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Sommario del 06/11/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il presidente del Kazakhstan dal Papa: pace, crisi economica e dialogo interreligioso al centro dei colloqui
  • Altre udienze e nomine
  • L'attesa del Papa a Brescia e Concesio sulle orme di Paolo VI e Sant'Arcangelo Tadini
  • Il nuovo nunzio all'Avana: Chiesa cubana, esempio di fortezza. Mons. Celli: più spazio alla Chiesa nei mass media
  • Incontro sull'Astrobiologia in Vaticano per fare il punto sulla ricerca di vita intelligente fuori della terra
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Allarme cocaina in Europa: riscoprire il senso della vita e delle relazioni umane
  • Giornata internazionale contro lo sfruttamento dell'ambiente nei conflitti armati
  • Congresso internazionale a Roma sulle patologie oncoematologiche dell'anziano
  • Morto a 103 anni mons. Rosario Mennonna, il vescovo più anziano d'Italia
  • Chiesa e Società

  • Ricorso del governo italiano contro la sentenza della Corte di Strasburgo sul Crocifisso
  • Ccee e Kek: per difendere l’ambiente serve “un’ecologia umana”
  • La Caritas chiede un'azione urgente per arginare il dramma della fame nel mondo
  • India: false accuse contro la Chiesa di "conversioni illegali di massa"
  • Sacerdote pakistano: la blasfemia colpisce le minoranze e “islamizza” il Paese
  • Pakistan: le scuole cattoliche nel Punjab preoccupate per le nuove norme sulla sicurezza
  • Filippine: per i confratelli di padre Sinnot, polemiche politiche ostacolano la sua liberazione
  • Vietnam: fervono i preparativi per il giubileo della Chiesa
  • I vescovi argentini sulle unioni gay
  • I vescovi del Paraguay: sosteniamo la democrazia, non determinate scelte politiche
  • Bambini Usa: secondo uno studio sono i più poveri del mondo sviluppato
  • Sud Corea: la Chiesa sostiene la campagna di medici e ostetrici contro l’aborto
  • Polonia: Giornata di solidarietà con i cristiani perseguitati per la loro fede
  • Dai vescovi francesi l’invito a valorizzare l’identità cattolica
  • A Saragozza il IV congresso internazionale delle organizzazioni pro-vita
  • Italia: nasce il Tavolo di coordinamento tra le associazioni salesiane
  • Conclusa in Botswana l'assemblea dell'Unione Africana di Radiodiffusione
  • 24 Ore nel Mondo

  • Abu Mazen rinuncia a candidarsi alle presidenziali palestinesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il presidente del Kazakhstan dal Papa: pace, crisi economica e dialogo interreligioso al centro dei colloqui

    ◊   Questa mattina, Benedetto XVI ha ricevuto il presidente della Repubblica del Kazakhstan, Nursultan Nazarbayev, che successivamente ha incontrato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei cordiali colloqui – rende noto un comunicato della Sala Stampa vaticana - sono stati affrontati temi inerenti alla crisi economica alla luce dell’Enciclica ‘Caritas in Veritate’, al dialogo inter-religioso e alla promozione della pace alla vigilia dell’assunzione della presidenza dell’Osce da parte del Kazakhstan. A livello bilaterale sono stati evocati, con compiacimento, i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica del Kazakhstan, come pure alcune tematiche di attualità nella vita del Paese. Si è rilevato la pacifica convivenza fra i fedeli di diverse religioni e si è auspicato un ruolo sempre più attivo dei credenti nella vita della Nazione e in favore del bene comune”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto anche alcuni presuli della Conferenza episcopale del Brasile (Regione Sul I), in visita "ad Limina". Questo pomeriggio riceverà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

    In Sud Africa, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Witbank padre Giuseppe Sandri, superiore provinciale dei Missionari Comboniani in Sud Africa. Padre Sandri è nato il 28 agosto 1946 a Faedo (arcidiocesi di Trento). È stato ordinato sacerdote il 27 maggio 1972.

    Il Papa ha nominato vescovi ausiliari dell’arcidiocesi di Toronto (Canada): il rev. Vincent Nguyen, del clero della medesima arcidiocesi, finora vicario giudiziale aggiunto e vice cancelliere, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ammaedara; e il il rev. William Terrence McGrattan, del clero della diocesi di London, finora rettore del Seminario Maggiore "Saint Peter" di London, assegnandogli la sede titolare vescovile di Fornos Minore. Il rev. Vincent Nguyen è nato in Vietnam l’8 maggio 1966 ed è stato ordinato sacerdote il 9 maggio 1998 per l’arcidiocesi di Toronto. Il rev. William Terrence McGrattan è nato a London, Ontario, il 19 settembre 1956 ed è stato ordinato sacerdote il 2 maggio 1987 per la diocesi di London.


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    L'attesa del Papa a Brescia e Concesio sulle orme di Paolo VI e Sant'Arcangelo Tadini

    ◊   Sulle orme dell’amato Paolo VI, domenica prossima il Papa sarà in visita pastorale a Brescia e a Concesio luoghi che hanno visto la nascita e la formazione di Giovanni Battista Montini. La prima tappa del percorso verso la città lombarda, sarà una sosta al Santuario di Botticino Sera, comune della Valverde, che custodisce l’urna con le spoglie di Sant’Arcangelo Tadini. Le strade sono già vestite a festa con stendardi e bandierine dai colori vaticani, spiccano i manifesti di Tadini e del Papa che viene a venerare il sacerdote, canonizzato ad aprile, e che, a fine ‘800, nel perfetto spirito della Rerum Novarum, unì all’opera pastorale un’intensa attività sociale a tutela del lavoro e della famiglia. L’attesa della comunità nelle parole del parroco Don Raffaele Licini, al microfono della nostra inviata Gabriella Ceraso:

    R. – Accogliere il Papa in questa nostra parrocchia è sicuramente qualcosa di irripetibile. Il Papa ci insegna come lui si fa pellegrino presso Sant’Arcangelo Tadini, anche noi dobbiamo camminare continuamente nella direzione di lui, perché il grande desiderio che aveva Tadini era che tutte le anime fossero portate in cielo.

     
    D. – La presenza del Papa è anche per omaggiare nell’Anno Sacerdotale il sacerdote Arcangelo Tadini. Che modello di sacerdozio ha incarnato?

     
    R. – Sant’Arcangelo è un uomo del tutto in armonia con la Chiesa: dal punto di vista della fede, della disciplina, dell’obbedienza … anzi, si dice che fosse anche abbastanza aggrappato alla tradizione. Un uomo così capace di essere in rapporto con il Signore da vedere in questo rapporto il bisogno di tutte le persone e in modo particolare di chi a quel tempo faceva fatica nella vita, organizzando quello che è stato l’impegno anche dal punto di vista lavorativo, nella costruzione della filanda e anche nel mettere accanto a queste persone che lavoravano delle suore operaie perché il lavoro fosse colto nel suo insieme nell’aspetto grande del suo valore. Non più solamente come una fucina di visioni atee verso la Chiesa, ma invece un ambiente bisognoso del fermento del Vangelo, un mondo – quindi – da incontrare più che da contrastare.

     
    D. – Il messaggio che lascia questa figura, secondo lei, quello più forte …

     
    R. – Lui diceva: la mia scienza è la croce. La mia forza è la stola. C’è dentro tutta la sua caratteristica di prete, ma anche di un uomo che veramente voleva far sì che l’azione del Vangelo riuscisse davvero ad entrare nel cuore di tutte le persone.

     
    Allo scopo di evangelizzare il mondo del lavoro attraverso la condivisione della fatica, Sant’Arcangelo Tadini, nel 1900, fondò la Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, oggi presenti in Europa, America e Africa. Saranno loro, domenica, a presentare al Papa il progetto di un nuovo centro di formazione per i ragazzi del Burundi. Sentiamo suor Emma Ghidoni, madre generale della Casa di Brescia, sempre al microfono di Gabriella Ceraso:

    R. – Ci ha chiamate lui “Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth”, quindi donne consacrate ma operaie tra le operaie, e ci ha affidato il compito di educare le lavoratrici, cioè formarle non con grandi discorsi ma dando soprattutto l’esempio nel guadagnarci il pane.

     
    D. – Quindi, educazione ma anche evangelizzazione dei luoghi di lavoro …

     
    R. – Dare a queste persone che lavorano il senso del lavoro cristiano, che è un modo per realizzarsi e per essere collaboratori anche nella creazione di Dio.

     
    D. – Certo, oggi c’è anche il problema di un lavoro che manca …

     
    R. – Questo è un problema davvero molto grande che condividiamo anche noi, perché anche noi siamo precarie: passiamo attraverso le agenzie interinali. Noi non abbiamo grandi redditi! Le nostre comunità scelgono abitazioni in quartieri popolari: facciamo pastorale giovanile, facciamo pastorale per la catechesi, eccetera. Però, la nostra specificità è quella di condividere la vita semplice delle persone.

     
    D. – Suor Emma, Sant’Arcangelo Tadini vi ha dato come modello di vita quello della famiglia di Nazareth: perché?

     
    R. – Perché questa bella icona ci sembra il modello più vero della vita nella sua quotidianità, come è stato per Gesù, Maria e Giuseppe per 30 anni, nel silenzio e nella semplicità.

     
    D. – Suore Emma, voi siete presenti anche nel resto del mondo: in Inghilterra, in Brasile, molto e soprattutto in Africa, in Burundi. Ed è lì che nasce un centro di formazione nuovo il cui progetto voi volete presentare proprio al Papa. Come nasce questa idea?

     
    R. – In Burundi la nostra comunità è stata un dono che la diocesi di Brescia aveva offerto a Paolo VI dopo il decreto sull’attività missionaria della Chiesa “ad gentes”. E lì adesso noi Suore Operaie siamo presenti: nelle piantagioni, nella lavorazione del thè … Abbiamo voluto quasi come continuità presentare al Santo Padre il dono di una nuova missione: vorremmo portare comunque avanti il nostro carisma di aiutare i giovani non solo a trovare un lavoro, ma a viverlo proprio in modo cristiano.

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    Il nuovo nunzio all'Avana: Chiesa cubana, esempio di fortezza. Mons. Celli: più spazio alla Chiesa nei mass media

    ◊   Grande festa, in questi giorni a Cuba, in particolare nell’arcidiocesi dell'Avana, dove a poche ore dall'apertura dell'Assemblea plenaria dell'episcopato, la comunità ecclesiale e i loro pastori hanno dato il benvenuto al nuovo nunzio apostolico Angelo Becciu e al presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali mons. Claudio Maria Celli, nell’isola caraibica per una visita di quattro giorni. Momento culminante è stata la concelebrazione eucaristica nell'antica cattedrale della capitale. Il servizio di Luis Badilla:

    "Con piacere userò tutte le mie risorse per offrire la mia collaborazione in favore di una Chiesa cubana capace di continuare a brillare, come sempre, per la sua storica fedeltà al Vescovo di Roma, anche nei momenti difficili": è quanto detto dal nunzio Angelo Becciu, presentandosi ai fedeli durante la Messa celebrata la sera di mercoledì scorso. Il diplomatico vaticano era arrivato a Cuba, alcuni giorni fa, e attendeva la Festa di San Carlo Borromeo e l'inizio della plenaria episcopale per prendere possesso ufficiale delle sua mansione quale rappresentante del Santo Padre. All'arrivo nella cattedrale dedicata a San Cristoforo, mons. Becciu è stato accolto dall'arcivescovo della capitale, cardinale Jaime Ortega, che poi lo ha presentato a tutti gli altri presuli. Mons. Becciu ha presieduto la Santa Messa e con lui hanno celebrato tutti i vescovi e mons. Claudio Maria Celli, ospite della Conferenza episcopale per parlare di comunicazione ecclesiale nell'era del digitale. Il nunzio, che ha risposto con calore al saluto di mons. Dionisio García Ibáñez, arcivescovo di Santiago di Cuba e presidente dell'episcopato, ha reso omaggio al popolo e alla storia di Cuba e anche “alla chiesa cubana (....) per l'esempio di fortezza, pazienza e perseveranza che dimostra e offre da molto tempo”. Mons. Becciu ha incoraggiato la Chiesa cubana “alla pratica della virtù della speranza". D'altra parte, mons. Celli ha dichiarato ieri all'agenzia France Presse di "desiderare che la Chiesa cubana possa avere presto un maggiore accesso ai mass-media e ad Internet. Mi auguro - ha precisato - che la Chiesa possa dare un grande contributo allo sviluppo umano. (...) L'accesso della Chiesa alle nuove tecnologie digitali consentirebbe ad essa di offrire al popolo cubano i suoi valori, i suoi messaggi, la Parola di Dio”, cose che servono a tutti. Infine, parlando con l'agenzia Ansa, il presule ha ribadito che questa richiesta sarà rinnovata ancora una volta alle autorità dell'Avana, auspicando che ciò sia un nuovo passo nel continuo miglioramento dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica.

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    Incontro sull'Astrobiologia in Vaticano per fare il punto sulla ricerca di vita intelligente fuori della terra

    ◊   E' iniziata oggi in Vaticano la settimana di studi dedicata all’Astrobiologia, un’iniziativa che rientra nell’ambito dell’attuale Anno dell’Astronomia e organizzata dalla Pontificia Accademia delle Scienze insieme alla Specola Vaticana. Il cardinale Giovanni Lajolo ha portato il saluto del Papa agli studiosi che partecipano all'incontro: un appuntamento che affronta la tematica della possibilità di una vita intelligente fuori della terra: "un compito che esige serietà scientifica - ha detto il porporato - e che non va confuso con la fantascienza". Il cardinale Lajolo ha quindi sottolineato che "nella ricerca nessuna verità può farci temere" perché "le scienze, proprio mentre aprono l'uomo a nuova conoscenza, contribuiscono a realizzare l'uomo come uomo". Ma cosa significa astrobiologia? Benedetta Capelli ha rivolto la domanda a padre José Funes, direttore della Specola Vaticana:

    R. – L’oggetto dell’astrobiologia è la ricerca della possibilità di vita sia nel nostro sistema solare, nei luoghi più vicini dell’universo, sia in altri sistemi stellari. Finora sappiamo che ci sono circa 350 stelle che hanno pianeti che girano loro intorno; tra questi pianeti, potrebbero essercene di simili alla terra. Ecco, questo è lo scopo dell’astrobiologia: cercare possibilità di vita nell’universo, al di fuori della terra.

     
    D. – Qual è l’obiettivo di questa settimana di studi?

     
    R. – L’obiettivo è quello di fare il punto della situazione in questa disciplina scientifica. Si presenteranno gli ultimi risultati per aiutarci a capire meglio a che punto siamo nella ricerca della vita nell’universo; e anche per fare il punto della situazione in una disciplina in cui crediamo che sia molto importante che la Chiesa sia coinvolta in questo tipo di ricerca, almeno nel seguire i principali risultati riconosciuti dalla comunità scientifica.

     
    D. – Per quanto riguarda la questione dell’“intelligenza altrove”, ci vuole spiegare che cos’è e soprattutto su cosa si rifletterà?

     
    R. – Ci sono programmi destinati alla ricerca di "vita altrove" – ovviamente, parliamo di vita intelligente. Non abbiamo nessuna prova dell’esistenza di vita, nemmeno nelle forme più primitive, nell’universo. Ancor più si può dire della vita intelligente al di fuori della terra. Ci sono programmi seri, tra cui quello più conosciuto è quello che cerca di “catturare” – per così dire – possibili segnali di una civilizzazione più sviluppata della nostra. Questo ha come premessa che queste civilizzazioni siano sviluppate, abbiano una tecnologia almeno simile alla nostra e che siano in grado di emettere segnali. Finora, non c’è nessun risultato che ci possa indurre a credere che ci sia vita intelligente fuori dalla terra.

     
    D. – Secondo lei, attraverso nuovi studi quali prospettive si pone, però, la scienza?

     
    R. – Direi che questo è un confine, una frontiera della scienza; credo che il paragone tra gli studi che compiono i biologi sulla terra, come le forme di vita anche molto primitive che possano sopravvivere a condizioni estreme, come ad esempio nelle profondità degli oceani, ci possono aiutare a comprendere anche le possibilità che esista la vita anche in altri mondi. Allo stesso tempo, se riuscissimo a scoprire se c’è vita fuori dalla terra, questo potrebbe aiutarci a comprendere meglio come si è formata e sviluppata la vita sul nostro pianeta.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Laura Palazzani dal titolo "Il malinconico mondo dei superman": riflessioni bioetiche sull' "enhancement".

    Ancora irrisolta la questione dei profughi palestinesi: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla 64.ma sessione dell'Assemblea generale dell'Onu.

    L'insostenibile pesantezza dell'impero sovietico: in cultura, Andrea Possieri intervista Viktor Zaslavsky a vent'anni dalla caduta del muro di Berlino.

    Vita e cosmo a rapporto: Jonathan L. Lunine e il gesuita José G. Funes illustrano la settimana internazionale di studi sull'astrobiologia che si apre oggi in Vaticano.

    "Carpe diem" (fino a un certo punto): Marco Beck sul volume - curato per la collana "I millenni" da Paolo Fedeli - che raccoglie tutte le poesie di Orazio.

    La "sorgente" delle nostre pupille: Alessandro Scafi analizza il mistero trinitario nell'arte.

    La pastorale della strada per chi vive ai margini della società: nell'informazione vaticana, una sintesi del documento finale dell'incontro europeo promosso dal dicastero per i migranti.

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    Oggi in Primo Piano



    Allarme cocaina in Europa: riscoprire il senso della vita e delle relazioni umane

    ◊   All’indomani della pubblicazione del rapporto sulle droghe in Europa, la società civile si interroga su alcuni dati particolarmente allarmanti. E’ il caso dell’uso della cocaina, sempre più diffusa tra le fasce giovanili. Su questo aspetto del fenomeno tossicodipendenza si sofferma Michele Gagliardo, responsabile del Piano Giovani del “Gruppo Abele”, intervistato da Alessandro Gisotti:

     
    R. – Non vorremmo mai vedere dati di questo tipo, anche perché sono molti anni che si denuncia questo crescente utilizzo della cocaina. Mi verrebbe quasi da dire “normalizzazione dell’utilizzo della cocaina”. Sono davvero tanti anni! E ogni volta che si esce con una ricerca, c’è il rischio di accorgersi di qualcosa che invece accade quotidianamente nelle nostre città. Ci dev’essere un grande impegno da questo punto di vista per non occuparci soltanto quando emergono dati che ci allarmano, ma di costruire un lavoro continuativo, radicato nel quotidiano, giorno dopo giorno, nella vicinanza tra le persone.

     
    D. – Può dirci, anche in base alla vostra esperienza, chi è il giovane – ma non solo il giovane – che fruisce di droghe, cocaina in primis?

     
    R. – L’identikit è difficile da fare, perché c’è davvero un consumo trasversale: per età, che si abbassa come età di inizio, ed arriva fino ad età molto avanzate; ma è un consumo trasversale anche rispetto all’estrazione sociale, all’estrazione culturale. Noi troviamo lo studente, il professionista, l’operaio, l’uomo della strada … In questo senso, l’identikit non è semplice, perché questo tipo di consumo è entrato davvero un po’ nella normalità della nostra vita.

     
    D. – Nella prima risposta ha usato il termine “normalizzazione”: è questo il rischio? Cioè che si vada sempre più pensando che sia quasi “normale” l’uso di droghe?

     
    R. – Il pericolo che stiamo correndo è che l’uso di sostanze stupefacenti rischiano di essere dei mediatori che le persone usano per raggiungere alcuni bisogni fondamentali, come il bisogno di identità, il bisogno di appartenenza ad un gruppo, di vedersi riconosciute le proprie capacità … In un contesto storico e sociale che fa molta fatica ad aiutare a cogliere questi segnali di valore delle persone, di percorso di crescita, di emancipazione delle persone, il rischio è che ci si aggrappi a questi strumenti artificiali nella disperata ricerca di una restituzione positiva di sé!

     
    D. – Alla base del problema, del fenomeno c’è dunque la mancanza di senso della vita, di relazioni personali, in definitiva, di amore?

     
    R. – Sì: vuol dire recuperare il senso del valore dello stare insieme, dell’aiutarsi, dell’accompagnarsi, di essere parte di una comunità, ecco: questo forse è il termine più forte. Recuperare la dimensione della fraternità, del costruire insieme qualche cosa che abbia valore per tutti … Io, per l’esperienza che abbiamo fatto in questi anni, vedo che queste cose sono possibili, che molte persone con cui noi lavoriamo riprendono in mano la loro vita in modo diverso, e sono d’insegnamento alle vite degli altri …

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    Giornata internazionale contro lo sfruttamento dell'ambiente nei conflitti armati

    ◊   Le guerre producono conseguenze disastrose sull’ambiente mettendo spesso a repentaglio il futuro delle popolazioni civili. A questo tema - che riguarda contesti come la Repubblica Democratica del Congo, il Medio Oriente, la Colombia - è dedicata l’odierna “Giornata internazionale contro lo sfruttamento dell’ambiente in guerra e nei conflitti armati”. Nel suo messaggio, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, chiede ai singoli Stati maggiore impegno per la corretta applicazione delle normative internazionali poste a tutela delle risorse naturali. Ma quali sono le regole in questione? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Francesco Rigamonti operatore dell’Ong Ucodep, attiva, fra l’altro, nei Territori Palestinesi:

    R. – C’è una lunga storia di elaborazione di diritto internazionale su queste tematiche a partire dal periodo della guerra del Vietnam e poi, successivamente, attraverso tutte le altre guerre. Abbiamo ancora in mente le immagini del conflitto in Iraq, quando venne dato fuoco al petrolio, però questo riguarda anche altri conflitti: in Africa, ad esempio, le conseguenze ambientali sono state spesso sottovalutate. La tematica dell’ambiente è, quindi, una tematica centrale nelle aree di conflitto a livello mondiale.

     
    D. – Peraltro, le conseguenze si hanno nel lungo periodo e a danno della popolazione civile…

     
    R. – Sì, assolutamente. La contaminazione dell’acqua e dei terreni sono armi che colpiscono a distanza di anni. Hanno addirittura una durata più lunga delle mine, che erano state definite come delle "armi perfette" perché colpivano ad anni e anni di distanza. Quando si contamina l’acqua ed il terreno si contamina il futuro, la possibilità di vita e di produzione di intere aree, spesso anche al di là dell’area circoscritta del conflitto.

     
    D. – Cosa fare per un rispetto maggiore di queste regole internazionali?

     
    R. – C’è un versante di regolamentazione, ma c’è anche un versante di “law enforcement”, cioè come sanzionare queste violazioni. Credo che ci sia bisogno di un'assunzione di responsabilità soprattutto da parte degli Stati più rilevanti e più importanti, che devono appunto non solo chiedere agli altri che queste leggi vengano rispettate ma in primo luogo rispettarle loro quando sono coinvolti in contesti e in teatri di conflitti.

     
    D. – Lo sfruttamento delle risorse ambientali resta però la chiave di tanti conflitti…

     
    R. – Sì, assolutamente, nel senso che le risorse naturali spesso sono sia a monte che a valle di un conflitto. A monte, nella misura in cui in molti casi sono delle variabili che portano ai conflitti, e a valle per il discorso sulle conseguenze che certe condotte di guerra possono avere sull’ambiente non solo delle aree circoscritte della guerra ma anche sulle aree circostanti.

     
    D. - E tutto questo è particolarmente evidente, ad esempio, a Gaza…

     
    R. – Sì, la situazione a Gaza è particolare perché ci sono tutta una serie di problematiche: si va dal problema della disponibilità di acqua al fatto più recente che dal 2007 i confini di Gaza sono chiusi, quindi ben prima del conflitto e questo ha portato dei grossi problemi alla normale manutenzione delle strutture per l’acqua e il trattamento delle acque nere a Gaza. Si stima che solo tra il cinque e dieci per cento dell’acqua che proviene dall’acquifero rispetti gli standard internazionali. Questo ha delle conseguenze sulla produzione, in primo luogo sulla salute delle persone che bevono quest’acqua. L’acqua viene anche utilizzata per le coltivazioni agricole – ricordiamo che Gaza ha una grande presenza di serre – che sono un settore importante, o meglio lo era, dell’economia locale. Ci sono sicuramente delle conseguenze, che poi in molti casi è difficile stimare, perché non sono immediate ma si spostano nel corso degli anni.

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    Congresso internazionale a Roma sulle patologie oncoematologiche dell'anziano

    ◊   E’ in corso al Policlinico universitario "Agostino Gemelli" di Roma il Congresso internazionale sul tema "Nuovi farmaci e trapianto con cellule staminali emopoietiche per la cura delle patologie oncoematologiche dell'anziano". Ce ne parla la professoressa Simona Sica, dell’Istituto di Ematologia del Gemelli. L’intervista è di Eliana Astorri:

    R. – Le patologie oncoematologiche sono per lo più patologie neoplastiche e interessano il sangue. Sono quindi malattie molto rare, non difficili da diagnosticare e che insistono in una popolazione che copre tutto lo spettro. Ma colpisce tipicamente i bambini e la fascia degli anziani, quindi degli adulti sopra i 60 anni. Le malattie di cui ci occupiamo in questo congresso sono sostanzialmente malattie tumorali come i linfomi, le leucemie e i mielomi.

     
    D. – Chi è affetto da una di queste patologie ha dei sintomi che può riconoscere da solo o se ne rende conto solo se, casualmente, segue delle analisi del sangue per altri motivi?

     
    R. – La sintomatologia può non essere così chiara, soprattutto all’inizio. Per alcune patologie – ad esempio i mielomi – la sintomatologia è tipicamente ossea; questa malattia tende ad interessare con estrema tenacia il nostro apparato scheletrico, quindi porta a dolori ossei; altra sintomatologia, per i linfomi, è quella dell'ingrandimento e quindi il sospetto viene posto per l’ingrandimento di alcuni linfonodi. Le leucemie – soprattutto le forme acute – hanno una sintomatologia che suggerisce, o che spesso simula, quella di altre malattie infettive magari banali; per questo non è così semplice immaginare la diagnosi all’inizio della patologia. Non è semplice per l’ematologo diagnosticarla quando la malattia è nelle prime fasi.

     
    D. – Cosa succede al sangue in caso di leucemia o di una di queste malattie?

     
    R. – Le leucemie sono malattie tipiche perché insistono nel nostro midollo osseo, che è la sede dove, normalmente, vengono prodotte tutte le cellule del nostro sangue e i globuli bianchi, soprattutto i neutrofili. Si tratta di cellule che normalmente utilizziamo in grandissima quantità perché ci proteggano principalmente dalle infezioni. Le malattie che sovvertono comunque il midollo osseo determinano chiaramente la mancata produzione di tutte queste cellule e quindi la sintomatologia tende ad essere molto importante, perché si tratta di elementi del sangue che sono indispensabili per la nostra sopravvivenza.

     
    D. – Quali sono le novità scientifiche e terapeutiche emerse nella prima giornata del Congresso?

     
    R. – Di utilizzare e di avere a disposizione farmaci sempre più selettivi. L’ematologia è all’avanguardia nel trattamento di queste patologie con farmaci che noi chiamiamo “bersaglio” che riconoscono essenzialmente malate; avendo capito quali sono le alterazioni biologiche che sono alla base di queste malattie, è possibile per una quota consistente di queste malattie utilizzare farmaci estremamente selettivi, ma estremamente potenti. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Morto a 103 anni mons. Rosario Mennonna, il vescovo più anziano d'Italia

    ◊   Si è spento questa mattina nella sua casa di Muro Lucano, in provincia di Potenza, il vescovo più anziano d'Italia, mons. Antonio Rosario Mennonna. Vescovo emerito di Nardò, mons. Mennonna aveva compiuto 103 anni lo scorso 27 maggio. I funerali si terranno domani a Muro Lucano nella chiesa di San'Andrea Apostolo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Mons. Mennonna è un esempio di vita religiosa “pienamente riuscita”, di sacerdote e vescovo profondamente umano e “ricco di spiritualità”. Con queste parole mons. Domenico Caliandro, vescovo della diocesi di Nardò – Gallipoli, ricorda la figura di “un pastore innamorato di Cristo che nutriva il suo apostolato con la preghiera”. Nato il 27 maggio del 1906 a Muro Lucano, mons. Mennonna è stato ordinato sacerdote nel 1928 e nel 1955 ha ricevuto la consacrazione episcopale. Ne ricorda alcuni tratti caratteristici della sua umanità mons. Giustino D’Addezio, parroco della Concattedrale di Muro Lucano “Sant'Andrea Apostolo”:

    "Mons. Antonio Rosario Mennona è in cielo e fa festa in cielo. Ha saputo dialogare serenamente, con quella dolcezza che lo distingueva, con quella semplicità di spirito ma anche con quella saggezza di vita. Lui è stato insegnante, scrittore, vescovo di Muro Lucano, vescovo di Nardò. Poi, come vescovo emerito, è stato in parrocchia, ha continuato a celebrare, a predicare fino a quando è stato possibile: ha continuato a fare il sacerdote. L’aspetto principale della sua vita è la mitezza, la dolcezza e la serenità di spirito. Ha saputo cogliere intelligentemente i segni dei tempi".

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    Chiesa e Società



    Ricorso del governo italiano contro la sentenza della Corte di Strasburgo sul Crocifisso

    ◊   Come anticipato nei giorni scorsi, il governo italiano farà ricorso contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che chiede la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche. E’ quanto deciso oggi dal Consiglio dei Ministri. L’incarico di curare il ricorso del governo sarà affidato al ministro degli Esteri, Franco Frattini. In una conferenza stampa, il premier Silvio Berlusconi ha affermato che la sentenza non è coercitiva e che, qualunque sia l’esito del ricorso, i crocifissi rimarranno nelle aule. Intanto, si moltiplicano le prese di posizione nella Chiesa e nella società civile, come nel mondo della politica e della cultura contro il pronunciamento della Corte di Strasburgo. Il Crocifisso, ha affermato il cardinale vicario Agostino Vallini, non ha mai offeso la libertà altrui ed ha sottolineato che la sentenza della Corte europea ignora la cultura del popolo italiano. Per il cardinale arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz, si tratta di una “sentenza incomprensibile” che suscita “preoccupazione per la libertà religiosa in Europa”. Il pronunciamento della Corte di Strasburgo è stato criticato anche dal Patriarcato ortodosso di Mosca. Un pronunciamento che può portare ad una destabilizzazione in tutta l’Europa, ha detto il rappresentante del Patriarcato presso il Consiglio d'Europa. Dal canto loro, alcuni parlamentari europei hanno tenuto a ribadire, in una dichiarazione scritta, che va riconosciuto il pieno diritto di tutti gli Stati membri dell’Unione ad esporre simboli religiosi all’interno dei luoghi pubblici. (A cura di Alessandro Gisotti)

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    Ccee e Kek: per difendere l’ambiente serve “un’ecologia umana”

    ◊   “Soltanto con un’ecologia realmente umana, che tenga conto dei diritti ma anche delle responsabilità che abbiamo l’uno verso dell’altro nonché verso le future generazioni, si può prevedere una migliore attenzione nei confronti dell’ambiente”. Lo affermano la Conferenza Europea delle Chiese (Kek) e il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) in una lettera congiunta alle Chiese in Europa in vista della Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite che si svolgerà a Copenhagen (Danimarca) dal 7 al 18 dicembre prossimi. “Il cambiamento climatico – si legge nel testo, intitolato “Le Chiese rispondono al cambiamento climatico” – rappresenta un problema per ognuno di noi”: “investe la vita dell’intero pianeta” ed è “una delle preoccupazioni fondamentali che dobbiamo affrontare”. La lettera, firmata da padre Duarte da Cunha e dal ven. Colin Williams, rispettivamente Segretario Generale del Ccee e Segretario Generale della Kek, ricorda che “la terra e tutti i suoi ecosistemi costituiscono un dono prezioso che abbiamo ricevuto da Dio” e che di fronte alla crisi globale “economica, ambientale o di altro genere” tutti sono “chiamati a vivere in modo da mostrare la fede, la speranza e l’amore che abbiamo verso Dio, nonché il nostro rispetto per l’intera Sua creazione”. “In un mondo dotato di risorse naturali limitate – si legge nel documento ripreso dall’agenzia Zenit - dobbiamo promuovere uno stile di vita che prevenga ogni forma di abuso dei doni di Dio nella creazione e promuova una saggia amministrazione di tutto ciò che Dio ci ha dato nel Creato”. Si deve in particolare ridurre la dipendenza dal crescente consumo di energia. In questo impegno, i Paesi industrializzati devono collocarsi “in prima linea”, anche per la loro responsabilità “per i decenni di accumulazione dei gas effetto-serra nell’atmosfera terrestre”. Il Ccee e la Kek sottolineano quindi che nella Conferenza sul clima di Copenhagen “verranno prese importanti decisioni che influenzeranno molti aspetti della nostra vita, sin d’ora, rispetto all’immediato futuro”. “Le problematiche discusse alla Conferenza e le sfide che dobbiamo affrontare non abbiano a che fare soltanto con gli aspetti tecnici del cambiamento climatico: etica, cultura, fede e religione – si legge nel testo - sono elementi sostanziali del nostro stile di vita e devono essere tenuti in conto se si vuole affrontare il cambiamento climatico in modo efficace e assicurare uno sviluppo umano integrale”. Si esortano poi le Chiese e i cristiani in Europa a intraprendere “azioni appropriate per affrontare la sfida del cambiamento climatico nelle prossime settimane”, iniziando dall'incoraggiare “ad affrontare i loro rispettivi governi e a invitarli, con coraggiosa generosità, a intraprendere un’azione forte finalizzata alla mitigazione e all’adattamento agli effetti del cambiamento climatico”. “L’impatto sulla crisi economica non deve rappresentare una scusa per evitare un’azione efficace per la tutela dell’ambiente”. Riconoscendo che i cambiamenti climatici possono causare “sofferenze e privazioni incalcolabili”, Kek e Ccee invitano le Chiese “a partecipare a iniziative per il risparmio di energia, alla promozione dell’energia rinnovabile, ad affrontare gli effetti negativi del cambiamento climatico, a educare al senso di responsabilità ecologica finalizzata alla salvaguardia di un’autentica ecologia umana”. I firmatari della lettera chiedono infine alle Chiese di “impegnarsi nella preghiera comune, in solidarietà con coloro che soffrono gli effetti negativi del cambiamento climatico”. In questo contesto, domenica 13 dicembre è stato organizzato un atto di culto ecumenico nella Cattedrale luterana di Copenhagen. Alle 15.00, le chiese della Danimarca suoneranno le campane e i cristiani di tutto il mondo sono invitati a far loro eco suonando 350 rintocchi. L'iniziativa (www.bellringing350.org) si estenderà su un lungo fuso orario che partendo dalle Isole Fiji, nel Sud Pacifico, giungerà fino all’Europa settentrionale, passando per tutto il mondo. (A.L.)

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    La Caritas chiede un'azione urgente per arginare il dramma della fame nel mondo

    ◊   Nella dichiarazione “Cambiamenti climatici, insicurezza alimentare e fame”, firmata dalla Caritas, dal programma Alimentare Mondiale, dall'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa si sottolinea che i cambiamenti climatici stanno minando gli sforzi per porre fine alla tragedia di oltre un miliardo di persone che già soffrono la fame. La mancanza di cibo provoca la morte di oltre 3,5 milioni di persone ogni anno, soprattutto di bambini che vivono in Paesi poveri. Nei prossimi decenni, il rischio della fame e della malnutrizione potrebbe aumentare come mai prima d'ora. Nelle zone aride e semiaride, i pascoli potrebbero ridursi di una percentuale che oscilla tra il 40 e il 90%. Le zone costiere potrebbero essere inondate o rese non idonee all'agricoltura a causa della maggiore salinità per l'aumento del livello del mare. Entro il 2050, la fame potrebbe aumentare tra il 10 e il 20% e la malnutrizione infantile potrebbe quintuplicare. I responsabili dell'ambiente dei governi – ricorda l’agenzia Zenit - si incontreranno in Danimarca dal 7 dicembre per due settimane con lo scopo di raggiungere un nuovo accordo sui cambiamenti climatici. Il vertice, avverte la Caritas, deve essere un primo passo per migliorare la produzione alimentare e aumentare i sistemi di protezione sociale. I governi - auspica la Caritas - “devono essere assistiti nell'aumentare la produzione di cibo e l'accesso ad esso, promuovendo i sistemi di protezione sociale e migliorando la capacità di prepararsi ai disastri e di rispondervi se si verificano”. Bisogna poi incoraggiare i processi di sviluppo basati sulle comunità per far sì che “i più poveri e i più vulnerabili possano costruirsi vite sostenibili e uscire dalla povertà e dall'insicurezza alimentare croniche”. La comunità umanitaria, conclude la Caritas, deve essere preparata a “eventi climatici estremi” e a far fronte alla situazione di insicurezza alimentare rafforzando “sia la prevenzione delle crisi che la risposta”. (A.L.)

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    India: false accuse contro la Chiesa di "conversioni illegali di massa"

    ◊   La Chiesa cattolica e i cristiani degli Stati del Madhya Pradesh e del Chhatisgarh, nella regione centrale del Paese, sono diventati bersaglio delle accuse di “conversioni illegali di massa” lanciate dal Baratiya Janata Party (BJP), un partito nazionalista indù attualmente all'opposizione nel Governo federale dell'India ma molto influente in varie zone. Padre Anand Muttungal, portavoce della Chiesa cattolica nei due Stati, ha segnalato all'agenzia Fides che il Presidente Nazionale del BJP, Shri Rajnath Singh, è intervenuto recentemente a un incontro pubblico a Bhopal (capitale del Madhya Pradesh), a cui erano presenti i leader di diverse religioni, stigmatizzando le “conversioni di massa realizzate illegalmente dai cristiani in India, specialmente nel Nordest”. A suo avviso, queste azioni avrebbero portato alla “conversione del 30% della popolazione tribale in Chhattisgarh e Jharkhand”. Secondo il leader del BJP, è necessario bloccare in ogni modo, anche a costo di cambiare la Costituzione, il fenomeno di “usare sistematicamente mezzi illegali per le conversioni di massa”. La Chiesa locale ha risposto alle accuse sostenendo che “se ciò fosse vero, sarebbe un brutto segnale per tutta la Nazione, e sarebbe interesse dell’intero Paese accertare fatti legati alle conversioni illegali”. “Occorrerebbe fare un rapporto alla polizia e deplorare tali conversioni”, ha detto padre Anand, che ha scritto una lettera ufficiale a Shri Rajnath Singh. Per il sacerdote, “si stanno usando gli slogan e il tema delle conversioni per puri motivi elettorali e per conquistare gli indù”. Le accuse, ha sottolineato, portano a una vera campagna d'odio contro i cristiani: “In Madhya Pradesh chiese, centri di preghiera, istituti, individui cristiani sono soggetti ad attacchi brutali da parte di individui e gruppi integralisti”, “e il Governo non fa nulla per fermarli. Bisogna fermare e denunciare tali affermazioni infondate e inaccettabili”. Il leader del BJP ha anche dichiarato che “gli stranieri stanno utilizzando la religione per infiltrarsi nella cultura indiana” e che è in atto “una reale minaccia alla sicurezza nazionale”. “Serviamo la Nazione con un vasto impegno nel campo dell’istruzione, della salute e dello sviluppo umano – ha risposto la comunità cristiana –. Molti indù che sono, fra l’altro, nel BJP hanno ricevuto l’istruzione in strutture cattoliche”. “Vorremmo ricordare al BJP che la Costituzione indiana garantisce libertà di religione, libertà di pensiero e libertà di espressione: il che significa anche libertà di cambiare e abbracciare un’altra religione o ideologia”, dichiarano i cristiani. (R.P.)

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    Sacerdote pakistano: la blasfemia colpisce le minoranze e “islamizza” il Paese

    ◊   La legge sulla blasfemia è il “mezzo” utilizzato dai fondamentalisti per colpire “le minoranze del Paese e chi non si assoggetta al loro volere”. È quanto afferma ad AsiaNews padre Bonnie Mendes, sacerdote e attivista per i diritti umani, in questi giorni in Italia per il suo incarico di coordinatore Caritas per l’Asia. Il sacerdote denuncia un “disegno preciso: attaccare quando e dove è possibile, con l’obiettivo di islamizzare il Pakistan”. Padre Mendes, profondo conoscitore della storia pakistana, sottolinea che l’estremismo non è solo un problema del governo pakistano; il fondamentalismo deve essere affrontato in un contesto globale”. Una parte della popolazione – attorno al 25% - simpatizza per i talebani, che hanno “infiltrazioni nell’esercito e in alcune frange della politica”. “Essi incutono timore a causa delle continue violenze” che colpiscono anche il cuore delle città, gli uffici amministrativi, le caserme della polizia, la gente comune. Il sacerdote aggiunge che “qualcuno all’interno dell’esecutivo vuole cambiare la situazione, ma manca un’unità di intenti”. Padre Mendes, ex segretario esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e Pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana, si sofferma anche su problemi legati alla giustizia.“Un primo problema è rappresentato dalla corruzione dilagante; il governo non ha la forza di estirparla. Nei casi di blasfemia, poi, i giudici sono in maggioranza musulmani e, temendo per la propria incolumità, non hanno la forza di osteggiare in modo aperto l’applicazione della norma”. Tuttavia emergono anche piccoli segnali di speranza. Una parte della classe politica “desidera il cambiamento” e comincia a emergere “un coro di voci contro la legge sulla blasfemia anche fra le personalità del mondo musulmano”. “Per la prima volta – afferma padre Mendes – una parte del Paese vuole lottare contro leggi discriminatorie; anche la popolazione ha capito che è importante combattere i talebani”.  Il sacerdote, infine, pur confermando “il clima di paura” nel quale vive la minoranza cristiana, invita i fedeli e la Chiesa stessa a “fare di più per affrontare le sfide quotidiane”: le persecuzioni, la povertà, la necessità di contribuire al progresso del Pakistan. “È importante – conclude – che emergano giornalisti, intellettuali, personalità cristiane forti, che abbiano coscienza della loro missione a livello nazionale”. (A.L.)

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    Pakistan: le scuole cattoliche nel Punjab preoccupate per le nuove norme sulla sicurezza

    ◊   I dirigenti scolastici cattolici nel Punjab sono preoccupati dalle nuove disposizioni di sicurezza imposte alle scuole dalle autorità provinciali dopo i recenti attentati terroristici a Rawalpindi e Lahore. La loro attuazione comporta infatti spese insostenibili per gli istituti cattolici. Le misure prevedono che tutte le scuole, statali e non statali, debbano essere provviste di mura di cinta alte due metri, di telecamere di sorveglianza e di portici di sicurezza elettronici al loro ingresso, pena la chiusura. Il problema, spiega Suor Parveeb Rahmat, direttrice del liceo del Sacro Cuore di Lahore, è che, a differenza di quelle statali le scuole cattoliche, non ricevono alcun aiuto pubblico per fare fronte a queste nuove spese. “Noi cerchiamo di adeguarci, ma questo è un lavoro notevole che non ci compete”, ha detto la religiosa all’agenzia Ucan. La maggior parte delle scuole cattoliche nel Punjab sono rimaste chiuse in queste ultime due settimane: “I genitori temono per la sicurezza dei loro figli e noi non potremo continuare a formare i giovani che ci sono affidati finché il governo non assicurerà la pace e la sicurezza”, ha sottolineato suor Rahmat. L’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence Saldanha, che è anche responsabile della Commissione cattolica nazionale per l’educazione, denuncia da parte sua lo sbando totale delle autorità di fronte alla nuova emergenza terrorismo in Pakistan: “Questo governo disastrato ha interamente scaricato sulle nostre spalle il problema della sicurezza. La situazione gli sfugge completamente di mano”, ha detto il presule. Il Punjab è la provincia in cui è concentrato il più alto numero di istituti cattolici in Pakistan. Attualmente sono più di 90. In genere godono di grande prestigio e sono apprezzati anche dalle autorità locali per la bontà del lavoro svolto a favore della popolazione. (L.Z.)

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    Filippine: per i confratelli di padre Sinnot, polemiche politiche ostacolano la sua liberazione

    ◊   “Spero che tutte le parti coinvolte continuino a non risparmiare sforzi e a fare tutto il possibile per ottenere il rilascio di padre Michael Sinnot il prima possibile”: parlando con l'agenzia Misna padre Patrick O’Donoghue, superiore provinciale delle Filippine della Società missionaria di San Colombano, non nasconde una certa preoccupazione per gli sviluppi che nelle ultime 48 ore hanno circondato la vicenda del confratello padre Michael Sinnot, il missionario rapito quasi un mese fa a Pagadian, nel sud delle Filippine. Da ieri infatti, soprattutto sui media filippini, la vicenda di padre Sinnot e gli sviluppi sulla sua liberazione sono stati oscurati dalle polemiche ‘politiche’ tra esponenti del governo filippino e ribelli del Fronte moro di liberazione islamica (Milf), presenti nella zona del sequestro. In un comunicato diffuso nelle ultime ore, infatti, il Milf ha annunciato che sospenderà la propria partecipazione alle ricerche del missionario se, entro lunedì, il governo di Manila non prenderà le distanze dalle dichiarazioni del governatore locale Ronaldo Puno che ieri, di fatto, aveva accusato i ribelli indipendentisti di essere i rapitori del religioso irlandese. Il Milf, che ha sempre smentito ogni responsabilità nel rapimento e si è da subito offerto di collaborare alle ricerche, ha denunciato le parole del governatore Puno definendole uno “sgambetto” politico legato ai negoziati di pace in corso tra ribelli e governo. “È importante che, se realmente vi sono delle differenze, queste vengano messe da parte per ora. È urgente che padre Sinnot venga liberato” aggiunge padre O’Donoghue, sottolineando come le precarie condizioni di salute dell’anziano missionario rischiano di peggiorare con il passare del tempo. Fonti religiose contattate a Manila dalla Misna fanno sapere che la Chiesa sta lavorando all’organizzazione, nel fine settimana, di una serie di iniziative per invitare tutti a mettere da parte calcoli e considerazioni politiche, richiamando l’attenzione sulla centralità e l’urgenza di liberare padre Sinnott. (R.P.)

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    Vietnam: fervono i preparativi per il giubileo della Chiesa

    ◊   Sono attesi 30 cardinali e vescovi, 4mila sacerdoti e 100mila fedeli, il 23 novembre, a So Kien, per la cerimonia di apertura del giubuleo della Chiesa vietnamita, per i 350 anni dalla creazione delle due diocesi del Nord e del Sud Vietnam (1659-2009) e i 50 anni dalla istituzione della gerarchia cattolica in Vietnam. La data della cerimonia è quella della vigilia della festa dei martiri vietnamiti. Per quella che è prevista essere il più grande raduno di cattolici della storia recente del Vietnam, l’arcivescovo di Hanoi, mons. Joseph Ngo Quang Kiet, parla di “enormi ostacoli” che ha dovuto affrontare, dato che “le autorità locali non capiscono come debbono svolgersi le cerimonie”. “Ciò malgrado, ora tutto è su una buona strada”, aggiunge e attribuisce il cambiamento agli sforzi generosi delle diocesi del nord e in particolare a Hanoi. In un’intervista diffusa dal sito della Conferenza episcopale, mons. Kiet sottolinea la “concreta sfida rappresentata dal coordinamento di una così grande folla proveniente da tante diocesi”. “Dopo tutto, So Kien è solo una cittadina, con scarse attrezzature logistiche”. La decisione di scegliere So Kien come luogo della cerimonia di apertura ha creato qualche preoccupazione, ma “storicamente è stata la prima sede che la Chiesa vietnamita ha potuto dotare di un vasto e durevole complesso di costruzioni. E’ armonioso e, su un’area di quattro ettari, comprende la cattedrale, l’ufficio del vicariato di Tay Dang Ngoai e il seminario maggiore. Tutto è ancora intatto, a parte il seminario”. Il suo degrado è dovuto alla impossibilità per i cattolici di superare gli intralci burocaratici e ottenere il rinnovo del permesso. Dal punto di vista geografico, infine, “So Kien è piuttosto equidistante da Hanoi e da Ninh Binh, Nam Dinh, Thai Binh e ciò renderà più facile per i fedeli di tali diocesi partecipare alla cerimonia”. Tornando alla cerimonia di apertura del giubileo, mons. Kiet fa sapere che “la diocesi di Haiphong ha preparato una torcia gigantesca. Ci sarà un grande complesso musicale, con 200 trombe dalla diocesi di Bui Chu e 200 tamburi da quella di Thai Binh, un grande corso di 750 elementi da Thanh Hoa, Hung Hoa, e Lang Son”. Un gran numero di giovani volontari, 300 dei quali provenienti dalle diocesi lontane di Vinh e Phat Diem, darà assistenza ai presenti. In preparazione dell’inizio del giubuleo, tutte le diocesi del Paese celebreranno una novena, dal 15 al 23 novembre. Dopo la cerimonia generale di apertura, infine il 28, ogni diocesi la ripeterà a livello locale. Il giubuleo proseguirà fin all’Epifania del 2011, quando sarà chiuso al santuario mariano nazionale di La Vang. (R.P.)

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    I vescovi argentini sulle unioni gay

    ◊   Affermare che “l’eterosessualità è un requisito per il matrimonio” oltre a ribadire un “presupposto obiettivo” nel caso delle unioni sponsali, non costituisce in nessun modo “un fatto di discriminazione”. E’ questo il cuore del pensiero e delle riflessioni dei vescovi argentini espresse, ieri, in un documento della presidenza della Conferenza episcopale in merito alle discussioni parlamentari sulla legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. “Nel matrimonio - scrivono i presuli – si incontrano e si realizzano da un lato le persone” nell’esercizio “della propria libertà”, così come “l’origine e la cura della vita umana” stessa. Questa realtà non deve, né può essere considerata un “limite che squalifica, bensì come l’esigenza di una situazione che per sua stessa natura e significato sociale deve essere tutelata giuridicamente”. Per i vescovi argentini tutto ciò significa che “ci troviamo davanti ad una realtà che precede il diritto positivo e per la stessa ragione si costituisce quale fonte normativa per il diritto stesso nelle questioni sostanziali”. “Il matrimonio - prosegue la riflessione dei vescovi argentini - in quanto relazione tra un uomo e una donna, che nella loro diversità si completano per trasmettere e avere cura della vita, è un bene tanto per le persone quanto per l’intera società”. “Non si tratta dunque di un fatto privato, o di una scelta religiosa, bensì di una realtà che ha le sue radici ultime nella natura stessa dell’essere umano, creato maschio e femmina”. Dopo aver rilevato che “questo fatto, nella sua diversità e reciprocità, diventa anche il fondamento di una sana e necessaria educazione sessuale”, i presuli avvertono: “Non sarebbe possibile educare alla sessualità, un bimbo e una bimba, senza un’idea chiara del significato o del linguaggio sessuale del loro corpo”. D’altra parte, l’episcopato rammenta che sia la diversità sessuale sia l’origine della vita umana sono questioni che da sempre sono state tenute in dovuta considerazione quali fonti legislative; per questo oggi occorre ribadire la vera essenza e la vera finalità del matrimonio. Infine i presuli ricordano la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, documento solenne che riconosce il diritto “all’uomo e alla donna a contrarre matrimonio e a formare una famiglia” e osservano, con le parole di Giovanni Paolo II, che la “famiglia è un bene dell’umanità che tutti hanno la responsabilità di proteggere”. (A cura di Luis Badilla)

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    I vescovi del Paraguay: sosteniamo la democrazia, non determinate scelte politiche

    ◊   La Conferenza episcopale del Paraguay, riunita per la 186.ma Assemblea plenaria, ha precisato che le sue recenti prese di posizione a sostegno del sistema democratico e costituzionale non comportano un giudizio politico sulle autorità che governano e che sono state elette dal popolo. Mons. Adalberto Martínez Flores, vescovo di San Pedro e segretario dell’episcopato, parlando con i giornalisti nel corso del briefing giornaliero, ha affermato che ai vescovi non è chiesto di dare un giudizio politico. Il sostegno alla democrazia non dipende dal fatto che il presidente sia Fernando Lugo. Tale sostegno, inoltre, è indipendente dalla persona che ha impegni di governo, dal fatto che sia esponente di una determinata posizione politica e di un programma. Il presule ha anche risposto alle domande sui possibili tentativi di settori dell’opposizione di accusare costituzionalmente il capo dello Stato in carica. I vescovi, riuniti da lunedì in Assemblea plenaria, non hanno trattato questa questione - ha precisato il segretario dell’episcopato - poiché è un tema estraneo alla missione della Chiesa. “Di questo - ha spiegato - si occuperanno le istituzioni della politica e il Parlamento se lo ritengono necessario”. La Chiesa, ha osservato poi mons. Martìnez, ha sempre difeso - e continuerà a farlo - “gli sviluppi democratici di cui possono beneficiare il Paese e la cittadinanza in generale. Se i parlamentari credono di avere delle ragioni per aprire un giudizio politico contro il presidente Lugo, certamente questi non deve rispondere alla Chiesa ma ai cittadini”. Il presule ha precisato che in questa materia occorre sempre “misura e prudenza” poiché così chiede l’intero Paese. In Paraguay, da diversi giorni, si è acuita la tensione politica, non solo perché alcuni settori dell’opposizione minacciano di aprire una procedura parlamentare per la destituzione del Presidente, ma anche perché Fernando Lugo, due giorni fa e a sorpresa, ha cambiato tutti i vertici delle Forze armate. Al tempo stesso, sulla stampa locale sono aumentate le speculazioni, prive di fondamento, che paventano gravi dissidi con i vertici militari. In alcuni quotidiani si è addirittura parlato di un tentativo di colpo di Stato. (L.B.)

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    Bambini Usa: secondo uno studio sono i più poveri del mondo sviluppato

    ◊   Quasi la metà dei bambini statunitensi (49,2%) mangia, almeno una volta nel corso dell'infanzia, grazie ai buoni alimentari. Lo rileva uno studio - ripreso dall'agenzia Fides - basato sull'osservazione di 4.800 nuclei, pubblicato da American Medical Association's Archives of Pediatric and Adolescent Medicine. Tra i ragazzi afroamericani e coloro che vivono in famiglie monoparentali la quota s'avvicina al 90%. "Se avete dei buoni alimentari, vuol dire che siete per definizione in situazione precaria e che la vostra famiglia non ha molte risorse", spiega Mark Rank dell'Università di Washington (Missouri), coautore dello studio con Thomas Hirschl dell'Università di Cornell (New York). I due, che già avevano dimostrato in un altro studio come la metà degli adulti statunitensi avesse utilizzato almeno una volta un buono alimentare, affermano: i bambini statunitensi sono confrontati al più alto livello con la povertà nel mondo occidentale sviluppato. (R.P.)

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    Sud Corea: la Chiesa sostiene la campagna di medici e ostetrici contro l’aborto

    ◊   No all’aborto, pratica diffusa legalmente e illegalmente in Corea: la Commissione per la Bioetica della Conferenza episcopale coreana ha espresso il suo sostegno pubblico alla campagna anti-abortista di un gruppo di organizzazioni pro-vita di cui fanno parte numerosi medici e ostetrici coreani. Le organizzazioni hanno diffuso un manifesto, inviato all’agenzia Fides, in cui dichiarano la loro preoccupazione per il fenomeno degli aborti, legali e illegali, chiamando in causa l’intera società per fermare tali pratiche contro la vita nascente. “La Conferenza episcopale accoglie e approva questa coraggiosa presa di posizione dei medici e degli ostetrici contro gli aborti. Speriamo che la loro decisione sia per la società l’occasione per avviare una riflessione che getti luce sul mistero della vita umana e costruisca una cultura della vita”, afferma la Commissione in una nota giunta a Fides. “La vita umana – continua – va rispettata e protetta dal suo concepimento fino alla fine naturale. Nell’affrontare le questioni degli aborto e della distruzione di embrioni, la nostra società è rimasta spesso in silenzio e passiva. Per questo apprezziamo l’appello di medici e ostetrici che danno voce a un movimento anti-abortista”. Secondo i vescovi coreani, “dato che il governo ha il dovere di proteggere i suoi cittadini, dovrebbe farlo anche nei confronti della vita umana nascente, rimuovendo parte del Documento sulla cura materna e infantile che, di fatto, stimola l’aborto”. Inoltre, sottolinea la Commissione, l’intera società coreana dovrebbe iniziare, nelle sue diverse componenti, una profonda riflessione sul valore e sul rispetto della vita umana. L’aborto è legale in Corea del Sud dal 1972. E’ diffusa però la pratica illegale dell’aborto selettivo, per le famiglie che vogliono solo i figli maschi. Secondo dati del movimento pro-vita “Life 31”, in Corea del Sud si compiono 4.000 aborti al giorno, e sono dunque oltre 1,5 milioni i bambini che ogni anno non vengono alla luce. (R.P.)

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    Polonia: Giornata di solidarietà con i cristiani perseguitati per la loro fede

    ◊   Questa domenica, 8 novembre, la Chiesa polacca celebra una speciale giornata di solidarietà con i cristiani che nel mondo vengono perseguitati per la loro fede. Ad organizzarla l’Opera di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Acs) insieme alla Caritas locale. In tutte le parrocchie del Paese i fedeli saranno invitati a pregare e a partecipare a una colletta a favore dei cristiani perseguitati nell’Orissa e in altre aree tormentate del mondo. Per l’occasione è stato invitato mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar nell’Orissa, testimone diretto del martirio subito in questi anni da tanti cristiani in India, che presiederà la Santa Messa e parteciperà a una serie di incontri. "Aiuto alla Chiesa che Soffre” insieme a tutta la Chiesa in Polonia vuole esprimere così la sua solidarietà con tutti quei fratelli e sorelle, che con il sacrificio della vita testimoniano oggi Cristo. “Come membri del Corpo Mistico di Cristo – spiega Acs – non possiamo restare indifferenti davanti al fatto che 170 mila cristiani muoiono ogni anno per la loro fede. Il nostro dovere è di essere una voce di questa Chiesa sofferente e mortificata”. I fondi raccolti con la colletta saranno destinati alla ricostruzione di una delle chiese distrutte nell’Orissa. (L.Z.)

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    Dai vescovi francesi l’invito a valorizzare l’identità cattolica

    ◊   “Vivere la novità cristiana e darne testimonianza”, invitare ad un “atto di discernimento spirituale”, riconoscere che l’ispirazione cristiana può dare un prezioso contributo all’odierna società secolarizzata che sta perdendo punti di riferimento. Sono le priorità indicate nelle conclusioni del gruppo di lavoro presieduto dal vescovo di Angoulême, mons. Claude Dagens, in occasione della seconda giornata dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale francese, in corso a Lourdes. Indifferenza religiosa, visibilità della Chiesa ed evangelizzazione – ricorda l’Osservatore Romano - sono i temi al centro della riflessione. Mons. Claude Dagens ha sottolineato che il legame con la tradizione cristiana, l’appartenenza effettiva alla Chiesa, la capacità di dire ad altri quello in cui si crede hanno contribuito nella società francese alla realizzazione di un’identità cattolica. Un’identità - ha aggiunto il presule - che “ha messo in guardia dalle difficoltà di testimoniare” la propria fede. (A.L.)

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    A Saragozza il IV congresso internazionale delle organizzazioni pro-vita

    ◊   Sensibilizzare quanto più possibile l’opinione pubblica “di fronte al fatto che la vita è il dono più prezioso che abbiamo”. “Non c’è impegno più importante che assicurare un contesto giuridico e sociale che permetta lo sviluppo di ogni vita in ognuna delle sue fasi”. E’ quanto afferma Alvaro Vásquez, presidente del comitato organizzatore del quarto congresso internazionale promosso da organizzazioni pro life e in programma fino a domenica prossima a Saragozza. L’incontro, incentrato sul tema “Sensibilizzazione: una sinfonia per la vita”, intende sottolineare la necessità di un’attenzione multidisciplinare. Il congresso, promosso dalla Federazione spagnola di gruppi pro vita, affronta in particolare la questione della difesa della vita umana sotto varie prospettive: medica, giuridica, politica, assistenziale, etica e antropologica. In un momento come quello attuale, in cui in Spagna è vivo il dibattito su una nuova e più permissiva legge sull’aborto – spiega Alvaro Vásquez - “è necessario affrontare con serietà e profondità un tema in cui tutti ci giochiamo molto”. I congressi internazionali pro-vita – ricorda l’Osservatore Romano – si sono svolti a Madrid nel 2003, in Perù nel 2005 e in Messico nel 2007. Il prossimo si svolgerà in Nicaragua nel 2011. (A.L.)

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    Italia: nasce il Tavolo di coordinamento tra le associazioni salesiane

    ◊   Le associazioni nazionali promosse dal Cnos - Centro nazionale opere salesiane - hanno istituito un Tavolo permanente di coordinamento in grado di stringere maggiormente i legami tra le loro diverse organizzazioni, tutte di ispirazione salesiana. In Italia sono 7 le associazioni nazionali che si ispirano al carisma di Don Bosco e operano nella formazione, nell'educazione e nello sviluppo umano di migliaia di ragazzi e di giovani in situazioni difficili. “Oggi da parte di chi opera nell'associazionismo salesiano c'è una forte esigenza di intenti comuni ed il desiderio di sentirsi maggiormente parte integrante del sistema della pastorale giovanile salesiana – sottolinea all'agenzia Sir don Luigi Perrelli, presidente del Cnos. Tale volontà nasce, soprattutto, dal “bisogno profondo di trovare un significato pastorale ed un senso di utilità concreta dell'operare e dell'essere associazione legata ai salesiani. Nel contempo, si vuole rafforzare la capacità di fare massa critica nella società civile e verso le istituzioni, di lavorare assieme, di creare economie di scala. In un momento di grande confusione per il mondo giovanile e privo di punti di riferimento – prosegue -, questo ricompattarsi è un segnale di vitalità operativa e dinamismo mentale, capace di dare di frutti profondi in quella emergenza educativa avvertita come prioritaria sia dalla Chiesa che dalla società italiana”. (R.P.)

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    Conclusa in Botswana l'assemblea dell'Unione Africana di Radiodiffusione

    ◊   Si è conclusa ieri a Gaborone, in Botswana, l'Assemblea generale dell'Unione Africana di Radiodiffusione (Uar): dopo due giorni di dibattiti, l’Assemblea ha – tra l’altro – invitato gli organismi membri a sensibilizzare i rispettivi governi sulla necessità di rispettare il Trattato dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Omp) sui diritti dei radiotelediffusori, e aggiornare le loro legislazioni nazionali in materia; si chiede inoltre ai governi un sostegno massiccio all’Omp, che sta discutendo attualmente l'elaborazione di una convenzione. E' stato quindi lanciato un altro appello a sostenere gli sforzi dei radiotelediffusori perché i loro diritti di proprietà intellettuale siano rafforzati a livello internazionale. Attualmente, l’Omp raggruppa 184 Stati membri tra i quali la maggioranza dei Paesi africani. D’altra parte, l’Assemblea generale ha deciso la creazione di un fondo speciale per la produzione e la promozione di programmi locali attraverso la co-produzione in seno agli organismi membri e lo scambio di programmi. Per i prossimi campionati di calcio che si svolgeranno nella Repubblica del Sud Africa nel 2010, l’Assemblea generale ha esortato gli organismi membri a prepararsi molto bene a questo avvenimento eccezionale per il continente. La terza Assemblea generale dell’Uar ha approvato le raccomandazioni formulate dalla conferenza dell’Unesco sui cambiamenti climatici, tenutasi a Parigi, in Francia, nello scorso settembre, e ha lanciato un appello accorato agli organismi membri per accrescere la consapevolezza collettiva sugli effetti del cambiamento climatico e la necessità di mettere in opera azioni individuali e collettive per la protezione dell’ambiente. La prossima Assemblea generale avrà luogo in Algeria nel novembre 2010. (Da Gaborone, padre Joseph Ballong)

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    24 Ore nel Mondo



    Abu Mazen rinuncia a candidarsi alle presidenziali palestinesi

    ◊   Abu Mazen non si ricandiderà alle presidenziali palestinesi del gennaio 2010. Ad annunciarlo, lo stesso leader dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), in un discorso televisivo dal suo quartier generale di Ramallah, in Cisgiordania. All’origine della decisione, secondo la stampa internazionale, la delusione per la linea degli Stati Uniti sul Medio Oriente e lo stallo nel processo di pace con Israele. Una rinuncia, quella di Abu Mazen, che non significa abbandono della prospettiva dei ''due Stati per due popoli'' e che non nasconde ''una mossa tattica'', ha assicurato lo stesso presidente dell'Anp. Sulle ragioni che hanno spinto Abu Mazen a non ricandidarsi, ascoltiamo Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Il nodo che ha portato a questa scelta è stato la posizione espressa nei giorni scorsi dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che ha dimostrato come l’amministrazione americana sulla questione degli insediamenti e soprattutto sui nuovi quartieri ebraici di Gerusalemme est sarebbe molto meno netta di quanto apparso nei primi mesi dell’amministrazione Obama.

     
    D. - Eppure, l’amministrazione americana ha detto: appoggeremo Abu Mazen, qualunque ruolo avrà…

     
    R. - Fa capire come la situazione, in realtà, sia molto in movimento. Il messaggio è stato certamente recepito dall’amministrazione americana, che è molto preoccupata da questa scelta di Abu Mazen perché non si intravedono all’orizzonte alternative reali alla sua leadership nell’Autorità nazionale palestinese.

     
    D. - A questo punto, si apre la corsa alla successione. Barghuti è condannato in Israele, Saeb Erekat appare debole e fragile sul fronte interno. Chi potrebbe essere il successore di Abu Mazen?

     
    R. - Se Abu Mazen rimane fermo sulla sua posizione, è davvero difficile capire quale potrà essere il candidato. Ci sono altri due nomi possibili: un nome è quello di Mohammed Dahlan, che era l’uomo forte di Fatah a Gaza. Il problema di questa nomina, però, è che Dahlan è il nemico numero uno di Hamas. L’altra alternativa è il premier, Salam Fayyad, ma anche questa è molto debole, nel senso che Fayyad è un tecnocrate. L’unica, vera candidatura forte è quella di Barghuti, ma sappiamo tutti che si trova in un carcere israeliano e non si vede all’orizzonte un governo israeliano disposto a liberarlo. Le prossime elezioni sicuramente salteranno se Abu Mazen confermerà la sua posizione. Queste sono settimane decisive per salvare non solo il processo di pace, ma soprattutto il futuro di una prospettiva reale dei due Stati in Israele e Palestina.

    Honduras-crisi
    Crisi politica in Honduras. Dopo l’accordo di Tegucigalpa siglato la scorsa settimana, stamani il presidente deposto Zelaya ha detto che l’intesa è fallita per colpa del presidente de facto Micheletti, che non ha convocato il Congresso nazionale, chiamato ad esprimersi per il suo reintegro. Poco prima, Micheletti aveva sciolto il suo esecutivo per consentire la nascita di un nuovo governo di unità nazionale, ma senza la partecipazione di Zelaya che comunque non aveva inviato la propria lista di ministri.

    Usa-strage marines
    Sgomento negli Stati Uniti. Tredici vittime e 30 feriti è il bilancio della sparatoria avvenuta alle 13.30 ora locale, nella base dell'esercito di Fort Hood, in Texas, una delle più importanti caserme americane con oltre 50 mila soldati. Ad aprire il fuoco, uno psichiatra dell'esercito, il maggiore Nidal Malik Hasan, di origini giordane e in procinto di partire per l’Iraq. L’uomo non è in pericolo di vita. Di “orribile tragedia” ha parlato il presidente Obama, atteso in Texas. Il servizio di Chiara Pileri:

    Malik Nidal Hasan, nato in Virginia, cittadino americano di origine giordana, era ossessionato dall’idea di partire per l’Iraq ed era assolutamente contrario alla guerra in quel Paese. Questa si presume possa essere stata la causa scatenante del gesto di follia, ma non c'è ancora chiarezza sul punto. Il militare, che si era arruolato nell'esercito nonostante il parere contrario della famiglia, riteneva di esser vittima di “mobbing”, per via delle sue origini mediorientali. Inoltre, secondo altre fonti, il medico specializzato in malattie mentali aveva ricevuto valutazioni negative sulla qualità delle sue prestazioni professionali. La sparatoria è avvenuta in un edificio amministrativo e sanitario del grande complesso militare, riconosciuto come un importante punto di partenza per il trasferimento dei militari in teatri di guerra, tra cui l'Iraq e l'Afghanistan. Lo psichiatra era in possesso di due pistole, una delle quali semiautomatica, mentre le sue vittime erano disarmate. Ferito almeno da quattro colpi d'arma da fuoco, Nidal Hasan è stato catturato e non sembra in pericolo di vita. Le autorità hanno disposto l’immediata chiusura di tutti gli edifici e ordinato alle persone, più di 30 mila tra soldati e familiari, di non uscire all'aperto. Il presidente Barack Obama ha definito l’accaduto “un’orribile esplosione di violenza”. La base di Fort Hood, situata a metà strada tra Houston e Waco, è un pezzo di storia americana. La struttura risale alla Seconda Guerra Mondiale trasformatasi in una vera e propria città militare. La base già in passato era stata teatro di episodi di violenza, vanta infatti un numero record di suicidi tra militari.

     
    Usa-Obama-indiani
    E ieri il presidente americano, Obama, ha incontrato a Washington i rappresentanti delle 564 tribù degli indiani d'America scusandosi per un passato di “trattati violati e promesse infrante”. Il presidente statunitense ha ricordato che in alcune riserve l’80% degli indiani è senza lavoro e che un indiano su 4 vive in povertà. Nell’occasione, il capo della Casa Bianca ha rilanciato la riforma della sanità che avrebbe grandi benefici anche per loro.

    G20-Scozia
    Si apre oggi a Saint Andrews, in Scozia, il G20 dei ministri dell’Economia e dei banchieri centrali, a due mesi dal vertice di Pittsburg. Due giorni di lavoro che hanno l’obiettivo di adottare politiche al fine di uscire dalla crisi e rendere stabile la ripresa mondiale. Intanto, in un’intervista il ministro delle Finanze britannico, Alistair Darling, ha reso noto che per il G20 è ancora prematuro ritirare gli stimoli all'economia.

    Ocse-economia
    Incoraggianti segnali per l’economia arrivano dall’Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Il "superindice" a settembre ha segnato un aumento di 1,3 punti rispetto ad agosto, migliore performance per l’Italia che mostra un incremento maggiore su base annua (+10,8 punti), con un'economia giudicata ''in espansione''. A seguire Francia, Regno Unito e Cina, mentre in Canada e Germania si vedono dei segni di espansione potenziale. In calo le economie di Giappone (-0,7 punti), Brasile (-7,1 punti) e Russia (-6,7 punti). L’istituto di Parigi invita comunque a interpretare i dati “con cautela”.

    Influenza- A-H1N1
    Oltre 5.700 persone sono morte in tutto il mondo a causa della nuova influenza A-H1N1, scoperta lo scorso aprile. L'Organizzazione mondiale della Sanità ha lanciato un appello affinché la gente non abbassi la guardia di fronte al rischio contagio. La maggior parte di questi decessi, secondo l'Oms, sono avvenuti nel continente americano, dove hanno perso la vita 4.175 persone. In Italia, salgono a 28 le vittime dell’influenza A. Il viceministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha annunciato che con la fine del picco, sarà raccomandata a tutti la vaccinazione per evitare una seconda ondata, come accadde per l'influenza "spagnola" e per la pandemia del 1968.

    Iran-arresto giornalisti
    Due giorni fa, a Teheran, sono stati arrestati quattro giornalisti. Si tratta di un giapponese, due canadesi e un iraniano che lavora per canali satellitari. Secondo l’agenzia iraniana Fars, non erano in possesso delle necessarie autorizzazioni per lavorare durante le celebrazioni del 30.mo anniversario dell'occupazione dell'ambasciata degli Stati Uniti a Teheran. Anche fonti danesi confermano l’arresto di un reporter di 31 anni avvenuto mercoledì scorso. Intanto, sul nucleare la Russia ha affermato che l’Iran è pronto a dare in tempi brevi una risposta positiva all’Aiea, l' Agenzia internazionale per l’energia atomica. Stamani, fonti giornalistiche hanno reso noto che l’istituto di Vienna avrebbe chiesto chiarimenti alla Repubblica islamica in merito a una serie di test condotti da alcuni ricercatori su testate nucleari di nuova generazione, basate su una tecnologia segreta.

    Iraq-elezioni
    In Iraq, le prossime elezioni generali, fissate per il 16 gennaio 2010, sono fortemente a rischio. A lanciare l’allarme un responsabile della Commissione elettorale, all’indomani dell'ennesima "fumata nera" sull'approvazione della controversa nuova legge elettorale. Un’empasse che riguarda il voto nella regione di Kirkuk e le sue modalità. Domani è previsto un nuovo incontro.

    Repubblica Democratica del Congo
    Quindicimila persone in fuga dagli scontri interetnici nella Repubblica Democratica del Congo. La maggior parte, tra cui numerose donne e bambini, ha finora trovato rifugio all’estremo nord del Paese e in particolare in alcune chiese delle città di Impfondo, Dongou e Betou. Alla base delle violenze, la disputa delle terre. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Chiara Pileri)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 310

     
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