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Sommario del 05/11/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ricorda cardinali e vescovi defunti nel corso dell'anno: è la vita eterna a dare senso al nostro cammino terreno
  • Nominato il nuovo arcivescovo di Siviglia
  • Presentato l'incontro del Papa con gli artisti nella Cappella Sistina, il 21 novembre. Mons. Ravasi: la Chiesa cerca una "nuova allenza" con l'arte
  • Pubblicato il Documento finale del primo incontro europeo integrato di pastorale della strada
  • Nella Basilica di Santa Maria Maggiore preghiera eucaristica e mariana per i sacerdoti. Con noi, il cardinale Hummes
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il giurista Cardia: la sentenza della Corte di Strasburgo sul Crocifisso disconosce la nostra storia, c’è bisogno di una laicità inclusiva
  • Rapporto sulle droghe in Europa: è allarme cocaina
  • Mons. Tomasi: necessaria la volontà politica per una maggiore tutela dei diritti dei minori
  • Crisi economica: si riduce il salario reale dei lavoratori
  • I funerali di Alda Merini nel Duomo di Milano
  • Sugli schermi in Italia il film di Spike Jonze "Nel paese delle creature selvagge"
  • Chiesa e Società

  • La Conferenza episcopale tedesca critica la sentenza di Strasburgo sul Crocifisso
  • Sri Lanka: appello alla pace dei leader religiosi incontrati dal Papa in Vaticano
  • Appello di leader religiosi affinché le due Coree diano vita ad una confederazione
  • Il vescovo di Uije: aiuti d'emergenza per i profughi del Congo
  • Alimentazione e idratazione medicalmente assistita tra i temi della plenaria dei vescovi Usa
  • Il Vangelo di Luca al centro di una teleconferenza tra i carcerati di tutto il mondo
  • Vietnam: le suore di Vinh Long chiedono giustizia e verità
  • Brasile: missionari denunciano violenze contro indigeni Guaranì Kaiowà
  • La missione evangelizzatrice delle Chiese europee in America Latina
  • Usa: con un referendum il Maine dice no ai matrimoni gay
  • Algeria: critiche le condizioni dei profughi saharawi a Tinduf
  • Austria: il 20.mo anniversario dell'Iniziativa Oriente Cristiano
  • Il celibato al centro della riflessione del cardinale Tettamanzi nella festa di San Carlo
  • Da lunedì ad Assisi la 60.ma Assemblea generale dei vescovi italiani
  • Al via a Roma un ciclo di conferenze sulla santità coniugale
  • Domani a Roma un seminario di studi su sport, educazione e fede
  • Nella cattedrale di Macerata una mostra dedicata a padre Matteo Ricci
  • Padre John Michael Brehl, nuovo superiore generale dei Redentoristi
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Afghanistan proteste per un raid Nato: 90 morti di cui forse diversi civili
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ricorda cardinali e vescovi defunti nel corso dell'anno: è la vita eterna a dare senso al nostro cammino terreno

    ◊   “La vita deve essere una continua vigile attesa, un pellegrinaggio verso la vita eterna, compimento ultimo che dà senso e pienezza al nostro cammino terreno”: è quanto ha detto stamani Benedetto XVI nella Basilica Vaticana durante la Messa in suffragio dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell’anno. Ce ne parla Sergio Centofanti.
     
    (Musica)

     
    Il Papa ricorda i cardinali Avery Dulles, Pio Laghi, Stéphanos II Ghattas, Stephen Kim Sou-Hwan, Paul Joseph Pham Đình Tung, Umberto Betti, Jean Margéot, e i numerosi arcivescovi e vescovi scomparsi durante quest’ultimo anno. Li ricorda con affetto ringraziando Dio per questi testimoni del Vangelo che hanno servito con fedeltà la Chiesa, nella consapevolezza della “comunione, reale e misteriosa, che unisce noi pellegrini sulla terra a quanti ci hanno preceduti nell’aldilà, certi che la morte non spezza i vincoli di fraternità spirituale sigillati dai Sacramenti del Battesimo e dell’Ordine”. Quindi una riflessione sulla morte:

    “È doloroso il distacco dai propri cari, è un enigma carico di inquietudine l’evento della morte, ma, per i credenti, comunque esso avvenga, è sempre illuminato dalla ‘speranza dell’immortalità’. La fede ci sostiene in questi momenti umanamente carichi di tristezza e di sconforto: ‘Ai tuoi occhi la vita non è tolta ma trasformata – ricorda la liturgia -; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel Cielo’”.

     
    Certo – prosegue il Papa – “ci sono situazioni di sofferenza e di dolore, momenti difficili da comprendere e accettare. Tutto però acquista valore e significato se viene considerato nella prospettiva dell’eternità”:

     
    “Ogni prova, infatti, accolta con perseverante pazienza ed offerta per il Regno di Dio, torna a nostro vantaggio spirituale già quaggiù e soprattutto nella vita futura, in Cielo. In questo mondo siamo di passaggio, saggiati nel crogiuolo come l’oro, afferma la Sacra Scrittura (cfr Sap 3,6). Misteriosamente associati alla passione di Cristo, possiamo fare della nostra esistenza un’offerta gradita al Signore, un volontario sacrificio di amore”.
     
    Con San Pietro, il Papa esorta “a tener viva nel cuore la prospettiva della speranza” perché Gesù ha distrutto la morte donandoci la vita senza fine. E invoca l’aiuto della Madre di Dio:

     
    “Aiuti la Vergine Maria anche noi, ancora viandanti sulla terra, a mantenere fisso lo sguardo verso la patria che ci attende; ci incoraggi a restare pronti ‘con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese’ per accogliere il Signore ‘quando arriva e bussa’ (Lc 12,35-36). A qualsiasi ora e in qualsiasi momento. Amen!”

     
    (Musica)

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    Nominato il nuovo arcivescovo di Siviglia

    ◊   In Spagna, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Siviglia presentata dal cardinale Carlos Amigo Vallejo, dell’Ordine dei Frati Minori, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Juan José Asenjo Pelegrina, finora arcivescovo coadiutore della medesima arcidiocesi: il presule è nato 64 anni fa a Sigüenza, diocesi di Sigüenza-Guadalajara. Nel 1969 è stato ordinato sacerdote e nel 1997 ha ricevuto la consacrazione episcopale. Il cardinale Amigo Vallejo, 75 anni, era stato nominato arcivescovo di Siviglia nel 1982.

    Il Papa ha accolto la rinuncia dell’ufficio di superiore ecclesiastico della Missio sui iuris a Baku (Repubblica dell’Azerbaijan), presentata da don Ján Čapla, salesiano, e, in pari tempo, ha nominato superiore ecclesiastico della medesima Missio sui iuris don Vladimir Fekete, anch’egli salesiano. Don Vladimir Fekete è nato a Bratislava (Slovacchia) l’11 agosto 1955. È stato ordinato sacerdote il 30 gennaio 1983.
     
    Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Paraguay mons. Eliseo Antonio Ariotti, arcivescovo titolare di Vibiana, finora nunzio apostolico in Camerun e in Guinea Equatoriale.

    Il Papa ha nominato capo ufficio nella Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica mons. Orazio Pepe, finora officiale della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

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    Presentato l'incontro del Papa con gli artisti nella Cappella Sistina, il 21 novembre. Mons. Ravasi: la Chiesa cerca una "nuova allenza" con l'arte

    ◊   A 45 anni dal celebre discorso che Paolo VI tenne agli artisti nella Cappella Sistina - e a 10 anni dall’altrettanto celebre Lettera che nell’aprile del ’99 indirizzò agli artisti Giovanni Paolo II - Benedetto XVI si prepara a rivivere un analogo incontro il prossimo 21 novembre, sempre nella Cappella Sistina, con una rappresentanza internazionale di esponenti di ogni settore dell’arte. L’evento è stato presentato stamattina in Sala Stampa vaticana dall’arcivescovo Gianfranco Ravasi - presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che promuove l’incontro - e dal direttore dei Musei Vaticani, il prof. Antonio Paolucci. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Da tutto il mondo a Roma, in Vaticano, sotto gli affreschi della Sistina - che Paolo VI definì un “cenacolo” per gli artisti - per rilanciare, all’inizio del 21.mo secolo, un dialogo “globale” con tutti i settori dell’arte: dialogo che la Chiesa ha sempre avuto nei secoli e che da oltre 40 anni - prima con Paolo VI e quindi con Giovanni Paolo II - aveva ripreso attraverso incontri rimasti nella storia. Dietro l’appuntamento che il prossimo 21 novembre vedrà oltre 260 artisti rispondere all’invito del Pontificio Consiglio della Cultura per ascoltare le parole di Benedetto XVI c’è nella sua integrità, ha affermato mons. Ravasi, lo spirito che Papa Wojtyla dieci anni fa condensò nella sua Lettera agli artisti e che il presidente del dicastero ha ripetuto:

    “Questa [l’arte], infatti, anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose, quando è autentica, ha un'intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l'arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l'esperienza religiosa. In quanto ricerca del bello, frutto di un'immaginazione che va al di là del quotidiano, essa è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità più oscure dell'anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l'artista si fa in qualche modo voce dell'universale attesa di redenzione”.

    Il presule ha spiegato all’inizio della conferenza stampa che l’orizzonte entro il quale è stata condotta la selezione per gli inviti all’incontro col Papa è stato “il più vasto possibile”. Oltre 500 gli artisti contattati - un numero molto ampio nonostante le limitazioni di capienza imposte dalla Sistina - nessun rifiuto di tipo ideologico, solo una serie di defezioni dovute a impegni pregressi degli artisti impossibilitati a sottrarvisi. E soprattutto, nessuna limitazione di tipo religioso:
     
    “I soggetti che sono invitati e che parteciperanno non appartengono soltanto al mondo cattolico, anche se il mondo cattolico evidentemente è rappresentato in maniera molto sostanziosa e sostanziale. Si tratta, infatti, anche in questo caso dell’orizzonte più esteso possibile: tutti coloro cioè che sono significativi all’interno della loro ricerca artistica, prescindendo quindi dalla confessione, prescindendo dal loro credo, dalle loro appartenenze nazionali o etniche o politiche”.

    Pittura e scultura, architettura, letteratura e poesia, musica e canto, cinema, teatro, danza, fotografia. Queste le macro-categorie nelle quali sono stati raggruppati gli artisti. Con tutte loro, ha ribadito mons. Ravasi, la Chiesa intende ristabilire una “nuova alleanza”. Quell’alleanza tra due dimensioni che si confrontano entrambe con lo sforzo di rappresentare l’infinito. Mons. Ravasi ha riconosciuto che in passato questa alleanza si è “spezzata”:

    “E’ accaduto, da una parte, che la Chiesa si è accontentata molto spesso del ricalco di modelli passati oppure si è accontentata semplicemente di luoghi comuni, di stereotipi, qualche volta anche semplicemente del pur nobile artigianato, senza interrogarsi sulla possibilità di uno stile che fosse espressione del proprio tempo. E dall’altra parte, l’arte, che ha tentato soprattutto sperimentazioni di linguaggio, ricerche stilistiche, elaborazioni autoreferenziali, provocazioni, cioè ha un po’ anch’essa dato le dimissioni nei confronti della sua sorgiva vocazione, quella di rappresentare questo mistero, questo senso ulteriore”.

     
    Nel Novecento - ha spiegato il direttore dei Musei Vaticani, il prof. Antonio Paolucci - Paolo VI volle riannodare le fila di un rapporto quasi dimenticato della Chiesa col mondo artistico, ricordando appunto - in quel famoso incontro del 1964 nella Sistina - che la sfida dell’artista è quella di “carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità”. Una consapevolezza che per Papa Montini era frutto di una lunga maturazione:
     
    “Quello che Benedetto XVI dirà agli artisti il prossimo 21 novembre viene dal cuore del ‘900, viene dagli articoli che sono rimasti memorabili, che Montini ancora giovane prete, nei primi anni ’30, scriveva su questo argomento. C’è un articolo, rimasto famoso, del 1931, quando Montini, trentenne, o poco meno o poco più, si domanda: 'Ma cosa sarà l’arte sacra del futuro? Possibile che dobbiamo andare avanti con queste bolse ripetizioni? Possibile che questo divorzio non sia recuperabile?'”.

    L’obiettivo del prossimo incontro, ha ulteriormente precisato il presule, non ha il fine strumentale di indurre gli artisti a diventare “produttori di arte sacra, di arte liturgica” - anche se ciò, ha ipotizzato, potrebbe in qualche caso rappresentare un’evoluzione futura. Lo scopo, ha proposto mons. Ravasi, è quello di confrontarsi seguendo alcuni punti:
     
    “Da una parte la Chiesa, che ripropone ancora i suoi grandi simboli, la sua enorme lettura della realtà, le sue narrazioni, le sue grandi figure, i suoi grandi temi, temi sconvolgenti anche. E l’artista non è evidentemente costretto apologeticamente a rappresentarli: li raccoglie e li fa fiorire attraverso questa potenzialità di eterno e di infinito che è in essere”.

     
    A mons. Pasquale Iacobone, organizzatore dell’incontro per conto del dicastero pontificio, è spettato il compito di illustrare ai giornalisti le modalità dell’evento, che sarà preceduto - nel pomeriggio del 20 novembre - da una visita degli artisti alla Collezione di Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani, realizzata da Paolo VI, e sarà concluso da un ricevimento offerto dallo sponsor unico dell’evento, la “Martini e Rossi”. Nella mattinata del 21 novembre, poi, l’atteso discorso del Papa gli artisti radunati nella Cappella Sistina. Due brevi interventi musicali, su musiche di Palestrina, apriranno e chiuderanno l’incontro. Dopo il commiato del Pontefice, ai partecipanti all’Incontro, si terrà, nel Braccio Nuovo dei Musei Vaticani, un ricevimento conclusivo dell’evento, offerto sempre dalla “Martini e Rossi”, durante il quale mons. Ravasi offrirà agli artisti, a nome del Papa, una medaglia appositamente coniata per l’evento.

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    Pubblicato il Documento finale del primo incontro europeo integrato di pastorale della strada

    ◊   “Quando torna nella strada, da cui è nato, il Vangelo esprime tutta la sua forza in molti modi”. E’ con questo spirito improntato alla fiducia e al coraggio che prende corpo il Documento finale del Primo Incontro continentale europeo integrato di pastorale della strada che si è tenuto in Vaticano dal 29 settembre al 2 ottobre scorsi. Quattro gli ambiti sui cui i partecipanti (rappresentanti di Conferenze episcopali di 15 Paesi, esperti, delegati di associazioni e movimenti, di Congregazioni religiose e maschili) si sono confrontati per tracciare linee concrete di azione: gli utenti della strada e della ferrovia, le donne di strada, i ragazzi di strada e le persone senza fissa dimora. Il servizio di Adriana Masotti.

    Dal Documento emergono alcune parole fondamentali e ricorrenti quali il riconoscimento della dignità e del valore di ogni persona, la pazienza nell’opera di accompagnamento, la necessità di fare rete e di creare sinergie con quanti già si occupano della strada. E ancora, la necessità di una formazione specifica degli operatori pastorali, ma anche fantasia e creatività per inventare nuove forme di sostegno e di carità che permettano la “liberazione” delle persone in difficoltà e il loro reinserimento nella società e nella comunità ecclesiale, senza dimenticare che anche attraverso di loro noi stessi possiamo ricevere il Vangelo. Inventiva è richiesta nei confronti degli utenti della strada e della ferrovia: la Chiesa, si legge, deve trovare opportunità e luoghi nuovi per incontrare gli autisti e nel caso di lavoratori su strada, anche i loro familiari. Occorre inoltre sviluppare una pastorale specifica in favore degli autori e delle vittime degli incidenti che comprenda anche l’educazione alla guida e la promozione della riconciliazione dopo un lutto o un incidente grave. Nei confronti delle donne di strada costrette o ridotte alla prostituzione, il Documento raccomanda l’accoglienza senza pregiudizi nella Chiesa locale fino alla creazione di occasioni d’ incontro tra i fedeli della parrocchia e queste donne. Strutture a carattere familiare di accoglienza sembrano essere una soluzione efficace per fornire loro nuove prospettive di vita. La Chiesa riconosce l’enorme contributo alla pastorale delle donne di strada già messo in atto da tante Organizzazioni cattoliche e dalle Congregazioni religiose femminili. Il Documento osserva poi che il problema della prostituzione non deve essere separato dalla questione della povertà. Infine si raccomanda l’impegno per l’educazione dei giovani al rispetto tra uomo e donna. Anche nei riguardi dei ragazzi di strada la Chiesa deve esercitare una grande opera di difesa e per questo chiederà ai governi che siano migliorate le politiche dei vari Paesi, denunciando le ingiustizie esistenti. Il primo passo è raggiungere questi ragazzi “là dove essi sono”, passando da una pastorale dell’attesa alla pastorale dell’incontro. L’obiettivo è la loro reintegrazione nelle famiglie d’origine o se necessario in strutture familiari alternative. Nell’ambito della prevenzione si raccomanda che la Chiesa promuova attività per i giovani come lo sport e la musica. Una formazione tecnica, psicologica e spirituale è necessaria anche per gli operatori pastorali che vogliono affrontare il grave problema dei senza fissa dimora. Nell’elaborazione delle politiche governative la Chiesa deve continuare ad essere la “voce” di coloro che non hanno voce. Nel Documento si ricorda che le persone senza domicilio fisso fanno parte delle parrocchie in cui sono momentaneamente presenti ed hanno diritto perciò a partecipare alla vita della parrocchia stessa. Il linguaggio della Chiesa e quello dello Stato non sono gli stessi, osserva il Documento, mentre la prima promuove “l’amore per il prossimo” , il secondo usa la lingua della sicurezza e, a volte, della protezione sociale. Le persone senza fissa dimora non devono essere viste solo come un problema, ma come uno dei modi con cui Cristo manifesta la sua presenza in mezzo a noi. In conclusione il Documento sostiene che per coloro che vivono e soffrono sulle strade un itinerario di fede è possibile e auspicabile. L’importante è vincere le nostre paure, spesso primo ostacolo all’evangelizzazione.

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    Nella Basilica di Santa Maria Maggiore preghiera eucaristica e mariana per i sacerdoti. Con noi, il cardinale Hummes

    ◊   Si tiene oggi pomeriggio alle ore 16, nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, il secondo appuntamento con le ore eucaristico-mariane. Si tratta di un’iniziativa di preghiera curata dalla Congregazione per il Clero per la santificazione dei sacerdoti, nell’ambito dell’Anno Sacerdotale. L’invito alla partecipazione è rivolto anzitutto ai sacerdoti e ai seminaristi del clero secolare e regolare, ma anche alle religiose come pure a tutti i fedeli laici. Per una riflessione sul significato di questo momento di preghiera, Cristiane Murray ha intervistato il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero:

    R. – E’ un momento importante di preghiera, è una preghiera eucaristica mariana. E’ il sacerdote che deve far tutto nell’Eucaristia, perché il sacerdote è nato dall’Eucaristia e per l’Eucaristia. Poi è mariana, perché la Madonna è la grande Madre dei sacerdoti, essendo prima di tutto la Madre di Gesù Cristo, il Sacerdote. Abbiamo sempre detto che l’Anno Sacerdotale deve essere anche un anno di preghiera, perché nella preghiera la coscienza dell’identità e dell’importanza del sacerdozio diventa senz’altro più viva.

     
    D. – Come si svolge questo momento di preghiera?

     
    R. – Non c’è predicazione, c’è soltanto preghiera e meditazione. E’ presieduta dal prefetto della Congregazione per il Clero, dal segretario del dicastero e da tutti i membri della Congregazione. Abbiamo anche altre persone che ci aiutano a realizzare quest’ora. Ogni volta invitiamo un gruppo speciale. Voglio infine sottolineare che questa, per noi, è un’iniziativa molto cara per ribadire la centralità della preghiera nella vita dei fedeli.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell'informazione internazionale, un articolo sulle reazioni nell'Unione Europea all'insensata sentenza con la quale la Corte di Strasburgo ha disposto la rimozione dei crocifissi dalle aule scolastiche italiane.

    La solitudine dei numeri uno; la "Caritas in veritate" e l'"homo oeconomicus" del XXI secolo: in cultura, il contributo di Margaret Archer tratto dal numero in uscita di "Vita e pensiero".

    La confessione di uno scomunicato; Cavour e l'amico francescano: l'arcivescovo Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, al convegno "Libertà religiosa e laicità dello Stato".

    La bomba a orologeria lasciata da Hitler: Gaetano Vallini recensisce il volume di Silvia Salvatici "Senza casa e senza Paese. Profughi europei nel secondo dopoguerra".

    Roberto Pertici ripercorre la storia di conversione di Ludovico di Breme.

    Nell'informazione vaticana, l'omelia del Papa nella Messa in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti durante l'anno.

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    Oggi in Primo Piano



    Il giurista Cardia: la sentenza della Corte di Strasburgo sul Crocifisso disconosce la nostra storia, c’è bisogno di una laicità inclusiva

    ◊   “Una sentenza orientata ideologicamente”: il cardinale Angelo Bagnasco definisce così il pronunciamento della Corte di Strasburgo, che chiede la rimozione dei Crocifissi dalle aule scolastiche. Al quotidiano Avvenire, il presidente della Conferenza episcopale italiana esprime il suo stupore e sconcerto. Questa sentenza, ha detto il porporato, non tiene conto della “verità storica dell’Italia e dell’Europa” che “traggono la loro ispirazione dal Vangelo”. D’altro canto, la sentenza della Corte è anche inappropriata sotto il profilo giuridico. E’ quanto sottolinea il prof. Carlo Cardia, docente di Diritto ecclesiastico all’Università Roma Tre, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – C’è un problema di competenza perché la Corte di Strasburgo ha addirittura contraddetto la propria stessa giurisprudenza. In molti precedenti della Corte si diceva che essa non poteva entrare nel merito della disciplina del fattore religioso se non in casi particolarissimi perché questa rientrava nella più ampia disponibilità degli Stati nazionali. D’altra parte, qualunque trattato noi vediamo dell’Unione Europea, del Consiglio d’Europa, non c’è mai scritto che questa competenza è della Corte di Strasburgo.

     
    D. – Un aspetto più doloroso, assurdo, della pronuncia è la definizione del Crocifisso come un “simbolo di parte che divide, che limita la libertà d’educazione”…

     
    R. – Questo è l’aspetto più doloroso ma anche il più grave per un giudice. Un giudice europeo che considera il Crocifisso un elemento di parte contraddice addirittura il buon senso, la conoscenza minima della storia. E’ qui che si vede il profilo ideologico, perché chiunque – nel mondo e non solo in Europa – guarda il Crocifisso, di qualunque religione sia - come quando noi guardiamo il Buddha compassionevole - ecco, nessuno di noi pensa che questo simbolo possa dividere. Questo è l’aspetto più negativo della sentenza dal punto di vista culturale. E’ qualcosa che un giudice europeo non può fare perché va contro la conoscenza minima della storia e della realtà dei nostri giorni.

     
    D. – Diceva Chesterton che “quando gli uomini smetteranno di credere in Dio, potranno credere in ogni cosa”. Sembra proprio esserci un progetto volto a togliere i simboli religiosi e quindi portare alla dimenticanza, alla perdita della memoria…

     
    R. – Penso una cosa: questa sentenza sarebbe stata perfetta due secoli fa, quando avevamo un vetero-illuminismo che voleva cancellare i segni della religione dappertutto. Poi, dopo, avendo cancellato tutto, Robespierre si dovette inventare la “dea Ragione” per dire, come accennava lei, che poi gli uomini credono a tutto. E’ quindi una sentenza vecchia, di un’epoca in cui c’era il forte contrasto tra Stato e Chiesa. Oggi noi abbiamo una situazione in cui la laicità è inclusiva, accoglie gli altri, non esclude nessuno.

     
    D. – Sembra esserci una volontà, in molti ambienti in Europa, di ridurre l’elemento religioso alla dimensione privata. Una cosa impensabile in una realtà come gli Stati Uniti, che pure sono una democrazia moderna, pluralista…

     
    R. – Questo è il peccato d’origine dell’Europa, che usa la parola “separatismo americano” come se fosse uguale a come lo intendiamo noi. Per gli Stati Uniti le religioni hanno la più ampia presenza pubblica, politica, sociale; nessuno si lamenta di questo. E ciò, naturalmente, apre la discussione. Una discussione che porta a far accentuare l’incontro fra gli uomini e non a tacere, a cancellare l’identità di ciascuno di noi. Consideriamo questo: l’Italia ha una storia compatta, che nasce dall’età romana e dal cristianesimo. Il simbolo religioso, quindi, è qualcosa che coinvolge tutta la nostra identità. Negli Stati Uniti è impensabile una cosa del genere. Nessuno proprio ci penserebbe, perché tutti sono liberi di manifestare, venerare i propri simboli e quindi dialogare.

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    Rapporto sulle droghe in Europa: è allarme cocaina

    ◊   Oltre 13 milioni di europei hanno fatto uso di cocaina nella loro vita e di questi 7milioni e mezzo sono giovani tra i 15 e i 35 anni. Questo è soltanto uno dei dati più allarmanti messi in luce dal Rapporto 2009 dell’Osservatorio europeo sulle droghe presentato a Bruxelles. In forte aumento anche le sostanze stupefacenti di sintesi come le anfetamine e le metanfetamine, prodotte spesso negli Stati orientali dell’Unione. Italia, Danimarca, Spagna, Irlanda e Regno Unito, sempre secondo il Rapporto dell’Oetd, sono i Paesi dell’Unione dove si concentra il maggior uso di cocaina. Un quadro che ha suscitato la preoccupazione dei vertici dell’Unione e l’impegno ad adoperarsi per migliorare le forme di contrasto al traffico di stupefacenti. Ecco il commento di Roberto Santaniello, portavoce della Commissione europea in Italia, intervistato da Stefano Leszczynski.

    R. – Questa è la fotografia dell’utilizzazione delle droghe e questa fotografia non è proprio incoraggiante, anzi tutt’altro: ci dice che l’uso delle droghe continua ad essere alto e c’è una varietà di droghe – considerando tra queste anche l’alcol – che purtroppo vengono offerte agli utilizzatori. Il dato è che mentre in cima a questa penosa classifica ci sono la cocaina e l’eroina, esiste tutto un altro tipo di offerte, di droghe che vengono consumate – come le anfetamine – che stanno guadagnando con questo triste mercato.

    D. – Diciamo che, seppur con delle differenze, la fotografia del Rapporto sull’Europa è piuttosto omogenea…

     
    R. – Noi abbiamo sottolineato l’aspetto più inquietante cioè il fatto che il due per cento dei giovani sono degli utilizzatori regolari e spesso intensivi delle droghe. In questo trend negativo abbiamo almeno un dato positivo: l’utilizzo delle droghe leggere, come il cannabis, sta diminuendo e quindi ci danno qualche speranza in più rispetto al trend complessivo.

     
    D. – Prima citava la cocaina, ma anche le droghe sintetiche prendono piede in Europa…

     
    R. – Esattamente. Ribadisco che il Rapporto parla soprattutto di uso di stupefacenti come le meta anfetamine.

     
    D. – Qual è stato l’impatto sui vertici dell’Unione di questi dati così allarmanti?

     
    R. – Questo Rapporto è condotto da un’agenzia indipendente dall’Unione Europea. Il presidente per gli Affari interni e giudiziari, Jacques Barrot, ha commentato questo Rapporto sottolineando la cosa principale, cioè che per combattere il narcotraffico e l’utilizzo delle droghe bisogna naturalmente lavorare per coordinare l’azione di contrasto dei governi nazionali. Ha citato i due organismi che possono aiutare questo approccio coordinato: Europol e Eurojust. Purtroppo la globalizzazione comporta anche l’europeizzazione di fenomeni come questo e quindi bisogna lavorare in tale direzione. Quindi, più coordinamento per contrastare efficacemente l’utilizzazione delle droghe.

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    Mons. Tomasi: necessaria la volontà politica per una maggiore tutela dei diritti dei minori

    ◊   Lanciare un appello alla comunità internazionale affinché i minori siano tutelati e rispettati. E’ la sfida del convegno internazionale promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che si chiude oggi. Due giorni di lavori in cui si sono confrontati docenti, magistrati ed esperti in politiche sociali di diversi Paesi, a vent’anni dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia. La violazione totale o parziale di tali diritti si presenta come una realtà diffusa, ma molti sono gli strumenti creati per arginare questa drammatica realtà. Tra i relatori del convegno l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, Massimiliano Menichetti lo ha intervistato:

    R. – Abbiamo degli strumenti validi e importanti che sono stati creati dopo la Seconda Guerra Mondiale fino ad oggi, come la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, il Comitato di monitoraggio di questa Convenzione, la Interagency for Juvenile Justice, che riguarda i bambini che hanno problemi con i tribunali, con le carceri e così via.

     
    D. – Meccanismi importanti che spesso vengono elusi. Qual è la condizione nel mondo?

     
    R. – Ci sono 400 e più milioni di bambini che sono malnutriti, due milioni e centomila bambini che nascono affetti dall’Hiv - 170 milioni circa sono bambini di strada - per non parlare dei bambini soldato o i 40 milioni circa di bambini, che non vengono mai registrati all’anagrafe e che, quindi, rimangono dei clandestini per tutta la vita. I problemi persistono in certi Paesi poveri, ma non solo, anche nei Paesi ricchi. A me fa molta tristezza vedere che nei 300 e più campi dove vengono raccolti e detenuti gli immigrati irregolari e i richiedenti asilo ci sono minori non accompagnati. E’ un’esperienza che lascia traumatizzati e che crea quindi problemi per il futuro della società.

     
    D. – La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia è il trattato sui diritti umani maggiormente ratificato nella storia umana. Non hanno firmato Somalia e Stati Uniti...

     
    R. – La Somalia, perché manca un governo di fatto, e gli Stati Uniti, perché ci sono difficoltà legali nei rapporti tra gli Stati e il governo federale. Ma non è che negli Stati Uniti non si faccia un grande lavoro in difesa dei bambini, anche se nei tribunali ancora rimane aperta la possibilità di processare i bambini come se fossero degli adulti. Su questo tema si sta cercando di trovare una soluzione. Però, anche se la quasi totalità dei Paesi del mondo hanno firmato la Convenzione, i problemi persistono. Quindi, dobbiamo chiudere questa distanza che esiste tra gli obblighi statutari che gli Stati si sono assunti e la realtà che vediamo in giro per il mondo.

     
    D. – Ma questo concretamente come si realizza?

     
    R. – Ci vuole una volontà politica più forte, in modo da mettere a disposizione le risorse e le persone che sono necessarie, per arrivare veramente a delle soluzioni operative.

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    Crisi economica: si riduce il salario reale dei lavoratori

    ◊   Nonostante una possibile ripresa economica a livello globale, i salari reali subiranno un’ulteriore battuta d’arresto. Lo afferma l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, l'Ilo, il cui 'Global Wage Report 2009' è in discussione da oggi presso la sede centrale a Ginevra, insieme all'attuazione del Patto Globale per l'Occupazione. Tra gli interventi caldeggiati dall’organizzazione internazionale, che riunisce parti sociali, governi e imprenditoria, l’enfasi viene posta sulla necessità di mantenere le misure sostegno all'occupazione e delle produttività. Lo studio evidenzia, infatti, che nella metà dei 35 Paesi esaminati i salari reali mensili si sono ridotti spesso a causa della riduzione delle ore di lavoro. Sull’allarme lanciato dal Rapporto Stefano Leszczynski ha intervistato Furio Rosati, funzionario dell’Ilo.

    R. – Ci sono almeno due ordini di motivi per cui questo dato è preoccupante. Il primo indica che in effetti la crisi ha avuto un impatto per coloro che percepiscono redditi più bassi. Inoltre si è osservata in questi anni una riduzione dei salari in una fase di rapida trasformazione economica poco regolata, come quella che abbiamo osservato, che comporterà probabilmente un ulteriore aumento della disuguaglianza all’interno dei Paesi, generando quindi anche problemi di tensioni tra gruppi sociali.

     
    D. – Rischia di risultare anche una sorta di falla nel processo di ripresa economica, c’è qualcosa che può inficiare poi gli sforzi che sono stati messi in campo fino ad oggi?

     
    R. – Il fatto che i salari crescano poco – o addirittura, come sembra, si siano ridotti in numerosi Paesi – vuol dire che parte della ripresa che ci aspettiamo provenire dalla domanda privata sarà minore e quindi questo determina sicuramente un rallentamento delle possibilità di ripresa e richiederà, per essere compensato, uno sforzo ulteriore da parte dei governi, con tutti i problemi, poi, in termini di finanziamento del disavanzo che ben conosciamo. Vorrei poi sottolineare anche un’altra cosa: il dato sui salari è preoccupante di per sé, ma dobbiamo tener presente che, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, una parte abbastanza grande della popolazione non percepisce salari e ovviamente questo tipo d’attività economiche soffriranno ancora di più da una riduzione della domanda o da minor crescita della domanda che deriva da salari che non crescono e che addirittura si riducono.

     
    D. – Quali sono quindi le aspettative di trovare una risposta alle problematiche che il rapporto sottolinea?

     
    R. – Quello che dicono gli analisti è che assistiamo ad una trasformazione strutturale del sistema produttivo. Per fare un esempio, il sistema produttivo italiano uscirà profondamente trasformato da questa crisi; una serie di imprese che sopravvivevano al margine giocando su prezzi bassi rispetto alla competizione internazionale, probabilmente non rientreranno più sul mercato, anche quando la crisi è finita. Non solo ci sarà quindi da discutere della situazione, di come proteggere i salari attraverso interventi che riguardano il salario minimo e così via, ma anche, in una prospettiva più ampia, come seguire e tutelare i lavoratori in una fase che sarà, anche durante la ripresa, di profonda trasformazione dei sistemi di produzione.

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    I funerali di Alda Merini nel Duomo di Milano

    ◊   Si sono svolti ieri nel Duomo di Milano i funerali di Stato di Alda Merini. La poetessa, morta domenica scorsa, verrà tumulata nel cimitero monumentale. Il rito funebre è stato officiato dal vescovo ausiliare di Milano Franco Giulio Brambilla. Dal capoluogo lombardo, il servizio di Fabio Brenna.
     
    Alda Merini chiedeva ospitalità al dolore. E per questo è stata amata dalla città dei semplici e degli esclusi. Quella Milano che le ha tributato gli onori dei funerali di Stato, celebrati in Duomo dal vescovo ausiliare mons. Franco Giulio Brambilla, vicario per la cultura, che nell’omelia ha sottolineato con citazioni e ricordi personali la parabola umana della poetessa che ha scandagliato i lati più contrastati dell’animo umano, incontrando la sofferenza psichica e ingaggiando –ha poi detto- un corpo a corpo con la Parola biblica:

     
    “La Merini stessa ha maturato questa lotta corpo a corpo con la Parola, che l’ha portata – soprattutto negli ultimi tempi – ad una sorta di simbiosi profonda con la scrittura biblica”.

     
    Una ricerca, quella dell’Infinito che ha intessuto l’intera produzione della Merini:

     
    “Questo è lo stato nascente dalla poesia, è il suo primo giorno di primavera, che attraversa da cima a fondo l’opera poetica di Alda Merini, la ferita inguaribile tra ricerca appassionata dell’amato e il folle dolore per la sua assenza. Ma forse è anche la stessa ferita della fede”.

     
    Una grande folla di cittadini le aveva tributato l’estremo omaggio nella camera ardente allestita a Palazzo Marino, sede del Comune. Qui c’era stata la commemorazione ufficiale del sindaco Letizia Moratti:
     
    “E’ stata una testimone preziosa di Milano, di questa Milano che ha mille volti. La sua popolarità va oltre ogni confine, ha superato le barriere sociali, culturali, conquistando le persone colte, le persone semplici, i giovani, gli anziani”.

     Alda Merini è stata tumulata nel Famedio del Cimitero Monumentale, dove riposano i cittadini illustri della città.

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    Sugli schermi in Italia il film di Spike Jonze "Nel paese delle creature selvagge"

    ◊   Tratto da uno dei classici moderni della letteratura per l’infanzia, dopo il successo americano è uscito in Italia “Nel paese delle creature selvagge”, che il regista Spike Jonze ha tratto dall’omonimo best-seller. I sogni e le avventure del piccolo Max raccontano una storia di formazione e di passaggio all’età adulta nella quale diventa fondamentale l’amore di una mamma e la protezione della famiglia. Il servizio di Luca Pellegrini:

    "Ora tu sei re e sarai veramente un grande re!
    Re!Re!Re!
    Re, quale sarà il tuo primo atto di governo?
    Cominciamo il putiferio!"

    Così, nell’isola che non c’è, abitata da improbabili creature selvagge, inizia l’avventura del piccolo Max. Lui aveva una famiglia, cerca di spiegare ai giganti pelosi e strambi, ma il suo caratteraccio lo ha portato a prendere, nel profondo della notte, una barchetta e fuggire lontano dalla mamma, dagli amici, dal mondo, che non si accorgevano più di lui. Quel soggiorno così singolare e le peripezie che attraverserà, dopo essere stato fatto re, lo porteranno a scoprire davvero il senso della famiglia e degli affetti più cari. Un percorso di maturazione e crescita che Maurice Sendak nel 1963 aveva immaginato scrivendo e disegnando quelle fantastiche avventure. Il piccolo libro ebbe un successo clamoroso, cresciuto attraverso il solo “passa parola” tra i piccoli. Lo scrittore americano Dave Eggers, allora piccolo come Max, gli si affezionò talmente da rimanerne segnato fino all’età adulta. Figuriamoci il suo stupore quando Spike Jonze senza preavviso gli telefonò proponendogli di adattare il piccolo libro per lo schermo e scriverne una sceneggiatura. Oggi, dopo alcune peripezie produttive e ritardi, il film è finalmente sugli schermi italiani. Stupisce il fatto che negli Stati Uniti sia terzo per incassi da due settimane, perché la favola raccontata può da un lato essere troppo raffinata e profonda per i bambini, dall’altro troppo semplice e ingenua per i grandi. Ma proprio questo suo senso di difficile sistemazione tra i generi, di apertura e anche di incompiutezza, parlando dell’infanzia e delle emozioni che si provano diventando grandi, deve aver colpito l’immaginario e il cuore di tanti spettatori, grazie anche alla bella colonna sonora, all’interpretazione toccante di Max Records e alla presenza delle creature interpretate con calore da veri attori con i loro splendidi costumi, senza l’uso della fredda tecnologia. Max scoprirà che governare è difficile e che le responsabilità, a qualsiasi età e latitudine, non si possono nascondere, dimenticare, fuggire. Il distacco dai suoi nuovi e ingovernabili amici sarà doloroso, ma ripagato ben presto dal ritorno a casa, della quale sente nostalgia e gusterà il profumo. La mamma lo aspetta in cucina, il piatto di minestra è caldo e saporito: nulla può valere e ripagare più di una carezza, di un sorriso, del sentirsi amato da chi ti ha dato la vita.

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    Chiesa e Società



    La Conferenza episcopale tedesca critica la sentenza di Strasburgo sul Crocifisso

    ◊   “La sentenza di Strasburgo è una grande delusione, perché è unilaterale: infatti, la Croce non è soltanto un simbolo religioso ma anche un segno culturale”. Con queste parole il segretario della Conferenza episcopale tedesca, il gesuita padre Hans Langendörfer, è intervenuto sulla sentenza pronunciata due giorni dalla Corte per i diritti umani di Strasburgo sulla presenza dei Crocifissi nelle aule scolastiche italiane. “La sentenza vuole porsi a favore della libertà religiosa – ha aggiunto in una nota - ignorando però la situazione italiana e il reale significato della Croce nella società”. Inoltra padre Langendörfer ha precisato che la decisione della Corte di Strasburgo riguarda soltanto l'Italia e non ha alcuna ripercussione sulla Repubblica federale di Germania. La Corte costituzionale tedesca, infatti, aveva già preso posizione in merito al Crocifisso nel 1955. In Germania, il legislatore bavarese ha indicato, con la cosiddetta soluzione in contraddittorio, una via per trovare, nei casi singoli, un equilibrio indulgente tra le parti legali in conflitto. E’ vero – prosegue- che la libertà religiosa negativa impone che non si debba essere condizionati dai simboli della fede di altre persone, ma è vero anche che la Croce ed il Crocifisso sono simboli culturali e segni che fanno parte di una fede vissuta e quindi della libertà religiosa positiva. Infine il segretario della Conferenza episcopale tedesca lancia un appello alle Conferenze episcopali europee affinché ribadiscano costantemente che la libertà religiosa non significa ‘essere liberi dalla religione’, e che la libertà religiosa negativa non deve mutare in un generico diritto di impedire la religione. “Il concetto di libertà che governa una comunità – ha concluso - si manifesta anche nell’apertura e nella cura delle tradizioni culturali”.(B.C.)

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    Sri Lanka: appello alla pace dei leader religiosi incontrati dal Papa in Vaticano

    ◊   I leader religiosi dello Sri Lanka si impegnano direttamente per la riconciliazione e per lo sviluppo del Paese, assumendo un ruolo pubblico e dando testimonianza di unità in nome del bene comune del Paese. Come afferma una nota inviata all’agenzia Fides, i leader di diverse comunità hanno infatti promosso e organizzato in questi giorni un viaggio in Europa per lanciare al mondo un appello di pace per lo Sri Lanka, e per perorare la causa degli accordi economici fra Unione Europea e Sri Lanka. Della delegazione – composta da leader buddisti, indù, musulmani e cristiani, e guidata da un leader buddista, il Venerabile Bellanwila Wimalaratna Nayaka Thero – fa parte mons. Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo. I religiosi hanno incontrato ieri Benedetto XVI e il segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, consegnando un appello per la pace e per la delicata situazione dei profughi nello Sri Lanka. Sul tema saranno sensibilizzate anche le istituzioni europee, chiamate ad avere un ruolo attivo nel processo di pace e nella risoluzione della crisi umanitaria dei profughi tamil sull’isola. Altro importante tema in agenda è quello della possibile revoca degli speciali accordi commerciali siglati nel 2004 fra Unione Europea e Sri Lanka all’indomani dello tsunami. Allora l’Unione decise di sostenere l’economia del paese asiatico attraverso il “Generalised System of Preferences Plus” (GSP Plus), che prevede un accesso facilitato al mercato europeo per i prodotti dell’industria tessile dello Sri Lanka, elemento trainante dell’economia nazionale. Oggi la UE minaccia di revocare gli accordi per i mancati chiarimenti da parte di Colombo sul tema delle violazione dei diritti umani compiute dall’esercito srilankese durante la guerra. Il governo di Colombo più volte ha invocato “la sovranità nazionale”, ignorando le richieste dell’Unione. I leader religiosi, condividendo una posizione già espressa da mons. Ranjith, invitano l’Unione Europea “a proseguire il GSP plus e tutte le altre possibilità di aiuto allo Sri Lanka”, in quanto esse sono “il miglior modo con cui l’Unione Europea può aiutare il rapido reinsediamento dei rifugiati”, gli oltre 200mila profughi tamil ancora presenti nei campi profughi. Secondo i leader religiosi, gli accordi GSP Plus sono dunque strumenti attraverso cui l’Europa può aiutare il delicato processo di riconciliazione nazionale, che passa attraverso la soluzione del problema dei rifugiati tamil e la loro progressiva integrazione del tessuto sociale del paese, con l’eliminazione di discriminazioni su base etnica o religiosa. (R.P.)

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    Appello di leader religiosi affinché le due Coree diano vita ad una confederazione

    ◊   I responsabili di circa 140 Chiese hanno lanciato un appello perché nasca una confederazione intercoreana. L’auspicio è stato sottoscritto nel Comunicato di Tsuen Wan, elaborato al termine di un incontro internazionale sulla riunificazione della Corea del Nord e della Corea del Sud che si è svolto ad Hong Kong, in Cina. Svoltosi nelle scorse settimane, il Raduno sulla pace, la riconciliazione, e la riunificazione, è stato organizzato sotto gli auspici del Consiglio ecumenico delle Chiese (COE) e della Conferenza cristiana d’Asia (CCA). Per il pastore Kang Yong Sop, presidente della Federazione cristiana coreana della Corea del Nord, “il sistema della confederazione rispetterebbe i due stati”. “La Corea del Nord e del Sud devono in primo luogo riconoscere il sistema dell’altro, collaborare in tutti i campi possibili e istituzionalizzare i risultati” ha detto Suh Bo Hyug, membro del Comitato sulla riconciliazione e la riunificazione del Consiglio nazionale delle Chiese di Corea. L’obiettivo del raduno era quello di studiare le tappe di una possibile partecipazione delle Chiese nello sforzo di riunificazione delle due Coree. Nel corso dell’incontro sono state affrontate le possibili implicazioni geopolitiche e storiche di una Corea divisa ed è stato celebrato il venticinquesimo anniversario del processo di Tozanso, lanciato dalla Commissione delle Chiese per gli affari internazionali del COE nel 1984 allo scopo di riavvicinare i leader cristiani delle due Coree allo scopo di incoraggiare la riunificazione. I responsabili delle Chiese che si sono incontrati ad Hong Kong hanno anche incoraggiato la comunità internazionale a favorire le negoziazioni tra Corea del Nord e Corea del Sud al fine di appianare le tensioni tra i due Paesi. Il Comunicato di Tsuen Wan si conclude con la “fervente speranza e la preghiera” che il popolo coreano sia presto riunito in una sola nazione. (T.C.)

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    Il vescovo di Uije: aiuti d'emergenza per i profughi del Congo

    ◊   Mons. Emílio Sumbelelo, vescovo di Uije, ha lanciato un appello per l’invio di aiuti di emergenza per gli angolani costretti al rimpatrio forzato dalla Repubblica Democratica del Congo. “Aiutateci prima possibile, perché altrimenti sarà troppo tardi. La situazione è superiore alle nostre forze”, ha affermato il vescovo ai microfoni di Radio Ecclesia, emittente promossa dalla Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé e Principe. Mons. Sumbelelo ha visitato diverse località dove i rimpatriati sono stati accolti in sistemazioni improvvisate e dove il flusso di persone espulse dalla RD del Congo è continuo, in particolare, a Bela Vista e Kimbata, nei pressi di Maquela do Zombo. Oltre a Maquela do Zombo, dove si stima che vi siano circa 6 mila rimpatriati, ve ne sono altri 3mila nella vicina città di Damba. “Ogni giorno entrano nuovi rimpatriati” afferma il vescovo di Uije che definisce la situazione “drammatica”. Mons. Sumbelelo ha riconosciuto gli sforzi del governo e delle organizzazioni umanitarie, tra cui quelle che fanno capo alla Chiesa cattolica. Tuttavia il vescovo ha sottolineato che questi sforzi sono “una goccia nel mare, perché molte sono le persone che necessitano di assistenza”. Ho visto persone con i piedi infiammati per il lungo cammino, che avevano percorso 80 km a piedi. Ho incontrato persone che non hanno mangiato per due, tre o quattro giorni", ha detto Mons. Sumbelelo. La situazione è resa più grave dalle piogge insistenti che sferzano la regione. Il presule ha ricordato che durante la sua visita a Maquela do Zombo, “ha piovuto a catinelle tutti i giorni”. Ai varchi di frontiera di Bela Vista e Kimbata, Mons. Sumbelelo si è commosso nel vedere le madri con i loro bambini all'aperto sotto la pioggia, senza alcun riparo. Anche la situazione sanitaria è disastrosa come ha potuto constatare lo stesso vescovo, che ha trasportato un malato grave con la propria jeep in una struttura sanitaria. (R.P.)

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    Alimentazione e idratazione medicalmente assistita tra i temi della plenaria dei vescovi Usa

    ◊   L’alimentazione e l’idratazione medicalmente assistita devono essere garantite anche a persone in stato vegetativo persistente e la loro sospensione è ammissibile moralmente solo in casi limitati e specifici. È quanto precisano le nuove “Direttive etiche e religiose per i servizi sanitari cattolici” negli Stati Uniti elaborate dalla Commissione per la Dottrina della Conferenza episcopale (USCCB). Il documento, elaborato in collaborazione con il Segretariato per le attività pro-vita e con il contributo di diverse associazioni e istituti cattolici sarà presentato alla prossima plenaria dei vescovi che si terrà a Baltimora dal 16 al 19 novembre. Esso aggiorna le direttive del 2001 alla luce dei più recenti chiarimenti del Magistero su questa delicata materia. Le direttive – riferisce l’agenzia Cns – chiariscono in particolare alcuni punti controversi emersi con il caso Terri Schiavo, la donna cerebrolesa morta nel 2005 dopo la sospensione della nutrizione e dell’idratazione decisa in seguito a una lunga battaglia legale tra i familiari. Come è noto il caso aveva profondamente diviso l’opinione pubblica americana anche in ambito cattolico. Alcuni esperti di bioetica cattolici avevano sostenuto all’epoca che nei casi di stato vegetativo irreversibile la sospensione poteva considerarsi ammissibile. Di segno diverso le nuove direttive dell’episcopato americano: “L’alimentazione e l’idratazione medicalmente assistita – vi si legge - non sono moralmente obbligatori in alcuni casi, ma in linea di principio queste forme di cura essenziali dovrebbero essere garantire a tutti i pazienti che ne hanno bisogno, comprese le persone a cui viene diagnosticato lo stato vegetativo persistente, perché anche il paziente più debilitato e non autosufficiente ha la piena dignità di un essere umano”. Il documento ammette invece la possibilità di sospendere l’alimentazione e l’idratazione quando “non da esse non si possa ragionevolmente attendere il prolungamento della vita o qualora dovessero essere particolarmente gravose per il paziente, o possano causare notevoli disagi fisici”. (L.Z.)

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    Il Vangelo di Luca al centro di una teleconferenza tra i carcerati di tutto il mondo

    ◊   Dopo il successo sugli scritti di San Paolo, migliaia di persone in carcere hanno potuto assistere ad una teleconferenza per conoscere più da vicino il Vangelo di Luca. Interessate all'iniziativa circa 200 carceri e tra questi quelli di Australia, Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Filippine e molti ancora. Ad organizzare l’iniziativa – ricorda Zenit - The Broken Bay Institute e la Conferenza episcopale dell'Australia. Si è trattato di una risposta all’esigenza di una formazione adulta nella fede, ha precisato mons. David Walker, vescovo dell’arcidiocesi di Hartford, in Australia. I partecipanti hanno potuto anche prendere parte all'incontro in modo interattivo inviando via e-mail e domande agli oratori, che hanno risposto nel corso della conferenza. (B.C.)

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    Vietnam: le suore di Vinh Long chiedono giustizia e verità

    ◊   Ricostruire il loro convento sul terreno che gli è stato sottratto. E’ quanto chiedono le suore di San Paolo di Chartres in un’intervista riportata da Asianews. Le religiose vogliono una soluzione “basata sulla verità”, che riconosca “la giustizia” e la loro onestà perché non hanno mai violato la legge. Inoltre respingono le proposte delle autorità locali che vorrebbero far ricostruire il loro convento su un altro terreno. Nel 1977, dopo anni di dedizione alla popolazione attraverso l’educazione dei bambini, la cura dei malati e l’assistenza ai poveri, le forze di sicurezza fecero irruzione nel convento e portarono via le religiose. Alcune vennero poi rilasciate ma costrette ad allontanarsi dalla zona, le attività avviate vennero completamente cancellate. “Ci fu la dispersione dei bambini orfani e disabile – raccontano - la confisca della totalità dei beni del monastero, l’arresto di tutte le religiose, il loro internamento in una classe della scuola San Paolo”. Per 25 anni nessuno ha mai saputo il perché di quell’azione, lo si è scoperto recentemente quando, leggendo un documento, si è scoperto che il convento era considerato un “luogo destinato a formare giovani sbandati per creare forze che si opponevano alla rivoluzione e alla liberazione nazionale del popolo vietnamita”. Un’accusa priva di fondamento. Il convento venne poi trasformato in ospedale e successivamente distrutto per costruire una piazza. Il terreno venne più volte reclamato ma ogni richiesta è stata respinta. Le suore ad oggi non accettano di costruire su un altro posto perché vogliono una soluzione giusta. “Dobbiamo tornare ai fatti del 1977. Allora, non abbiamo violato la legge. Oggi tutti i tipi di soluzioni presentate suppongono che abbiamo violato la legge – aggiungono le suore - e che la nostra proprietà fa parte del campo dei terreni ‘colpiti dalla riforma’. Accettare un semplice cambiamento di terreno – concludono - sarebbe riconoscere che oggi beneficiamo di un favore. Noi non abbiamo commesso infrazioni. Dobbiamo tornare al nostro convento”. (B.C.)

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    Brasile: missionari denunciano violenze contro indigeni Guaranì Kaiowà

    ◊   I corpi senza vita di due docenti indigeni del popolo Guaraní Kaiowá sono stati rinvenuti nei pressi di Paranhos, nel Mato Grosso do Sul, nel sud del Brasile. Di Olindo Verá e Genivaldo Verá, riferisce il Consiglio indigenista missionario (Cimi) all'agenzia Misna, non si avevano notizie da venerdì scorso, quando un gruppo di uomini armati presumibilmente al soldo di latifondisti locali, aveva attaccato il loro ‘tekohá’, il territorio tradizionale, denominato Po´i Kuê, aggredendo gli abitanti e cacciandoli dall’area. In quell’occasione, i ‘pistoleiros’ avevano ferito diversi nativi, sequestrando i due insegnanti. Olindo e Genivaldo, legati da parentela, facevano parte di un gruppo di 25 indigeni della comunità di Pirajuí impegnati nell’alfabetizzazione nel territorio Po´i Kuê, alla frontiera col Paraguay; un’area, occupata dalla ‘fazenda’ Triunfo, di cui i nativi rivendicano da sempre il possesso in attesa di un pronunciamento della Fondazione nazionale dell’indio. “I Guarani Kaiowá affrontano la situazione peggiore tra i popoli indigeni del Brasile, con alti indici di suicidi e malnutrizione infantile. Il confinamento in piccole porzioni di terra è una delle ragioni principali di precarietà per questo popolo” denuncia il Cimi. Della comunità di Pirajuí, dove vivevano i due docenti assassinati, fanno parte almeno 3000 persone, costrette a sopravvivere in povertà in poco più di 2000 ettari. E il tema “Pace e terra per i popoli indigeni” è stato al centro nei giorni scorsi a Luziâna, in Brasile, della 18.ma Assemblea generale del Consiglio indigenista missionario. Come riporta l’Osservatore Romano, porre il diritto alla terra al di sopra di tutto per avere pace sulla terra è stato il principio ribadito dall'assemblea perché non c’è rispetto per le differenze, tranquillità e sicurezza se non ci sarà un futuro degno per i popoli indigeni. Al centro dei lavori anche l’aspetto economico, politico e sociale degli indigeni. I partecipanti hanno lanciato un appello perché i diritti umani di queste popolazioni non sono rispettati né garantiti dai programmi e dalle politiche approvati recentemente. (B.C.)

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    La missione evangelizzatrice delle Chiese europee in America Latina

    ◊   Un’analisi della missione delle Chiese europee nel Continente latinoamericano è stata affrontata a Madrid nel corso dell’incontro annuale degli Organismi Episcopali Europei per l’America Latina. Formazione e cooperazione missionaria tra le Chiese locali è uno degli obiettivi espressi nel corso della riunione. In un’intervista a Fides, don Alberto Brignoli, responsabile della Commissione America Latina della Fondazione CUM di Verona, ha esposto i principali temi discussi che vanno dalla visione della Chiesa latinoamericana in uno stato permanente di missione dopo il lancio della Grande Missione Continentale. Ormai si è passati dall’essere ‘evangelizzata’ all’essere ‘evangelizzatrice’ e si pone come scopo una profonda conversione, sia personale sia delle strutture pastorali, l’incremento di una formazione permanente attenta a valorizzare i carismi, la necessità di raggiungere con l’annuncio del Vangelo tutti i settori emarginati del Continente e la comunicazione della vita piena in Cristo come luogo di riconciliazione e di pace. Valutando le trasformazioni in atto nella politica e nella società latinoamericana, è emerso che nella Chiesa ci sono importanti segni di speranza: la crescita di un protagonismo ecclesiale di settori sociali finora emarginati, la valorizzazione della tradizione e della fede popolare, il risveglio della famiglia come piccola Chiesa domestica, la testimonianza quotidiana di molti sacerdoti, religiosi e laici, il rafforzamento dell’associazionismo laicale, dei movimenti apostolici e degli itinerari di formazione cristiana. Da parte loro i rappresentanti europei hanno delineato alcune linee guida come la centralità della formazione dei religiosi prima della partenza e dell’aggiornamento permanente nei luoghi di missione, con una particolare attenzione al laicato. E' stata evidenziata anche la necessità di una riflessione sul sorgere di nuovi movimenti ecclesiali e di comunità missionarie. (B.C.)

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    Usa: con un referendum il Maine dice no ai matrimoni gay

    ◊   Dopo la California anche il Maine, lo Stato americano che confina con il Canada considerato tra i più 'liberal' degli Stati Uniti, ieri ha detto no per referendumai matrimoni tra persone dello stesso sesso, abrogando una legge varata dal Parlamento locale e firmata dal governatore italo-americano e cattolico John Baldacci. Com'è successo in California, gli oppositori alle unioni gay sono riusciti a mobilitare gli elettori, e ancora una volta e' stato determinante il ruolo svolto dalla Chiesa Mormone, che ha investito ingenti mezzi nella campagna elettorale per la cosiddetta 'Question 1'. I si' all'abrogazione sono stati il 53% circa, i no il 47%. Ma, contrariamente alla California, i matrimoni gay non erano diventati legali in seguito ad una decisione giudiziaria, come era successo anche in altri cinque Stati tra cui il Massachusetts, il primo a riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso. In Maine e' stato il parlamento locale, su iniziativa propria, a dare il via libera, e il Governatore aveva firmato la legge (la cui entrata in vigore era stata pero' ritardata in attesa del referendum) spiegando che sull'argomento aveva cambiato idea dopo una lunga riflessione, lui che da cattolico era inizialmente contrario. Lo Stato al confine con il Canada e' diventato cosi' il 31.mo degli Stati Uniti a respingere i matrimoni omosessuali per referendum. Altri cinque stati - Massachusetts, Connecticut, Iowa, New Hampshire e Vermont - hanno legalizzato i matrimoni omosessuali per verdetto di tribunali o azioni legislative. L'esito del referendum - riferisce l'agenzia Ansa - sembra confermare che la linea della classe politica americana sui matrimoni gay e lesbici, contrasta con quella dell'opinione pubblica, anche negli Stati più liberal del New England, come appunto il Maine o la California. (R.P.)

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    Algeria: critiche le condizioni dei profughi saharawi a Tinduf

    ◊   Il presidente della Mezzaluna rossa saharawi, Yahia Bouhemiane, ha lanciato nei giorni scorsi un'allarme per la situazione umanitaria dei rifugiati sahrawi nei campi di Tinduf, a circa 1900 chilometri a sudovest di Algeri. Con il passare del tempo e forse anche a causa della crisi economica, i profughi sono sempre più lasciati soli e gli aiuti internazionali, dai quali i campi di Tinduf dipendono, stanno diminuendo. Bouhemiane, riporta la Misna, ha ricordato la natura “unica ed eccezionale” dei profughi sahrawi che, dalla metà degli anni ’70, per fuggire agli scontri tra il Fronte Polisario e i militari del Marocco, si sono concentrati a Tinduf, nel mezzo del deserto algerino, in una zona di difficile accesso. Nonostante la fine dei combattimenti, nessuna intesa è mai stata raggiunta tra il Polisario e Rabat sulla sovranità del Sahara Occidentale, al centro di periodici colloqui sotto l’egida dell’Onu. Secondo il Polisario, nei campi di Tindouf vivono 165 mila persone mentre le stime dell’Onu sono inferiori. (B.C.)

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    Austria: il 20.mo anniversario dell'Iniziativa Oriente Cristiano

    ◊   Si è festeggiato nei giorni scorsi a Linz, alla presenza dell’ordinario locale mons. Ludwig Schwarz, il 20.mo anniversario dell'organizzazione austriaca "Iniziativa Oriente Cristiano” (Initiative Christlicher Orient – Ico). Fondata dall'austriaco Hans Hollenweger, l'Ico – riferisce l’agenzia Sir – è un'associazione che ha come scopo informare sulla situazione dei Cristiani in Medio Oriente, sostenerli finanziariamente e favorire occasioni d'incontro con essi. Come è noto nei Paesi dell’area i cristiani rappresentano oramai una minoranza svantaggiata e spesso oppressa. Durante la cerimonia, svoltasi presso l'Università di teologia cattolica di Linz, mons. Schwarz ha ringraziato il fondatore dell'Ico per il suo impegno e ha sottolineato come l'associazione operi da sempre anche in zone pericolose. Ai suoi esordi, l'Ico è divenuta infatti nota per l'impegno in Anatolia sudorientale, a Tur Abdin: le comunità cristiane dell'area erano infatti minacciate da combattenti curdi e dai militari turchi. "Il fatto che nel nostro Paese vi sia un'attenzione crescente verso i cristiani in Oriente si deve anche al lavoro di Hollerweger, che ha svolto un'attività pionieristica nel campo", ha detto mons. Schwarz. Tra le iniziative più note in Austria, vi è l'azione "Una stella di Betlemme in ogni albero di Natale". Durante l'Avvento, vengono vendute nel Paese circa 40.000 stelle provenienti da Betlemme e realizzate in legno di ulivo: in tal modo si preserva l'occupazione nella cittadina palestinese e il ricavato serve al sostentamento dei cristiani che vi vivono. L'organizzazione supporta anche i cristiani in Iraq. (L.Z.)

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    Il celibato al centro della riflessione del cardinale Tettamanzi nella festa di San Carlo

    ◊   In occasione della festa di San Carlo Borromeo, il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha esortato i sacerdoti a “mostrare il profondo significato umano e umanizzante della propria scelta, che non impoverisce né tanto meno soffoca i valori della sessualità” e a proporre così una “terapia spirituale” per i “propri fratelli e sorelle”, in modo da “guarire le ferite che il male arreca ai valori della persona o perché li assolutizza in quanto spinge in vario modo a trasgredirli”. Il porporato – riferisce il Sir - ha spiegato che “vivere con maturità, letizia e dedizione il celibato ha un significato non solo personale ed ecclesiale, ma anche sociale, culturale, laico” perché riguarda anche il mondo, la società, il costume in atto, la mentalità dominante. L’arcivescovo di Milano ha anche aggiunto che il celibato può diventare “una singolare forza di provocazione e attrazione” e che la castità è una “forma indispensabile di educazione all’amore” che vale sia per coloro che abbracciano la scelta del matrimonio, sia per chi sceglie la strada del sacerdozio”. Il dono del celibato va ravvivato e accompagnato da “una grande vigilanza” ma anche dalla sobrietà grazie ad uno “stile complessivo di vita governato dalla giusta misura in tutto: nelle parole, negli sguardi, nei cibi e nelle bevande, negli incontri, nei gesti, nell’uso del tempo, dei media”, per non incorrere ad esempio in forme di “dipendenza” da Internet. Infine l’esortazione ai religiosi a “perseverare nella fedeltà creativa”, considerata come un dono di Dio. (B.C.)

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    Da lunedì ad Assisi la 60.ma Assemblea generale dei vescovi italiani

    ◊   “L’approvazione della nuova edizione italiana del Rito delle Esequie; l’approvazione della Nota su Chiesa e Mezzogiorno; la riflessione sulla questione antropologica alla luce del nesso fra etica della vita ed etica sociale, secondo la Caritas in veritate; l’approfondimento del rapporto fra l’immagine della Chiesa e la comunicazione dei media”. Sono questi i quattro principali argomenti all’ordine del giorno della 60.ma Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana che si aprirà nel pomeriggio del 9 novembre, ad Assisi, con la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. “Nel contesto dei lavori assembleari – si legge in una nota della Cei ripresa dall'agenzia Sir - particolare rilievo avranno le iniziative di carattere nazionale in occasione dell’Anno Sacerdotale. Sono inoltre previste la comunicazione sulla rilevazione delle opere sanitarie e sociali ecclesiali in Italia e alcune informazioni sull’Ostensione della Sindone (Torino, 10 aprile -23 maggio 2010) e sul Convegno “Testimoni digitali” (Roma, 22-24 aprile 2010)”. Il 10 novembre è in programma il saluto del nunzio apostolico in Italia, mons. Giuseppe Bertello, ai vescovi italiani. (R.P.)

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    Al via a Roma un ciclo di conferenze sulla santità coniugale

    ◊   E’ previsto per il prossimo 19 novembre un ciclo di conferenze, che terminerà nel 2010, organizzato dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su matrimonio e famiglia sul tema: “Profili di santità coniugale”. Si tratta di una serie di incontri – riferisce Zenit - coordinato dai coniugi Stanisław e Ludmiła Grygiel. Il primo è sul tema “Yu Jung-Chol e Lee Sun-i Sposi, vergini e martiri: una vocazione eccezionale all’amore in tempi di persecuzione”, presieduto da monsignor Piergiuseppe Vacchelli, segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e che avrà come relatore mons. Lazzaro You Heung Sik, vescovo di Daejeon in Corea. Mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, terrà ad aprile una relazione su “Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi. La fecondità del Sacramento vissuto”. Il 30 aprile 2010 monsignor Jean Laffitte, segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia e Giustizia e Pace, presiederà l'incontro sul tema “Louis Martin e Zèlie Guérin. Educare alla santità in famiglia”, genitori di Santa Teresina di Lisieux. L'ultimo appuntamento si svolgerà il 21 maggio 2010 sul tema “Giovanni Gheddo e Rosetta Franzi. Testimonianza eroica di genitori 'normali'”. La conferenza sarà presieduta dal cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e avrà come relatore padre Piero Gheddo, del Pontificio Istituto Missioni Estere. (B.C.)

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    Domani a Roma un seminario di studi su sport, educazione e fede

    ◊   Una due giorni che ha lo scopo di stimolare l’interesse dei laici cattolici impegnati nello sport e soprattutto nello sport giovanile, amatoriale, esaminando e valutando le opportunità che l’associazionismo sportivo cattolico può offrire alla missione educativa e all’evangelizzazione. E’ lo scopo del seminario che si apre domani a Roma, promosso dalla sezione "Chiesa e Sport" del Pontificio Consiglio per i Laici sullo sport sul tema "Sport, educazione, fede: per una nuova stagione del movimento sportivo cattolico". Dopo la lettura di un messaggio del Papa – riferisce Zenit – sarà il cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, a tenere una relazione sull’associazionismo sportivo nel mondo cattolico alla luce degli insegnamenti della Chiesa. E’ prevista la partecipazione di mons. Carlo Mazza, per più di venti anni responsabile dell'ufficio dello sport nella Conferenza Episcopale Italiana. Nel pomeriggio una tavola rotonda su ciò che significa essere e formare veri campioni, cioè educare a quel comportamento virtuoso che diviene stile di vita dentro e fuori il campo, non misurato solamente dalla celebrità o dalla vittoria. Alla sessione parteciperanno tra gli altri Demetrio Albertini, vice presidente della Figc e Philip Craven, presidente del Comitato Paraolimpico Internazionale. Sabato è previsto un approfondimento dedicato alle opportunità concrete che le associazioni sportive offrono per testimoniare Cristo sia nell’opera diretta di evangelizzazione, sia nell’esercizio della carità cristiana, o nel dialogo ecumenico e inter-culturale. (B.C.)

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    Nella cattedrale di Macerata una mostra dedicata a padre Matteo Ricci

    ◊   Divulgare lo “straordinario esempio testimoniato da padre Matteo Ricci tramite un linguaggio semplice ma non certo semplicistico”, è lo scopo della mostra dedicata al gesuita che si apre domani nella cripta della cattedrale di San Giuliano a Macerata. Ad inaugurare l’allestimento “Padre Matteo Ricci - A servizio del Signore del Cielo” sarà mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata–Tolentino–Recanati–Cingoli-Treia. Si tratta – riferisce L'AGENZIA Sir – di trenta pannelli fotografici, corredati di testi (a breve anche in inglese e cinese) che llustreranno le tappe della sua vita e della sua missione. Centrale sarà l’attenzione al metodo dell’inculturazione usato da padre Ricci per la formazione cristiana della comunità cinese, basato sulla ricerca di “un dialogo improntato sul rispetto e l’amicizia”. La mostra segue quella già aperta al pubblico in Vaticano dal titolo: “Ai crinali della storia. Padre Matteo Ricci (1552-1610) fra Roma e Pechino”. (B.C.)

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    Padre John Michael Brehl, nuovo superiore generale dei Redentoristi

    ◊   Dopo due settimane e mezza di preghiera e discernimento, 107 sacerdoti redentoristi di tutto il mondo riuniti a Roma hanno eletto padre John Michael Brehl, 54 anni, 17° superiore generale della Congregazione del Santissimo Redentore. Padre Brehl, finora superiore provinciale della Provincia canadese di Edmonton-Toronto, guiderà 5.300 redentoristi sparsi in 78 Paesi, secondo quanto ha reso noto la Congregazione in un comunicato inviato all'agenzia Zenit. Succede a padre Joseph W. Tobin, superiore generale negli ultimi 12 anni, che in base allo Statuto non poteva essere rieletto. Padre Brehl ha ricoperto vari incarichi nella sua Provincia prima di diventare superiore provinciale: è stato maestro dei novizi, prefetto degli studenti, membro del Consiglio provinciale straordinario e vicario provinciale. E' stato anche predicatore di missioni popolari e pastore. Ha fatto parte della Commissione teologica della Conferenza dei religiosi canadesi e del Consiglio dei direttori del Ministero apostolico congiunto dell'Ontario. Padre Brehl è nato a Toronto nel 1955. Ha studiato alla Redemptorist House of Studies di Toronto ed è entrato nel noviziato redentorista nel 1975. Ha professato i primi voti l'anno successivo e i voti perpetui nel 1979. E' stato ordinato sacerdote il 15 maggio 1980 a Toronto, dopo aver conseguito il Master of Divinity Degree alla Toronto School of Theology. La sua esperienza internazionale include il servizio al Segretariato generale di formazione, il ruolo di moderatore nei Capitoli generali del 2003 e 2009 e la frequente predicazione nei ritiri a gruppi di redentoristi in tutto il mondo. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Afghanistan proteste per un raid Nato: 90 morti di cui forse diversi civili

    ◊   Divampa in tutto il mondo la polemica sull’Afghanistan, dopo che un raid aereo dell’Isaf, la Forza internazionale di assistenza per la sicurezza guidata dalla Nato, ha causato stamani almeno 90 vittime nei pressi di Kunduz, nel nord del Paese. La polemica è interna alla stessa Nato: mentre Berlino esclude categoricamente il coinvolgimento di civili, limitandosi a parlare di un gran numero di talebani uccisi, dal portavoce delle forze occidentali Eric Tremblay arrivano dubbi: "Sembra che molti feriti civili siano stati evacuati e ricoverati in ospedali locali. C’è forse un diretto legame con l’incidente avvenuto con due autocisterne". Il presidente afghano, Karzai, commenta duramente che “colpire i civili è inaccettabile” e annuncia l’imminente apertura di un’inchiesta per fare luce sull’accaduto. Intanto, un soldato statunitense è rimasto ucciso in un attacco nell'est dell'Afghanistan. Sale così a 460 il numero dei militari stranieri uccisi nel Paese dall'inizio dell'anno, il più sanguinoso dall'invasione del 2001, secondo un conteggio del sito specializzato "icasualties.org". Stanno tutti bene invece i quattro militari italiani del 183.mo Reggimento paracadutisti della Brigata Folgore coinvolti nell'esplosione di un ordigno nella Zeerko Valley, nell’Afghanistan occidentale.

    L'Onu ritira 600 addetti dell’ONU dalle zone più a rischio dell’Afghanistan
    L'Onu evacuerà o ricollocherà provvisoriamente circa 600 dei suoi 1.100 addetti che operano in Afghanistan, per i rischi connessi alla sicurezza. Lo afferma un portavoce locale delle Nazioni Unite, Aleem Siddique, parlando di ridislocamento all'interno del Paese per “un certo numero di settimane”. “Le Nazioni Unite sono state in Afghanistan per mezzo secolo e non stiamo per andarcene ora", ribadisce il portavoce, spiegando che in totale la missione Onu nel Paese (Unama) conta circa 5.600 dipendenti, l'80 per cento dei quali di nazionalità afghana, mentre solo 1.100 sono stranieri.

    Pakistan - talebani uccidono due insegnanti
    Due donne insegnanti sono state uccise in Pakistan dai militanti talebani a Khar, nel distretto di Bajaur, nel nordovest del Paese. Due uomini che viaggiavano con loro sono stati feriti. Bajaur è ai confini con l'Afghanistan ed è una delle aree tribali di Amministrazione federale (Fata, Federally Administered Tribal Areas), la zona al confine con l'Afghanistan che ingloba una serie di distretti che non fanno parte delle province pakistane, tra le quali c'è anche il sud Waziristan. Qui, da quasi tre settimane è in corso l'offensiva dell'esercito contro i talebani. Questi ultimi già in passato, proprio a Bajaur, hanno distrutto scuole femminili e negozi destinati alle donne, contrari a tutto ciò che possa favorire l'emancipazione femminile. Intanto, l'esercito ha annunciato di aver ucciso oggi nel sud Waziristan almeno 30 militanti talebani, soprattutto nei pressi di Sararogha, conquistata dall'esercito, dove è in corso una feroce battaglia. L'ufficio informazioni dei militari di Islamabad ha inoltre annunciato che l'esercito ha conquistato la città di Ladha, bastione talebano.

    Israeliani sequestrano le armi sulla nave militare Francop
    Le autorità israeliane hanno permesso stamani la partenza della nave mercantile Francop, intercettata ieri dalla Marina militare al largo della costa israeliana con a bordo circa 500 tonnellate di armi iraniane apparentemente destinate agli Hezbollah. La ha riferito la radio pubblica, secondo la quale l'autorizzazione a levare le ancore dal porto di Ashdod è stata data al comandante della nave, dopo che le autorità si sono accertate che lui e gli 11 membri dell'equipaggio fossero ignari della presenza a bordo del carico d'armi, che sono state sequestrate. Il premier, Benyamin Netanyahu, ha intanto accusato l'Iran di inviare armi "a organizzazioni terroristiche con l'intento di colpire le città di Israele e uccidere i suoi cittadini".

    Grecia, ancora episodi di insurrezione a Salonicco e Atene
    Cinque uomini armati hanno sparato nelle prime ore di oggi contro agenti della polizia a Salonicco, mentre attentati incendiari sono stati commessi ad Atene e a Creta contro obiettivi politici, amministrativi e sportivi. Non è chiaro se si sia trattato di una fallita rapina o di un'azione da parte di uno dei gruppi armati anarco-insurrezionalisti attivi in Grecia. La sparatoria ha comunque destato preoccupazione, in quanto avviene in un clima molto teso dopo il recente attacco da parte di un gruppo armato contro un commissariato ad Atene, che ha provocato il ferimento di sei agenti. Ad Atene, due bombe molotov sono state lanciate contro la sede del Partito di estrema sinistra Syriza, facendo danni ma nessuna vittima, e contro un club della squadra di calcio del Panathinaikos. La sparatoria e gli attentati fanno seguito a diversi attacchi incendiari a Salonicco e ad Atene durante le ultime settimane, rivendicati da nuovi gruppi di stampo anarchico e seguiti a grandi retate contro il movimento nella capitale. E si aggiungono, peraltro, alla richiesta della Procura di Salonicco di arrestare gli studenti che occupano scuole e università. Ma la polizia della città greca si è rifiutata di procedere agli arresti, per timore di aggravare la tensione in un momento in cui anche gli studenti sono mobilitati contro le riforme scolastiche e in difesa di immigrati e anarchici.

    Impennata in tutta Europa del numero dei casi di influenza A/H1N1
    Cresce in modo esponenziale in tutta l'Europa il numero dei casi di influenza A/H1N1 e per il responsabile della ricerca dei Centri europei per il controllo delle malattie (Ecdc), Johan Gieseke, è la prima ondata della pandemia nei Paesi Europei. “È impossibile però prevedere quali dimensioni avrà l'influenza e quando arriverà il picco”. Gieseke ha sottolineato che il virus dell'influenza A/H1N1 è lieve, ma che nel 30% dei casi muoiono persone giovani e completamente sane e questo ancora non si è capito perché. Nell'influenza A, come in quella stagionale, ha aggiunto Gieseke, “le vittime sono soprattutto persone a rischio, principalmente coloro che hanno problemi cardiaci, malattie respiratorie o diabete". In Italia, il viceministro alla Salute, Fazio, ribadisce che anche nella regione Campania, particolarmente colpita, la mortalità a causa dell'influenza A è pari allo 0,005 per cento, molto al di sotto dei decessi legati ad una normale influenza stagionale. Secondo Fazio, la vera preoccupazione è se il virus muterà: “Se il virus muta o se si combina con quello della viaria - ha sottolineato Fazio - allora la mortalità crescerà. Per questo motivo, il virus A/H1N1 va bloccato entro il 2010 e bisogna fare la campagna di vaccinazione per evitare guai peggiori”.

    A Washington summit Usa-Ue sulle emissioni di Co2
    A pochi giorni dal vertice che si aprirà a Copenaghen il 7 dicembre, dai leader del mondo arrivano segnali di pessimismo: il summit che doveva salvare il pianeta si sta già trasformando nella cronaca di un fallimento annunciato. A lanciare l'ennesimo allarme è stato il presidente della Commissione europea, Barroso, che si è recato a Washington per il vertice Ue-Usa, e si è detto “preoccupato” per l'andamento dei negoziati sul clima. “Certamente a Copenaghen - ha detto Barroso - non avremo un vero e proprio trattato vincolante, simile a quello di Kyoto”. Secondo il presidente americano, Barak Obama, “se tutti i Paesi coinvolti si rendono conto che questa è un'opportunità unica, possiamo stringere un'intesa importante”. Il problema per Obama è che il percorso legislativo sui tagli delle emissioni di Co2 procede a rilento. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, si è detta convinta che una volta che Europa e America avranno dimostrato di essere pronte ad adottare un accordo sul clima, si potrà convincere Cina e India a aderire. Da Pechino è apparso chiaro che nessuno ha intenzione di muoversi. Il premier cinese, Wen Jiabao, discutendo con Barroso, ha insistito sul “principio delle responsabilità comuni ma differenziate”: ha ribadito il suo impegno a ridurre le emissioni «in modo significativo», ma rifiutando di fissare delle quote.

    Si lavora per il governo di unità nazionale in Honduras
    Iniziate in Honduras le fasi preparatorie per la formazione del nuovo governo di unità nazionale, dopo il rientro della crisi politica causata dal colpo di Stato del giugno scorso. Una Commissione speciale è stata incaricata di individuare i candidati ideali per l’esecutivo. Intanto torna al potere Zelaya, capo di stato deposto, fino alla fine del suo mandato che scadrà nel gennaio 2010. Si può parlare di una raggiunta stabilità per il Paese? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Femminis, direttore della rivista dei gesuiti “Popoli”:

    R. - Ci sono stati senz’altro dei passi avanti, dopo questi mesi davvero di grande criticità ed anche con scontri di piazza con alcuni morti tra i manifestanti. Quindi, è sicuramente un passo avanti, è un momento di chiarezza. Devo dire che la sensazione, dalle notizie che arrivano dall’Honduras, è che ci sia ancora molta instabilità, un po’ di confusione. Tant’è vero che questo reinsediamento di Zelaya - che dovrebbe avvenire proprio in queste ore - non è così sicuro. E’ stato firmato un accordo che comprende diversi punti e ognuno di questi punti va chiarito e applicato. Diciamo quindi che, com’è stato detto dopo la firma degli accordi, è l’inizio della fine della crisi. Ma è un processo che sarà senz’altro ancora lungo.

     
    D. - Washington si dice pronta ad accettare qualsiasi decisione venga presa a Tegucigalpa, alcuni parlano di un passo indietro degli Stati Uniti. E' davvero così?

     
    R. - In realtà, secondo me, la protagonista di questi accordi è proprio l’amministrazione statunitense, nel senso che l’arrivo del responsabile dell’amministrazione Obama per gli Affari latinoamericani - Thomas Shannon - è coinciso con la firma di quest’accordo. La sensazione è che abbia forzato un po’ le tappe per arrivare ad un accordo che garantisse lo svolgimento regolare delle elezioni, perché nei mesi scorsi si era arrivati davvero ad una situazione di stallo, per cui non si capiva più bene chi fosse al potere a Tegucigalpa. Penso quindi che l’amministrazione americana abbia influito, per quello che è stato possibile. E’ chiaro che ora dicono: “Ci va bene tutto”. Ma, come dire, si sono già accertati che le cose andranno in un certo modo.

     
    Entro l’anno la Serbia presenterà domanda di adesione all’UE
    La Serbia presenterà entro il 2009 domanda di adesione all'Unione Europea. Lo ha detto questa mattina il ministro degli Esteri di Belgrado, Vuk Jeremic, nel corso del suo intervento alla Commissione esteri del parlamento europeo.Tra l'Ue e la Serbia è stato siglato un accordo di associazione che però non è ancora entrato completamente in vigore, a causa del veto dell'Olanda che continua a ritenere Belgrado "colpevole" di scarsa collaborazione per la cattura del generale serbo-bosniaco, Rakto Mladic, tuttora ricercato per genocidio e crimini di guerra. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Chiara Pileri)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 309

     
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