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Sommario del 20/03/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa in Angola: non arrendetevi alla legge del più forte, condividete le ricchezze con giustizia
  • Il congedo dal Camerun. Appello del Papa a eliminare ingiustizia e fame
  • Benedetto XVI ai membri del Sinodo per l’Africa: radicati nell’amore misericordioso di Dio, costruite un’Africa più giusta e pacifica
  • Il Papa ai malati in Camerun: non siete soli, Cristo vi conforta con la sua predilezione. Alla Chiesa locale: difendete la vita
  • Padre Lombardi: i vescovi africani hanno affidato al Papa esigenze e speranze del loro continente
  • L'arcivescovo di Accra: l'Africa sempre più protagonista del suo destino
  • Società più debole senza la voce delle donne: così il Papa alla Conferenza su donne e diritti umani
  • Quaresima: seconda predica di padre Cantalamessa per la Curia Romana
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Prove di dialogo tra Usa e Iran
  • Orissa: l'assassinio di un leader indù rischia di riaccendere l'odio anticristiano
  • Chiesa e Società

  • Lotta contro l'Aids: Patriarcato di Mosca solidale con il Papa
  • La Caritas in prima linea nell’assistenza ai profughi di Congo e Sudan
  • Cresce l’emergenza colera nell’Africa australe
  • Terra Santa: gesuita israeliano nuovo responsabile delle comunità cattoliche di espressione ebraica
  • Per le Carmelitane di Haifa il Papa in Terra Santa è una benedizione per Israele
  • Nicaragua: appelli alla Chiesa perché partecipi al dialogo nazionale
  • I 40 anni di “Radio Veritas” la voce del Vangelo in Asia
  • Kosovo: a 10 anni dalla guerra Amnesty denuncia l’impunità delle violazioni dei diritti umani
  • Lussemburgo: l'impegno della Chiesa dopo la legalizzazione dell'eutanasia
  • “Scienza e Vita” lancia il manifesto "Liberi per vivere"
  • Lampedusa: incontro della Caritas al fianco degli immigrati
  • Il cardinale Bagnasco: “Il mercato intraprenda la strada del bene comune”
  • Alla Lateranense convegno per riflettere sul matrimonio nel pensiero paolino
  • Genova celebra il 50.mo di fondazione del Serra International Club
  • Roma dedica una targa celebrativa per il 140.mo dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
  • Concluso a Roma il convegno su don Andrea Santoro
  • Il cardinale Vallini domenica dedicherà a Santa Edith Stein una nuova chiesa a Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Vertice Ue: raddoppiati gli aiuti ai Paesi fuori Eurolandia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa in Angola: non arrendetevi alla legge del più forte, condividete le ricchezze con giustizia

    ◊   Benedetto XVI è arrivato oggi in Angola dopo aver concluso stamani la sua visita in Camerun. All'aeroporto di Luanda, durante la cerimonia di benvenuto, Benedetto XVI ha invitato la popolazione angolana alla riconciliazione, senza arrendersi alla legge del più forte, e a condividere le grandi ricchezze del Paese. Quindi ha espresso la sua solidarietà per le popolazioni colpite dalle alluvioni. Il servizio del nostro inviato Davide Dionisi.

     
    Benvenuto, umile lavoratore della vigna del Signore. Bem-vindo a Angola. Finisce così, con gli slogan che campeggiano nelle strade di Luanda e sul principale mezzo di informazione locale, la lunga attesa del popolo angolano. Alle 12.45 di oggi l’aereo del Papa, proveniente da Yaoundé, è atterrato all’aeroporto internazionale “4 de Fevereiro” della capitale e ad accogliere il Santo Padre c’era il nunzio apostolico, mons. Giovanni Angelo Becciu, l’arcivescovo di Luanda e presidente della Conferenza episcopale dell’Angola e Sao Tomé, mons. Damiao Antonio Franklin, il presidente della Repubblica José Eduardo Dos Santos e il coordinatore della visita del Santo Padre e vescovo di Cabinda, mons. Filomeno do Nascimento. Un’attesa lunga diciassette anni, da quando nel 1992 Giovanni Paolo II venne per alleviare “le sofferenze di una lunga e sanguinosa guerra civile” e per lanciare un appello chiedendo a quanti potessero favorire una soluzione e operassero perché le risorse del Paese potessero giovare a tutti i suoi abitanti e costituire un aiuto per l'Africa intera. Benedetto XVI proprio nel suo primo discorso, pronunciato durante la cerimonia di benvenuto, ha ricordato la visita del suo predecessore, sottolineando quanto stessero a cuore a Papa Wojtyla le sorti di questa giovane nazione.

     
    Il Papa poi ha sottolineato la personale comunione di sentimenti con il popolo angolano, entrambi con trascorsi di guerra e di tragedia: la Germania della Seconda Guerra Mondiale e l’Angola di ventisette anni di guerra civile. Ma è il dialogo tra gli uomini, ha ricordato il Pontefice, lo strumento principe per costruire quella civiltà dell’amore da tanta parte evocata:

     
    "Quanto a mim, venho de um país onde a paz e a fraternidade ...
    Quanto a me, vi ricordo che provengo da un Paese dove la pace e la fraternità sono care ai cuori di tutti i suoi abitanti, in particolare di quanti – come me – hanno conosciuto la guerra e la divisione tra fratelli appartenenti alla stessa Nazione a causa di ideologie devastanti e disumane, le quali, sotto la falsa apparenza di sogni e illusioni, facevano pesare sopra gli uomini il giogo dell’oppressione. Potete dunque capire quanto io sia sensibile al dialogo fra gli uomini come mezzo per superare ogni forma di conflitto e di tensione e per fare di ogni Nazione – e quindi anche della vostra Patria – una casa di pace e di fraternità”.
     
    Il Papa ha successivamente ricordato le piogge abbondanti dei giorni scorsi che hanno causato alluvioni e smottamenti soprattutto nel Kunene, estremo sud del Paese, al confine con la Namibia:

     
    "Como não pensar aqui nas populações da província do Kunene…
    Come non pensare qui alle popolazioni della provincia di Kunene flagellate da piogge torrenziali e alluvioni, che hanno provocato numerosi morti e hanno lasciato tante famiglie prive di alloggio per la distruzione delle loro case? A quelle popolazioni provate desidero far giungere in questo momento l’assicurazione della mia solidarietà, insieme con un particolare incoraggiamento alla fiducia per ricominciare con l’aiuto di tutti”.
     
    Nel ricordare che l’Angola è una delle nazioni più ricche di risorse naturali (petrolio e diamanti su tutte), Benedetto XVI ha invitato a sfruttare al meglio i doni che il Signore ha donato a questa importante fetta d’Africa per il raggiungimento di una pace duratura. Senza però mai cedere alla tentazione di sopraffare l’altro con la forza:

     
    "Queridos amigos angolanos, o vosso território é rico...
    Cari amici angolani, il vostro territorio è ricco; la vostra Nazione è forte. Utilizzate queste vostre prerogative per favorire la pace e l’intesa fra i popoli, su una base di lealtà e di uguaglianza che promuovano per l’Africa quel futuro pacifico e solidale al quale tutti anelano e hanno diritto. A tale scopo vi prego: Non arrendetevi alla legge del più forte!”.
     
    Il pensiero poi è andato ai poveri e agli indigenti. Nonostante le immense risorse, il tasso di povertà è ancora molto elevato. I problemi legati alla corruzione e alla mancanza di industrie alimentari e manifatturiere mettono a dura prova la distribuzione della ricchezza tra la popolazione, che registra ancora un alto tasso di disoccupazione:

     
    "Infelizmente, dentro das vossas fronteiras angolanas, há ainda tantos pobres
    Purtroppo dentro i vostri confini angolani ci sono ancora tanti poveri che rivendicano il rispetto dei loro diritti. Non si può dimenticare la moltitudine di angolani che vivono al di sotto della linea di povertà assoluta. Non deludete le loro aspettative!”.

     
    E per risollevare le sorti di un popolo così tanto volenteroso di aprire un nuovo capitolo di sviluppo e dar vita ad una società tesa al bene comune, il Santo Padre ha evocato la figura di un illustre antenato, Dom Alfonso I Mbenga-a-Nzinga, grazie al quale cinquecento anni fa sorse in Mbanza Congo un regno cristiano che sopravvisse fino al 18esimo secolo. Infine Benedetto XVI ha spiegato i motivi che lo hanno condotto fin qui. Su tutti quello di ritrovarsi con una delle più antiche comunità cattoliche dell’Africa sub-equatoriale, per confermarla nella sua fede in Gesù risorto ed associarsi alle suppliche dei suoi figli affinché il tempo della pace, nella giustizia e nella fraternità, non conosca tramonto.

     
    Benedetto XVI si è presentato con parole chiare all’Angola e, d’altra parte, palpabile è l’attesa nel Paese per i contenuti di questa visita pastorale. Lo sottolinea, il primo segretario dell’Ambasciata d’Italia in Angola, Riccardo Villa, al quale il nostro inviato, Davide Dionisi, ha domandato quale sia il messaggio che più viene in evidenza con la presenza del Pontefice a Luanda:

    R. – Sicuramente, un messaggio di speranza. Il popolo angolano esce da 30 anni di guerra civile che si è conclusa nel 2002, è iniziato un processo di riconciliazione nazionale: non dimentichiamo che le prime elezioni legislative nel Paese ci sono state nel settembre del 2008, elezioni che sono state affrontate dal popolo angolano con grande maturità, con grande serenità. Ne è uscito un responso elettorale molto chiaro per il partito del presidente Eduardo dos Santos, che oggi è al governo. Non si ricostruisce il Paese, dopo 30 anni di guerra civile, in tre-quattro anni! Quindi, decisamente la visita del Papa potrà aiutare a migliorare, forse, l’intervento, l’attenzione delle autorità angolane verso settori – quali quello sociale – che forse sono stati un po’ più trascurati negli anni scorsi rispetto alle esigenze più immediate di riabilitare le infrastrutture del Paese: dalle strade, ai porti … Fino a due anni fa, il Paese non si poteva visitare se non per via aerea: oggi si può percorrere quasi tutto e stiamo parlando di un Paese che è quattro volte più grande dell’Italia!

     
    D. – Ha fatto riferimento alla guerra civile: nel 2002 è finita, sono passati sette anni. Il popolo angolano, come ha reagito?

     
    R. – Il popolo angolano è un popolo che ama la pace, quindi ha sicuramente sposato immediatamente l’idea della pace. Quando è stato dato l’annuncio della fine della guerra, sono state immediatamente abbandonate le armi, da parte di tutti. Non ci sono stati strascichi: questa è una cosa che ha impressionato un po’ tutti. Adesso, il Paese è incamminato su un’altra strada che è quella, appunto, della ricostruzione nazionale che richiede lo sforzo di tutti i cittadini angolani. L’appuntamento elettorale che c’è stato l’anno scorso ha aiutato un po’ a chiarire la situazione politica; ora si potrà forse procedere anche in maniera più spedita e ci sono moltissime opportunità sia a livello sociale sia anche a livello economico.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

     
    Dopodomani pomeriggio è in programma, a Luanda, l’atteso incontro di Benedetto XVI con i Movimenti cattolici che lavorano per la promozione della donna. Una delle ong presente sul posto è “Medici con l’Africa Cuamm”. Il nostro inviato in Angola, Davide Dionisi, ha parlato della questione con una delle volontarie dell’ong, Guglielmina Bentu, che spiega come ancora la strada da percorrere per migliorare la dignità della donna africana sia ancora lunga:

    R. – Dobbiamo sempre lottare per raggiungere quel livello di emancipazione che la donna africana auspica.

     
    D. – Ma vive ancora in una situazione di sofferenza, o qualche cosa sta migliorando?

     
    R. – La sofferenza non è ancora finita. Bisogna che lo Stato e la società civile, proprio, facciano qualcosa per aiutare anche la stessa donna ad uscire da questa situazione di povertà. Perché, infatti, la povertà colpisce di più la donna.

     
    D. – In che modo colpisce di più la donna?

     
    R. – Perché la donna ha meno possibilità di studiare e quindi non ha lo stesso accesso ad un lavoro degno che la aiuti a guadagnare meglio e a concorrere con gli uomini sul lavoro. La donna deve faticare il doppio per dimostrare agli uomini che lei è veramente brava!

     
    D. – Uno dei momenti più importanti della visita di Benedetto XVI sarà proprio l’incontro con le donne. Ecco: che cosa significa questo appuntamento?

     
    R. – Un messaggio di speranza per la donna africana, che è chiamata a educare meglio i figli affinché domani possano diventare uomini moralmente capaci di dirigere questa nazione con dignità. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il congedo dal Camerun. Appello del Papa a eliminare ingiustizia e fame

    ◊   “L’augurio che questa visita pastorale possa portare frutto per la vita della Chiesa in Africa”. Questo l’auspicio espresso stamani dal Papa all’aeroporto internazionale di Yaoundé nel saluto a conclusione della prima tappa in Camerun del viaggio apostolico in Africa, prima della partenza alla volta dell’Angola. Il servizio del nostro inviato a Yaoundé, Giancarlo La Vella:

    (musiche e canti)

     
    Ancora tanto entusiastico affetto per Benedetto XVI e tanta commozione all’aeroporto di Yaoundé per la cerimonia di commiato dal Camerun. Dopo i ringraziamenti al presidente Biya, alla Chiesa locale e ai tanti fedeli che hanno affollato gioiosamente le cerimonie nel corso delle intense giornate trascorse a Yaoundé il Papa, in un breve ma denso discorso, è tornato sui motivi della visita. Innanzitutto un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno pregato intensamente, affinché questa visita pastorale potesse portare frutto per la vita della Chiesa in Africa.

     
    Et je vous demande de continuer à prier pour que la Seconde Assemblée …
    "E vi chiedo di continuare a pregare, – ha detto il Pontefice – perché il II Sinodo dei vescovi per l’Africa dia prova di essere un tempo di grazia per la Chiesa in tutto il Continente, un tempo di rinnovamento e di nuovo impegno nella missione di portare il messaggio salvifico del Vangelo ad un mondo lacerato”.
     
    Poi i ricordi più emozionanti: la tenerezza riservata ieri da Benedetto XVI ai disabili nel “Centro cardinal Léger”. Questa compassione simile a quella di Cristo – ha sottolineato il Santo Padre – è un segno sicuro di speranza per il futuro della Chiesa e per il futuro dell’Africa. E poi non ha mancato di citare l’incontro con i membri della comunità musulmana, importante segno di un dialogo che deve andare avanti:

     
    As we continue on our journey towards greater mutual understanding, ...
    "Mentre continuiamo nel nostro cammino verso una più grande comprensione reciproca – ha ricordato il Pontefice – prego affinché cresciamo anche nel vicendevole rispetto e stima e fortifichiamo la nostra decisione di collaborare per proclamare la dignità donata da Dio alla persona umana, un messaggio che un mondo in crescente secolarizzazione ha bisogno di sentire”.
     
    Quindi, ancora un cenno allo storico momento della promulgazione dell’Instrumentum laboris in vista del prossimo Sinodo per l’Africa, un evento di importanza globale:

     
    Truly this is a moment of great hope for Africa and for the whole world. ...
    "Questo è veramente un momento di grande speranza per l’Africa e per il mondo intero. Popolo del Camerun, vi incito a cogliere l’importanza del momento che il Signore vi ha dato! Rispondete alla sua chiamata – ha esortato Benedetto XVI – che vi impegna a portare riconciliazione, guarigione e pace alle vostre comunità ed alla vostra società! Operate per eliminare l’ingiustizia, la povertà e la fame ovunque le troviate!”.

     
    Ora in Angola il Papa continua il suo dialogo con l’Africa, ma del Camerun rimane l’emozione di tante parole, di tanti gesti dedicati dal Papa ai più poveri, ai più deboli e ai meno fortunati. L’ultimo stamani, prima di lasciare la nunziatura: l’incontro con un gruppo di pigmei, una delle etnie più antiche dell’Africa, oggi troppo spesso dimenticata, la cui sopravvivenza, insieme con usi e tradizioni, è messa in pericolo dall’impoverimento ambientale, dalla deforestazione, dalla difficoltà di integrazione nella società africana moderna.

     
    (musica)

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    Benedetto XVI ai membri del Sinodo per l’Africa: radicati nell’amore misericordioso di Dio, costruite un’Africa più giusta e pacifica

    ◊   La Chiesa dell’Africa è sempre più impegnata in favore della riconciliazione, della giustizia e della pace: è quanto sottolineato, ieri sera, da Benedetto XVI nell’incontro con i membri del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, avvenuto alla nunziatura apostolica di Yaoundé. Il Papa ha sottolineato che tutta la Chiesa guarda con speranza a questa assise sinodale ed ha ribadito che la situazione di oppressione che affligge tanti popoli africani non è irreversibile. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Per adempiere bene la propria missione, la Chiesa dev’essere una comunità di persone riconciliate con Dio e tra di loro”: è l’esortazione di Benedetto XVI ai vescovi africani che in ottobre si riuniranno in Vaticano per l’assemblea sinodale. Solo se riconciliati, ha aggiunto, i fedeli potranno “annunciare la Buona Novella della riconciliazione alla società attuale, che conosce purtroppo in molti luoghi conflitti, violenze, guerre e odio”:

     
    Your continent, sadly, has not been spared, and it has…
    “Il vostro continente – ha rammentato – non ne è stato risparmiato ed è stato ed è ancora triste teatro di gravi tragedie, che fanno appello ad una vera riconciliazione tra i popoli, le etnie, gli uomini”. Per noi cristiani, è stata la sua riflessione, “questa riconciliazione si radica nell’amore misericordioso di Dio Padre e si realizza mediante la persona di Gesù Cristo che, nello Spirito Santo, ha offerto a tutti la grazia della riconciliazione. Le conseguenze si manifesteranno allora con la giustizia e la pace, indispensabili per costruire un mondo migliore”. Ed ha sottolineato che “nel contesto sociopolitico ed economico attuale del continente africano” non c’è nulla “di più drammatico della lotta spesso cruenta tra gruppi etnici o popoli fratelli”. L’Africa, ha detto ancora, è “assetata di riconciliazione e alla ricerca della giustizia e della pace”:

     
    The local or regional wars, massacres and genocides…
    “I conflitti locali o regionali, i massacri e i genocidi che si sviluppano nel Continente – ha affermato Benedetto XVI – devono interpellarci in modo tutto particolare: se è vero che in Gesù Cristo noi apparteniamo alla stessa famiglia e condividiamo la stessa vita, poiché nelle nostre vene circola lo stesso Sangue di Cristo, che fa di noi figli di Dio, membri della Famiglia di Dio, non dovrebbero dunque più esserci odio, ingiustizie, guerre tra fratelli”. Il primo dovere della giustizia, ha detto riecheggiando le parole del cardinale Gantin, “è riconoscere l’uomo come fratello”. Quindi, ha ribadito che la Chiesa-Famiglia di Dio che è in Africa, “ha realizzato un’opzione preferenziale per i poveri”:

     
    In this way she showed that the situation of dehumanization…
    “Essa – ha spiegato - manifesta così che la situazione di disumanizzazione e di oppressione che affligge i popoli africani non è irreversibile; al contrario, essa pone ciascuno di fronte ad una sfida, quella della conversione, della santità e dell’integrità”. Il Papa ha quindi rivolto il pensiero al recente Sinodo sulla Parola di Dio. E a partire da questa Parola, è stata la sua esortazione, “che bisogna valorizzare le tradizioni africane, correggere e perfezionare la loro concezione della vita, dell’uomo e della famiglia”. “E’ urgente – ha avvertito – che le comunità cristiane diventino sempre più luoghi di ascolto profondo della Parola di Dio e di lettura meditativa della Sacra Scrittura”. Al tempo stesso, il Pontefice ha evidenziato che l’Eucaristia “è sorgente di unità riconciliata nella pace”. “La Parola e il Pane di vita – ha proseguito – offrono luce e nutrimento, come antidoto e viatico nella fedeltà al Maestro e Pastore delle nostre anime, perché la Chiesa in Africa realizzi il servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. E qui ha levato una vibrante esortazione:

     Aucune différence ethnique ou culturelle, de race, de sexe ou de religion…“Nessuna differenza etnica o culturale, di razza, di sesso o di religione – ha detto – deve divenire tra voi motivo di contesa. Voi siete tutti figli dell’unico Dio, nostro Padre, che è nei cieli. Con questa convinzione sarà finalmente possibile costruire un’Africa più giusta e pacifica, all’altezza delle legittime attese di tutti i suoi figli”. Nel suo articolato intervento, il Papa non ha mancato di ricordare il grande dinamismo della Chiesa in Africa, auspicando che la “crescita non sia soltanto quantitativa ma anche qualitativa”. Un continente, quello africano, ha sottolineato, che è stato santificato dallo stesso Gesù Cristo. L’Africa, ha costatato, “ha offerto al Figlio di Dio una terra che lo ha nutrito e una protezione efficace":

     
    Depuis lors, la semence de sa présence est enfouie dans les profondeurs…
    Da allora, ha affermato, il seme della sua presenza è radicato “nelle profondità del cuore di questo amato continente ed esso germoglia a poco a poco al di là e attraverso le vicissitudini della storia umana”. Ed ha ringraziato l’impegno instancabile di catechisti e missionari, che si sono impegnati nell’evangelizzazione dell’Africa. “Con naturalezza – ha detto – hanno operato un’efficace inculturazione che ha portato meravigliosi frutti”. Né ha dimenticato i numerosi Santi che hanno benedetto la terra africana da Comboni all’umile Bakhita. Un pensiero è infine andato ai teologi africani. Benedetto XVI ha auspicato che questo secolo veda la rinascita, sotto una forma nuova, della prestigiosa scuola di Alessandria che possa fornire dei grandi teologi e maestri spirituali che contribuiscano a santificare gli abitanti dell’Africa e della Chiesa intera.

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    Il Papa ai malati in Camerun: non siete soli, Cristo vi conforta con la sua predilezione. Alla Chiesa locale: difendete la vita

    ◊   Due ore prima di intrattenersi con i membri del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, sempre a Yaoundé Benedetto XVI aveva incontrato circa 200 malati, ospiti del Centro Nazionale di riabilitazione dei disabili, intitolato alla memoria del cardinale canadese, Paul Emile Léger. Vi porto il conforto di Cristo, che ebbe per i malati “tenerezza” e “benevola attenzione”, ha detto il Papa, che ha incoraggiato la Chiesa a continuare nella dura lotta contro le malattie in Africa. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

    (canto)

    Quattordici chilometri per andare a guardare negli occhi e confortare chi porta sulla propria pelle le conseguenze di malattie invalidanti. Ieri pomeriggio, verso le 16, Benedetto XVI ha raggiunto in auto, dalla nunziatura, il Centro di recupero disabili di Yaoundé. Per un paio d’ore, sofferenza e senso della speranza cristiana sono state nel cuore commosso del Papa e in quello dei disabili, molti dei quali bambini, spesso affetti da gravi deformità, che hanno voluto salutare e ascoltare il “Grande Antenato”, così come poche ore prima Benedetto XVI era stato chiamato, in segno di affettuoso rispetto secondo la cultura locale, dall’arcivescovo della capitale camerunense. “Non siete soli” nella vostra sofferenza, è stato il primo messaggio del Pontefice: non lo siete perché nella sua vita terrena Cristo ha mostrato tutta la predilezione di Dio - ha detto, alternando come sempre francese e inglese - per coloro portano “nella loro carne” i segni dell’handicap, della violenza, della guerra:

     
    “Je pense aussi à tous les malades...
    Penso anche a tutti i malati, e specialmente qui, in Africa, a quelli che sono vittime di malattie come l’Aids, la malaria e la tubercolosi. So bene come presso di voi la Chiesa cattolica sia fortemente impegnata in una lotta efficace contro questi terribili flagelli, e la incoraggio a proseguire con determinazione questa opera urgente”.

     
    Benedetto XVI ha spinto a più riprese i malati a considerare e dunque a vivere la condizione di malattia e di sofferenza sull’esempio di Cristo, l’“Uomo dei dolori”, e di sua Madre, che salì e patì sul Calvario assieme al Figlio. Certo, ha soggiunto il Papa, “davanti alla sofferenza, la malattia e la morte, l’uomo è tentato di gridare sotto l’effetto del dolore”, il degrado della condizione fisica fa aumentare l’angoscia e per questo “alcuni sono tentati di dubitare della presenza di Dio nella loro esistenza”:

     
    “In the presence of such torment…
    In presenza di sofferenze atroci, noi ci sentiamo sprovveduti e non troviamo le parole giuste. Davanti ad un fratello o una sorella immerso nel mistero della Croce, il silenzio rispettoso e compassionevole, la nostra presenza sostenuta dalla preghiera, un gesto di tenerezza e di conforto, uno sguardo, un sorriso, possono fare più che tanti discorsi”.

     
    Carezze come quelle riservate dal Pontefice ad alcuni dei malati del Centro. O gesti come quello di un africano, Simone di Cirene, che duemila anni fa intrecciò una storia di solidarietà con quella dolorosa del Nazareno condannato al Golgota. Il Cireneo, ha osservato il Papa, fu costretto a portare la croce di Cristo e solo dopo la risurrezione comprese “quello che aveva fatto”. Ma, ha affermato Benedetto XVI:

     
    “In the depths of our anguish…
    Al cuore della disperazione, della rivolta, il Cristo ci propone la Sua presenza amabile anche se noi fatichiamo a comprendere che egli ci è accanto”.

     
    Il Papa ha concluso la sua visita nel centro di riabilitazione con parole di apprezzamento per le varie categorie - dai medici, agli infermieri, fino ai sacerdoti - che lavorano nel mondo della sanità:

     
    “À vous, chercheurs et médicins...
    A voi, ricercatori e medici, spetta mettere in opera tutto quello che è legittimo per sollevare il dolore; spetta a voi in primo luogo proteggere la vita umana, essere i difensori della vita dal suo concepimento fino alla sua fine naturale. Per ogni uomo, il rispetto della vita è un diritto e nello stesso tempo un dovere, perché ogni vita è un dono di Dio”.

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    Padre Lombardi: i vescovi africani hanno affidato al Papa esigenze e speranze del loro continente

    ◊   Dopo il discorso tenuto da Benedetto XVI ai presuli del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, questi ultimi hanno potuto esprimere al Papa pensieri e preoccupazioni sulle varie situazioni che vive il loro continente. Padre Federico Lombardi, al microfono di Giancarlo La Vella, ci ha fornito una sintesi dei vari interventi:

    R. - C’è stato un gruppo di persone molto competenti che ha incontrato il Papa, rappresentanti delle diverse regioni dell’Africa. Hanno avuto tutti la parola e in pochi minuti hanno fatto un quadro, molto impressionante, dei principali problemi delle loro regioni, gli stessi ai quali si riferisce l’Instrumentum laboris. Quando si parla poi di giustizia, riconciliazione e pace veramente si vede quanto ve ne sia bisogno. Ha parlato mons. Monsengwo, facendo un quadro della situazione della Repubblica Democratica del Congo, divisa e sfruttata da tanti poteri diversi, con grandissime sofferenze degli abitanti. Poi, mons. Onaiyekan ha parlato della convivenza pacifica tra cristiani e musulmani nel grande Paese della Nigeria. Mons. Teissier, invece, ha riferito del dialogo con i musulmani nei Paesi del Nord dell’Africa, nei quali i cristiani sono una piccolissima minoranza. Il cardinale Napier ha parlato del Sudafrica, raccontando la vicenda della Commissione per la pace, la giustizia e la riconciliazione nel suo Paese, e di come - anche in tanti altri Paesi dell’Africa australe - questo modello di Commissione, creata per conciliare divisioni e tensioni interne ad un Paese, sia stato un modello estremamente efficace. Ecco, quindi: segni di speranza insieme a gravissimi problemi. Come il tema della corruzione nelle società, che stentano a trovare la via per una vera democrazia e partecipazione, e il ruolo che in esse i cristiani devono avere, insieme con il bisogno di una loro formazione di tipo etico e di impegno nella politica e nella società, garantito da una sana ispirazione etica e cristiana. Questioni simili, presentate con testimonianze molto vive, danno davvero il quadro nel quale il lavoro del Sinodo si inserisce. E il discorso che il Papa ha fatto - presentando in un certo senso il cristianesimo in Africa e il cammino svolto e, ora, anche il suo impegno con il Sinodo - dimostra di essere veramente ciò che ci vuole perché la Chiesa possa dare il suo contributo al continente, che ne ha un bisogno estremo.

     
    D. - Uno dei momenti più toccanti ed emozionanti è stato l’incontro con il mondo della sofferenza al Centro Léger. Quali sensazioni ne ha tratto?

     
    R. - Io direi che, a parte il discorso che è stato bellissimo, molto spirituale, molto intenso e appassionato - di partecipazione della Chiesa e del Papa alla sofferenza dei malati, sottolineato dal passaggio del Santo Padre tra i malati, il suo carezzarli, il benedirli, l'andare vicino a loro, il vedere la loro gratitudine, i loro pianti di commozione - tutto questo è stato un momento estremamente forte, estremamente vivo, perché ha fatto capire la vera vicinanza della Chiesa al mondo della sofferenza: non fatta di parole, ma di partecipazione umana e spirituale profonda. La Chiesa ha quindi l’autorevolezza per parlare della sofferenza, in tutte le sue dimensioni, sapendo cosa questo voglia dire e come si possa aiutare a viverla con dignità e con speranza, dandole un vero significato umano e cristiano.

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    L'arcivescovo di Accra: l'Africa sempre più protagonista del suo destino

    ◊   Per un bilancio sulla tappa camerunense del viaggio del Papa nel continente africano ed una riflessione sul prossimo Sinodo per l’Africa, Giancarlo La Vella ha intervistato l’arcivescovo ghanese di Accra, Gabriel Charles Palmer-Buckle:

    R. - La sua visita è stata una visita molto incoraggiante. Come lui stesso un paio di volte aveva detto, l’Africa è la speranza della Chiesa e abbiamo veramente sentito questo calore di un padre che viene a incoraggiare i suoi figli a fare quello che possono fare e a farlo bene.

     
    D. - L’Africa – è l’auspicio del Papa – deve mettersi in moto per risolvere certe emergenze. C’è una volontà comune sia a livello ecclesiale che di società?

     
    R. - Dal 1994, dal primo sinodo sull’Africa, si è visto subito che l’Africa ormai doveva prendere nelle mani il proprio destino e parlando di Chiesa come famiglia di Dio abbiamo già cominciato a livello pastorale, a livello teologico, nell’indagine sociale, a vedere quello che si può fare. E’ importante, credo che questo secondo Sinodo ci dia veramente la spinta alla maturazione come Chiesa. Come continente direi che già ci sono stati dei passi molto validi, per esempio il NEPAD, the New Partnership for Africa's Development, dove i presidenti dell’Africa vengono a parlare dei propri problemi e a vedere come risolvere questi problemi con le proprie risorse e le proprie forze. L’Africa non vuole isolarsi ma vuole prendere in mano anche il proprio destino. Anche per quanto riguarda la democratizzazione, da vent’anni in qua, ci sono oltre 50 nazioni africane di cui solo 12 hanno dei problemi, crisi politche, conflitti: circa 40 Paesi si stanno avviando gradualmente verso una democratizzazione ancora più matura. Allora obbiamo essere contenti che l’Africa stia prendendo in mano il proprio destino, certamente con l’aiuto positivo della comunità internazionale.

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    Società più debole senza la voce delle donne: così il Papa alla Conferenza su donne e diritti umani

    ◊   “Per il fatto che hanno ricevuto in dono dal Creatore una capacità unica per l’altro, le donne giocano un ruolo cruciale nella promozione dei diritti umani, perciò senza la loro voce la struttura della società sarebbe indebolita”: è quanto scrive Benedetto XVI in un Messaggio al cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, inviato oggi in occasione dell’apertura della Conferenza Internazionale “Vita, famiglia, sviluppo: il ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani”, promossa dal dicastero vaticano con la World Women Alliance for Life and Family (Wwalf) e la World Union of Catholic Women’s Organizations (Wucwo). “Ogni giorno – afferma il Papa – veniamo a conoscere nuovi modi in cui la vita è compromessa, soprattutto nei suoi stadi più vulnerabili”. “Queste violazioni dei diritti umani reclamano una risposta positiva”. E questa conferenza - aggiunge Benedetto XVI - è un’esemplare risposta a quello che Giovanni Paolo II ha chiamato “nuovo femminismo”: le donne possono così promuovere una risposta che si leghi ad una nuova alleanza con il rispetto della dignità umana e della vita. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Si deve tendere ad un nuovo femminismo per un nuovo umanesimo: il genio femminile – si legge nel messaggio del Santo Padre – può “mobilitare e organizzare azioni con la finalità e la motivazione di sviluppare reti sempre più grandi per condividere esperienze e generare nuove idee”. Questo straordinario e prezioso contributo per l’umanità è stato sottolineato anche dal cardinale Renato Raffaele Martino:

    “La donna è campionessa della cultura della vita perché ha una responsabilità maggiore dal momento che può essere portatrice di una nuova vita. Il nuovo femminismo significa anche dare alla donna l’importanza non solo che merita ma che ha come proprio diritto”.

    Al centro di tutto c’è sempre la persona umana. Le donne cattoliche devono individuare le strade di un nuovo protagonismo in grado di generare quell’umanesimo integrale e solidale richiamato dalla dottrina sociale della Chiesa. Un nuovo femminismo – ha osservato il cardinale Renato Raffaele Martino – deve nascere dopo quello mortificante ispirato “dall’individualismo nichilista e libertario”:

    “Quando si parla di nuovo femminismo si vuole davvero contrapporlo a quello che era il femminismo di vecchia data, che era assolutamente una rivendicazione di un ruolo messo in contrapposizione con tutto il resto della società”.
     
    In un contesto come quello, attuale, un protagonismo femminile anche in ambito politico ed economico, potrebbe attutire l’attuale crisi finanziaria mondiale. E’ quanto ha detto Olimpia Tarzia presidente dell’Alleanza mondiale delle donne per la vita e la famiglia:

     
    “Credo che il nuovo femminismo possa portare anche una luce diversa di approccio con la problematica economica. Non si possono impostare delle politiche economiche se non si tiene conto delle politiche familiari, se non si parte dalle politiche per la famiglia, dalle politiche di tutela sociale della maternità. Tutto, altrimenti, si rivolgerà come un boomerang e purtroppo questo è quello che è accaduto”.

    A margine della conferenza il cardinale Renato Raffaele Martino ha dichiarato infine che è già pronta l'Enciclica sociale: “Speriamo – ha detto il porporato - che possa essere pubblicata ai primi di maggio".

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    Quaresima: seconda predica di padre Cantalamessa per la Curia Romana

    ◊   Padre Raniero Cantalamessa ha tenuto oggi nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano la seconda Predica di Quaresima davanti alla Curia Romana. Il predicatore della Casa Pontificia ha parlato dello Spirito Santo, legge nuova del cristiano. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Padre Cantalamessa ha sottolineato che lo Spirito Santo scende sulla Chiesa (50 giorni dopo la morte e risurrezione di Gesù) proprio nel giorno della Pentecoste ebraica - in cui Israele ricorda il dono della Legge sul Monte Sinai (50 giorni dopo l’uscita dall’Egitto) - per indicare che Egli è la legge nuova: legge scritta non più su tavole di pietra ma sui cuori, legge interiore. Senza lo Spirito anche i precetti evangelici per quanto elevati sarebbero rimasti inefficaci:

     
    “Se fosse bastato proclamare la nuova volontà di Dio attraverso il Vangelo, non occorreva che Gesù morisse, risorgesse, mandasse lo Spirito Santo! Ma gli apostoli stessi sono il segno che non bastava aver sentito perfino dalle labbra di Gesù le beatitudini: di fatto, non sono in grado – al momento giusto – di osservare nulla, tanto meno di porgere l’altra guancia … Se Gesù si fosse limitato a promulgare il comandamento nuovo dicendo: ‘Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri’, esso sarebbe rimasto come era prima: legge vecchia. E’ quando, a Pentecoste, infonde – mediante lo Spirito – quell’amore nei cuori, che diventa legge nuova … E’ in questo senso che la legge nuova è legge, cioè fa fare le cose, spontaneamente, potremmo dire: da innamorati. Perché questa è la legge degli innamorati!”.
     
    Ma se la nuova legge dello Spirito è legge di libertà – nota padre Cantalamessa – l’osservanza dei comandamenti è il banco di prova dell’amore. Infatti la legge custodisce l’amore contro ogni debolezza. Chi ama intensamente – ha spiegato - percepisce il pericolo che domani potrebbe stancarsi e non amare più. Per questo fa opera di prevenzione legandosi all’amore con la legge. Qui il religioso cappuccino ricorda il mito di Ulisse: “Ci leghiamo per lo stesso motivo per cui Ulisse si legò all’albero della nave”:

     
    “Ulisse voleva a tutti i costi rivedere la sua patria e la sua sposa che amava. Sapeva che doveva passare attraverso il luogo delle Sirene e temendo di fare naufragio come tanti altri prima di lui, si fece legare all’albero della nave dopo aver fatto turare le orecchie ai suoi compagni. Giunto al luogo delle Sirene fu ammaliato, voleva raggiungerle e gridava per essere sciolto, ma i marinai non udivano e così oltrepassò il pericolo e poté raggiungere la meta”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, sulla visita del Papa in Africa un editoriale del direttore dal titolo “Un altro viaggio” (allegato al giornale il libretto sullo strumento di lavoro del Sinodo africano).

    L'Iran apprezza le apertura di Obama: nell'informazione internazionale, in rilievo l'inedito messaggio televisivo del presidente statunitense che propone nuove relazioni bilaterali.

    Dal martirio all'accoglienza: in cultura, Fabrizio Bisconti sull’Africa e il cristianesimo dei primi secoli.

    Dalla pace dei coraggiosi alla pace degli stanchi: Anna Foa recensisce “I giovani israeliani tra guerra, pace, politica e rock’n’roll” di Anna Momigliano.

    Cistercensi al Quirinale: Rocco Russo sulla chiesa e il monastero di Santa Susanna in Roma.

    Dai maritozzi al miserere: Claudio Ceresa rievoca la quaresima nella Roma dell'Ottocento.

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    Oggi in Primo Piano



    Prove di dialogo tra Usa e Iran

    ◊   Una nuova stagione nei rapporti tra Stati Uniti ed Iran, superando le tensioni degli ultimi 30 anni e puntando sul dialogo. E’ quanto emerge dal messaggio video registrato dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ed indirizzato a Teheran. Positive le prime reazioni del presidente Ahmadinejad, che chiede a sua volta un radicale mutamento della politica statunitense in Medio Oriente. La Repubblica Islamica, però, non è disposta a rinunciare al suo programma nucleare; la posizione è stata espressa chiaramente dal ministro dell'Energia di Teheran, Parviz Fattah, il quale ha annunciato stamattina il completamento e l’attivazione della centrale di Bushehr entro un anno. Ribadite inoltre le finalità pacifiche del programma nucleare di Teheran. Ma si può davvero parlare di un nuovo capitolo dei rapporti tra Washington e Teheran? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al collega iraniano Ahmad Rafat:

    R. – Si può parlare di un tentativo di modificare i rapporti. Il messaggio del presidente Obama ha degli elementi di novità, chiede cioè ai dirigenti iraniani di rinunciare a sostenere i movimenti terroristici e chiede di contribuire nello stabilizzare la regione e, in questo contesto, di rivedere anche i rapporti con l’Iran. Dall’altra parte, un consigliere di Ahmadinejad, in nome del presidente iraniano, ha chiesto una modifica della politica mediorientale, soprattutto ha chiesto agli Stati Uniti di non sostenere più Israele e di rivedere la sua politica nei confronti della Repubblica islamica per riaprire il dialogo. Sono prove di dialogo, piuttosto che un vero dialogo.

     
    D. – Il presidente degli Stati Uniti rivendica all’Iran un ruolo legittimo all’interno della comunità internazionale. C’è, però, sempre il problema dei rapporti con Israele, che poi è uno dei motivi del contendere con Washington...

     
    R. – Sì, da parte americana c’è la richiesta di una revisione sul sostegno iraniano ad Hamas ed Hezbollah. Da parte dell’Iran si chiede la revisione nei rapporti tra Israele e Stati Uniti. E la carta mediorientale, un po’ la sicurezza, la stabilità del Medio Oriente, è forse l’ostacolo principale in questo momento nei rapporti tra Teheran e Washington.

     
    D. – Un altro punto di forte tensione è stato - non solo negli ultimi mesi ma possiamo dire negli ultimi anni - il programma nucleare iraniano. Ora possiamo attenderci un atteggiamento più morbido da parte di Teheran?

     
    R. – Su questo campo lo vedo molto difficile, piuttosto direi che è più possibile che gli Stati Uniti, e l’Occidente nel suo insieme, accettino il programma nucleare iraniano, piuttosto che l’Iran rinunci al nucleare. Io sono convinto che l’Iran non abbia alcuna intenzione di rinunciare ai suoi programmi nucleari, perché ormai è diventata una questione di orgoglio per la Repubblica islamica andare avanti con questo programma e continua ad andare avanti. L’Iran si aspetta ed è convinto, con una convinzione da parte dei dirigenti della Repubblica islamica, che l’Occidente abbia ormai accettato questi programmi, malgrado tutte le dichiarazioni rilasciate, contrarie allo sviluppo del sistema nucleare in Iran.

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    Orissa: l'assassinio di un leader indù rischia di riaccendere l'odio anticristiano

    ◊   Atteso e temuto, in vista di una tornata elettorale particolarmente accesa e importante per il Paese, un nuovo episodio di violenza nello Stato orientale dell'Orissa rischia di riaccendere in India l’odio anticristiano che lo scorso anno ha fatto almeno 70 morti e provocato la fuga di cinquantamila profughi. Profughi oggi in buona parte rientrati nei loro villaggi ma che vivono nel timore di nuove persecuzioni e nella memoria della violenza insensata che ha colpito loro come pure la Chiesa locale, che ha pagato un pesante tributo alla sua difesa dei deboli e gli emarginati. Il servizio di Stefano Vecchia.

     
    Nella notte tra mercoledì e giovedì nel distretto di Kandhamal una quindicina di individui hanno assalito e ucciso a colpi d’arma da fuoco un leader indù radicale, Prabhat Panigrahi. Appena si è diffusa la notizia, i suoi simpatizzanti hanno prima bloccato alcune strade e successivamente dichiarato lo sciopero generale, con l’adesione dei gruppi dell’induismo estremista. Panigrahi era stato scarcerato su cauzione solo il 14 marzo, proprio per il suo coinvolgimento nelle violenze che hanno interessato il Kandhamal e l’Orissa tra agosto e ottobre 2008. La sua uccisione è stata rivendicata dai guerriglieri maoisti attivi nella regione, che da tempo hanno diffuso una lista di leader estremisti da colpire per la loro attività intimidatoria e violenta contro i fuoricasta e i tribali. La rivendicazione, attendibile per le autorità, è stata ignorata dagli indù radicali che sostengono la tesi di un assassinio commissionato dai cristiani alla guerriglia.

     
    Da molti anni l’Orissa è centro di violenze a sfondo religioso, collegate a concreti interessi sulle terre tribali e a giochi politici. Il ruolo di Panighrahi, guida locale di un movimento che sostiene con l’estremismo le istanze politiche del Bharatiya Janata Party e dei partiti della galassia induista all’opposizione a livello locale e nazionale, rischia di farne un martire della causa dell’“induità”. Come già sta avvenendo per Laxmananda Saraswati, la cui uccisione il 23 agosto 2008, pure rivendicata dalla guerriglia maoista, era stata all’origine delle recenti violenze. La sua memoria è diventata strumento della campagna elettorale del Bharatiya Janata Party, che potrebbe puntare anche sul nuovo omicidio per polarizzare il voto indù nelle elezioni, che in Orissa si terranno contemporaneamente a quelle per il rinnovo della Camera dei deputati nel parlamento nazionale a partire dal 16 aprile. Forte la preoccupazione della Chiesa locale, che segue con attenzione l’evoluzione della situazione, mentre oggi il ministro dell’Interno di Nuova Delhi, Chidambaram, ha chiesto al governo locale di prendere adeguate misure per contenere la guerriglia maoista ma anche le tensioni tra le comunità.

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    Chiesa e Società



    Lotta contro l'Aids: Patriarcato di Mosca solidale con il Papa

    ◊   Il Patriarcato di Mosca esprime la sua solidarietà a Benedetto XVI riguardo alle posizione espresse nei giorni scorsi sui metodi per combattere la diffusione dell’Aids. Il sito ufficiale della diocesi di Chersonèse (Chiesa ortodossa russa di Francia, Patriarcato di Mosca) pubblica oggi un commento di padre Vsevolod Tchapline, vice presidente delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca che conferma che anche per la Chiesa ortodossa “è sbagliato considerare il preservativo come strumento per sradicare la diffusione dell’Aids”. Secondo padre Tchapline “non sono mezzi esterni di contraccezione che possono diminuire la propagazione dell’Aids, ma una educazione giusta e uno stile di vita regolare”. Ed aggiunge: "la diffusione dell’Aids può essere fermata solo attraverso una educazione etica alla popolazione interessata e non attraverso il ricorso ai preservativi”. E sullo stesso sito ripreso dall'agenzia Sir, si rilancia anche quanto a questo proposito viene affermato sui “Fondamenti della dottrina sociale” della Chiesa ortodossa russa. E si commenta: “può sembrare troppo idealista e difficile alla nostra epoca, ma anche la Chiesa ortodossa ritiene che l’amore casto è il mezzo più sicuro per mettere l’uomo al sicuro da ogni malattia sessualmente trasmissibile”. (R.P.)

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    La Caritas in prima linea nell’assistenza ai profughi di Congo e Sudan

    ◊   In occasione del viaggio in Africa del Santo Padre la Caritas rilancia l’impegno in “difesa dei diritti dei poveri” su tutto il continente. La Caritas attinge proprio alle parole pronunciate dal Papa in questi giorni come “stimolo” per gli sforzi sostenuti in tutti i Paesi africani, come confermato nella nota - ripresa dal Sir – diffusa a margine del Forum di Caritas Africa a Nairobi. Tra i tanti “luoghi di sofferenza” in Africa, la Caritas italiana richiama oggi l'attenzione sulla “grave situazione” che si è venuta a creare al confine tra Sudan e Repubblica Democratica del Congo, dove agisce il movimento ribelle ugandese "Lord Resistance Army". In questi giorni una delegazione di sei vescovi in rappresentanza della Conferenza episcopale congolese ha visitato le popolazioni vittime delle azioni dei ribelli. Secondo quanto riferisce l’agenzia Zenit, al momento la Caritas sta assistendo le migliaia di sfollati provocati da un attacco dei ribelli di domenica scorsa nella località di Banda, a circa 500 chilometri dalla città di Bondo (territorio di Ango, nella Provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo). In una nota diffusa da Caritas Congo, si segnala che nell'incursione hanno perso la vita vari civili, tra cui un catechista di una comunità protestante locale. Oltre a questo, circa 200 persone sono state reclutate a forza dai ribelli dell'LRA per trasportare il bottino dell'incursione. I ribelli ugandesi hanno infatti saccheggiato tende e magazzini, così come il centro di salute di una comunità locale della Chiesa protestante. In preda al panico, migliaia di cittadini sono fuggiti dalla zona per cercare rifugio temporaneo nei dintorni di Dakwa e Amadi. Il parroco del tempio cattolico di Dakwa calcola che siano giunte in città almeno 2.000 persone. La Caritas parrocchiale di Dakwa ha quindi avviato, con il sostegno di Caritas Congo, un programma urgente di aiuto umanitario per soccorrere gli sfollati, oltre ad aver aperto le proprie strutture per offrire temporaneamente alloggio a queste persone. In tutto il territorio congolese, secondo le stime Caritas, gli sfollati sarebbero almeno 140 mila. La situazione non è migliore in Sudan, dove sono almeno 50.000 le persone costrette ad abbandonare le proprie case. Le Caritas diocesane di Dungu–Doruma, Bondo e Isiro–Niangara nella RD del Congo e di Tombura-Yambio in Sudan sono al momento impegnate in interventi di assistenza alla popolazione sfollata. “Si prevede che la crisi possa assumere proporzioni più gravi in un prossimo futuro, con la stagione delle piogge – avverte infine la Caritas - a causa dell'impossibilità della popolazione a coltivare le proprie terre”. (M.G.)

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    Cresce l’emergenza colera nell’Africa australe

    ◊   Non si ferma l’epidemia di colera che sta flagellando molti Paesi dell’Africa australe. Secondo l’ultimo aggiornamento diffuso dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ripreso dalla Misna, la situazione più grave si registra nello Zimbabwe, dove sono più di 91mila i casi finora accertati e 4035 i decessi da quando è stata dichiarata l’emergenza sette mesi fa. Per l’Oms, l’epidemia colpisce soprattutto nelle campagne, dove è necessario un intervento capillare: la maggior parte dei decessi avviene infatti nelle case e non nelle strutture attrezzate, spesso lontane dai villaggi. Almeno 120 sono poi le persone morte in Mozambico, in particolare nella provincia settentrionale di Nampula, secondo un portavoce del ministero della Sanità che non ha saputo però quantificare i casi di contagio nel Paese. Meno preoccupante la situazione in Zambia dove i casi di colera (circa un migliaio) registrati nel distretto di Sinazongwe, sarebbero direttamente collegati con la diffusione dell’epidemia nel vicino Zimbabwe, ma i mezzi d’informazione locali riferiscono della propagazione dell’epidemia anche nella regione settentrionale di Kasaba, dove le autorità sanitarie hanno segnalato almeno una dozzina di casi di contagio. (M.G.)

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    Terra Santa: gesuita israeliano nuovo responsabile delle comunità cattoliche di espressione ebraica

    ◊   Il gesuita padre David Neuhaus è il nuovo responsabile delle comunità cattoliche di espressione ebraica in Israele. E’ stato nominato il 17 marzo dal Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal; prende il posto dell’attuale Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa che ha terminato il suo mandato. Il nuovo vicario patriarcale è israeliano, ha 41 anni e dal 2007 è il responsabile della comunità di Haifa. Insegna inoltre Sacra Scrittura al seminario del patriarcato latino a Beit Jala e all’università di Betlemme. “In Israele ci sono molti cristiani nascosti e vogliamo aiutarli a vivere nella cultura ebraica - dice padre Neuhaus al Sir - ma per farlo occorre tanta sensibilità religiosa e rispetto sia verso gli ebrei che verso i palestinesi. Le nostre comunità, ce ne sono quattro, ad Haifa, a Beersheva, a Gerusalemme e Tel Aviv, possono rappresentare un ponte tra le varie componenti di questa terra. In questo compito è fondamentale anche il ruolo del silenzio e della preghiera nascosta per l’intera società israeliana”. I fedeli cattolici di espressione ebraica in Israele sono tra i 200 e i 400. (R.P.)

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    Per le Carmelitane di Haifa il Papa in Terra Santa è una benedizione per Israele

    ◊   “Il prossimo viaggio apostolico di Benedetto XVI sarà una benedizione per tutto Israele, in ogni sua componente, ebraica, cristiana e musulmana”. Ne sono convinte le suore di clausura del Carmelo Stella Maris di Haifa che con l’arrivo del Papa si vedono “esaudire una preghiera”. “Da anni aspettavamo il ritorno del Pontefice - dice al Sir la superiora suor Maria Giuseppina - e adesso ci siamo vicine. Ora speriamo di vederlo da vicino e non solo in televisione”. Intanto la comunità di suore, 21 in tutto tra italiane, peruviane, brasiliane, slovacche, croate e dalle Mauritius, ha intensificato la preghiera con l’intenzione, la stessa dal 1892, quando fu fondato il Carmelo, che “le chiese separate giungano alla piena unione e Israele alla pienezza della sua vocazione di popolo eletto. Vogliamo essere segno di comunione in questa terra e sentiamo molta simpatia verso il popolo ebraico con il quale abbiamo grande dialogo e dal quale riceviamo attestati di stima e simpatia”. (R.P.)

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    Nicaragua: appelli alla Chiesa perché partecipi al dialogo nazionale

    ◊   La Conferenza episcopale del Nicaragua non ha preso nessuna decisione in merito ad un suo possibile coinvolgimento, nella persona dell'arcivescovo di Managua, mons. Leopoldo Brenes, in un processo di "dialogo nazionale" che possa dare un vero contributo al superamento della crisi economica, politica e sociale, come ha chiesto a gran voce il settore imprenditoriale. Diversi vescovi nicaraguensi hanno accolto l'appello con preoccupazione, e secondo la stampa locale, dopo un primo scambio di opinioni, proprio mons. Brenes avrebbe posto la questione in un incontro, la scorsa settimana, nella città di Bluefields. Mons. Bernardo Hombach, vescovo di Granada, analizzando la questione ha precisato che "si deve parlare di un dialogo aperto nel quale le due parti abbiano veramente la volontà di parlare e soprattutto di raggiungere accordi". "Se l'ottica del dialogo è all'insegna dell'apertura, ha aggiunto il presule, ritengo che sia una cosa buona”. Certo “non può essere un monologo, poiché un dialogo sincero non deve escludere l'altro", ha osservato. I primi di marzo, mons. Brenes parlando con i giornalisti de "La Prensa" aveva già osservato che "come sempre la Chiesa è disponibile a dare, nel rispetto della sua missione, ogni tipo di contributo che serva ad unire il Paese, a coinvolgere tutti i settori sociali nelle responsabilità nazionali del momento". Tra l'altro la stessa posizione era già stata espressa dai presuli nicaraguensi in occasione delle contestazioni di molti settori politici e sociali nei confronti dei risultati delle recenti elezioni amministrative, ritenute da più parti, sia all'interno del Paese che all'estero, non regolari e trasparenti. D’altra parte anche le chiese evangeliche si sono dichiarate ugualmente disponibili. Come ha garantito il pastore Mauricio Fonseca Pereira, dell’Alleanza evangelica nicaraguense. Nel frattempo è in corso nel Paese un ampio dibattito per cercare di definire meglio gli scopi di un dialogo nazionale, i metodi e le garanzie. In un tale contesto sono anche numerose e favorevoli le opinioni che vedono con simpatia un eventuale coinvolgimento della Chiesa cattolica locale e di esponenti di altre confessioni religiose. Resta per ora da conoscere la posizione delle autorità politiche che non si sono ancora pronunciate su questa proposta degli imprenditori, e la cui opinione ovviamente è fondamentale. Alcuni analisti ritengono però che sino ad oggi le proposte di dialogo venute dal governo, sembrano poco convincenti poiché l’agenda la fissa il Presidente. L’analista Carlos Tünnermann, e altri accademici, hanno infine rilevato che “un vero dialogo potrebbe rivelarsi risolutivo in molti problemi purché non sia un insieme di monologhi”. (A cura di Luis Badilla)

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    I 40 anni di “Radio Veritas” la voce del Vangelo in Asia

    ◊   Da 40 anni “Radio Veritas” è la voce del Vangelo in Asia. L'emittente cattolica è una delle più grandi stazioni radio a onde corte del continente e del mondo, che offre un contributo unico e insostituibile alla evangelizzazione dello sterminato continente asiatico, trasmettendo in 17 lingue ascoltate in decine di nazioni asiatiche, portando luce e speranza anche laddove le comunità cristiane sono emarginate o perseguitate. Le trasmissioni di “Radio Veritas” - riferisce l'agenzia Fides - sono iniziate l’11 aprile 1969 e il 40.mo anniversario del lancio dell’emittente sarà celebrato con tutti gli onori e con molta attenzione dalla Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (FABC), nonchè dalle singole Chiese locali. In vista dell’evento, la FABC, che è promotrice ed editrice di “Radio Veritas”, ha organizzato un simposio che riunirà specialisti, registi, operatori, esperti di mass media sul tema “Le Radio cattoliche in Asia”, in cui si cercherà di analizzare le esperienze esistenti per ampliare sempre più la presenza di voci cattoliche, sulle onde radio nel continente. Vi sarà poi, il 16 aprile, la “celebrazione giubilare” che è stata intitolata "Attraversare le frontiere, condividere Cristo”, a cui parteciperà l’arcivescovo Claudio Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali. Saranno presenti il nunzio apostolico nelle Filippine, mons. Edward Admas e numerose altre personalità della Chiesa e della società civile. Gli studi di “Radio Veritas” si trovano a Quezon City, Metro Manila. Da lì i programmi della Radio si irradiano per un raggio di oltre 6.000 km, raggiungendo l’Indocina, l’Asia del Sud, l’Asia orientale. L’emittente trasmette in 17 lingue, incluse cinese, vietnamita, urdu, hindi, indonesiano, russo e hmong. Fra i paesi asiatici che godono del servizio di “Radio Veritas” nella propria lingua, vi è il Bangladesh, dove i fedeli bengalesi vivono in condizioni di estremo disagio e povertà, ma coltivano la loro fede grazie alle trasmissioni di “Radio Veritas”. Anche in Laos fedeli cattolici laotiani di etnia hmong, che vivono in zone remote montuose difficilmente raggiungibili, ascoltano il Vangelo e pregano il Santo Rosario grazie all’emittente. Il servizio in lingua hmong è assicurato da padre Daniel Taillez, missionario degli Oblati di Maria Immacolata. Con lui operano a “Radio Veritas” sacerdoti, religiosi e laici che danno un contributo importante per l’evangelizzazione dell’Asia. (R.P.)

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    Kosovo: a 10 anni dalla guerra Amnesty denuncia l’impunità delle violazioni dei diritti umani

    ◊   Almeno 1900 famiglie serbe e kosovare ancora aspettano notizie sul destino dei propri cari a 10 anni dalla guerra che contrappose le comunità etniche del Kosovo. Da marzo a giugno del 1999, sparizioni e sequestri furono perpetrati da entrambe le parti coinvolte nel conflitto. Crimini di guerra e violazioni dei diritti umani che ancora oggi godono della più completa impunità. La denuncia, raccolta dal Sir, arriva da Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. Secondo il responsabile dell’organizzazione “solo una manciata di responsabili di sparizioni e sequestri è stata portata in giudizio”. Nel 1999 – informa Amnesty -, oltre 3000 cittadini di etnia albanese furono vittime di sparizioni a opera della polizia, dell’esercito e di gruppi paramilitari serbi. Circa 800 tra serbi, rom e appartenenti ad altre minoranze vennero a loro volta rapiti dall’Esercito di liberazione del Kosovo, dopo che il conflitto armato internazionale era cessato. L’impunità generale che è seguita a queste violenze non ha giovato al processo di pacificazione e ha mortificato ulteriormente i parenti delle vittime. Per questo Amnesty ha chiesto alle autorità della Serbia e del Kosovo, e alla missione Eulex dell’Unione europea, di “cooperare sul piano giudiziario per informare le famiglie sulla sorte dei propri cari e portare i responsabili delle violazioni dei diritti umani di fronte alla giustizia”. (M.G.)

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    Lussemburgo: l'impegno della Chiesa dopo la legalizzazione dell'eutanasia

    ◊   Il Lussemburgo ha ufficializzato martedì scorso la legalizzazione dell'eutanasia, dopo una lunga battaglia legale che ha comportato per il Granduca Henri, monarca di questo piccolo Stato europeo, una riduzione dei suoi poteri perché si è rifiutato di firmarla. Il Lussemburgo è diventato così il terzo Stato europeo a depenalizzare il suicidio assistito, dopo l'Olanda e il Belgio. Il testo finale della legge - riferisce l'agenzia Zenit - era stato approvato dal Parlamento il 18 dicembre scorso, ma non aveva potuto essere promulgato visto che il Granduca aveva rifiutato la ratifica perché il testo era contrario alle sue convinzioni di cattolico. Per portare avanti la legge, il Parlamento ha optato per una riforma della Costituzione e una limitazione dei poteri del Granduca, che da questo momento non ha la capacità di sanzionare le leggi, ma solo di promulgarle. Ciò è avvenuto nonostante la campagna europea di sostegno alla “testimonianza di difesa della vita” del Granduca Henri, avviata nel dicembre scorso da eurodeputati cattolici. Anche la Chiesa lussemburghese aveva lanciato una campagna informativa contro l'eutanasia e a favore delle cure palliative, attraverso una raccolta di firme sulla sua pagina web. Nell'ultimo messaggio alla Nazione sul tema, a dicembre, mons. Bernard Franck, arcivescovo di Lussemburgo, aveva avvertito contro “la via intrapresa” con l'eutanasia, chiedendo invece un miglioramento delle cure palliative. “Gli ultimi mesi hanno rivelato che molti dei nostri contemporanei sono preoccupati per l'ultima fase della loro vita – ha affermato in quell'occasione monsignor Franck –. Spesso gli uomini e le donne chiedono l'eutanasia per non diventare un peso per le loro famiglie in caso di malattia grave o di vecchiaia”. Ad ogni modo, ha avvertito, la depenalizzazione dell'eutanasia “aumenterà la pressione sui malati gravi o dipendenti. Tutti questi timori sono reali e dobbiamo prenderli sul serio, ma si possono evitare con una buona informazione, la medicina palliativa e, in definitiva, la speranza cristiana”. L'Arcivescovo di Lussemburgo ha impegnato i cattolici del Granducato in una campagna proprio in favore delle cure palliative. (R.P.)

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    “Scienza e Vita” lancia il manifesto "Liberi per vivere"

    ◊   Presentato questa mattina a Roma presso la sede nazionale dell’Associazione “Scienza e Vita”, il manifesto “Liberi per vivere”, una grande opera di coscientizzazione popolare sulla fine della vita per un discernimento comunitario all’interno delle parrocchie e dei gruppi ecclesiali italiani. Il documento, che è stato sottoscritto dal Forum delle famiglie, da “Scienza e Vita” e da “Retinopera”, pronuncia tre grandi ‘sì’: alla vita, alla medicina palliativa e ad accrescere ed umanizzare l’assistenza ai malati e agli anziani. E tre grandi ‘no’: all’eutanasia, all’accanimento terapeutico e all’abbandono di chi è più fragile. “Anche in situazioni drammatiche - si legge – chiedere la morte è sempre l’espressione di un bisogno estremo di amore. Solo uno sguardo parziale può interpretare il disagio dei malati e dei disabili come un rifiuto della vita”. In nessun popolo è esistita la pretesa che la tragica possibilità di rinunciare intenzionalmente a vivere fosse elevata a rango di diritto a morire. Teorizzare la morte come un diritto di libertà finisce inevitabilmente per ferire la libertà degli altri e ancor più il senso della comunità umana. Esistono malattie inguaribili, si afferma nel documento, ma non esistono malattie incurabili. La vera libertà per tutti, credenti e non credenti, è quella di scegliere a favore della vita, perchè solo così è possibile costruire il vero bene delle persone e della società. La civiltà, si legge ancora, si misura dalla cura che, senza differenze tra persone, viene riservata a quanti sono anziani, malati o non autosufficienti. Il Forum delle famiglie, Scienza e Vita e Reti in Opera chiedono che le persone più deboli siano efficacemente aiutate a vivere e non a morire, a vivere con dignità, non a morire per falsa pietà. Solo amando la vita di ciascuno, fino alla fine, c’è speranza in futuro per tutti. (Dalla sede di Scienza e Vita, a Roma, Paolo Ondarza)

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    Lampedusa: incontro della Caritas al fianco degli immigrati

    ◊   I lavori del Coordinamento immigrazione di Caritas Italia si svolgeranno dal 25 al 27 marzo a Lampedusa come “segno di vicinanza a tutti gli attori coinvolti in questa difficile situazione: ai migranti, a chi si occupa di assisterli, alla cittadinanza. Un modo per vedere con maggiore chiarezza risvolti e implicazioni”. Così recita il messaggio di Caritas italiana – citato dal Sir - diffuso a meno da una settimana dall’apertura dell’evento a cui parteciperanno 80 operatori in rappresentanza di 35 Caritas diocesane. “Lampedusa vive una situazione molto complicata – si legge ancora nella nota - la comunità locale affronta la sfida di ritagliarsi un’identità altra dal luogo di approdo e di trattenimento di migranti” mentre la Sicilia, l’Italia e le istituzioni europee “non sono esenti dalla questione”. Il programma della tre giorni prevede incontri con il parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi e con gli altri organismi che operano nell’isola (Oim, Unhcr, Croce rossa italiana, Save the Children, Inmp). Insieme al Ministero dell’Interno è stato poi organizzato per il 27 marzo un confronto pubblico su: “Lampedusa, frontiera d’Europa”. Interverranno, tra gli altri, mons. Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente di Caritas italiana. Una delegazione farà anche visita al Centro di identificazione ed espulsione. (M.G.)

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    Il cardinale Bagnasco: “Il mercato intraprenda la strada del bene comune”

    ◊   “Il dispregio degli elementari valori etici, una illimitata bramosia di denaro fuori da ogni regola e il proprio tornaconto considerato come unico obiettivo”. Sono queste le cause alla base della crisi economica internazionale secondo l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Il porporato ha infatti dedicato l'omelia che ha pronunciato ieri nella cattedrale di San Lorenzo, in occasione della Messa di San Giuseppe e della festa del mondo del lavoro, proprio alla crisi internazionale puntando il dito contro la speculazione finanziaria delle grandi banche. “E’ auspicabile – ha affermato nel discorso citato dal Sir - che la crisi solleciti la comunità internazionale a intraprendere la strada di una nuova sintesi tra bene comune e mercato, tra capitale e lavoro, stabilendo regole chiare e certe”. “L’umanità opulenta – ha proseguito - deve uscire dalla crisi più responsabile, più seria e onesta, libera per sempre da quell’euforia del guadagno facile e fuori misura che ha indotto ad una concezione della vita come spasso e sperpero”. “In una parola – ha poi concluso - deve rinascere una nuova coscienza morale sia dei singoli che della collettività nei vari mondi della finanza, dell’economia, della politica, dell’educazione”. (M.G.)

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    Alla Lateranense convegno per riflettere sul matrimonio nel pensiero paolino

    ◊   San Paolo come guida per gli sposi, a promuovere questo aspetto del messaggio paolino è il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II con il simposio internazionale “Il matrimonio secondo l’apostolo Paolo”, che si è aperto ieri presso l’Università Lateranense di Roma. Il convegno, che si chiude oggi, è animato dall’alternanza di una relazione di un esegeta e la testimonianza di due sposi. L’obiettivo, secondo quanto riferisce Avvenire, è creare uno spazio di dialogo tra l’interpretazione scientifica e l’esperienza concreta della famiglia cristiana. Le finalità del convegno sono state illustrate in profondità nell’intervento d’apertura del presidente dell’Istituto, Livio Melina: esplorare la ricchezza dell’insegnamento di Paolo in una materia, quella del matrimonio, così decisiva per la vita delle persone, della Chiesa e della Società. La riflessione di Melina è partita dall’attualità della dottrina dell’Apostolo nell’ambito della sessualità e del matrimonio. La sessione di ieri ha poi visto avvicendarsi Hervè Ponsot, direttore della scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme e i coniugi Giovanni e Martine Salmieri. Ponsot ha attinto ai testi di San Paolo per argomentare il matrimonio come dono di Dio e comunione e armonia tra i coniugi. Gli sposi hanno invece descritto la loro esperienza nell’ottica di una fede che consente di superare le spinte di una società che allontanano dalla vita coniugale. Nel pomeriggio è stata la volta del biblista gesuita Baumert e della coppia Mario e Anna Binasco che hanno sottolineato come il matrimonio non sia un atto di sottomissione ma un atto d'amore. (M.G.)

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    Genova celebra il 50.mo di fondazione del Serra International Club

    ◊   Iniziano oggi a Genova, prima città in Italia e d’Europa dove si insediò il Serra International Club, le manifestazioni per celebrare il 50.mo della fondazione di questo movimento cattolico. Inizio affidato ad un incontro sul tema delle aggregazioni laicali, cui farà seguito, domani, al Quadrivium di Genova, un grande dibattito sul mezzo secolo di storia, al quale interverrà il fondatore del Club, mons. Luigi Noli. Mentre domenica prossima, al Santuario della Madonna della Guardia, presente il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente Cei, verrà posta una targa a ricordo dell’anniversario. Il Serra Club nacque negli Stati Uniti per espandersi successivamente in 35 Paesi, dei cinque continenti ed è intitolato al frate francescano Junípero Serra, grande missionario in Messico ed Usa, beatificato nel 1988 da Papa Giovanni Paolo II. Scopi del Serra Club sono favorire le vocazioni e sostenere i sacerdoti nel loro ministero, mentre l’impegno degli appartenenti è quello di riconoscere e rispondere nella propria vita alla chiamata alla santità che arriva da Dio, attraverso Gesù Cristo e per mezzo dello Spirito Santo. (Da Genova, Dino Frambati)

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    Roma dedica una targa celebrativa per il 140.mo dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

    ◊   Con l’apposizione di una targa celebrativa, in via delle Zoccolette, a Roma, si è aperto ieri l’anno di celebrazioni per il 140.mo anniversario dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, struttura sanitaria di livello internazionale per la ricerca e per la salute dei neonati, dei bambini e degli adolescenti. "L’anno 1869, i Duchi Scipione e Arabella Salviati in questa via fondarono, a sollievo dell’infanzia sofferente, l’ospedale del Bambino Gesù, luce di amore e di progresso medico. Nel 140.mo anno della fondazione, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù pose, a.D. 2009", così recita l’insegna scoperta alla presenza del spndaco di Roma, Gianni Alemanno, e del presidente dell’Ospedale, Giuseppe Profiti. La città si è quindi unita nel riconoscimento di questa struttura sanitaria, riconosciuta in tutto il mondo che è passata dai 12 posti letto del 1869 ai circa 800 attuali, articolati su 3 sedi, e con una capillare attività di missioni internazionali che investono i cinque continenti e che hanno visto, negli ultimi 15 anni, coinvolti più di 40 Paesi. Le numerose attività celebrative in programma, di portata nazionale e internazionale, tra cui la prima "Notte bianca della prevenzione e della ricerca" e un Simposio internazionale sulle frontiere tecnologiche della medicina predittiva in campo pediatrico", si articoleranno per tutto il 2009 per concludersi con un prestigioso concerto in Vaticano. (M.G.)

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    Concluso a Roma il convegno su don Andrea Santoro

    ◊   “Don Andrea Santoro. Ponte di dialogo con il Medio Oriente e la Turchia”, è questo il titolo del convegno che si è tenuto all’Università Lateranse di Roma, a tre anni dalla omicidio del sacerdote ucciso a Trebisonda, in Turchia. “Un uomo dell’incontro al tempo dello scontro”, così e stato ricordato dal fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi. Nell'intervento citato da Avvenire, Riccardi ha poi evidenziato la capacità di don Santoro di impegnarsi nella sua città, mantenendo una finestra aperta sul mondo. “Animato dalla volontà di condividere senza rinunciare alla propria identità, don Andrea è diventato ponte fra due mondi e testimone di un amore che porta a servire senza essere serviti”, così è stato invece ricordato da mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo, secondo il quale la morte del sacerdote rappresenta il cuore della sua testimonianza. Il 5 febbraio del 2006 uno dei proiettili sparati dall'assassino trafisse anche la Bibbia che aveva nelle mani. Un’immagine che secondo mons. Paglia ricorda che il martirio non è una condizione straordinaria del cristiano, ma ordinaria. Infine Ilaria Morali, docente dell’Università Gregoriana, si è soffermata sul senso del dialogo interreligioso, che “nella propria identità trova la ragione stessa della passione per il confronto”. (M.G.)

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    Il cardinale Vallini domenica dedicherà a Santa Edith Stein una nuova chiesa a Roma

    ◊   Alla periferia est di Roma nasce la nuova chiesa dedicata a Edith Stein. Il vicario del Papa, cardinale Agostino Vallini, dedicherà il tempio alla Santa copatrona d’Europa domenica prossima alle ore 10.00. Sale quindi l’attesa nella comunità di fedeli della zona dei Due Leoni, tra Tor Bella Monaca e la Borghesiana, che da oltre 10 anni, precisamente dal 1998 – anno di erezione della parrocchia – aspetta questa nuova struttura. Anche l’architettura, progetto dall’architetto Roberto Panella, è ispirata alla vita di Santa Edith Stein, nata ebrea nella polacca Breslavia e convertitasi al cristianesimo a 31 anni per entrare poi nel Carmelo. Il soffitto in legno a forma di stella – che si proietta anche sul pavimento – è l’omaggio alle sue origini ebraiche. Realizzate da Albano Poli sono invece le vetrate, tra cui quelle del presbiterio, dedicate alla santa polacca, a Santa Brigida di Svezia e a Santa Caterina da Siena e portate a termine, riferisce il parroco don Stefano Ranfi, grazie a una donazione del cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, e della abbadessa generale delle Brigidine madre Tekla Famiglietti. Oltre alla chiesa grande, da 300 posti, la cappella feriale, 10 sale per il catechismo, un salone polifunzionale che fungerà da teatro, gli uffici e la canonica. In più, è stato edificato un grande seminterrato che una volta rifinito, sarà adibito a oratorio parrocchiale. Ad arricchire quest’ultimo i grandi spazi a cielo aperto dove sorgeranno i campi da gioco: uno da calcetto e l’altro polivalente. Questi spazi forniranno nuove possibilità di aggregazione per un quartiere in rapida espansione passato in poco tempo da 7mila a 10mila abitanti e destinato a crescere ancora, visti i 2mila appartamenti in fase di costruzione. “Anche per questo – afferma il vescovo Ernesto Mandara, direttore dell’Ufficio per l’edilizia di culto della diocesi di Roma – nella realizzazione di questo bel progetto, lungo e laborioso, abbiamo puntato su un complesso che avesse nella funzionalità e nell’accoglienza i suoi punti di forza”. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Vertice Ue: raddoppiati gli aiuti ai Paesi fuori Eurolandia

    ◊   L'Unione Europea parteciperà al G20 di Londra “con uno spirito di unità e di fiducia”. Lo hanno detto il presidente di turno Topolanek e il presidente della Commissione Ue Barroso, al termine del Vertice a Bruxelles, sottolineando la “risposta comune” alla crisi concordata dai leader europei. È stato raggiunto un accordo per il raddoppio, da 25 a 50 miliardi di euro, dei fondi destinati agli aiuti d'urgenza ai Paesi fuori Eurolandia. Sono state promesse al Fondo Monetario Internazionale nuove risorse fino a 75 miliardi di dollari. Inoltre, esprimendo “grave preoccupazione” per il rapido aumento della disoccupazione, i leader europei scelgono di applicare interventi già decisi e chiedono nuove regole per i mercati finanziari, piuttosto che nuove risorse come chiedono gli Stati Uniti. C’è poi l’accordo sul partenariato orientale ambizioso con Armenia, Azebargian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina per creare “le condizioni necessarie per un’associazione politica e una maggiore integrazione economica tra l’Ue e i partner orientali”. Proposti 600 milioni di euro fino al 2013, ma il partenariato sarà ufficialmente lanciato il 7 maggio a Praga. Mentre è stata rimandata al vertice di giugno la decisione sul meccanismo finanziario per aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni di CO2 e ad adattarsi ai cambiamenti climatici.

    Francia
    Sono circa 300 le persone fermate dopo la serie di incidenti avvenuti nella manifestazione di ieri a Parigi: 49 di loro sono state denunciate e andranno sotto processo, mentre gli altri sono stati rilasciati dopo l’identificazione. Negli scontri, sono rimasti feriti nove poliziotti, oltre ai danni provocati a pensiline e panchine. In tutto oltre tre milioni di persone sono scese in piazza in diverse città francesi criticando l’operato di Nicolas Sarkozy che non riuscirebbe a gestire la crisi lavorativa. I sindacati dei lavoratori considerano “ingiusta e inefficace” la politica economica del presidente.
     In Israele, ancora due settimane di tempo a Netanyahu per formare il governo
    Il Capo dello Stato israeliano Peres ha concesso una proroga di due settimane al premier designato Netanyahu, che da un mese sta cercando di formare un nuovo governo. Netanyahu ha detto a Peres che avrebbe potuto presentare già domenica un governo basato sul sostegno di partiti confessionali e di destra, ma preferisce tentare ancora di includere nella nuova coalizione anche i laburisti di Barak nonchè i centristi di Kadima. La riunione dei vertici laburisti avrà luogo martedì e secondo la stampa il partito di Barak rischia una spaccatura. Netanyahu ha detto a Peres di essersi rafforzato nella persuasione che sia necessario costituire un governo allargato dopo aver incontrato nelle ultime settimane responsabili militari ed esponenti del mondo economico.
     Afghanistan
    Trenta “combattenti armati” sono stati uccisi nella provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan. Lo ha annunciato l'esercito americano spiegando che una pattuglia di forze di sicurezza afghane e internazionali era stata attaccata e ha risposto con l'appoggio della forza aerea. È accaduto ieri nel distretto di Gereshk, mentre un deputato afghano conosciuto per le sue prese di posizione contro i talebani veniva ucciso in un attentato.

    Pakistan
    Cambio al vertice nella corte suprema pakistana. Abdul Hameed Dogar ha trascorso oggi il suo ultimo giorno come giudice capo della corte suprema in Pakistan. Lascia la sua poltrona al giudice Iftikhar Mohammad Chaudhry. Quest’ultimo prenderà possesso domenica del suo ufficio che aveva lasciato proprio al giudice Dogar, entrato in carica il 3 novembre del 2007 su precisa indicazione dell’allora presidente Pervez Musharraf. Il passaggio di consegne ufficiali avverrà nella giornata di domani.
     Kirghizistan
    Si terranno il 23 luglio prossimo le elezioni presidenziali in Kirghizistan, protagonista nel 2005 della "rivoluzione dei tulipani", una delle rivoluzioni che hanno rivoluzionato il paesaggio politico dell'ex Urss. La decisione, riferisce l'agenzia Interfax, è stata presa ieri sera dal parlamento con 79 voti favorevoli su 80 deputati presenti (in totale sono 90). Il favorito è il presidente uscente, Kurmanbek Bakiev, che vinse le elezioni nel luglio del 2005. L'opposizione ha accusato le autorità di reprimere i rivali di Bakiev e sta organizzando per la prossima settimana una protesta nazionale per chiedere le dimissioni del presidente.
     Madagascar
    Il consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione Africana (Ua) ha deciso di sospendere il Magagascar dall'Organizzazione gudicando “incostituzionale” il processo che ha portato alla nomina a presidente di Anfry Rajolena. Lo rende noto un comunicato emesso dall'Ua. Intanto, ieri sera anche la Sadc, l'organizzazione che riunisce i Paesi della regione, in una riunione di vertice d'emergenza svoltasi a Maputo (Mozambico), aveva rifiutato il riconoscimento del nuovo corso del Madagascar, chiedendo iniziative analoghe alla comunità internazionale, ed all'Ua in particolare.

    Somalia
    Secondo quanto riferito dal Ministero greco della marina mercantile, una nave cargo di proprietà greca è stata sequestrata nelle ultime ore dai pirati al largo delle coste della Somalia. Il cargo "Titan", battente bandiera di Saint Vincent, con un equipaggio di 24 membri, fra cui tre greci, era diretto dal Mar Rosso alla Corea quando è stato attaccato dai pirati.

    G8 associazioni coltivatori: in primo piano speculazioni nel settore agroalimentare
    Le speculazioni nel settore agroalimentare nel mondo sono costate quasi 200 miliardi di dollari in grano, con le quotazioni che sono crollate da 12,5 dollari dello scorso anno ad appena 5 dollari del 2009. Al contempo, i prezzi di pane e pasta sono continuati ad aumentare. La Coldiretti, che oggi a Roma ha organizzato il G8 delle associazioni dei coltivatori, chiede una più equa distribuzione delle ricchezze. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Crollo delle quotazioni ed effetti climatici hanno ridotto le semine di cereali con un nuovo allarme fame tra le popolazioni più povere per il 2009, ma il mercato soffre anche di altre distorsioni, come dice il presidente della Coldiretti, Sergio Marini:

     
    "Bassissimi i prezzi all’origine, altissimi i prezzi al consumo. Comunque sia, gli effetti sono sempre gli stessi. Che significa? Per i consumatori avere un prezzo troppo alto, in un momento di crisi, non è una buona cosa. Nei Paesi poveri significa peraltro fame e morte per fame e, per quanto riguarda i produttori, i prezzi invece troppo bassi significano una destrutturazione dei sistemi agricoli".

    Secondo la Fao il prezzo di mais, grano e riso è diminuito del 40 per cento, ma nei Paesi in via di sviluppo i prezzi sono più alti di un anno fa. Per le organizzazioni agricole degli otto Paesi più industrializzati bisogna quindi mettere a punto politiche a breve e medio termine, per intervenire su questi squilibri. Ma anche in Occidente i coltivatori sono in difficoltà. Una prima questione è l’accesso al credito, come dice Giuseppe Politi, presidente della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori):

     
    "Molte banche, anzi quasi tutte, chiedono il rientro agli agricoltori. Quindi, c’è tra quello che si dice e quello che realmente viene fatto uno scarto spaventoso".

     
    Dal ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia, è arrivata una rassicurazione ai coltivatori: “Le vostre richieste saranno portate al G8 dell’agricoltura di fine aprile”.

     
    Russia
    Si sono concluse le operazioni per dislocare la settima e la quarta base militare russa nelle regioni georgiane separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud e il relativo personale già impegnato nell’addestramento. Il tutto è stato annunciato, come riferito dall’agenzia Interfax, dal comandante delle forze di terra russe, il generale Vladimir Boldirev. Il ministro della Difesa abkhazo, Mirab Kishmariya, ha reso noto che sono previste esercitazioni congiunte tra le forze russe, dopo la firma di un accordo a fine marzo. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Antonio D'Agata)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 79

     
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