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Sommario del 25/03/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Un avvenimento umile e nascosto, ma decisivo per l’umanità: l’insegnamento di Benedetto XVI sul Mistero dell'Annunciazione
  • Nomine
  • L'Instrumentum laboris del Sinodo sull'Africa: l'impegno della Chiesa al fianco dei più poveri e le sfide del neocolonialismo
  • I vescovi del Camerun: gli africani hanno capito bene il messaggio del Papa, i media occidentali no
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La crisi economica scuote i governi dell'Est Europa
  • La condanna dell'Europarlamento alle mutilazioni genitali femminili
  • De Mistura: più stabilità e democrazia in Iraq
  • Il mondo celebra la Giornata contro la schiavitù
  • Appello di Ban Ki-moon a liberare gli operatori Onu rapiti
  • Un libro fotografico per raccontare un anno dei Padri Scolopi
  • Chiesa e Società

  • Suor Nirmala lascia la guida delle Missionarie della Carità alla tedesca suor Mary Prema
  • Giornata del nascituro per l'Assunzione in alcuni Paesi di America, Asia ed Europa
  • Orissa: "Manifesto del popolo” di tribali e fuori casta in vista delle elezioni indiane
  • India: i poveri e gli emarginati al centro dei servizi sanitari cattolici
  • Mons. Koch: i cristiani sono i più perseguitati al mondo
  • Terra Santa: per il patriarca Twal le comunità cristiane devono avere più coraggio
  • Israele mette a punto l’assistenza dei pellegrini in Terra Santa
  • Il cardinale George: accelerare negli Usa la riforma delle politiche migratorie
  • Darfur: un milione di persone senza cibo entro maggio
  • Seminario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per 100 giovani africani
  • Domenica in San Pietro manifestazione di solidarietà al Papa da parte degli studenti africani
  • Sull’Aids interviene uno studioso di Harvard dando ragione al Papa
  • Zambia: progetto Caritas per la distribuzione dei proventi del settore minerario
  • Preoccupazione dei vescovi argentini per la conflittualità sociale nel Paese
  • La crisi economica mondiale al centro di un documento del Van Thuân International Network
  • Portogallo: intervento della Caritas su crisi economica e tutela dei bambini
  • No dei vescovi britannici alla legalizzazione subdola del suicidio assistito
  • Taiwan: si è spento a 99 anni il missionario gesuita ungherese padre Jaschko
  • La stampa neozelandese anticipa la nomina dell’ex premier Clark alla guida dell’Undp
  • Appassionata esegesi paolina di padre Bianchi nella Basilica Ostiense
  • 24 Ore nel Mondo

  • Filippine: i miliziani islamici minacciano di decapitare i tre ostaggi della Croce Rossa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Un avvenimento umile e nascosto, ma decisivo per l’umanità: l’insegnamento di Benedetto XVI sul Mistero dell'Annunciazione

    ◊   Ricorre oggi la Solennità dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria, “stupendo mistero della fede” al quale Benedetto XVI ha dedicato numerose riflessioni fin dai primi passi del suo Pontificato. Un avvenimento “umile e nascosto”, lo ha definito il Papa, “ma al tempo stesso decisivo per la storia dell’umanità”. In quel sì della Vergine all’annuncio dell’Angelo, sottolinea il Pontefice, incomincia la nuova era della storia sancita poi nella Pasqua come “nuova ed eterna Alleanza”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La gioia di un Annuncio che cambia l’umanità per sempre: nella sua prima visita ad una parrocchia romana, il 18 dicembre 2005, Benedetto XVI si sofferma con i fedeli sul Mistero dell’Annunciazione e spiega il significato autentico del saluto che l’Angelo rivolge alla Vergine, Kaire Maria:

     
    “Significa di per sé ‘gioisci’, ‘rallegrati’. Solo con questo dialogo dell’Angelo con Maria comincia realmente il Nuovo Testamento. Così possiamo dire che la prima parola del Nuovo Testamento è ‘gioisci’, ‘rallegrati’, è ‘gioia’”.

     
    L’Angelo, ricorda il Papa, invita Maria a “non temere” e Lei si affida completamente al Signore:

    “Maria dice sì alla volontà grande, apparentemente troppo grande, per un uomo. Questo sì che appare talvolta così difficile. Vogliamo preferire la nostra volontà”.

    Maria diventa così un esempio per tutti noi. Ci mostra la gioia che deriva dal fare la volontà del Padre:  

     
    “Appare inizialmente come un peso quasi insopportabile, un giogo non da portare, ma in realtà non è un peso la volontà di Dio. La volontà di Dio ci dona ali per volare in alto”.
     
    Il 31 maggio dell’anno scorso, a conclusione del Mese mariano, il Papa torna sul Mistero avvenuto nell’umile casa di Nazareth:

     
    “Immaginiamo lo stato d’animo della Vergine dopo l’Annunciazione, quando l’Angelo partì da Lei. Maria si ritrovò con un grande mistero racchiuso nel grembo; sapeva che qualcosa di straordinariamente unico era accaduto; si rendeva conto che era iniziato l’ultimo capitolo della storia della salvezza del mondo”.

     
    Il sì di Maria, è la riflessione del Papa all’Angelus del 25 marzo 2007, è “il riflesso perfetto di quello di Cristo stesso quando entrò nel mondo”:

     
    “L’obbedienza del Figlio si rispecchia nell’obbedienza della Madre e così, per l’incontro di questi due 'sì', Dio ha potuto assumere un volto di uomo. Ecco perché l’Annunciazione è anche una festa cristologica, perché celebra un mistero centrale di Cristo: la sua Incarnazione”.

     
    "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua Parola", risponde Maria all’Angelo. E il frutto di quella risposta, sottolinea Benedetto XVI, è presente nella vita della Chiesa:

     
    “La risposta di Maria all’Angelo si prolunga nella Chiesa, chiamata a rendere presente Cristo nella storia, offrendo la propria disponibilità perché Dio possa continuare a visitare l’umanità con la sua misericordia”.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della prelatura di Aiquile (Bolivia), presentata da mons. Adalberto Rosat, dell’Ordine dei Frati Minori, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Jorge Herbas Balderrama, anch’egli dei Frati Minori, finora vescovo coadiutore della medesima prelatura.

    Il Santo Padre ha elevato al rango di diocesi la prelatura territoriale di Libmanan (Filippine), con la medesima denominazione e configurazione territoriale, rendendola suffraganea della chiesa metropolitana di Caceres. Il Papa ha nominato primo vescovo di Libmanan mons. José Rojas Rojas, finora vescovo prelato della medesima sede.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo di Limoges (Francia) il rev. François Kalist, del clero di Bourges, finora vicario episcopale per la formazione degli adulti e delegato diocesano per l’ecumenismo. Il rev. François Kalist è nato il 30 ottobre 1958 a Bourges. E’ stato ordinato sacerdote il 21 dicembre 1986 per l’arcidiocesi di Bourges.

    Il Papa ha nominato vicario apostolico di Zamora in Ecuador padre Walter Jehowá Heras Segarra, dell’Ordine dei Frati Minori, ministro provinciale e vice-presidente della Conferenza ecuadoriana dei Religiosi. Gli è stata assegnata la sede titolare vescovile di Vazari. Padre Walter Jehowá Heras Segarra è nato il 4 aprile 1964 a Bulán (provincia dell’Azuay, arcidiocesi di Cueca). Il 22 settembre 1990 ha emesso la professione solenne con i Frati Minori e il 15 agosto 1992 ha ricevuto l’ordinazione presbiterale.

    Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Lettonia mons. Luigi Bonazzi, arcivescovo titolare di Atella, nunzio apostolico in Lituania ed Estonia.

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    L'Instrumentum laboris del Sinodo sull'Africa: l'impegno della Chiesa al fianco dei più poveri e le sfide del neocolonialismo

    ◊   Dopo il viaggio del Papa in Camerun e Angola, la Chiesa è sempre più proiettata verso il Sinodo per l’Africa che si svolgerà dal 4 al 25 ottobre in Vaticano. Il Papa, il 19 marzo scorso a Yaoundé, ha consegnato ufficialmente l’Instrumentum laboris ai presidenti delle Conferenze episcopali del continente. Benedetto XVI ha auspicato che i lavori dell’Assemblea sinodale possano far crescere la speranza per i popoli africani e dare nuovo slancio evangelico e missionario al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, secondo quanto propone il tema del Sinodo. Sui contenuti del documento di lavoro ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti.

    L’Instrumentum laboris mette in evidenza le luci e le ombre dell’Africa sottolineando che “il bene che si fa è spesso più discreto ma più profondo del male bruciante e tragico riportato dai media”. Tra le evoluzioni positive segnala l’emancipazione dalle dittature e lo sviluppo “pur se timido di una cultura democratica” anche grazie all’importante e riconosciuto ruolo delle Commissioni ecclesiali giustizia e pace. C’è poi la crescita della cooperazione tra Paesi africani (Ua, Nepad, Maep) e, a livello spirituale, una grande sete di Dio che vede l’aumento dei battezzati e la crescita delle vocazioni sacerdotali e religiose, l’impegno dei catechisti, lo sviluppo di movimenti e associazioni di laici cattolici, con comunità ecclesiali molto vivaci. E poi ancora la diffusione delle università cattoliche e dei mass media d’ispirazione cristiana, soprattutto le radio. Per non parlare dell’impegno della Chiesa nel campo della sanità con centri e ospedali: in particolare contro l’Aids le strutture cattoliche coprono quasi il 30% del totale.

     
    Di contro è forte la denuncia di quelle “forze internazionali” che sfruttano l’Africa: “fomentano le guerre con la vendita delle armi. Sostengono poteri politici irrispettosi dei diritti umani e dei principi democratici per assicurarsi, come contropartita, dei vantaggi economici”. “Le multinazionali continuano ad invadere gradualmente il continente per appropriarsi delle risorse naturali. Schiacciano le compagnie locali, acquistano migliaia d’ettari espropriando le popolazioni delle loro terre, con la complicità dei dirigenti africani” causando anche gravi danni all’ambiente.

     
    Il documento denuncia anche le modalità degli aiuti internazionali che sono accompagnati “da condizioni inaccettabili” che indeboliscono ulteriormente le economie africane e aumentano il “divario tra ricchi e poveri”. Tutto questo mentre non vengono rispettate le promesse degli aiuti allo sviluppo, che continuano a diminuire. C’è poi il capitolo agricolo con l’ingiustizia subita dai contadini che sono costretti a vendere i propri prodotti a prezzi molto bassi. Denunciata anche la vasta propaganda degli Ogm che secondo alcuni dovrebbero garantire la sicurezza alimentare: è una tecnica invece – si legge – che “rischia di rovinare i piccoli coltivatori e di sopprimere le loro semine tradizionali rendendoli dipendenti dalle società produttrici di Ogm”.

     
    “La globalizzazione” – da una parte “tende ad emarginare il continente africano”, dall’altra sta attuando “un processo organizzato di distruzione dell’identità africana” e dei suoi tipici valori “di rispetto degli anziani, della donna come madre, della cultura della solidarietà, dell’aiuto reciproco e dell’ospitalità, dell’unità, della vita” provocando “la destrutturazione del tessuto familiare” e della coesione sociale. “L’Africa è diventata vulnerabile di fronte all’invasione dei modelli delle potenze militari ed economiche” che stanno imponendo “un unico modello culturale e la negazione della vita” mentre “le società africane constatano, impotenti, la disgregazione delle loro culture”.

     
    La Chiesa da parte sua vuole “far sentire il grido dei poveri” schiacciati dalla “neo-colonizzazione”, lotta contro le ingiustizie, la corruzione dilagante, lo sfruttamento e la violazione dei diritti dei bambini e delle donne. Si tratta di una “missione profetica … spesso …bloccata dalla pressione dei poteri” che utilizzano anche le sette cristiane per attaccare la Chiesa cattolica. Le sette infatti predicano spesso un Vangelo disimpegnato, disinteressandosi delle questioni sociali. Invece la Chiesa vuole essere “segno di contraddizione” e “voce di chi non ha voce” “risvegliando le coscienze cristiane alla difesa dei diritti umani”. L’Instrumentum laboris – di fronte a quanti sono interessati a far tacere la voce dei cattolici - esorta ad avere “coraggio profetico” sulla scia di quanto dice Gesù che prepara i discepoli “a vivere assieme a lui la persecuzione, gli insulti e ogni sorta d’infamia” per causa sua.

     
    Il documento si conclude con una preghiera alla “Madre di Dio, Protettrice dell’Africa” perché attraverso di Lei i cristiani possano “essere testimoni del Signore Risorto” e diventare “sempre più sale della terra e luce del mondo”.

     
    Sull’Instrumentum laboris ascoltiamo padre Giulio Albanese, missionario comboniano, direttore di Popoli e Missione, la rivista delle Pontificie Opere Missionarie, che ha seguito il Papa durante il suo viaggio in Africa. L’intervista è di Sergio Centofanti:

    R. – Si tratta, a mio avviso, di uno strumento importantissimo, perché riesce davvero a coniugare quella che è la spiritualità cristiana, con quelle che sono le istanze della vita reale della gente. Ed è un’operazione estremamente importante, considerando - e questo il Papa lo ha sottolineato a chiare lettere - che i veri cambiamenti, prima ancora che avvenire e realizzarsi nella società in senso lato, devono avvenire nella comunità cristiana. E’ la comunità cristiana che, metabolizzando il Vangelo, attraverso l’inculturazione, poi deve essere sale della terra e luce per il mondo.

     
    D. – Dal documento di lavoro emerge una grande vitalità della Chiesa in Africa...

     
    R. – Sicuramente, basterebbe riflettere sulla straordinaria testimonianza sia del clero locale che di tanti religiosi e missionari che, in questi anni, soprattutto in alcuni scenari infuocati, sono stati davvero una sorta di forza di interposizione pacificatrice tra gli opposti schieramenti. Poi, poco importa che questo sia avvenuto in un contesto bellico e, o, nell’ambito di una baraccopoli alla periferia di questa o quella capitale. La Chiesa in questi anni, non ha svolto solo un’attività solidale, ma devo dire ha anche promosso la sussidiarietà, quel senso di corresponsabilità che deve essere sperimentato dai fedeli laici.

     
    D. – Il documento è una forte denuncia di quelle potenze che sfruttano l’Africa...

     
    R. – La percezione dei vescovi africani, ma anche di tanti missionari è che purtroppo l’Africa rappresenti ancora oggi un boccone prelibato. Sta di fatto che è un continente che galleggia sul petrolio, con immense risorse minerarie, e la questione di fondo è che l’Africa viene davvero sfruttata, è una terra di conquista. In fondo, il messaggio forte che si evince dall’Instrumentum laboris è che le Afriche – io preferirei parlare al plurale, essendo un grande continente, tre volte l’Europa – non sono povere, come dice qualcuno, ma semmai sono impoverite. Le Afriche non chiedono la beneficenza, per intenderci, la carità pelosa, ma invocano soprattutto giustizia. Di fatto, da una parte si dice “aiutiamo le Afriche ad uscire dal sottosviluppo”, ma la questione di fondo è che sono più i soldi che dalle Afriche vanno al nord del mondo, di quelli che dal nord del mondo giungono nelle Afriche.

     
    D. – La Chiesa è impegnata per la giustizia, per la pace, al fianco dei più poveri, eppure l’Instrumentum laboris denuncia che è sottoposta a gravi attacchi. Chi è che vuol far tacere la voce della Chiesa?

     
    R. – Diciamo che la presenza di tante comunità cristiane disseminate nel continente molte volte è una presenza scomoda. Ma per quale motivo? Perché queste comunità sostengono la gente e non è che si schierino con questo o quel potentato. Da questo punto di vista vi è una grande attenzione, proprio perché questa è insita nel magistero sociale della Chiesa, nei confronti dei diritti umani, della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio. Ora, siccome, purtroppo, l’abbiamo visto in più circostanze, a dettare le regole del gioco tante volte sono le oligarchie locali, gli interessi di parte, legati soprattutto al business delle materie prime, ecco che allora tante volte la presenza dei religiosi, dei missionari, in determinati contesti geostrategici, è davvero visto, non solo con sospetto, ma sono presenze davvero scomode che, molte volte, l’abbiamo visto, hanno determinato situazioni, fatti, episodi di vero e proprio martirio.

     
    D. – L’Instrumentum vuole rilanciare la speranza in Africa...

     
    R. – Sì, la speranza, che poi a pensarci bene è l’ottimismo di Dio. Insomma, capire e comprendere che, comunque, con tutti i problemi, le difficoltà, le questioni aperte che l’Africa si trascina dietro - quasi fossero una sorta di pesante fardello - bisogna guardare al futuro con speranza, perché la storia del continente africano è comunque storia di salvezza. Se manca questa prospettiva teologale, se manca questa prospettiva evangelica, non andiamo da nessuna parte, e questo il Papa l’ha fatto intendere chiaramente. I gesti di carità che si realizzano nell’ambito della comunità cristiana, ma anche nella sua azione evangelizzatrice ad extra, sono davvero segni di speranza, che fanno prefigurare davvero un futuro migliore.

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    I vescovi del Camerun: gli africani hanno capito bene il messaggio del Papa, i media occidentali no

    ◊   Un esempio di cattiva informazione che ha cercato di oscurare il significato autentico del viaggio del Papa in Africa: è quanto denunciano i vescovi del Camerun in un comunicato che torna sulle polemiche alimentate da alcuni media occidentali sulle parole di Benedetto XVI a proposito dell’uso dei preservativi per prevenire l’Aids. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    I media occidentali “hanno trascurato gli aspetti essenziali” del messaggio del Papa in Africa su povertà, riconciliazione, giustizia e pace: è quanto scrivono i vescovi del Camerun, che, in una nota, definiscono “molto grave” l’atteggiamento di alcuni mass media. In particolare, i presuli denunciano che la polemica sui preservativi ha oscurato il dramma di tanti africani che muoiono a causa di malattie, povertà e guerre fratricide. Né, lamenta l’episcopato del Camerun, si sono ricordati gli sforzi straordinari della Chiesa africana per debellare l’Aids. Un impegno che si concretizza nelle tante strutture cattoliche che accolgono e danno assistenza morale, medica e spirituale ai malati di Aids.

     
    Se i media dell’occidente non hanno capito la portata del viaggio di Benedetto XVI in Africa, lo hanno invece compreso bene i camerunensi che, sottolinea il comunicato, hanno accolto il Papa con gioia ed entusiasmo. I fedeli africani sanno che il Santo Padre “mette l’uomo al centro delle sue preoccupazioni e richiama l’insegnamento di Cristo”. I vescovi ribadiscono, infine, che la Chiesa permette ad ognuno di valorizzare la propria dignità di figlio adottivo di Dio. E ricordano che, anche nella cura dei malati di Aids, la Chiesa cattolica porta uno sguardo nuovo sull’uomo e sul mondo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La Francia entra in Difesa: in prima pagina, un articolo di Giuseppe M. Petrone sul rientro di Parigi nel comando integrato della Nato.

    Sulle orme di Ambrogio e Carlo fu trafitto da fra Cristoforo: in cultura, la relazione di Inos Biffi al convegno internazionale, a Milano, "John Henry Newman oggi: logos e dialogo".

    Nadattingham Buddha alias Tommaso detto Didimo: l'intervento di George Nedungatt al convegno, a Roma, "Ad ulteriores gentes. The Christians in the East".

    Sui film di animazione un articolo di Luca Pellegrini e un'intervista a Jeffrey Katzenberg, fondatore della società cinematografica Dream Works.

    La solitudine dei segni: Sandro Barbagallo illustra la mostra, a Parigi, che ricostruisce le caratteristiche dell'opera di Giorgio de Chirico.

    Il metodo sinodale nel cuore dell'Africa: nell'informazione religiosa, Mario Ponzi intervista l'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi.

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    Oggi in Primo Piano



    La crisi economica scuote i governi dell'Est Europa

    ◊   La crisi di governo che si è aperta nella Repubblica Ceca ''non minaccerà'' la presidenza di turno dell'Unione Europea. E' quanto ha assicurato il primo ministro di Praga, Mirek Topolanek, intervenuto oggi all’Assemblea di Strasburgo all'indomani del voto parlamentare che ha sfiduciato l’esecutivo da lui guidato. Lo stallo politico in Repubblica Ceca segue di qualche giorno quello in Ungheria, con il passo indietro compiuto dal premier Gyurcsany. Nei mesi scorsi si era dimesso anche l’esecutivo della Lettonia, mentre in Lituania la maggioranza di centro-sinistra aveva perso le elezioni d’autunno. A fare da comune denominatore nelle difficoltà politiche di questi Paesi dell’Europa orientale, la crisi economica. Ce ne parla Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni est-europee, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Certamente la crisi economica, per ammissione degli stessi protagonisti, ha giocato un ruolo pesante. Teniamo presente che alcuni di questi Paesi non si distinguono proprio per una stabilità di governo, per esempio, la Lettonia credo abbia cambiato decine di formazioni di governo negli ultimi anni. Credo che, in questa crisi di questa democrazia di quello che chiamavamo l’Est Europa, ci sia anche, tutto sommato, una crisi di imprevidenza e un aver puntato forse su un baricentro sbagliato dal punto di vista geo-strategico. In altre parole, non mi pare un caso che ad avere più problemi siano proprio dei regimi notoriamente euroscettici.

     
    D. – La Repubblica Ceca è anche presidente di turno dell’Unione Europea e su questa leadership pesa il trattato di Lisbona che ancora non é stato ratificato. Ci saranno ripercussioni per l’Ue?

     
    R. – Più che ripercussioni per l’Unione Europea ci saranno ripercussioni sulle opinioni pubbliche di questi Paesi. Sono Paesi che nel momento della crisi si sono accorti che se potevano avere un sostegno, un aiuto, un approdo e sicurezza, questo era nell’Europa. Lo abbiamo visto anche con il caso dell’Islanda che è rimasta orgogliosamente fuori dall’Unione Europea, salvo poi precipitosamente chiedere di essere ammessa nel momento del bisogno. Lo abbiamo visto con l’Irlanda, orgogliosa sprezzatrice del Trattato di Lisbona, ma adesso del tutto intenzionata a organizzare un nuovo referendum per approvarlo e non per discuterlo. Sono Paesi che si sono molto illusi, in questo caso ovviamente penso alla Repubblica Ceca, all’Irlanda, anche grazie alle robuste iniezioni di quattrini e di agevolazioni commerciali che ricevevano dall’Unione Europea. La realtà vince il sogno e adesso si è capito che solo l’unione fa la forza e nel nostro caso l’Unione Europea fa la forza.

     
    D. - E, quindi, queste crisi a livello nazionale come possono essere superate?

     
    R. – Ci sono due livelli. Uno è quello politico nazionale. L’altra considerazione, che si spera venga prodotta da questa crisi economica globale, è che la geografia non è un’opinione e i vicini vanno trattati con il dovuto rispetto perché sono poi quelli sui quali ti potrai appoggiare nel momento del bisogno.

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    La condanna dell'Europarlamento alle mutilazioni genitali femminili

    ◊   Non vi é nessuna giustificazione alle mutilazioni genitali femminili: così il Parlamento europeo chiede, praticamente all'unanimità, che vengano considerate reato pratiche che violano i diritti umani fondamentali. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo circa 140 milioni di donne hanno subito mutilazioni ed ogni anno circa 3 milioni di donne rischiano di subirle. Solo in Europa si parla di 500 mila persone. Fausta Speranza ha chiesto all'europarlamentare Cristiana Moscardini, relatrice del provvedimento contro le mutilazioni genitali, come mettere al bando pratiche disumane rispettando l'humus culturale da cui provengono:

    R. – Io credo che noi dobbiamo cominciare nel Terzo Millennio a dire che cultura è tutto ciò che rispetta i diritti della persona, i diritti dell’essere umano e perciò il diritto alla vita e alla integrità della persona. Dall’altro, vanno aiutate le persone a crescere, ad integrarsi, sapendo che non ci può essere nessuna possibilità di vita e di futuro, continuando ad opprimere le donne e le bambine, attraverso una violenza che segni dal punto di vista fisico, in modo irreversibile, ma anche dal punto di vista psichico. Credo che anche il recente viaggio del Papa, in Africa, abbia dato un fortissimo segnale sul rispetto necessario che bisogna dare alla donna, alla sua partecipazione forte nella società, per una crescita più giusta ed adeguata. Quindi è impossibile immaginare che proprio nel territorio europeo, oggi, ancora decine di migliaia di bambine subiscano questa violenza. Perciò, da un lato, informazione, e dall'altro collaborazione con l’associazione delle donne emigrate, con le organizzazioni umanitarie, che si occupano di questi problemi.

     
    D. – Ecco, dunque, non solo repressione, ma un messaggio a favore del rispetto della dignità della persona, in primis della donna e delle bambine...

     
    R. – Certamente, perché per reprimere bisogna prima avere fatto una forte campagna di sensibilizzazione. Devo dire che, obiettivamente, il governo italiano, ancora nel passato aveva fatto nel 2006 un’ottima legge, identificando sia il processo di informazione, sia quella che doveva essere la sanzione. Sulla base di questa legge, noi speriamo che altri Paesi europei si adeguino e per quanto riguarda la legge italiana sia attivato quel numero verde che era contemplato in quella legge e che ancora non ha potuto essere attivato.

     
    D. – Un problema di cui si conoscono alcune cifre, però, forse, è molto più sommerso di quanto si immagina...

     
    R. – E’ molto sommerso, e perciò anche il monitoraggio richiederà pazienza, impegno e convincimento per potere avere i dati direttamente dagli interessati. Credo che vada fatta una forte opera, non solo verso le donne, ma anche verso i padri, perchè tutta la famiglia deve essere coinvolta nel sapere che questo è un atto barbaro e non ha nulla a che vedere con la tradizione, con la cultura e così via. Secondo, c’è anche l’aspetto dell’integrazione. Immaginiamo una bambina, che sta andando a scuola, vive una vita normale in Spagna, piuttosto che in Francia o in Italia, per cui è integrata, e improvvisamente è strappata dalla sua innocenza, violata così pesantemente. Questa bambina non tornerà mai a sentirsi uguale alle altre. Per cui si creano dei diversi. Noi non vogliamo una società di persone che si sentono diverse, vogliamo una società in cui ciascuno, mantenendo le proprie tradizioni che rispettano i diritti umani, per cui c’è una scrematura per tutti su queste tradizioni, possano iniseme collaborare per la crescita della società. La comprensione e la conoscenza reciproca passa dalla individuazione però di quelli che sono i capisaldi inamovibili: il diritto alla vita, il diritto alla dignità e all’integrità della persona sono diritti inviolabili.

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    De Mistura: più stabilità e democrazia in Iraq

    ◊   Il ministro degli Esteri siriano Walid al Muallim è arrivato stamani a Baghdad per una visita ufficiale che si protrarrà per alcuni giorni. Nell'autunno 2006, Damasco e Baghdad hanno ufficialmente ripristinato i loro rapporti diplomatici, interrotti nel 1980. Ieri, intanto, si è conclusa la storica visita del presidente turco Gul a Baghdad, la prima di un capo di Stato turco in Iraq negli ultimi 33 anni. Sono questi segnali di una progressiva stabilizzazione, come sottolinea il rappresentante del segretario generale dell’ONU per l’Iraq, Staffan de Mistura, intervistato da Alessandro Gisotti::

    R. – Negli ultimi sei mesi abbiamo visto progressi veramente straordinari nel campo dei contatti regionali. Pensi all’ultima visita del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, alla visita attuale del presidente turco. La Turchia è un Paese importantissimo tra i vicini di casa dell’Iraq che ha sempre avuto un’attenzione particolare verso la stabilità del Paese del Golfo. Le ambasciate aperte degli Emirati Arabi, del Bahrein, del Qatar, dell’Egitto, della Siria, della Giordania e del Kuwait sono tutte indicazioni in questa direzione. Tutti i vicini di casa dell’Iraq hanno un interesse che sia stabile e unificato. Questo, devo dire, è un messaggio che aiuta anche gli iracheni ad essere responsabili di questa stabilità.

    D. – Lei è in Iraq dal settembre del 2007, quali progressi ha registrato nel Paese, quali invece problemi ancora irrisolti, e cosa sta facendo l’Onu al riguardo?

     
    R. – Nei progressi, un esempio emblematico è stato il progredire del processo democratico. La prova del nove sono state le elezioni in gennaio provinciali in tutto l’Iraq. Abbiamo avuto più di 14 mila candidati. Devo dire che è un risultato assolutamente rispettabile in termini elettorali, cioè democratici. Gli iracheni hanno dimostrato di voler giocare la carta democratica, elettorale, politica nella direzione del loro futuro. Il rischio peggiore, principale, è che ci sia una tensione tra curdi e arabi all’interno dell’Iraq per la questione di Kirkuk, da qui l’intenzione dell’Onu, come per la questione elettorale, di contribuire come aveva fatto l’anno scorso, evitando il referendum e proponendo invece delle formule politiche. Gli iracheni hanno bisogno di vedere un miglioramento della loro qualità di vita in poche parole, elettricità, acqua, sanità e lavoro. Se non c’è questo passaggio, visto che il Paese è ricco, c’è rischio di instabilità, come in qualunque parte del mondo.

     
    D. – Nonostante il miglioramento delle condizioni sul terreno, la cronaca riferisce purtroppo spesso di atti anche violenti contro la minoranza cristiana. Ci sono speranze, secondo lei, che si raggiunga una convivenza pacifica tra le diverse realtà irachene...

     
    R. – Sì, ci sono, però debbono essere costantemente ricordate. I cristiani danno un contributo fondamentale a quella che è l’economia, ma anche la capacità culturale e tradizionale. Loro appartengono all’Iraq e vogliono continuare ad appartenere a questo Paese. Le elezioni hanno dimostrato che i cristiani hanno il diritto di avere una quota e il primo ministro ha insistito che ci sia una protezione nei loro confronti. Sono a rischio e sono spesso preoccupati. Loro vogliono restare come in un mosaico: basta una pietra che manchi e tutto il mosaico è rovinato.

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    Il mondo celebra la Giornata contro la schiavitù

    ◊   Un omaggio alla memoria di milioni di africani, costretti a lasciare le loro terre e ridotti in schiavitù. Così il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in un messaggio in occasione dell’odierna Giornata internazionale di commemorazione delle vittime della schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi, indetta dalle Nazioni Unite. “Oggi – continua il numero uno del Palazzo di Vetro – nonostante la schiavitù sia stata ufficialmente bandita, il razzismo continua a sporcare il mondo dei nostri giorni”. Ma quali sono le caratteristiche della schiavitù di oggi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati:

    R. – C’è da dire che oggi ci sono nuove forme di schiavitù, non meno drammatiche di quelle antiche. Mi viene da pensare subito alla terribile sorte dei bambini soldato che vengono portati via dalle famiglie e vengono costretti anche sotto l’effetto di droghe a uccidere e a combattere. Un’altra situazione che è veramente terribile ai nostri giorni è quella della tratta delle donne, spesso minorenni, che vengono ingannate con l’illusione di andare a lavorare per guadagnare soldi da mandare a casa e invece vengono costrette a prostituirsi per strada e vengono sottoposte a ogni forma di violenza fisica e anche psicologica. Un’altra situazione che dovrebbe essere veramente all’attenzione di chi governa oggi è tutto quello che subiscono le persone in fuga da guerre da persecuzioni e anche da fame, da miseria, nell’arrivare in Europa, perché i viaggi di queste persone sono qualcosa di inimmaginabile a livello di violazione di diritti umani.

     
    D. – “Rompiamo il silenzio suonando i tamburi” è lo slogan scelto quest’anno dalle Nazioni Unite. Perché è davvero così difficile rompere il silenzio di fronte alla schiavitù anche nelle sue forme moderne? C’è più una responsabilità di tipo culturale o politica?

    R. – C’è una responsabilità culturale, politica ed economica. La tolleranza zero, se è vero che ci deve essere contro chi non rispetta le leggi dell’immigrazione, è anche vero che ci dovrebbe essere contro chi sfrutta queste persone e le sfrutta a volte veramente in modo disumano. In questo senso dico che oggi, in questa giornata simbolica, è importante ricordare che se ci sono delle persone che lavorano irregolarmente è perché c’è chi offre loro del lavoro e su questo lucra, e allora sarebbe importante riuscire, invece, a tagliare questo sistema, questo circolo vizioso che fa solo guadagnare a persone senza scrupoli.

     
    D. – Su un dato non ci sono dubbi: il diverso fa ancora paura. Cosa fare per far comprendere che l’unione fa la forza anche per andare in una direzione diversa per uno sviluppo completo del nostro pianeta, delle nostre popolazioni, dei rapporti tra gli Stati…

     
    R. – E’ sorprendente vedere come spesso non ci si accorge che, di fatto, il mondo è già insieme. E’ già insieme nelle scuole, nelle fabbriche, nelle campagne, in metropolitana, in autobus, e questo essere insieme va regolato nel modo più armonico possibile, senza discriminare, sul principio che tutti gli esseri umani hanno e devono avere gli stessi diritti. Se noi non teniamo presente questo e pensiamo di mantenere il nostro benessere, i nostri diritti, calpestando quelli degli altri, credo che in questo modo facciamo un grande errore e creiamo i presupposti per una società non serena, a compartimenti stagni, meno libera, meno democratica e incapace di credere nel futuro.

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    Appello di Ban Ki-moon a liberare gli operatori Onu rapiti

    ◊   Si celebra oggi la Giornata di solidarietà con il personale delle Nazioni Unite e gli operatori umanitari, che sono detenuti o sono scomparsi. Il servizio di Roberta Gisotti.

     
    Una Giornata - a dire il vero - poco celebrata, sebbene sia stata proclamata da ben 24 anni, tanti ne sono passati dal rapimento in Libano di Alec Collet. Giornalista britannico, già direttore del Centro d’Informazione delle Nazioni Unite (Unic), Collet lavorava all’Unrwa, l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, quando una mattina fu prelevato dalla sua auto vicino all’Aeroporto di Beirut da uomini armati ed un anno dopo un gruppo sconosciuto islamico dava prova della sua morte in un video, senza mai restituirne il corpo. Ciò che serve - sollecita in un messaggio il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon - è maggiore “attenzione” “sui rischi corsi in tutto il mondo, giorno dopo giorno”, dal personale Onu e dagli operatori umanitari locali, da coloro che sono impegnati a mantenere la pace ed anche dai giornalisti. “Chiunque presti la propria attività per le Nazioni Unite – ricorda Ban Ki-moon - rappresenta una potenziale vittima, come dimostrano i recenti incidenti che hanno visto coinvolti ostaggi in Niger e in Pakistan”. Ben 160 gli arresti registrati, tra luglio 2007 e giugno 2008, da parte di autorità statali e 39 i casi di detenzione operati da altri soggetti. Ed almeno 19 sono gli operatori tutt’ora detenuti o scomparsi. Da qui l’appello di Ban Ki-moon “a rilasciarli immediatamente”. Del resto 105 Paesi non hanno mai ratificato la Convenzione sulla sicurezza delle Nazioni Unite e del personale associato, adottata nel ‘94. E solo 16 Paesi hanno ratificato il Protocollo facoltativo alla Convenzione, del 2005, impedendo l’entrata in vigore di questo importante strumento, che insieme alle Convenzioni di Ginevra e allo Statuto della Corte penale internazionale rappresentano il regime giuridico di riferimento in materia. Per questo Ban Ki-moon chiede a tutti gli Stati membri dell’Onu di rafforzare questa struttura di protezione necessaria a svolgere un’“attività cruciale a sostegno dell’umanità”.

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    Un libro fotografico per raccontare un anno dei Padri Scolopi

    ◊   Un volume fotografico di 170 pagine e redatto in sei lingue per raccontare e ricordare i momenti salienti vissuti dai Padri Scolopi nell’ultimo anno: si presenta così l’Annuario 2009 dell’Ordine Calasanziano, pubblicato in questi giorni. Particolare l’impaginazione grafica, basata sui toni del verde brillante. Isabella Piro ne ha parlato con padre Jesús Maria Lecea, padre generale degli Scolopi:

    R. – Quest’anno porta il colore verde della speranza, e con l’Annuario vogliamo ringraziare i nostri amici, collaboratori e benefattori prima di tutto, perché con la loro collaborazione noi possiamo portare avanti questa missione educativa ed evangelizzatrice; e, in secondo luogo, è un po’ l’album di famiglia, in modo che vedendo le realtà dell’Ordine prendiamo la speranza, l’incoraggiamento per continuare ad andare avanti con questa missione.

     
    D. – Nel 1597, il vostro fondatore, San Giuseppe Calasanzio, fondò a Trastevere la prima scuola pubblica gratuita d’Europa: quante sono e dove sono oggi le scuole degli Scolopi?

     
    R. – Le nostre scuole sono in 35 Paesi, in tutto il mondo; siamo 1.400 religiosi e poi abbiamo 13 mila educatori laici nelle nostre scuole.

     
    D. – Qual è lo stile, la caratteristica della scuola degli Scolopi?

     
    R.– Essere molto vicini all’allievo. Per questo il Calasanzio insiste perché noi adottiamo un metodo chiaro, semplice, che sia capito bene dal bambino e dal ragazzo. Poi, rispondere alle necessità educative dei nostri alunni, pensando soprattutto a come potranno poi portare avanti una vita dignitosa ed onesta. E infine, curare molto la persona dell’educatore, perché per noi è la colonna della scuola; quando c’è qualità negli educatori, abbiamo più garanzia che la nostra educazione sia un’educazione buona.

     
    D. – Dal primo al 25 luglio prossimi, in Spagna, si terrà il 46.mo Capitolo generale dei Padri Scolopi: quale sarà il tema principale?

     
    R. – Il tema centrale – praticamente unico - è il nostro ministero di educatori-evangelizzatori. Però, all’interno di questo tema, abbiamo determinato alcuni punti più concreti: per esempio, l’educazione, oggi, dei bambini poveri – soprattutto dove c’è un’emergenza educativa forte -, poi anche riavviare in noi, come comunità religiosa, il senso missionario, riprendere quel coraggio per poter portare avanti questo lavoro di educazione, soprattutto nella scuola. Per questo abbiamo messo come lemma del capitolo la scommessa per l’educazione.

     
    D. - Qual è il suo auspicio per questo appuntamento?

     R. – Dare incoraggiamento ai nostri educatori, mantenere viva la nostra speranza e la fiducia che una società possa rigenerarsi, rinnovarsi se veramente educa bene le nuove generazioni. Noi crediamo che la riforma della società – e anche della Chiesa – sta nella buona educazione ricevuta sin da quando si è bambini.

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    Chiesa e Società



    Suor Nirmala lascia la guida delle Missionarie della Carità alla tedesca suor Mary Prema

    ◊   Dopo aver guidato dal 1997 le Missionarie della Carità, le suore della congregazione fondata dalla beata Madre Teresa di Calcutta, suor Nirmala Joshi ha deciso di lasciare nonostante le sue consorelle l’avessero scelta per guidare la Congregazione. Suor Nirmala, pur ringraziando per il secondo mandato, ha chiesto di essere sollevata dall’incarico per motivi di salute e per potersi dedicare alla vita contemplativa nella congregazione. Le 136 suore (solo 74 di origine indiana mentre le altre provengono dai diversi Paesi in cui sono presenti le Missionarie della Carità) che dal primo febbraio hanno preso parte al capitolo generale in una località ad una trentina di chilometri da Calcutta, dove si trova la casa madre della congregazione – riferisce Asianews – hanno scelto come nuova superiora suor Mary Prema, religiosa tedesca, ed hanno inoltre eletto suor Josepha come sua assistente e consigliera. Insieme a lei svolgeranno quest’ultimo incarico altre tre religiose: suor Joanna, suor Adriana e suor Joseph Maria. (B.C.)

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    Giornata del nascituro per l'Assunzione in alcuni Paesi di America, Asia ed Europa

    ◊   Nell'odierna festa liturgica dell’Annunciazione, alcuni Paesi di America, Asia ed Europa celebrano ogni anno la “Giornata del nascituro”, allo scopo di promuovere l’opzione preferenziale per la vita e lo sviluppo di una cultura rispettosa della dignità della persona in ogni momento della sua esistenza, dal concepimento alla morte naturale. L’iniziativa venne istituita il 7 dicembre 1998 dall’ex presidente argentino Carlos Saúl Menem con apposito decreto e si celebrò per la prima volta il 25 marzo 1999, con una solenne manifestazione a Buenos Aires, alla presenza dell’episcopato argentino, di vescovi e cardinali invitati, di esponenti delle altre Chiese cristiane, dell’islam e dell’ebraismo. Lo stesso presidente Menem aveva inviato nella circostanza una lettera ai capi di Stato di America Latina, Spagna, Portogallo e Filippine, chiedendo loro di recepire l’iniziativa e di osservarla ogni 25 marzo. Alla celebrazione si sono nel tempo associati Guatemala, Cile, Costa Rica, Colombia, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Perù, Cuba, Filippine, Ecuador ed alcuni Paesi europei, come Austria, Slovacchia e Spagna. A Madrid, la Conferenza Episcopale Spagnola ha lanciato il 16 marzo una campagna informativa all’insegna del motto “Proteggi la mia vita!”, che prevede la distribuzione dei materiali abitualmente elaborati per la “Giornata” - nota pastorale dei vescovi, sussidi liturgici - e di manifesti appositamente preparati per la Campagna 2009, che hanno come protagonisti un bambino e una lince, allo scopo di richiamare l’attenzione sulla protezione sempre maggiore di alcune specie animali e sulla diminuita tutela e attenzione nei confronti della vita umana. L’obiettivo dell’iniziativa è dunque quello di dar voce a chi non può esprimersi, ma il cui diritto alla vita va tutelato fin dal concepimento. Nell’annunciare la Campagna i promotori evocano i cambiamenti legislativi, attualmente in discussione al Parlamento di Madrid, che porterebbero a una minor protezione del nascituro rispetto all’ordinamento vigente ed accennano inoltre alla crescita dell’accettazione sociale nei confronti dell’aborto. In tale contesto di forte preoccupazione per la Chiesa, per il mondo cattolico e per quanti difendono la vita, oltre 30mila cartelloni sono stati inviati a parrocchie e centri cattolici del Paese, per essere affissi negli spazi pubblicitari pubblici di una quarantina di città; allo stesso tempo circa otto milioni di dépliants sono stati distribuiti in tutte le diocesi spagnole. (M.V.)

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    Orissa: "Manifesto del popolo” di tribali e fuori casta in vista delle elezioni indiane

    ◊   Le elezioni generali nei diversi Stati dell'India, che si svolgeranno dal 16 aprile al 13 maggio prossimi per rinnovare il Parlamento federale, per la gente dello Stato di Orissa non sono un appuntamento di routine. I massacri che hanno sconvolto nel 2008 la comunità cristiana nel distretto di Kandhamal e in altri distretti dello Stato - riferisce l'agenzia Fides - hanno sollevato importanti questioni sui diritti di tutti cittadini. Soprattutto per i tribali, adivasi, dalit , fuori casta e altre comunità emarginate. Per questo, grazie all’assistenza e all’intervento della comunità cristiana, queste comunità hanno diffuso un “Manifesto del popolo” in cui chiedono il pieno rispetto dei loro diritti, costituzionalmente garantiti, ma di fatto negati. Il Manifesto verrà presentato nei prossimi giorni in diversi seminari, conferenze e dibattiti pubblici organizzati nello stato di Orissa, con il coinvolgimento di larghi settori della società civile, per sensibilizzare la popolazione su una questione che riguarda tutti, in quanto pone sfide cruciali sulla natura dell’India come nazione democratica, laica e pluralista. Il documento nota che "rabbia e paura" sono palpabili fra le comunità di tribali, adivasi e dalit in Orissa, sottoposte alle pressioni degli integralisti indù, coperti dall’ideologia dell’hindutva (“induità”) che predica “una nazione, una cultura, una religione”, escludendo e discriminando tutte le minoranze. Nel Manifesto, articolato in dodici punti, le comunità firmatarie chiedono: protezione della vita, della sicurezza e delle proprietà; garanzie di giustizia sociale; rafforzamento della propria autonomia di governo e partecipazione ai processi decisionali; passi avanti nella giustizia di genere e nelle pari opportunità; accesso all’istruzione; assistenza medica di qualità per tutti, opportunità occupazionali e di sviluppo economico e sociale; una legislazione che garantisca il diritto alla terra; misure di riabilitazione e compensazione per le vittime delle violenze; applicazione di uno standard sui diritti umani; provvedimenti per creare giustizia pace e armonia fra le diverse componenti della società; promozione e rispetto per i diritti delle minoranze; promozione di una società laica che rispetti la libertà religiosa di tutti i cittadini. (R.P.)

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    India: i poveri e gli emarginati al centro dei servizi sanitari cattolici

    ◊   Sono 5.525 le strutture sanitarie cattoliche in India e tutte hanno come priorità la cura dei poveri e degli emarginati dalla società: è quanto ha detto, nei giorni scorsi, l’arcivescovo di Ranchi, il card. Telesphore Toppo. Il porporato ha, infatti, aperto i lavori dell’assemblea coordinata dalla Associazione per l’educazione sanitaria della Conferenza episcopale cattolica indiana (CBCI). L’organismo, di cui fanno parte circa 50 esperti del settore sanitario, ha il compito di esaminare la proposta di costruire un nuovo ospedale, con annesso college di medicina, nella città di Ranchi. Una proposta “storica”, ha ribadito il card. Toppo, avanzata per raggiungere “i malati poveri ed emarginati che vivono nel nord dell’India”. “La Chiesa cattolica – ha continuato il porporato – è la principale struttura che fornisce cure mediche nel settore privato, ed è seconda solo al governo nella promozione della salute e nella distribuzione delle cure”. In fondo, ha sottolineato l’arcivescovo di Ranchi, “la Chiesa segue l’esempio e la missione di Gesù, che faceva del bene ed ha ispirato i suoi discepoli dicendo loro di ‘Andate, insegnate e guarite’’. “Anche se l’assistenza sanitaria è garantita dallo Stato – ha detto il dott. Aggarwal, direttore del Rajendra Institute of Medical Sciences (RIMS) di Ranchi – in una regione come Jharkhand è una vera sfida rendere accessibili le cure mediche ad una popolazione che, per il 54%, vive al di sotto della soglia di povertà. C’è, inoltre, una grave carenza di personale medico ed infermieristico. La Chiesa, quindi, può cambiare definitivamente le cose in senso positivo, per risolvere la disastrosa situazione sanitaria della popolazione locale”. “Ci sono molte aspettative e molto entusiasmo intorno a questo progetto, di cui si sentiva davvero la necessità – ha aggiunto padre Alex Vadakumthala, direttore dell’Associazione per l’educazione sanitaria della CBCI - Una simile impresa umanitaria porterà benefici a milioni di poveri, soprattutto nelle zone tribali”. (I.P.)

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    Mons. Koch: i cristiani sono i più perseguitati al mondo

    ◊   In un articolo apparso sul “Giornale del Popolo” – riportato dall’agenzia Zenit – mons. Kurt Koch, vescovo di Basilea, ha evidenziato come l'80% di coloro che nel mondo sono perseguitati per la loro fede sono cristiani. “Solo nel 2008 dei circa 2,2 miliardi di cristiani – evidenzia il presule - 230 milioni, a causa della loro fede, hanno subito discriminazioni, emarginazioni, ostilità veementi fino a vere e proprie persecuzioni” in particolare, si legge in un rapporto di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, nelle ex Repubbliche sovietiche, nella Repubblica popolare cinese e in diversi Paesi arabi e nordafricani. Secondo mons. Koch è necessario che in Occidente si prenda sempre più coscienza di questo fenomeno perché “mentre i fratelli perseguitati proclamano pubblicamente la loro fede, noi l'abbiamo ridotta a un affare privato”. A testimoniare questo fenomeno anche i risultati del recente corso sulle religioni promosso dall’Associazione Movimento Donna (A.M.D.), con la collaborazione dell’Università di Roma Tor Vergata e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). In Italia infatti sta crescendo una certa intolleranza religiosa verso il Papa e la gerarchia ecclesiastica. (B.C.)

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    Terra Santa: per il patriarca Twal le comunità cristiane devono avere più coraggio

    ◊   “Oggi il Calvario è una guerra che dura da 60 anni, l’occupazione militare, la disoccupazione, la depressione economica. Oggi si costruiscono muri senza accorgersi che così facendo ci si chiude dentro. Ma in questa Terra non servono muri ma dialogo. Bisogna tagliare le cause della paura che ci allontanano dall’altro, chiedersi perché abbiamo paura l’uno dell’altro”. A raccontare al Sir il Calvario delle comunità cristiane di Terra Santa, che attendono Benedetto XVI a maggio, è il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. “I politici - dice - devono cambiare, convertirsi, avere coraggio per scelte difficili ma necessarie per il bene di tutta la popolazione”. Un monito attuale data la situazione politica israeliana e palestinese, con i primi impegnati nella formazione di un governo di unità nazionale ed i secondi intenti in una difficile riconciliazione tra le due anime più forti, Hamas, che controlla Gaza e Fatah, maggioritario in Cisgiordania. “A Gaza è stata fatta l’ennesima guerra - continua il presule di origini beduine giordane - ma con quali risultati? Nessuno. Semini occupazione, raccogli resistenza. L’occupazione deve finire”. Mons. Twal parla anche di umiliazioni quando “molti ci chiedono: ma voi cristiani cosa fate? Cosa fa il Papa, per fermare la guerra? Io rispondo: dialoghiamo, educhiamo alla convivenza, alla tolleranza, al rispetto dei diritti. I frutti di questo lavoro non si raccolgono subito, quelli dell’odio, purtroppo si e lo vediamo. La prossima visita del Papa servirà ad incoraggiare le comunità cristiane, a far capire loro che essere cristiani qui è una vocazione, che devono resistere alle tentazioni di andare via. I musulmani in molti casi vivono in condizioni peggiori dei nostri fedeli eppure non pensano a lasciare questa Terra, vi rimangono, resistono”. (R.P.)

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    Israele mette a punto l’assistenza dei pellegrini in Terra Santa

    ◊   I pellegrini come “un ponte per la pace”. E’ la definizione – resa all’agenzia Sir – da Noga Sher-Greco, consigliere del direttore generale del Ministero del turismo di Israele, illustrando le nuove strategie per assistere al meglio chi si reca in Terrasanta. Tra i servizi che più saranno rafforzati c’è l’assistenza alle frontiere, un ufficio di rappresentanza al passaggio di Betlemme, una linea telefonica 24 su 24 per rispondere ad ogni esigenza dei fedeli, il supporto all’aeroporto di Ben Gurion, a Tel Aviv. Sher-Greco ha anche reso noto che si stanno ammodernando alcuni siti importanti come “il buon samaritano” e il luogo del battesimo di Giovanni Battista sul Giordano che potranno essere future tappe per i pellegrini. Infine il consigliere ha fornito alcuni dati sul flusso dei fedeli, in particolare degli italiani, che solo nel 2008 sono arrivati in 125 mila con un aumento del 54% rispetto al 2007. (B.C.)

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    Il cardinale George: accelerare negli Usa la riforma delle politiche migratorie

    ◊   Per l’arcivescovo di Chicago, cardinale Francis George, presidente della Conferenza episcopale dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, se il presidente Obama dovesse attuare la riforma del sistema migratorio e delle politiche che lo sostengono entro il 2009, “darebbe un segnale di reale cambiamento”. Sarebbe infatti una svolta che coinvolgerebbe almeno 12 milioni di persone senza documenti che però pagano le tasse e ogni giorno danno il proprio contributo allo sviluppo del Paese. Parlando a centinaia di persone nella chiesa “Nostra signora della Mercede”, nel popoloso quartiere di Albany Park, a ovest di Chicago, il cardinale George ha ricordato anche che questa riforma attesa e desiderata “è una questione di coscienza, un passo in avanti molto importante nella costruzione di una società più pacifica perché più giusta”. La Chiesa cattolica statunitense e altre chiese e associazioni della società civile, da anni, chiedono all’esecutivo e al Congresso, una riforma del sistema migratorio per regolarizzare milioni di persone, ma fino ad oggi non ci sono stati progressi. Perciò, sulla scia della campagna del presidente Obama, che promise di mettere mano a queste riforme, oggi sono in molti a ricordare che occorre procedere il più rapidamente possibile. Non solo, negli ultimi mesi è aumentata anche la forza di una richiesta specifica: sospendere e mettere fine alle retate di persone senza documenti e alle deportazioni e ciò, ha detto il cardinale George, deve essere mantenuto fino all’arrivo di una nuova legge “più ampia, giusta e compassionevole”. “Non è possibile rinforzare le famiglie se i suoi membri vivono nel terrore”, ha specificato il porporato con riferimento a milioni di migranti che vivono nascosti evitando di trovarsi di fronte ad un agente federale autorizzato ad arrestarlo e poi deportarlo. “Quest’anno potrebbe essere quello in cui si mette fine a queste retate, l’anno in cui i nostri legislatori approveranno una riforma integrale, un anno ricordato come quello in cui è finita la tragedia delle separazioni delle famiglie”, ha sottolineato il cardinale George che ha ricordato anche dichiarazioni recenti della Chiesa in Iowa che ricordavano il contributo dato dai migranti con i loro talenti e doni alla Chiesa, alle scuole, agli affari in tutto lo Stato, “aggiungendo alla nostra cultura diversità, forza alla nostra economia e vitalità alla nostra società”. Infine, l’arcivescovo di Chicago ha rilevato che “spesso sono i migranti coloro che ci permettono di mantenere il nostro alto livello di vita svolgendo i lavori più duri e umili in cambio di un salario basso”. “A volte, ha terminato, queste persone dovendo pagare le tasse vedono diminuire automaticamente i loro introiti, ma poi non essendo lavoratori legali non possono usufruire dei benefici e servizi disponibili solo per i cittadini statunitensi”.(L.B.)

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    Darfur: un milione di persone senza cibo entro maggio

    ◊   Entro maggio - riferisce la Bbc on line - oltre un milione di persone nel Darfur resteranno senza cibo per l'impossibilità di distribuire aiuti alimentari, dopo che il governo sudanese ha espulso le organizzazioni internazionali che se ne occupavano. E' quanto ha dichiarato a Khartum il coordinatore dell'Onu per gli aiuti umanitari in Sudan, Ameerah Haq, aggiungendo che si teme anche una drammatica diminuzione delle riserve d'acqua, già scarsissime, nel giro di due settimane. Il Darfur, l’ampia regione occidentale del Sudan, è sconvolta da una guerra civile esplosa nel febbraio del 2003, e repressa in modo selvaggio, causando finora 300 mila morti ed oltre 2 milioni di profughi, tra orrori senza fine. Proprio gli avvenimenti del Darfur hanno portato il Tribunale penale internazionale de L'Aja ad emettere un mandato di cattura nei confronti del presidente sudanese Omar Al Bashir. E Bashir ha reagito espellendo 13 organizzazioni non governative dal Paese, in maggioranza operanti in Darfur, accusandone gli operatori di essere spie. Ora per risolvere il precipitare del dramma occorrerebbe - secondo Ameerah Haq - che l'Onu trovi immediatamente fondi per avviare una gigantesca distribuzione d'emergenza, poiché la catastrofe appare ormai dietro l'angolo. (R.G.)

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    Seminario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per 100 giovani africani

    ◊   Introdurre i giovani africani al tema della comunicazione sociale come veicolo di rispetto e di pace è lo scopo del seminario che prenderà il via ad aprile a Nairobi su iniziativa del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. La conferma è arrivata dal titolare del dicastero vaticano, mons. Claudio Maria Celli, nel corso di un’intervista all’agenzia Sir. “I giovani – ha sottolineato il presule - saranno chiamati a riflettere sulle modalità con cui i new media incidono nella loro vita e nel loro inserimento nel mondo”. Mons. Celli ha anche anticipato l’uscita di un nuovo documento che aggiornerà l’insegnamento della Chiesa sui mass media partendo dall’Istruzione Aetatis Novae, che risale al 1992, quando però Internet ancora non esisteva. Il documento sarà presentato ai membri dell'assemblea plenaria del dicastero in ottobre con l’obiettivo di “far vedere come la Chiesa si pone nella nuova cultura digitale, utilizzando quei mezzi che la tecnologia mette a disposizione”. “Le nuove tecnologie – ricorda mons. Celli – hanno indotto nuovi atteggiamenti, nuove sensibilità. Senz’altro i principi fondamentali dell’Aetatis Novae restano validi. Però sono necessarie alcune linee guida per una pastorale che tenga conto delle nuove realtà”. (B.C.)

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    Domenica in San Pietro manifestazione di solidarietà al Papa da parte degli studenti africani

    ◊   L’appuntamento è fissato in Piazza San Pietro per domenica prossima alle 11,30. A convocare l’iniziativa sono stati gli studenti africani a Roma che, riuniti in comitato, hanno indetto una manifestazione di solidarietà con Benedetto XVI. “No alle strumentalizzazioni del messaggio del Papa per l'Africa – si legge in un comunicato - no alle speculazioni, no a chi vuole fare dell'Africa uno dei principali mercati di sbocco dei preservativi, sì alle cure efficaci per l'Aids in Africa e sì all'educazione”. Gli studenti intendendo ringraziare il Santo Padre “per la lucida e accurata diagnosi sociale, culturale, spirituale, ambientale ed economica che ci ha indicato affinchè siamo noi stessi gli artefici e i protagonisti del nostro futuro”. Inoltre rivolgendosi alla comunità internazionale i ragazzi indicano le priorità assolute per l’Africa: il cibo, l'acqua, l'energia, le cure mediche, un reddito stabile alle famiglie ma anche “un sistema commerciale che faciliti anche l'esportazione di prodotti africani e non solo l'esportazione delle materie prime, la valorizzazione sul posto delle proprie ricchezze e non il saccheggio delle risorse”. (B.C.)

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    Sull’Aids interviene uno studioso di Harvard dando ragione al Papa

    ◊   Dopo le polemiche sulle parole del Papa riguardo alla diffusione dell’Aids in Africa interviene nel dibattito il dott. Edward Green, direttore dell'Aids Prevention Research Project della Harvard School of Public Health and Center for Population and Development Studies. In diverse interviste pubblicate sui media americani e riportate dall’agenzia Zenit, Green afferma che Benedetto XVI ha ragione perchè “le prove che abbiamo – ha dichiarato - dimostrano che, in Africa, i preservativi non funzionano come intervento per ridurre il tasso di infezione da HIV”. Per lo studioso esiste un effetto di “compensazione del rischio”, chi infatti usa il preservativo assume maggiori rischi sessuali perché convinto che siano più efficaci di quanto realmente lo siano. “Un altro fatto che è ampiamente trascurato – ha aggiunto – è che i preservativi sono usati in caso di sesso occasionale o a pagamento, ma non sono usati tra persone sposate o con il partner abituale. Perciò, una conseguenza dell’incremento nell’uso dei preservativi può essere un aumento del sesso occasionale”. Pertanto Green sostiene che in Africa sia sbagliato ''promuovere l'ideologia liberal occidentale'' e che sui preservativi sia stato creato un fenomeno con motivazioni soprattutto economiche. Intanto in Nigeria, prenderà il via il prossimo 31 marzo una campagna di educazione e sensibilizzazione che punta a incoraggiare l’astinenza sessuale e condannare le relazioni occasionali.(B.C.)

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    Zambia: progetto Caritas per la distribuzione dei proventi del settore minerario

    ◊   La Chiesa in Zambia chiede alle industrie estrattive di contribuire allo sviluppo socio-economico delle aree in cui sono impiantate e di collaborare a questo fine con le popolazioni locali e le istituzioni. La richiesta è contenuta in un progetto preparato dalla Caritas Zambia e dai Catholic Relief Services, la principale organizzazione per gli aiuti umanitari ai Paesi d’oltremare della Chiesa statunitense. L’iniziativa – riferisce il “Times of Zambia” – si intitola “Progetto per le industrie estrattive dello Zambia” ed è stata presentata a Lusaka. L’obiettivo, ha spiegato al quotidiano zambiano Frederick Nabanda, coordinatore della Caritas di Solwezi, è appunto di permettere alle popolazioni toccate dalle attività estrattive (che hanno anche un forte impatto ambientale) di avere più voce nella gestione delle risorse naturali del Paese. “Si tratta anche di assicurare una più equa ripartizione dei ricchi proventi del settore minerario” oggi in mano alle multinazionali, ha precisato il responsabile della Caritas, rilevando che lo sfruttamento delle miniere nel Nord-Ovest (l’area in cui, insieme alla cosiddetta Copper-Belt, sono concentrate le industrie minerarie dello Zambia) “ha portato poco alle comunità locali”. Tra le richieste formulate alla riunione vi è stata anche quello di inserire nella nuova Costituzione un articolo che imponga agli investitori di pagare i contributi per la previdenza sociale degli zambiani e quella un’adeguata tassazione sugli enormi profitti dell’industria mineraria, il principale settore economico del Paese. (L.Z.)

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    Preoccupazione dei vescovi argentini per la conflittualità sociale nel Paese

    ◊   Terminano oggi i lavori della 152.ma riunione del Comitato permanente della Conferenza episcopale argentina che si sono aperti martedì sotto la presidenza dell’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Jorge Mario Bergoglio. I presuli hanno analizzato diverse questioni all’ordine del giorno tra cui la recente visita ad Limina di un primo gruppo di vescovi, la Missione continentale, i rapporti delle Commissioni episcopali e alcune nomine interne della struttura del coordinamento ecclesiale. Secondo quanto ha dichiarato padre Jorge Oesterheld, portavoce dei vescovi, a conclusione dell’incontro sarà pubblicata una breve dichiarazione che certamente farà riferimento alle preoccupazioni dei presuli argentini di fronte “al clima di conflitto permanente” che finisce per “alterare” la pace sociale della quale il Paese “ha un grande bisogno”. Il portavoce episcopale illustrando queste apprensioni ha ricordato soprattutto le tensioni esistenti tra le autorità di governo e il settore agricolo che, tra l’altro, si trascinano da diversi mesi con tentativi di dialogo e accordi più o meno falliti e poi le richieste dei cittadini in favore di una maggiore sicurezza. E’ chiaro - ha anche spiegato padre Oesterheld - che i vescovi ritengono di fondamentale importanza mantenere aperti tutti i canali del dialogo e perciò inviteranno tutte le parti a non chiudersi nelle proprie posizioni ma a cercare nuove intese. Per quanto riguarda la questione della sicurezza, problema che l’Argentina condivide con la stragrande maggioranza dei Paesi della regione, il portavoce ha affermato che i “vescovi sono consapevoli che si tratta di una questione che coinvolge l’intera società, nessuno escluso” ma, allo stesso tempo, è chiaro “che alcuni hanno delle responsabilità maggiori in questa materia”. Per padre Oesterheld questo problema “esiste realmente perché la gente così lo percepisce” e dunque a suo avviso è un errore pensare che “si tratta, come qualcuno crede, di un’invenzione o un’esagerazione mediatica”. Pensare in questo modo, ha aggiunto il presbitero, “significa voler coprire il sole con una mano”. “Non è possibile rispondere – ha continuato - con statistiche e semplici sensazioni. Sono necessarie delle decisioni concrete per far sentire protetto colui che invece crede di essere stato abbandonato”. L’episcopato argentino da oltre due anni segue con particolare sollecitudine l’evolversi del clima sociale nel Paese e già nell’aprile dello scorso anno aveva invitato tutti a una giornata di preghiera per la pace sociale e il dialogo presso il santuario nazionale di Nostra signora di Lujàn. Allora i vescovi parlarono di “un’ora delicata e provvidenziale per la vita nazionale”. In seguito, cosa che non accadeva da almeno sei anni, nel mese di giugno, in una riunione del Comitato episcopale permanente i presuli hanno analizzato l’aumento della violenza e dei conflitti considerata una “minaccia alla pace sociale”. Nel novembre scorso, dopo la loro plenaria, tutti i vescovi hanno preso parte alla conferenza stampa per presentare il documento conclusivo (“Verso un bicentenario di giustizia e solidarietà 2010/2016”) che poi hanno illustrato alle massime autorità del Paese. In quest’esortazione i presuli argentini prospettano “una nuova nazione” da costruire tramite un “progetto-Paese capace di cicatrizzare le ferite, bloccando l’accrescere di esasperazioni e polarizzazioni”.(L.B.)

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    La crisi economica mondiale al centro di un documento del Van Thuân International Network

    ◊   Richiamare i grandi del mondo alle proprie responsabilità nella crisi economica globale in atto. Con questo spirito mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, a nome del Van Thuân International Network che collega alcuni centri di studio della dottrina sociale della Chiesa in Italia, Spagna e America Latina, ha annunciato la pubblicazione di un documento. Come riferisce l’agenzia Sir, sono tre i punti principali contenuti in esso: “pensare alla ripresa coinvolgendo i Paesi poveri nello sviluppo; agire sussidiariamente perché altrimenti si scaricano i costi della ripresa sui livelli inferiori della società e si deresponsabilizza; ampliare la partecipazione nel rispetto dei diritti umani e della democrazia”. Secondo il documento, “gli Stati devono intervenire con spirito di supplenza, nonostante la crisi; va riconosciuto il ruolo della società civile come produttore di solidarietà ma anche di risorse per la ripresa; gli apparati statali non devono scaricare i costi sulla società civile e sui privati, ma riformare se stessi e aiutare il mercato e la società civile indirettamente piuttosto che direttamente”. Una migliore regolamentazione del mercato finanziario va inoltre perseguita “insieme alla delocalizzazione finanziaria per impedire la volatilità dei capitali dai Paesi in via di sviluppo e il perseguimento degli obiettivi di finanza per lo sviluppo già evidenziati alla conferenza di Doha”.(B.C.)

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    Portogallo: intervento della Caritas su crisi economica e tutela dei bambini

    ◊   La crisi economica e finanziaria globale, la tutela dei bambini e la collaborazione tra Stato e Chiesa sono state le riflessioni principali del Consiglio generale della Caritas portoghese, svoltosi a Vila Viçosa. Nel comunicato finale, reso noto al termine dei lavori, si legge che “la condizione delle persone che non hanno il minimo indispensabile per sopravvivere ferisce la dignità umana”. Di qui, l’esortazione ad “avere il coraggio di andare incontro a tutti coloro che si nascondono a causa di una povertà vergognosa”. In particolare, riguardo alla crisi economica e finanziaria globale, la Caritas sottolinea “gli attuali problemi derivanti dal crescente tasso di disoccupazione”, tra cui “la disgregazione della famiglia, dovuta all’aumento dei divorzi e della violenza domestica”. Poi, la Caritas punta i riflettori sul difficile momento attraversato dalle istituzioni sociali, che stanno perdendo i sostegni finanziari e sul fallimento delle piccole e medie imprese, un fatto che ha gravi ripercussioni sulle famiglie. Lanciato, inoltre, anche l’allarme sull’indebitamento “divenuto un’abitudine molto preoccupante, un problema gravissimo che si acuisce nel quadro generale dell’insicurezza economica”. E ancora, la Caritas mette in evidenza che molti suoi centri, in Portogallo, sono stati costretti ad aprire una “mensa sociale”, poiché sono sempre più numerose le famiglie che soffrono la fame. Inoltre, nell’ambito del Consiglio generale, si è svolto un incontro, aperto al pubblico, presieduto dall’arcivescovo emerito di Evora, mons. Maurílio Gouveia, ed a cui hanno partecipato anche alcuni rappresentanti politici. Intitolato “Priorità ai bambini”, l’evento si è soffermato anche sulla necessaria collaborazione tra Stato e Chiesa. “La missione della Chiesa è diversa da quella dello Stato, ma è complementare ad essa – si legge sempre nel comunicato finale – Chiesa e Stato convergono sul futuro della cittadinanza, sulla costruzione del bene comune. Entrambi devono, quindi, instaurare spazi aperti di dialogo, escludendo un’idea di superiorità e guardando soprattutto alla collaborazione autentica ed al rispetto incondizionato per le persone”. “Nessuna istituzione ha tutte le risposte – ribadisce la Caritas – Per questo, la cooperazione è un imperativo da salvaguardare e deve essere debitamente organizzata”. Quanto ai bambini, per rendere la Chiesa un agente di sensibilizzazione, prevenzione e sviluppo, la Caritas portoghese ha stabilito di affiancarsi ad un’equipe specializzata, suddivisa nelle varie diocesi. In questo modo, i gruppi parrocchiali entreranno in contatto con l’Osservatorio Sociale, andando ad integrare quanto viene fatto per i bambini a rischio. Infine, il Consiglio generale si è dato appuntamento a Fatima, in novembre, per la prossima riunione. (I.P.)

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    No dei vescovi britannici alla legalizzazione subdola del suicidio assistito

    ◊   Non si può “mettere fuori legge l’istigazione al suicidio e contemporaneamente voler permettere l’assistenza allo stesso a persone che vanno all’estero per potersi uccidere”. È quanto afferma mons. Peter Smith, responsabile del Dipartimento per la cittadinanza cristiana della Conferenza episcopale inglese e gallese a proposito della mozione presentata da un gruppo di parlamentari per aprire il dibattito sul suicidio medicalmente assistito, attualmente vietato nel Regno Unito. La mozione segue il recente caso di due coniugi di Bath affetti da cancro allo stadio terminale che si sono tolti la vita in Svizzera presso la nota clinica di assistenza al suicidio “Dignitas”. I suoi firmatari vorrebbero introdurre un emendamento a un disegno di legge che sarà discusso il prossimo mese di aprile per modificare e aggiornare la legge sul suicidio del 1961. A loro avviso, nella sua attuale formulazione, il “Coroners and Justice Bill”, non distingue in modo abbastanza chiaro fra chi incoraggia con malizia altri a suicidarsi e chi invece assiste con compassione un malato terminale che vuole morire. Un’argomentazione debole che non tiene conto della complessità della realtà, rileva mons. Smith in una lettera aperta al Times di Londra in cui accusa i promotori dell’iniziativa di volere stravolgere lo spirito del provvedimento, mirando a una legalizzazione di fatto del suicidio assistito. Il rischio – avverte l’arcivescovo di Cardiff – è di permettere ad alcune persone, mosse magari da intenti poco nobili, di incoraggiare i loro congiunti gravemente malati ad anticipare la propria morte. “Allo stato attuale – rileva la lettera – questi ultimi sono tutelati dalla legge: il suicidio assistito è illegale. Se invece dovesse essere legalizzato in alcuni casi, si aprirebbero le porte non solo a quella minoranza di persone che nelle loro piene facoltà mentali sono determinate a morire, ma anche alle ben più numerose persone che potrebbero convincersi, o essere subdolamente convinte da altre, che la morte sia la soluzione migliore per sé e per quelli che li circondano”, conclude mons. Smith. (L.Z.)

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    Taiwan: si è spento a 99 anni il missionario gesuita ungherese padre Jaschko

    ◊   “Una foglia che ha piantato la sua radice d’amore qui”: è il significato del nome cinese Ye You-Gen di padre Stephen Jaschko, missionario gesuita ungherese morto a 99 anni il 17 marzo scorso, dopo aver passato 54 anni al servizio della missione a Taiwan. Ma quasi tutta la sua lunga vita - riferisce l'agenzia Fides - è stata dedicata alla missione dell’evangelizzazione in Cina, con il cuore e con azioni concrete. La notizia della sua scomparsa ha suscitato grande emozione dal continente asiatico fino in Ungheria, dove, per un amore ancora più grande per la missione, vi era ritornato solo tre volte in quasi un secolo di vita. Per questo sia il quotidiano Nepszabadsag e Duna TV dell’Ungheria, come i mass media di Taiwan, hanno dato ampio spazio alla sua scomparsa. Padre Jaschko – per i cinesi semplicemente padre Ye, che significa foglia - era nato a Kosice in Ungheria (oggi appartenente alla Slovacchia). Divenne gesuita nel 1929 e fu mandato in Cina continentale nel 1936 insieme ad altri confratelli ungheresi. Costretto a lasciare il continente nel 1954, cominciò a dedicarsi completamente alla missione dell’isola, senza mai dimenticare la missione in continente, sostenendola con la preghiera. Appena possibile, ha aiutato la diocesi di Han Dan a fondare il Collegio educativo di Si Gao, che accoglie i bambini disabili orfani o abbandonati dalla famiglia. Non ha mai smesso di pensare e di prendersi cura dell’evangelizzazione nel continente, nè di occuparsi dei bambini cinesi più sfortunati, sia del continente che dell’isola. Arrivando a Taiwan ha fondato il Centro educativo speciale S. Giuseppe e la Fondazione cattolica del Welfare sociale di Hua Kuang, che sono apprezzatissimi dalla società e dalla gente comune. (R.P.)

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    La stampa neozelandese anticipa la nomina dell’ex premier Clark alla guida dell’Undp

    ◊   Sarà l'ex premier laburista neozelandese Helen Clark ad essere nominata alla guida del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp). Secondo l'agenzia di stampa neozelandese Nzpa, la nomina sta per essere confermata ufficialmente dal segretario generale dell'ONU, Ban Ki-Moon. A capo del Governo di per nove anni, Clark era stata sconfitta nelle elezioni dello scorso novembre dai conservatori. La carica all’Onu, che Clark assumerà in agosto, è considerata la terza in ordine di importanza nelle Nazioni unite e comporta la gestione di un budget di 5 miliardi di dollari, destinato principalmente a programmi di sviluppo per l’Africa. Il nuovo Governo conservatore neozelandese ha dato pieno sostegno alla nomina, ed il nuovo premier John Key ha detto di essersi adoperato assiduamente presso altri leader nazionali a favore della scelta di Clark. (R.G.)

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    Appassionata esegesi paolina di padre Bianchi nella Basilica Ostiense

    ◊   “Un Vangelo riassunto in pochissimi versetti”, “una confessione di fede fra le più alte e profonde del Nuovo Testamento”: così il biblista Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, ha parlato lunedì sera nella Basilica Ostiense del celebre Inno di San Paolo nella Lettera ai Filippesi. Padre Bianchi è stato fra i protagonisti del quarto e penultimo “Incontro sulle Lettere Paoline” promosso dal cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica di San Paolo fuori le mura, nel contesto delle celebrazioni per il bimillenario della nascita dell’Apostolo. La sua dissertazione ha colpito ed emozionato i presenti tra cui il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, in particolare quando ha esortato tutti e ciascuno, a professare con San Paolo: “Cristo, tu sei il mio Signore”. Le testimonianze di protagonisti del nostro tempo, che caratterizzano ogni incontro, sono state aperte dal giornalista televisivo e scrittore Bruno Vespa che, con una serie di richiami alla personalità di Paolo di Tarso e a riferimenti alle tecniche della comunicazione odierna, ha affermato l’attualità e la modernità del suo messaggio. Affascinante la rievocazione fatta da Claudio Strinati, sovrintendente ai Beni culturali, storici e artistici di Roma e del polo museale romano, riguardo al confronto dei due celebri dipinti del Caravaggio riguardo alla conversione di Paolo sulla via di Damasco. La ricchezza del dinamismo esperienziale della fede lasciato da San Paolo è stata al centro della testimonianza di Salvatore Martinez, presidente nazionale del movimento ecclesiale “Rinnovamento nello Spirito Santo”. Il modo in cui la congregazione dei Legionari di Cristo attua “l’impegno strategico nella costruzione della cultura per il futuro della società”, nell’ispirazione al principio paolino “dell’uomo nuovo”, è stato illustrato da padre Luis Garza Medina. Infine Chiara Amirante, la fondatrice della Comunità “Nuovi Orizzonti”, ha dato un’avvincente testimonianza della sua “scoperta” di Cristo Risorto, della sua prodigiosa guarigione da una malattia incurabile e dalla totale cecità imminente, della sua missione tra il popolo della notte, con disperati, sfigurati, emarginati, e del loro recupero nei centri di accoglienza, di ascolto, di formazione in Italia e all’estero. (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Filippine: i miliziani islamici minacciano di decapitare i tre ostaggi della Croce Rossa

    ◊   Si fa sempre più tesa la situazione nelle Filippine, dove un commando di terroristi islamici del gruppo Abu Sayyaf ha minacciato di uccidere i tre dipendenti della Croce Rossa rapiti a metà gennaio. Tra le richieste avanzate dai terroristi quella di un ritiro delle truppe di Manila dalle roccaforti della guerriglia, nel sud del Paese. I tre rapiti – lo ricordiamo - sono l’italiano Eugenio Vagni, lo svizzero Andreas Notter e la filippina Mary Jean Lacaba. Sulla situazione nel Paese asiatico, Stefano Leszczynski ha intervistato padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime da molti anni nelle Filippine:

    R. – Qui ci interroghiamo sul perché succeda tutto questo. Ci ha lasciato perplessi, perché la Croce Rossa è qui per portare aiuto. La situazione, direi, è complicata: non si tratta direttamente di un discorso religioso, anche se ci sono dei segnali preoccupanti. In questo periodo ci sono stati diversi sequestri, e guarda caso, quando prendono, per esempio, degli insegnanti tra cui ci sono dei cristiani e dei musulmani, alla fine i musulmani vengono liberati e i cristiani no.

     
    D. – Lei si occupa proprio di dialogo tra musulmani e cristiani. Che spazi ha questo dialogo e come procede?

     
    R. – Il dialogo, qui nelle Filippine, a Zamboanga e in generale, a Mindanao, direi che va avanti con diverse difficoltà. Dobbiamo capire il contesto di un conflitto. Quindi, direi che ci sono degli aspetti positivi, di diverse forze di dialogo, di pace, però nel contesto ci sono anche degli sforzi che definirei preoccupanti, perché nelle Filippine – in particolare a Mindanao – stanno entrando dei gruppi che hanno un aspetto un po’ più radicale.

     
    D. – Com’è la condizione di vita sociale ed economica nelle Filippine?

     
    R. – La situazione è piuttosto grave, logicamente. La gente soffre molto. Il governo cerca di dare degli aiuti, ci sono diversi programmi di assistenza. La paura è che alcuni di questi aiuti siano legati alle prossime elezioni politiche, per cui non sappiamo fino a che punto siano genuini.

     
    D. – Quindi l’aiuto in che modo si sviluppa?

     
    R. – Fondamentalmente, la Croce Rossa è impegnata nelle zone di guerra o guerriglia; poi hanno anche dei progetti di cooperazione, però il loro particolare impegno è nelle zone più a rischio.

     
    India
    È di almeno 25 morti, fra cui otto militari, il bilancio provvisorio dei combattimenti che impegnano da sei giorni l'esercito indiano nello Stato del Kashmir contro guerriglieri del gruppo terrorista Lashkar-e-Toiba (LeT), responsabile anche degli attacchi a Mumbai. Secondo fonti dell’esercito si tratta di circa 300-400 miliziani islamici infiltrati dal confine pakistano. Gli scontri sarebbero ormai giunti al termine. Un portavoce dei guerriglieri sostiene, invece, che “la battaglia è solo all’inizio, dal momento che il gruppo è attivo con tutte le sue forze”.

    Afghanistan
    Ennesima giornata di violenze in Afghanistan. Nove civili sono morti e sette sono rimasti feriti per l’esplosione di una bomba al passaggio del bus sul quale viaggiavano. L’attentato è avvenuto nella provincia sudorientale di Khost, roccaforte dei miliziani talebani. Intanto, sul fronte diplomatico, la Russia ha detto che non si opporrà ad un’eventuale ricerca di un contatto tra l’attuale leadership afghana e i talebani moderati, a patto che quest’ultimi depongano le armi e riconoscano la costituzione.

    Turchia
    Una persona ha perso la vita e due sono rimaste ferite nell’esplosione avvenuta in un centro commerciale a Mardin, città a maggioranza curda nel sudest della Turchia. La deflagrazione ha distrutto cinque negozi e ne ha danneggiati altri cinque. La polizia non ha escluso l'ipotesi di un attentato. L’attacco giunge il giorno seguente la visita del presidente turco Gul in Iraq, in cui è stato rinnovato l’impegno delle autorità irachene contro gli indipendentisti curdi del PKK che hanno basi nel nord del Paese del Golfo.

    Israele
    "Negozierò con l'Autorità nazionale palestinese per la pace", lo ha assicurato oggi il premier designato israeliano, Benyamin Netanyahu, il giorno seguente la chiusura dell’accordo con il partito laburista per un governo di unità nazionale. Faranno parte del nuovo esecutivo la destra moderata del Likud, guidata da Nethanyau, i laburisti di Barak, l’estrema destra di Lieberman e alcuni partiti religiosi. All’opposizione il partito Kadima dell’ex ministro degli Esteri, Tzipi Livni, che ha liquidato l’accordo come "un’espressione di brutta politica".

    Libano
    Il tribunale speciale per il Libano all’Aja ha, da ieri, un nuovo presidente. Si tratta dell’italiano Antonio Cassese, il quale ha già ricoperto cariche di rilievo internazionale per la tutela dei diritti umani per i conflitti nei Balcani, per la guerra civile in Ruanda e per l’emergenza Darfur. Il tribunale speciale sul Libano dell'Aja è stato creato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 30 maggio 2007 per indagare sull'omicidio dell'ex premier libanese Rafik Hariri, ucciso nel 2005 da un’autobomba assieme ad altre 22 persone. Intanto, agenti della sicurezza libanesi hanno rinvenuto nella notte materiale utilizzabile per compiere un attentato nei pressi dell'abitazione dell'ex presidente libanese e leader cristiano del partito delle Falangi, Amin Gemayel, a Bikfaya, località a nord-est di Beirut.

    Italia: testamento biologico
    In Italia, il Senato ha ripreso l’esame del disegno di legge riguardante il testamento biologico. Questa mattina l’Aula ha bocciato con voto segreto gli emendamenti all’articolo 3 relativi alla nutrizione e idratazione artificiale. Il servizio di Giampiero Guadagni:

     
    Il Senato ha dunque confermato il no alla possibilità che il soggetto possa esprimersi nell’ambito delle dichiarazioni anticipate anche in merito ai trattamenti di nutrizione e idratazione artificiale, chiedendone una sospensione se si dovesse trovare, in futuro, in una condizione estrema di fine vita. E’ questa la materia in cui maggiori sono le distanze tra Pdl e Pd; cancellate poi - sempre dall’articolo 3 - il riferimento letterale all’accanimento terapeutico. Ieri, intanto, è stato approvato - sempre con voto segreto - l’articolo 1, che fissa i principi generali, riconosce e tutela la vita umana quale diritto inviolabile e indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell’esistenza, e prevede che gli atti medici non possano prescindere dal consenso informato. Si afferma inoltre che la legge vieta, ai sensi del codice penale, ogni forma di eutanasia e ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio. Approvato anche l’articolo 2, che regola l’applicazione del principio del consenso informato dei pazienti. Se i tempi saranno rispettati, il provvedimento avrà il via libera di Palazzo Madama entro giovedì notte.

     
    Italia: accordo sui Tremonti Bond
    Il ministro dell’Economia dell’Italia, Giulio Tremonti, ha firmato il protocollo d’intesa tra il Tesoro e l’Associazione Bancaria Italiana (Abi) per il finanziamento alle imprese. Con i cosiddetti “Tremonti Bond” si riattiverà il credito per oltre 150 miliardi di euro. La misura è stata accolta con grande soddisfazione dal presidente dell'Abi Faissola, secondo il quale ora gli istituti di credito italiani “non potranno esimersi dal fare credito”, visto la disponibilità di bond che mirano a sostenere la liquidità delle banche.

    Barroso su crisi e G20
    La crisi economica “sta creando indigenza e condizioni dure” e la disoccupazione “sta crescendo e continuerà a crescere”. Sono queste le preoccupanti parole del presidente della commissione Ue, Barroso, intervenuto durante il dibattito al Parlamento europeo sugli esiti del vertice europeo della scorsa settimana. Barroso ha poi annunciato che l'Unione Europea si presenterà al G20 di Londra con “un ordine del giorno di leadership” e una unità di intenti, cosa non scontata fino a pochi giorni fa.

    Egitto: incontro Mubarak-al-Bashir
    Il presidente sudanese Omar al-Bashir, contro il quale è stato spiccato un mandato di cattura dal Tribunale penale internazionale il 4 marzo scorso per i crimini in Darfur, è arrivato oggi al Cairo dove ha in programma colloqui con il presidente egiziano Hosni Mubarak. La visita nella capitale egiziana potrebbe avere l'obiettivo di una consultazione tra i due presidenti in vista del prossimo vertice annuale arabo, in calendario il 30 marzo a Doha.

    Madagascar
    L'ex presidente del Madagascar, Marc Ravalomanana, ha esortato i suoi sostenitori a “salvare la nazione” e ha definito un “golpe” il suo rovesciamento, avvenuto la scorsa settimana per mano del leader dell’opposizione, Andry Rajoelina. Ravalomanana si trova attualmente in Swaziland in vista di un vertice della Comunità per lo Sviluppo dell'Africa Australe, un blocco regionale di 15 nazioni che nel suo summit, previsto per la prossima settimana, discuterà di possibili sanzioni contro Rajoelina. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 84

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