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Sommario del 01/11/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus: i Santi ci invitano a seguire Gesù con gioia e senza complessi. Vivere con spirito cristiano la Commemorazione dei defunti
  • Giornata della Santificazione Universale per scoprire che i Santi spesso vivono accanto a noi
  • Oggi in Primo Piano

  • Afghanistan. Abdullah rinuncia al ballottaggio ma il voto si terrà regolarmente
  • Somalia: un milione di civili in fuga dalle violenze
  • Colloqui all'Onu sul commercio delle armi: i profitti nei Paesi ricchi, i morti nei Paesi poveri
  • Bioetica e Trattato di Lisbona: intervista con l'eurodeputato Carlo Casini
  • Anno Sacerdotale: accompagnare i giovani alla scoperta della vocazione. La testimonianza di don Ennio Bossù
  • Un sms a World Friends per aiutare le partorienti delle baraccopoli di Nairobi
  • Chiesa e Società

  • Rapimento di padre Sinnot: il governo filippino non pagherà il riscatto
  • I vescovi dell'Ecuador indicono la Giornata della Chiesa cattolica
  • Il vescovo di Hong Kong auspica nuove vocazioni dopo la canonizzazione di suor Jeanne Jugan
  • Il cardinale Bagnasco: l'economia operi per il bene integrale della persona
  • Pellegrinaggio degli universitari al santuario di San Gabriele dell’Addolorata
  • A Berlino le Acli celebrano i 20 anni dalla caduta del Muro
  • Australia: oltre 5 mila utenti collegati via web per la conferenza telematica su San Luca
  • Un libro del Pontificio Consiglio per i Laici sui frutti della "Mulieris dignitatem"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Medio Oriente: ancora stallo nei negoziati tra israeliani e palestinesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus: i Santi ci invitano a seguire Gesù con gioia e senza complessi. Vivere con spirito cristiano la Commemorazione dei defunti

    ◊   La Solennità di Tutti i Santi ci invita a “seguire con gioia le orme di Gesù”, "senza complessi o mediocrità", “tendendo con umiltà alla perfezione dell’amore” e “rifiutando tutto ciò che non è degno della nostra condizione di cristiani”: è quanto ha detto oggi all’Angelus Benedetto XVI. Circa 40 mila i pellegrini giunti da tutto il mondo in Piazza San Pietro, in una stupenda giornata di sole. Il Papa ha quindi invitato a vivere con autentico spirito cristiano la Commemorazione dei fedeli defunti, domani 2 novembre, nella consapevolezza che “nelle tombe, riposano solo le spoglie mortali dei nostri cari in attesa della risurrezione finale”. Infine ha ricordato il decimo anniversario della Dichiarazione Congiunta cattolico-luterana sulla Dottrina della Giustificazione, pietra miliare del cammino ecumenico. Il servizio di Sergio Centofanti:
     
    “Non abbiate paura di essere santi! E’ il miglior servizio che potete dare ai vostri fratelli”: questa l’esortazione del Papa nella Solennità di Tutti i Santi che - afferma - “invita la Chiesa pellegrina sulla terra a pregustare la festa senza fine della Comunità celeste, e a ravvivare la speranza nella vita eterna”:

     
    “In questo Anno Sacerdotale, mi piace ricordare con speciale venerazione i santi sacerdoti, sia quelli che la Chiesa ha canonizzato, proponendoli come esempio di virtù spirituali e pastorali; sia quelli – ben più numerosi – che sono noti al Signore. Ognuno di noi conserva la grata memoria di qualcuno di essi, che ci ha aiutato a crescere nella fede e ci ha fatto sentire la bontà e la vicinanza di Dio”.

     
    Benedetto XVI invita poi a vivere domani la Commemorazione di tutti i fedeli defunti “secondo l’autentico spirito cristiano, cioè nella luce che proviene dal Mistero pasquale. Cristo è morto e risorto e ci ha aperto il passaggio alla casa del Padre, il Regno della vita e della pace. Chi segue Gesù in questa vita è accolto dove Lui ci ha preceduto”:

     
    “Mentre dunque facciamo visita ai cimiteri, ricordiamoci che lì, nelle tombe, riposano solo le spoglie mortali dei nostri cari in attesa della risurrezione finale. Le loro anime – come dice la Scrittura – già ‘sono nelle mani di Dio’ (Sap 3,1). Pertanto, il modo più proprio ed efficace di onorarli è pregare per loro, offrendo atti di fede, di speranza e di carità. In unione al Sacrificio eucaristico, possiamo intercedere per la loro salvezza eterna, e sperimentare la più profonda comunione, in attesa di ritrovarci insieme, a godere per sempre dell’Amore che ci ha creati e redenti”.

     
    Il Papa sottolinea quanto sia “bella e consolante la comunione dei santi”, “una realtà che infonde una dimensione diversa a tutta la nostra vita”:

     
    “Non siamo mai soli! Facciamo parte di una 'compagnia' spirituale in cui regna una profonda solidarietà: il bene di ciascuno va a vantaggio di tutti e, viceversa, la felicità comune si irradia sui singoli. E’ un mistero che, in qualche misura, possiamo già sperimentare in questo mondo, nella famiglia, nell’amicizia, specialmente nella comunità spirituale della Chiesa. Ci aiuti Maria Santissima a camminare spediti sulla via della santità, e si mostri Madre di misericordia per le anime dei defunti”.

     
    Dopo la preghiera dell’Angelus, il Pontefice ha ricordato il decimo anniversario della firma ad Augsburg, in Germania, della Dichiarazione Congiunta cattolico-luterana sulla Dottrina della Giustificazione, a cui aderì nel 2006 anche il Consiglio Metodista Mondiale. Un evento che Giovanni Paolo II definì “una pietra miliare sulla non facile strada della ricomposizione della piena unità tra i cristiani” e che attesta - ha rilevato Benedetto XVI - “un consenso tra luterani e cattolici su verità fondamentali della dottrina della giustificazione, verità che ci conducono al cuore stesso del Vangelo e a questioni essenziali della nostra vita”:

     
    “Da Dio siamo accolti e redenti; la nostra esistenza si iscrive nell’orizzonte della grazia, è guidata da un Dio misericordioso, che perdona il nostro peccato e ci chiama ad una nuova vita nella sequela del suo Figlio; viviamo della grazia di Dio e siamo chiamati a rispondere al suo dono; tutto questo ci libera dalla paura e ci infonde speranza e coraggio in un mondo pieno di incertezza, inquietudine, sofferenza…Spero di cuore che questa importante ricorrenza contribuisca a far progredire il cammino verso l’unità piena e visibile di tutti i discepoli di Cristo”.

     
    Infine, il Papa ha rivolto il suo cordiale saluto ai partecipanti alla “Corsa dei Santi”, iniziativa “che unisce lo sport e l’impegno umanitario”, e ai fedeli radunati a Paderno Dugnano, presso Milano, per la conclusione della peregrinatio della statua della Madonna di Fatima, nel 50° della consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria.
     

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    Giornata della Santificazione Universale per scoprire che i Santi spesso vivono accanto a noi

    ◊   Oggi si celebra la Giornata della Santificazione Universale sul tema “La santità, dono per tutti”. L’iniziativa è promossa dal Movimento Pro Sanctitate che vuole diffondere nel mondo l’ideale della santità e della fraternità. Ma cosa vuol dire essere santi? Tiziana Campisi lo ha chiesto a Teresa Carboni, segretaria nazionale del Movimento Pro Sanctitate:

    R. – C’è una via, ecco: è Gesù stesso che ci dice “Io sono la via”. Credo che l’umanità di Gesù sia la via per diventare santi. Gesù è stato una persona forte e nello stesso tempo mite, dolce; ha saputo perdonare, ha saputo accogliere, ha saputo parlare il linguaggio di tutti. Credo che questa scuola di umanità di Gesù, che ha saputo stare 30 anni nel silenzio e nella laboriosità e poi anche nell’annuncio, che ha saputo percorrere la via della croce, che ha saputo mangiare con i propri amici e stare a tavola con i peccatori. Questa mi sembra la via più semplice, la più bella e quella più percorribile.

     
    D. – Come accostarsi alla santità? Talvolta viene vista come una parola lontana dalla realtà di oggi …

     
    R. – Certamente, parlare di santità ad un uomo post-moderno quando sembra che i valori quasi non ci siano, può sembrare difficile. Eppure proprio quando si tocca il fondo nasce prepotente nell’uomo il desiderio di Dio.

     
    D. – Il Movimento Pro Sanctitate promuove iniziative per la santificazione universale. In che modo?

     
    R. – Il Movimento è nato proprio come una voce che vuole ricordare all’uomo che abbiamo un destino comune da inseguire e anche da accogliere come dono da Dio, che è proprio la santità. Nello stesso tempo, accompagna ogni uomo e direi anche ogni famiglia, ogni situazione umana per poter diventare evangelica, perché davvero questa buona notizia che Dio ci dà sia l’abitazione, ecco, nella quale l’uomo si trova a suo agio. Quindi, il Movimento Pro Sanctitate promuove iniziative – incontri, momenti di preghiera – soprattutto mira alla formazione della coscienza attraverso la stampa, attraverso il nostro mensile “Aggancio” che offre proprio una formazione di tipo ecclesiale-spirituale-liturgico: tutto quello che può servire perché l’uomo prenda coscienza di questo dono e diventi in qualche modo anche il promotore, nella sua vita e nella vita degli altri. Quindi, non solo un aiuto per il cammino della santità, ma anche un aiuto a diventare apostoli della santità.

     
    D. – Santità e festa di Tutti i Santi: come guardare a queste due cose?

     
    R. – Il nostro fondatore, già dal 1957, aveva avuto questa grande intuizione della Giornata della Santificazione universale, quindi di una giornata nella quale ricordare a tutti che i santi che sono in cielo ci guidano per poter diventare anche noi santi. Abbiamo questa potenzialità e questa possibilità reale per il dono del Battesimo; quindi la solennità di Tutti i Santi è un grande aiuto e nello stesso tempo, grazie a questa giornata promossa dal Movimento in tutte le parti del mondo, è proprio anche l’impetrazione, la richiesta a Dio di santi nuovi per il mondo di oggi: uomini e donne che anche oggi, in questa nostra società, possano vivere questa profonda unione con Dio.

     
    D. – E come superare i limiti che impediscono di guardare ai santi come persone lontane?

     
    R. – I santi non sono persone lontane da noi, sono persone che vivono accanto a noi. Io parlerei proprio del santo della porta accanto, ma forse direi anche il Santo di casa nostra. Cioè, quelle persone che nell’ordinario della loro vita, nella quotidianità vivono la straordinaria bellezza del Vangelo: credo che questa distanza possa essere colmata proprio dal fatto che riscopriamo anche accanto a noi persone imitabili per la loro bontà, per la loro mansuetudine, per le loro rettitudini, per la ricerca della giustizia …

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    Oggi in Primo Piano



    Afghanistan. Abdullah rinuncia al ballottaggio ma il voto si terrà regolarmente

    ◊   In Afghanistan, l'ex ministro degli esteri Abdullah, sfidante di Karzai, ha annunciato oggi che non parteciperà al ballottaggio per le presidenziali del 7 novembre perché il governo e la Commissione elettorale non assicurerebbero - a suo avviso - un voto trasparente e corretto. Non si tratta tuttavia di un invito al boicottaggio elettorale – ha spiegato Abdullah. La Commissione ha comunque stabilito che la tornata elettorale si terrà ugualmente. Da parte sua, il segretario di Stato americano Hillary Clinton aveva già sottolineato che il ritiro di Abdullah non avrebbe delegittimato il voto mentre l’Onu aveva auspicato che non ci fosse alcun rinvio. Sempre oggi si registrano nuove minacce dei talebani nei confronti di chi si recherà alle urne. Ma come valutare questa decisione di Abdullah? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Lorenzo Cremonesi esperto di Afghanistan:

    R. – Abdullah, che ha comunque preso molti meno voti che non Karzai anche al netto dei brogli alle elezioni del 20 agosto scorso, sta giocando una raffinata battaglia, un raffinato gioco per cercare di trattare con Karzai ma da una posizione di forza e il più forte possibile. Abdullah ma anche Karzai si rendono conto che un secondo voto adesso è assurdo. Non ha senso. Non ha senso perché non c’è il tempo di prepararlo, perché l’inverno è alle porte e sulle montagne nevica e quindi molte aree montagnose sono già non raggiungibili, non si voterà. Perché comunque se il voto del 20 agosto è andato male questo andrà malissimo. Se allora il 37 per cento degli aventi diritto al voto è andato alle urne adesso ci andrà molto meno, il tasso di partecipazione sarà molto più basso, e quindi conviene non farle. Allora Karzai se va da solo apparirà ancora più delegittimato: cioè, un presidente che vince senza una vera competizione già screditato dai brogli di due mesi fa e adesso ancora più inficiato. Quindi in qualche modo ha più bisogno di Abdullah e Abdullah non ci sta. Cosa vuol dire: allora trattiamo, allora facciamo un governo di transizione per un voto migliore tra un anno, due, quello che sarà, con Abdullah molto più forte, artificiosamente più forte, cioè più forte di quel 31, 32 per cento dei voti che avrebbe ricevuto alle elezioni del 20 agosto.

     
    D. - Quindi tutto questo potrebbe comportare un rilancio del possibile governo di unità nazionale?

     
    R. – Sì, anche se Karzai, devo dire, non ci sta. Karzai è offeso, è arrabbiato con gli americani, è isolato, è incattivito. Purtroppo ho l’impressione che siamo davanti a due personaggi che si stanno comportando in modo abbastanza irresponsabile in un Paese che sta invece precipitando nel caos. E’ un problema di politica interna ma che coinvolge tutti i Paesi che hanno militari nella coalizione internazionale guidata dagli americani, e questo spiega i vari tentennamenti, il prolungarsi delle indecisioni da parte di Barack Obama il quale davvero non sa bene che pesci pigliare: infatti, come si fa a fare passare all’elettorato americano, dopo tutti i morti e il dato terribile che negli ultimi tempi il loro numero sta aumentando ancora, la richiesta di mandare più truppe, addirittura 40 mila uomini? Davanti a una catastrofe politica di questo genere, davanti a una classe politica afghana che si dimostra immatura, non pronta a cooperare, litigiosa come non mai!

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    Somalia: un milione di civili in fuga dalle violenze

    ◊   Sono oltre un milione i profughi che cercano scampo dalla violenza in Somalia: molti di loro spesso approdano sulle coste dello Yemen. E’ una realtà drammatica e purtroppo ignorata dai grandi canali dell’informazione. Varie le organizzazioni non governative che hanno il coraggio di operare in quest’area in cui regna l'anarchia e che fa gola a gruppi integralisti islamici legati alla rete internazionale del terrorismo. Tra queste Ong c'è Intersos. Giuseppe Petrocelli ha raccolto il commento di Marco Rotelli, responsabile di questa associazione per la zona del Corno d’Africa:

    R. – In Somalia si parla di oltre un milione, si arriva fino a più di un milione e mezzo di sfollati interni, che lasciano in gran parte la capitale Mogadiscio, che è l’area quasi sempre più interessata dagli scontri e da un flusso migratorio, che risale il Paese verso nord, attraversa il golfo di Aden e si dirige in Yemen, per poi continuare in molti casi verso l’Arabia Saudita e in altri Paesi, che possono fornire delle garanzie di una vita migliore.

     
    D. – Qual è il numero di questi rifugiati?

     
    R. – Conosciamo solamente il numero di rifugiati che una volta arrivati in Yemen decidono di rimanerci e attraversano un percorso di registrazione e quindi lasciano una traccia nel Paese. I numeri certi sono: circa 14 mila persone nel campo di Karan, una decina di migliaia di persone nella baraccopoli somala alla periferia della città di Aden e numeri simili per la città di Sanaa, la capitale yemenita. Altri numeri sono delle interpretazioni e delle estrapolazioni di dati. Si parla di 70 mila somali in generale.

     
    D. – Quali sono le condizioni di questi sfollati, di questi profughi?

     
    R. – In Somalia la situazione è chiaramente molto precaria, perché oltre alle normali condizioni che un profugo rischia di attraversare durante il viaggio che lo porta verso i campi di sfollamento, c’è da considerare che l’inaccessibilità quasi totale del Paese da parte delle organizzazioni internazionali determina una difficoltà molto, molto evidente nel fornire aiuto. Quando riescono a raggiungere in condizioni precarie le coste dello Yemen arrivano sfiniti da giornate di viaggio e alcuni arrivano purtroppo già cadaveri.

     
    D. – In Somalia la situazione è critica e, dunque, non c’è soluzione positiva per i somali?

     
    R. – Ricordiamoci che i gruppi cosiddetti insorgenti, i gruppi radicali in questo momento controllano gran parte del Paese e il governo transitorio, invece, controlla delle zone molto piccole della capitale. La soluzione potrà avvenire solamente quando le parti in causa riusciranno a trovare una modalità, un meccanismo per dialogare e per trovare una forma di governo che tuteli se non altro tutta la popolazione civile, che mai come oggi è esposta ed è vittima diretta degli effetti del conflitto e vittima indiretta per l’assoluta inesistenza di un sistema che non ha servizi di base, come l’acqua, la sanità e l’educazione, per esempio. E’ chiaro che organizzazioni come Intersos fanno il possibile, ma non possono sostituirsi ad un processo che deve essere per forza governativo e deve essere pubblico, gestito dai somali in Somalia.

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    Colloqui all'Onu sul commercio delle armi: i profitti nei Paesi ricchi, i morti nei Paesi poveri

    ◊   Le Nazioni Unite si apprestano a discutere nuovamente, in questi giorni, il progetto per un Trattato sul commercio delle armi. Questo Trattato è stato ricordato anche nell’elenco finale delle Proposizioni del recente Sinodo per l’Africa del Sinodo dei Vescovi consegnate al Papa. I negoziati per l’adozione di questo accordo si sono arenati tre anni fa sulla discussione relativa al traffico illecito di armi di piccolo calibro. Secondo i dati delle Nazioni Unite nel mondo ci sono 875 milioni di piccole armi in circolazione. Sull’attuale regolamentazione delle armi a livello internazionale Stefano Leszczynski ha intervistato Francesco Vignarca, coordinatore della rete italiana per il disarmo:

    R. – Il problema vero è che non esiste una regolamentazione a livello internazionale. La regolamentazione è data dalle singole legislazioni nazionali, per cui possono esserci leggi buone, leggi meno buone ma senza un’armonia. E quindi, se io voglio poi esportare in Paesi che hanno problematiche, posso girare tranquillamente gli ostacoli con la cosiddetta “triangolazione”, cioè esporto da un Paese che ha leggi rigide in uno che non le ha e da quello poi vado a finire nelle zone di conflitto. In Africa, molti studi delle maggiori organizzazioni mondiali fanno capire come oltre il 95 per cento delle armi nei conflitti locali provenga da fuori Africa, quindi fondamentalmente loro si ammazzano, ma chi riesce a guadagnarci denaro sono le aziende anche e soprattutto occidentali.

     
    D. – Quali sono stati, fino ad oggi, gli ostacoli che hanno impedito di arrivare ad un accordo di questo tipo?

     
    R. – Il problema veramente grosso sono stati sempre gli Stati Uniti, che si sono opposti a qualsiasi tipo di regolamentazione. Dovete pensare che gli Stati Uniti, oltre ad essere il Paese con oltre il 50 per cento delle spese militari mondiali, è anche quello che esporta maggiormente. Adesso pare che, grazie allo sforzo della società civile di molti Stati che si sono spesi per questo Trattato, si stia arrivando ad una buona situazione. Un Trattato che sia debole e non sia anche fortemente strutturato per capire chi viola questo Trattato è inutile, non è quello che le organizzazioni della società civile vogliono.

     
    D. – Da più parti si fa riferimento al Trattato per la messa al bando delle mine antipersona …

     
    R. – Effettivamente, è stata una bellissima stagione, quella del Trattato contro le mine anti-persona, perché per la prima volta un movimento, partito dalla società civile e poi preso per mano dagli Stati, ha portato un risultato concreto, forte e anche definitivo, in un certo senso. Attualmente, ci sono i programmi degli Stati e delle Nazioni Unite per la distruzione delle mine anti-persona. Il Trattato internazionale sul commercio delle armi si applicherebbe a tutti i tipi di armi, dalla pistola all’elicottero alla portaerei; per cui, capite bene che diventa più complesso accettarlo per tutto il comparto militare industriale che su queste cose ci vive, ci fa i profitti.

     
    D. – Insomma, le piccole armi sono quelle che vanno per la maggiore, sembra di capire...

     
    R. – ...tant’è vero che l’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha dichiarato qualche anno fa che le armi cosiddette “piccole”, “leggere” sono le vere armi di distruzione di massa: fanno circa 500 mila morti all’anno. Vuol dire una persona al minuto. Tenete presente che ogni anno nel mondo vengono prodotti 13 miliardi di munizioni, per cui sono due pallottole in giro per il mondo per ciascuna persona che abita su questa terra. Ecco: effettivamente, qui si tratta di un problema grave, di una piaga grossa, perché sono le armi piccole, leggere che alimentano i conflitti, soprattutto quelli più dimenticati, soprattutto quelli più violenti, soprattutto quelli nei Paesi più poveri, come quelli africani.

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    Bioetica e Trattato di Lisbona: intervista con l'eurodeputato Carlo Casini

    ◊   La difesa del vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, incontra sempre nuovi ostacoli nell'attuale società. Nuove leggi, nuovi accordi, anche a livello internazionale, sembrano muoversi in direzione opposta al rispetto del diritto alla vita, in particolare di chi ancora non ha voce per reclamarlo. E' anche il caso dell'Unione Europea? Per esempio, in tema di bioetica, il Trattato di Lisbona - in discussione in Europa - potrà imporre agli Stati dell’Unione scelte politiche non condivise dai Parlamenti nazionali? Luca Collodi lo ha chiesto all'eurodeputato Carlo Casini, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo e presidente del Movimento per la Vita in Italia:

    R. – Assolutamente no. Direi che questa è una questione chiarissima, che emerge proprio anche dallo stesso Trattato di Lisbona e dalle prime interpretazioni autorevolissime che sono state date – mi riferisco in particolare ad una sentenza della Corte costituzionale tedesca del 30 giugno scorso –, ma è già scritto nel Trattato di Lisbona ed era scritto anche nei Trattati precedenti: la competenza dell’Unione Europea risulta solo dalle attribuzioni, cioè dalle competenze che le vengono attribuite dai Trattati e non può estendersi oltre a questo. In più, c’è un secondo limite: anche nel campo attribuito dai Trattati, le materie di attribuzione, l’Unione Europea deve rispettare il principio di sussidiarietà. Significa cioè che non può intervenire se non quando è assolutamente indispensabile per realizzare un obiettivo che gli Stati, da soli, non potrebbero realizzare. Direi quindi che siamo proprio tranquilli sotto questo profilo. Aggiungo che in materia di diritto alla vita e di famiglia, il Consiglio europeo ha già fatto dichiarazioni per tranquillizzare l’Irlanda e la Polonia, legate al Trattato di Lisbona, secondo cui in nessun caso il Trattato con annessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione può essere intesa come capace di vincolare gli Stati in materia di diritto alla vita e di famiglia. Sarei quindi abbastanza tranquillo.

     
    D. – Ci sono però altri che non la pensano in questo modo, che non fanno quest’analisi sulla Carta di Lisbona…

     
    R. – Sì, ma in tutto il mondo è in corso quella che Giovanni Paolo II chiamava “la congiura contro la vita”. Si tratta di una congiura di carattere internazionale, che coinvolge anche organismi internazionali e in questa ci sono molti aspetti: la propaganda dell’aborto, l’aiuto ai rifugiati affinché possano abortire e soprattutto il tentativo di cancellare l’idea che il concepito sia un essere umano e la possibilità di sperimentare sull’embrione, che - se si allea in particolare con gli interessi economici - porta appunto a dire che tutto è permesso perché tanto si tratta soltanto di un grumo di cellule. Bisogna saper resistere a questa congiura, che probabilmente cercherà di sfruttare – e già ora cerca di farlo - le risoluzioni già approvate al Parlamento europeo, all’Onu, al Consiglio d’Europa affinché vengano invitati gli Stati a liberalizzare l’aborto, a togliere qualsiasi limite alla procreazione artificiale, a consentire alla gente di raggiungere qualunque obiettivo, anche attraverso la distruzione degli embrioni. Queste però sono solo raccomandazioni, sono documenti che non hanno carattere vincolante per gli Stati. Secondo me non dobbiamo dedurre da ciò che si deve aver paura dell’Europa; l’Europa resta un grandioso progetto politico d’ispirazione cristiana, come cristiani erano Eisenhower, De Gasperi e Schuman. Il problema è che bisogna ricostruire l’idea di un’Europa che è la patria dei veri diritti umani e il primo diritto umano è il diritto alla vita.

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    Anno Sacerdotale: accompagnare i giovani alla scoperta della vocazione. La testimonianza di don Ennio Bossù

    ◊   Accompagnare un giovane alla scoperta della propria vocazione: ne parliamo nella nostra rubrica odierna dedicata all'Anno Sacerdotale. Claudia Di Lorenzi ha incontrato don Ennio Bossù, per oltre trent’anni sacerdote “fidei donum” in Guatemala, dove si è occupato a tempo pieno della formazione dei seminaristi, ed oggi rettore del Seminario Maggiore di Torino:

    R. – L’apostolo Paolo parlava di paternità, di maternità spirituale. Credo che questo aspetto della vita del padre nella fede dev’essere vissuto pienamente da ogni sacerdote. Egli non deve solo accompagnare i fedeli ma, se possibile, deve essere per loro un padre o una madre nella fede, un anziano che guida i passi delle persone nel riconoscere innanzitutto il progetto che Dio ha per ognuno di loro. Questo l’ho vissuto in prima persona anche in terra di missione: nonostante le moltissime persone presenti nella parrocchia cercavo comunque, per ognuna di esse, di sapere il nome, di ricordare la sua storia.

     
    D. - Gli anni del seminario – ha detto Benedetto XVI - sono “l’attualizzazione del momento in cui Gesù, dopo aver chiamato gli apostoli e prima di mandarli a predicare, chiede loro di stare con Lui”. Il vivere in seminario è dunque il vivere in comunione con Cristo e i fratelli, un momento di grazia…

     
    R. – L’esperienza in seminario è l’esperienza dei 12 con Gesù per avere un rapporto più intimo, di amicizia con il Signore nella silenziosa preghiera con il Padre, nella catechesi più approfondita. Una singolare esperienza di vita comune - come i 12 – nell’accoglienza e nel servizio reciproco, nella disponibilità a lavarsi i piedi gli uni con gli altri per poi dopo condividere anche la compassione di Gesù per le folle stanche e sfinite come pecore senza pastore.

     
    D. - L’esperienza del seminario - ha detto ancora il Papa – offre l’opportunità di "imparare Cristo" per “lasciarsi configurare a Lui, unico Sommo Sacerdote”, in altre parole, per essere altri Gesù. Quali difficoltà e quali gioie nell’aderire quotidianamente a questo mandato?

     
    R. – Il Papa Benedetto XVI ha detto quest’anno che nel sì dell’ordinazione sacerdotale noi sacerdoti abbiamo fatto questa rinuncia fondamentale al voler essere autonomi, all’autorealizzazione. Bisogna però, giorno per giorno, adempiere questo grande sì nei molti piccoli sì e nelle piccole rinunce. Questo sì dei piccoli passi costituisce il grande sì e potrà realizzarsi – dice il Papa – senza amarezza e senza autocommiserazione, soltanto se Cristo è veramente al centro della nostra vita. E’ anche quanto noi sacerdoti formatori, comunità educante, sperimentiamo quotidianamente nella vita del seminario.

     
    D. - In una società come quella attuale, sempre più secolarizzata, a quale compito è chiamato il sacerdote?

     
    R. – Il sacerdote si deve caratterizzare sempre di più come esperto di umanità ed esperto delle cose di Dio, dell’Assoluto. Penso anche che possa esercitare un certo fascino con la presenza di testimoni e di persone con il cuore indiviso, come diceva l’Apostolo Paolo, che amano senza riserve e si dedicano completamente al regno del Signore.

     
    D. - Vuole fare un augurio ai giovani presbiteri da poco avviati al ministero sacerdotale?

     
    R. – Come hanno detto i vescovi italiani nel documento “La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana”, oltre alla missionarietà agente che si esprime nel servizio come prete “fidei donum” ed oltre alla missionarietà all’interno della diocesi e delle parrocchie, c’è una missionarietà del cuore che si manifesta nella piena disponibilità a faticare per il Vangelo e a privilegiare l’incontro con chi non crede o non pratica.

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    Un sms a World Friends per aiutare le partorienti delle baraccopoli di Nairobi

    ◊   E’ partita la campagna “Nati nel posto giusto”, patrocinata dall’associazione World Friends. Fino al 16 novembre, inviando un sms al 48586 o con una telefonata da fisso allo stesso numero, si potrà sostenere la costruzione del Reparto Maternità del "Neema Hospital" di Nairobi, in Kenya. Inaugurato un anno fa, il centro sanitario polivalente voluto dall’associazione World Friends è diretto dal medico chirurgo italiano Gianfranco Morino. Il centro assiste la gente delle baraccopoli della capitale keniana, altrimenti priva di qualsiasi forma di tutela sanitaria. Ma cosa significa "Neema" e in cosa si distingue l’azione dell’ospedale? Lucas Dùran lo ha chiesto al dottor Morino:

    R. – "Neema" è una parola swahili che significa "grazia" o meglio ancora significa il "lavoro dell’uomo con la benedizione di Dio", che è forse un po’ il sogno di ogni uomo. "Neema" è nato dopo tanti anni di lavoro, all’interno delle baraccopoli ma anche nelle periferie di Nairobi soprattutto, come centro di riferimento per i pazienti più poveri. Purtroppo la situazione della sanità di Nairobi in particolare ma anche di molte altre megalopoli africane è proprio che la salute è un privilegio, non è assolutamente un diritto. Pensate che su una popolazione di tre milioni e mezzo di abitanti di Nairobi, più di due milioni vivono in baraccopoli e praticamente nessuna famiglia e tantomeno nessuna mamma in questo caso, né i bambini, né gli uomini hanno accesso alla salute, neanche di base. Allora "Neema" è un sogno che si sta concretizzando. Ormai abbiamo qualche migliaio di pazienti ogni mese. Abbiamo iniziato con gli ambulatori esterni, con il laboratorio, col centro salute materno infantile e soprattutto con un centro di formazione che è comunque fondamentale oltre all’attività clinica dove giovani medici e giovani infermieri possano venire e aggiornarsi.

     
    D. – Cosa significa partorire e nascere in baraccopoli?

     
    R. – La mamma spesso partorisce da sola con tutte le complicanze possibili, sia di mortalità, ma anche di disabilità sia della mamma sia del neonato. Infatti, nell’Africa dell’est, in Kenya in particolare, un parto non assistito nelle baraccopoli è una delle principali cause di disabilità nei bambini con paralisi cerebrali ed handicap di vario tipo. Una mamma su 16 in baraccopoli è a rischio. Facciamo un confronto: in Occidente solo una mamma su 3.800 donne è a rischio.

     
    D. - Che garanzie esistono che l’esperienza del "Neema Hospital" non sia destinata come purtroppo in altri casi ad arenarsi?

     
    R. - L’ospedale non è una cattedrale nel deserto, perché è arrivato un po’ alla fine di tutto un lavoro fatto sul territorio. E’ l’ultimo tassello di un network sviluppato in quasi 20 anni, che è fatto di operatori sociali, di infermieri. Noi abbiamo tra i pochissimi medici che si recano all’interno delle baraccopoli. Quasi nessun medico, infatti, a Nairobi va all’interno delle baraccopoli. Sono tutti medici locali, infermieri locali e la stragrande maggioranza di essi ha studiato con World Friends per prendere un diploma, per specializzarsi. Proprio da questa conoscenza delle famiglie si riescono ad individuare anche i bisogni dei più poveri.

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    Chiesa e Società



    Rapimento di padre Sinnot: il governo filippino non pagherà il riscatto

    ◊   Il governo filippino ha annunciato oggi che non pagherà alcun riscatto per la liberazione del missionario irlandese Michael Sinnot, rapito l'11 ottobre nel sud del Paese. Ieri era stato diffuso un video nel quale i rapitori richiedevano due milioni di euro. Un portavoce del presidente, Cerge Remonde, ha parlato alla radio spiegando che si sta facendo tutto il possibile per liberare padre Sinnot, 79enne e in precarie condizioni di salute. Remonde ha aggiunto che l'esercito e il Movimento Islamico di liberazione (Milf), stanno cooperando per assicurare il rilascio del sacerdote. Le autorità militari non hanno rivelato l'identità o l’affiliazione politica dei rapitori, ma hanno fatto pubblicare gli identikit di tre sospetti, tutti i filippini di età compresa tra i 22 e i 35 anni di età. (V.V.)

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    I vescovi dell'Ecuador indicono la Giornata della Chiesa cattolica

    ◊   La Conferenza episcopale dell'Ecuador ha proclamato l'ultima domenica di novembre “Giornata della Chiesa cattolica”. L’iniziativa s’inserisce all’interno della campagna “Progetto cinque pani e due pesci” che intende promuovere nel Paese i principi fondamentali del Vangelo, condivisibili da tutti gli uomini di buona volontà: l'opzione preferenziale per i più poveri, la solidarietà concreta con i deboli e gli esclusi. I presuli hanno invitato le parrocchie a organizzare attività di animazione pastorale raccomandando una colletta nazionale in favore dei più bisognosi. “La Chiesa – spiegano i vescovi - nel modello incomparabile dell’amore e della carità di Cristo, ha assunto storicamente la responsabilità di chinarsi sui più poveri e i più bisognosi, con il sostegno spirituale e con le opere sociali”. (V.V.)

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    Il vescovo di Hong Kong auspica nuove vocazioni dopo la canonizzazione di suor Jeanne Jugan

    ◊   “L’indispensabile servizio delle Piccole Sorelle dei Poveri di Hong Kong ha migliorato la qualità della vita degli anziani. Auspico che possiate accogliere abbondanti nuove vocazioni”. Così mons. John Tong, vescovo di Hong Kong, ha espresso le sue felicitazioni alle Piccole Sorelle dei Poveri per la canonizzazione della loro fondatrice, Sr. Jeanne Jugan, che è avvenuta l’11 ottobre in Vaticano, presieduta da Benedetto XVI. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese), la comunità di Hong Kong ha voluto festeggiare e rendere grazie al Signore per la canonizzazione con una solenne Eucaristia preseduta da mons. Tong il 17 ottobre, cui hanno partecipato oltre mille fedeli, le religiose della congregazione e i volontari dell’Associazione Sr. Jeanne Jugan. Nell’omelia il vescovo di Hong Kong ha sottolineato l’importanza della missione delle seguaci della nuova Santa, comunicando la decisione della diocesi di inserire un’esperienza di servizio pratico nel programma formativo dei seminaristi diocesani del primo anno, da svolgere nelle Case degli Anziani gestite dalle suore. La Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri è stata fondata da Santa Jeanne Jugan nel 1839, a Saint-Servan in Francia. Nel 1882 le suore sono partite per l'Asia, giungendo in India, a Calcutta. Arrivarono ad Hong Kong nel febbraio 1923 e poi a Taiwan nel 1968. Al 31 dicembre 2005, la congregazione contava circa 3 mila religiose in 208 case in 32 Paesi dei 5 continenti. L’Associazione di Sr. Jeanne Jugan, nata il 5 settembre 1998, conta oltre 1.900 membri in tutto il mondo. (V.V.)

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    Il cardinale Bagnasco: l'economia operi per il bene integrale della persona

    ◊   “Rendere le dinamiche di impresa e d’industria sempre di più eticamente valide non è qualcosa che è bene soltanto sul piano morale, ma è attitudine che si riflette in termini estremamente positivi sull’impresa stessa, sulla società sul mercato”. Sono queste le parole del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, durante il suo intervento di ieri alle Giornate “Cardinale Giuseppe Siri” promosse nel capoluogo ligure dall’Ucid (Unione cristiana imprenditori e dirigenti) e dal Centro costituito nel 2008 nel nome dell’indimenticata guida dell'arcidiocesi genovese. Le Giornate hanno affrontato il tema dell’etica d’impresa alla luce dell’Enciclica “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI. Agli operatori cristiani impegnati sul fronte del lavoro e la promozione del benessere, il cardinale Bagnasco ha parlato da vescovo che “vuole umilmente seminare speranza”, poiché la morsa della crisi impone di non soffocare il germe della speranza che alberga nel cuore delle donne e degli uomini che invocano un futuro migliore e confidano in una ripresa dell’economia mondiale. Di fronte a queste attese l’economia è dunque chiamata a scoprire e perseguire i suoi fini propri, i suoi obiettivi specifici “ponendosi in un orizzonte che privilegi la realtà dell’uomo nella sua interezza”. Fine ultimo dell’attività economica – ha spiegato il cardinale – deve essere dunque “la persona e il suo bene integrale”, mentre il criterio operativo che anima l’imprenditore sarà quello dello sviluppo vero dell’uomo nella sua dignità. (V. V.)

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    Pellegrinaggio degli universitari al santuario di San Gabriele dell’Addolorata

    ◊   Saranno circa 4 mila gli studenti universitari romani e abruzzesi che parteciperanno il 7 novembre all’VII pellegrinaggio degli universitari e accoglienza delle matricole, che si svolgerà per la prima volta al Santuario di San Gabriele dell’ Addolorata all’Isola del Gran Sasso d’Italia, per iniziativa dell’Ufficio per la pastorale universitaria della diocesi di Roma. “Lo riconobbero dallo spezzare il pane” (Lc.24,35): saranno le parole dell’ evangelista Luca a guidare gli studenti, che raggiungeranno il Santuario per “affidare al Santo dei giovani le speranze e le attese per il nuovo anno accademico appena iniziato e condividere la gioia di testimoniare il Vangelo in università”, si legge in una nota ripresa dal Sir. I giovani arriveranno alle 9.30 circa a S. Gabriele, raggiungeranno a piedi il Santuario e alle 10.30 saranno accolti da mons. Michele Seccia, vescovo di Teramo-Atri. In mattinata sono previste alcune testimonianze sul terribile terremoto che lo scorso 6 aprile ha colpito e distrutto L’Aquila e provincia, e una riflessione di mons. Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare del settore Est della diocesi di Roma. Nel pomeriggio, sarà presentata ai giovani la figura di S. Gabriele attraverso un incontro sul tema: “Studiare con Cristo oggi”. Il pellegrinaggio si concluderà con una Messa presieduta da mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo dell’Aquila. (V.V.)

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    A Berlino le Acli celebrano i 20 anni dalla caduta del Muro

    ◊   Le Acli, Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, celebreranno a Berlino l’anniversario dei 20 anni dalla storica caduta del “Muro”. Dal 5 al 7 novembre si svolgerà infatti nella capitale tedesca un appuntamento internazionale di studi che vedrà coinvolti rappresentanti delle Acli di 9 Paesi europei ed extraeuropei e relatori provenienti dalla Germania, dal Belgio, dalla Francia, dalla Repubblica Ceca, dai Paesi Bassi, dalla Romania. Tema del seminario: “Qualità del lavoro, qualità nel lavoro. Lavoro e cittadinanza ai tempi della crisi globale”. L'evento, rende noto il Sir, ha il sostegno del Centro europeo per i problemi dei lavoratori (Eza), dell’Unione Europea e il patrocinio del Comitato economico e sociale europeo (Cese). Il seminario è articolato in 4 sessioni, che inizieranno dal pomeriggio di giovedì 5 novembre. Sabato 7 novembre sarà la volta della tavola rotonda conclusiva su “A vent’anni dalla caduta del muro: centralità del lavoro e futuro sociale dell’Europa”. Con gli interventi di Michele Valensise ambasciatore d’Italia in Germania; Josef Niemiec, segretario confederale della Confederazione europea dei sindacati (Ces); Raf Chanterie, presidente Eza; Erny Gillen, presidente di Caritas Europa; Andrea Olivero, presidente delle Acli italiane e della Fai, la Federazione delle Acli internazionali. Porteranno il loro contributo al dibattito Franco Narducci, vicepresidente della Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei Deputati; Patrizia Toia, vicepresidente della Commissione Industria, ricerca e energia del Parlamento Europeo; Franco Siddi, segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). Tra gli ospiti, nei giorni precedenti ci saranno: George Hupfauer, presidente del Movimento dei lavoratori cattolici tedeschi (Kab); Heino Sonnemans, teologo, successore di Ratzinger presso la cattedra di teologia fondamentale all’Università di Bonn; Jérôme Vignon, presidente delle Settimane sociali di Francia e molti altri. (V.V.)

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    Australia: oltre 5 mila utenti collegati via web per la conferenza telematica su San Luca

    ◊   L’evento è alle porte: la conferenza telematica su San Luca che, dopo quella dedicata a San Paolo, unirà via web tutte le comunità cattoliche australiane (e non solo), è fissata per il 4 novembre. Al Broken Bay Institute di Brisbane, che offre il supporto tecnico all’evento, fervono i preparativi: le comunità e i singoli utenti che intendono partecipare, collegandosi in diretta all’evento, patrocinato dalla Conferenza Episcopale Australiana, si stanno registrando al sito web indicato e l’assemblea virtuale sta prendendo forma e consistenza, avendo già raggiunto oltre 5.000 adesioni. A presentare la conferenza, intitolata “San Luca: vieni a tavola”, organizzata dalla Commissione episcopale per la Missione e la Formazione alla fede, saranno mons. Mark Coleridge, arcivescovo di Canberra e Goulburn, e la dott.ssa Elzabeth Dowling, teologa. Il convegno ha un carattere interattivo e gli ascoltatori possono partecipare direttamente ponendo domande, sollevando dubbi, inviando riflessioni che, grazie al collegamento web, giungeranno ai relatori in tempo reale. I vescovi australiani, si legge in un comunicato dell'agenzia Fides, hanno deciso di replicare l’evento dopo il successo riscosso con la conferenza telematica su San Paolo, che ha chiuso l’Anno Paolino, coinvolgendo oltre 10 mila utenti, soprattutto sul territorio australiano ma anche all’estero. La Conferenza Episcopale Australiana desidera creare una “comunità telematica” nella pastorale e nell’opera di evangelizzazione della Chiesa australiana. (V.V.)

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    Un libro del Pontificio Consiglio per i Laici sui frutti della "Mulieris dignitatem"

    ◊   Il Pontificio Consiglio per i Laici ha annunciato la pubblicazione del libro "Donna e uomo, la totalità dell'humanum". Il volume contiene gli interventi del Congresso internazionale che ha riflettuto su questo tema, svoltosi a Roma dal 7 al 9 febbraio 2008 per commemorare i 20 anni dalla pubblicazione della Lettera Apostolica "Mulieris dignitatem". La prima edizione del testo, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è stata pubblicata in italiano; prossimamente uscirà la versione in spagnolo, inglese e francese. Il libro, riferisce l’agenzia Zenit, cerca di sottolineare che un'autentica promozione della donna passa per una comprensione del femminile come caratteristica antropologica e non come imposizione culturale, e vuole intendere la reciprocità tra uomo e donna come elemento indispensabile per comprendere e promuovere la totalità dell'essere umano. "Donna e uomo, la totalità dell'humanum" contiene un discorso di Papa Benedetto XVI durante un'udienza concessa ai partecipanti al Congresso. "Occorre certamente una rinnovata ricerca antropologica che, sulla base della grande tradizione cristiana, incorpori i nuovi progressi della scienza e il dato delle odierne sensibilità culturali, contribuendo in tal modo ad approfondire non solo l'identità femminile ma anche quella maschile, essa pure oggetto non raramente di riflessioni parziali e ideologiche", ha affermato il Santo Padre nel discorso del 9 febbraio 2008. Il testo contiene una prefazione del Cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. Il libro compie un bilancio del cammino percorso negli ultimi 20 anni nell'ambito della promozione della donna. Riflette anche sui nuovi paradigmi culturali e sulle difficoltà che devono affrontare le donne per vivere la loro identità e collaborare in reciprocità feconda con l'uomo all'edificazione della Chiesa e della società. Allo stesso modo, segnala come la donna debba porre i suoi doni al servizio dell'apostolato e della famiglia, del mondo del lavoro e della cultura, per offrire tutta la ricchezza del "genio" femminile, illuminato da un cammino di santità. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Medio Oriente: ancora stallo nei negoziati tra israeliani e palestinesi

    ◊   Dopo aver fatto tappa ad Abu Dhabi e Gerusalemme. Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, è giunta questa mattina a Marrakesh, in Marocco, per proseguire il suo giro di visite per il rilancio del processo di pace tra israeliani e palestinesi. Il capo della diplomazia statunitense, che domani e martedì incontrerà i suoi omologhi arabi nella sesta edizione del Forum per il Futuro, è reduce da una serie d’incontri con il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, e con il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, che non hanno sbloccato il nodo della ripresa dei negoziati. I particolari nel servizio di Marco Guerra:

    “Niente di nuovo”, così il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha commentato l’esito del nuovo giro di colloqui che doveva far ripartire il tavolo negoziale tra le parti. Il nodo ancora tutto da sciogliere resta il congelamento degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Condizione indispensabile per riaprire le trattative stando allo stesso Abu Mazen; “pretesto che non aiuta la pace” secondo il premier israeliano Benyamin Netanyahu. Anche le pressioni statunitensi si sono spostate sulle autorità palestinesi perché rinuncino a questa condizione preventiva ma non c’è stato nulla da fare: “La signora Clinton ci ha domandato di riprendere i negoziati sulla base di un'intesa che non prevede l'arresto totale della colonizzazione, ma il presidente Abu Mazen l'ha informata del suo rifiuto assoluto”, ha riferito a colloquio concluso il capo negoziatore dell'Anp. Dal canto suo il premier israeliano Netanyahu si è invece detto pronto a concedere un “contenimento” delle colonie che l'amministrazione Obama - dopo aver spinto per uno stop totale - sembra ritenere oggi sufficiente, e ha evidenziato che in 14 anni di negoziati il congelamento “non era mai stato precondizione per l'inizio” dei colloqui. Secondo la stampa israeliana, per uscire da questo impasse Washington potrebbe offrire un impegno implicito di Israele su una moratoria degli insediamenti. Ma Abu Mazen ha bisogno proprio d'impegni pubblici da presentare ai palestinesi in vista delle elezioni di gennaio da lui stesso convocate.

     
    Iran
    In Iran cresce la preoccupazione per la sorte di Mahmoud Vahidnia, lo studente, "campione" di matematica, che mercoledì scorso ha criticato l'Ayatollah Ali Khamenei in un discorso in sua presenza nell'aula magna dell'Università di Teheran. Secondo alcuni siti web del movimento studentesco, il giovane sarebbe da giovedì sera sotto custodia delle Guardie rivoluzionarie. Un sito conservatore pubblica invece una presunta intervista in cui Vahidnia dice di stare bene ma di non voler parlare con i media. Intanto, su una testata online vicina all’opposizione è stato denunciato l’arresto di un giornalista responsabile per l'informazione del partito riformista Mosharekat. Con questo arresto salirebbero a 34 i membri del Mosharekat, il maggiore raggruppamento riformista dell'Iran, che sono in carcere.

    Iraq
    Ennesima giornata segnata dalle violenze in Iraq. Cinque persone hanno perso la vita e circa 37 sono rimaste ferite per lo scoppio di una bomba nascosta in una bicicletta in un mercato della cittadina di Mussayeb, circa 50 chilometri a Sud di Baghdad. Quasi contemporaneamente un'altra autobomba è esplosa nella città di Ramadi, davanti al quartier generale della polizia, uccidendo tre persone, tra cui un poliziotto e una donna, e ferendo cinque agenti.

    Pakistan
    Almeno sette miliziani integralisti sono stati uccisi questa mattina nei combattimenti che vedono impegnato l’esercito pakistano contro le roccaforti dei talebani nel sud Waziristan. Mentre nel distretto di Khyber, altra area sotto il controllo dei ribelli, i talebani hanno distrutto un istituto scolastico femminile, l’ultimo di una dura campagna contro l’educazione moderna che ha portato alla distruzione di centinaia di scuole in tutto il Paese.

    Russia incidente aereo
    Sciagura aerea in Russia, dove un cargo del Ministero dell'Interno si è schiantato oggi nella Iacuzia, nell'estremo oriente del Paese, provocando la morte di 11 persone. In Russia gli incidenti aerei sono molto frequenti. Gli esperti indicano tra le cause il fatto che si tratti di una flotta vecchia, con strumentazioni di terra superate ed una manutenzione insufficiente.

    Russia: test missile nucleare
    Un sottomarino atomico russo ha effettuato con successo il lancio di un missile balistico intercontinentale nel mare di Barentz. Lo ha annunciato con un comunicato il Ministero della Difesa di Mosca, precisando che ''le testate hanno raggiunto l'obiettivo prestabilito nei tempi previsti''.

    Italia: arresto di un camorrista
    Duro colpo alla criminalità organizzata in Italia. I Carabinieri di Castello di Cisterna hanno arrestato in un casale in provincia di Avellino Pasquale Russo, capo dell'omonimo clan camorristico, latitante dal maggio 1993 ed inserito nella lista dei 10 ricercati più pericolosi. Con lui è stato sorpreso il fratello Carmine, 47 anni, a sua volta latitante dal 2007. Mentre ieri è stata la volta di Salvatore, il terzo fratello, il più piccolo della famiglia.

    Italia: suicidio di una brigatista
    La neobrigatista Diana Blefari Melazzi è morta suicida nel carcere di Rebibbia a Roma. La donna si è uccisa ieri sera impiccandosi nella propria cella. La Blefari stava scontando l’ergastolo per concorso nell'omicidio del giuslavorista Marco Biagi, avvenuto a Bologna nel 2002. Pena confermata in Cassazione lo scorso 27 ottobre.

    Stati Uniti
    Sgomento negli Stati Uniti per la macabra scoperta degli agenti di Cleveland in Ohio, che nella casa di uno stupratore arrestato ieri hanno rinvenuto i resti di almeno sei corpi in avanzato stato di decomposizione. L’uomo era già stato condannato nel 1989 per stupro ed aveva trascorso 15 anni in carcere, dal 1990 al 2005. Nessuno dei cadaveri è stato ancora identificato dalla polizia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 305

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