Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 14/11/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai vescovi brasiliani: la difesa della vita appartiene a tutti, credenti e non credenti
  • Il cammino della Serbia verso la piena integrazione dell’Unione Europea al centro dell’udienza del Papa al presidente Tadić
  • Il recente viaggio nella Repubblica Ceca e il Trattato di Lisbona in primo piano nell’udienza del Papa al presidente ceco Fischer
  • Il Papa a Malta il 17 e 18 aprile prossimi, in occasione del 1950.mo anniversario del naufragio di San Paolo
  • Lettera del Papa al cardinale Tomko per il 150.mo anniversario dell’evangelizzazione di Taiwan
  • Nomine
  • Mons. Migliore all'Onu: necessaria una riforma del diritto di veto
  • Congresso Mondiale della Pastorale per i migranti e i rifugiati: il bilancio di mons. Marchetto
  • Conclusa la plenaria di Cor Unum
  • Per la sicurezza alimentare: l'editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Giornata mondiale del diabete dedicata alla prevenzione
  • Convegno sulla Caritas in veritate: intervista con il ministro Belloni
  • Seminario internazionale sul sacerdozio promosso dai Focolari
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Vescovi messicani: sconvolti dall'imperversare della violenza
  • Incontro in Galilea con 150 vescovi dell'America Latina promosso dal Cammino neocatecumenale
  • Irlanda del Nord: cristiani uniti contro criminalità e terrorismo
  • Rapporto Onu sulle donne vittime del cambiamento climatico
  • Brasile: calo record della deforestazione in Brasile
  • L'impegno delle Chiese cristiane per combattere l’esodo climatico
  • Simposio a Valencia sui valori spirituali per prevenire i suicidi
  • Seminario a Roma su "Europa, Cina, Africa: nuove vie per lo sviluppo internazionale"
  • Inaugurazione nell’Andhra Pradesh del nuovo seminario minore dell'Opera don Guanella
  • Vietnam: conferenza per rilanciare il lavoro degli operatori sociali
  • Sud Corea: messaggio per la Settimana Biblica sul sacerdozio comune
  • Appello del cardinale Majella Agnelo per una riforma morale in Brasile
  • Argentina: documento dei vescovi sulle emergenze sociali
  • Perù: seminario in favore della vita
  • Kenya: la Chiesa dice “sì” alla riforma costituzionale
  • Sudan: centinaia di casi di leishmaniosi viscerale nel sud del Paese
  • Appello del vescovo ciadiano Djitanghar a non dimenticare l'Africa
  • Inghilterra: volontari cattolici per il reinserimento degli ex detenuti
  • Madrid: eletta la nuova direzione della Conferenza dei religiosi e religiose di Spagna
  • 24 Ore nel Mondo

  • Obama in Asia: tappa a Singapore per il vertice Apec
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai vescovi brasiliani: la difesa della vita appartiene a tutti, credenti e non credenti

    ◊   Un appello alla formazione delle coscienze è stato lanciato stamani dal Papa durante il suo incontro con i vescovi brasiliani della regione Sud 1, in Vaticano per la visita ad Limina. Al centro del discorso di Benedetto XVI, il fatto che la difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale non appartenga solo ai cristiani ma ad ogni coscienza umana che aspiri alla verità. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Il Papa ha ricordato il ricco patrimonio cristiano del popolo brasiliano ma sottolineando, nello stesso tempo, la necessità urgente di educare le coscienze in un tempo che vede crescere la violenza e il disprezzo della vita umana. Missione della Chiesa è proprio quella di illuminare le profondità del cuore umano per il bene dell’uomo. “La questione della vita e della sua difesa e promozione – ha aggiunto - non è prerogativa dei soli cristiani. Anche se dalla fede riceve luce e forza straordinarie, essa appartiene ad ogni coscienza umana che aspira alla verità”. E il «popolo della vita» - ha rilevato – “gioisce di poter condividere con tanti altri il suo impegno” perché “la nuova cultura dell'amore e della solidarietà possa crescere per il vero bene della città degli uomini”.

     
    Oggi – ha spiegato – la vita umana, “dono di Dio da accogliere nell’intimità amorosa del matrimonio tra un uomo e una donna” è talora vista come un “mero prodotto dell’uomo”. E’ l’attuale sfida della bioetica “campo primario e cruciale della lotta culturale tra l'assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell'uomo”: qui “si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta – ha detto il Papa - di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio. Le scoperte scientifiche in questo campo e le possibilità di intervento tecnico sembrano talmente avanzate da imporre la scelta tra le due razionalità: quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa nell'immanenza”.

     
    Il Papa cita Giobbe che in modo provocatorio chiama gli animali a dire all’uomo Chi ha creato la vita; e la Genesi laddove il Signore della vita afferma: “della vita dell'uomo domanderò conto a suo fratello…perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l'uomo”. Benedetto XVI invita infine i presuli a non stancarsi mai di lanciare l’appello alle coscienze, anche “sperando contro ogni speranza”, con la “ferma fiducia di chi sa di poter contare sulla vittoria di Cristo”.

    inizio pagina

    Il cammino della Serbia verso la piena integrazione dell’Unione Europea al centro dell’udienza del Papa al presidente Tadić

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani in udienza, il presidente della Serbia, Boris Tadić. Nell’incontro, riferisce un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, ci si è soffermati “sulle principali sfide regionali” e sul “cammino della Serbia verso la piena integrazione nell’Unione Europea”. Quindi, è stato “sottolineato il contributo che la Chiesa cattolica desidera offrire alla società serba e sono stati richiamati gli elementi idonei ad assicurarne adeguatamente la presenza e l’attività”. Nell’udienza, si è preso atto inoltre del “positivo dialogo con la Chiesa Ortodossa, anche nella prospettiva della commemorazione, nel 2013, dell’Editto di Milano, ad opera dell’Imperatore Costantino, nato a Niš”.

    Successivamente il presidente Tadić ha avuto un colloquio con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che era accompagnato dal segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti.

    inizio pagina

    Il recente viaggio nella Repubblica Ceca e il Trattato di Lisbona in primo piano nell’udienza del Papa al presidente ceco Fischer

    ◊   In tarda mattinata, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il primo ministro della Repubblica Ceca, Jan Fischer. Il colloquio con il Papa, informa una nota della Sala Stampa vaticana, ha “permesso di proseguire le conversazioni intraprese durante il recente viaggio apostolico” del Papa in terra ceca. Il Pontefice e Fischer hanno rilevato “i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica Ceca ed è stata confermata la comune volontà di proseguire il dialogo costruttivo sui temi bilaterali attinenti alle relazioni tra la comunità ecclesiale e quella civile”. Infine, riferisce la nota, “c’è stato uno scambio di vedute su questioni di attualità nelle relazioni internazionali, in particolare sull’entrata in vigore del Trattato di Lisbona”.

    Dopo il colloquio con il Papa, il primo ministro Fischer ha incontrato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.

    inizio pagina

    Il Papa a Malta il 17 e 18 aprile prossimi, in occasione del 1950.mo anniversario del naufragio di San Paolo

    ◊   Benedetto XVI sarà a Malta sabato 17 e domenica 18 aprile del 2010. Occasione della visita pastorale è il 1950.mo anniversario del naufragio di San Paolo nell’arcipelago, che secondo la tradizione avvenne nel 60 durante il suo viaggio verso Roma. Il Papa, rende noto un comunicato dell’arcidiocesi di Malta, arriverà nell’isola nel pomeriggio del 17 aprile. Dopo l’incontro con le autorità civili, il Pontefice visiterà la Grotta di San Paolo a Rabat. La mattina del 18 aprile, il Papa celebrerà una grande Messa nella città di Floriana. Nel pomeriggio, quindi, incontrerà i giovani maltesi a La Valletta per fare poi ritorno a Roma. Quello a Malta è il 14.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI, il terzo di un Pontefice nell’arcipelago del Mediterraneo dopo le visite Giovanni Paolo II nel 1990 e nel 2001.

    inizio pagina

    Lettera del Papa al cardinale Tomko per il 150.mo anniversario dell’evangelizzazione di Taiwan

    ◊   Il Papa ha scritto una lettera al cardinale Josef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, suo Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive del 150.mo anniversario dell’evangelizzazione di Taiwan, che avranno luogo a Taipei il 22 novembre prossimo. L’annuncio del Vangelo a Taiwan – scrive Benedetto XVI – ha portato “abbondante prosperità spirituale e copiosi frutti a quelle popolazioni per la benignità del Signore. E’ dunque opportuno che l’evento sia debitamente ricordato e celebrato, anche per promuovere in quella comunità cristiana un più fervido sentimento religioso, fede più solida e più saldi propositi”. Il Papa ricorda quindi di aver accolto la richiesta dell’arcivescovo di Taipei e presidente della Conferenza episcopale Regionale Cinese, John Hung Shan-chuan, affinché il 150.mo anniversario di quella prima evangelizzazione “fosse ricordato alla presenza di un eminente pastore e con una solenne celebrazione, il 22 novembre, nella felice concomitanza della solennità di N.S. Gesù Cristo, Re dell’Universo”. “Ti preghiamo infine – scrive il Papa al cardinale Tomko - di esprimere la nostra benevolenza e vicinanza spirituale a tutti i presenti e di voler impartire loro a mio nome la Benedizione Apostolica, segno di rinnovamento spirituale e pegno di grazie celesti per il futuro”. (A cura di Marina Vitalini)

    inizio pagina

    Nomine

    ◊   Il Santo Padre, in data 13 novembre 2009, ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Antsirabé (Madagascar), presentata da mons. Félix Ramananarivo, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Philippe Ranaivomanana, finora vescovo di Ihosy.

    Negli Stati Uniti, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Fort Wayne-South Bend, presentata da mons. John Michael D’Arcy, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Kevin Carl Rhoades, finora Vescovo di Harrisburg. Mons. Kevin Carl Rhoades è nato a Mahanoy City, nella diocesi di Allentown, il 26 novembre 1957. È stato ordinato sacerdote il 9 luglio 1983 per la diocesi di Harrisburg. Nominato vescovo di Harrisburg il 14 ottobre 2004, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 9 dicembre successivo.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Udon Thani (Thailandia), presentata da mons. George Yod Phimphisan, per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev. Joseph Luechai Thatwisai, del clero di Udon Thani, professore al Seminario Maggiore Nazionale Lux Mundi a Sampran (Bangkok) e segretario della Commissione Biblica della Conferenza Episcopale. Il rev. Joseph Luechai Thatwisai è nato il 2 dicembre 1962 a Phonsung, nella diocesi di Udon Thani. È stato ordinato sacerdote il 24 maggio 1990 ed incardinato nella Diocesi di Udon Thani.

    Benedetto XVI ha nominato arcivescovo metropolita di Milwaukee (Usa) mons. Jerome Edward Listecki, finora vescovo di La Crosse. Mons. Jerome Edward Listecki è nato il 12 marzo 1949 a Chicago (Illinois). È stato ordinato sacerdote il 14 maggio 1975 per l’arcidiocesi di Chicago. Nominato vescovo titolare di Nara ed ausiliare di Chicago il 7 novembre 2000, ha ricevuto l’ordinazione episcopale l’8 gennaio 2001. Il 29 dicembre 2004 è stato nominato vescovo di La Crosse.

    Il Papa ha nominato vescovo di Molegbe (Repubblica Democratica del Congo) mons. Dominique Bulamatari, finora vescovo titolare di Elefantaria di Mauritania ed ausiliare dell’arcidiocesi di Kinshasa.

    Il Santo Padre, in data 13 novembre 2009, ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Ndola (Zambia) mons. Alick Banda, finora vescovo di Solwezi.

    In Italia, il Papa ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di L’Aquila il rev. Giovanni D’Ercole, F.D.P., finora capo ufficio della Prima Sezione della Segreteria di Stato, assegnandogli la sede titolare vescovile di Dusa. Il rev. Giovanni D’Ercole è nato a Morino (AQ) il 5 ottobre 1947. Ha compiuto i suoi studi nel seminario di don Orione, frequentando poi i corsi di filosofia e di teologia presso la Pontificia Università Lateranense, ed è stato ordinato sacerdote a Roma il 5 ottobre 1974. Nel 1987 è stato chiamato ad assumere il compito di vice-direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Dal 1990 lavora in Segreteria di Stato.

    inizio pagina

    Mons. Migliore all'Onu: necessaria una riforma del diritto di veto

    ◊   L’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, l’arcivescovo Celestino Migliore, è intervenuto ieri, durante la 64.ma Assemblea Generale dell’Onu, sulla questione del diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. Secondo il presule, richiede una riforma la facoltà di impedire una deliberazione della maggioranza riconosciuta ad ognuno dei cinque membri permanenti (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina). Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    In questa fase di negoziati intergovernativi – osserva l’arcivescovo Celestino Migliore - l’abolizione del diritto di veto sembra essere meno praticabile. Una sua riforma è invece più opportuna e realistica. L’esperienza insegna che ci sono buone ragioni per l’avanzamento di posizioni in favore della riforma del diritto di veto con l’obiettivo di limitarne l’esercizio. In tante occasioni – fa notare mons. Celestino Migliore - il suo impiego ha rallentato e addirittura ostacolato la soluzione di questioni cruciali per la pace e la sicurezza internazionale, permettendo la perpetrazione della violazione della libertà e della dignità umana.

     
    Troppo spesso – aggiunge l’arcivescovo - è la mancanza di intervento che provoca un danno reale. La riforma del diritto di veto è allora tanto più necessaria in un tempo in cui il “consenso multilaterale” continua ad essere in pericolo ed e è ancora subordinato alle decisioni di pochi. In questo contesto – sottolinea il presule - la Santa Sede riconosce l’importanza del parere espresso da altre delegazioni secondo cui i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrebbero impegnarsi a non dare un veto in situazioni in cui sono implicati il genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e gravi violazioni del diritto umanitario internazionale.

     
    I membri permanenti dovrebbero mostrare grande responsabilità e trasparenza nell’esercizio del diritto di veto. Prima di una votazione – osserva mons. Celestino Migliore - trasparenza e flessibilità politica dovrebbero già far parte del processo di stesura di una risoluzione, al fine di garantire che gli Stati membri non pongano il veto prima che questa sia stata esaminata. Sapendo che un membro permanente avrebbe espresso un voto contrario – fa notare il presule - alcune proposte non sono mai state presentate al Consiglio di Sicurezza per la votazione.

     
    Un dialogo più aperto e una cooperazione tra membri permanenti e gli altri membri del Consiglio di Sicurezza – sottolinea l’arcivescovo - sono cruciali per evitare successivi ostacoli nell’adozione di una risoluzione. La decisione di estendere, limitare o abolire il veto riguarda gli Stati membri e dipenderà dal più ampio consenso possibile su una delle opzioni. Una decisione sulla riforma del diritto di veto – conclude mons. Celestino Migliore – favorirebbe trasparenza, uguaglianza e giustizia, riflettendo i valori della democrazia e della reciproca fiducia nel lavoro del Consiglio di Sicurezza.

    inizio pagina

    Congresso Mondiale della Pastorale per i migranti e i rifugiati: il bilancio di mons. Marchetto

    ◊   Si è concluso giovedì scorso in Vaticano il VI Congresso Mondiale della Pastorale per i migranti e i rifugiati che ha voluto riflettere intorno ad “Una risposta pastorale al fenomeno migratorio nell’era della globalizzazione, a cinque anni dall’Istruzione Erga migrantes caritas Christi” (EMCC). Ma qual è lo stato di ricezione di questa Istruzione nelle comunità ecclesiali così come è emerso dal Congresso? Fabio Colagrande lo ha chiesto all'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:

    R. - Proprio l’altro ieri ho ricevuto una copia dell'Istruzione EMCC nella traduzione in ucraino: è l'ultima arrivata di una quindicina di lingue che hanno "ricevuto" il testo italiano originale. Ed è chiaro che per avere una ricezione di un documento, bisogna anzitutto comprenderlo in una lingua conosciuta. Ma non basta comprendere il testo. Occorre "riceverlo" e parlo teologicamente e concretamente. Se mi riferisco all'elemento teologico, vi è stata una grande soddisfazione in seno al Congresso per la ricezione (penso al N. 62) nell'Enciclica sociale Caritas in veritate di Papa Benedetto. In effetti la nostra Istruzione è una delle pochissime fonti della citata enciclica diverse dal Magistero pontificio. Certamente il dicastero ha compiuto con grande impegno il suo dovere di far conoscere e aiutare nell'applicazione del nostro documento. Ora, per venire al documento finale del Congresso, che riassume il pensiero e il lavoro dei gruppi di studio di tale nostra recentissima riunione, costatiamo che vi si riconosce una buona ricezione della EMCC ma, al tempo stesso, si auspica una maggior accettazione concreta del documento, che porti specialmente a un maggior dialogo tra Chiese di partenza e di arrivo dei migranti, a una accoglienza più profonda del fatto che per essi vi è una pastorale specifica, e la creazione in tutti i Paesi di una Commissione per la pastorale della mobilità umana, o almeno, di un Promotore Episcopale a tale riguardo. Certo ci sono segni confortanti relativi a questi tre punti che considero fondamentali, non ultimo la numerosa presenza al nostro Congresso, specialmente di Cardinali e Vescovi (circa cento) legati alla pastorale dei migranti e dei rifugiati nelle loro funzioni di Pastori.

     
    D. - Quali le prospettive più interessanti emerse dal Congresso per futuri piani d’azione pastorali?

     
    R. - I piani d'azione devono certamente essere formulati da ogni Chiesa locale, tenendo in considerazione la Sitz im Leben, cioè la situazione di vita di ciascuna. Ciò non toglie che la scelta dei temi di questo Congresso indica chiaramente alcune priorità pastorali che ci sembra dover suggerire per i piani delle Chiese locali. Mi riferisco anzitutto alle migrazioni interne, alla necessità di una risposta pastorale specifica al fenomeno dell'urbanizzazione. Ricordo, per esempio, che il Cardinale Scherer, Arcivescovo di San Paolo, ha affermato che l'80% della popolazione brasiliana vive nelle città. E il fenomeno si accentuerà. In ogni caso si pensa che i migranti interni nel mondo siano 740 milioni, che sommati ai 214 milioni di migranti internazionali, porta al miliardo il loro numero, oggi. In futuro, poi, dovrà crescere il dialogo fra Chiese di arrivo e di partenza, e i piani pastorali devono essere quindi coordinati a tali livelli. Del resto gli esempi presentati ai congressisti (dal Messico e dagli Stati Uniti, dalla Tanzania, e dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) ispireranno le Chiese locali. A loro riguardo, il Congresso suggerisce due priorità, e cioè l'attenzione ai giovani, speranza della Chiesa e dell'umanità, e ai migranti in prigione e in campi di detenzione. I cappellani e gli operatori pastorali assumeranno la responsabilità pastorale anche di questi fratelli e sorelle così bisognosi. Questo dico perché in vari Paesi ci sono difficoltà per visitare i carcerati e i detenuti. Abbiamo anche indicato la necessità di considerare e riconsiderare, nei piani pastorali, l'elemento del dialogo e delle cooperazioni ecumenica e interreligiosa, specialmente nel contesto dei movimenti e delle associazioni ecclesiali. Ricordo, di fatto, che l'EMCC è il primo documento, diciamo del Magistero, ad affrontare in profondità questi argomenti. E poi bisogna che i Movimenti e le associazioni ecclesiali entrino nel circolo di attenzione della pastorale della mobilità umana, non possono cioè non fare attenzione a questo segno dei tempi. Per ultimo, è chiaro, sia per la presenza all'inizio del Congresso di nostri distinti ospiti, rappresentanti dello Stato e degli Organismi Internazionali, sia per una conferenza specifica al riguardo, che i piani pastorali dovranno tener conto della necessità anche per noi di una urgente collaborazione internazionale e civile a favore dei migranti e dei rifugiati. Il fenomeno è globale e la risposta anche lo deve essere, con il contributo di tutti, in comunione d'impegno e coordinamento di forze generose.

     D. - Quali elementi sono emersi sul fronte della cura dei migranti e dei rifugiati in carcere e nei campi di detenzione?

     R. - È emerso certo un impegno della Chiesa (nelle sue varie componenti) verso il “popolo delle carceri e dei campi di detenzione”, e ancor più il desiderio di adempiere tale ministero, per realizzare la parola del Signore "ero carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,36). Sull’attenzione specifica relativa ai migranti e ai rifugiati detenuti sono emerse situazioni diverse: in alcuni Paesi non c’è un’attenzione pastorale specifica (ma migranti e rifugiati sono incontrati possibilmente dai cappellani delle carceri). In altri Paesi esiste una continuità pastorale nell’attenzione ai migranti e ai rifugiati che sono seguiti nei periodi di detenzione dagli operatori pastorali dei migranti che parlano la loro stessa lingua e ne conoscono tradizioni e idiosincrasie. La Chiesa continua a chiedere alle differenti istituzioni civili, con legame al sistema di detenzione, di rispettare i diritti umani in carcere dei migranti e dei rifugiati, come anche degli altri detenuti. Essa, con la sua presenza di madre, umanizza luoghi che spesso hanno poco di umano e assiste con la medicina della riconciliazione. C’è poi da ricordare il particolare dramma, dai colori violenti, di certi luoghi di detenzione dei migranti nel mondo.

    inizio pagina

    Conclusa la plenaria di Cor Unum

    ◊   Si è conclusa oggi la 28.ma plenaria del Pontificio Consiglio Cor Unum. L’assemblea, iniziata il 12 novembre scorso, si è svolta sul tema "Percorsi formativi per gli operatori della carità"; erano rappresentate le Diocesi, le Caritas, le Organizzazioni internazionali di aiuto e di assistenza dai cinque continenti. Da parte dei responsabili delle attività caritative della Chiesa – afferma un comunicato di Cor Unum - sono emerse due indicazioni fondamentali: A) lo scopo ultimo del nostro lavoro è la testimonianza cristiana attraverso le opere di aiuto per i più poveri; ma testimoniare Cristo implica averlo prima incontrato; B) per educare bisogna essere continuamente educati, altrimenti, nel percorso formativo degli operatori di carità, si rischia di fare proprie le priorità fissate da altre istanze internazionali aliene dalla Chiesa, mentre questa non può tacere il proprio fondamento di fede.

    inizio pagina

    Per la sicurezza alimentare: l'editoriale di padre Lombardi

    ◊   Si apre lunedì mattina a Roma, presso la sede della Fao, il Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare. Alla seduta inaugurale sarà presente anche Benedetto XVI. Ascoltiamo in proposito l’editoriale di padre Federico Lombardi per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    “E’ necessario che maturi una coscienza solidale, che consideri l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”. Così afferma il Papa nell’ultima enciclica sullo sviluppo umano integrale nella verità e nella carità (n.27), e mette in rilievo che il diritto all’alimentazione è essenziale per garantire lo stesso diritto primo fra tutti, quello alla vita. Sì, perché di fame e di sete si muore, e se non si muore si vive a metà.

     
    Per testimoniare il suo impegno personale in favore di questo diritto, Benedetto XVI sarà lunedì 16 novembre nella sede della Fao, al vertice mondiale sulla sicurezza alimentare. Un vertice che si svolge in uno scenario della cui drammaticità ci si dimentica troppo spesso. Nel 2000 il famoso Vertice del Millennio aveva proclamato che il numero degli affamati avrebbe dovuto dimezzarsi, dagli 800 milioni di allora a 400 nel 2015; ma nel 2009 siamo invece arrivati a 1 miliardo e 200 milioni! Una tragedia orribile, una spinta fortissima alle migrazioni, una minaccia gravissima per la pace.

     
    E’ evidente che la via principale per affrontare il problema è favorire lo sviluppo agricolo dei paesi più poveri, coinvolgendo il più possibile le comunità locali, mettendo cioè “la persona umana al centro dello sviluppo”, come dice il Papa nella sua enciclica. Questo è nell’interesse della comunità mondiale, di quella famiglia di popoli che dovremmo essere. Non dovrebbe essere difficile capirlo per i partecipanti al Vertice di Roma. Ma poi bisognerebbe agire di conseguenza. Se no le morti per fame aumenteranno ancora.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una vita sociale autentica inizia da coscienze ben formate: il discorso del Papa ai vescovi della Conferenza episcopale "regionale Sul 1" del Brasile in visita ad limina.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Hervé Lejeune sulla storia della Fao dal titolo "Per liberare i poveri dalla schiavitù della fame".

    Il 16 novembre 1959 Giovanni XXIII istituiva la Filmoteca Vaticana: in cultura, gli articoli di Claudia Di Giovanni "La storia della Chiesa in trentacinque millimetri"; "La giornata di Pio XII raccontata nel "Pastor Angelicus" e "La solidarietà in primo piano con la guerra sullo sfondo" (tra le ultime acquisizioni le immagini che documentano l'attività della Pontificia Commissione di Assistenza ai profughi voluta da Pacelli).

    La bellezza del "chiamato": Timothy Verdon su vocazione e risposta come temi dell'arte cristiana.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Giornata mondiale del diabete dedicata alla prevenzione

    ◊   “Diventiamo più forti del diabete. Una dieta equilibrata e una regolare attività sportiva aiutano a prevenire i rischi del diabete”. Questo il tema per l’odierna Giornata mondiale del diabete indetta dall’Onu che mira a promuovere l’educazione e la prevenzione contro la ‘malattia del sangue dolce’. Alla Giornata aderiscono più di 160 Paesi. In 500 piazze delle principali città sono stati allestiti presidi per effettuare gratuitamente l'esame della glicemia. Ma sono utili iniziative come questa? Elianna Astorri lo ha chiesto al professor Salvatore Caputo, del Servizio di Diabetologia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma:

    R. – Sono positive, anche perché sotto il concetto di prevenzione ed educazione – di cui si parla quest’anno – abbiamo tre potenziali cittadini interessati: non soltanto chi ha il diabete e non sa di averlo, che può con uno screening della glicemia occasionale scoprire di essere affetto dal diabete, ma nella valutazione che faranno questi medici e questi infermieri volontari si possono anche identificare le persone che sono ad alto rischio per sviluppare la patologia. Poi c’è un terzo obiettivo: chi ha già il diabete ed è ad alto rischio per sviluppare le complicanze del diabete. Quindi è un’opera di prevenzione a largo raggio.

     
    D. – Cos’è il diabete e quanti tipi ne esistono?

     
    R. – Facciamo riferimento a dei numeri: il “diabete tipo uno” e il “diabete tipo due”. Il tipo due riguarda circa il 90-95 per cento di tutte le forme. E' quella forma in cui produciamo ancora l’insulina, ma l’insulina non funziona bene. Al contrario, il cinque per cento legato al cosiddetto “diabete tipo uno” è una forma nella quale vengono distrutte le cellule che producono l’insulina per un’aggressione da parte del sistema immunitario dell’organismo. Certe differenze che si facevano un tempo fra le due forme, come conseguenza del fatto che la prevalenza della malattia aumenta, tendono a sfumare. Un tempo si diceva che il primo tipo si riscontra soltanto nei giovani mentre il tipo due soltanto nelle persone più adulte o anziane. Purtroppo, invece, le due forme stanno invadendo l’una il campo dell’altra e questo è particolarmente grave e importante per la comparsa di forme di diabete di tipo due in età pediatrica; è un fenomeno che 10-20 anni fa era assolutamente sconosciuto. Sta colpendo per primi gli Stati Uniti e questo è dovuto all’alta prevalenza dell’obesità infantile. Quindi non c’è prevenzione senza educazione. L’educazione deve partire nell’età scolare.

     
    D. – Quali sono i sintomi? Possiamo riconoscerli da soli?

     
    R. – Purtroppo c’è una lunga fase asintomatica, particolarmente nel diabete di tipo due, che precede la comparsa dei sintomi. Per questo il diabete è una malattia subdola: quando compaiono dei sintomi vuol dire che la malattia è già abbastanza avanti. La stragrande maggioranza delle persone affette da diabete però non ha assolutamente sintomi e quindi è solo attraverso il controllo della glicemia che si può fare la diagnosi.

     
    D. – C’è una familiarità?

     
    R. – Sì. La familiarità è indubbiamente la cosa più importante. Noti bene: la familiarità non è certezza di sviluppare il diabete, però è il fattore di rischio sicuramente più importante. Quali sono gli atri fattori di rischio? C'è lo stile di vita ed è importante sottolineare che non è solo il tipo di alimentazione: noi ci spostiamo e ci muoviamo, consumiamo energie nel corso della giornata per i nostri movimenti in una quantità assolutamente infima rispetto a quello che era il comportamento dei nostri nonni. Una terza componente dello stile di vita che non deve essere dimenticata è lo stress. Una vita molto stressante rende più rapido lo sviluppo di questa resistenza all’azione dell’insulina.

     
    D. – C’è un valore preciso di glicemia da non superare?

     
    R. – E’ il 126 di glicemia a digiuno. Fra diabete e normalità c’è una situazione intermedia, quindi non esiste soltanto il bianco e il nero. Sopra 126 si parla di diabete, ma una glicemia a digiuno normale è una glicemia sotto 100. Fra 100 e 126 si è in una situazione intermedia, che non è assolutamente ancora diabete ma che impone una modifica dello stile di vita. Quando si parla di modifica dello stile di vita, non stiamo parlando di andare a correre la maratona a New York. Ma già assicurarsi 30 minuti di passeggiata a ritmo sostenuto ogni giorno della settimana, riduce drasticamente l’incidenza del diabete. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

    inizio pagina

    Convegno sulla Caritas in veritate: intervista con il ministro Belloni

    ◊   Si è svolta nei giorni scorsi presso la Pontificia Università Gregoriana una tavola rotonda sui modelli di sviluppo. Al centro del dibattito l’enciclica “Caritas in veritate” di Benedetto XVI. Dottrina sociale della Chiesa, fondamenti antropologici dell’enciclica, ruolo della finanza, umanesimo integrale sono alcuni tra i temi toccati dai vari oratori. Tra di essi anche il ministro Elisabetta Belloni, che guida la Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Esteri italiano. Alla vigilia del Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare organizzato dalla Fao a Roma, Lucas Duran l’ha intervistata:

    R.– E' forse troppo avere la presunzione di dire che noi abbiamo il giusto modello. Credo che però l’occasione di questo convegno imponga a tutti noi una riflessione di scelta; dobbiamo essere consapevoli che non si può fare cooperazione senza aver scelto un modello e una strada da perseguire. Quindi l’enciclica ci apre innanzitutto un percorso. Ci dice in primo luogo che dobbiamo scegliere assumendoci la responsabilità della scelta in termini di sviluppo. Io sono convinta che la cooperazione debba essere sempre più rivolta al tema dell’integrazione: integrazione a livello di individui, di famiglia, di popoli in un’ottica che dovrebbe sempre più quella di vedere nello scenario internazionale un interesse comune ad essere più coesi e più coordinati. E’ un tema difficile, ma credo che tutti noi abbiamo il dovere di scegliere responsabilmente come il Papa ci richiama a fare.

     
    D. – Il mondo cattolico e il mondo dello sviluppo: quale, secondo lei, il punto d’incontro?

     
    R. – Io credo che, facendo un discorso istituzionale come io sono tenuta a fare, si debba prescindere da un discorso di credo religioso. Ma se ci si riflette in maniera approfondita, si scopre che in realtà il percorso dello sviluppo è assolutamente compatibile con un credo religioso che riporti alla legge naturale dell’uomo tutto il percorso. Quello che voglio dire è che il rispetto dei diritti umani e della persona nella sua integrità ,e quindi della famiglia umana nella sua integrità, è un percorso che può essere condiviso da tutte le civiltà e da tutti gli uomini purché lo si faccia – come dice il Papa – sulla base di un principio di verità. La verità, cioè, che mira a salvaguardare le relazioni interpersonali su di una base di riconoscimento profondo dei diritti fondamentali.

     
    D. – Sta per incominciare a Roma il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare. Come d’abitudine, alla vigilia di questi grandi incontri, nasce e si sviluppa la polemica sull’utilità o meno di questi grandi vertici, anche costosi. Quale è la sua opinione?

     
    R. – E’ un dibattito molto antico quello dell’utilità dei vertici o dei grandi convegni o raduni di Stati o di diversi soggetti che si occupano di cooperazione. Io credo che vi siano numerosi meriti nei vertici. Innanzitutto, quello che mettere apertamente sul tavolo la problematica è un modo come un altro per obbligare le classi dirigenti a prendere atto delle esigenze che derivano – in questo caso specifico – dallo sviluppo. Il semplice fatto di riunirsi implica poi il riconoscimento dell’esigenza di garantire coerenza nelle politiche di sviluppo e quindi uno stimolo ad un maggiore coordinamento. Coordinamento che, naturalmente, può avere successo soltanto nella misura in cui questo sia basato sul rispetto delle rispettive culture.

    inizio pagina

    Seminario internazionale sul sacerdozio promosso dai Focolari

    ◊   Contribuire alla riflessione teologica sull’identità del sacerdote nella Chiesa e nel mondo d’oggi, in corso in quest’ Anno Sacerdotale. Questo lo scopo del Seminario teologico internazionale: “Il ministero del presbitero nella Chiesa popolo di Dio”, promosso dall’Istituto Universitario Sophia di Loppiano e dal Movimento sacerdotale del Movimento dei Focolari, che si è svolto nei giorni scorsi ad Ariccia (Roma). 45 studiosi provenienti da 19 nazioni si sono interrogati sulle questioni più attuali della vita sacerdotale. Tra i relatori, don Hubertus Blaumeiser, responsabile del Centro sacerdotale dei focolari e consultore della Congregazione per l’educazione cattolica. Adriana Masotti gli ha chiesto quale identità e quale ruolo del presbitero è emersa dal Convegno:

     
    R. – Quello che il mondo di oggi innanzitutto cerca è un esempio di comunità. Quindi, quello che occorre prima di tutto è una Chiesa che sia viva e che sia testimone di rapporti rinnovati di dono reciproco. A servizio di questo sacerdozio comune c’è il sacerdozio ordinato, il ministro, il quale ha proprio il compito, in mezzo al popolo, di rendere presente Gesù che dà vita al suo popolo. L’identità del sacerdote, perciò, è veramente importante, fondamentale, però deve essere all’interno e al servizio del popolo.

     
    D. – Questo tema della comunità, della relazione è stato sottolineato fortemente all’interno del convegno…

     
    R. – Sì. Innanzitutto per un motivo teologico, perché la Chiesa porta la vita della Trinità sulla terra; tutti i membri della Chiesa, quindi, sono in relazione tra loro. Ma c’è anche un motivo molto concreto: nella società di oggi se il sacerdote non vive in relazione con gli altri sacerdoti ed anche con la sua comunità e se questa comunità non è viva, la sua vita diventa davvero difficile. Noi invece vediamo che delle comunità vere, non soltanto sostengono i sacerdoti, ma irradiano anche il Vangelo e attraggono le persone anche nel mondo di oggi.

     
    D. – Un tema di cui si parla spesso, anche Benedetto XVI ne parla nei suoi incontri con i sacerdoti, con i vescovi, è quello della formazione per i presbiteri. Quale formazione è emersa dal vostro convegno?

     
    R. – In effetti, davanti alle sfide che il mondo di oggi pone alla vita della Chiesa ed anche alla vita dei sacerdoti, ci vuole una formazione ancor più profonda. Questa formazione dev’essere innanzitutto una formazione ad essere cristiani veri, quindi una formazione ad una vita del Vangelo, nella concretezza, che uno sappia raccontare di come lui concretamente vive il Vangelo. Poi dev’essere una formazione ai rapporti, perché è attraverso questi rapporti di donazione che si può comunicare l’essenza del Vangelo, che è appunto l’amore. Poi, su questo si basa naturalmente la formazione a quel ministero specifico che un sacerdote ha da svolgere.

     
    D. – Mi viene da dire che un sacerdote dev’essere prima di tutto un cristiano e poi un sacerdote…

     
    R. – Sì, proprio così. Dev’essere innanzitutto un cristiano. Il sacerdote dev’essere poi un testimone prima che un maestro.

    inizio pagina

    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 33.ma Domenica del Tempo Ordinario la Liturgia ci presenta il discorso escatologico di Gesù che annuncia ai discepoli quanto accadrà negli ultimi tempi: “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”. Quindi aggiunge:

    “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre”.

     
    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:

    Mentre la prima venuta del Figlio avviene in un’epoca di relativa pace, la  seconda è profetizzata in mezzo a grandi sconvolgimenti e tribolazioni, in mezzo a guerre e persecuzioni contro coloro che credono in Lui. Alla perturbazione storica, inoltre, si accompagnerà un cataclisma cosmico di portata universale.

     
    E' in questo contesto che il Figlio dell'Uomo verrà e si presenterà, non più nell'umiltà nascosta del parto notturno, ma nell'intensità irresistibile del Giudice pieno di potenza e di gloria.

     
    Egli verrà per radunare i suoi, coloro che gli appartengono, coloro che in mezzo ai sovvertimenti, alle persecuzioni e alle seduzioni degli spiriti impuri che parlano e compiono prodigi nei falsi profeti, avranno perseverato nella vera fede e nella costruzione del vero bene.

     
    Lo splendore della Sua gloria brillerà vittorioso tra le rovine e le violenze. La Sua chiamata definitiva, portata dagli Angeli «dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo», risuonerà in mezzo al frastuono e al chiasso della disobbedienza. E' dunque lì che siamo chiamati a stare, è lì che siamo chiamati a perseverare. Beato il servo che il padrone tornando troverà sveglio, al suo lavoro (cf. Mt 24, 46). Non appartati, ma dentro l'agone della storia.
     
    Ancora una volta sarà nel cuore della tenebra che sfolgorerà la Luce.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Vescovi messicani: sconvolti dall'imperversare della violenza

    ◊   “Siamo sconvolti, e ci muove ad agire il vedere il sangue versato: quello del bambino abortito, quello delle donne uccise, quello delle vittime di rapimenti, di rapine ed estorsioni, il sangue dei caduti in uno scontro tra bande, di coloro che sono morti nella lotta contro la criminalità organizzata e di coloro che sono stati giustiziati con freddezza crudele e disumana". Così recita il documento pubblicato dai vescovi del Messico, a conclusione della 88.ma Assemblea Plenaria della Conferenza episcopale. Il testo, citato dalla Fides, fa propri i sentimenti che "molti messicani” nutrono dinanzi a questo panorama di violenza: “Ciò che ci muove a mostrare solidarietà e ad esprimere speranza è il dolore, l'angoscia, l'incertezza e la paura di tutti i messicani che hanno sperimentato la perdita dei propri cari negli ultimi anni”. I presuli esprimono quindi la loro tristezza in quanto nella loro esperienza pastorale con i diversi settori della popolazione messicana, percepiscono che "più che l'indignazione e la disapprovazione, ciò che comincia a fiorire nel cuore di molti messicani è la rabbia, l'odio, il risentimento, il desiderio di vendetta e la giustizia fatta con le proprie mani". "L'uomo è il campo di battaglia di tendenze opposte, una verso l'umanizzazione e l’altra verso la disumanizzazione" si afferma ancora nel documento. Dinanzi a questa realtà, i vescovi ritengono sia loro dovere incoraggiare la speranza di coloro che vivono nella paura, nell'angoscia e nell'indignazione, per questo invitano i rappresentanti del governo messicano a cercare una "vera giustizia" e a superare la corruzione. Il governo deve quindi punire il narcotraffico e il denaro sporco. I vescovi chiedono infine a tutti i messicani di diventare responsabili gli uni degli altri ed a mantenersi uniti, poiché “L’unità ci farà forti e ci proteggerà”, e concludono il documento esortando al coraggio con le parole di Gesù: Coraggio, “abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!”. (M.G.)

    inizio pagina

    Incontro in Galilea con 150 vescovi dell'America Latina promosso dal Cammino neocatecumenale

    ◊   Il cardinale Pedro Rubiano Saenz, Arcivescovo di Bogotà e il cardinal Nicolás López Rodriguez, Arcivescovo di Santo Domingo, insieme a più di 150 tra arcivescovi e vescovi, provenienti da 15 nazioni dell’America Latina, concludono oggi un convegno in Galilea, sulla nuova evangelizzazione nelle loro terre. Il convegno si è svolto in Terra Santa su invito degli iniziatori del Cammino Neocatecumenale Kiko Arguello e Carmen Hernandez, presso la Domus Galilaeae, il centro internazionale gestito nei pressi di Korazim dal Cammino Neocatecumenale, in continuità con altri incontri che avevano visto riuniti i vescovi dell’Europa nella primavera del 2008, i vescovi dell’Africa nel 2007, e quelli di Asia e Oceania nel 2006. Per i presuli dell’America centrale e meridionale che ieri hanno celebrato la S. Messa nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, nei giorni scorsi ci sono stati anche incontri con autorità civili, e con i pastori delle comunità locali, tra loro mons. Elias Chacour arcivescovo di Akka dei greco-melkiti cattolici; il vicario generale del Patriarcato Latino mons. Giacinto Boulos Marcuzzo; il Custode di Terra Santa P. Pierbattista Pizzaballa; il Nunzio Apostolico mons. Antonio Franco. Al centro del convegno, la situazione odierna della chiesa e del mondo, che i vescovi dell’America centrale e meridionale hanno esaminato, confrontando le proprie esperienze pastorali. Numerosi i vescovi delle diocesi di Colombia, Brasile, Venezuela. A testimonianza dell’interesse per questo importante incontro ecclesiale alcune conferenze episcopali, come quelle della Bolivia, hanno cambiato la data della loro riunione per potervi partecipare. Durante il convegno sono stati analizzati preoccupanti fenomeni, quali la diffusione delle sette e di utopie ingannevoli, fondate su antropologie che negano l’anima e il peccato originale, e inoltre, la proposta del ritorno all’indigenismo; tutti fenomeni da cui emerge, secondo questi presuli, l’urgenza di una iniziazione cristiana e di una pastorale missionaria. Questa sfida è stata raccolta concretamente dal Cammino neocatecumenale, come hanno attestato molti vescovi presenti che hanno sperimentato personalmente i frutti di questo itinerario di formazione cattolica. Una testimonianza, questa, recepita con grande interesse e speranza dal resto dell’assemblea. Secondo molti dei presuli, infatti, per rispondere alla crisi delle vocazioni, alla preoccupante diminuzione delle frequenze ai sacramenti, e all’attacco alla famiglia ed al matrimonio cristiano, è necessario tornare a piccole comunità cristiane dove possa avere luogo un’adeguata formazione e maturazione della fede. (Dalla Galilea, Sara Fornari)

    inizio pagina

    Irlanda del Nord: cristiani uniti contro criminalità e terrorismo

    ◊   Sconfiggere la violenza, superare le differenze e lavorare assieme per un futuro migliore e stabile. La strada per la definitiva pacificazione dell’Irlanda del Nord viene indicata nell’appello lanciato dai leader delle quattro più grandi denominazioni cristiane del Paese, contenuto in una lettera rivolta alle autorità di Belfast e Londra. Il cardinale Seán Baptist Brady, arcivescovo di Armagh; il primate di tutta l'Irlanda e arcivescovo anglicano di Armagh, Alan Edwin Thomas Harper; il moderatore presbiteriano, il reverendo Stafford Carson e il presidente dei metodisti, il reverendo Donald Ker, esprimono preoccupazione per il clima di violenza che colpisce il Paese, in particolare per quanto concerne la recente recrudescenza dell’attività dei gruppi paramilitari. “Come leader delle quattro più grandi denominazioni cristiane in Irlanda del Nord - è scritto nella lettera ripresa dall’Osservatore Romano - esprimiamo la nostra grande preoccupazione per i livelli di violenza criminale raggiunti nella nostra società”, per questo motivo si sottolinea la necessità di “un approccio comprensivo e collettivo da parte di tutte le comunità e dei leader politici per rispondere a questo problema, affinché il futuro dell'Irlanda del Nord sia di pacifico rispetto e di sollecitudine nei riguardi di ogni persona, in particolare di quelle più vulnerabili". Particolare turbamento viene espresso alla luce dei più recenti fatti che hanno coinvolto gruppi paramilitari e che sono stati oggetto di un'analisi redatta dell'Independent Monitoring Commission, un organismo intergovernativo istituito congiuntamente da Irlanda e Gran Bretagna per analizzare i progressi nelle attività terroristiche. "Crediamo – prosegue il testo- che il rischio di ulteriori violenze potrà essere superato nel modo migliore, dimostrando a tutti i livelli una guida politica e comunitaria chiara, unita e stabile”. Le autorità religiose riconosco i progressi in campo politico raggiunti negli ultimi anni, ma esortano tutti coloro che occupano posizioni influenti a mettere in azione la loro leadership, “che sappia dimostrare la capacità della società di superare le differenze e di lavorare assieme per un futuro migliore e stabile". A questo appello si aggiunge anche la voce levatasi della Conferenza episcopale d'Irlanda: "il popolo irlandese rifiuta decisamente l'uso delle violenza come mezzo per raggiungere fini politici. Chi propone altre vie fa naufragare il nostro futuro e distrugge la speranza". (M.G.)

    inizio pagina

    Rapporto Onu sulle donne vittime del cambiamento climatico

    ◊   "Lo stato della popolazione nel mondo 2009. In un mondo che cambia: donne, popolazione e clima": è il titolo del Rapporto 2009 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), pubblicato a meno di un mese dalla conferenza ONU sul clima di Copenhagen. Il documento, di cui riferisce la Fides, sottolinea che le donne pagano il prezzo più alto per questa piaga umanitaria. Per via della persistente discriminazione nei loro confronti, delle carenze nei servizi per la salute riproduttiva, dello scarso riconoscimento del loro lavoro, del limitato accesso alle risorse, il benessere della donna è minato a tal punto che il tasso di mortalità materna non accenna a diminuire da oltre 15 anni. Eppure, nonostante la miriade di disagi, sono proprio le donne la principale risorsa umana per far fronte ai cambiamenti climatici: perché investire su donne e ragazze, migliorando la loro salute, il benessere e lo status nelle società dove vivono, può contribuire a migliorare la capacità di affrontare i disagi ambientali e favorire la diminuzione delle emissioni di gas serra sul lungo periodo. (C.P.)

    inizio pagina

    Brasile: calo record della deforestazione in Brasile

    ◊   Il tasso di deforestazione dell’Amazzonia, in Brasile, si è ridotto del 45% tra agosto 2008 e luglio 2009, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo dati resi noti dall’Istituto nazionale di statistiche spaziali (Inpe), nei 12 mesi in esame la superficie di foresta abbattuta è passata da 12.911 a circa 7.008 chilometri quadrati. È la prima volta, dal 1988, che si scende sotto la soglia dei 10.000 chilometri quadrati. “E’ sicuramente un risultato straordinario - ha detto il capo dello stato Luiz Inácio Lula da Silva, citato dalla Misna – ottenuto in un momento in cui abbiamo preso coscienza che il fenomeno del cambiamento climatico è la questione più seria che bisogna affrontare”. Anche le associazioni ambientaliste come Greenpeace hanno riconosciuto l’importanza dei dati presentati da Lula, “Il governo brasiliano ha fatto bene il suo dovere, in particolare contrastando seriamente l’azione illegale, ma l’attenzione deve restare alta e non bisogna scordare che siamo comunque lontani dall’obiettivo finale: portate la deforestazione a livello zero”. A poco meno di un mese dall’inizio della Conferenza di Copenhagen, in Danimarca, il Brasile sta definendo le proposte che porterà sul tavolo delle trattative per rinnovare e far progredire gli impegni del Protocollo di Tokyo, in scadenza nel 2012. Secondo le prime dichiarazioni e indiscrezioni della stampa brasiliana, nella capitale danese la delegazione di Brasilia presenterà un piano articolato su alcuni punti, tra i quali il più significativo è proprio quello che prevede la riduzione del tasso di deforestazione della selva amazzonica di almeno l’80%, entro il 2020. Grazie a questo provvedimento, contemporaneamente ad altre azioni atte a limitare le emissioni nei settori siderurgico, agricolo ed energetico, il Brasile conta anche di ridurre del 40% rispetto ad oggi le sue emissioni inquinanti. “In questo modo - ha detto il ministro dell’Ambiente Carlos Minc - dimostreremo al mondo cosa siamo in grado di fare”. (C.P.)

    inizio pagina

    L'impegno delle Chiese cristiane per combattere l’esodo climatico

    ◊   Più di 80 persone di una quarantina di Paesi si riuniranno a New York da domani al 20 novembre per la Settimana d’azione presso le Nazioni Unite che avrà come temi l’esodo climatico, le popolazioni e la Colombia. L’iniziativa è dell’Ufficio di collegamento del Consiglio ecumenico delle Chiese (Coe) presso l’ONU. La settimana “è un appello all’azione ecumenica sul piano mondiale”, spiega il pastore Christopher Ferguson, rappresentante del Coe presso le Nazioni Unite, “un momento cruciale perché le Chiese possano impegnarsi insieme su queste sfide pressanti”. “La voce delle Chiese che prendono le parti di coloro la cui esistenza e la dignità sono minacciate deve essere ascoltata” afferma il pastore Ferguson. “Come Chiese, facciamo pressione perché venga adottato un accordo giusto e vincolante sui cambiamenti climatici in seguito alla Conferenza che si terrà a dicembre a Copenaghen, accordo che includa uan clausola relativa alle persone vittime dell’esodo climatico” aggiunge il responsabile del programma del Coe sui cambiamenti climatici Guillermo Kerber. Sul tema dell’esodo climatico saranno analizzate le realtà del Pacifico e dell’Africa, mentre a proposito delle popolazioni autoctone si parlerà della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli autoctoni. Altre sessioni infine saranno dedicate alla situazione che sta vivendo la Colombia - dove decine di migliaia di civili sono stati uccisi e più di due milioni di persone sono state cacciate dalle loro abitazioni a causa di un conflitto che dura da decenni - e all’azione delle Chiese nel Paese. (T.C.)

    inizio pagina

    Simposio a Valencia sui valori spirituali per prevenire i suicidi

    ◊   1% della popolazione mondiale muore per suicidio, si tratta di quasi la metà di tutte le morti violente; in numeri, quasi un milione di vittime l'anno. Queste stime agghiaccianti sono state rese note nel corso del primo simposio dell'Osservatorio del Lutto dell'Associazione Viktor E. Frankl, svoltosi il 6 e il 7 novembre presso l'Ateneo Mercantile di Valencia sul tema "Suicidio e Vita. Da e contro la memoria... verso il senso". L’evento – di cui ci riferisce l'agenzia Zenit - è stato scelto da diversi medici e psicologi che si occupano di questo fenomeno per ribadire l'importanza di prendere in considerazione i valori spirituali dell'essere umano come fattore preventivo. Così Jordi Font della Fondazione Vidal i Barraquer di Barcellona: "La psicanalisi e la neuroscienza, che fino a poco tempo fa erano divergenti rispetto alla spiritualità, stanno confluendo verso uno stesso punto comune: l'essere umano è destinato a trascendere se stesso". È importante, ha insistito, promuovere un cambiamento nella nostra società verso valori più profondi e spirituali sia della vita che dell'essere umano. Lo psicologo aggiunto del Servizio di Ematologia dell'Ospedale universitario La Paz di Madrid, Javier Barbero, ha invece parlato del lutto, osservando che dopo il suicidio di una persona cara si deve modificare la comune esperienza di colpa. L'esperto ha quindi spiegato che l'obiettivo del lutto è "congedarsi da un tipo di relazione che ostacola la persona per arrivare a un altro più creativo". "Dobbiamo aiutare chi soffre a non immergersi nella colpa", ha affermato, e per questo "bisogna aiutare a riconciliarsi con i propri limiti". Per questo motivo la persona che accompagna un lutto di questo tipo deve "sostenere il dolore, il che presuppone accogliere l'esperienza della sofferenza e gestire il dolore stesso". In questo senso, un altro degli esperti intervenuti al simposio, il docente di Psicobiologia dell'Università di Valencia Vicente Simón, ha presentato i benefici della metidazione chiamata mindfulness dopo la morte di una persona cara. "Le emozioni che appaiono sono così dolorose che la nostra mente tenta di fuggirne - ha spiegato -. Al contrario, la meditazione consiste nel mantenerci presenti nell'emozione, prendendone coscienza. Come se avessimo tra le braccia un bambino che piange, abbracciamo la nostra emozione finché si calma". Simón ha anche paragonato l'esperienza della morte di una persona casa all'immagine di una collana di perle che si rompe. "Come restiamo senza il filo che le univa, rimaniamo senza un senso, con frammenti sciolti che dobbiamo tornare a unire", ha dichiarato. L'esperto ha quindi sottolineato i passi che devono essere compiuti in questo processo: provare dolore, perdonare, accettare e amare, ringraziare e dire addio. Allo stesso modo, ha esortato a non resistere alla realtà, passato l'impatto iniziale, e ha portato come esempio l'atteggiamento di accettazione di Gesù Cristo al momento della sua morte, chiedendo che fosse fatta non la sua volontà, ma quella del Padre. Simón ha infine sottolineato l'importanza di sviluppare l'autocompassione, la capacità di dare affetto e amore a se stessi in qualunque circostanza, "che nel lutto per il suicidio risulta di grandissimo aiuto". (M.G.)

    inizio pagina

    Seminario a Roma su "Europa, Cina, Africa: nuove vie per lo sviluppo internazionale"

    ◊   “Superare la logica assistenziale e la visione afro-pessimista”, è il concetto, ribadito da Giuseppe Morabito, direttore generale per l’Africa del Ministero affari esteri, durante la conferenza stampa conclusiva del seminario promosso a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, dal Ministero affari esteri, dall’Istituto di studi dell’Asia occidentale e dell’Africa e dall’Accademia delle scienze sociali di Cina. La conferenza conclusasi ieri, e che ha visto coinvolti esponenti del mondo della politica, dell’economia e della cultura, ha affrontato il tema: “Europa, Cina e Africa: nuove vie per lo sviluppo internazionale”. Questo dialogo “trilaterale” risponde all’esigenza di guardare al futuro dell’Africa in modo adeguato al contesto della globalizzazione, e di far sentire la voce degli africani fra i protagonisti di una nuova “civiltà del convivere”. Al contrario, la rivalità e la concorrenza tra europei e cinesi in Africa, hanno denunciato gli esponenti africani, non aiuta ad affrontare i veri problemi del continente, come lo sviluppo di una nuova società civile. Un evento organizzato “per capire meglio quali passi fare insieme sui temi dello sviluppo, della pace, delle migrazioni”, ha spiegato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. Boureima Badini, già ministro della giustizia in Burkina Faso e ora rappresentante dei mediatori nella crisi in Costa d’Avorio, ha invitato ad “un cambiamento di sguardo nei confronti dell’Africa, anche della visione che gli africani hanno di sé stessi”: niente più “paternalismo” e assistenzialismo, ha detto, “oggi l’aiuto deve servirci per fare a meno degli altri” e “fare sintesi tra pratiche tradizionali e democrazia occidentale”. “Noi africani siamo contenti dell’arrivo dei cinesi in Africa - ha affermato – ma bisogna che la Cina sappia che gli africani vogliono essere trattati in modo paritario”. Dal canto suo la Cina, come ha ricordato Qiu Bohua, ambasciatore del Forum cooperazione tra Africa e Cina, ha auspicato “che gli altri Paesi abbiano una visione e un atteggiamento più aperto e tollerante, per poter dare il nostro contributo allo sviluppo africano”. Del resto, ha aggiunto, “nessuno è perfetto”. Noi abbiamo fatto tante opere importanti in Africa, come scuole, biblioteche, strade, e forse abbiamo fatto poco sul piano comunicativo per valorizzarle. Abbiamo creato occupazione nel settore tessile, dando lavoro a decine di migliaia di persone e favorendo la stabilità”. Sul piano dello sfruttamento delle risorse energetiche (metano e petrolio), Qiu Bohua ha precisato che la Cina “importa solo il 6% delle risorse esportate dall’Africa”. “Con l’esperienza miglioreremo le nostre modalità di cooperazione – ha concluso – e speriamo che le nostre opere porteranno benessere al popolo africano”. Anche He Wenping, docente all’Accademia di scienze sociali di Pechino, ha fatto notare che “la Cina, rispetto all’Europa, ha uno sguardo diverso sull’Africa: per gli europei è il continente della povertà e dei problemi, per noi è il continente delle opportunità dove realizzare progetti”. La diversità di approccio è dovuta al fatto che “gli occidentali fanno attenzione ai processi, i cinesi invece guardano solo ai risultati”. Prova ne è, a suo parere, “che i modello occidentale di cooperazione non ha dato risultati molto soddisfacenti nel liberare l’Africa da povertà e sottosviluppo”. (C.P.)

    inizio pagina

    Inaugurazione nell’Andhra Pradesh del nuovo seminario minore dell'Opera don Guanella

    ◊   Verrà inaugurato oggi a Vatluru, nell’Andhra Pradesh, il nuovo seminario minore dell'Opera don Guanella. “I 20 ragazzi in formazione - spiega Fr. Kuriakose, Superiore della comunità, in un comunicato inviato all’agenzia Fides - sono stati ospitati negli spazi della Guanella Karunalaya, la casa per gli orfani". Considerando il desiderio crescente dei giovani della regione di frequentare il seminario e curare la loro preparazione religiosa, la Congregazione ha acquistato nel 2008 un terreno di tre acri e mezzo per realizzarvi una piccola casa da destinare al progetto. “Oggi la struttura può ospitare adeguatamente una cinquantina di giovani” sottolinea don Piero Lippoli, responsabile del Consiglio generale per l'Asia. I guanelliani, giunti a Valturu il 16 luglio 2004, hanno preso possesso della parrocchia e di un annesso piccolo locale che ospitava un gruppo di bambini orfani. “Abbiamo incoraggiato questi ragazzi, pregato e cantato con loro” spiega ancora don Piero. “Così via via, grazie al contributo di una benefattrice, è nata la Guanella Karunalaya, una meravigliosa casa famiglia che ospita oggi in ambienti luminosi e accoglienti 60 bambini”; poi il “tetto fraterno” che rappresenta per 20 anziani soli un punto di riferimento prezioso in cui non solo poter consumare un pasto ma anche condividere momenti di preghiera e piccoli lavori insieme. Grande è l’impegno nella cura pastorale della parrocchia, che conta 13 cappelle sparse nei villaggi intorno e l’avvio, insieme alla Cei, di un progetto di scholarship per oltre 100 bambini delle elementari e superiori. (R.P.)

    inizio pagina

    Vietnam: conferenza per rilanciare il lavoro degli operatori sociali

    ◊   “Operatori sociali e cambiamento sociale”, è questo il tema della conferenza tenutasi all’università di Dong Thap, in Vietnam, dal 10 al 12 novembre, in occasione della Giornata internazionale del lavoro sociale. Studiosi, esperti e operatori nazionali e internazionali hanno evidenziato la necessità di dare sostegno a un settore che nel Paese ha visto la luce solo nel 1992. “Il divario tra ricchi e poveri – ha spiegato ad Asianews il vicepresidente della Scuola vocazionale Hoa Binh, della diocesi di Xuan Loc – sta prendendo piede sia nelle zone urbane che in quelle rurali. La scuola non è stata preparata in tempo per affrontare la globalizzazione, manca di piani di studio, materiale d’insegnamento e libri per andare avanti nell’integrazione internazionale”. Padre Nguyen Cong Anh ha riferito che “attualmente a Ho Chi Minh City ci sono programmi che aiutano 5mila bambini per l’alimentazione, l’abitazione in istituti, centri di preparazione e che danno sostegno a 20mila bambini poveri delle comunità bisognose della città”. “Ora – ha proseguito – abbiamo bisogno di avere decisioni concrete e sostenibili per i problemi sociali. Gli operatori sociali hanno bisogno di lavorare con i genitori, le comunità, le organizzazioni di massa, quelle religiose e chiedendo la cooperazione delle organizzazioni sociali in patria e delle organizzazioni non governative internazionali”. “In Vietnam – ha evidenziato poi un’operatrice di Action Aid Vietnam - ci sono quasi 300mila casi di persone colpite da Aids, in 63 province su 63, il 97% dei distretti e dei comuni ha persone affette da quella malattia”. “Nel prossimo futuro – ha aggiunto -, se non avremo abbastanza operatori sociali e politiche sociali per combatterne la diffusione, ogni 60 famiglie avremo una persona colpita dall’Aids e ogni minuto avremo un altro caso e anche le donne che vivono in famiglia saranno a rischio di infezione”. Chiude l’appello di Dung, progettista di una Organizzazione non governativa internazionale: “per aiutare e sviluppare i campi del lavoro sociale e contribuire al pieno sviluppo umano del Vietnam, abbiamo bisogno della cooperazione con le Ong internazionali e della presenza e della cooperazione dei gruppi religiosi”. (C.P.)

    inizio pagina

    Sud Corea: messaggio per la Settimana Biblica sul sacerdozio comune

    ◊   “Il sacerdozio di Cristo è praticato nel mondo”: è questo il titolo del messaggio diffuso dalla Commissione Biblica in seno alla Conferenza episcopale coreana, e inviato all’agenzia Fides, in occasione della Settimana Biblica nazionale che sarà celebrata in tutto il territorio coreano dal 22 al 28 novembre prossimi. Nel messaggio, firmato dall’Abate benedettino Simon Petro Ri Hyong-U, amministratore apostolico dell’Abbazia territoriale di Tokwon e presidente della commissione, si sottolineano i temi specifici della Settimana Biblica, inserendola nell’Anno Sacerdotale, che la Chiesa universale sta celebrando: “Tutti i cristiani hanno il diritto e il dovere di vivere il sacerdozio comune che li rende partecipi del sacerdozio di Cristo: in qualità di battezzati, attraverso la rigenerazione e la consacrazione dello Spirito Santo, sono consacrati come un tempio spirituale e un sacerdozio santo”. Il messaggio invita tutti i fedeli a prendere coscienza di questo sacerdozio e ad agire in quanto consacrati e messaggeri del Vangelo. Il sacerdozio si alimenta attraverso la frequentazione e la meditazione della Sacra Scrittura, che costituisce il “pane quotidiano”per ogni battezzato. Nella Settimana Biblica un focus particolare sarò dedicato a promuovere l’apostolato biblico in modo capillare nelle parrocchie, formando ministri competenti, organizzando seminari e ritiri spirituali nel territorio, nella certezza che “l’apostolato biblico è un efficace strumento di missione”. La Settimana mira a restituire centralità alla Parola di Dio e alla lettura e meditazione della Sacra Scrittura, che deve diventare pratica famigliare e quotidiana per tutti i fedeli laici, e non restare appannaggio solo di sacerdoti e religiosi. (R.P.)

    inizio pagina

    Appello del cardinale Majella Agnelo per una riforma morale in Brasile

    ◊   Le preoccupazione per un Brasile che vive il paradosso di uno sviluppo economico senza precedenti che non riesce a ridistribuire i benefici in tutte le fasce della popolazione e la necessità di una riforma morale della classe dirigente del Paese, sono espresse nella lucida analisi contenuta nell’articolo inviato alla Zenit dal cardinale Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo di San Salvador di Bahia. Il porporato prende atto che “in questi ultimi anni, si sono accese nuove speranze sul fatto che il futuro fosse più vicino”. “La scoperta di nuovi giacimenti petroliferi lungo le coste del Paese, la prospettiva di realizzare le Olimpiadi a Rio de Janeiro, la simpatia internazionale per il Brasile, tra le altre cose, simboleggiano questo avvicinamento al futuro”, ha spiega nel articolo il cardinale, invitando subito dopo a guardare alla “dura realtà” che, tuttavia, “sembra interrompere questo sogno tanto accarezzato”. L’arcivescovo di San Salvador di Bahia denuncia le problematiche del crimine organizzato, della violenza, del sistema di istruzione pubblica che “non è capace di dare agli adolescenti poveri la speranza di una vita degna e dell'accesso al mercato del lavoro, lasciandoli allo stadio di una semianalfabetizzazione”. Questi problemi, ricorda il Cardinal Agnelo, “sarebbero sfide facilmente superabili se la classe dirigente avesse una coscienza all'altezza della situazione”. I parametri che orientano la condotta di coloro che hanno le maggiori responsabilità sociali sembrano, invece, essere solo “il denaro, la lussuria e il potere”. Si nota dunque “un grave sfasamento tra le sfide e la maturità della coscienza degli uomini e delle donne che devono affrontarle. Emerge un deficit di responsabilità, l'incapacità di rispondere alla Nazione”. Secondo il porporato, si tratta di un contesto che “costringe il Brasile a rimandare al futuro la realizzazione del sogno di uno sviluppo integrale, sostenibile, capace di includere le fasce povere della popolazione nella vita degna attraverso il lavoro”. Per questo, “è necessaria una riforma morale che interessi ogni persona, a tutti i livelli di responsabilità sociale”. Per questo, “le devozioni moderne devono essere messe da parte, perché ciascuno possa ritrovare la fonte del bene, la sorgente della dignità, l'origine dell'ideale in Gesù Cristo e nel suo Vangelo”. La “vera responsabilità”, sostiene infine il Cardinale, “inizia quando la persona, riconoscendo questa fonte di dignità e di pace, di giustizia e di bene, dice: Tu. Tu, Signore. Io Ti rispondo. Con le mie azioni, con i miei piani e i miei progetti, io Ti rispondo”. (M.G.)

    inizio pagina

    Argentina: documento dei vescovi sulle emergenze sociali

    ◊   Con lo sguardo sulle celebrazioni del bicentenario dell’Indipendenza i vescovi argentini hanno terminato ieri la loro assemblea plenaria pubblicando un documento in cui incoraggiano tutti alla pratica “della giustizia e della solidarietà” poiché, scrivono, “siamo fratelli ma vogliamo essere una nazione”. I presuli chiamano tutti a “percorrere un cammino basato sul dialogo e sulla ricerca dei consensi e accordi che possano confluire in politiche pubbliche” sulle quali costruire “un vero progetto di nazione” . I vescovi constatano però l’esistenza di “un clima sociale lontano da queste sane aspirazioni del popolo” e in particolare manifestano la loro preoccupazione per “violenza verbale e fisica nella politica e fra settori sociali”, “mancanza di rispetto per le persone e istituzioni”, intolleranze che “limitano la libertà di espressione”. Una riflessione speciale è dedicata nel documento “alla situazione di povertà drammatica” per molti argentini anche se riconosceno che alcune misure importanti sono state prese. “Ma è necessario raggiungere strutture più giuste - ribadiscono - che consolidino l’ordine sociale, politico ed economico con equità e partecipazione”. I presuli esprimovo inoltre vicinanza e solidarietà nei confronti di coloro “che spesso non trovano facilmente i mezzi per assicurare e soddisfare i propri legittimi bisogni”. Ad ogni modo, precisano i vescovi argentini, “occorre tener sempre in considerazione che la democrazia si rinforza nel rispetto delle istituzioni repubblicane”. Nel fondo, osservano, va riconosciuta l’esistenza di una radice ultima di questa realtà: “la crisi culturale, morale e religiosa in cui siamo immersi”. Per i presuli è una cultura imperante, relativista, “corrode il senso della verità, accentua l’individualismo” accrescendo l’indifferenza nei confronti dell’altro e finisce per creare la “rassegnazione di fronte alla povertà e all’esclusione”. Per i vescovi si può parlare di “crisi morale poiché, scrivono, si sono indeboliti i valori fondamentali della convivenza familiare e sociale. La volontà non si mobilita tanto per il senso del servizio e della solidarietà, quanto invece per il senso che dà il piacere del momento”. I presuli ricordano che il “debito pubblico non è solo un problema economico o statistico”. È primariamente, spiegano, “un problema morale che colpisce la nostra dignità più essenziale”. Prima di concludere i vescovi parlano anche della crisi religiosa causata dal fatto di “non tenere in conto sufficientemente Dio, come Creatore e Padre, fondamento della vera fratellanza e di ogni ragione e ogni giustizia”. La Conferenza episcopale argentina si congeda dai fedeli chiedono preghiere per le nuove autorità politiche, elette pochi mesi fa, che assumeranno le loro cariche il 10 dicembre prossimo ed esortano tutti a ricordare sempre che la “Patria è un dono di Dio” che ogni argentino deve sapere “custodire e perfezionare”. (A cura di Luis Badilla)

    inizio pagina

    Perù: seminario in favore della vita

    ◊   Sono state superate enormemente le aspettative sul numero di partecipanti che ci si attendeva al seminario per la Vita sul tema: "Aborto, assassinio o diritto?" Al seminario, che si è realizzato presso l'Auditorium della Universidad Nacional de Piura, sono intervenute più di 2 mila persone provenienti da Piura, Castilla, Sullana e Paita, che hanno partecipato alle conferenze tenute da specialisti sul tema dell'aborto. Il seminario - riferisce l'agenzia Fides - è stato organizzato dall’arcidiocesi di Piura attraverso l’Ufficio Giustizia e Pace. Lo scopo di questo incontro, indirizzato a giovani e adulti, era di proporre con obiettività e verità una riflessione sul meraviglioso dono della vita, dal concepimento fino al suo termine naturale, affrontando il problema dell'aborto da varie prospettive: scientifica, giuridica e religiosa. Durante il seminario mons. José Antonio Eguren Anselmi, arcivescovo di Piura e Tumbes, e presidente della Commissione episcopale per la Famiglia, l’Infanzia e la Vita, ha detto che "in ogni essere umano, in qualunque stadio o condizione della sua vita, risplende una immagine della stessa realtà di Dio. L'amore di Dio non fa distinzione tra l’essere umano appena concepito che si trova nel seno materno e il bambino o il giovane o l’adulto o l’anziano. Se Dio-Amore non fa distinzioni, chi siamo noi per decidere per loro, e per mettere fine con il crimine abominevole dell'aborto?”. L’arcivescovo ha sottolineato che la Chiesa, fin dalle sue origini, si è sempre distinta per la difesa della vita e ha proclamato la sua santità e inviolabilità dal concepimento fino al termine naturale. (R.P.)

    inizio pagina

    Kenya: la Chiesa dice “sì” alla riforma costituzionale

    ◊   Il progetto di riforma costituzionale avviato in Kenya trova il sostegno dei vescovi cattolici del Paese che, il 10 e 11 novembre scorsi, si sono riuniti a Nairobi per studiare la bozza del nuovo testo con l'ausilio di esperti giuristi. In particolare, i presuli non hanno espresso giudizi sul nuovo testo, ma hanno convenuto sulla necessità di riformare una Costituzione che attualmente - anche alla luce delle violenze post-elettorali che hanno sconvolto il Paese nel corso del 2007 e del 2008 - rappresenta un "ostacolo alla trasparenza" e alla "responsabilità pubblica della leadership politica". La riforma – riferisce l’Osservatore Romano - è stata anche al centro di un incontro promosso dal National Council of Churches of Kenya (Ncck), organizzazione che riunisce numerose comunità protestanti e altre denominazioni cristiane presenti nel Paese. Dal canto loro, gli esponenti del Ncck s'augurano vivamente che il progetto di Costituzione elaborato dagli esperti venga approvato dal popolo keniota. Al contrario, una sua bocciatura, nel referendum del prossimo anno, riaprirebbe scenari definiti "inquietanti". Si ravviverebbero antiche “divisioni”, si alimenterebbero ulteriormente l'"odio etnico e i focolai di violenza", e fino alle elezioni del 2012 si vivrebbe in un clima d'"instabilità e d'anarchia". La necessità di una profonda opera educativa capace di costruire nel Paese rapporti pacifici tra la comunità cristiana e quella musulmana è stata poi ribadita dall'arcivescovo cattolico di Mombasa, Boniface Lele. Intervenendo all'università di Londra a una conferenza sulle relazioni tra islam e cristianesimo in Africa, il presule ha portato la propria testimonianza di pastore in un territorio a maggioranza musulmana. In particolare l'arcivescovo ha apprezzato l'opera di alcune organizzazioni in cui fedeli delle due religioni offrono in vari luoghi dell'Africa, e senza alcuna discriminazione, servizi sanitari, educativi e alimentari. E ha citato l'esempio dei Coast Interfaith Councils of Kenya, finanziati dai Catholic Relief Services. Il presule ha anche segnalato la necessità di accettare la sfida del dialogo interreligioso. Una strada che spesso incontra ancora notevoli resistenze, ma che non può che essere percorsa. "Finora - ha detto - le attività volte a un dialogo tra cristiani e musulmani sono state dirette da vescovi interessati, singoli sacerdoti e istituti religiosi poco coordinati tra loro". Nonostante questo, ha sottolineato, è stato però possibile formare un certo numero di persone competenti e in grado di avviare un serio dialogo interreligioso. “Dovremmo testimoniare l'amore di Dio - ha detto il presule - senza distinzioni. Del resto, le persone d'ogni cultura e religione sono fatte a immagine di Dio”. Riferendosi all'arcidiocesi di Mombasa, l'arcivescovo Lele ha indicato la sfida del pluralismo nelle scuole gestite da cattolici, ma frequentate per la maggior parte da studenti musulmani. "Di recente - ha detto - la questione dell'uso dell'hijab (velo) da parte delle ragazze nelle scuole d'ispirazione cattolica ha provocato un acceso dibattito". Secondo Lele, c'è bisogno di una politica governativa globale su questioni come gli indumenti religiosi degli studenti, la dieta e la distribuzione di banchi tra ragazzi e ragazze. Sono anche necessarie politiche su come adattare i molteplici calendari religiosi, le preghiere quotidiane e settimanali e il culto in Kenya senza interrompere l'insegnamento. (M.G.)

    inizio pagina

    Sudan: centinaia di casi di leishmaniosi viscerale nel sud del Paese

    ◊   Centinaia di casi di leishmaniosi viscerale, malattia parassitaria, sono stati registrati nel Sudan meridionale. L’infezione è endemica in alcune parti di questa regione dove ogni 5-10 anni si verifica una epidemia. Finora l’ospedale di Malakal ha ricoverato oltre 70 persone dal 23 ottobre. Nell’ultimo fine settimana - riferisce l'agenzia Fides - molti pazienti sono rimasti sotto gli alberi che circondano il complesso dell’ospedale in attesa di essere assistiti. In un suo comunicato, Medici Senza Frontiere (Msf) ha dichiarato di aver assistito 107 pazienti nel solo mese di ottobre, rispetto ai 110 dell’intero 2008. Altri 275 sono stati curati da una Ong sudanese a Old Fangak, Jonglei State. La malattia è quasi sempre fatale, nonostante le cure da uno a quattro mesi e il fatto che il 95% dei casi, se presi in tempo, si risolvono positivamente. Nel Sudan meridionale, dove circa tre quarti della popolazione non ha accesso ai servizi sanitari di base, raggiungere i pazienti è una corsa contro il tempo, secondo quanto riferisce il coordinatore medico di Msf nella zona. Si teme che i pazienti che riescono a raggiungere gli ospedali siano solo la punta dell’iceberg. Senza cure quelli che sono contagiati possono morire entro qualche settimana, se il loro sistema immunitario è già precario. Il trattamento prevede una iniezione al giorno per un mese. La malattia danneggia il sistema immunitario, lasciando le vittime soggette ad altre infezioni come malaria o polmonite. I sintomi includono febbre, diarrea, vomito, emorragie nasali, ingrossamento della milza e itterizia. (R.P.)

    inizio pagina

    Appello del vescovo ciadiano Djitanghar a non dimenticare l'Africa

    ◊   Come la Chiesa in Europa ha costruito le società e le nazioni, la Chiesa-Famiglia di Dio deve giocare un ruolo motore nella ricostruzione dell’Africa, attraverso gli africani e insieme alla comunità internazionale. E’ quanto ha detto mons. Edmond Djitanghar, vescovo di Sarh, in Ciad, incontrando la Conferenza episcopale francese nei giorni scorsi. Il presule, ha condiviso con l’episcopato di Francia la sua esperienza al Sinodo per l’Africa che si è svolto a Roma dal 4 al 25 ottobre, sottolineando che tra le sfide cui deve far fronte l’Africa ci sono i conflitti etnici, “il volto visibile di una politica di insicurezza spesso portata avanti da gruppi che approfittano delle debolezze degli uomini al potere per saccheggiare le risorse minerarie, per il commercio delle armi o il traffico di droga, con la complicità delle autorità locali corrotte”. “A nome della solidarietà ecclesiale universale” mons. Djitanghar ha anche lanciato alcuni appelli perché le Chiese possano “far pressione sui governanti dei loro rispettivi Paesi al fine di far rispettare un minimo di etica nelle relazioni politiche internazionali”; far si che “siano garantiti i diritti delle popolazioni a godere dei prodotti del sottosuolo nel commercio delle materie prime e dello sfruttamento delle risorse minerarie d’Africa”; “si impegnino nella ricerca dei mezzi per arginare il fenomeno delle migrazioni massicce delle popolazioni occupandosi delle cause che inducono i giovani a partire”; difendano “la vita umana in tutte le sue forme”, le minoranze e le persone più vulnerabili. Per il presule la vocazione della Chiesa-Famiglia in Africa è “prioritariamente l’annuncio della Buona Novella come luce che illumina il cammino di riconciliazione, di giustizia e di pace”. Ad esso sono chiamati anzitutto vescovi, preti, religiosi e religiose, ma, ha osservato il presule, mancano formatori. Quindi il vescovo di Sarh ha parlato del ruolo della donna evidenziando “l’urgenza di sradicare condotte e pratiche culturali pregiudizievoli” allo loro dignità ed ha auspicato un impegno delle donne in iniziative di riconciliazione e di pace. Mons. Djitanghar ha infine espresso l’idea di un giubileo della riconciliazione e della pace. (T.C.)

    inizio pagina

    Inghilterra: volontari cattolici per il reinserimento degli ex detenuti

    ◊   “Tenersi saldamente alla speranza”, è il tema scelto quest’anno per la “giornata dei detenuti” che si celebra domani, domenica 15 novembre, nelle parrocchie di Inghilterra e Galles. Il motto farà quindi da sfondo all’iniziativa “basic caring communities”, che punta ad aiutare gli ex carcerati e le loro famiglie a reinserirsi in comunità e a non reiterare nel crimine. Mons. Malachy Keegan, cofondatore di “basic caring communities” e responsabile principale dei cappellani cattolici nelle prigioni spiega che il progetto “aiuterà a ridurre la criminalità garantendo un’esperienza di speranza e affetto alle persone che lasciano la prigione”. Secondo quanto riferisce il Sir, il progetto prevede infatti che un gruppo di sei volontari, adeguatamente formato, resti a fianco degli ex carcerati per alcuni mesi aiutandoli nel recuperare una vita dignitosa. Questo metodo si basa sulla considerazione che sperimentare affetto, insieme con consigli pratici, possa cambiare la vita delle persone e dare loro il coraggio di farla finita con il crimine. Necessaria, infine, la riflessione lanciata da Terence Brain, vescovo di Salford, secondo il quale “è fondamentale ricordarsi che ogni persona che finisce in prigione proviene dalle nostre comunità”. (M.G.)

    inizio pagina

    Madrid: eletta la nuova direzione della Conferenza dei religiosi e religiose di Spagna

    ◊   La CONFER, Conferenza spagnola dei religiosi e le religiose di Spagna, ha celebrato a Madrid la sua sedicesima assemblea plenaria con la partecipazione di circa 400 Superiori Maggiori degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica. Padre Eusebio Hernandez è stato portatore di un messaggio di saluto e fratellanza da parte del Cardinale Franc Rodè, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Nell’agenda di questa assemblea oltre a diverse questioni di organizzazione interna e di revisione degli Statuti, c’era l'elezione della nuova presidenza. Le riunioni hanno avuto una durata di tre giorni tra il 10 e il 13 novembre. Con una grande maggioranza di voti è stato eletto nuovo presidente della CONFER il gesuita padre Elias Royón, di 72 anni, dal 2004 Superiore Provinciale di Spagna. Padre Elias Royón é nato a Benamejí provincia di Cordoba, in Spagna, nel 1937. E’ entrato nei gesuiti nel ‘57. E’ laureato in Filosofía ed ha conseguito il titolo di Dottore in Teologia all’Università Gregoriana. Ha avuto numerose cariche di governo ed é stato consigliere dell'ex Preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Peter-Hans Kolvenbach. Per la carica di segretaria della CONFER è stata eletta la religiosa Margarita Bofarull Buñuel della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù nata nel 1961 a Barcellona. Nel suo discorso come nuovo presidente della CONFER padre Elías Royón ha messo in risalto alcune priorità per il suo governo. In particolare: la comunicazione tra tutti i componenti degli istituti religiosi e di vita apostolica di Spagna, una vera comunione nei rapporti con le autorità ecclesiastiche e tutti i settori della comunità dei credenti, e uno spirito di dialogo nei normali rapporti tra la chiesa gerarchica e quella carismatica. Secondo alcuni osservatori con padre Elias Royon potranno anche intensificarsi i rapporti tra gli istituti religiosi e di vita apostolica e la Conferenza episcopale spagnola. Secondo dati statistici riferiti all’anno 2009, in Spagna risiedono oltre 60mila fra religiosi e religiose, distribuiti in 300 istituti femminili e 104 maschili e residenti in 6429 comunità. (Dalla Spagna, Ignacio Arregui)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Obama in Asia: tappa a Singapore per il vertice Apec

    ◊   Prosegue il viaggio del presidente americano, Barack Obama, in Asia. Dopo la tappa di ieri in Giappone, oggi il capo della Casa Bianca si trova a Singapore per il vertice Apec, il Forum economico Asia-Pacifico, insieme con gli altri grandi del mondo, tra i quali il presidente cinese, Hu Jintao, e quello russo, Dmitri Medvedev. Proprio domani Obama sarà a Pechino dove si terrà la sua prima visita da presidente Usa in Cina. Su quest’appuntamento è centrato l’interesse degli osservatori internazionali. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Gli Stati Uniti guardano ai maggiori Paesi d’oriente, soprattutto Giappone e Cina, allo scopo di creare partnership forti per quella che dovrebbe essere un’intesa preponderante nel panorama internazionale economico del prossimo futuro. Importanti anche i risvolti politici del tour di Obama, che ha avuto modo di parlare dei vari argomenti mondiali del momento. Da Tokyo, in occasione dell’incontro con il premier nipponico Hatoyama, il primo cittadino americano ha invitato il regime militare dell’ex Birmania a liberare senza condizioni la dissidente e premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, e tutti gli altri prigionieri politici. La giunta deve comprendere – ha detto Obama – che le attuali sanzioni rimarranno in vigore finché non saranno compiuti progressi concreti verso una riforma in senso democratico. Quindi Obama ha affrontato il nodo del nucleare nordcoreano. La comunità internazionale – ha detto – non si farà intimidire dalle minacce di Pyongyang, che deve tornare al tavolo del negoziato sul programma nucleare e scegliere tra l'integrazione internazionale o l’isolamento. Intanto, sull’altra crisi nucleare, quella con l’Iran, ha parlato Hillary Clinton. In un’intervista alla stampa tedesca il segretario di Stato americano ha avvertito Teheran che la pazienza degli Stati Uniti ha un limite e che non è esclusa l’opzione militare. La Russia invece sarebbe pronta a sostenere nuove sanzioni contro la Repubblica islamica. Oggi Obama è al vertice Apec a Singapore, un incontro ad ampio raggio su ripresa economica, liberalizzazione del commercio e negoziati sul clima, proprio a poche settimane dal vertice sull’ambiente di Copenaghen. Subito dopo, il trasferimento in Cina dove verranno approfonditi questi ed altri temi. In attesa dell’arrivo di Obama, secondo la denuncia di alcune organizzazioni umanitarie, sarebbero stati arrestati dalle autorità di Pechino molti dissidenti. Ultima tappa del suo viaggio in Asia, la Corea del Sud.

     
    Pakistan
    Un nuovo attentato suicida è avvenuto in Pakistan. Un’autobomba è stata lanciata contro un posto di blocco della polizia a Peshawar, nel nord-ovest del Paese. Secondo quanto riportato dalle televisioni locali, sarebbero almeno sette le vittime. Tra di esse ci sarebbe anche un poliziotto. Una trentina, invece, i feriti, alcuni in gravi condizioni, sono stati trasportati negli ospedali della città. Peshawar, ieri, era stato teatro di altri due attacchi kamikaze che hanno avuto come bersaglio i servizi segreti e la polizia pachistana. Il bilancio finale delle esplosioni è di 20 vittime.

    Usa -Twin Towers
    Saranno processati da un tribunale civile di New York 5 presunti terroristi accusati di aver partecipato agli attacchi dell'11 settembre alle Torri Gemelle. Fra loro c’è anche la mente degli attacchi, Khalid Sheikh Mohammed. La decisione comunicata dall'amministrazione di Washington pone un primo punto fermo sul tentativo del presidente americano di chiudere il carcere di Guantanamo. Una promessa che si sta rivelando difficile da mantenere per Obama che, proprio oggi, ha visto le dimissioni dell'avvocato della Casa Bianca che aveva il compito di risolvere la delicata questione.

    Iran - Russia
    La Russia è “pronta” a sostenere le sanzioni internazionali contro l'Iran. Lo afferma il quotidiano russo “Kommersant”, citando fonti vicine al presidente Dmitri Medvedev. Nei giorni scorsi Medvedev, da sempre contrario a nuove sanzioni contro Teheran considerate controproducenti, aveva aperto all'ipotesi caldeggiata dall'Occidente. In occasione del vertice Apec, al via oggi a Singapore, il presidente russo incontrerà il suo omologo statunitense Barack Obama. Secondo il quotidiano, i due leader discuteranno sia del programma nucleare iraniano, sia delle eventuali nuove sanzioni da imporre a Teheran.

    Russia - esplosione deposito
    Strage sfiorata a Ulyanovsk, nel Sud della Russia, dove è esploso un deposito di munizioni. Quattro le vittime accertate finora, tra cui due vigili del fuoco. Una quarantina i feriti, mentre circa 3mila persone sono stati fatte evacuare dalla zona. Il deposito si trovava vicino a una base militare lungo le rive del Volga. Dopo l'esplosione si è sviluppato un incendio con fiamme alte più di 30 metri. Il traffico autostradale e ferroviario è stato interrotto. Il governatore di Ulianovsk, Serghiei Morozov, ha riferito che nelle vicinanze sono state trovate sei granate di artiglieria inesplose e che il materiale bellico pericoloso verrà presto trasferito.

     
    India
    Almeno 9 morti e un’ottantina di feriti, molti in condizioni gravi. È il bilancio del deragliamento di un treno passeggeri avvenuto a Banshkov, un villaggio a circa 40 chilometri a sud di Jaipur (Rajasthan). Il convoglio era diretto a New Dehli. Quindici vagoni sono usciti dai binari dopo che il conducente avrebbe frenato all’improvviso a causa della scarsa visibilità della zona. Una delle rotaie si è sollevata urtando contro la carrozza passeggeri e provocando il disastro.

    Corea del Sud
    Tragedia in Corea del Sud. Almeno 10 persone sono morte in un incendio scoppiato in un poligono di tiro allestito in un edificio di cinque piani a Busan, nella parte meridionale del Paese. Secondo quanto riferito dai media di Seul, tra le vittime ci sono sette turisti giapponesi e la loro guida sudcoreana. Altre sette persone sono rimaste ferite nell'incendio scoppiato al secondo piano dell'edificio e per spegnere il quale i vigili del fuoco hanno impiegato un'ora.

    Economia - Banca Mondiale
    L’economia mondiale si confronterà nel 2010 con gravi ostacoli, innanzitutto la disoccupazione negli Stati più sviluppati e il pericolo di ritorno al protezionismo. Sono le parole del presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick. Intanto il Fondo Monetario Internazionale ha affermato che la crescita, seppur debole, è tornata a far registrare segnali positivi.

    Nasa - Luna
    La Nasa ha annunciato ieri di aver scoperto sulla Luna ''importanti quantità'' di acqua ghiacciata. La scoperta è stata fatta nell'ambito della missione della sonda L-Cross, la prima nei rinnovati programmi Nasa volti a riportare l'uomo sulla Luna entro il 2020.

    Oms - Influenza A
    Dallo scoppio della pandemia, l'influenza A ha ucciso circa 6.260 persone nel mondo. A rivelarlo è l’ultimo aggiornamento diffuso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Il virus, però, sembra rallentare la sua diffusione. Secondo l’Oms, dall'8 novembre le vittime sono state 179 contro le 224 dei sette giorni precedenti. Un netto crollo rispetto ai 700 morti dell'ultima settimana. La nuova influenza è ormai diffusa ovunque: sono oltre 206 gli Stati o i territori che hanno confermato almeno un caso di ricovero da virus H1N1. Il più alto numero di decessi continua a essere registrato nel contenente americano. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Rizzo e Chiara Pileri)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 318

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.
     

    inizio pagina