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Sommario del 31/03/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Ore d'angoscia per gli operatori della Croce Rossa rapiti nelle Filippine. Appello del Papa
  • Benedetto XVI: la vocazione, intreccio d'amore tra la chiamata di Dio e la libera risposta dell'uomo, sostenuta dalla preghiera della comunità cristiana
  • La preghiera del Papa: i popoli ricchi siano sensibili al dramma della fame nel mondo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tragedia dell’immigrazione: 200 dispersi al largo della costa libica
  • La Cei ribadisce la propria solidarietà al Papa
  • Intervista con mons. Fisichella sul suo ultimo libro“Identità dissolta”: recuperare la lingua madre dell'Europa, il cristianesimo
  • Presentati due libri di Jean-Baptiste Sourou su Giovanni Paolo II e la Chiesa in Africa
  • Chiesa e Società

  • Onu. Tre minacce per gli Obiettivi del Millennio: crisi globale, scarsità di cibo e clima
  • Le Chiese cristiane al Sudan: non bloccare le operazioni umanitarie in Darfur
  • Il cardinale Vingt-Trois sugli attacchi alla Chiesa
  • La prossima Giornata Mondiale della Gioventù in diretta su internet
  • Almeno 99 i morti in Indonesia per il crollo di una diga
  • Brasile: vescovi indignati per le minacce alla Chiesa perché difende la vita
  • Cuba. Mons. García Ibáñez: positive le relazioni tra Stato e Chiesa
  • La Chiesa di San Salvador preoccupata per le misure governative contro la crisi
  • Il Consiglio mondiale delle Chiese al G20: principi etici per superare la crisi
  • Il cardinale Rodríguez Maradiaga invita a riportare l'etica nell'economia
  • Taiwan: il vescovo di Kaohsiung sollecita aiuti per disoccupati e poveri
  • Bangladesh: emergenza tortura, abusi sulle donne, libertà e diritti delle minoranze
  • Vietnam: all'esame dei vescovi un nuovo piano di evangelizzazione
  • Iraq: la Chiesa caldea invita a visitare le comunità cristiane del Paese
  • Aiuto alla Chiesa che Soffre denuncia la grave situazione di carestia in Eritrea
  • Kenya: i vescovi contrari alla convocazione di nuove elezioni
  • Congo: impegno contro la corruzione
  • Monumento ricorda le donne vittime di stupri in Congo
  • Spagna: a Madrid oltre mezzo milione di persone alla Marcia per la Vita
  • Lettera del cardinale Murphy-O’Connor dopo nove anni alla guida dell’arcidiocesi di Westminster
  • Medici Senza Frontiere contro la tubercolosi resistente ai farmaci
  • 24 Ore nel Mondo

  • Conferenza internazionale all'Aja per l’Afghanistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Ore d'angoscia per gli operatori della Croce Rossa rapiti nelle Filippine. Appello del Papa

    ◊   Sono ore di angoscia e preoccupazione nelle Filippine, dove è scaduto l’ultimatum dei ribelli che da 75 giorni tengono in ostaggio 3 operatori della Croce Rossa Internazionale. Secondo fonti locali, gli ostaggi sono ancora vivi e sono in corso negoziati per ottenerne il rilascio. Benedetto XVI, facendo propria la preoccupazione delle famiglie e di quanti hanno a cuore la salvezza dei tre operatori umanitari, ha lanciato un accorato appello. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il Papa desidera elevare “la sua voce e fare appello affinché il senso umanitario e la ragione abbiano il sopravvento sulla violenza e l’intimidazione”. Il Santo Padre – si legge nel comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede – chiede nel nome di Dio “la loro liberazione e sollecita le autorità a favorire ogni pacifica soluzione della drammatica vicenda". Gli ultimi sviluppi sono inquietanti: i guerriglieri, legati al gruppo islamico radicale di Abu Sayaf vicino ad Al Qaeda, minacciano di decapitare uno dei sequestrati se il governo non ritirerà le forze di sicurezza dispiegate nella provincia di Sulu. Le autorità del Paese asiatico hanno proclamato lo stato di emergenza sull’isola di Jolo e ribadiscono che “è materialmente impossibile soddisfare la richiesta dei rapitori”. Il governo filippino aveva già accettato di ritirare le truppe schierate nella parte meridionale dell’isola per consentire un corridoio umanitario finalizzato al rilascio degli ostaggi. Ma ha anche dichiarato che le condizioni poste dai sequestratori sono inaccettabili. Tutte le forze di sicurezza sono già state messe in allerta. Gli ostaggi - l'italiano Eugenio Vagni, la filippina Jean Mary Lacaba e lo svizzero Andreas Notter - sono stati rapiti lo scorso 15 gennaio. Nelle ultime ore è anche stato diffuso un video: "Per favore - chiede la donna filippina rapita dai ribelli - ritirate le truppe, abbiamo la speranza che uno di noi possa essere liberato, ma sono passati otto giorni da quando è stato fissato l'ultimatum e finora non è accaduto nulla. Possiamo ancora sperare?”. Il sequestro è avvenuto all'uscita da una struttura penitenziaria dove i tre operatori della Croce Rossa si erano recati per un sopralluogo nell’ambito di un progetto di ristrutturazione della rete idrica.

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    Benedetto XVI: la vocazione, intreccio d'amore tra la chiamata di Dio e la libera risposta dell'uomo, sostenuta dalla preghiera della comunità cristiana

    ◊   La risposta alla chiamata a servire Dio nel sacerdozio o nella vita religiosa non ceda alle difficoltà o ai dubbi, ma si rafforzi costantemente grazie alla preghiera e all’Eucaristia. L’auspicio di Benedetto XVI è contenuto nel suo Messaggio per la 46.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che verrà celebrata il 3 maggio prossimo sul tema “La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Lungo la strada verso la santità, aperta a tutti, la storia della Chiesa ha visto stagliarsi in tempi e luoghi diversi molte chiamate di particolare radicalità evangelica. E’ uno “speciale dono divino” - spiega il Papa nel suo Messaggio - quello per cui alcuni uomini e donne diventano “ministri e testimoni privilegiati” di Cristo. Ma “chi può ritenersi degno di accedere al ministero sacerdotale? Chi può abbracciare la vita consacrata contando solo sulle sue umane risorse?”. Il Papa si addentra nel mistero che si cela dietro una vocazione, in particolare in quell’“intreccio d’amore” tra la “libera iniziativa” di chi chiama e la “libera risposta” di chi è chiamato. “Quando si è consapevoli che è Dio a prendere l’iniziativa ed è ancora lui a portare a termine il suo progetto salvifico”, scrive Benedetto XVI, la risposta dell’uomo “non si riveste mai del calcolo timoroso del servo pigro che per paura nascose sotto terra il talento affidatogli, ma si esprime in una pronta adesione all’invito del Signore, come fece Pietro quando non esitò a gettare nuovamente le reti pur avendo faticato tutta la notte senza prendere nulla, fidandosi della sua parola”. E questo, spiega il Papa, non è un “abdicare” alla responsabilità personale, ma un diventare “corresponsabile”, “in e con Cristo”, lungo la strada della propria vocazione.

     
    Gesù che nel Getsemani si rende disponibile a “bere il calice della volontà di Dio” è l’esempio supremo di “dialogo vocazionale”. Il suo sacrificio, celebrato nell’Eucaristia, fa comprendere meglio - afferma il Pontefice - “come la fiducia nell’iniziativa di Dio modelli e dia valore alla risposta umana”. “Nella celebrazione eucaristica - osserva Benedetto XVI - è Cristo stesso che agisce in coloro che Egli sceglie come suoi ministri; li sostiene perché la loro risposta si sviluppi in una dimensione di fiducia e di gratitudine che dirada ogni paura, anche quando si fa più forte l’esperienza della propria debolezza o si fa più aspro il contesto di incomprensione o addirittura di persecuzione”. Il Papa ringrazia Dio per la fioritura di nuove vocazioni, nonostante - riconosce - “la preoccupante carenza di presbiteri” in “talune regioni della terra”, o le “difficoltà e ostacoli” che “accompagnano il cammino della Chiesa”.

     
    Benedetto XVI chiede alle comunità cristiane, alle singole famiglie come alle parrocchie, di “mantenere viva con preghiera incessante”, “ininterrotta e fiduciosa”, l’invocazione perché quell’iniziativa divina non smetta “di chiedere ad alcuni - auspica - di impegnare liberamente la loro esistenza per collaborare con lui più strettamente nell’opera della salvezza”. Il Papa conclude invitando sacerdoti e consacrati a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà e ai dubbi, ma a seguire fedelmente Gesù. “Sarete - assicura - i testimoni della gioia che scaturisce dall’unione intima con lui”. E imitando Maria, conclude, “impegnatevi con ogni energia spirituale a realizzare il progetto salvifico del Padre celeste, coltivando nel vostro cuore, come Lei, la capacità di stupirvi e di adorare Colui che ha il potere di fare ‘grandi cose’ perché Santo è il suo nome”.

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    La preghiera del Papa: i popoli ricchi siano sensibili al dramma della fame nel mondo

    ◊   Nella intenzione generale di aprile il Papa invita a pregare “perché il Signore benedica il lavoro degli agricoltori con un raccolto abbondante, e renda sensibili i popoli più ricchi al dramma della fame nel mondo”. Il servizio di Sergio Centofanti.

    La fame nel mondo, invece di diminuire, aumenta: sono ormai quasi un miliardo le persone colpite dalla malnutrizione. Non si tratta – afferma il Papa - di “una mera fatalità, provocata da situazioni ambientali avverse o da disastrose calamità naturali” - sul pianeta ci sono infatti risorse a sufficienza per sconfiggerla – ma è un vero e proprio scandalo dovuto soprattutto a una logica che fa prevalere il profitto sulla dignità umana. Per Benedetto XVI ci vogliono “provvedimenti coraggiosi” che rispettino il principio della “destinazione universale dei beni della terra”, contrastando una globalizzazione attuata secondo la legge del più forte, nonché le politiche protezionistiche che impediscono l’accesso ai mercati ai più poveri e i fenomeni speculativi.

     
    A pagare sono le popolazioni contadine dei Paesi in via di sviluppo: il loro lavoro “è sfruttato avidamente, e la loro produzione viene deviata verso mercati lontani, con poco o nessun beneficio per la comunità locale” con la conseguente emigrazione e disgregazione delle famiglie.

     
    Il Papa segnala il tragico paradosso di un mondo “che sperimenta una ricchezza senza precedenti, tanto economica quanto scientifica e tecnologica” accanto ad una crescente e drammatica povertà. “Occorre riconoscere – sottolinea - che il progresso tecnico, pur necessario, non è tutto; vero progresso è solo quello che salvaguarda la dignità dell’essere umano nella sua interezza e consente ad ogni popolo di condividere le proprie risorse spirituali e materiali, a beneficio di tutti”.

     
    E’ necessaria una collaborazione tra Paesi ricchi e poveri, tra istituzioni internazionali e organizzazioni non governative: un’azione congiunta che aiuti “le comunità indigene a prosperare sui propri territori e a vivere in armonia con le proprie culture tradizionali”.

     
    Ognuno di noi – afferma Benedetto XVI - deve sentirsi impegnato in prima persona, anche cambiando stili di vita, nella lotta contro la malnutrizione. Un’antica sentenza dei Padri della Chiesa afferma: ‘Dà da mangiare a colui che è moribondo per fame, perché, se non gli avrai dato da mangiare, lo avrai ucciso’. Il Papa per questa Quaresima ha invitato al digiuno - che vuol dire “privarci di qualcosa per aiutare gli altri” - e ricorda che alla fine della vita saremo giudicati sull’amore: “avevo fame e mi avete dato da mangiare”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, una riflessione del vicedirettore sul messaggio del Papa per la 46.ma giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.

    Scelte politiche idonee a garantire la sicurezza alimentare: nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla ventinovesima conferenza regionale della Fao per l’Asia e il Pacifico.

    Giuseppe M. Petrone sull’“appuntamento di pace” tra Medvedev e Obama a Londra, a margine del G20.

    La Chiesa tra la due Spagne, dalla seconda Repubblica alla dittatura di Franco attraverso le atrocità della persecuzione religiosa: in cultura, Maurizio Fontana intervista lo storico Vicente Carcel Orti a settant’anni dalla fine della guerra civile.

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    Oggi in Primo Piano



    Tragedia dell’immigrazione: 200 dispersi al largo della costa libica

    ◊   Il dramma dell’immigrazione ancora in evidenza. Sono circa 200 i migranti dati per dispersi nel tratto di mare tra Libia e coste italiane in seguito al naufragio, la notte scorsa, di tre imbarcazioni al largo della costa libica. Oltre 20 i corpi senza vita recuperati, mentre sono oltre 300 gli irregolari salvati, molti dei quali da un rimorchiatore italiano. A confermare la notizia, oltre alle autorità di Tripoli, anche il personale diplomatico dell’Oim, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. E proprio al direttore dell’Oim, Peter Schatzer, Hélène Destombes, del nostro programma in lingua francese, ha chiesto quali sono le strategie per combattere questo fenomeno sempre più drammatico:

    “Senza’altro è importante avere più collaborazione tra tutti gli Stati coinvolti in questi flussi, da una parte per ridurre le pressioni migratorie, dove è possibile, e dall’altra per creare un sistema di identificazione dei richiedenti d’asilo. Dobbiamo evitare che prendano queste “carrette” del mare e poi è importante la richiesta d’asilo in Italia. Tutti insieme bisogna ridurre le pressioni più gravi e dare più informazioni sui rischi reali dei flussi migratori, perché i migranti non muoiono solo nel Mediterraneo ma anche nel deserto della Libia”.

    Domenica scorsa, sempre al largo della Libia, il naufragio di un'imbarcazione carica di migranti aveva provocato la morte di 21 di loro ed un numero imprecisato di dispersi. Ma come mai non si riesce a intervenire, almeno per salvare delle vite? Stefano Leszczynski ha intervistato Berardino Guarino, direttore dei progetti della Fondazione Migrantes:

    R. – C’è innanzitutto un dato ineludibile, che tutti fingono di ignorare, che è questo fenomeno dei flussi migratori. Un fenomeno che non finirà facilmente, per cui bisognerebbe piuttosto interrogarsi su come creare dei canali umanitari, affinché queste persone possano arrivare in Italia senza questi viaggi avventurosi. Ricordiamo che su queste barche ci sono spesso profughi, persone, che hanno diritto all’asilo. La questione non si risolve semplicemente pattugliando le coste.

     
    D. – Quando si migra, si migra con tutta la famiglia?

     
    R. – Sì, le condizioni dei Paesi da cui queste persone vengono le conoscono tutti. In alcuni casi ci sono ulteriori recrudescenze di guerre, di conflitti. I Paesi dove si registrano fenomeni per cui le persone scappano sono attualmente circa 40. Queste persone non hanno alcuna alternativa che affidarsi a dei “passeur” che spesso poi li trattano come carne da macello. Ci sono racconti allucinanti di violenze subite durante il viaggio. Il tema è molto complesso e certamente non si risolve con il pattugliamento, ma ponendosi innanzitutto il tema dei diritti di queste persone a trovare un approdo, un futuro, un motivo di speranza.

     
    D. – Bisognerebbe puntare piuttosto sull’accoglienza che sul contrasto…

     
    R. – Bisognerebbe puntare prima di tutto sul migliorare le condizioni dei Paesi da cui queste persone vengono. Il recente viaggio del Papa in Africa ha suscitato ulteriori domande, ulteriori appelli, ma non mi sembra ci sia stata una mobilitazione delle coscienze.

     
    Un nuovo episodio, dunque, che interroga drammaticamente la nostra coscienza e spinge a prendere seriamente in esame l’immigrazione irregolare, fenomeno che, nonostante le ultime iniziative di legge, continua ad aggravarsi. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio Immigrazione della Caritas Italiana:

    R. – Sono dei disastri annunciati, purtroppo. Il fatto che si prendano provvedimenti sempre più restrittivi non fa altro che spostare le rotte. Quindi, non tanto attendiamo politiche volte a contrastare, ma ci attendiamo invece una politica di collaborazione internazionale con i Paesi d’origine e di transito veramente efficace. Certo, l’auspicio è sempre che queste persone non tanto vengano contrastate e rinviate nei Paesi di transito, dove non trovano quell’accoglienza e quegli standard umanitari che ci si attenderebbe, bensì quello che ci attendiamo è un’accoglienza nei termini non solo previsti dalla legge ma che in qualche modo anche le nostre coscienze ritengono fondamentali.

     
    D. – Il rischio di un viaggio che potrebbe concludersi in tragedia vale comunque la pena di essere provato, pur di arrivare ad una realtà migliore?

     
    R. – Evidentemente, le condizioni di partenza sono tali per cui anche questo rischio viene calcolato e viene messo nel conto, ahimè! E’ vero che attraverso il mare transitano migliaia di persone. Di queste, alcune centinaia ogni anno – forse migliaia in tutta Europa – trovano la morte e questo, a nostro avviso, è l’aspetto più grave nella misura in cui siamo consapevoli del fatto che, se queste persone fossero entrate regolarmente, attraverso un sistema di ingressi più flessibile, non avremmo assistito a tutto ciò a cui stiamo drammaticamente assistendo. Soprattutto, avremmo sul territorio persone con un titolo di soggiorno, piuttosto che vedere poi con il tempo – e questo è quello che accadrà – tanti di loro che si aggireranno irregolarmente per le nostre città, con tutte le conseguenze che l’irregolarità produce nel tempo.

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    La Cei ribadisce la propria solidarietà al Papa

    ◊   “Stare con il Papa”, cioè esprimergli vicinanza e solidarietà per gli attacchi di cui è stato oggetto di recente: mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, ha delineato in questo modo il significato dei lavori del Consiglio episcopale permanente che si è tenuto a Roma dal 23 al 26 marzo. Nella conferenza stampa di questa mattina, nella sede della nostra emittente, mons. Crociata ha anche annunciato la nascita di un fondo a favore di circa 30 mila famiglie numerose messe in ginocchio dalla crisi. Sul tema dell'immigrazione, i vescovi hanno ribadito che chi sbarca sul territorio nazionale va accolto. Il servizio di Alessandro Guarasci.

    La Chiesa interviene concretamente nella crisi che sta scuotendo il mondo. La Cei, in collaborazione con l’Associazione Bancaria Italiana, ha varato un fondo da 30 milioni di euro, ma il cui valore nei fatti sarà di 300 milioni, per tutte quelle famiglie con almeno tre figli a carico, o con un familiare malato, e dove non vi sia più reddito. Saranno quindi erogati 500 euro mensili da restituire in dodici o 24 mesi. Il commento di mons. Mariano Crociata:

    “Innanzitutto, il suo carattere e la sua finalità è tipicamente, propriamente, ecclesiale. Si esprime nel primato della colletta, cioè del suo essere frutto di un coinvolgimento delle Chiese, dei fedeli, delle comunità ecclesiali di tutta Italia”.

     
    In politica, poi, nessuna scelta di campo e ancor meno di partito, rispetto dell’autonomia del parlamento, attenzione ai valori. Sui temi più eticamente sensibili, il segretario dei vescovi italiani ha ricordato che la Chiesa non ha “mai avuto simpatie per uno Stato etico” ed è contro l’accanimento terapeutico. Ancora, mons. Crociata, sulla legge sul fine vita:

    “In termini più possibili rapidi e nella forma più possibile condivisa, concordata, si giunga alla approvazione di questa legge”.

    I vescovi italiani sono poi tornati stingersi attorno al Papa. Nel comunicato finale si è fatto notare come in occasione del viaggio in Africa, nei confronti del Pontefice, “da parte di alcuni organi di informazione e addirittura di soggetti istituzionali internazionali non ci si è limitati a un libero dissenso, ma si è arrivati a un ostracismo che esula dagli stessi canoni laici”. Sull’uso del preservativo per combattere l’Aids, mons. Crociata è stato chiaro:

    “Il Papa ha mostrato di essere interessato alla persona e alle cause che generano i problemi e a ciò che permette veramente di superare i problemi e le difficoltà. E, dunque, il suo sguardo è uno sguardo alto che cerca il bene pieno, il bene vero della persona”.

    Il Consiglio episcopale permanente ha poi approvato il programma dell’Assemblea generale della Cei, dal 25 al 29 maggio, che avrà al centro la questione educativa.

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    Intervista con mons. Fisichella sul suo ultimo libro“Identità dissolta”: recuperare la lingua madre dell'Europa, il cristianesimo

    ◊   “Per quanto possa apparire paradossale, oggi gli Stati hanno urgente bisogno di confrontarsi con la questione della verità”: è un passaggio dell’ultimo libro dell’arcivescovo Rino Fisichella, intitolato “Identità dissolta”, da oggi in libreria (Mondadori, pag. 144, Euro 17). Nel volume, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita e rettore della Lateranense, riflette sul valore fondamentale del Cristianesimo per l’identità dell’Europa alle prese con le sfide della laicità, del pluralismo e del multiculturalismo. Ma quali sono le manifestazioni più preoccupanti di questa dissoluzione dell’identità europea? Intervistato da Alessandro Gisotti, risponde mons. Rino Fisichella:

    R. – Di fatto, sono quelle di una continua scristianizzazione delle nostre società. Sono quelle di voler dimenticare le radici, di non avere più una cultura che si richiami a quelli che sono i valori fondamentali su cui la società in Europa si è costruita. Sono l’emarginazione, sempre più spesso la derisione del messaggio che i cristiani portano.

     
    D. – In che modo è possibile riappropriarsi di questa identità cristiana, di quella che lei definisce lingua madre dell’Europa? E, certo, senza una lingua comune non ci si comprende...

     
    R. – Io ho mediato questa espressione da un grande poeta tedesco che è Goethe, che diceva: “L’Europa è nata in pellegrinaggio e la sua lingua madre è il cristianesimo”. Se noi andiamo ad analizzare la storia, vediamo realmente che quest’Europa è nata, perché ci sono stati dei luoghi sacri. Pensiamo al pellegrinaggio nella Città di Pietro e Paolo. Pensiamo al pellegrinaggio, già nel Medio Evo, a Santiago di Compostela. Pensiamo alla Via Francigena. Pensiamo a tutto quello che sono stati gli scambi verificatisi con il sorgere delle università, dei comuni. Tutta la ricchezza che c’è stata, è stata prodotta dal cristianesimo, è stata sollecitata dal cristianesimo. Io credo che, per prima cosa, dobbiamo recuperare la consapevolezza di questo. Non dobbiamo dimenticare quella che è stata l’origine dell’Europa, perché se dimentichiamo questa tradizione non ci sarà futuro. E’ impossibile che ci sia futuro.

     
    D. – Perché, secondo lei, anche i non credenti potrebbero trarre vantaggio da questo recupero di identità?

     
    R. – Io credo che qui non sia più questione di essere credenti o non credenti. Qui è questione di avere una curiosità intellettuale e di comprendere realmente che cosa si è verificato e dove si vuole andare. Se vogliamo costruire realmente un’Europa che sia una patria comune di identità differenti, di tradizioni culturali differenti che nel corso dei secoli si sono sviluppate, di lingue anche diverse, dobbiamo però ritrovare necessariamente il denominatore comune, la matrice comune che ha dato vita a tutto questo.

     
    D. – Tutti ricordano il monito sulla “dittatura del relativismo”, lanciato dall’allora cardinale Ratzinger, pochi giorni prima dell’elezione alla Cattedra di Pietro. Perché oggi, secondo lei, è così difficile confrontarsi con la questione fondamentale della verità?

     
    R. - Oggi, anche quanti ci governano, devono sentire il bisogno di far emergere questa questione. Noi abbiamo una profonda tradizione, una tradizione che ha suscitato cultura, una tradizione che ha saputo anche conservare quello che è stato il patrimonio di saggezza e di verità acquisito nel passato. Noi l’abbiamo recuperato, l’abbiamo portato avanti, lo abbiamo fatto conoscere, lo abbiamo conservato nei monumenti, nelle biblioteche… Perché, anche oggi, non pensare che in questa ricerca della verità che portano avanti gli scienziati dal punto di vista medico, fisico, chimico, non ci debba essere anche una verità più profonda che tocca l’uomo nella sua globalità e che tocca anche il senso della sua vita? E su questa verità, che sta anche alla base del vivere comune, civile e sociale, il cristianesimo ha molto da dire.

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    Presentati due libri di Jean-Baptiste Sourou su Giovanni Paolo II e la Chiesa in Africa

    ◊   A pochi giorni dal ritorno di Benedetto XVI dal suo viaggio apostolico in Camerun e Angola permangono “piacevoli sensazioni di gioia e di profondo senso del sacro che le popolazioni africane sono state capaci di trasmettere nei recenti momenti di permanenza”. È il commento di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, intervenuto ieri, nella sede della Radio Vaticana, alla presentazione di due volumi di Jean-Baptiste Sourou, giornalista e docente di Comunicazione all’Università Gregoriana, dal titolo: “Jean-Paul II: Pape blanc et Africain” e “Ecclesia in Africa à la lumière de l'esprit d'Assise”. E' una riflessione sul primo Sinodo dei Vescovi per l’Africa in vista del prossimo appuntamento fissato per ottobre - ha detto Padre Lombardi - che rappresenta il culmine di un anno per l’Africa. Cosa ha rappresentato per la Chiesa e per l’Africa l’Esortazione post-sinodale “Ecclesia in Africa”? Al microfono di Alessandra De Gaetano l’autore Jean-Baptiste Sourou:

    R. – La Chiesa universale ha riscoperto un’Africa che vive, che ha un cuore pieno di vitalità. Il Sinodo del 1994 è stato un punto di arrivo perché è dalla fine del Concilio che si aspettava un raduno di vescovi per discutere i problemi dell’Africa. Tra poco ci sarà il prossimo Sinodo per discutere ancora dei problemi dell’Africa. Si parlerà di giustizia, pace, riconciliazione.

     
    D. – Cosa rappresenta lo spirito di Assisi e come può aiutare l’Africa nel secondo appuntamento sinodale…

     
    R. - Lo spirito di Assisi è prima di tutto l’esperienza di San Francesco a contatto con il Vangelo di Gesù Cristo. Se la Chiesa vuole vivere e testimoniare giustizia, riconciliazione e pace può prendere esempio da questa figura. La Chiesa in Africa può imparare molto da San Francesco. Se siamo fedeli al Vangelo, possiamo dire davvero che stiamo diventando altri San Francesco per la Chiesa in Africa.

     
    D. – Cosa ha rappresentato per gli africani la missione in Africa di Giovanni Paolo II?

     
    R. – Giovanni Paolo II è stato e rimane per gli africani un punto di riferimento. Nel mio libro l’ho scritto parlando del testamento di Giovanni Paolo II per l’Africa. Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del 2005 ha affermato che l’Africa deve diventare protagonista del proprio sviluppo sociale, economico e politico. Penso che Giovanni Paolo II sia un punto di riferimento forte.

     
    D. – Come hanno vissuto e accolto gli africani il messaggio del recente viaggio di Benedetto XVI in Africa?

     
    R. – Per gli africani la figura di Benedetto XVI è la figura del successore di Pietro. Così come hanno accolto Giovanni Paolo II, così hanno accolto anche Benedetto XVI. Lo hanno accolto come la persona che assicura unità, come il padre di famiglia che viene a visitare i suoi figli. C’è stata grande gioia ovunque: nelle strade, nelle liturgie. Hanno accolto con fede e anche con molta speranza questo messaggio.

     
    D. – Come hanno reagito gli africani alle polemiche dei media occidentali sull’Aids?

     
    R. – Io come africano dico semplicemente che i media europei hanno perso un’occasione di tacere: non possono continuare a pensare per gli africani, a voler rispondere sempre al posto degli africani. Siamo abbastanza adulti e capaci di riflettere con il nostro cervello. Siamo in grado di aprire la bocca e dire cose sensate. Ne abbiamo abbastanza, siamo stanchi di questo. Siamo adulti, siamo capaci. Penso che sia un momento di grazia anche per noi. La piccola Santa Teresa di Gesù dice che tutto è grazia per colui che crede. E’ un momento di grazia per noi africani. E' il momento di prendere in mano il nostro destino e di pensare ad altri modi per far sentire la nostra voce. Giovanni Paolo II in fin dei conti nel messaggio della Giornata mondiale per la pace del 2005 dice: l’Africa cessi di essere oggetto di assistenza per diventare soggetto protagonista dello sviluppo politico, economico, sociale, culturale e religioso.

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    Chiesa e Società



    Onu. Tre minacce per gli Obiettivi del Millennio: crisi globale, scarsità di cibo e clima

    ◊   La recessione globale, la scarsità di cibo e il costo del petrolio insieme ai cambiamenti climatici rischiano di bloccare il processo per il raggiungimento degli Obiettivi del millennio nei Paesi della zona Asia-Pacifico. A lanciare l’allarme è la Commissione economica e sociale dell’Onu per la regione (Escap). Robert Piper, responsabile del Palazzo di vetro per gli interventi umanitari nell’area, afferma che “le tre minacce”, economica, alimentare ed energetica, non solo si presentano sulla scenario globale nello stesso momento, ma “convergono” esercitando un forte impatto sullo sviluppo complessivo dell’intera regione. “Serve una risposta d’insieme”, afferma Piper, poiché “eventuali interventi parziali offriranno risposte temporanee destinate a dare respiro solo fino a che una crisi peggiore colpirà la regione”. Secondo un’indagine realizzata dall’Escap, il 2009 dell’area Asia-Pacifico sarà segnato da un inversione degli indici di crescita economica tra i Paesi in via di sviluppo e quelli sviluppati: le previsioni dei primi si attestano attorno al 3,6%, mentre per i secondi si parla solo dell’1,5%. Per gli economisti - riferisce l'agenzia AsiaNews - il dato comporterà fermenti sociali e instabilità nell’intera regione, ma nel contempo potrebbe rivelarsi un’occasione unica per i Paesi in via di sviluppo. A livello regionale l’indagine dell’Escap sottolinea l’importanza di tornare ad impostare la crescita delle economie dei singoli Paesi con una prospettiva di sviluppo sostenibile e inclusivo. La commissione Onu suggerisce ai governi di promuovere una cooperazione macroeconomica su scala regionale che fronteggi i tema della sicurezza alimentare e dell’agricoltura sostenibile, gettando le fondamenta per una società capace di riprendersi dallo shock della crisi. (R.P.)

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    Le Chiese cristiane al Sudan: non bloccare le operazioni umanitarie in Darfur

    ◊   I vertici della Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa (CETA) hanno chiesto al governo sudanese di “consentire la prosecuzione delle operazioni umanitarie” nel Darfur dopo la recente espulsione dal Paese di 13 ong internazionali. La richiesta è contenuta in una dichiarazione diffusa il 26 marzo dal Comitato generale riunito a Nairobi in Kenya. “Siamo profondamente preoccupati per le conseguenze dell’espulsione di queste organizzazioni che hanno permesso di salvare vite umane in Sudan”, si legge nella dichiarazione del Comitato generale, che riunisce più di 100 Chiese (per lo più protestanti e anglicane) e 39 Consigli di Chiese associate, presenti in 34 Paesi africani. Come si ricorderà, l’espulsione delle 13 agenzie umanitarie è avvenuta dopo il mandato d'arresto emanato dalla Corte Penale Internazionale dell’Aia (CPI) nei confronti del Presidente Omar Hassan el-Bashir accusato di crimini di guerra e contro l'umanità per i massacri nel Darfur. Il governo di Khartum le accusa di avere messo a repentaglio la sicurezza del Paese, riferendo informazioni false al TPI. Nella dichiarazione, ripresa dall’agenzia ecumenica Eni, la CETA ricorda che il governo sudanese è responsabile “della protezione dei suoi cittadini, quali che siano le loro origini, religioni o affiliazioni politiche” ed invita “tutte le parti in conflitto nel Darfur ad astenersi dal ricorso a qualsiasi forma di violenza e a rispettare i diritti della persona e la dignità di tutti i cittadini del Sudan”. La decisione della Corte Internazionale ha suscitato qualche perplessità anche tra i vescovi cattolici sudanesi, preoccupati delle sue possibili ripercussioni negative sul delicato processo di pace iniziato nel 2005 con gli accordi siglati tra il governo di Khartum e i ribelli dello SPLA, dopo una guerra civile che per più di un ventennio ha insanguinato il Sud del Paese. (L.Z.)

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    Il cardinale Vingt-Trois sugli attacchi alla Chiesa

    ◊   “Nel corso delle ultime e movimentate settimane, ho pensato spesso alla barca colpita dalla tempesta e agli apostoli, che vedevano dormire Gesù. Il sonno di Cristo appariva loro come un’assenza e un abbandono al momento del pericolo”. Inizia con questa immagine la prolusione del card. André Vingt-Trois, presidente della Conferenza episcopale francese, letta questa mattina a Lourdes in apertura dell’Assemblea plenaria. “Condividendo con voi questa preghiera – ha aggiunto – non voglio né drammatizzare né spiritualizzare all’eccesso ciò che abbiamo vissuto, ma semplicemente invitare a situarci nella realtà più profonda della Chiesa. Se nel corso dei secoli, i colpi di vento non sono mai mancati, essi sono stati particolarmente violenti in questi ultimi tempi”. Il cardinale Vingt-Trois - riferisce l'agenzia Sir - ha poi definito “un uragano mediatico” le polemiche che sono state “montate” riguardo alle dichiarazioni rese dal Papa sull’aereo che lo stava portando in Camerun. “La polarizzazione esclusiva sulla questione del preservativo – ha detto l’arcivescovo parlando ai 120 vescovi francesi – ha occultato il resto degli interventi del Papa sulla responsabilità umana nelle relazioni sessuali, sull’Aids, le sue parole di compassione, la sua richiesta di gratuità nelle terapie per l’Africa, ecc. Sono stati cancellati i discorsi importanti fatti dal Papa quando ha fatto appello affinchè si mettano in atto cambiamenti reali e profondi nella vita pubblica e quando ha denunciato una violenza endemica. I diretti interessati, gli africani, i vescovi, gli uomini di Stato e semplici cittadini non hanno mancato di dire ciò che pensavano di questa campagna mediatica arrivata dall’estero. E l’accoglienza riservata al Papa dagli africani basterebbe da sola a darne testimonianza”. Il porporato ha anche fatto riferimento alla revoca della scomunica ai quattro vescovi lefevbriani. E parlando del suo recente incontro a New York e Washington con alcune personali ebraiche del Paese, ha detto: “Il negazionismo ha evidentemente avuto il suo spazio nei nostri incontri, ma senza che il sospetto pesasse su di noi né sul Papa. E’ stato piuttosto ribadita l’espressione di una convinzione comune riguardo a tutte le manifestazioni di antisemitismo”. Particolarmente apprezzate dall’episcopato francese, la lettera personale del Papa ai vescovi e le decisioni annunciate riguardo alla Commissione “Ecclesia Dei”. (R.P.)

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    La prossima Giornata Mondiale della Gioventù in diretta su internet

    ◊   Le celebrazioni della 24ª Giornata Mondiale della Gioventù, questa domenica a Roma, potranno essere seguite per la prima volta in diretta su internet. Gli eventi della giornata, tra cui la Santa Messa presieduta dal Papa per la Domenica delle Palme e la consegna della Croce e dell’Icona della GMG – saranno infatti integralmente trasmesse su [www.Xt3.com] , il network sociale messo in rete in occasione della GMG di Sydney. Lanciato più di nove mesi fa, Xt3.com, che sta a significare Cristo (Xt) nel Terzo (3) Millennio, ha registrato in questo arco di tempo una crescita record. Gli iscritti sono ormai decine di migliaia da 200 Paesi e i contatti quotidiani raggiungono cifre a sei zeri. Il suo target, ovviamente, sono i giovani di età compresa tra i 16 e i 35 anni. Come in altri network sociali saliti di recente alla ribalta delle cronache, su [www.Xt3.com] gli iscritti condividono idee, amici, fotografie, gruppi di discussione e pagine interattive. Il sito invia messaggi di testo, audio e video per segnalare informazioni e interviste su eventi e temi di attualità religiosa, politica, sociale, culturale e anche sportiva che interessano la Chiesa, cui seguono commenti e reazioni. Come si ricorderà lo scorso settembre al social network è anche giunto un breve messaggio del Santo Padre, Benedetto XVI. Forti di questo successo il sito si è arricchito progressivamente di nuove pagine. Tra le novità di maggior successo il nuovo podcast settimanale inserito nella sezione dedicata alla Quaresima “Does God have a Sense of Humour” (“Dio ha un senso dell’umorismo?”) con ospiti diversi attori comici di successo. (L.Z.)

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    Almeno 99 i morti in Indonesia per il crollo di una diga

    ◊   In Indonesia oltre 100 persone risultano ancora disperse dopo il crollo della diga di Situ Gintung, nei pressi di Tangerang, avvenuto lo scorso 27 marzo. Le operazioni di ricerca non si sono interrotte. Al momento, le vittime sono 99: si tratta soprattutto di donne, bambini e anziani. Il bilancio è purtroppo destinato ad aumentare. Dopo il crollo della diga, 21 milioni di metri cubi di acqua e fango si sono abbattute su case ed edifici. I testimoni hanno riferito che l’onda provocata dal cedimento della diga sembrava un “piccolo tsunami”. Nel Paese, intanto, è in fase di svolgimento la campagna per le elezioni legislative del prossimo 9 aprile. La tragedia - sottolineano diversi osservatori - si è trasformata in una questione politica da risolvere prima dell’emergenza. Molti politici hanno criticato, in particolare, il governo locale per negligenze commesse nella manutenzione della struttura. La polizia non ha ancora avanzato ipotesi sulle responsabilità del disastro. Per gran parte dell’opinione pubblica il principale indiziato è il responsabile della diga, Pitoyo Subandrio. Anche l’agenzia di controllo è ritenuta colpevole di non aver monitorato le reali condizioni dell’opera. Fonti interne alla polizia affermano che tra le responsabilità di Subandrio c’è anche quella di non aver avvisato gli abitanti della zona sui possibili rischi legati al crollo delle pareti. La diga di Situ Gintung – ricorda AsiaNews - è stata costruita nel 1930 durante il periodo coloniale olandese. In origine, il bacino copriva una superficie di 31 ettari, ma negli ultimi anni è stato ridotto a 21. La riduzione è dovuta al rapido aumento delle case edificate sulle sponde della diga e nell’area immediatamente circostante. (A.L.)

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    Brasile: vescovi indignati per le minacce alla Chiesa perché difende la vita

    ◊   La Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile nella Regione Nord 2 ha manifestato pubblicamente la sua indignazione in merito alle minacce subite da suor Marie Henriqueta Cavalcante, coordinatrice della Commissione Giustizia e Pace (CJP) di questa Regione, a seguito delle recenti inchieste su casi di abuso e sfruttamento sessuale di minori. Casi che hanno registrato anche la partecipazione di persone influenti nella società locale. A tal proposito, la settimana scorsa, come viene denunciato nella nota ripresa dall'agenzia Fides, c’è stata una minaccia telefonica alla coordinatrice, fatto che non ha fermato in alcun modo il lavoro della religiosa, anzi, lei “continua ad agire in maniera instancabile nell’accompagnamento della Commissione parlamentare di indagine sulla pedofilia, creata dall’Assemblea legislativa dello Stato del Pará”. Questa minaccia è vista come un tentativo “non solo di fermare il lavoro della coordinatrice della CJP, bensì come un modo di zittire la voce della Chiesa nella sua lotta incessante per la difesa della vita”. Tuttavia, come si legge ancora nel testo, la pastorale sociale e gli organismi che compongono la Conferenza episcopale brasiliana, con il pieno sostegno dei vescovi, “appoggeranno sempre la legittima lotta in difesa dei diritti umani”. Inoltre viene ribadito che la Chiesa, fedele agli insegnamenti di Gesù Cristo, “svolge un ruolo profetico nella difesa e nella promozione della vita, denunciando ogni forma di ingiustizia, specialmente quando è praticata da coloro che dovrebbero invece lottare a favore della giustizia”. “La Regione Nord della Conferenza episcopale - conclude il comunicato - riafferma la sua scelta in favore dei poveri, difendendo la causa di quanti hanno maggiore necessità di giustizia nella nostra società. Un qualcosa che si pone come risposta all’invito della Conferenza di Aparecida, in cui è stato evidenziato che ‘i volti dei poveri che soffrono sono il volto di Cristo che soffre’”. (R.P.)

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    Cuba. Mons. García Ibáñez: positive le relazioni tra Stato e Chiesa

    ◊   Nell'ambito delle relazioni tra Stato cubano e Chiesa negli ultimi anni c'è stata una fruttuosa “comunicazione e vogliamo continuare nella stessa direzione”. E’ quanto ha dichiarato all'agenzia Efe il neo presidente della Conferenza dell’episcopato cubano, mons. Dionisio García Ibáñez, arcivescovo di Santiago di Cuba, eletto nella plenaria episcopale lo scorso 27 marzo. Il presule ha spiegato anche che le nuove autorità dell'episcopato sono il risultato di un normale avvicendamento stabilito negli statuti che prevedono nuove elezioni ogni tre anni. Il neo presidente dei vescovi cubani ha ricordato e ringraziato l'operato del suo predecessore, mons. Juan García Rodríguez, arcivescovo di Camagüey. Ha anche sottolineato come sia importante poter fare affidamento sulla vicinanza dell'arcivescovo di L’Avana, cardinale Jaime Ortega, eletto vice presidente, e dell'ausiliare della medesima arcidiocesi, mons. Juan de Dios Hernández, nuovo segretario dell'episcopato. "Dal punto di vista pastorale - ha affermato mons. Dionisio García Ibáñez - stiamo vivendo un momento molto forte, poiché la Chiesa continua ad applicare i suoi piani sia per quanto riguarda la sua visibilità sia per ciò che concerne la propria missione evangelizzatrice”. Mons. Dionisio García Ibáñez ha ricordato che la sua elezione è legata anche alle celebrazioni dei 400 anni dalla scoperta della statua della Madonna del Cobre, Regina e Patrona dell'isola. L’anno scorso sono cominciati i quattro anni di preparazione per le celebrazioni del 2012. Mons. García Ibáñez, presidente anche della Commissione episcopale incaricata di organizzare la festa religiosa, ha sottolineato che il suo proposito è di “proseguire in questo lavoro”. In questi tre anni che restano - ha spiegato - si deve dare “la massima importanza alla preparazione religiosa e spirituale delle comunità tramite azioni missionarie e caritatevoli”. Il santuario della Madonna del Cobre si trova in una piccola località vicina a Santiago di Cuba, la seconda città del Paese, a 900 chilometri ad est della capitale. Già dall'anno scorso si è registrato un aumento sensibile dei pellegrinaggi. Mons. Dionisio García Ibáñez, 64 anni, prima di essere ordinato sacerdote, era un ingegnere elettronico che, come esperto nell'ambito delle comunicazioni, ha esercitato la propria professione per oltre otto anni. Ha completato gli studi presso il seminario "San Carlos y San Ambrosio" dell'Avana dove è entrato nel 1980. E’ stato nominato vescovo il 9 dicembre 1995 nella nuova diocesi di Bayamo-Manzanillo creata da Giovanni Paolo II. Il 7 febbraio del 2007 Benedetto XVI lo ha nominato arcivescovo di Santiago di Cuba. (L.B.)

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    La Chiesa di San Salvador preoccupata per le misure governative contro la crisi

    ◊   L’arcivescovo di San Salvador, mons. Luis Escobar Alas, ha espresso preoccupazione per l'adozione, da parte del governo, di alcune misure anticrisi che, a causa della mancanza di risorse statali, obbligheranno ad eliminare i sussidi sia al settore elettrico sia a quello del trasporto pubblico. “Ci preoccupa – ha detto il presule - poiché si abbandona un principio fondamentale, quello di andare incontro a coloro che hanno bisogno del sostegno dello Stato”. L’arcivescovo ha quindi chiesto ai politici, sia ai rappresentanti del governo uscente sia ad esponenti del nuovo esecutivo eletto poche settimane fa, di “riconsiderare le strategie ed evitare di colpire ancora i più deboli”. Il governo uscente del presidente Elias Antonio Saca ha annunciato nei giorni scorsi che saranno cancellati i sussidi al consumo elettrico sia nel settore commerciale sia in quello residenziale al di sopra di 99 kilowat/ora. Un provvedimento analogo potrebbe essere adottato anche nel settore del trasporto pubblico per contrastare l’aumento del debito statale nei confronti dei trasportatori che non ricevono il sussidio dal dicembre del 2008. Dopo essersi soffermato sulla crisi che colpisce El Salvador, mons. Luis Escobar Alas ha ricordato anche le celebrazioni del 29.mo anniversario dell’uccisione del suo predecessore, mons. Oscar Arnulfo Romero, assassinato il 24 marzo del 1980. E’ importante – ha osservato il presule – “che tutti chiedano perdono, cominciando dallo Stato per i crimini del passato, tra cui quello dell’arcivescovo Romero, dei sei gesuiti dell’Università di San Salvador (Uca) e di tante altre persone meno note”. “Tutti coloro che sono stati coinvolti in crimini di guerra devono chiedere perdono, nessuno escluso. È vero – ha aggiunto - che in questi anni di pace si è fatto molto per la riconciliazione. Si deve continuare su questo sentiero. Si deve però pensare anche alle ingiustizie di oggi”. Mons. Escobar Alas ha affermato infine di ritenere “positivo” il dialogo tra governo, Compagnia di Gesù e Chiesa cattolica salvadoregna per “analizzare e discutere su diversi aspetti riguardanti la morte di mons. Romero e quella dei gesuiti”. “La verità – ha concluso - genera giustizia e riconciliazione e rende il perdono necessario e autentico”. (A cura di Luis Badilla)

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    Il Consiglio mondiale delle Chiese al G20: principi etici per superare la crisi

    ◊   Appello del Consiglio mondiale delle Chiese ai leader del prossimo G20, in programma il 2 aprile Londra, di andare oltre alle “azioni di salvataggio finanziario di breve durata” e cercare “soluzioni di lunga durata fondate su base etica e principi morali”. “Profonda preoccupazione” “per l’attuale crisi finanziaria ed economica” esprime in una lettera inviata ieri al primo ministro inglese, Gordon Brown, il segretario generale del COE, Samuel Kobia, alla guida dell’organismo ecumenico, che raggruppa 349 confessioni cristiane, in rappresentanza di ben 560 milioni di fedeli in 110 Paesi del mondo intero. Le Chiese cristiane ritengono che l’attuale crisi non sia di natura “solamente finanziaria ed economica” ma abbia anche “dimensioni morali”. Per questo la lettera del COE contiene una serie di proposte. Il primo suggerimento alla comunità internazionale è quello di “creare una nuova architettura finanziaria da sviluppare sotto l’egida delle Nazioni Unite e dove possa esserci una vasta partecipazione di tutti i Paesi e della società civile”. Le Chiese chiedono anche di “stabilire a livello internazionale e permanente meccanismi di controllo” sui flussi dei capitali e di monitoraggio sui comportamenti speculativi. L’auspicio finale è che “questa crisi non conduca ad una riduzione degli aiuti allo sviluppo ai Paesi poveri”. (R.G.)

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    Il cardinale Rodríguez Maradiaga invita a riportare l'etica nell'economia

    ◊   Il cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, ha esortato a rivalutare l'aspetto etico dell'economia, considerando che l'attuale crisi mondiale “è avvenuta perché l'etica è stata emarginata per far posto al perseguimento di una maggiore ricchezza da parte di pochi potenti”. “Possiamo affrontare questa crisi ricucendo la fallita globalizzazione dell'avidità o vederla come un'opportunità per creare una globalizzazione basata su solidarietà, giustizia e pace”, ha affermato il porporato in un comunicato della Caritas inviato all’agenzia Zenit. “I poveri, quelli meno responsabili per la crisi economica, incontreranno enormi difficoltà a far fronte a questa situazione”, ha riconosciuto. “Quando vengono trovati trilioni di dollari per soccorrere il sistema bancario, è moralmente ingiustificabile che alcuni Paesi ricchi abbiano tagliato i fondi destinati agli aiuti. La crisi economica non deve distogliere i Paesi ricchi dal loro dovere di aiutare i Paesi in via di sviluppo”. La crisi, ha osservato il Cardinale Rodríguez Maradiaga, non può neanche “distogliere il G20 dal trovare un accordo giusto e adeguato sui cambiamenti climatici”. Se non ci sarà un “deciso taglio” delle emissioni di gas serra, ha avvertito, “i cambiamenti climatici avranno conseguenze a lungo termine molto più devastanti della crisi economica”. Di fronte a questa situazione, la Caritas esorta il meeting del G20, previsto a Londra per il 2 aprile, a mettere i poveri al centro di una riforma che costruirà una nuova economia basata su giustizia e uguaglianza. Il G20 è un gruppo di Paesi industrializzati e in via di sviluppo che cercheranno politiche coordinate per affrontare la recessione globale. Si discuterà anche della riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale. Secondo la Caritas, la crisi economica avrà un impatto soprattutto sulle popolazioni povere. Nei Paesi in via di sviluppo, almeno 53 milioni di persone entreranno nel vortice della povertà per via della situazione attuale. Lo scorso anno, l'incremento del prezzo di cibo e combustibile ha provocato un aumento dei poveri di circa 135-150 milioni di unità. La Caritas chiede una riforma delle Nazioni Unite, del FMI e della Banca Mondiale per assicurare una maggiore partecipazione ai processi decisionali da parte dei Paesi più svantaggiati. (A.L.)

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    Taiwan: il vescovo di Kaohsiung sollecita aiuti per disoccupati e poveri

    ◊   La tempesta della crisi economica ha travolto il mondo intero, colpendo tante famiglie, ma ha risvegliato anche la coscienza di tanti cristiani, intensificando la loro adesione all’insegnamento della fede e della Chiesa. Con questi sentimenti mons. Peter Liu Cheng-chung, vescovo della diocesi di Kaohsiung, ha pubblicato una Lettera ai fedeli della diocesi intitolata “Valorizzare l’amore dei concittadini, offrire il riso ed aiutare i disoccupati”. Nella lettera - riferisce l'agenzia Fides - il presule sollecita aiuti concreti per i disoccupati. Infatti scrive che “in questo tempo di Quaresima, oltre ad intensificare la preghiera, dobbiamo anche applicare il comandamento dell’amore e del servizio. Perché Gesù ci dice ‘ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l`avete fatto a me’. Quindi invita la diocesi a mobilitarsi per la campagna denominata “Il mio pane quotidiano”. Mons. Liu scrive: “Dobbiamo tenere le orecchie ben aperte per sentire la voce dei bisognosi intorno a noi. La campagna intende offrire il riso ai bisognosi e ai disoccupati per aiutarli a superare il momento attuale di crisi. Inoltre intende sensibilizzare la societа per far sentire ai disoccupati il calore umano e cristiano. Per attuare la campagna di raccolta del riso, la diocesi di Kaohsiung ha aperto un numero verde e un conto corrente, inoltre le parrocchie funzionano da punti di raccolta del riso che sarà poi distribuito. (R.P.)

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    Bangladesh: emergenza tortura, abusi sulle donne, libertà e diritti delle minoranze

    ◊   E’ un percorso arduo e accidentato quello del rispetto dei diritti umani in Bangladesh: in numerosi campi esiste ancora una vera e propria emergenza, lontana da standard accettabili. E’ quanto afferma il dettagliato “Rapporto sui Diritti Umani 2008”, pubblicato di recente dall’Organizzazione non Governativa bengalese “Odhikar” (che in lingua bengali significa “Diritti”), nata nel 1994 su iniziativa di un gruppo di attivisti, avvocati, uomini politici, rappresentanti di gruppi e movimenti sociali, che ha come missione precipua la promozione e la tutela dei diritti umani in Bangladesh. Il Rapporto ripreso dall'agenzia Fides, si sofferma su diversi temi e analizza l’andamento della vita politica e sociale nel paese, raccontando le violazioni e gli abusi compiuti nel periodo in cui è stato in vigore lo “stato di emergenza”, concluso a dicembre 2008. Capitoli speciali riguardano la tortura e la violenze sulle donne, ma si toccano anche le uccisioni extragiudiziali, i diritti delle minoranze, intimidazioni subite dagli attivisti per i diritti umani, gli abusi e lo sfruttamento subito da lavoratori e contadini. Il Rapporto nota con allarme che la pratica della tortura è divenuta usuale: ciò accade a causa dell'impunità che accompagna chi compie la tortura. La tortura è usata regolarmente dalle forze di polizia per estorcere una confessione e, quel che è più grave, viene quasi considerata una routine. Nella legislazione del Bangladesh, essa non viene considerata come un crimine, sebbene il Bangladesh sia firmatario della Convenzione internazionale contro la Tortura. Un fenomeno tristemente degno di nota è, inoltre, quello degli arresti arbitrari che, durante il periodo dello stato di emergenza, sono stati innumerevoli: a giugno 2008 sono state arrestate oltre 50mila persone, affiliate a partiti politici, senza seguire le procedure standard. L’allarme di “Odhikar” tocca anche i casi della violenza contro le donne, molto estesa in Bangladesh. Il numero di donne che subiscono violenza, nota il Rapporto – includendo stupro, violenza per motivi di dote, percosse, torture e assassini – è particolarmente alto nelle fasce più povere della società, soprattutto fra donne che vivono in aree rurali, sia dentro che fuori delle mura domestiche. Fra le ragioni di tale violenza, vi sono la difficoltà ad accedere al sistema di giustizia, la corruzione della polizia, la cattiva amministrazione, l’ignoranza della legge, la scarsa assistenza medica. Pur essendo una esigua minoranza in un paese musulmano, anche la Chiese cristiane in Bangladesh nello scorso biennio hanno più volte alzato la voce in difesa dei diritti umani e per il rispetto della dignità di ogni essere umano. (R.P.)

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    Vietnam: all'esame dei vescovi un nuovo piano di evangelizzazione

    ◊   Una campagna per la distribuzione di Bibbie e la creazione di nuove stazioni missionarie in tutto il Vietnam. Sono i due punti centrali di un nuovo piano nazionale di evangelizzazione che sarà presentato alla prossima plenaria dei vescovi vietnamiti. Alla sua stesura, affidata alla Commissione episcopale per l’evangelizzazione, hanno contribuito un centinaio di sacerdoti, religiosi e laici da tutte le 26 diocesi del Paese che ne hanno discusso nei giorni scorsi a una riunione a Ho Chi Minh Ville. L’obiettivo è appunto di rilanciare la centralità della missione nella Chiesa in Vietnam, un aspetto che – ha evidenziato all’incontro il presidente della Commissione per l’evangelizzazione mons. Michael Hoang Duc Oanh – i cattolici vietnamiti hanno trascurato in questi ultimi anni. Seguendo l’esempio delle Chiese protestanti, la Commissione ha deciso quindi di lanciare una campagna di distribuzione di Bibbie. Un altro punto forte del piano – riferisce l’agenzia Ucan - è poi la creazione di nuove stazioni missionarie nelle periferie delle città e in tutti quei luoghi in cui è scarsa la presenza di cattolici. All’incontro si è parlato anche delle strategie comunicative più efficaci per evangelizzare non credenti, minoranze etniche, giovani e poveri, ma anche per riavvicinare alla Chiesa quei fedeli che se ne sono allontanati. Tra le principali proposte emerse vi è stata quella di promuovere l’uso delle moderne tecnologie della comunicazione a cominciare da Internet. I partecipanti hanno inoltre chiesto l’invio di missionari e materiale per aiutare le parrocchie nella loro opera di evangelizzazione e l’organizzazione di corsi di formazione per missionari laici da inviare nelle aree più remote del Vietnam. Le proposte saranno vagliate dai vescovi alla plenaria prevista dal 13 al 18 aprile. (L.Z.)

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    Iraq: la Chiesa caldea invita a visitare le comunità cristiane del Paese

    ◊   Appello di sacerdoti e vescovi iracheni ai loro confratelli americani affinché visitino l’Iraq per vedere da vicino le condizioni in cui versa la comunità cristiana locale. “Noi cristiani rischiamo seriamente di scomparire a causa dell'emigrazione – si legge nel testo rilanciato da Baghdadhope e ripreso dal Sir - i nostri amici e le nostre famiglie hanno avuto delle buone ragioni per partire. Sono stati sfollati a causa della guerra. Sono stati rapiti ed uccisi, le loro case sono state saccheggiate e confiscate. Non hanno lavoro né futuro. Quelli di noi che non sono partiti sopravvivono, ma non è abbastanza. Abbiamo dei progetti sul lavoro, la scuola e l'istruzione ma abbiamo bisogno di aiuti finanziari. Abbiamo bisogno di aiuto ora”. Sono circa 500 mila i cristiani rimasti in Iraq, quasi tutti fuggiti a Nord a causa della guerra. “Qui siamo più al sicuro ma abbiamo bisogno di esserlo di più. E la nostra sicurezza non ci sarà data dalle votazioni o dalla nostra rappresentatività nel governo perché non l'abbiamo. Il nostro ruolo – conclude l’appello, firmato tra gli altri dai vescovi mons. Mikha Maqdassi di Alqosh, mons. Louis Sako di Kirkuk, mons. Petros Al-Harboli di Zakho e da padre Bashar Warda, rettore del seminario - ci viene dal servizio che diamo negli ambiti della scuola e della salute. La nostra futura sicurezza è nella istruzione. Siamo pronti a lavorare. Vogliamo rimanere qui”. (R.P.)

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    Aiuto alla Chiesa che Soffre denuncia la grave situazione di carestia in Eritrea

    ◊   Carestia ed insicurezza rischiano di mettere in ginocchio la popolazione dell’Eritrea: la denuncia arriva da “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), che ribadisce la necessità di aiuti a livello internazionale. Fino ad ora, informa un comunicato, ACS ha offerto circa 25 mila euro per assistere oltre 20 mila rifugiati che fuggono dal Paese africano, devastato da gravi conflitti e da un pesante regime messo in atto dal presidente, Isaias Afeweki. La situazione rischia di precipitare, continua la nota di ACS ripresa dall'agenzia Apic, tanto più che il governo non permette di trasportare viveri da una zona all’altra del Paese. “Possiamo solo immaginare l’incubo che incombe sull’Eritrea – conclude ACS – Solo la storia potrà raccontare quello che la popolazione ha dovuto sopportare finora. Sono necessari urgentemente il nostro aiuto e le nostre preghiere”. Attualmente, in Eritrea i cattolici sono 250 mila, il 5% della popolazione. Da ricordare che nel 2005, il governo ha intimato agli istituti religiosi di avere solo missionari autoctoni. Solo nel 2008, quindi, si sono registrate l'espulsione di 14 missionari cattolici e la confisca delle loro proprietà, mentre è salito a più di 2mila il numero dei cristiani arrestati per la loro fede. Le misure repressive hanno colpito anche gli ortodossi: il loro patriarca Antonios è stato deposto nel 2006 e sostituito da Dioscoros, vescovo di Mendefera, ritenuto più vicino al governo. (I.P.)

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    Kenya: i vescovi contrari alla convocazione di nuove elezioni

    ◊   “Il popolo keniano “non ha bisogno di nuove elezioni”, quanto piuttosto di ristabilire la pace “per arrivare un giorno a un Kenya unito”. Con queste parole mons. Cornelius Arap Korir, vescovo di Eldoret, ha ribadito il disaccordo della Chiesa cattolica keniana con la richiesta avanzata da alcuni esponenti cristiani di nuove elezioni politiche. Come è noto, il Paese è uscito da poco da un periodo di sanguinose violenze seguite alle contestate elezioni del dicembre 2007 e, da qualche tempo, alle tensioni politiche ancora non completamente sopite si è aggiunta anche una grave crisi alimentare. In questo contesto si è inserita la proposta avanzata qualche giorno fa dal Consiglio delle Chiese del Kenya di richiamare i keniani alle urne. Una posizione che mons. Korir giudica inopportuna: “In una fase in cui stiamo ancora cercando di riconciliarci, le elezioni non sono una priorità”, ha dichiarato all’agenzia Cns il presule che non ha comunque risparmiato critiche all’attuale classe politica: “Perde tempo nei suoi giochi politici, anziché occuparsi dello sviluppo del Paese”, ha detto. Le parole del vescovo Eldoret fanno eco a quelle di altri leader cristiani, tra cui il Presidente della Conferenza episcopale keniana, il cardinale John Njue. L’arcivescovo di Nairobi ha definito la richiesta del Consiglio delle Chiese “irrituale” e ha dichiarato che “la Chiesa cattolica cercherà piuttosto di trovare un modo per coinvolgere le autorità nella ricerca una soluzione ai problemi del Paese”. (L.Z.)

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    Congo: impegno contro la corruzione

    ◊   Nel loro terzo incontro nazionale, tenutosi nei giorni scorsi a Kinshasa, esponenti politici della Repubblica Democratica del Congo hanno proclamato un “Atto di compromesso per il buon governo e la lotta contro la corruzione”. L’incontro – rende noto l’agenzia Zenit – è stato organizzato dalla Commissione episcopale per l'Apostolato dei laici. La riunione, svoltasi nel centro Béthanie di Kinshasa, aveva come motto “Promozione del buon governo e lotta contro la corruzione: responsabilità dell'attore politico cattolico, uomo e donna”. I partecipanti hanno constatato nella loro analisi che la corruzione paralizza tutti gli sforzi di riforma politica, economica, sociale, morale e perfino spirituale del Paese. Hanno anche deplorato un fenomeno di indifferenza nel corpo sociale che permette alla corruzione di espandersi come un virus. Si sono tuttavia congratulati per la volontà delle alte istituzioni della Repubblica di agire contro questo fenomeno. I politici cattolici hanno assunto, a livello libero e individuale, la decisione di lottare contro quella che definiscono una piaga sociale. Per concretizzare questo impegno, uniranno i loro sforzi per mobilitare tutta la comunità nazionale in un programma cittadino di presa di coscienza. L’auspicio è che il 50.mo anniversario dell'indipendenza, che si celebrerà il prossimo anno, sia “un anno senza corruzione”. E’ stato infine rivolto un appello alla gerarchia della Chiesa cattolica, a tutte le confessioni religiose, agli ordini professionali e ai sindacati a unirsi e a mobilitarsi in questa lotta. (A.L.)

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    Monumento ricorda le donne vittime di stupri in Congo

    ◊   Una figura femminile calpestata dagli stivali dei suoi aguzzini: è l’immagine del monumento alla “donna violata” inaugurato a Goma, capoluogo della provincia orientale del Nord Kivu. Le organizzazioni femminili locali – riferisce l’agenzia Misna - denunciano che stupri e violenze proseguono, nonostante la recente fine del conflitto armato. “Si continuano a violentare le donne ed è come violentare la propria nazione”, ha detto una studentessa che partecipava alla cerimonia d’inaugurazione, citata dall’emittente dell’Onu ‘Radio Okapi’. Alta tre metri, la statua è stata collocata davanti all’Istituto Metanoia della Libera università dei Grandi laghi (Ulpgl). Nel giugno 2008, l’Assemblea generale della Nazioni Unite, anche in conseguenza dei reati commessi nell’est della Repubblica Democratica del Congo, ha adottato all’unanimità la risoluzione 1820: secondo il documento, che apre la via a possibili incriminazioni di fronte alla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja, lo stupro in zone di conflitto può costituire “crimine di guerra, crimine contro l’umanità” o “un atto all’interno del genocidio”. (A.L.)

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    Spagna: a Madrid oltre mezzo milione di persone alla Marcia per la Vita

    ◊   È stato un successo la Marcia per la vita che si è svolta domenica scorsa a Madrid a difesa della donna e contro l’aborto e la legge che il governo vorrebbe meno restrittiva. Secondo l’Istituto di politica familiare, "Madrid si è trasformata nella capitale dell’alleanza di civiltà in difesa del diritto alla vita". Oltre alla Marcia di Madrid, che si è conclusa con la lettura del Manifesto per la vita, in tutta la Spagna ci sono stati raduni davanti ai Municipi spagnoli in difesa della vita con la lettura del Manifesto. Le iniziative - riferisce l'agenzia Sir - sono state sostenute da circa 700 associazioni di tutto il mondo in rappresentanza di oltre 20 milioni di persone. Francia, Germania, Svizzera, Norvegia, Malta, Regno Unito, Portogallo, Slovacchia, Ungheria, Stati Uniti, Canada, Messico, Colombia, Argentina, Perù e Brasile sono alcuni dei Paesi le cui società civili hanno sostenuto l’iniziativa della Spagna in difesa dei diritti dei bambini nel periodo prenatale. “Il Governo non può voltare le spalle di fronte a questo clamore, non solo spagnolo, bensì mondiale in difesa del diritto a vivere”, ha dichiarato Lola Velarde, presidente della Rete europea dell’Istituto di politica familiare, secondo la quale “la protezione dei diritti del bambino in periodo prenatale è un valore condiviso in tutte le civiltà e genera un’autentica alleanza”. La Marcia per la vita, sul tema “Non esiste il diritto ad uccidere, esiste il diritto a vivere”, ha riunito più di mezzo milione di cittadini lungo il tragitto nel centro di Madrid, superando abbondantemente le previsioni degli organizzatori. Nel “Manifesto della Marcia per la vita”, si sottolinea “l’evidenza scientifica che dal momento della fecondazione esiste una vita umana degna di essere rispettata e protetta” e si mette in risalto che “l’aborto suppone la morte violenta di un essere umano ed un terribile dramma per la donna che lo soffre”. Il Manifesto, oltre a chiedere che le “leggi proteggano il diritto a vivere” e che sia “rispettato il diritto all’obiezione di coscienza del personale sanitario”, termina esprimendo l’opposizione “ad una nuova legge dell’aborto che porterà solo ulteriori morti e ulteriore sofferenza per migliaia di donne”. (R.P.)

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    Lettera del cardinale Murphy-O’Connor dopo nove anni alla guida dell’arcidiocesi di Westminster

    ◊   In una lettera pastorale, letta domenica nelle 216 parrocchie della arcidiocesi di Westminster, il cardinale Cormac Murphy-O’Connor ha ricordato alcuni avvenimenti dei nove anni trascorsi a guida dell’arcidiocesi londinese. Nel documento, diffuso prima di lasciare l’incarico per raggiunti limiti di età, l’arcivescovo scrive di aver vissuto momenti di difficoltà ma anche di grande gioia e soddisfazione. “Mi ricordo – scrive il cardinale - quando in oltre 10 mila ci siamo riuniti all’Arena di Wembley per celebrare At Your Word Lord”. “Era come un’enorme famiglia cristiana che si riuniva nella fede e nella speranza per il futuro sviluppo della Chiesa”. “Ci sono molte altre cose delle quali mi ricordo”, prosegue il porporato. Tra queste, il cardinale ricorda la messa celebrata ogni anno “per le comunità degli immigrati e le migliaia di persone che arrivano alla cattedrale di Westminster da nazioni diverse per riunirsi in spirito di preghiera, di fede e di appartenenza alla Chiesa”. L’arcivescovo loda anche “la forza spirituale” delle parrocchie dell’arcidiocesi. “Ho trovato comunità vibranti. Giovani e anziani che si riuniscono settimana dopo settimana per celebrare la Messa”. “Non c’è comunità cristiana – si legge nella lettera ripresa dal Sir - che possa essere costruita senza avere come base l’Eucaristia”. (A.L.)

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    Medici Senza Frontiere contro la tubercolosi resistente ai farmaci

    ◊   I Paesi più colpiti dalle forme resistenti ai farmaci della tubercolosi non stanno agendo con la necessaria velocità per fornire cure salvavita, E’ quanto sottolinea in un comunicato Medici Senza Frontiere. Domani i ministri dei Paesi più colpiti dalla tubercolosi resistente ai farmaci si incontreranno a  Pechino per una conferenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: Medici Senza Frontiere chiede loro di impegnarsi a curare più persone con la TBC resistente ai farmaci, e di effettuare le ricerche necessarie per migliorare le opzioni di cura attuali. Secondo l’Oms sono circa 500 mila i nuovi casi di tubercolosi resistente ai farmaci ogni anno, ma solo 30 mila persone sono state diagnosticate e informate lo scorso anno. Di queste solo 3681 hanno iniziato la cura secondo le linee guida internazionali e con farmaci di qualità garantita. “I lenti progressi nel curare le persone colpite dalla tubercolosi resistente sono particolarmente allarmanti poiché i Paesi più colpiti non sono assolutamente i meno sviluppati nel mondo”, afferma il dr. Tido von Schoen-Angerer, direttore della Campagna per l’Accesso ai Farmaci Essenziali di Medici Senza Frontiere. “Sono paesi che hanno la capacità di agire e devono rendere questo problema una priorità e iniziare a curare le persone”. Msf è preoccupata perché molti Paesi non stanno facendo abbastanza per fornire cure ai pazienti che ne hanno bisogno. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Conferenza internazionale all'Aja per l’Afghanistan

    ◊   Dare un nuovo impulso agli sforzi militari, civili e diplomatici della comunità internazionale per portare sicurezza e stabilità agli afghani: è questo l'obiettivo della Conferenza internazionale Onu sull'Afghanistan, apertasi oggi all'Aja alla presenza del presidente afghano, Karzai, e ai rappresentanti di un'ottantina di Paesi, incluso per la prima volta l'Iran. Fausta Speranza:

     
    Il rappresentante iraniano, il viceministro degli Esteri, Mohammad Mehdi Akhundzadeh, ha detto che l'Iran è pienamente pronto a partecipare a progetti che abbiano lo scopo di combattere il traffico di droga e a piani indirizzati allo sviluppo e alla ricostruzione dell'Afghanistan”. Il primo tentativo di riunire l'Iran attorno al tavolo della comunità internazionale per parlare di una cooperazione comune sull'Afghanistan - ha sottolineato il portavoce della Nato, James Appathurai - si dimostra “molto incoraggiante”. “Le buone relazioni tra Iran e Afghanistan non sono una novità, di rilievo c’è che l'Iran abbia accettato di partecipare ad un contesto di cooperazione internazionale”. Nel suo intervento, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha detto che ai talebani che rompono con l'estremismo va offerta “un'onorevole forma di riconciliazione”. Da parte sua, la commissaria Ue alle Relazioni esterne, Ferrero-Waldner, ha subito annunciato lo stanziamento da parte dell'esecutivo europeo di altri 60 milioni di euro per l'Afghanistan, precisando che sono fondi aggiuntivi ai 700 milioni già previsti per il periodo 2007-2010”, e che 20 milioni serviranno a finanziare interventi a supporto delle elezioni, previste per il 20 agosto.

     
    Ci si chiede, ora, quali novità potranno venir fuori dall’incontro dell’Aja. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all’Università di Trieste:

    R. - Intanto, il passaggio da una strategia di contrasto militare ad una strategia più allargata, più complessa, che preveda una serie di interventi a livello diplomatico e alcuni assolutamente nuovi. Alla Nato sarà dato il compito anche di dialogare con l’Iran, oltre che con la Russia. E, comunque, il presidente ha chiamato chiaramente in campo, per risolvere questo problema, la stessa Cina e i Paesi vicini all’Afghanistan e al Pakistan. L’altra novità è che sembra di capire che la nuova strategia non scinda tra Pakistan e Afghanistan, ma in qualche modo unisca l’aiuto economico al governo pakistano insieme con una nuova strategia per l’Afghanistan.

     
    D. - Quali sono le motivazioni per cui si lascia da parte la situazione irachena?

     
    R. - Credo che questo riguardi soprattutto la vicenda dell’Iran, e poi anche riguardi un atteggiamento degli Stati Uniti che tendono a far considerare a tutti superato il problema iracheno. Obama vuole dare la sensazione che con l’uscita delle truppe americane dall’Iraq, prevista nel corso dei prossimi 18 mesi, la questione irachena si sia in qualche modo conclusa. Non parlare dell’Iraq permette di tenere delle trattative riservate con l’Iran. La Conferenza ha sullo sfondo portare alla trattativa due nazioni che erano molto distanti: l’Iran e la Russia.

    Pakistan
    Dopo la dichiarazione di non eleggibilità dei fratelli Sharif dello scorso 25 febbraio, la Corte suprema pakistana ha emesso oggi un’ordinanza con la quale riammette sulla scena politica il presidente della lega musulmana pakistana, Mian Shabaz Sharif. Intanto, i Servizi di sicurezza del Pakistan hanno arrestato nelle ultime ore 65 persone sospettate di essere in relazione con l'attacco terroristico di ieri alla scuola di polizia di Manawan a Lahore, che si è chiuso con un bilancio ufficiale di 12 morti. Lo stesso attentato è stato rivendicato da Baitullah Mahsud, potente leader dei talebani operanti nella regione del Waziristan.

    Due attentati in Iraq
    Sette persone, tra cui quattro poliziotti, sono rimaste uccise nell'esplosione di un camion-bomba contro una stazione della polizia a Mossul, nel nord dell'Iraq. Inoltre, a Falluja, 45 km a nordest di Baghdad, un poliziotto iracheno è stato ucciso e altre tre persone sono state ferite, tra cui due poliziotti, dall'esplosione di un ordigno. Sempre stamani, le truppe britanniche di stanza in Iraq hanno consegnato alle forze americane la loro ultima base militare in Iraq, quella nell'aeroporto di Bassora. I 4 mila soldati britannici dovrebbero completare il loro ritiro entro il prossimo 31 luglio. in circa 400 rimarranno però oltre tale data, per contribuire all'addestramento delle forze di sicurezza e della marina irachene.

    Rapporto sui costi delle guerre in Afghanistan e Iraq
    I costi per l'America delle guerre in Afghanistan e Iraq dal 2001 a oggi hanno raggiunto i 685,7 miliardi di dollari. Lo ha calcolato il Gao (Government accountability office), l'organismo federale di controllo sui conti pubblici negli Stati Uniti. Il totale delle operazioni militari in Afghanistan, Corno d'Africa e Filippine (tutte legate alla "guerra al terrorismo" lanciata dopo l'attacco dell'11 settembre 2001) è di 124 miliardi di dollari. Altri 28 miliardi di dollari circa sono stati spesi per la difesa del suolo americano nell'ambito delle stesse iniziative post-11 settembre.

    Darfur
    Il presidente americano, Barack Obama, è intervenuto sulla situazione in Darfur al termine dell’incontro alla Casa Bianca con il proprio inviato speciale per il Sudan, Scott Gration. “ La decisione di espellere i rappresentanti di gruppi umanitari internazionali - ha detto Obama - ha reso ancora più complicata e delicata la crisi”. La chiusura da parte del governo sudanese delle 13 sedi Ong, dopo la decisione della Corte penale internazionale di emettere un ordine di arresto per crimini di guerra contro il presidente del Sudan, Omar Hassan al Bashir, complica tutti i piani per risollevare il Paese dall’enorme crisi umanitaria.

    Ocse: i dati sulla recessione
    Tutti i Paesi dell'area Ocse subiranno nel 2009 una “forte recessione” con un calo del Pil del 4,3%, e la debolezza rimarrà nel 2010 con un calo del prodotto interno lordo dello 0,1%. È quanto si legge nell'Economic outlook interim report dell'Ocse. A livello mondiale - stima l'organizzazione - il Pil vedrà un ribasso del 2,7% per poi risalire dell'1,2% nel 2010.

    Striscia di Gaza
    Due miliziani palestinesi sono stati uccisi oggi a ridosso della linea di confine fra Israele e Gaza, nel corso di uno scontro a fuoco. Lo riferiscono fonti militari israeliane. L'incidente è avvenuto all'altezza dell'ex valico di Kissufim, nella zona centrale della Striscia di Gaza.
     
    Israele
    Il premier designato, Benyamin Netanyahu (Likud), presenta oggi alla Knesset quello che la stampa locale definisce un “governone”, che sarà composto da 37 fra ministri e viceministri. Nel parlamento israeliano i deputati sono 120. Il dibattito parlamentare inizierà nel pomeriggio con due discorsi politici - quello del premier uscente, Ehud Olmert, e quello di Netanyahu - e proseguirà fino alla nottata.

    Usa
    Ultimatum del presidente statunitense, Obama, ai colossi automobilistici General Motors e Chrysler: il capo della Casa Bianca - agitando lo spettro della bancarotta - ha lanciato un’esortazione a fare di più nell'industria delle quattro ruote. Quindi, presentando un piano di aiuti per il settore, ha giudicato decisiva l’alleanza con l’italiana Fiat per la sopravvivenza in particolare della Chrysler. Elena Molinari:

    Solo Torino può salvare Detroit? Ne è convinto Barack Obama che ieri ha bocciato i piani di ristrutturazione presentati da General Motors e dalla Chrysler, ma si è detto disposto a dare ai due colossi un’ultima chance. La Casa Bianca concederà, infatti, ad entrambe, abbastanza fondi per stare a galla per 60 giorni per Gm e per 30 nel caso di Chrysler. Se allo scadere della proroga le due case non avranno ridotto drasticamente i debiti e il corso del lavoro, il governo USA chiuderà il rubinetto e non resterà che il fallimento. È qui che la FIAT entra in gioco: per Obama, una fusione con l’azienda italiana è, infatti, l’unica via verso la salvezza per Chrysler. La FIAT - ha detto - porterà in dote nuove tecnologie per contribuire allo sviluppo di auto più piccole e con minori consumi. L’accordo che prevede l’acquisizione da parte di FIAT del 35 per cento del capitale di Chrysler è anche la chiave che aprirà all’azienda statunitense un forziere da sei miliardi di dollari in aiuti governativi. Per le due società dell’auto non significa però che una bancarotta sia del tutto scongiurata e infatti ieri i mercati hanno punito pesantemente le azioni dell’auto su entrambe le sponde dell’Atlantico.

     
    Caucaso
    Il Comitato nazionale antiterrorismo (Nak) si è riunito stamane a Mosca per esaminare la proposta del presidente russo, Dmitri Medvedev, di porre fine alla cosidetta "operazione antiterrorismo" avviata in Cecenia dieci anni fa per far fronte alle azioni armate dei ribelli separatisti. Secondo il Cremlino, la situazione in Cecenia è notevolmente migliorata: nel caso in cui il Nak dovesse approvare la fine dell'operazione, dalla Cecenia verranno ritirati 20 mila militari russi. Da parte sua, Aleksandr Bortnikov, capo dei servizi segreti russi (Fsb, ex Kgb) e presidente del Comitato nazionale antiterrorismo (Nak) fa sapere che, dall'inizio dell'anno, nel Caucaso settentrionale sono stati uccisi 67 guerriglieri e altri 233 sono stati catturati. In Russia, sono stati sventati 35 atti terroristici.
     
    Cambogia
    Kaing Guek Eav, il cosiddetto "Compagno Duch!, esponente di primo piano degli Khmer rossi alla sbarra a Phnom Pehn, ha ammesso le sue responsabilità nei crimini commessi nel centro di detenzione da lui diretto ed ha chiesto perdono alle vittime. Nelle stesse ore, il primo ministro cambogiano, Hun Sen, ha dichiarato che andare avanti nei processi contro gli Khmer Rossi, per i crimini del regime di Pol Pot (1975-1979), rischia di riportare il Paese alla guerra civile.

    Corea Del Nord
    “L’atteso lancio del missile-satellite da parte della Corea del Nord danneggia gli equilibri in Asia Orientale, per questo motivo ne parleremo nel vertice G20”. Questo è quanto detto dal premier nipponico, Taro Aso, discutendo degli annunciati propositi del regime comunista e del prossimo summit dei leader del G20, in programma il prossimo 2 aprile a Londra.

    India
    Ventiquattro pellegrini sono morti e 75 feriti a causa di un incidente stradale nel nordovest dell'India. I pellegrini stavano ritornando dal Santuario di Devi, nello Stato nordoccidentale dell'Himachal Pradesh. Tutti i pellegrini, oltre un centinaio, viaggiavano su un camion che si è ribaltato la notte scorsa nei pressi del villaggio di Rampur Jhajjhar. La maggior parte delle vittime appartenevano allo stesso clan del Punjab e provenivano dal villaggio di Ghumana, nell'area di Machhiwara, nel distretto di Ludhiana. L'autista del camion si è salvato ed è scappato, attualmente ricercato dalla polizia. Forse l'alta velocità è alla base dell'incidente. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Antonio D'Agata)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 90

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