ghattas, religiosa dell’Ottocento. A lei, ha riconosciuto il Papa, “va il merito” di aver fondato “una Congregazione formata solo da donne del posto, con lo scopo dell’insegnamento religioso, per vincere l’analfabetismo ed elevare le condizioni della donna di quel tempo nella terra dove Gesù stesso ne esaltò la dignità”. Ed ha aggiunto:

     
    “La Beatificazione di questa così significativa figura di donna è di particolare conforto per la comunità cattolica in Terra Santa ed è un invito ad affidarsi sempre, con ferma speranza, alla Divina Provvidenza e alla materna protezione di Maria”.
     
    Benedetto XVI, infine, ha parlato anche della memoria liturgica di ieri, dedicata alla Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio. Ricordando la contestuale celebrazione della Giornata pro orantibus, in favore delle comunità religiose di clausura, il Papa ha concluso invitando tutti a sostenerle nelle loro necessità e rivolgendo un pubblico ringraziamento in particolare alle monache che si sono avvicendate, ha detto, nel piccolo Monastero in Vaticano: Clarisse, Carmelitane, Benedettine e, da poco, Visitandine. “La vostra preghiera, care sorelle, è molto preziosa per il mio ministero”.

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    La riflessione di mons. Bruno Forte sulla solennità di Cristo Re: riscoprirne la signoria guardando al suo trono, la Croce

    ◊   La solennità di Cristo Re dell’Universo fu istituita da Pio XI con l’Enciclica Quas primas dell’11 dicembre 1925 per la conclusione del Giubileo di quell’anno. Ma cosa vuole celebrare in particolare questa giornata? Tiziana Campisi lo ha chiesto a mons. Bruno Forte, arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto:

    R. - Vuole celebrare che la verità semplice e grande, che il senso ultimo della vita e della storia, quello a cui orientare tutto ciò che siamo e facciamo - le scelte del cuore, le speranze, i desideri e le attese - è il Signore Gesù che tornerà nella gloria. Noi viviamo fra il “già” di una sua venuta e il “non ancora” del suo ritorno. La prima venuta ci riempie della pace della fede, il suo ritorno ci fa ardere della speranza e del desiderio. In questa tensione, fra il “già” e il “non ancora” c’è l’amore, la carità vissuta nel presente che nasce ai piedi della sua Croce e vive nel desiderio di Lui, che ci viene incontro nei bisogno del povero, del prossimo, dell’altro che ci interpella. La Solennità di Cristo Re è la riscoperta continua, alla fine dell’Anno liturgico, di questa condizione di pellegrino del cristiano, teso fra il “già” della primavera del suo primo Avvento e il “non ancora” del compimento dell’estate del suo ritorno glorioso.

     
    D. - Cristo Re dell’Universo, non sempre è facile vederlo nella realtà di oggi. Come fare per guardare alla realtà di Cristo proprio come Re dell’Universo?

     
    R. - Guardando al suo trono: la Croce. Cristo regna non con una regalità secondo le logiche di questo mondo, ma regna con la regalità della vita donata con amore, consegnata sull’albero della Croce. Proprio così è possibile riconoscerlo nel povero, nel sofferente, nelle contraddizioni quotidiane della vita. Proprio così è possibile sentirlo vicino nel nostro dolore, sentire che lui è capace di trasformarlo e di aiutarci a trasformarlo in amore. In altre parole, la regalità di Cristo, Re glorioso che regna sulla Croce, è anche la potenza del suo amore che ci aiuta a trasformare la vita, a donarle senso ogni istante.

     
    D. - Dopo la Festa di Cristo Re, con quale spirito si può affrontare il nuovo Anno liturgico?

     
    R. - Con la gioia di sapere che non siamo soli, che Colui che è venuto e che verrà ci accompagna, che tutta la vita e tutta la storia sono come un grande Avvento che prepara la sua venuta ultima: nella certezza gioiosa, però, della sua prima venuta che nella fede - nei segni della fede, della Parola della vita - continuamente ci nutre.

     
    D. - Con Cristo Re dell’Universo si conclude un ciclo di liturgie e ne comincia uno nuovo, l’Avvento. Come prepararci in tal senso?

     
    R. - Educarci a vivere il tempo - il tempo della vita quotidiana e della grande storia del mondo - proprio come uno spazio di desiderio, di attesa nell’esperienza continua della vicinanza di Colui che è già venuto e nel suo spirito si fa sempre presente. Per il cristiano, ogni kronos, ogni tempo materiale è possibile trasformarlo in kairos, come dice il Nuovo Testamento: cioè, in quel tempo di grazia, in quell’ora lieve e gioiosa dell’incontro di amore con il Signore che, compiuto pienamente nella gloria, è tuttavia già possibile realizzarsi grazie allo sguardo della fede e al dono della grazia nella provvisorietà del frattempo in cui noi siamo incamminati come pellegrini verso il domani promesso.

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    A Nazareth, migliaia di fedeli alla Beatificazione di Suor Marie-Alphonsine Ghattas. Il Papa all'Angelus: un segno di fiducia per la Terra Santa

    ◊   Come ricordato da Benedetto XVI all'Angelus, oggi la città di Nazareth ha vissuto una giornata di festa con la Beatificazione di Suor Marie-Alphonsine Ghattas. Migliaia di fedeli hanno partecipato al rito, affollando la Basilica dell'Annunciazione. La cronaca, da Nazareth, di Sara Fornari:

    Al canto dell’Alleluia, alle 11 di questa mattina, ora locale, nel tripudio festoso dei fedeli che hanno gremito la Basilica dell’Annunciazione superiore e inferiore, è stata scoperta l’immagine della nuova e seconda Beata araba di Terra Santa, suor Marie-Alphonsine Ghattas, umile figlia di Gerusalemme. La solenne Messa, con rito di Beatificazione, è stata presieduta dal patriarca di Gerusalemme dei latini, mons. Fouad Twal, e concelebrata da diversi vescovi cattolici delle Chiese orientali di Terra Santa. Era inoltre presente il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, l’arcivescovo Angelo Amato, che ha letto la lettera apostolica di Beatificazione in latino. Dopo la sua lettura - e quella in arabo del vicario generale del patriarcato latino mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo - un caloroso applauso, durato alcuni minuti, ha risuonato nella Basilica mariana per eccellenza, a Nazareth, in onore della “confidente della Vergine Maria e amica del Cielo”, com’è stata appellata la Beata dal patriarca latino. Madre Maria Alfonsina è la prima ad essere beatificata in questa terra, come ha ricordato mons. Twal. Alla solenne celebrazione eucaristica anche hanno partecipato circa 150 suore della Congregazione del Rosario, le figlie spirituali di Maria Alfonsina, ma molte di esse non hanno ottenuto il permesso di venire dai Paesi in cui svolgono il loro apostolato.

     
    Nella sua omelia, il patriarca latino ha definito il Decreto di beatificazione “un Vangelo, una buona novella per tutti noi”, e nel ringraziare mons. Angelo Amato, delegato del Pontefice, ha espresso gratitudine verso il Santo Padre stesso, che con la Beatificazione di Madre Maria Alfonsina “rinnova la nostra Chiesa invitandoci alla gioiosa speranza che noi tutti possiamo diventare santi come lei”. “Caratteristica fondamentale della Congregazione del Rosario fu e sarà sempre”, ha detto mons. Twal, “quella di essere il braccio destro del Patriarcato latino nelle scuole, parrocchie e istituzioni della diocesi e negli altri Paesi arabi”. Presente alla celebrazione eucaristica con la sua famiglia anche Natalie, la ragazza di Gerusalemme che nel maggio del 2003 ricevette il miracolo di scampato pericolo di morte per intercessione della beata. La giovane, dopo molti minuti di apnea, fu tratta fuori per ultima da un pozzo nero, una cloaca apertasi in giardino, sotto il tavolo intorno al quale festeggiava un compleanno insieme a dieci amiche musulmane.

    Madre Maria Alfonsina è stata fondatrice della prima Congregazione religiosa femminile della Terra Santa, quella delle Suore del Rosario. Nata a Gerusalemme nel 1843, decise di consacrarsi a Dio a soli 14 anni. Si dedicò all’educazione di bambine e giovani e portò avanti la sua missione in diverse città della Galilea, dove fondò anche nuove case per religiose e scuole. Ma che cosa emerge dalla biografia di Maria Alfonsina? Tiziana Campisi lo ha chiesto a padre Vito Tomás Gómez, domenicano, postulatore della Causa di beatificazione:

    R. - Mandata a Betlemme, ebbe una parte importante nel progresso spirituale dei suoi abitanti. A 30 anni, la Vergine Maria le chiese di fondare la Congregazione del Rosario con giovani arabe. Questa richiesta fu per lei causa di grande sgomento, perché era consapevole della sua inadeguatezza a compiere un’opera così grande, perciò preferì attendere ed esitò molto prima di muovere i primi passi.

     
    D. - Quali tratti colpiscono della personalità di Maria Alfonsina?

     
    R. - Maria Alfonsina si distingueva per una profonda pietà e per la sua salda adesione alla fede cattolica. Fondò associazioni come quella delle Madri Cristiane. In ogni luogo dovette affrontare grandi difficoltà, ma il suo cuore era sempre traboccante di pace e di gioia. Era una donna saggia, modesta, fedele in ogni circostanza, tanto che nessuno si rese conto del ruolo che aveva avuto perfino nella fondazione della Congregazione. Volle sempre essere una semplice suora. Possiamo dire che dalla meditazione dei misteri attingeva nutrimento e luce per la sua venerazione a Maria e per la sua ricerca di conformità al Cristo. Aveva una fiducia illimitata nella Provvidenza divina. Spesso si rifugiava nella Vergine Maria e otteneva per sua intercessione grazie straordinarie che indirizzavano le anime verso Dio. Visse da santa e, possiamo anche dire, santamente morì, mentre recitava il Rosario con alcune compagne.

     
    D. - A Maria Alfonsina si deve la fondazione della prima Congregazione di religiose autoctona della Terra Santa. In che modo, oggi, questa Congregazione prosegue l’opera iniziata da Maria Alfonsina?

     
    R. - La Congregazione del Santo Rosario lavora nelle scuole - scuole non soltanto per ragazze cristiane, ma anche per ragazze musulmane - ed è presente attualmente in quasi tutta la Palestina e anche in altri Paesi del mondo arabo. Questa Congregazione posiede un vero zelo apostolico, aperto a tutte le persone anche se non hanno la stessa mentalità, la stessa religione, la stessa fede.

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    Le reazioni degli artisti dopo l'incontro con Benedetto XVI: dal Papa una carezza al mondo della cultura. Il parere di mons. Gianfranco Ravasi

    ◊   Hanno fatto il giro del mondo, e suscitato molta eco, le parole con le quali ieri mattina Benedetto XVI si è rivolto a oltre 250 artisti di caratura internazionale, sotto le splendide volte affrescate della Capella Sistina. Soprattutto i diretti interessati hanno manifestato apprezzamento per il desiderio del Papa di rinsaldare l'amicizia fra la Chiesa e l'arte e per aver riconosciuto all'arte e agli artisti la dote di saper parlare al cuore dell'umanità con il linguaggio della bellezza e della speranza. Fabio Colagrande ha sentito alcuni dei protagonisti dell'avvenimento, subito dopo la conclusione dell'incontro con il Papa:

    “Siate consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, siate annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità”: questo l’appello lanciato da Benedetto XVI ai 280 artisti provenienti da tutto il mondo. Giuseppe Tornatore è il regista premiato con l’Oscar per il suo “Nuovo Cinema Paradiso”:

     
    R. - L’incontro ma soprattutto il discorso del Santo Padre sono sembrati una carezza fatta alla cultura in tempo di schiaffi”.

     
    D. - Testimoni di speranza gli artisti lo possono essere anche oggi?

     
    R. - Lo possono essere. Lo possono essere le parole, le riflessioni del Santo Padre. Ce lo confermano e ci danno anche più forza per continuare nel nostro lavoro.

     
    Tra gli intellettuali del cinema e del teatro italiano, anche il regista Ugo Gregoretti, che così riassume l’emozione dell’incontro con il Papa:

     
    R. - L’avvenimento è in sé magnifico. La Cappella Sistina, poi, è la prima volta che vi entro dalla porta principale. Si respira una sedimentazione di civiltà e cultura che è emozionante.

     
    D. - C’era un appello agli artisti di diventare “testimoni di speranza”, cioè l’arte come un linguaggio che aiuta il mondo a sperare. Un po’ lo condivide come regista, come uomo d’arte?

     
    R. - Sì che lo condivido. Condivido anche un minimo di scetticismo sull’effettiva capacità pratica, concreta dell’arte di influenzare. Indubbiamente, però, è sempre una specie di argine, di difesa nei confronti dell’assalto quotidiano della non-arte. Diceva García Lorca: “La cultura costa ma l’incultura è assai più costosa”.

     
    Sulle attese degli artisti dopo questo incontro con il Papa, ascoltiamo il regista polacco Kristof Zanussi:

     
    R. - Questa è la nostra aspettativa: un po’ più di azione da parte della Chiesa per fare un passo verso il mondo dello spettacolo, degli artisti. Perché si sa che gli artisti, da parte loro, non faranno mai un passo.

     
    D. - A quale tipo di iniziative pensa per coinvolgere di più gli artisti?

     
    R. - Più dialogo, più apertura, più conoscenza.

     
    D. - Dunque, il fatto che oggi il Papa abbia ribadito questa proposta di collaborazione è un buon segno…

     
    R. - Sì, sicuramente, le parole sono state bellissime.

     
    D. - Lei crede che forse la Chiesa dovrebbe anche lasciare più libero il mondo dell’arte, non imporre dei canoni troppo rigidi?

     
    R. - No, credo che i canoni rigidi siano necessari. L’arte di oggi è in decadenza perché non c’è nessun limite. Non credo che la Chiesa limiti la libertà, però ci vuole l’ispirazione, perché l’arte - anche l’arte sacra - è spesso di una qualità bassissima perché non è veramente ispirata dalla dimensione spirituale.

     
    Molti i musicisti presenti nella Cappella Sistina, tra i quali alcuni storici rappresentanti della canzone italiana, come i Pooh, Riccardo Cocciante, Antonello Venditti e Claudio Baglioni:

     
    “Io avevo già incontrato Papa Benedetto XVI in occasione del raduno mondiale dei giovani a Loreto e c’era stato già un piccolo discorso sul ruolo responsabile degli artisti nei confronti del mondo, quindi sulla ricerca della bellezza. Bellezza in quanto interiorità, apprezzamento di tutto quello che abbiamo già sotto gli occhi. Mi sembra che oggi ci sia stata di nuovo questa chiamata per tante persone, quasi una 'chiamata al ruolo', a svolgere in maniera personale e forte questo mestiere di artisti. Gli artisti, d’altronde, possono fare dei sogni verticali e ritrasmetterli poi in orizzontale a tutti gli altri”.

     
    Un po’ d’imbarazzo a ritrovarsi accanto a colleghi più seriosi lo esprime l’attore Giacomo Poretti del trio comico italiano Aldo, Giovanni e Giacomo:

     
    R. - Restituire il sorriso alle persone o ridere con loro ti porta la gioia nel cuore e credo quindi che la gioia del cuore attraverso la risata sia molto imparentata con la bellezza, col concetto di bellezza di cui parlava Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Vuol dire che anche noi, nonostante ci sentiamo i parenti poveri dell’arte, abbiamo questo compito di restituire e riportare dalle tenebre, come ha detto lui, un po’ di luce e un po’ di speranza.

     
    D. - I tuoi due colleghi d’arte cosa pensano di questa tua presenza qui?

     
    R. - Non so, ve lo racconterò la settimana prossima, perché già c'erano state delle perplessità. Bisogna che li reincontri lunedì e martedì.

     
    D. - Hanno fatto battute cattive?

     
    R. - (sorride) Sì, hanno fatto delle battute cattive, hanno detto: “Si saranno sbagliati”… E io invece gli ho detto: “Invece con voi non si sono sbagliati, vi hanno lasciato a casa”.

     
    L'organizzatore principale dell'incontro di ieri fra Benedetto XVI e gli artisti è stato il Pontificio Consiglio della Cultura. Fabio Colagrande ha chiesto un'impressione al massimo responsabile del dicastero, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi:

    R. - Da un lato, possiamo dire che questo incontro ha avuto il valore di riproporre ancora un tema che l’arte contemporanea stava ininterrottamente emarginando, cioè il tema della bellezza, ritrovandola non semplicemente come estetismo ma come la possibilità di avere una ricreazione della grandezza, del respiro, della speranza dell’umanità. Dall’altra parte, di ritrovare ancora una sorta di sororità, di parentela tra arte e fede: perché, anche se sono andate su strade differenti tra loro - e qualche volta si sono anche perse nei vicoli, nelle ramificazioni - volenti o nolenti hanno entrambe la stessa meta da raggiungere. Sia la fede che l’arte non vogliono rappresentare il visibile ma vogliono cercare l’eterno e l’infinito, che si cela nello stampo freddo della parola, dell’immagine e del suono. Per questo, se entrambe ritornano ancora a questa vocazione, probabilmente troveranno un grande futuro glorioso.

     
    D. - Eccellenza, a quando il prossimo incontro?

     
    R. - Il Papa ha finito con quella famosa espressione, quell’appello che Paolo VI aveva pronunciato 45 anni fa: “Arrivederci”. Naturalmente sarà compito mio, adesso, ricostruire la continuità. Penso in particolare ad una continuità in due dimensioni: far recuperare ancora la ricchezza della tradizione culturale, della tradizione artistica alle giovani generazioni che tante volte hanno l’occhio e l’orecchio sporcato da immagini brutte e da suoni devastanti. Ritrovare ancora questo glorioso passato e dall’altra parte riuscire a ricordare che dal Novecento in avanti si è avuta una nuova grammatica, sia dell’arte, sia della poesia stessa sia della musica. Questa nuova grammatica chissà, forse tra un secolo, potrebbe creare un nuovo Mozart - com’è accaduto - o un Palestrina, com’è accaduto quando Palestrina ha abbandonato il gregoriano e ha cominciato a fare la polifonia, un nuovo genere sconcertante che ha prodotto dei capolavori.

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    La Messa del cardinale Bertone ad Assisi a dieci anni dalla riapertura al culto della Basilica superiore danneggiata dal sisma del 1997

    ◊   E’ in piena sintonia con lo spirito francescano il riparare una Chiesa in rovina. Un aspetto che il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha colto e messo in evidenza all’omelia di questa mattina, ad Assisi, dove ha presieduto la Messa per il decennale della riapertura al culto della Basilica superiore di San Francesco, dopo il terremoto del 1997 che causò . “Le recenti ricorrenze della grande Famiglia francescana - ha affermato il cardinale Bertone - ci invitano a rileggere l’opera compiuta in questo Tempio alla luce di quella chiamata di Dio, che non perde mai la sua validità. Tutti però sappiamo quale ne fosse il significato più autentico e profondo. Infatti - ha sottolineato - la preoccupazione prima del Poverello, e poi dei suoi figli spirituali, resta sempre il restauro della Chiesa viva formata dai credenti”. Il segretario di Stato, che in precedenza aveva sviluppato una riflessione sull’odierna solennità liturgica di Cristo Re, ha osservato che “San Francesco d’Assisi aveva ben compreso il mistero della regalità di Cristo, anzi, si era talmente identificato con Lui da ottenere una speciale partecipazione alla sua vita ed alla sua Passione, attraverso i segni che ha portato nel proprio corpo, sino alla fine”.

    “Ammirando la ritrovata bellezza di queste immortali opere d’arte e di fede - ha proseguito il porporato - eleviamo lo sguardo a Cristo Re” e “accogliamo, come fece un tempo Francesco d’Assisi, il suo perenne invito ad andare dietro di Lui portando ogni giorno la nostra croce. Servire è regnare, recita un’antica e sintetica formula usata per l’insegnamento catechistico. Cristo Re - ha concluso il cardinale Bertone - ha regnato sul legno della croce, dopo aver dato l’esempio ai discepoli con il gesto della lavanda dei piedi; San Francesco ha regnato amando sorella povertà, rivestito del solo saio ed animato da un sincero amore per il suo Signore e per i poveri”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Oggi in Primo Piano



    La Romania alle urne per eleggere il nuovo capo dello Stato. L'analisi di Mihaela Iordache

    ◊   Elezioni presidenziali, oggi in Romania, in un clima di instabilità politica e recessione economica, tre anni dopo l'ingresso nell’Ue del primo gennaio 2007. Circa 18,3 milioni di romeni sono chiamati a eleggere, scegliendo tra 12 candidati, il nuovo capo dello Stato per i prossimi cinque anni. Un voto ritenuto cruciale per porre fine alla crisi politica del Paese, guidato da circa due mesi da un governo di minoranza dei democratico-liberali, sfiduciato dal parlamento lo scorso ottobre. Sulle sfide che attendono il nuovo presidente, Stefano Leszczynski ha intervistato la giornalista romena Mihaela Iordache:

    R. - E’ un compito molto difficile per il futuro presidente della Romania, perché la situazione interna è un quadro dipinto con colori non troppo vivaci. C’è una crisi economica abbastanza profonda, quasi un crollo della crescita economica in un Paese che l’anno scorso registrava la più grande crescita economica dell’Unione Europea, una crescita da record: si parlava di un 9 per cento e ora si parla di recessione.
     
    D. - Tra i grandi temi vi è anche il referendum per la riduzione del numero dei parlamentari nel Paese…

     
    R. - Gli elettori saranno chiamati a rispondere anche a queste due domande che riguardano una riforma istituzionale: una riduzione del numero dei parlamentari del 30 per cento e la trasformazione del parlamento da bicamerale in unicamerale. Ma i romeni, a questo punto, non sono molto entusiasti e dunque ci sarà probabilmente una bassa affluenza alle urne: c’è meno interesse poiché i cittadini sono abbastanza stanchi dei continui scandali che hanno scosso ultimamente il Paese, soprattutto tra l’istituzione presidenziale e il governo o il parlamento della Romania.

     
    D. - Uno dei punti deboli della Romania, Stato membro dell’Unione Europea, continua a essere quello della forte emigrazione…

     
    R. - I romeni non pensano a tornare in questo momento nel loro Paese, perché non offre possibilità di migliorare la loro vita. Anzi, fanno di tutto per rimanere là dove si trovano per continuare a mandare in patria aiuti alle loro famiglie. Perciò, l’aspetto dell’emigrazione è percepito anche dai politici nei loro discorsi elettorali. Questo argomento non ha trovato però, in realtà, grandi possibilità di sviluppo per quanto riguarda i romeni e il loro ritorno in patria.

     
    D. – Recentemente, si è parlato molto della caduta del Muro di Berlino. La Romania come è uscita da questo ventennio?

     
    R. - A vent’anni dalla caduta del regime comunista, c’è ancora una polemica e ci si chiede ancora se in Romania ci sia stata veramente una rivoluzione, oppure un colpo di Stato. Se si parla di questi due aspetti, possiamo capire come il discorso della caduta del regime comunista sollevi ancora problemi, discorsi e polemiche.

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    La situazione delle donne nel mondo a 30 anni dall'approvazione della Convenzione Onu per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione

    ◊   Porre l’attenzione sulle tante ineguaglianze delle quali la donna è ancora vittima, a 30 anni dalla Cedaw, la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, approvata dalle Nazioni Unite nel 1979. È l’obiettivo del Convegno internazionale organizzato ieri a Roma dalla Fondazione Pangea Onlus, che ha visto confrontarsi su questi temi donne di tutto il mondo, a pochi giorni dalla Giornata contro la violenza sulle donne del prossimo 25 novembre. Il servizio di Linda Giannattasio:

    In Brasile, quasi a metà delle donne ha subito violenze. In Afghanistan, una donna muore di parto ogni 27 minuti. In Europa, le donne percepiscono in media una retribuzione inferiore del 17 per cento rispetto a quella degli uomini, e in Italia la maggior causa di morte delle donne è l’uccisione ad opera del partner. Eppure, dal 1979 ad oggi, oltre 186 Stati hanno sottoscritto il Cedaw, una sorta di Carta dei diritti delle donne in 30 articoli. Tra questi, una legislazione non discriminatoria, l’abolizione della tratta e dello sfruttamento, la piena partecipazione alla vita politica, ma anche il diritto della donna al lavoro e alla salute. In 30 anni, molto è stato fatto per le donne, ma questo documento rimane sconosciuto alla maggioranza e per lo più inapplicato. Simona Lanzoni, direttrice progetti Fondazione Pangea Onlus:

    “C’è ancora moltissimo da fare, perché in tutto il mondo le discriminazioni sulle donne continuano ad essere una realtà. Proprio per questo, una serie di associazioni, tra le quali Fondazione Pangea, hanno proposto una piattaforma che vuole promuovere la conoscenza di questo documento e l’applicazione di suoi principi. Nessuna conquista è per sempre: bisogna dunque assolutamente tenere alta l’attenzione di questi temi e soprattutto tradurli in pratica. Altrimenti, faremo dei grossi passi indietro”.
     
    Sono molti i Paesi ancora indietro, nei quali la violenza e lo sfruttamento sono quotidiani, come l’Afghanistan, dove forte però è la presenza di donne attive che lavorano in sordina. Ascoltiamo la testimonianza di Selay Ghafar, direttrice dell’Associazione che assiste le donne e i bambini in Afghanistan:
     
    “Afghanistan is a Country that has been in war…
    L’Afghanistan è un Paese che è in guerra da tanto tempo: già nel 1983, è stata firmata la Convenzione. Il problema, però, è l’insicurezza della situazione politica in Afghanistan per cui - anche se c’è stata l’adesione nel 2003 al Cedaw - la situazione non è molto cambiata. In Afghanistan, esistono ancora una serie di forme di discriminazione contro le donne: nell’economia, nell’istruzione e nella formazione… La discriminazione, quindi, è in qualche modo un aspetto culturale. Non sono in grado, le donne afghane, di poter godere dei loro diritti fondamentali”.

    Una drammatica realtà, quella della discriminazione, che conoscono in maniera ancor più grave le donne disabili nel mondo, come spiega Kuhu Das, direttrice dell’Associazione di donne con disabilità in India:

    “Disable women have always…
    Queste donne vengono discriminate nell’ambito dell’istruzione e della formazione, sul lavoro. L’85 per cento di queste donne deve affrontare un problema di violenza, sia all’interno delle mura domestiche che al di fuori. Praticamente, questa violenza diventa parte della loro vita. Occorre alzare la voce e far sì che gli Stati siano chiamati a rispondere della condizione delle donne diversamente abili, allo scopo di proteggerle.

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    La Giornata per il sostentamento del clero in Italia promossa dalla Cei, un invito alla condivisione per garantire aiuto a circa 38 mila sacerdoti

    ◊   Giornata oggi, in Italia, di sensibilizzazione per il sostentamento del Clero, promossa dalla Conferenza episcopale italiana. Un appuntamento importante per ricordare a tutta la comunità cristiana e a quanti apprezzano l’operato dei sacerdoti, il dovere di contribuire con la propria offerta, ad assicurare loro il necessario. La Giornata vuole anche sottolineare il valore della partecipazione attiva e della corresponsabilità nell’ambito della Chiesa di appartenenza. Al dott. Matteo Calabresi, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, Adriana Masotti ha chiesto di ripercorrere brevemente la storia di questa iniziativa:

    R. - La necessità di sostenere economicamente il clero nasce a seguito della riforma concordataria. Mentre prima della riforma i sacerdoti erano sostenuti con la cosiddetta “congrua”, cioè una sorta di assegno mensile che lo Stato versava ai sacerdoti. Oggi, i sacerdoti sono affidati esclusivamente ai propri fedeli. In sostanza, la Cei ha fissato un livello di remunerazione che va dagli 883 euro al mese per 12 mensilità per un sacerdote appena ordinato fino ai 1376 per un vescovo ai limiti della pensione. Per arrivare a questa cifra interviene, in primo luogo, la remunerazione propria dei sacerdoti - dovuta quindi a incarichi diocesani come l’insegnamento della religione o attività negli ospedali, nelle carceri, etc. In secondo luogo, è la stessa comunità parrocchiale che sostiene il sacerdote: infatti, ogni sacerdote riceve una quota capitaria in base alla popolazione della sua parrocchia. In caso - sempre che non si raggiunga con queste due fonti la quota famosa di 800 euro - interviene l’Istituto centrale di sostentamento del clero con una integrazione. Purtroppo l’Istituto incide solo per il 3 per cento sul totale del sostentamento, quindi il restante deve essere ulteriormente integrato dalla quota dell’otto per mille. Il nostro obiettivo è di incrementare quel piccolo 3 per cento e quindi, in un certo senso, anche liberare più fondi destinati alle opere pastorali e di carità sul territorio, che è la destinazione ideale di quanto prodotto dall’otto per mille.

     
    D. - Lei già in parte lo ha anticipato. Vuole precisare ancora però la differenza tra la raccolta fondi per il sostentamento del clero e la destinazione dell’otto per mille delle tasse alla Chiesa cattolica?

     
    R. - La differenza che salta subito agli occhi forse è che, mentre firmare per l’otto per mille alla Chiesa cattolica è sostanzialmente gratis, fare un’offerta ai sacerdoti comporta ovviamente un esborso di denaro. Un’altra differenza è che l’offerta è un gesto diretto, un gesto concreto di condivisione di valori e di partecipazione attiva alla vita ecclesiale, come a dire: se lei condivide i valori e supporto moralmente la missione alle opere concrete che questi 38 mila sacerdoti sparsi per l’Italia svolgono allora è anche giusto dare un contributo un segno concreto.

     
    D. - E’ abbastanza diffusa l’idea tra la gente che i sacerdoti, i vescovi, siano abbastanza ricchi, che abbiano delle possibilità economiche. Quanto lei dice invece dimostra che non possono contare su molto…

     
    R. - Ovviamente, i vescovi hanno maggiori necessità per il loro incarico, però la quota è sempre quella 1376 euro.

     
    D. - Per contribuire al sostentamento del clero non c’è un solo giorno all’anno ma qualsiasi momento è buono. Ma come farlo?

     
    R. - La Giornata nazionale è ovviamente solo l’occasione per fermarsi a pensare, per fare un po’ il punto. Per fare un’offerta ci si può recare in tutti gli uffici postali e riempire il bollettino apposito: si può fare un bonifico bancario trovando gli elenchi sul sito "offerteaisacerdoti.it", ci si può recare tranquillamente nella propria diocesi oppure chiamando al nostro numero verde 800.825.000 per fare un’offerta tramite carta di credito.

     
    D. - Si può versare anche direttamente al proprio parroco?

     
    R. - Si può versare anche al proprio parroco: la cosa importante è chiedere di fare un versamento sempre al conto corrente postale, perché in questo modo le offerte rientrano nell’Istituto centrale di sostentamento del clero che li ridistribuisce a livello nazionale a tutti i sacerdoti.

     
    D. - Nell’anno di maggiore partecipazione, hanno fatto un’offerta per il sostentamento del clero non più di 180 mila persone, numero negli ultimi anni diminuito: poche, considerando il fatto che la maggioranza degli italiani si dichiara cattolica. Perché così poche? Vuole approfittare in questo momento per fare un invito rivolto a quanti sono in ascolto?

     
    R. - Sicuramente sì. Perché così poche? Questa è una domanda che vorrei appunto rivolgere a tutti i fedeli e a chi apprezza l’operato di moltissimi sacerdoti impegnati in opere di bene. Purtroppo, le offerte sono ancora troppo poche e mi viene da pensare che forse molti fedeli pensino come più degni di valorizzazione alle opere stesse il risultato, il concreto. Eppure, tutte queste opere pastorali e di carità senza i sacerdoti sarebbero impossibili da realizzare. Quindi, il mio appello è quello di lasciarsi guidare dal cuore e pensare all’operato di questi sacerdoti.

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    Benedizione e concerto per il restaurato organo Tamburini nella Basilica romana di Sant'Ignazio di Loyola. Intervista con il maestro James E. Goettsche

    ◊   Solenne benedizione, questa mattina, dell’organo Tamburini nella Basilica di Sant’Ignazio di Loyola a Roma, dopo il restauro voluto dai Padri gesuiti con il sostegno della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra. La cerimonia, celebrata da Mons. Luis F. Ladaria, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella festività di Santa Cecilia, patrona della Musica, è stata seguita da un concerto dei solisti dell’Orchestra Sinfonica del Bayerischer Rundfunk Monaco, diretti da Johannes Skudlik. A.V. ha intervistato James Edward Goettsche, organista della Basilica di San Pietro, che ha inaugurato l’organo Tamburini giovedì scorso:

    D. - Maestro Goettsche, qual è l’importanza dell’organo per la Chiesa, sia essa la grande Basilica di San Pietro, sia una qualunque chiesa parrocchiale?

     
    R. - Si potrebbe dire che l’organo è proprio la voce del tempio, del luogo in cui sorge, in cui è stato costruito e in cui si è sviluppato attraverso tutti i lunghi secoli di storia. L’organo accompagna tutte le funzioni, accompagna il canto dell’assemblea e cerca di dare anche il tono a tutte le liturgie che si svolgono nel tempio.

     
    D. - In particolare, l’organo Tamburini della chiesa di Sant’Ignazio a Roma viene restituito alla città dopo un restauro di due anni…

     
    R. - Il restauro è stato promosso dai Padri gesuiti della Basilica assieme alla Fondazione Pro Musica e Arte Sacra. E’ stato affidato a una ditta di Messina chiamata OSL, che è condotta da Fabrizio Ori Saitta e Luigi Lombardo che conoscono molto bene l’evoluzione degli strumenti della famiglia Tamburini. In questo restauro hanno voluto armonizzare gli interventi successivi alla costruzione originale e hanno aggiunto anche una trasmissione elettronica che dà un controllo più facile alla registrazione e dà la possibilità di infinita varietà.

     
    D. - Quali sono le caratteristiche di questo strumento?

     
    R. - Questo strumento è degli anni ’30 dell’ultimo secolo, un periodo che si chiama “sinfonico” e gli organi cosiddetti “sinfonici” si ispiravano spesso a quelli sorti in altri Paesi, come per esempio in Inghilterra e negli Stati Uniti. L’organo della basilica di Sant’Ignazio ha circa quattromila canne, tre tastiere e pedali ed ha 47 registri. Lì si possono ricordare i concerti di tutti i grandi maestri del periodo degli anni ’30, ’40, ’50, ’60 fino ai nostri tempi. I concerti soprattutto dei grandi maestri come Fernando Germani, che su quell’organo ha eseguito molte volte durante la sua carriera tutta l’opera integrale di Johann Sebastian Bach.

     
    D. - Lei tra l’altro è stato allievo di Fernando Germani, quindi è una particolare emozione suonare sul suo stesso organo, e con quale repertorio poi...

     
    R. - Questo si può ben dire. Io ho avuto la grande fortuna di conoscere Fernando Germani negli Stati Uniti nel 1961, mi ha invitato a venire anche in Italia a continuare i miei studi con lui e poi, devo dire, non avrei mai immaginato di essere poi un giorno tra i suoi successori nella Basilica di San Pietro. Io, comunque, ho scelto composizioni César Franck perché l’organo è uno strumento sinfonico dell’inizio dell’ultimo secolo ed è stato ispirato alla musica che allora era in voga e fra tutti i compositori il principale compositore del romanticismo era considerato César Franck, quindi ho portato composizioni di Franck che sono state eseguite nella loro interezza dal mio maestro sia alla radio che in chiesa.

     
    D. - Oggi purtroppo, nonostante molte chiese siano dotate di splendidi organi, spesso la musica sacra classica viene sostituita da chitarre o altri strumenti popolari…

     
    R. - Io penso che malgrado la musica del popolo sia entrata a far parte della liturgia, la musica grande dei secoli e della storia continuerà sempre a svolgere il suo ruolo. Il Santo Padre ha auspicato che nelle chiese importanti sia continuato l’uso della lingua antica e ancora ufficiale della liturgia - il latino - accompagnato dalle grandi musiche che hanno fatto parte della storia della liturgia. In questo senso, è importante conoscere il repertorio per l’organo. I concerti in chiesa non sono in realtà altro che la riproduzione di musica che è nata per la liturgia e per la chiesa ed è molto importante che i fedeli conoscano questa musica.

     
    Questa sera alle 21, sempre nella Basilica di Sant'Ignazio, concluderà la prima parte del Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra il concerto con gli ensemble vocale e di strumenti a fiato della Palatia Classic diretti da Leo Krämer, solista Ingrid Paul al flauto dolce e l’eccezionale trombettista Laura Vukobratovic, in musiche di Gabrieli, Purcell, Mendelssohn e Richard Strauss.

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    Chiesa e Società



    Usa: leader religiosi firmano un manifesto sulle questioni etiche contrario alla linea di Obama

    ◊   Citando Martin Luther King e la sua rivendicazione alla disobbedienza civile, un gruppo di personalità religiose americane, fra le quali vescovi cattolici ed esponenti delle chiese evangeliche, cristiane e ortodosse, ha lanciato un pubblico “richiamo alla coscienza cristiana”, per invitare i fedeli a non seguire le proposte dell’attuale amministrazione americana in tema di aborto, matrimoni gay, ricerca sulle cellule staminali. Nella dichiarazione, i firmatari precisano di parlare “come singoli individui, non in nome delle nostre organizzazioni, ma per conto delle nostre comunità”. E chiedono ai loro fedeli che su temi come “vita umana, matrimonio, libertà religiosa” venga seguita “la parola di Dio e non quella di Cesare”. “Anche in un regime democratico possono esserci leggi ingiuste” scrivono nel loro manifesto, evocando Martin Luther King jr. “La nostra fede ci insegna che, di fronte a leggi gravemente ingiuste o che ci conducono a comportamenti immorali, è necessaria la disobbedienza civile”. Per questo motivo, i firmatari mettono nero su bianco che non “obbediranno” a leggi che possano condurre a “facilitare gli aborti, la ricerca che distrugge gli embrioni, l'eutanasia, il suicidio assistito, o qualsiasi altro atto che violi la dignità dell'uomo”, né si sentiranno vincolati a norme che consentano i matrimoni tra coppie dello stesso sesso. Il manifesto - illustrato a Washington alla vigilia dell'apertura in Senato del dibattito sulla riforma sanitaria, voluta dal presidente Obama - è stato firmato tra gli altri dal presidente del Segretariato delle attività pro-vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, il cardinale Justin Rigali, dall'arcivescovo di Washington, mons. Donald Wuerl, dal vescovo della Hope Christian Church di Washington, Harry Jackson, dal primate della Chiesa Ortodossa d'America metropolita, Jonah Paffhausen, e da Chuck Colson, ex consigliere di Richard Nixon che finì in prigione nell'ambito dello scandalo Watergate. (V.V.)

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    Repubblica Democratica del Congo: Dongo città in ginocchio dopo gli scontri di ottobre

    ◊   È emergenza umanitaria a Dongo, città del nord della Repubblica Democratica del Congo, colpita lo scorso ottobre da violenti disordini che hanno causato, secondo l’Onu, oltre 100 vittime civili e non meno di 25 mila rifugiati. La denuncia, raccolta dalla Misna, arriva da Maurizio Giuliano, portavoce dell’ufficio Onu per gli Affari umanitari, secondo il quale la città è infestata dai cadaveri che, a tre settimane dalla fine degli scontri, sono ancora presenti per le strade. L’esponente delle Nazioni unite descrive una città fantasma, con case e negozi incendiati, dove l’unica presenza è rappresentata dalla polizia. L’altra faccia dell’emergenza è invece rappresentata dalla precaria situazione dei 25 mila rifugiati nei campi profughi. Per evitare nuove vittime, soprattutto fra i bambini, viene dunque richiesto l’intervento immediato di tutte le autorità competenti. Dal canto suo, l’Onu sta già provvedendo con medicinali, aiuti alimentari e beni di prima necessità consegnati con voli umanitari da Kinshasa. (M.G.)

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    Sri Lanka: gli sfollati tamil possono tornare a casa

    ◊   Si aprono le porte dei campi di accoglienza in Sri Lanka. Il governo locale ha comunicato che, dal prossimo primo dicembre, gli oltre 130 mila sfollati tamil che vivono nelle tendopoli da quando le truppe governative hanno eliminato i separatisti potranno fare ritorno nei loro villaggi. Le aree occupate finora saranno completamente chiuse entro il 31 gennaio 2010. Lo ha annunciato ieri il consigliere presidenziale, Basil Rajapaksa, aggiungendo che le attuali 25 mila rupie (circa 150 euro) previste per ogni sfollato saranno raddoppiate a partire dal 15 dicembre. Il governo provvederà poi a fornire, per sei mesi, alla gente che tornerà in ciò che resta dei villaggi distrutti dalla guerra civile, generi alimentari di prima necessità, utensili, coperte e medicine. Tuttavia, secondo l’Organizzazione non governativa italiana Cesvi “molta gente viene mandata a casa senza nessuna assistenza e senza aiuti umanitari: tutto avviene con molta confusione. Molte zone del Paese sono ancora minate e queste persone vengono rimandate indietro in territori molto pericolosi”. L'annuncio del governo di Colombo arriva dopo che nei giorni scorsi John Holmes, capo della missione umanitaria delle Nazioni Unite nello Sri Lanka, aveva invitato il governo a consentire quanto prima alla minoranza tamil di lasciare i campi di accoglienza. (V.V.)

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    Al via la campagna: “Mio fratello è africano” oragnizzata da Medici con l'Africa Cuamm

    ◊   Per “smettere di tapparci occhi e orecchie sulla sofferenza di un continente così vicino”: è con questo spirito, riassunto nelle parole di Niccolò Ammaniti, che volti noti del mondo della musica, dello spettacolo, dello sport e della cultura hanno aderito alla nuova campagna di comunicazione e sensibilizzazione sociale di Medici con l’Africa Cuamm, presentata in anteprima nazionale a Padova. “Mio fratello è Africano”, questo il nome dell’iniziativa, racconta molte cose. "Dice innanzitutto - si legge nella nota di presentazione - come dimostrano le ricerche sulla genetica e gli studi archeologici, che esiste una sola razza, quella umana, e che tutti proveniamo dallo stesso ceppo, originario dell’Africa. Dice che quel primordiale vincolo di sangue va sostanziato giorno dopo giorno nella pratica della solidarietà per ribadire il significato anche metaforico della parola 'fratello'. Dice che la 'prossimità' non ha alcuna relazione con la distanza e che essere fratelli, nel mondo contemporaneo e globalizzato, significa soprattutto condividere lo stesso destino, anche in luoghi molto lontani. Dice - si legge ancora - che quel fratello è 'nostro' e ci assomiglia a tal punto che in fondo potremmo essere noi, se per accidente non avessimo avuto in sorte di nascere nella parte fortunata del mondo. Dice ancora che fare qualcosa per l’Africa, o meglio con l’Africa, è o dovrebbe essere un atto naturale, un’altra tappa verso lo sviluppo compiuto dell’umanità: significa, infine, fare qualcosa per noi". “A nessuno è consentito umiliare i più poveri negando i diritti elementari", dichiara all’agenzia Fides don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm. "Dobbiamo abbattere il muro che spesso esiste dentro di noi e che separa il nostro mondo comodo e benestante da quello povero e nascosto del fratello africano”. “Abbattendo quel muro - conclude don Carraro - potremmo scoprire le ricchezze e le opportunità dell’incontro con l’altro”. (V.V.)

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    I vescovi delle Filippine propongono l’utilizzo delle biotecnologie vegetali

    ◊   L'Ufficio episcopale per la bioetica dei vescovi filippini sosterrà gli sforzi per sviluppare sementi di riso geneticamente selezionate per ridurre la carenza di riso in Asia, senza danneggiare l’ambiente. Mons. Leonardo Legaspi, arcivescovo di Caceres, ha dichiarato, ripreso dall’agenzia Fides, che “la Chiesa guarda con favore all'introduzione di nuove sementi di riso geneticamente modificate, se esse contribuiranno ad alimentare oltre un miliardo di asiatici e africani malnutriti”. “Inizialmente - ha rivelato monsignor Legaspi - la Conferenza episcopale delle Filippine nutriva un certo scetticismo nei confronti degli organismi geneticamente modificati, quando la tecnologia non era ancora così ben definita”. Poi però c’è stata "una graduale evoluzione" verso l'accettazione degli ogm, perché è diventato chiaro che queste sementi “contribuiscono alla sicurezza alimentare nonché alla sostenibilità ambientale”. Dopo lo svolgimento del seminario organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze sul tema “Le piante transgeniche per la sicurezza alimentare nel contesto dello sviluppo”, svoltosi in Vaticano dal 15 al 19 maggio, "l'opposizione della Chiesa agli ogm non è più così forte", ha rivelato monsignor Legaspi. Inoltre, il vescovo ha partecipato assieme a più di 700 scienziati - in occasione del VI International Rice Genetics Symposium a Manila (16-19 novembre) - alle discussioni circa l’utilizzo delle nuovi sementi. In apertura del convegno, Robert Zeigler, direttore generale dell’International Rice Research Institute (Irri), ha spiegato che l’obiettivo dei nuovi ceppi di riso ogm che sono stati selezionati è quello di produrre 50 milioni di tonnellate di riso per il 2015 senza incrementare le superfici coltivate. Il vescovo di Libmanan, monsignor José R. Rojas, membro dell'ufficio di bioetica, ha dichiarato che "la Conferenza episcopale cattolica non si è mai opposta ai programmi dell’Irri, perché non sono considerati nocivi per l'ambiente". (V.V.)

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    Il cardinale Scherer sottolinea gli obiettivi prioritari dell'economia

    ◊   L'arcivescovo di San Paolo del Brasile, il cardinale Odilo Scherer, sostiene che gli obiettivi prioritari dell'economia siano “pane in tavola, casa, educazione, salute e opportunità di vita degna per tutti i membri della famiglia umana”. Il porporato, si legge in una nota dell’agenzia Zenit, ha commentato in un articolo la Campagna di Fraternità 2010 della Chiesa nel Paese, il cui tema sarà “Economia e vita” e che avrà come motto “Nessuno può servire a due padroni”. A suo avviso, il tema “ha una pertinenza e un'attualità innegabili”, visto che l'attività economica è uno degli ambiti fondamentali “per la promozione e l'esercizio della fraternità”. La recente crisi finanziaria ed economica, ha aggiunto, “ha dimostrato ancora una volta che l'economia senza criteri etici, o con criteri sbagliati, non ha basi solide e le sue conseguenze sono la povertà e la sofferenza di molte persone, gruppi e popoli interi”. “L'attività economica, che ha come obiettivo supremo, anziché far fronte alle necessità fondamentali dell'essere umano, il lucro a qualsiasi costo e l'accumulo sempre maggiore di beni, genera - ha insistito il cardinale Scherer - moltitudini di affamati, lasciati al margine del grande giro economico, esclusi dal bene comune”. Oltre a questo, ha proseguito il porporato, la logica economica che “privilegia la produzione e il consumo di beni superflui diventa anche una grave minaccia alla sostenibilità della vita sul pianeta Terra”. Dal punto di vista sociale, ha osservato, “le masse di poveri, che migrano verso regioni più prospere del mondo sono conseguenza dell'attività economica svolta per decenni senza la preoccupazione fondamentale per la solidarietà e la giustizia economica globale”. “Più che in altri periodi, oggi ci rendiamo conto che siamo tutti interdipendenti; i nostri benefici devono estendersi a tutti, perché i mali degli altri non diventino anche i nostri mali”, ha concluso il cardinale Scherer. (V.V.)

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    L’associazione “Infanzia Negata” vicina ai medici del Malawi via Internet

    ◊   “I pochi medici che decidono di rimanere in Malawi compiono sforzi eroici, che da soli però non sono sufficienti a fare fronte a malattie come l’Aids; per questo abbiamo avviato un progetto per aiutarli”, dice all’Agenzia Fides don Alfonso Raimo, responsabile dell’Associazione “Infanzia Negata”, che ha avviato una collaborazione con le strutture sanitarie della diocesi malawiana di Dedza. “La diocesi ha creato una struttura, la Dedza Catholic Health Commission, che gestisce 12 centri sanitari distribuiti sul suo territorio” dice don Alfonso. “La nostra associazione - spiega - ha avviato una collaborazione in particolare con il centro di Mtendere. Questa struttura serve una popolazione di circa 60 mila persone ed è specializzata nell’accogliere e curare i bambini affetti dall’Hiv/Aids. Nel centro - aggiunge - opera un solo medico assistito da alcune infermiere. Non vi sono specialisti perché i malawiani che acquisiscono una specializzazione medica preferiscono emigrare all’estero”. “Per questo motivo - afferma il sacerdote - la nostra associazione, in collaborazione con due medici di Napoli, il dottor Sergio Cerrato, pediatra, e il dottor Raimundo Vito, radiologo, ha avviato un progetto di consulenza e di formazione a distanza, via Internet, che si avvale della collaborazione del centro Athena di Avellino". Da Mtendere, conclude don Alfonso, "possono inviare in Italia via Internet le immagini e la cartella clinica dei pazienti per chiedere un consulto medico. Allo stesso modo, dall’Italia è possibile gestire dei corsi di formazione per il personale del centro del Malawi. Inoltre un gruppo di medici italiani ha dato la sua disponibilità a recarsi a cadenza periodica nel Paese africano”. (V.V.)

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    La Caritas spagnola ha indetto per oggi la Giornata delle persone senza tetto

    ◊   Si celebra oggi, in Spagna, la “Giornata delle persone senza tetto” organizzata da Caritas, da Faciam (Federazione di associazioni di centri per l’integrazione e aiuto agli emarginati) e da Feantsa Spagna (Federazione europea di associazioni nazionali che lavorano con i senza dimora). Il tema scelto per l’occasione è “La sua storia fa parte della nostra. Tutti contiamo”, e con queste parole si vuole richiamare l’attenzione sulla mancanza di diritti sofferta dai senzatetto in Spagna: salute, alloggio, educazione, tutela giuridica, assistenza sociale. “La Giornata delle persone senza dimora - spiega al Sir Sonia Olea, responsabile nazionale del Programma persone senza tetto della Caritas spagnola - vuole far conoscere a tutti la situazione di disagio in cui vivono le persone emarginate”. La Giornata vuole anche promuovere la partecipazione attiva dei senza fissa dimora nella società, ed è stata inoltre lanciata la “Campagna senza tetto 2009”. Secondo dati recenti, la maggior parte degli homeless in Spagna sono uomini (90,5%) di circa 40 anni. Un terzo sono astemi e non hanno mai consumato droghe. Nel 2008, una delle cause maggiori del fenomeno è stata la perdita del lavoro. (V.V.)

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    L'arcivescovo di Tirana, mons. Mirdita: la nostra Chiesa vive un periodo di rinascita in tutta la società

    ◊   La Chiesa albanese vive una seconda primavera. Una rinascita che arriva dopo cinquant’anni di regime comunista e di ateismo di Stato, che cercò di sradicare del tutto la fede arrestando, torturando e uccidendo sacerdoti e laici cattolici, distruggendo chiese e icone, bruciando testi sacri, vietando ogni manifestazione di culto. In un’intervista a Sir Europa, mons. Rrok Mirdita, arcivescovo di Tirana-Durrës e presidente della Conferenza episcopale dell’Albania (Cea), da testimonianza della ritrovata vitalità della comunità cattolica nel Paese balcanico. Negli anni della persecuzione , racconta l’arcivescovo, “la Chiesa cattolica non solo è stata perseguitata e oppressa, ma è stata completamente annullata. Basta ricordare che il clero cattolico, quasi nella sua interezza, scomparve: molti sacerdoti vennero fucilati, altri internati nei campi di lavoro forzati e nelle carceri, alcuni di essi sono sopravvissuti con gravi conseguenze”. Per mons. Mirdita, “è un miracolo che la Chiesa abbia comunque superato quella persecuzione selvaggia e sistematica che aveva come obiettivo finale l’eliminazione di ogni simbolo cristiano, finanche la stessa cultura cattolica”. Negli ultimi anni, afferma mons. Mirdita, “la Chiesa ha vissuto un periodo di rinascita che è visibile anche nella società. Anch’essa, infatti, dopo un totale collasso per la dittatura, si è risollevata nei suoi diversi settori. Tutto ciò ha superato di gran lunga le nostre aspettative”. In Albania, prosegue l’arcivescovo, “la Chiesa è particolarmente impegnata nell’istruzione. Attualmente, abbiamo scuole a tutti i livelli. Tutte le nostre istituzioni scolastiche, gestite nella maggior parte da religiosi e religiose, sono molto apprezzate anche dalle autorità politiche, ministeriali e culturali del Paese”. Nelle scuole cattoliche, nota il presidente dei vescovi albanesi, “c’è sempre un grande afflusso; le famiglie hanno fiducia indipendentemente dalla religione”. Sempre nel campo dell’educazione, un importante impegno è rappresentato dalla pastorale universitaria. In modo particolare, nelle grandi città, come Tirana, Scutari e Durazzo. “Nei giovani universitari c’è grande sete di Dio e della Chiesa”. Il presule ricorda anche che “la povertà rimane ancora una sfida combattuta dalla Caritas nazionale e delle diverse diocesi”. Molte speranze sono rivolte all’ingresso nell’Unione Europea, per il quale l’Albania si è candidata ufficialmente nei mesi scorsi. “Geograficamente e culturalmente ci sentiamo parte dell’Europa”, dice infine mons. Mirdita, tuttavia “rimangono ancora dei passi istituzionali da compiere”. (M.G.)

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    Per il 70.mo dell'ateneo una delegazione della Lumsa sarà ricevuta dal presidente Napolitano

    ◊   Il prossimo 24 novembre, una delegazione della Libera Università Maria SS. Assunta, guidata dal rettore Giuseppe Dalla Torre e composta da rappresentanti di tutta la comunità accademica, sarà ricevuta dal capo dello Stato italiano, Giorgio Napolitano, nel suo studio privato. È la prima volta che il presidente incontra la Lumsa, che quest'anno festeggia i 70 anni di fondazione "grazie al genio della Serva di Dio Luigia Tincani e alla sensibilità della Sede Apostolica interpretata intelligentemente e generosamente dal cardinale Giuseppe Pizzardo", come ha ricordato il rettore nel saluto a Papa Benedetto XVI in occasione dell'udienza in Vaticano, lo scorso 12 novembre. La visita al capo dello Stato, rende noto il Sir, si inserisce nell'ambito delle celebrazioni per il 70.mo anniversario dell’Università, iniziate il 26 ottobre scorso con la Messa inaugurale nella Basilica di San Giovanni in Laterano, officiata dal cardinale Agostino Vallini, alla quale è seguita l'udienza con il Papa. Molte le iniziative in programma: convegni, seminari di studio, una pubblicazione, progetti di solidarietà e una mostra fotografica per rivivere nel presente le tappe che hanno caratterizzato oltre mezzo secolo di storia della Lumsa. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Stati Uniti: via libera dal Senato al dibattito sulla riforma sanitaria del presidente Obama

    ◊   Con 60 voti a favore e 39 contrari il Senato degli Stati Uniti ha dato ieri sera un primo via libera alla riforma sanitaria allo studio del Congresso. Il voto a carattere procedurale apre un iter molto lungo che avrà, fra l’altro, l’obiettivo di unificare i testi di Camera e Senato. Il servizio di Marco Guerra:

    Il senato americano dà l’ok al dibattito che consente di procedere nella messa a punto della riforma del sistema sanitario tesa ad estenderne la copertura a circa 31 milioni di americani che ne sono sprovvisti. Il cammino della nuova normativa resta, tuttavia, ancora lungo e uniformare i testi di Camera e Senato è primo ostacolo da superare. Quello già approvato alla Camera prevede spese per più di mille miliardi di dollari e alcuni limiti per la copertura dell’aborto terapeutico. Il documento allo studio al Senato, invece, comporterebbe un costo di 848 miliardi di dollari e consentirebbe una sorta di opzione pubblica, ovvero la possibilità per i singoli Stati di mettersi in concorrenza con le assicurazioni. Inizia, dunque, a prendere corpo il più importante impegno elettorale del presidente Obama. “Il voto storico di questa notte ci avvicina alla nostra volontà di porre fine agli abusi delle società assicurative e di ridurre i costi delle cure mediche”, ha affermato il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, con una certa soddisfazione. Ovviamente, più critico il commento dei repubblicani al Senato, che mettono in guardia contro l’adozione “di questo programma estremamente costoso in un momento in cui i creditori internazionali, e in particolare i cinesi, danno lezioni sul debito americano”.

     
    Tensioni tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno Karabakh
    È sempre più alta la tensione tra Azerbaijan e Armenia per la contesa sull’enclave del Nagorno Karabakh. Stamani a Monaco, in Germania, si è aperto un negoziato tra le autorità dei due Paesi caucasici per risolvere la disputa che va aventi da oltre 15 anni. Dal canto suo il presidente azero, Ilham Aliyev, ha parlato di ultima speranza. Se i negoziati falliranno, ha precisato, “non resteranno altre opzioni” che quella armata. Il Nagorno-Karabakh è una regione del Caucaso meridionale, abitata da una maggioranza di etnia armena, contesa tra Azerbaijan e Armenia fin dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991.

    Indonesia tragedia traghetto
    Tragedia del mare in Indonesia, dove un traghetto con circa 300 passeggeri è affondato, a causa delle cattive condizioni meteorologiche, al largo dell'isola di Karimun, vicino a Singapore. I soccorsi tempestivi hanno tratto in salvo 232 persone. Almeno 21 passeggeri, tuttavia, hanno perso la vita nell'incidente. Ancora imprecisato il numero di dispersi.

    Cina miniera
    È salito a 87 morti e 21 dispersi il bilancio dell'esplosione avvenuta ieri in una miniera di carbon fossile nel nordest della Cina. L'esplosione di gas grisou si è verificata a 400 metri di profondità, mentre 529 minatori erano al lavoro.

    India - violenze
    Almeno sette persone sono morte e 52 sono rimaste ferite in un duplice attentato dinamitardo nello Stato nordorientale indiano dell'Assam. Secondo fonti locali, due bombe, piazzate su biciclette, sono esplose in rapida successione davanti alla stazione di polizia di Nalbari. Gli attentati non sono stati rivendicati, ma la polizia punta il dito contro l'Ulfa (United Liberation Front of Asom), il fronte di liberazione dell'Assam che da anni si batte per l'indipendenza da Delhi. Le autorità, inoltre, pensano che l'attentato di oggi sia da collegare al recente arresto del responsabile delle relazioni estere del movimento.

    Afghanistan
    In Afghanistan, è subito svanita la quiete che, giovedì scorso, ha accompagnato l’insediamento del presidente Karzai. Cinque guardie di confine afghane sono state uccise da un ordigno fatto esplodere al passaggio di una pattuglia militare nella provincia di Kandahar. Ieri, quattro persone sono rimaste ferite nello spettacolare attacco a colpi di razzi contro l'Hotel Serena di Kabul, il più prestigioso della capitale. Intanto, si fa sempre più serrato il confronto in seno alla coalizione internazionale sulla nuova strategia militare che presto sarà annunciata dall’amministrazione americana. Secondo la stampa statunitense, Obama è intenzionato a chiedere altri 7000 uomini agli alleati europei della Nato.

    Iran esercitazioni militari
    “Se i nemici attaccheranno l'Iran, i nostri missili bombarderanno Tel Aviv”. La nuova minaccia nei confronti di Israele arriva dal generale, Mojhtaba Zolnoor, rappresentante della Guida Suprema, Ali Khamenei, all'interno dei pasdaran. Parole che coincidono con l’inizio di un’imponente esercitazione militare della durata di cinque giorni, che ha lo scopo di testare le capacità difensive della Repubblica islamica, soprattutto in caso di un attacco contro le installazioni nucleari del Paese.

    Medio Oriente
    Sette palestinesi sono rimasti feriti a seguito di un raid dell’aviazione israeliana su alcuni obiettivi nella Striscia di Gaza. Il raid è scattato dopo l'ennesimo razzo lanciato ieri contro il territorio dello Stato ebraico. Un portavoce militare israeliano ha precisato che nella città di Gaza è stata colpita una fabbrica utilizzata per costruire armi. Intanto, fa discutere il rapporto sul conflitto israelo-palestinese pubblicato dall’organizzazione umanitaria israeliana “T'selem”, secondo il quale circa 9000 persone di entrambe le parti avrebbero perso la vita in due decenni di violenze. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 326

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