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Sommario del 18/11/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: le cattedrali del Medioevo ci ricordano che la bellezza è una via affascinante per incontrare Dio. Appello per i bambini di tutto il mondo
  • Benedetto XVI riceve il premier del Bangladesh
  • Dialogo e rispetto dei diritti umani al centro del colloquio tra il Papa e il presidente del Burundi
  • Altre udienze e nomine
  • Colloquio nel centenario della nascita del cardinale Willebrands, protagonista dell'ecumenismo
  • Quattro libri su "La Parola dipinta. La Bibbia nella Cappella Sistina" per riscoprire i simboli in un tempo di oscuramento dei segni
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Delusione al Vertice sull’alimentazione. Il cardinale Napier: fame e guerre da chi sfrutta l'Africa
  • Appello all'Europa: non dimentichi i cristiani discriminati in Iraq, Pakistan e Kosovo
  • Crisi, solidarietà e informazione al convegno dei settimanali diocesani
  • Chiesa e Società

  • Usa: presentato alla plenaria dei vescovi il rapporto sugli abusi sessuali
  • Sudan: appello delle Chiese cristiane per salvare gli accordi di pace del 2005
  • Aborti, divorzi e denatalità: Europa senza futuro se non si investe sulla famiglia
  • India: cristiani e musulmani in piazza per la parità dei diritti
  • Amnesty International chiede ad Haiti di sradicare la schiavitù infantile
  • Al via “Fiocco Giallo”, campagna di Terres des Hommes per l’infanzia in difficoltà
  • Rapporto sull’infanzia e l’adolescenza in Italia
  • El Baradei ad Assisi per promuovere l’uso civile dell’energia nucleare
  • Sudafrica: i vescovi temono una nuova ondata di violenza xenofoba
  • In Africa missionari contro la violenza e l’arbitrio
  • Nasce in Camerun il primo “Centro per il Cuore” dedicato ai bambini cardiopatici
  • Egitto: per Amnesty, a rischio frane la metà dei quartieri del Cairo
  • Il cardinale Cordes in Spagna: lo Stato non emargini la dimensione religiosa
  • Argentina: i vescovi convocano un Congresso nazionale sulla dottrina sociale della Chiesa
  • Risoluzione del Senato Usa per ricordare i sei gesuiti uccisi nel Salvador nel 1989
  • Terra Santa: un centro pastorale per frenare l'esodo dei cristiani
  • La Chiesa sudcoreana contro gli aborti: fermare la strage
  • Preparativi nel Kosovo per il centenario della nascita di Madre Teresa
  • Anche seminaristi, diaconi, religiosi e laici invitati alla chiusura dell'Anno Sacerdotale
  • Al Festival di Torino di scena l'immigrazione e l'integrazione
  • E' morto don Giuseppe Soro, direttore generale dei Periodici San Paolo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Obama contro gli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: le cattedrali del Medioevo ci ricordano che la bellezza è una via affascinante per incontrare Dio. Appello per i bambini di tutto il mondo

    ◊   La bellezza è forse l’itinerario “più attraente ed affascinante, per giungere ad incontrare ed amare Dio”. Lo ha affermato Benedetto XVI all’udienza generale di questa mattina in Aula Paolo VI, dedicata al racconto di come l’arte romanica e gotica, simboleggiata dalle cattedrali, permise di educare alla fede intere generazioni cristiane nel Medioevo. Il Papa si è rivolto idealmente agli artisti, che incontrerà sabato prossimo, e al termine ha levato un appello in favore dell’infanzia sofferente, a 20 anni dall’adozione della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Accadde che il mondo (…) scuotendosi di dosso i vecchi cenci, volesse rivestirsi dappertutto della bianca veste di nuove chiese”. Il mondo descritto da queste parole di Rodolfo il Glabro - antico monaco francese e uno dei maggiori cronisti medievali - è quello che dall’XI al XIII secolo vede svettare in Europa un numero impressionante di chiese, nuove o ristrutturate, tra le quali spiccano le cattedrali, definite dal Papa, “vera gloria del Medioevo cristiano”. Un mondo dalle città e dal benessere in espansione, che attraverso innovative soluzioni architettoniche o artistiche vuole rappresentare in forma d’arte quel risveglio d’anime innescato dallo “zelo spirituale del monachesimo”. Per una volta, Benedetto XVI tralascia di offrire il ritratto di un pensatore cristiano del Medioevo e del suo capolavoro di teologia per soffermarsi sui capolavori dell’arte romanica e gotica, protagoniste di quell’epoca. Quello che ne scaturisce è una catechesi appassionata e appassionante, che prende il via dall’analisi del fermento che portò alla nascita dello stile romanico:

     
    “Gli architetti individuavano soluzioni tecniche sempre più elaborate per aumentare le dimensioni degli edifici, assicurandone allo stesso tempo la saldezza e la maestosità (...) Nacquero così le chiese e le cattedrali romaniche, caratterizzate dallo sviluppo longitudinale, in lunghezza, delle navate per accogliere numerosi fedeli; chiese molto solide, con muri spessi, volte in pietra e linee semplici ed essenziali".
     
    Dal nord della Francia del 1300 e del 1400, prosegue il Papa, si diffonde un altro tipo di architettura sacra: il gotico. Se il romanico si sviluppava in lunghezza, il gotico predilige, dice il Pontefice, alti pilastri e volte a sesto acuto, “lo slancio verticale e la luminosità”:
     
    “Le cattedrali gotiche mostravano una sintesi di fede e di arte armoniosamente espressa attraverso il linguaggio universale e affascinante della bellezza, che ancor oggi suscita stupore (...) Lo slancio verso l’alto voleva invitare alla preghiera ed era esso stesso una preghiera. La cattedrale gotica intendeva tradurre così, nelle sue linee architettoniche, l’anelito delle anime verso Dio”.
     
    Benedetto XVI mette a confronto anche le scelte decorative dei due stili. Le sculture romaniche sono una novità e si prefiggono di educare i fedeli con “impressioni forti”. Ad assolvere questa funzione sono soprattutto i portali delle chiese, che separano il tempo e lo spazio del sacro dal resto del quotidiano. Nelle cattedrali gotiche sono invece le vetrate dipinte a colori a catturare lo sguardo, trasformando la storia della salvezza - nota il Papa - in una “cascata di luce” che coinvolge la gente. Inoltre, “un altro pregio delle cattedrali gotiche è costituito - sottolinea il Pontefice - dal fatto che alla loro costruzione e alla loro decorazione”:

     
    “…in modo differente ma corale, partecipava tutta la comunità cristiana e civile; partecipavano gli umili e i potenti, gli analfabeti e i dotti, perché in questa casa comune tutti i credenti erano istruiti nella fede. La scultura gotica ha fatto delle cattedrali una ‘Bibbia di pietra’”.
     
    Sullo sfondo delle considerazioni di Benedetto XVI c’è l’atteso incontro che il Papa avrà sabato prossimo in Vaticano con alcune centinaia di importanti artisti di tutto il mondo. Vorrei rinnovare, ha affermato il Pontefice, “quella proposta di amicizia tra la spiritualità e l’arte” già auspicata da Paolo VI e Giovanni Paolo II:

     
    “Un artista, che ha testimoniato sempre l’incontro tra estetica e fede, Marc Chagall, ha scritto che ‘i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell'alfabeto colorato che era la Bibbia’. Quando la fede, in modo particolare celebrata nella liturgia, incontra l’arte, si crea una sintonia profonda, perché entrambe possono e vogliono parlare di Dio, rendendo visibile l’Invisibile”.
     
    E citando Sant’Agostino quando afferma di vedere nella bellezza della natura e delle creature un riflesso della “Bellezza Immutabile” del loro Creatore, Benedetto XVI conclude:
     
    “La forza dello stile romanico e lo splendore delle cattedrali gotiche ci rammentano che la via pulchritudinis, la via della bellezza, è un percorso privilegiato e affascinante per avvicinarsi al Mistero di Dio (...) Cari fratelli e sorelle, ci aiuti il Signore a riscoprire la via della bellezza come uno degli itinerari, forse il più attraente ed affascinante, per giungere ad incontrare ed amare Dio”.
     
    Al termine dell’udienza, Benedetto XVI ha ricordato che dopodomani, alle Nazioni Unite, si svolgerà la Giornata Mondiale di Preghiera e di Azione per i Bambini, in occasione del 20.mo anniversario dell’adozione della Convenzione sui diritti del fanciullo. Rivolgendosi a “tutti i bambini del mondo” e specialmente - ha affermato - a quanti vivono soffrono per violenze, abusi, malattia, guerra o fame, il Papa leva un appello alla comunità internazionale affinché, ha detto:

     
    “Si moltiplichino gli sforzi per offrire un’adeguata risposta ai drammatici problemi dell’infanzia. Non manchi il generoso impegno di tutti affinché siano riconosciuti i diritti dei fanciulli e rispettata sempre più la loro dignità”.
     
    Tra i saluti particolari, da rilevare fra gli altri quelli che Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli - ringraziati “per il generoso impegno” speso in “favore della diffusione del messaggio evangelico” - e quelli indirizzati ai rappresentanti della Federazione italiana degli addetti al culto “per l’opera importante” svolta “nella preparazione e nella cura degli spazi liturgici, come pure dei Beni culturali custoditi nelle chiese”.

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    Benedetto XVI riceve il premier del Bangladesh

    ◊   Oggi, al termine dell’udienza generale, Benedetto XVI ha ricevuto il primo ministro della Repubblica Popolare del Bangladesh, la signora Sheikh Hasina, la quale, successivamente, ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei cordiali colloqui – informa un comunicato della Sala Stampa vaticana - vi è stato uno scambio di opinioni sull’attuale situazione in Bangladesh, sulle sfide principali che l’attendono e sugli sforzi di promuovere una società sempre più aperta e rispettosa dei diritti umani di tutti i cittadini. Inoltre, con riferimento ai regolari contatti tra le Autorità civili e le Autorità ecclesiastiche, ci si è soffermati sul contributo positivo ed apprezzato della Chiesa cattolica alla promozione umana e alla vita sociale del Paese, attraverso le sue attività educative, sanitarie ed assistenziali”.

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    Dialogo e rispetto dei diritti umani al centro del colloquio tra il Papa e il presidente del Burundi

    ◊   Ieri pomeriggio, nel Palazzo Apostolico, Benedetto XVI ha ricevuto il presidente del Burundi Pierre Nkurunziza, che poi ha avuto un colloquio con il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Negli incontri svoltisi in un’atmosfera di cordialità – afferma un comunicato della Sala Stampa vaticana - sono stati toccati argomenti di comune interesse come l’importanza del dialogo e il rispetto dei diritti umani quali elementi fondamentali per costruire una società solida e orientata al benessere di tutti i suoi membri. E’ stato ribadito l’impegno della Chiesa a offrire il suo contributo allo sviluppo integrale della Nazione burundese, in campo spirituale, come in campo educativo, sanitario e socio-umanitario. A tale scopo è stato auspicato un Accordo Quadro che definisca e garantisca lo statuto giuridico della Chiesa e la sua attività nel Paese”.

    Il presidente del Burundi ha partecipato ieri ad una conferenza stampa presso la sede della Comunità di Sant’Egidio a Roma, durante la quale ha descritto la situazione del suo Paese e il processo di ricostruzione in questi quattro anni di democrazia, dopo 20 anni di guerre civili. Per noi c’era Salvatore Sabatino:
     
    Un Paese divenuto modello di pace per l’Africa, ma che fronteggia problemi quotidiani quali la fame, la povertà, l’analfabetismo: il Burundi vive una stagione nuova, fatta di voglia di riconciliazione, dopo anni in cui la guerra ha trascinato nel baratro ogni cosa. Ed il presidente Nkurunziza, a Roma per l’incontro con Benedetto XVI e per prendere parte al vertice Fao sulla sicurezza alimentare, sottolinea i grandi sforzi dello Stato, che si sono tradotti in riforme importanti, come quella sanitaria, che prevede la gratuità di cura per i bambini fino ai cinque anni e per le donne in gravidanza, la nascita di una scuola primaria pubblica, ed ancora la ricostruzione del Paese, in quella che egli stesso definisce una straordinaria opera di riconciliazione attraverso il lavoro comunitario che coinvolge tutta la popolazione nell’edificazione di scuole, ospedali e residenze, anche per le migliaia di profughi che stanno tornando in Burundi dopo la fine della guerra. Ed è proprio sul fronte della riconciliazione e dello sviluppo che la Chiesa gioca un ruolo importantissimo. Il presidente Nkurunziza:

     
    R. – Nous sommes dans une phase de préparation électorale …
    Ci troviamo in una fase di preparazione elettorale e di riconciliazione nazionale; in ogni ambito in cui la Chiesa è in qualche modo coinvolta, abbiamo fatto questo percorso di riconciliazione nazionale; perfino attraverso la Commissione nazionale la Chiesa cattolica ha svolto un ruolo, perché la riconciliazione ed il perdono sono i valori caratterizzanti del cristiano. La Chiesa, dunque, svolge un ruolo molto importante in questa cruciale fase di riconciliazione nazionale.

     
    E’ sull’agricoltura che il Burundi punta per il proprio futuro: già 25 milioni gli alberi da frutto che sono stati piantati negli ultimi anni; altri 40 milioni verranno piantati entro il 2010. La produzione di frutta da esportare può dunque diventare il motore di un’economia tanto giovane quanto desiderosa di sviluppo: quello sviluppo che parte dalla pace.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa riceverà questo pomeriggio alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Brasile (Regione Sul 1), in visita "ad Limina".

    Benedetto XVI ha nominato vescovo di Port-Vila (Vanuatu) padre Jean (John) Bosco Baremes, già consigliere della Provincia di Oceania dei Padri Maristi. Padre Jean (John) Bosco Baremes è nato il 30 agosto 1960 a Han, Isola Carteret, nella Provincia di North Solomon, in Papua Nuova Guinea. Dopo aver svolto gli studi primari nella sua isola di origine e quelli secondari al Collegio San Giuseppe a Rigu, è entrato nel Seminario Minore di Rabaul. Ha deciso poi di diventare Padre Marista ed è pertanto entrato nel noviziato dell’Istituto a Taveuni, Fiji. Ha emesso la professione perpetua il 18 gennaio 1981. Successivamente, ha studiato la Filosofia al Seminario di Bomana, in Port Moresby, e la Teologia nel medesimo Seminario, prima di passare al Seminario Regionale del Pacifico per concludervi gli studi ecclesiastici. È stato ordinato sacerdote il 4 dicembre 1987, nell’isola Carteret.

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    Colloquio nel centenario della nascita del cardinale Willebrands, protagonista dell'ecumenismo

    ◊   Si svolgerà domani a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, il Colloquium dedicato al cardinale Johannes Willebrands nel centenario della nascita, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. All’iniziativa partecipa anche l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana Rowan Williams, che sabato incontrerà in Vaticano Benedetto XVI. Chiuderà l’incontro una relazione del cardinale Walter Kasper, presidente del dicastero per l’unità dei cristiani. Philippa Hitchen ha chiesto a uno dei promotori dell’evento, padre James Puglisi, direttore del Centro Pro Unione e ministro generale dei Frati Francescani dell’Atonement, quale sia lo scopo di questo colloquio:

    R. – Lo scopo è quello di ricordare il cardinale Willebrands anzitutto come persona e, in secondo luogo, come una persona che ha gestito la questione ecumenica a nome della Chiesa. All’inizio si può parlare di una squadra Bea-Willebrands, anche prima del Concilio, perché furono nominati al Segretariato per l’unità dei cristiani per la preparazione dei documenti ufficiali del Vaticano II. Si ricorda quindi anche come architetto della prima fase – se vogliamo – dell’impegno ecumenico della Chiesa cattolica e poi, essendo un grande teologo e avendo una conoscenza della teologia veramente molto profonda, la sua ultima conferenza pubblica ha spiegato il perché rimanesse un uomo di speranza. Tutto questo ci fa pensare alla speranza che genera ancora all’interno della Chiesa.
     
    D. – Il cardinale Willebrands ha lavorato anche con il vostro centro. Un suo ricordo personale di questo grande uomo, di questo grande teologo?

     
    R. – Era molto simpatico. Abbiamo ancora davanti a noi la sua immagine, la domenica mattina, con il suo berretto, che va alla partita di calcio, col sigaro in bocca. Queste sono le immagini che abbiamo di lui. Durante il Concilio, quando era anche chiamato a guidare gli osservatori ortodossi, anglicani e protestanti presenti al Concilio, abbiamo organizzato delle Conferenze con degli esperti per affrontare insieme quello che stava succedendo. Così facendo, la presenza degli osservatori e degli esperti è stata portata alla luce, permettendo di far arrivare anche il loro pensiero, il loro spirito, la loro idea all’interno del Concilio. Essendo poi il latino la lingua ufficiale del Concilio, molti vescovi che non comprendevano perfettamente la lingua latina hanno partecipato a queste Conferenze per cercare di capire cosa realmente stesse succedendo. Il cardinale Willebrands con la sua conoscenza teologica e – possiamo dire – anche con la sua abilità diplomatica, ha potuto negoziare situazioni difficili, trovare soluzioni, riuscendo a compiere un lavoro profondo in merito all’ecumenismo durante il Concilio e dopo il Concilio.

     
    D. – Ha parlato di lui come uomo di grande speranza. Nell’attuale movimento ecumenico cos’è che potrebbe dare ancora oggi la speranza?

     
    R. – Io penso che - così come egli stesso disse - nonostante gli ostacoli, sia lo Spirito che gestisce tutto questo. Questa è la fonte della speranza, perché non dipende dall’organizzazione degli uomini o delle donne, ma dipende piuttosto dall’opera dello Spirito e nonostante l’ostacolo che noi possiamo mettere lo Spirito vincerà. Questo è il motivo della speranza. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Quattro libri su "La Parola dipinta. La Bibbia nella Cappella Sistina" per riscoprire i simboli in un tempo di oscuramento dei segni

    ◊   Un importante evento editoriale: per la prima volta l’intero complesso decorativo della Cappella Sistina viene raccontato nel suo significato iconografico, con il collegamento tra immagine dipinta e Scrittura. Si tratta de “La Parola dipinta. La Bibbia nella Cappella Sistina”, quattro libri unici realizzati dalle Edizioni Musei Vaticani e dal Sole 24 Ore. Il primo volume dedicato agli affreschi michelangioleschi della volta sarà distribuito con il Sole 24 Ore, a partire da venerdì 20 novembre al costo di 14,90 euro oltre al prezzo del giornale. Seguiranno i 2 tomi sugli affreschi quattrocenteschi e infine quello relativo al Giudizio Universale. L’opera è stata presentata ieri ai Musei Vaticani. C’era per noi Paolo Ondarza:

    Rivelare all’uomo la profondità e l’ampiezza della Parola di Dio attraverso le immagini. Questo da sempre è stato, nella bimillenaria tradizione cristiana, il compito o meglio la vocazione, di ogni artista. Niente più di una pittura, un disegno o una scultura – secondo le intenzioni dei vari Pontefici - poteva dare forma e colore alla Bibbia, senza tradirla. Tante le dimostrazioni nel corso dei secoli: prima fra tutte la Cappella Sistina che, attraverso i capolavori degli artisti quattrocenteschi nelle pareti e della volta e del Giudizio di Michelangelo, costituisce una galleria ineguagliabile di testi sacri e – per dirla con il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci - una “foresta” di simboli religiosi”. I volumi, realizzati dalle Edizioni Musei Vaticani e dal Sole 24, attraverso le pregiate riproduzioni fotografiche dei laboratori vaticani e il competente commento di mons. Roberto Zagnoli, ripropongono all’uomo contemporaneo, spesso dimentico del valore dei simboli religiosi, una visione dell’arte come ancella della teologia e rivelatrice dei significati delle Sacre Scritture. Antonio Paolucci:

     
    R. - L’arte può aiutare a comprendere tutto: il destino degli uomini, la storia e naturalmente anche la fede. Il fatto è che viviamo in un’epoca di black out semantico, di oscuramento dei segni. La nostra cultura si è retta per secoli, per quasi due millenni, su questi simboli, su questi soggetti, su queste immagini. La gente di oggi, anche laureata, anche presuntivamente colta, in realtà ha perduto l’alfabeto dei segni. Questo è molto grave, perché significa inaridimento, appiattimento, omologazione. Il guaio del mondo globale è anche questo.

     
    D. – E questi segni, i segni che invece erano così vivi nella tradizione, nella cultura del ‘400 e del ‘500, possono continuare a parlare all’uomo contemporaneo...

     
    R. – ...però vanno rispiegati. Bisogna impararli e quando uno li ha imparati, riesce a capire un sacco di cose. Quanti sanno che cos’è la caduta della manna? Quanti, chiedendolo in giro per le strade, lo saprebbero? E qual è il significato di prefigurazione eucaristica della caduta della manna?

    L’auspicio di chi ha curato i volumi è che attraverso il genio di grandi artisti rinascimentali, primo fra tutti Michelangelo “esperto conoscitore delle Scritture” - come ricordato dal cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano – ogni uomo possa entrare a contatto con quella Parola che da sempre orienta e dà senso alla vita.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La via della bellezza: in prima pagina, un editoriale del direttore sul discorso del Papa, all'udienza generale, sulle cattedrali, in Europa uno dei lasciti più splendidi del medioevo cristiano.

    In prima pagina, un fondo di Ettore Gotti Tedeschi dal titolo "I diritti fondamentali (anche economici) dell'uomo".

    Per un'educazione integrale della persona umana: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla 35 sessione della Conferenza generale dell'Unesco.

    Sugero e la via dello splendore: in cultura, Paolo Portoghesi sulla storia dell'abbazia di Saint-Denis, manifesto dell'architettura gotica.

    Conservare per crescere; il futuro delle parole: Luigina Orlandi e Mauro Guerrini sul convegno mondiale dei bibliotecari, svoltosi alla fiera di Milano.

    Sorgenti lunari: Maria Maggi spiega che cosa significa la scoperta dell'acqua sul satellite terrestre.

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    Oggi in Primo Piano



    Delusione al Vertice sull’alimentazione. Il cardinale Napier: fame e guerre da chi sfrutta l'Africa

    ◊   Giornata conclusiva, oggi, alla sede Fao di Roma, del Vertice mondiale sull’alimentazione. Un incontro che si sperava decisivo per stilare i prossimi impegni della comunità internazionale nella lotta alla fame nel mondo. Per gli aggiornamenti, sentiamo la nostra inviata alla Fao, Roberta Gisotti:

    Chiuso il Vertice, in un clima dimesso per le aspettative deluse sulla Dichiarazione finale – stranamente approvata lunedì in apertura dei lavori – in cui tutti i leader del mondo si sono impegnati genericamente a cancellare al più presto la fame nel mondo. Ben altro ci si aspettava come aveva auspicato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon di dare risposte reali ad oltre un miliardo di persone che non hanno da mangiare, tanto che ogni 6 secondi muore un bambino cui è negato il cibo per vivere. Di questo ha parlato stamane il relatore speciale Onu sul diritto all’alimentazione, Olivier De Schutter, deluso anch’egli dal documento che non affronta questioni vitali per l’economia alimentare, dominata – ha detto - da concentrazioni private e speculazioni fuori da ogni controllo sul mercato agricolo. In generale poche idee in questo Vertice, a parte la dettagliata ed approfondita analisi offerta dal Papa, dove originali argomentazioni socio-economiche sono state supportate da basi etiche da cui non si può prescindere se si vuole uscire dalla retorica delle promesse disattese. Stamane è stato fatto il punto in una conferenza stampa sulla crisi alimentare nel Corno d’Africa, dove 23 milioni di persone versano in situazione di grave bisogno, in gran parte 12 milioni in Etiopia e 6 milioni in Somalia. Non abbiamo bisogno di parole altisonanti ha detto il responsabile Fao ma di fatti per sostenere questi Paesi afflitti da siccità, conflitti, instabilità politiche. Ma per ora solo il 50 per cento dei finanziamenti per lo sviluppo richiesti dalla Fao è stato stanziato. Per una valutazione finale si aspetta ora la conferenza stampa di chiusura annunciata per le 14.30. A tirare le fila del Vertice sarà il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, che si è già detto profondamente rammaricato per la mancanza di impegni finanziari e limiti temporali nella Dichiarazione.

     
    Ma cosa si può fare per sconfiggere la fame, in particolare in Africa? Tracey McClure lo ha chiesto al cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban:

    R. – I think there are some emergency situations...
    Penso ci siano delle situazioni di emergenza dove non c’è altra scelta se non quella di esercitare, nell’immediato, la carità nel distribuire ciò che è necessario. Ovviamente ci sono soluzioni a lungo termine che devono essere attuate. E se si guarda ai Paesi che sono maggiormente colpiti dalla fame, si vede che la maggior parte di essi è politicamente instabile. Domandiamoci: perché è permessa questa instabilità politica? Per esempio, la regione orientale della Repubblica Democratica del Congo è un’area molto ricca, molto fertile, ma c’è gente che muore di fame e questo principalmente a causa di un conflitto che sembra non finire mai! La risposta alla nostra domanda è che in questo modo le risorse minerarie di questa parte dell’Africa possono essere sfruttate senza che ne traggano vantaggio le popolazioni locali. Altre zone colpite dalla fame sono per esempio alcune regioni del Kenya e della Tanzania che passano da una siccità all’altra e hanno bisogno di un intervento di emergenza. Per aiutare davvero l’Africa allora la comunità internazionale deve rifornirla di acqua: dare gli Ogm, le colture geneticamente modificate, e cose simili, può essere una soluzione, ma se avessero l’acqua e se l’avessero regolarmente, allora sì che potrebbero sviluppare un’agricoltura adatta alle condizioni africane: e con l’acqua la gente sarebbe in grado di nutrirsi meglio di come lo faccia ora.

     
    D. – Quindi è anche una questione idrica?

     
    R. – Well, it’s also about not deforesting ...
    Beh, si tratta anche di bloccare la deforestazione, perché molto dell’umidità e delle precipitazioni che abbiamo perso è a causa della crescente deforestazione e quindi della desertificazione che avanza: anche questo è un problema importante. E penso che questo sia uno degli ambiti in cui potrebbero convergere i finanziamenti: per cercare di arrestare l’avanzamento del deserto e in questo modo riconquistare molte delle terre fertili che adesso si stanno perdendo.

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    Appello all'Europa: non dimentichi i cristiani discriminati in Iraq, Pakistan e Kosovo

    ◊   “Libertà religiosa e diritti civili: i cristiani in Kosovo, Iraq e Pakistan” è il tema discusso ieri a Roma alla Camera dei Deputati. Un dibattito, organizzato dall’associazione “Salva i monasteri”, che ha messo in luce i difficili contesti nei quali i cristiani si fanno testimoni del Vangelo nonostante la poca protezione e le violenze che subiscono. C’era per noi Benedetta Capelli:

    Un appello all’Europa affinché non sia più cieca né sorda davanti alle discriminazioni inflitte ai cristiani. Lo hanno lanciato ieri i vescovi presenti che hanno raccontato le violenze subite e il mancato riconoscimento dei diritti civili. Kosovo, Iraq e Pakistan uniti dunque da una profonda sofferenza ma anche dalla forza della fede delle piccole comunità. Il racconto degli attacchi ai villaggi cristiani in Pakistan del vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts:

    “Abbiamo avuto questa brutta esperienza nella piccola città di Gojra il 2 agosto, quando una grande folla di musulmani ha attaccato noi cristiani. I cristiani avevano dissacrato il santo Corano e tutti si sono arrabbiati, ma non era vero. Otto cristiani sono morti, più un bambino e una bambina. Ma ci sono anche cose positive: il governo ha subito aiutato a ricostruire le case che erano state bruciate. In Pakistan, tutti noi cristiani riuniti siamo più o meno il 2 per cento, ma non siamo una minoranza silenziosa”.
     
    A preoccupare però è la legge sulla blasfemia che prevede il carcere a vita o la condanna a morte per chi profana il Corano o diffama il nome di Maometto. Una norma contestata, negli ultimi tempi, anche dalla stessa comunità musulmana. Ancora mons. Joseph Coutts:

    “La collaborazione con i musulmani è molto importante, importantissima. Per i musulmani la legge è buona per difendere l’onore del profeta Maometto. Non è che i non musulmani dissacrino il Corano, più che altro questa legge è diventata uno strumento in mano a qualche nemico. E’ molto difficile difendersi. Adesso, però, hanno capito, specialmente dopo questa tragedia di Gojra".

    Più difficile la situazione in Iraq dove si assiste ad un incessante esodo dei cristiani, dove si fa fatica a rivendicare i propri diritti di fronte all’incertezza politica, aggravata da anni di conflitto. Si sceglie così di vivere nel “dialogo silenzioso”, ha detto mons. Mikhael Al Jamil, arcivescovo di Takrit dei Siri, nel mostrarsi cioè nella propria “testimonianza di vita”:

    “I cristiani sono liberi di praticare la loro religione, i loro sentimenti e le loro preghiere. Per quanto riguarda i diritti civili, però, questi non sono uguali a quelli di un musulmano, che viene sempre prima di un cristiano. La convivenza non è male, ma non è come noi pensiamo: non dobbiamo mai paragonare quello che succede in Oriente con quello che succede in Occidente. E’ questo lo sbaglio, il grande sbaglio. Qui in Europa considerano gli orientali come se avessero la loro stessa testa, il loro stesso pensiero. Bisogna fare attenzione a questo”.

    Infine il Kosovo, dove in 10 anni almeno 150 luoghi sacri sono stati distrutti, e dove è drammatico lo scenario in diverse enclave serbe. Diventa così urgente lavorare per una convivenza più sentita e sul rispetto reciproco affinché, come auspicato dal Papa, la libertà religiosa sia “la roccia” su cui si fondano i diritti umani.

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    Crisi, solidarietà e informazione al convegno dei settimanali diocesani

    ◊   Si è svolto in questi giorni a San Miniato, in provincia di Pisa, il convegno nazionale della Fisc, la Federazione che riunisce i 185 settimanali diocesani italiani. Tema dell’appuntamento “Crisi economica, sviluppo sostenibile e sistema solidale. Il ruolo dell’informazione”. Rosario Tronnolone ha intervistato il presidente della Fisc, don Giorgio Zucchelli:

    R. – Innanzitutto dobbiamo intensificare ciò che già facevamo, cioè l’attenzione alle situazioni di difficoltà del territorio, quindi alle persone in difficoltà, ai cassintegrati ed, eventualmente, anche ai disoccupati. Si deve dare, quindi, una maggiore attenzione a questo aspetto nelle nostre comunità come vicinanza, come informazione su queste tematiche. La seconda cosa è di informare su cosa la Chiesa ha messo in atto per aiutare le famiglie in difficoltà: partendo dall’iniziativa della Cei, che tutti conosciamo. Poi tantissime diocesi – quasi tutte, praticamente – hanno attivato nei loro territori iniziative analoghe. E quindi noi queste le abbiamo raccontate appunto perché l’informazione – come si è detto nel convegno – è fondamentale per creare coscienza, comunicazione tra le persone e le iniziative.

     
    D. – Quale è il ruolo della stampa cattolica locale, proprio a livello diocesano?

     
    R. – Abbiamo una percentuale di credenti, di cattolici partecipanti alla Messa in una percentuale abbastanza bassa. Abbiamo poi una massa di credenti non partecipanti e poi ci sono quelli che sono indifferenti o non credenti. La Chiesa si è sempre posta il problema dell’evangelizzazione: come raggiungere queste categorie di persone … Noi ci proponiamo – non siamo mica gli unici, evidentemente – come giornali; noi possiamo essere questi “avamposti” dell’evangelizzazione che arrivano nelle case dove, purtroppo, non arriva più nessun messaggio cristiano perché queste famiglie non partecipano più. Noi consideriamo questo un elemento strutturale della pastorale diocesana, il giornale cattolico, la voce della Chiesa, la voce della comunità cristiana che può arrivare là dove nessuna altra voce arriva. Quindi noi abbiamo chiesto a tutti i vescovi, a tutte le diocesi di attivare un giornale in modo tale da avere questa possibilità di raggiungere i cosiddetti “lontani” o “indifferenti”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Usa: presentato alla plenaria dei vescovi il rapporto sugli abusi sessuali

    ◊   I casi di abusi sessuali su minori commessi da esponenti del clero negli Stati Uniti hanno registrato un netto calo dopo il 1985 e sembrano meno diffusi tra quei sacerdoti che durante i loro studi in seminario hanno ricevuto una adeguata formazione umana. Sono i dati più significativi che emergono dal rapporto preliminare del “John Jay College of Criminal Justice” di New York sulle “Cause e il contesto degli abusi sessuali sui minori da parte del clero”, presentato ieri all’assemblea plenaria dei vescovi degli Stati Uniti riuniti da lunedì a Baltimora. Lo studio – lo ricordiamo - è stato commissionato dalla stessa Conferenza episcopale, dopo lo scandalo scoppiato nel 2002 per fare luce sul fenomeno e individuare quindi le misure atte a tutelare meglio i minori. Esso sarà completato l’anno prossimo. I dati, basati su ampie ricerche di archivio, sembrano confermare alcune ipotesi emerse in questi anni, ossia l'aumento degli abusi a partire dalla fine degli anni ’60 e il successivo calo dopo il 1985. La maggiore diffusione di comportamenti sessuali devianti nel clero sembra coincidere con i mutamenti nei costumi verificatisi nella società americana tra il 1960 e il 1990, compresi l'accresciuto uso di droghe e l’aumento dei divorzi e di comportamenti criminosi. Dal rapporto del “John Jay College” emerge inoltre una minore incidenza del fenomeno tra i sacerdoti che da seminaristi hanno ricevuto una formazione umana specifica. Secondo la ricerca, infine il modo in cui le diocesi americane hanno gestito le accuse di abusi contro membri del clero sono cambiate in modo sostanziale in questi 50 anni, con una progressiva riduzione del numero dei sacerdoti accusati, reintegrati nel loro incarico e un aumento di quelli rimossi. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Sudan: appello delle Chiese cristiane per salvare gli accordi di pace del 2005

    ◊   “Il processo di pace in Sudan è giunto ad un punto critico. A meno di cinque mesi dalle elezioni e a poco più di un anno dal referendum sull’indipendenza del Sud Sudan, il fragile ’Accordo inclusivo di pace’ (Cpa) è sull'orlo del naufragio”. Le Chiese cristiane sudanesi si uniscono all’allarme lanciato nei giorni scorsi dal vescovo cattolico di Rumbeck Cesare Mazzolari sulla situazione del Paese, dove si moltiplicano gli scontri interetnici e le violenze contro i civili in Sud Sudan, gli attacchi dell’Esercito di Resistenza del Signore nell’Equatoria Occidentale e continua il conflitto nella regione del Darfur. In un comunicato congiunto intitolato “Insieme per la pace”, il Forum ecumenico del Sudan e il Consiglio delle Chiese del Sudan richiamano il Governo di Unità Nazionale a Khartoum e il governo del Sud a Juba ad “adempiere al loro dovere di proteggere i cittadini e a consegnare alla giustizia i responsabili” delle violenze. Ma a preoccupare le Chiese cristiane sudanesi sono anche i ritardi e i problemi incontrati nella preparazione delle prossime elezioni del 2010 e del referendum che nel 2011 (secondo i termini degli accordi di pace siglati a Nairobi nel 2005) dovrà decidere l’indipendenza del Sud. Essi segnalano lo stallo politico sul quorum necessario, il basso numero di cittadini che si sono registrati per partecipare al voto, ma anche la mancata preparazione della transizione dopo la consultazione. Quale che sia l’esito del referendum, sottolinea a questo proposito il comunicato, “è indispensabile porre in essere accordi significativi per una transizione pacifica. Nel caso esso mantenga l’unità, dovranno essere affrontate le questioni dell’identità nazionale e della distribuzione del potere e della ricchezza. In caso di separazione, devono essere affrontate questioni come lo status dei sud-sudanesi e delle Chiese nel nord, la distribuzione delle risorse come il petrolio e l'acqua, e lo status del Sud Kordofan e del Nilo Blu, per garantire relazioni pacifiche tra i due nuovi vicini”. Le Chiese cristiane sudanesi ribadiscono quindi il loro fermo impegno a promuovere la pace, il dialogo e lo sviluppo del Paese, a non tacere di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani e a fare il possibile per salvare il Cpa. A questo scopo essi fanno appello ai mediatori degli accordi e ai Paesi dell'Igad (Inter Governmental Authority on Development, che se ne sono fatti garanti) e a tutta la comunità internazionale. (L.Z.)

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    Aborti, divorzi e denatalità: Europa senza futuro se non si investe sulla famiglia

    ◊   L'invecchiamento della popolazione, la natalità critica, l'aumento degli aborti, il crollo dei matrimoni, l'esplosione delle rotture familiari e lo svuotamento delle case sono i principali problemi che hanno portato l’Europa a vivere un inverno demografico senza precedenti, con una panorama desolante e un futuro catastrofico. Così suona l’allarme, di cui riferisce Zenit, lanciato dal rapporto “Evoluzione della Famiglia in Europa 2009”, elaborato dalla Rete Europea dell'Istituto di Politica Familiare (IPF) e presentato mercoledì scorso nella sede del Parlamento Europeo. La presentazione dei risultati dello studio è stata organizzata da Jaime Mayor Oreja, vicepresidente del Partito Popolare Europeo (PPE), Cristiana Muscardini, eurodeputata italiana, Eduardo Hertfelder, presidente della Federazione Internazionale dell'Istituto di Politica Familiare, e i rappresentanti dell'IPF di Francia Martha Thes e Amelie Gautier. In base ai dati raccolti, gli indicatori di popolazione, natalità, matrimoni e rottura familiare sono peggiorati negli ultimi 28 anni. Le persone con più di 65 anni superano ormai di oltre 6,5 milioni i giovani con meno di 14 anni, mentre ogni anno nascono meno bambini. Per l'IPF, inoltre, c'è un milione di divorzi all'anno e due famiglie europee su tre non hanno figli. Il presidente dell'IPF Hertfelder sostiene che questo sta provocando “effetti constatabili sia nella dimensione economica che in quella sociale”. Si registra, infatti, un preoccupante aumento delle spese pubbliche per l'invecchiamento della popolazione, con una crescita delle uscite per pensioni e spese sanitarie. Spese che, aggiunte agli effetti prodotti dalla caduta delle entrate pubbliche per il deficit di natalità, possono finire per provocare la riduzione/eliminazione di prestazioni sociali e, alla fine, il crollo del welfare State. Quanto agli effetti sociali, “emerge intensamente una società destrutturata dalla rottura familiare, con famiglie sempre più solitarie, con un individualismo crescente e una perdita dei valori e dei riferimenti che rendono possibile la coesione sociale”. Se non si invertirà la tendenza, nel 2050 la popolazione europea avrà perso 27,3 milioni di persone, un abitante su tre avrà più di 65 anni e solo uno su otto avrà meno di 15 anni, mentre l'età media sarà di 46,7 anni. Relativamente all'aborto, l'IPF parla di “esplosione”: “dal 1990 nell'UE sono stati effettuati 28 milioni di aborti, che sono diventati la prima causa di mortalità in Europa. È l'equivalente della somma delle popolazioni di Malta, Lussemburgo, Cipro, Estonia, Slovenia, Lettonia, Lituania, Irlanda, Finlandia e Slovacchia”. L'Europa destina sempre meno fondi alla famiglia: non solo gli aiuti sono scesi fino al 2,1% del PIL negli ultimi 10 anni, ma è diminuito il loro peso rispetto alle spese sociali, raggiungendo appena un euro al giorno per persona. Alla luce di questi dati, tutti i soggetti intervenuti hanno convenuto nel ritenere l'Europa a un bivio: “Scommettere in modo vero e integrale sulla famiglia, la maternità e l'infanzia o mantenere gli aiuti insufficienti che hanno provocato il panorama attuale, con prospettive catastrofiche in un futuro prossimo”. (M.G.)

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    India: cristiani e musulmani in piazza per la parità dei diritti

    ◊   Migliaia di cristiani e musulmani indiani hanno animato una grande manifestazione tenutasi oggi a New Delhi per chiedere parità di diritti con i fuori casta indù, buddisti e sikh. AsiaNews riferisce che il corteo è partito dalla Kerala House alle 9, ora locale, di questa mattina per dirigersi verso i giardini dello Jantar Mantar dove i manifestanti hanno organizzato un dharna, sit in durante il quale hanno preso la parola rappresentanti delle organizzazioni dalit e della Chiesa. La Parliament march, come è stata ribattezzata dagli organizzatori,  è promossa dalla Conferenza dei vescovi indiani (Cbci) insieme al National Council of Dalit Christians (Ncdc) ed al National Council of Churches in India (Ncci). “L’India non può pretendere di definirsi una naziona laica che sostiene la libertà religiosa, mentre mantiene una discriminazione dei dalit cristiani basata soltanto sulla fede che essi professano”, ha detto mons. Vincent Concessao, arcivescovo di New Delhi a cui è stata affidata l’apertura del dharna. Mons. Concessao ha parlato di “puro ostracismo”. Ai fuori casta cristiani e musulmani è infatti inibito l’accesso a lavoro e ai servizi di base, concesso invece ai fuori casta indù. Essi non beneficiano neppure del sostegno economico e delle possibilità d’impiego, educazione e rappresentanza politica garantite per legge agli intoccabili. I dalit che si convertono al cristianesimo o all’islam perdono ogni diritto goduto in precedenza e questa, per mons. Concessao, è l’espressione più chiara “della discriminazione religiosa” perpetrata ai loro danni, poiché “il cambio di religione non può alterare il loro status socio-economico”. I dalit cristiani e musulmani chiedono dunque al governo centrale di cancellare il paragrafo 3 del Constitution Scheduled Castes Order del 1950 che concede lo status ed i diritti previsti per i fuori casta solo a indù, buddisti e sikh. La Commissione nazionale per le minoranze linguistiche e religiose ha definito la norma discriminatoria verso cristiani e musulmani e contraria agli articoli 14, 15 e 25 della Costituzione. Il governo di New Delhi ha ricevuto dalla Commissione un rapporto con la richiesta di modificare la norma e nel 2004 anche la Corte suprema è stata investita del problema. Dal 2000 ad oggi i parlamenti degli Stati del Bihar, Uttar Pradesh e Andra Pradesh hanno varato risoluzioni per garantire ai dalit cristiani e musulmani lo stesso status concesso ai fuori casta indù, sikh e buddisti. Ma sino ad oggi non vi è stata alcuna iniziativa concreta. “Purtroppo – ha denunciato mons. Concessao - il governo guidato dal Congress ha acconsentito alla tattica del continuo rinvio e assecondato i poteri forti lasciando i nostri dalit cristiani senza giustizia”. Il vescovo ha infine ricordato che è la stessa Costituzione del Paese a “garantire ad ogni cittadino il diritto di praticare la sua fede” e che la norma del 1950 contraddice in modo netto questo principio. (M.G.)

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    Amnesty International chiede ad Haiti di sradicare la schiavitù infantile

    ◊   Le autorità di Haiti devono introdurre una legislazione per proteggere i bambini e le bambine che lavorano come aiutanti domestici in condizioni che equivalgono alla schiavitù: lo ha affermato oggi Amnesty International, lanciando una campagna per chiedere al governo di Haiti di agire per proteggere questi bambini e queste bambine da abusi, maltrattamenti e sfruttamento. Molte famiglie haitiane a causa della povertà - si legge nel comunicato di Amnesty International - sono obbligate a mandare i figli e le figlie a lavorare presso altre abitazioni, dove finiscono col pulire, cucinare, fare lunghi tragitti per andare a prendere l’acqua e badare agli altri bambini della famiglia. In molti casi si tratta di una condizione di effettiva schiavitù, spiega Gerardo Ducos, ricercatore di Amnesty International su Haiti. “I bambini e le bambine lavorano in condizioni disumane, subiscono violenze e abusi da chi li ospita, solo per un piatto di cibo”. La condizione delle bambine e delle ragazze impiegate come collaboratrici domestiche è drammatica: secondo l’Unicef, nel 2007 erano almeno 100.000. Intrappolate in una situazione di totale dipendenza, molte ragazze sono costrette a sopportare violenze e abusi sessuali. Alcune abbandonano il lavoro o la famiglia che le ospita e vanno a vivere in strada dove non hanno altra opzione, per sopravvivere, che vendere il proprio corpo. “Le ragazze di Haiti sono intrappolate in una spirale di povertà e violenza - ha dichiarato Gerardo Ducos: “Sradicare questa moderna forma di schiavitù è il solo modo per proteggere i diritti di migliaia di bambini e bambine”. Ad Haiti la Legge per la proibizione e l’eliminazione di ogni tipo di abuso, violenza e trattamento inumano dei bambini, entrata in vigore nel 2003, ha abrogato un capitolo del Codice del lavoro che regolava il lavoro dei bambini nei servizi domestici, senza mettere al bando la pratica. (A.L.)

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    Al via “Fiocco Giallo”, campagna di Terres des Hommes per l’infanzia in difficoltà

    ◊   “Io proteggo i bambini, si alla prevenzione contro gli abusi”. È il tema della campagna del “Fiocco Giallo” sostenuta dall’Ong Terre des Hommes in occasione Giornata Mondiale per la prevenzione dell'abuso sull'infanzia che ricorre domani. Promossa dalla Fondazione Summit Mondiale delle Donne di Ginevra, la campagna quest'anno unisce quasi 800 organizzazioni non governative di 127 Stati. In Italia Terre des Hommes ha già coinvolto il mondo del web a “colorarsi di giallo” per evidenziare il proprio impegno nella prevenzione e lotta all'abuso sui minori. Invito già raccolto da oltre 130 siti e blog, compreso portali e testate leader come Ansa.it e Corriere.it. Contemporaneamente è possibile sostenere, fino al 22 novembre, la Campagna di Terre des Hommes donando 2 euro con un sms al 48543 da cellulari Tim, Vodafone, Wind e 3, nonché da rete fissa Telecom Italia. I fondi raccolti saranno destinati a finanziare i progetti di lotta e prevenzione alla violenza sui bambini e, in particolare, le attività della “Casona”, il Centro di assistenza alle vittime di tortura di Terre des hommes Italia a Bogotà, unica struttura nel suo genere esistente in Colombia, che dal 2002 ad oggi ha soccorso oltre 4.000 persone, principalmente desplazados (profughi, sfollati interni), molti dei quali bambini. In questa struttura i pazienti vengono trattati con terapie olistiche di lungo periodo per poter riacquistare il proprio equilibrio e la fiducia nel futuro e nelle altre persone. Nel comunicato che annuncia il lancio dell’iniziativa Terre des Hommes ricorda che più dell'85% dei bambini dai 2 ai 14 anni nel mondo è vittima di qualche forma di violenza, dalle punizioni corporali alle peggiori forme di abuso; 40 milioni sono abusati sessualmente, 1,2 milioni vengono trafficati, oltre un miliardo vivono in zone di guerra o conflitto, 218 milioni sono costretti a lavorare (quasi mezzo milione in Italia). “Questi dati - si legge nella nota – impongono a tutti, Stati, organizzazioni e privati cittadini, di impegnarsi sul fronte della lotta e della prevenzione degli abusi sull'infanzia”. L’Ong evidenzia quindi che la violenza a danno dei minori “è un’emergenza globale che riguarda indistintamente qualsiasi strato sociale e ogni Paese del mondo, comprese le nazioni ricche e l’Italia”. Sembra infatti – conclude il comunicato - che un terribile fil rouge leghi la triste condizione dei bambini lavoratori, quelli vittime di traffico, le baby prostitute e le bambine costrette a sposarsi anche prima dei 12 anni, i bambini che vivono in zone di guerra o costretti a combattere, i piccoli sfollati a causa di catastrofi naturali ai bimbi vittime di violenza domestica e di abuso sessuale. (M.G.)

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    Rapporto sull’infanzia e l’adolescenza in Italia

    ◊   Non offre dati incoraggianti il decimo Rapporto nazionale sulla Condizione dell’infanzia e dell’adolescenza presentato a Roma da Eurispes e Telefono Azzurro, che hanno interpellato circa 2.500 bambini e ragazzi. Uno degli aspetti più preoccupanti emersi dalla ricerca è l’aumento in Italia di spettatori silenziosi di fronte ad episodi di bullismo. Raddoppia infatti in un anno la percentuale di bambini indifferenti verso atti di prevaricazione commessi da coetanei. Un’altra novità è rappresentata dal timore di rispondere apertamente alla domanda su chi sia l’autore delle angherie. Cresce anche il fenomeno del cyber bullismo: fra gli adolescenti la percentuale di coloro che hanno ricevuto messaggi, foto, video offensivi o minacciosi passa dal 3 al 5,6%. E se i dati sul bullismo sono scoraggianti, quelli che riguardano le prospettive sul futuro in generale non sono da meno. Laurea e lavoro si rivelano obiettivi troppo ambiziosi per gli adolescenti, verso i quali mostrano sfiducia. Tra gli intervistati aleggia una pesante incertezza: per il 33% sarà arduo laurearsi, per quasi il 50% trovare un lavoro stabile e per il 42% svolgere un’occupazione che piace. L’istantanea scattata dal rapporto è a tinte fosche: quella attuale è una “generazione provvisoria” che, nonostante la diffusione delle nuove tecnologie, è “spesso priva di punti di riferimento e di modelli che ne orientino la crescita e ne sviluppino le potenzialità”. (A.L.)

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    El Baradei ad Assisi per promuovere l’uso civile dell’energia nucleare

    ◊   “I capi di stato stanno cominciando a capire che le armi nucleari, più che rafforzare, minacciano la sicurezza del mondo intero”. Il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Mohamed El Baradei, ha scelto Assisi per lanciare un messaggio rivolto a tutti gli uomini di buona volontà al fine di un uso corretto e pacifico dell’energia nucleare. Secondo quanto riferisce la Zenit, nella mattina di ieri, l’Università di Perugia ha conferito a El Baradei la laurea honoris causa in “Relazioni internazionali” per il suo “impegno, dedizione e spirito di responsabilità per un uso corretto e pacifico dell’energia nucleare a beneficio dell’intera umanità”, poi il premio nobel si è spostato al Sacro Convento di Assisi per partecipare ad un incontro, presenziato anche dal ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi, padre Giuseppe Piemontese, Custode del Sacro Convento e Giuseppe Rotunno, responsabile del Comitato per una civiltà dell’Amore. Occorrono “istituzioni internazionali effettive e norme sulla sicurezza che siano universali ed eque”, ha detto il direttore dell’Agenzia di Vienna alla platea. “Abbiamo bisogno – ha aggiunto infine El Baradei – di un nuovo sistema globale di sicurezza, dove non ci siano armi, perché il diritto di ogni essere umano è quello di vivere in pace". Nel corso dell’incontro di Assisi è stato presentato il Programma di conversione nucleare e sviluppo (Megatons to Development), nato nel 1987 dall’iniziativa di un gruppo di studiosi italiani, tra cui il fisico Edoardo Amaldi, allievo di Enrico Fermi, per la conversione dell’uranio presente negli arsenali nucleari militari in combustibile di pace, da impiegarsi nelle centrali nucleari esistenti. “Il risparmio generato da questo impiego – hanno affermato gli organizzatori dell’iniziativa – permetterebbe l’avvio di programmi di sviluppo nei Paesi poveri del pianeta, per sostenere un miglioramento delle loro economie concedendo ai loro popoli dignità e fiducia nel futuro”. (M.G.)

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    Sudafrica: i vescovi temono una nuova ondata di violenza xenofoba

    ◊   “Siamo in contatto con il Ministero dell’Interno e stiamo seguendo con attenzione l’evolversi degli eventi, per capire con precisione quello che sta succedendo. Quando si avrà un quadro esatto degli eventi potremo esprimere una valutazione” dice all’agenzia Fides padre Chris Townsend, portavoce della Sacbc (la Conferenza episcopale di Sudafrica, Botswana e Swaziland), a proposito della situazione dei circa 2.700 richiedenti asilo di nazionalità zimbabwana che sono stati costretti a rifugiarsi in un “campo di sicurezza” a De Doorns, una località rurale a circa 150 chilometri da Città del Capo. Nei giorni scorsi, gli zimbabwani sono stati oggetto di attacchi xenofobi da parte della popolazione locale, che li accusa di “rubare posti di lavoro” , perché gli zimbabwani sono disposti ad accettare paghe inferiori a quelle dei lavoratori sudafricani, impiegati dalle aziende agricole dell’area. Secondo l’agenzia di stampa promossa dall’ONU, Irin, nella prima mattina di ieri gruppi organizzati hanno attaccato il campo di Stofland, il più grande campo abusivo di De Doorns. Il comandante della locale stazione di polizia, il sovrintendente Van der Westhuizen ha detto a Irin che la situazione era diventata tesa il 13 novembre, quando alcuni cittadini dello Zimbabwe erano stati coinvolti in una violenta discussione. A seguito di tale incidente, circa 68 cittadini dello Zimbabwe hanno abbandonato la zona, temendo una recrudescenza di violenza xenofoba. La polizia, accompagnata da funzionari del governo locale, ha tenuto una riunione informale con i residenti della città la sera del 16 novembre per calmare la situazione. “Ma i residenti hanno minacciato di impedire ai zimbabwani di andare a lavorare il 17 novembre” ha detto van der Westhuizen. La polizia ha dovuto sparare proiettili di gomma per disperdere i residenti, che hanno attaccato alcune baracche nel campo di Stofland, costringendo i cittadini dello Zimbabwe a fuggire. "Fortunatamente, nessuno dei cittadini dello Zimbabwe ha subito danni e tutti hanno potuto trasferirsi con i loro effetti personali” ha detto il sovrintendente di polizia. Il riaccendersi delle tensioni xenofobe è messo in relazione con la recessione economica globale che ha colpito il Sud Africa in modo drammatico. Secondo gli ultimi dati delle autorità sudafricane, il Paese ha perso 484.000 posti di lavoro negli ultimi sei mesi, facendo salire il tasso di disoccupazione al 24,5% nel periodo luglio-settembre 2009, rispetto al 23,2% nello stesso periodo del 2008. (R.P.)

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    In Africa missionari contro la violenza e l’arbitrio

    ◊   Missione significa impegno quotidiano contro la “violenza” e l’“arbitrio”, per costruire un Paese dove le persone “siano in pace con se stesse e con il prossimo”: è il messaggio che, sulla base delle riflessioni del recente Sinodo dei vescovi per l’Africa, arriva dall’Assemblea plenaria dell’associazione dei Superiori maggiori (Asuma). I lavori dell'Assemblea si sono svolti a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, dall’8 al 15 novembre scorsi. L'incontro - si sottolinea nel documento ripreso dalla Misna - si è tenuto dopo un Sinodo durante il quale i padri sinodali, pur apprezzando i progressi realizzati nel continente in diversi ambiti, hanno con coraggio analizzato i mali che consumano l’Africa; hanno distinto le vere responsabilità, non soltanto dei Paesi e delle società straniere ma anche dei nostri stessi fratelli, figli e figlie di un’Africa minacciata dalla miseria e dal caos”. Nel testo i Superiori maggiori ricordano il tema del Sinodo, “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace: voi siete il sale della terra e la luce del mondo”. Si ricordano soprattutto le ferite della Repubblica democratica del Congo, un Paese ancora ostaggio di “violenze e arbitrio”, dove è necessario più che mai lottare contro "il virus dell’esclusione attraverso il tribalismo e i gruppi fondati sull’interesse egoistico”. In questo contesto, dove dramma e speranze stanno l'uno accanto all'altra, i missionari chiedono di “lavorare per un Paese dove le persone siano in pace con se stesse e con il prossimo, in dialogo franco e sincero tra loro”. (A.L.)

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    Nasce in Camerun il primo “Centro per il Cuore” dedicato ai bambini cardiopatici

    ◊   Nasce a Shisong, in Camerun, il “Centro per il Cuore”. Domani le associazioni ‘Bambini Cardiopatici nel Mondo’ e ‘Cuore Fratello’ consegneranno le chiavi del Centro alle suore terziarie francescane che lo hanno fortemente voluto per salvare la vita a tanti bambini affetti da cardiopatie. Nel corso della cerimonia sarà posta una pietra miliare per la salute di tanti piccoli, alla presenza di numerose autorità, tra cui Philemon Yang, primo Ministro del Camerun, e Antonio Bellavia, ambasciatore italiano nel Paese africano. Nell’Africa Centro Occidentale, che ha una popolazione di 200 milioni di persone, il Centro per il Cuore di Shisong sarà l’unico ospedale specializzato in patologie cardiache: già venerdì prossimo, giorno successivo all’inaugurazione, inizieranno i primi interventi al cuore con 40 operazioni programmate. L’ospedale è già perfettamente funzionante: l’ultima missione in Camerun dell’Associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo, che risale a inizio di ottobre, ha potuto verificare che le sale operatorie e la terapia intensiva, oltre a tutti i reparti, sono pronte ad accogliere i pazienti. Nel mondo ci sono oltre 5 milioni di piccoli affetti da malattie cardiache. 800.000 di loro pagano un prezzo altissimo – spesso la vita – perché sono nati in Paesi poveri. L’Associazione, oltre a intervenire sul campo operando i bambini malati, partecipa anche alla costruzione di “ospedali della speranza”, centri specializzati in patologie cardiache congenite. Per maggiori informazioni si può consultare il sito www.bambinicardiopatici.it (A.L.)

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    Egitto: per Amnesty, a rischio frane la metà dei quartieri del Cairo

    ◊   Circa la metà dei 13,5 milioni di abitanti della Grande Cairo vive in insediamenti precari costruiti nel deserto o su terreni agricoli soggetti alla perenne minaccia di frane e altri rischi legati al dissesto idrogeologico. È quanto emerge nel rapporto "Sepolti vivi. Intrappolati da povertà e diniego negli insediamenti abitativi precari del Cairo", presentato ieri da Malcolm Smart, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. Il documento di Amnesty International sollecita le autorità egiziane a prendere misure immediate per non ripetere la tragedia di Al-Duwayqa, un insediamento abitativo precario della zona di Manshiyet Nasser, nella parte orientale del Cairo, colpito da una frana rovinosa il 6 settembre 2008, che uccise almeno 107 persone. Amnesty International chiede quindi al governo di intervenire per scongiurare pericoli nelle 26 "zone insicure" della capitale egiziana e tutelare il diritto dei residenti alla salute e a un alloggio adeguato. Nel testo si legge che dopo la frana di Al-Duwayqa, le autorità egiziane si sono attivate rapidamente per individuare altre zone pericolose nei dintorni. Hanno proceduto alla demolizione di oltre un migliaio di abitazioni e, nel giro di un mese, hanno fornito un nuovo alloggio a oltre 1750 famiglie, senza tuttavia concedere il possesso legale e lasciandole dunque a rischio di futuri sgomberi. Altre famiglie sono rimaste senza casa e, nell'assegnazione degli alloggi, le donne divorziate o separate dai mariti sono state discriminate. Alcune famiglie sono state sgomberate a forza, oltre che da Al-Duwayqa, anche da Establ Antar, un insediamento abitativo precario nella parte meridionale del Cairo. Nella gran parte dei casi, gli sgomberi sono stati eseguiti in violazione delle procedure di protezione previste dal diritto internazionale, spesso con poco preavviso e con l'appoggio delle forze di sicurezza. "Gli abitanti ci hanno raccontato di una vita fatta di privazione, diniego, insicurezza e minaccia costante di sgombero forzato. Lo stato deve garantire il loro diritto a un alloggio adeguato e porre fine agli sgomberi forzati", ha commentato l’esponente di Amnesty Malcolm Smart. L’iniziativa egiziana rientra nell'ambito della campagna globale "Io pretendo dignità", lanciata nel maggio di quest'anno da Amnesty International per chiedere ai governi di rispettare il diritto a un alloggio adeguato. (M.G.)

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    Il cardinale Cordes in Spagna: lo Stato non emargini la dimensione religiosa

    ◊   Lo Stato “vive di fattori che egli stesso non può garantire”, motivo per il quale, nel corso della storia, “tutti gli Stati hanno riconosciuto la ragione morale a partire da tradizioni religiose precedenti”. È tutto incentrato sulla necessità che lo Stato contempli l’aspetto religioso nella vita della collettività, l’intervento del cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, all’XI Congresso Cattolici e Vita Pubblica, sul tema “La politica, al servizio del bene comune”, che si è aperto ieri a Madrid. Il porporato, citato dalla Zenit, ha prima sgombrato il campo da ogni dubbio: “Allo Stato non si richiede un'obbedienza irrazionale nei confronti degli imperativi ecclesiali, né il salto alla cieca nelle acque della fede”. La religione, ha poi spiegato, non è “superflua, né si può eliminare facilmente dall'ordinamento sano di una collettività”. Secondo il cardinale Cordes, è dunque importante “evitare sia di fare dello Stato un assoluto religioso che l'appropriazione dell'ordine politico giusto per una comunità di fede”. Dall'altro lato, il porporato ha infine lodato la “fermezza spagnola” nel difendere la vita espressa nella manifestazione del 17 ottobre scorso a Madrid, auspicando che questa disposizione a lottare “possa risvegliare” persone di altri Paesi “perché l'Europa non perda il momento della sua salvezza”. Le prossime sessioni del Congresso affronteranno questioni come la partecipazione dei cattolici alla democrazia spagnola, l'etica e il mercato, la rigenerazione della democrazia, il diritto alla libertà religiosa, l'obiezione di coscienza davanti a leggi ingiuste, la solidarietà e il bene comune, le politiche familiari, l'ideologia di genere e la nuova economia di fronte alla crisi attuale. E’ inoltre previsto l'intervento di personalità di spicco della sfera pubblica, tra cui il Primo Ministro della Repubblica Slovacca, Jan Carnogursky; il presidente del Comitato italiano di Bioetica, Francisco D’Agostino; l'ex Presidente della Repubblica portoghese Ramalho Eanes; gli eurodeputati Marcelino Oreja e Mario Mauro e il direttore de “L’Osservatore Romano”, Giovanni Maria Vian. I Lavori potranno essere seguiti via internet sul sito dell'Università San Pablo CEU. (M.G.)

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    Argentina: i vescovi convocano un Congresso nazionale sulla dottrina sociale della Chiesa

    ◊   Con lo scopo di approfondire le riflessioni e i piani pastorali sulla giustizia e la solidarietà, i vescovi argentini, al termine della loro assemblea plenaria, hanno deciso di convocare un Congresso nazionale sulla dottrina sociale della Chiesa. L’evento, che si realizzerà nella cornice delle celebrazioni per il bicentenario dall’indipendenza, si terrà nel 2011 nell’arcidiocesi di Rosario. L’iniziativa intende dare un contributo all’elaborazione di un “progetto Paese” dove “ciascun abitante sia cittadino e fratello e tutti insieme una Nazione”, come hanno ribadito a più riprese in questi anni i presuli argentini. L’assemblea plenaria ha affidato l’organizzazione del Congresso alla Commissione per la pastorale sociale, alla Commissione per la giustizia e la pace e alla prestigiosa Università cattolica argentina. Il riferimento immediato- si legge in una nota - sarà la recente enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritates” che sarà un punto di arrivo per ripercorrere il magistero sociale a partire da Papa Leone XIII. I presuli, in comunione con il magistero di Giovani Paolo II, ricordano che “ogni azione sociale ha bisogno di una dottrina”. Per questo, invitano gli organizzatori, e poi i partecipanti, a tener presente questi obiettivi: il rapporto tra dimensione sociale della fede, nuova evangelizzazione e magistero sociale; impegno missionario per una società giusta e responsabile capace di incoraggiare la partecipazione dei cristiani e dei cittadini, “veri agenti di trasformazione della vita del Paese”; accrescere la coscienza sui valori e principi degli insegnamenti sociali del magistero pontificio operando in modo che ciò coinvolga non solo le singole persone, ma anche la classe dirigente; rinforzare la convinzione che occorre contribuire a sradicare la povertà come condizione per lo sviluppo integrale e sostenibile della nazione. I presuli argentini osservano, inoltre, che quest’impegno rientra nella Missione continentale. Missione che attualmente mobilita le 22 Conferenze episcopali dell’America latina e dei Caraibi. In questo contesto i vescovi ricordano anche l’importanza di applicare, nella preparazione del Congresso, un metodo ampiamente partecipativo per coinvolgere ogni parrocchia, tutte le diocesi, le Università cattoliche e ogni movimento laicale operante nel Paese. Infine i presuli argentini ricordano ugualmente l’importanza di fare della preparazione un momento di formazione. Per questo esortano gli agenti di pastorale a far sì che dal processo possano emergere nuovi leader e dirigenti politici, sindacali, sociali e culturali. (A cura di Luis Badilla)

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    Risoluzione del Senato Usa per ricordare i sei gesuiti uccisi nel Salvador nel 1989

    ◊   L’impegno dei sei missionari gesuiti, uccisi insieme con altre due donne il 16 novembre 1989 a San Salvador, capitale di El Salvador, è stato ricordato dalle autorità civili e religiose degli Stati Uniti, in occasione del 20.mo anniversario del loro sacrificio. L’Osservatore Romano riferisce della lettera del vescovo di Albany e presidente della commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, mons. Howard James Hubbard, in cui si sottolinea che i gesuiti erano in missione nel Paese “per rendere la società più giusta e pacifica, dove i bisogni e i diritti delle persone sono riconosciuti e rispettati”. “La loro eredità - si aggiunge - continua a essere incarnata in tanti uomini e donne che ancora cercano un mondo più giusto, pacifico e sicuro, nel quale la vita e la dignità di tutte le persone siano tutelate”. Il presule esprime poi la soddisfazione di tutta la conferenza episcopale per l'approvazione in maniera unanime da parte del Senato degli Stati Uniti di una risoluzione con la quale si ricorda la morte dei missionari. “Con l'approvazione unanime della risoluzione, il Senato ha riconosciuto - si legge nella missiva - l'importanza del lavoro nel campo educativo delle comunità religiose e delle istituzioni cattoliche, come l'Università Centroamericana in El Salvador, e dei ventotto licei e università dei gesuiti negli Stati Uniti". Dalla Conferenza episcopale si osserva anche che la risoluzione impegna il Governo degli Stati Uniti a collaborare con quello di El Salvador e, fra le altre, con le organizzazioni religiose, nell'attuazione dei progetti contro fame e povertà e il rispetto dei diritti. I sei religiosi, Ignacio Ellacuría, Ignacio  Martín Baró, Segundo Montes, Armando López, Juan Ramón  Moreno  e  Joaquín  López  y López,  furono  assassinati durante un'operazione contro la guerriglia. La stessa sorte subì una donna che lavorava nella cucina dell'università, Julie Elba Ramos e la figlia Celina Mariset. (M.G.)

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    Terra Santa: un centro pastorale per frenare l'esodo dei cristiani

    ◊   Per guarire le ferite generate dalla divisione religiosa in Terra Santa e fermare l'esodo dei cristiani dalla regione, si è pensato di realizzare il Centro pastorale diocesano maronita del Buon Pastore, un edificio di quattro piani in costruzione sul Monte Carmelo, nel nord di Israele. Il Centro, che ospiterà ritiri, conferenze, servizi di assistenza e riunioni per i giovani di varie religioni, dovrebbe essere inaugurato alla fine del 2011. L'arcivescovo maronita Paul Sayah di Haifa e della Terra Santa – rende noto l’agenzia Zenit - ha affermato che l'obiettivo principale del progetto è di aiutare a rinnovare la fiducia dei maroniti e degli altri cristiani dissuadendoli dall'emigrazione. “Dobbiamo essere certi – ha aggiunto – che i cristiani sentano di avere un ruolo da giocare e le opportunità di ottenere una formazione educativa e spirituale”. Il complesso ha ricevuto un forte sostegno da parte dei drusi, un gruppo religioso derivato dall'islam che rappresenta la maggior parte della popolazione di Isfya, il villaggio in cui è in costruzione. Molti leader drusi della zona hanno anche firmato un documento per supportare il progetto. In questo contesto, l'iniziativa vuole anche promuovere le relazioni tra drusi e cristiani, che avevano raggiunto un punto di crisi nel febbraio del 2005 a Mughar, sempre nel nord di Israele. Nel 2005 una disputa nella città ha portato i drusi ad una reazione violenta che ha costretto metà della popolazione cristiana a fuggire. I maroniti sono una delle più piccole comunità cattoliche della regione. Secondo dati diffusi nel maggio scorso dall'arcivescovo Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme, i cristiani in Palestina sono meno di 50.000. (A.L)

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    La Chiesa sudcoreana contro gli aborti: fermare la strage

    ◊   In Corea del Sud la Commissione episcopale per la bioetica pubblica un messaggio a sostegno dei medici che praticano l’obiezione di coscienza. E avverte: “Potrebbe essere l’ultima occasione utile per fermare la strage”. Ogni anno in Corea del Sud avvengono più di 340 mila aborti. La vita - si legge nel messaggio - deve essere rispettata sin dal momento del concepimento. Per questo, la Chiesa coreana sostiene quei coraggiosi medici che hanno lanciato la campagna contro l’aborto, decidendo nel contempo di non effettuare più interventi di interruzione di gravidanza. Il testo invita tutta la popolazione “a partecipare a questo sforzo, che cerca di fermare una delle peggiori piaghe”. L’auspicio è che la “decisione di questi medici possa divenire l’occasione giusta per ribaltare l’attuale permissivismo nei confronti degli aborti”. Si deve costruire una “cultura della vita, se si vuole progredire”. Il riferimento al “permissivismo” riguarda la pratica dell'aborto illegale, che in Corea del Sud è diffuso in tutte le sfere sociali, con un’impennata in particolare tra la popolazione contadina. La legge – rende noto l’agenzia AsiaNews - proibisce gli aborti selettivi in base al sesso del nascituro, ma la consuetudine impone alle coppie di avere, come primogenito, un maschio. Ecco perché, in caso di una gravidanza, moltissime persone ricorrono all’interruzione di gravidanza clandestina. Secondo le ultime statistiche pubblicate dal governo, il numero degli aborti illegali praticati nel 2005 è stato di 342 mila unità. Una Ong cristiana sostiene che nel 2009 il numero è salito a 380 mila. Per cercare di arginare questo dramma la Commissione episcopale per la bioetica ribadisce che “il governo ha il dovere di proteggere la vita dei propri cittadini”. Si deve eliminare “tutta la legislatura che facilita l’aborto”. L’esecutivo dovrebbe inoltre “sostenere quei medici che praticano l’obiezione di coscienza e prendono a cuore la vita dei bambini ancora non nati, invece di costringerli ad agire contro coscienza”. I circoli accademici devono coltivare la sensibilità pro-life e farla crescere nei cuori dei giovani del nostro mondo. “Questa è un’opportunità importante e forse unica - si legge infine nella nota - per far tornare al centro la famiglia, eliminando l’aborto dalla realtà”. (A.L.)

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    Preparativi nel Kosovo per il centenario della nascita di Madre Teresa

    ◊   Celebrazioni religiose, simposi, progetti con le scuole e manifestazioni con esponeti del mondo della cultura. È ricchissimo il calendario delle celebrazioni in programma per tutto il 2010 in Kosovo per il centenario della nascita di Madre Teresa. La devozione nei confronti della beata di origine albanese è particolarmente sentita fra gli oltre due milioni di abitanti della giovane repubblica balcanica che ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio del 2008. Questo nonostante i cattolici rappresentino una minoranza nel mondo albanese: circa il 5% della popolazione, al 90% musulmana. “Mercoledì scorso a Pristina – racconta al Sir don Lush Gjergji biografo di Madre Teresa - si è riunito per la prima volta il Consiglio nazionale del Kosovo che avrà il compito di organizzare le celebrazioni di questo anniversario”. All’incontro nel palazzo del ministero della Cultura erano presenti il ministro, Valton Beqiri, il rappresentante della presidenza, Xhavit Beqiri, Ali Podrimjia, dell’Accademia delle Scienze ed Arte del Kosovo, Jusuf Bajraktari, dell’Istituto della Storia del Kosovo e lo stesso don Lush Gjergji, in rappresentanza della Chiesa del Kosovo. “L’obiettivo – spiega don Gjergji – è quello di creare tramite la riscoperta della vita e delle opere di Madre Teresa quella cultura della vita e quella civiltà dell’amore che costituisce il presupposto fondamentale per la libertà vera, duratura e giusta per tutti”. Madre Teresa, il cui nome all’anagrafe è Gonxha Bojaxhiu, nacque il 26 agosto del 1910 a Skopjie, oggi capitale dell’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia ma allora parte dell’Impero Ottomano. I suoi genitori di etnia albanese erano originari del vicino Kosovo terra che la giovane visitò spesso nella sua giovinezza. Particolarmente forte era il suo legame con il santuario mariano di Letnica al confine tra Kosovo e Macedonia. (M.G.)

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    Anche seminaristi, diaconi, religiosi e laici invitati alla chiusura dell'Anno Sacerdotale

    ◊   Per la chiusura dell'Anno Sacerdotale, che avrà luogo a Roma dal 9 all’11 giugno del 2010, l'invito è esteso, oltre ai sacerdoti, anche a seminaristi, diaconi permanenti, religiose e laici. In una nota dell'Opera Romana Pellegrinaggi, incaricata dell'organizzazione logistica dell'evento, si sottolinea che la cerimonia finale, prevista per il 150.mo anniversario della nascita di Giovanni Maria Vianney, sarà una festa della Chiesa universale attorno ai suoi sacerdoti. “Un’esperienza – si legge nella nota ripresa dall’agenzia Zenit - che non vuole escludere nessuno, ma anzi intende essere un’opportunità per tutti”. Per spiegare le finalità di questo anno giubilare, l'Opera Romana Pellegrinaggi ricorda poi il videomessaggio del Papa ai partecipanti al ritiro internazionale dei sacerdoti tenutosi lo scorso settembre ad Ars: 'In questo Anno sacerdotale siamo tutti chiamati a esplorare e a riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurati per sempre a Cristo, Sommo Sacerdote e che ci ha tutti 'consacrati nella verità'”. “In questo senso ognuno è invitato a vivere questa importante esperienza nella specificità della propria vocazione”. Nell’omelia in occasione dell’apertura dell’Anno sacerdotale Benedetto XVI si è poi rivolto ai seminaristi con queste parole: “Per essere ministri al servizio del Vangelo è certamente utile e necessario lo studio con una accurata e permanente formazione teologica e pastorale, ma è ancor più necessaria quella scienza dell'amore che si apprende solo nel cuore a cuore con Cristo”. Espressioni di gratitudine sono state inoltre indirizzate ai diaconi permanenti nella lettera del 10 agosto 2009 della Congregazione per il Clero, nella quale si legge: “A voi si può egualmente applicare ciò che il Papa ha detto ai Sacerdoti, per l’Anno Sacerdotale; bisogna favorire questa tensione dei Sacerdoti verso la perfezione spirituale, dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero”. Ai laici, impegnati a supportare i sacerdoti nelle loro comunità parrocchiali, il Papa nel discorso ai vescovi della Conferenza episcopale del Brasile ha infine detto: “Con i suoi fedeli e con i suoi ministri, la Chiesa è sulla terra la comunità sacerdotale organicamente strutturata come Corpo di Cristo, per svolgere efficacemente, unita al suo capo, la sua missione storica di salvezza”. Per maggiori informazioni e per poter partecipare alla chiusura dell'Anno Sacerdotale si può consultare il sito www.josp.com (A.L.)

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    Al Festival di Torino di scena l'immigrazione e l'integrazione

    ◊   Famiglie, padri e madri, figli e figlie, a scuola o al lavoro: la società scricchiola e il cinema al Festival di Torino – sperimentale, d’autore, di nicchia, curioso – corteggia e affronta un tema centrale, attuale, offuscato da polemiche e sinceramente non procrastinabile nelle sue diverse declinazioni: l’immigrazione, l’accoglienza, l’integrazione, la legalità. L’Italia, prima di tutto: Pietro Marcello in "La bocca del lupo" – realizzato con il contributo della Fondazione San Marcellino di Genova, legata alla Compagnia di Gesù – non lesina immagini che penetrano nella marginalità più spaventosa, anche affettiva, sul palcoscenico di una Genova astratta e verista; Ivano De Matteo mette in scena un fosco teatrino perbenista in "La bella gente", che bella proprio non è: cultura democratica, immagine di progressisti benefattori, ma quando la famiglia tutta dedita alla difesa dei diritti altrui entra in crisi per aver accolto una prostituta romena che inizia veramente a redimersi e integrarsi, diventa un persecutore feroce e intollerante; "La cosa giusta", di Marco Campogiani, è quella che, invece, devono decidere di fare due poliziotti alle prese con un arabo sospettato di terrorismo. Anche il cinema d’Oltralpe comincia ad interrogarsi e guardare in faccia il problema: "Welcome" di Philippe Loiret è uscito in Francia con strascichi di polemiche, forte però di un incasso d’oltre dieci milioni di euro. E’ un film intenso, commovente, benissimo orchestrato e diretto in una Calais che sembra una Babele attraversata da umanità disgraziata, rigettata, perseguitata, offesa, alla deriva prima ancora di raggiungere le bianche scogliere di Dover. Finale amaro e molte coscienze interrogate sul futuro, nostro e altrui. Ma la crisi tocca anche le volpi: nel delizioso e divertente "Fantastic Mr. Fox" di Wes Anderson, un gioiello di animazione stop-motion, Mr. Fox e Mrs. Fox sono alle prese con una guerra scatenata dagli umani cattivi e dalle cattive abitudini di papà volpe. Come ben si sa questo simpatico animale perde il pelo ma non il vizio, che qui consiste nel rubare polli, piccioni e sidro. Ironia e comicità riflettono in questo mondo di fiaba le tensioni di ogni giorno, tra chi fa il bene e il male, tra chi perdona e offende. Questa volta, e fa riflettere, vincono le volpi, che almeno agiscono per la loro sopravvivenza e non per la sete di denaro, piacere e potere, come fanno invece i tre cattivi padroni del circondario. (Da Torino, Luca Pellegrini)

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    E' morto don Giuseppe Soro, direttore generale dei Periodici San Paolo

    ◊   E’ morto ieri pomeriggio a Milano, all’età di 63 anni, don Giuseppe Aurelio Soro, direttore generale dei Periodici San Paolo e già vicedirettore di Famiglia Cristiana. Nato il 18 marzo del 1946 a Sarule, in provincia di Nuoro, don Giuseppe è stato ordinato sacerdote nel 1977. Il suo esordio nel giornalismo è nella redazione del mensile cattolico “Vita Pastorale” di cui è stato anche direttore fino al 1999. Nell’aprile di quell’anno, congedandosi dai lettori di “Vita Pastorale” scriveva: “Ho svolto con amore e passione il mio ministero sacerdotale e apostolico come paolino nella ‘parrocchia di carta’ secondo il carisma e l’insegnamento di don Giacomo Alberione”. Dal 1997 al 2001 è stato direttore del settimanale “Gazzetta d’Alba”. Assumendone la direzione, manifestava la “preoccupazione di non illudere nessuno, unitamente alla speranza di non deludere” e collocava la linea del settimanale nel solco ‘alberoniano’ “del parlare di tutto cristianamente”. Si deve parlare di tutto – spiegava – senza remore e sempre nell’ottica cristiana, con il massimo possibile di obiettività e onestà per realizzare un giornale che dia voce sia a chi ricopre ruoli pubblici sia al modesto cittadino. Un giornale – aggiungeva – che stimoli il dialogo e che dia il suo contributo per una società migliore. Fino al gennaio del 2007, don Giuseppe Soro è stato inoltre vicedirettore di “Famiglia Cristiana”. Successivamente, è passato alla direzione dei Periodici San Paolo. I funerali di don Giuseppe Soro si terranno domani a Milano, alle ore 14.45, nella Parrocchia di San Pietro in Sala. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Obama contro gli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est

    ◊   La decisione israeliana sugli insediamenti inasprisce i palestinesi “in un modo che potrebbe andare a finire molto pericolosamente”: è quanto ha detto oggi il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in una intervista alla Fox News. Già ieri il portavoce della Casa Bianca aveva espresso costernazione e preoccupazione per il riavvio dei negoziati di pace. Anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha deplorato l'autorizzazione data ieri dalle autorità israeliane alla costruzione di 900 nuovi alloggi a Gerusalemme Est, insediamenti ritenuti dall’Onu illegali. La questione di Gerusalemme Est rappresenta uno dei principali punti di attrito tra israeliani e palestinesi. Lo spiega Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, nell’intervista di Roberta Rizzo:

    R. - Sono in linea di collisione da parecchio tempo. Netanyahu aveva in qualche modo accettato di frenare sugli insediamenti in Cisgiordania, mentre sulla questione di Gerusalemme Est non c’è mai stata da parte israeliana la spinta a seguire le richieste americane. Adesso siamo al momento della verità e bisogna capire se questa diversità di opinione evidente tra amministrazione Obama e governo israeliano sfocerà in qualcosa, oppure se rimarranno semplicemente due punti di vista diversi e si andrà avanti a costruire case a Gerusalemme Est, come succede da quarant’anni a questa parte.

     
    D. - Dunque, si tratta di una battuta di arresto al processo di pace?

     
    R. - La situazione, in questi giorni, è estremamente grave in Medio Oriente: sta davvero saltando il quadro delineato con il processo di pace iniziato a Oslo. Con tutto quanto è accaduto nelle ultime settimane - nel momento in cui Abu Mazen ha detto che non si sarebbe ricandidato alla presidenza dell’Autorità palestinese, e nel momento in cui, ormai da giorni, l’Autorità palestinese continua a dire di voler procedere con la proclamazione di uno Stato in maniera autonoma rispetto alla trattativa - il processo di pace è già finito. Siamo ormai di fronte a due alternative: o si blocca la costruzione delle case e si rimette in qualche modo in gioco la trattativa sugli insediamenti, riavviando il processo di pace, oppure andiamo verso gli atti unilaterali. Certo è che la comunità internazionale può dire all’Autorità palestinese che dichiarare unilateralmente la nascita di uno Stato è un passo azzardato. Ma devono anche offrirle una alternativa e l’unica alternativa è dimostrare che il processo negoziale può portare a qualche soluzione.
     
    Conclusa la visita a Pechino, Obama è a SeulIl presidente americano, Barack Obama, ha concluso la sua visita in Cina e da Pechino ha raggiunto la capitale sudcoreana Seul, ultima tappa del suo tour in Asia. Dalla stampa cinese sono emersi commenti positivi, mentre si guarda ai temi da affrontare con la Corea del Sud. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    È fitta l'agenda degli incontri di Obama a Seul, ma il programma ufficiale entra nel vivo domani. Sul tavolo ci sono gli accordi commerciali tra i due Paesi (ad esempio, le importazioni di carne Usa) e, soprattutto, la questione nucleare della Corea del Nord. Seul vorrebbe l’appoggio di Obama alla sua strategia per il programma di disarmo di Pyongyang: strategia presentata in settembre, che prevede il totale abbandono dei piani atomici in “un solo passaggio”. In evidenza, poi, l'Fta, l'accordo di libero scambio bilaterale fortemente voluto da George W. Bush, ma in negoziazione da anni. Su questo pesano, in particolare, le preoccupazioni del settore americano dell'auto, che teme forti ripercussioni. Seul è l’ultima tappa della visita del capo della Casa Bianca in Asia, cominciata in Giappone e proseguita a Singapore e in Cina. Il congedo di Obama di poche ore fa a Pechino è stato accompagnato da espressioni di soddisfazione: l’agenzia ufficiale Nuova Cina ha parlato di un momento di evoluzione positiva” nella “percezione della Cina da parte del mondo occidentale”. In particolare, è stata apprezzata la dichiarazione del presidente Usa ai giovani: gli Stati Uniti non vogliono contenere l'emergere della Cina, piuttosto le danno il benvenuto come membro forte e ricco della comunità delle nazioni. Ha colpito poi tutti il momento di riflessione solitaria che Obama si è ritagliato sulla Grande Muraglia, in seguito al quale ha dichiarato: la grandezza della storia ricorda che il tempo sulla terra non è eterno e che dunque dobbiamo farne buon uso.

     
    Afghanistan
    Domani, nella capitale afghana si terrà, tra imponenti misure di sicurezza, la cerimonia di insediamento del presidente rieletto, Hamid Karzai. Le autorità fanno appello alla cooperazione dei cittadini, per "assicurare una maggiore sicurezza", invitandoli a segnalare ogni informazione utile per impedire violenze. Ieri, un soldato statunitense è stato ucciso nel sud dell'Afghanistan dall'esplosione di un ordigno artigianale (Ied). Lo annuncia un comunicato della Forza internazionale a guida Nato (Isaf). Il bilancio dei soldati stranieri uccisi in Afghanistan dall'inizio dell'anno sale così a 471, tra i quali 291 statunitensi, secondo le stime del sito icasualties.org.

    Iraq: veto su nuova legge elettorale, consultazioni a rischio
    Le elezioni generali irachene previste per gennaio prossimo potrebbero saltare a causa della decisione presa dal vicepresidente iracheno sunnita, Tareq al Hashimi, di mettere il veto agli articoli della nuova legge elettorale, che riguardano gli elettori all'estero. Il Consiglio presidenziale del Paese - composto dal presidente Jalal Talabani e da due vicepresidenti - aveva richiesto un peso maggiore nelle elezioni per quanto riguarda le minoranze etniche e per i cittadini iracheni residenti all'estero. Già ieri, i partiti curdi avevano minacciato il boicottaggio delle consultazioni.

    Somalia: insorti lapidano donna accusata di adulterio
    Una donna sposata di 29 anni è stata lapidata ieri nel villaggio di Eelbon, nel sud della Somalia, da alcuni insorti di al-Shabaab, gruppo integralista con molta probabilità legato ad Al Qaeda. La vittima è stata accusata di adulterio. Il giudice responsabile della sentenza di morte, ha anche punito l'uomo con cui la donna ha avuto la relazione extraconiugale. Al-Shabaab e gli alleati di Hizbul Islam controllano ormai buona parte della Somalia meridionale e centrale, dove è stata imposta la sharia, la legge islamica.

    Spagna: liberati i membri del peschereccio Alakrana
    Quattro milioni di dollari, 2,7 milioni di euro circa, é il riscatto pagato per trarre in salvo i membri del peschereccio spagnolo Alakrana, dopo 47 giorni nelle mani dei pirati somali. L’imbarcazione, che aveva a bordo 36 persone, è attesa alle isole Seychelles domani in serata. Il premier spagnolo, José Luis Zapatero, ha dato l’annuncio ufficiale della liberazione in una conferenza stampa a Madrid. Zapatero non ha invece né confermato né smentito il pagamento del riscatto. Secondo le dichiarazioni rilasciate da uno dei pirati somali al quotidiano “El Mundo”, il gruppo avrebbe avuto l’assicurazione che, oltre al riscatto, i due presunti pirati detenuti a Madrid saranno rimpatriati.

    Atene: violento epilogo alle manifestazioni in ricordo della rivolta del 1973
    Numerosi feriti e contusi, tra i quali 14 agenti di polizia, e 280 giovani fermati dalle forze dell’ordine. Questo è il bilancio dei violenti disordini scoppiati ieri sera ad Atene al termine della grande manifestazione per l'anniversario della rivolta del Politecnico contro i Colonnelli, nel 1973. Centinaia di giovani radicali hanno cominciato a lanciare sassi e bombe molotov contro gli agenti, che hanno reagito caricando i manifestanti. Disordini e fermi anche a Salonicco, dove si è svolta una marcia parallela a quella nella capitale, con la partecipazione di alcune migliaia di persone.

    Da oggi a Roma il Congresso mondiale parlamentare sul Tibet
    Questa mattina interviene il Dalai Lama al quinto Congresso mondiale dei parlamentari Pro-Tibet, organizzato a Roma oggi e domani. Centoquarantasei parlamentari italiani hanno firmato la lettera di benvenuto al Dalai Lama, con la quale si chiede alle istituzioni italiane di promuovere e sostenere la sua iniziativa politica per una soluzione pacifica e condivisa della questione tibetana. A quattro anni dalla precedente sessione di Edimburgo, l'obiettivo è di sviluppare un piano d'azione governativo che assicuri supporto al processo di dialogo tra il governo di Pechino e le rappresentative del Tibet. La lettera di benvenuto al leader tibetano è stata sottoscritta da parlamentari di tutti gli schieramenti.

    Salvati al largo della costa calabrese 122 immigrati irregolari
    Un'imbarcazione con a bordo 122 immigrati curdi di diversa nazionalità è stata intercettata stamattina dalla Guardia di finanza a pochi chilometri dalla costa calabrese a Riace, nello Jonio. L'imbarcazione ha tentato di allontanarsi ma si è arenata. Gli immigrati che erano a bordo si sono gettati in mare, ma sono stati successivamente recuperati e portati a riva. Tra di loro gli investigatori stanno cercando adesso gli scafisti. Gli immigrati sono 74 uomini, 24 donne e 24 minori, tra cui una decina di bambini due dei quali di pochi mesi. Due donne in stato di gravidanza ed un uomo sono stati portati nell'ospedale di Locri, ma le loro condizioni non destano preoccupazione. Secondo quanto è stato accertato dalla Guardia di finanza, che sta svolgendo le indagini insieme a Polizia e Carabinieri, gli immigrati sono curdi di nazionalità irachena, afghana, turca ed iraniana. Erano partiti da un porto della Turchia venerdì scorso.

    Georgia: dibattito parlamentare a Tbilisi, ma la situazione resta tesa
    Una delegazione parlamentare bielorussa è arrivata oggi nella capitale georgiana di Tbilisi, per esaminare la questione di un eventuale riconoscimento delle due regioni georgiane separatiste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. Altre due delegazioni parlamentari bielorusse sono già riunite per incontrare il presidente osseto, Serghiei Bagapsh.

    Washington: indagata mamma-soldato
    L'esercito americano ha arrestato Alexis Hutchinson, una ragazza afroamericana di 21 anni, madre di un bambino di 10 mesi, perché non si è presentata alla chiamata del suo battaglione in partenza per l'Afghanistan. La mamma-soldato, dopo aver deciso di rimanere col figlio, si ritrova posta in stato di fermo e confinata presso l'Hunter Army Aifield di Savannah, in Georgia. Un portavoce della base militare ha precisato che sul caso sono in corso approfondimenti, e che comunque ad un genitore-single non verrebbe mai ordinato di partire. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Chiara Pileri)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 322

     
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