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Sommario del 16/03/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa annuncia l'indizione a giugno di uno speciale Anno Sacerdotale: il presbitero sia un testimone "riconoscibile" di Cristo
  • L’Anno Sacerdotale, opportunità per valorizzare la missione del sacerdote nella Chiesa e nella società. La riflessione di don Alberto Pacini
  • L'identità missionaria del presbitero nella Chiesa al centro della plenaria della Congregazione per il Clero: intervista con mons. Piacenza
  • Altre udienze
  • Da domani il Papa in Africa: Camerun e Angola le tappe del primo viaggio apostolico di Benedetto XVI nel continente
  • Prima Conferenza internazionale in Vaticano sul ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani
  • Dal 19 marzo sito web ufficiale della Santa Sede anche in lingua cinese
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Presidenziali in Salvador: vince il leader del Farabundo Martí
  • Si attenua la crisi politica in Pakistan
  • Aperto a Istanbul il Forum mondiale sull'acqua
  • Bartolomeo I ricorda Chiara Lubich
  • Torna a Roma l'appuntamento con "I Ritratti di Santi"
  • Chiesa e Società

  • Dalle Carmelitane di Yaoundé 50 mila ostie per la visita del Papa in Camerun
  • La Chiesa dell’Angola si prepara ad incontrare il Papa
  • Emergenza alluvioni nel sud dell’Angola
  • Delegazione di vescovi in visita nei campi profughi dello Sri Lanka
  • India: per mons. Dabre solo la politica del perdono può sconfiggere il terrorismo
  • Cambogia: nuovo Centro pastorale intitolato a Benedetto XVI
  • Il Nepal rende omaggio al padre gesuita Ludwig Stiller
  • “Cor Unum” invita suor Nirmala a predicare gli esercizi spirituali agli operatori della carità
  • Sondaggio rivela: iracheni più fiduciosi
  • Visita dei vescovi congolesi nel Nord Kivu
  • I laici del Congo si interrogano sull’impegno dei cristiani nella politica
  • Svizzera: Giornata delle Rose in solidarietà con i poveri di Senegal e Filippine
  • Campagna ecumenica per un voto responsabile alle prossime elezioni europee
  • Nuova Zelanda: vescovo di Auckland critica legge sulle pene per i recidivi
  • Una banca cattolica irlandese, modello di finanza etica, non risente della crisi
  • Ad agosto il secondo Meeting europeo dei giovani francescani a Santiago di Compostela
  • Il cardinale Etchegaray pellegrino a San Paolo con la diocesi di Porto-Santa Rufina
  • Studenti e docenti universitari per un nuovo umanesimo sull'esempio di San Paolo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Rapiti quattro operatori dell'Onu in Somalia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa annuncia l'indizione a giugno di uno speciale Anno Sacerdotale: il presbitero sia un testimone "riconoscibile" di Cristo

    ◊   Quello che inizierà il prossimo 19 giugno, per concludersi nella stessa data del 2010, sarà un “Anno Sacerdotale” che avrà lo scopo di sottolineare che ogni sacerdote deve tendere alla “perfezione spirituale”, perché il suo ministero sia efficace. L’annuncio è stato dato questa mattina da Benedetto XVI durante l’udienza alla plenaria della Congregazione per il Clero, che terminerà dopodomani. E’ importante, ha affermato fra l’altro il Papa, che il sacerdote sia ben formato sulla scia degli insegnamenti conciliari e sia sempre riconoscibile, nella moralità e nell’aspetto. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Santificare, insegnare, guidare. Dal momento in cui un vescovo gli impone le mani sul capo, la vita di un sacerdote deve dare testimonianza di questi tre valori. Valori che, ha affermato Benedetto XVI, “prima di essere un ufficio” sono “un dono”, grazie al quale il sacerdote partecipa a una “vita nuova”, acquisisce quello “stile” che fu di Gesù e quindi degli Apostoli. Ed è questa “partecipazione” alla vita di Cristo, che diventa anche una potestà, a rendere “necessaria, anzi indispensabile” la “tensione verso la perfezione morale”, ha indicato il Pontefice. Che ha poi annunciato:

     
    “Proprio per favorire questa tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero, ho deciso di indire uno speciale ‘Anno Sacerdotale’, che andrà dal 19 giugno prossimo fino al 19 giugno 2010. Ricorre infatti il 150.mo anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, vero esempio di Pastore a servizio del gregge di Cristo”.

     
    Poco prima, il Papa aveva ricordato che pure se duemila anni di “tradizione ecclesiale” hanno “svincolato l’efficacia sacramentale” di un sacerdote da quella che è la sua “concreta situazione esistenziale”, l’importanza della “formazione permanente” dei presbiteri resta una grande e delicata priorità, da condurre - ha rimarcato - “in comunione con l’ininterrotta tradizione ecclesiale, senza cesure né tentazioni di discontinuità”. Ai vescovi, Benedetto XVI ha chiesto di coltivare “relazioni umane veramente paterne” con i loro primi collaboratori, “soprattutto - ha detto - sotto il profilo dottrinale”:

     
    “E’ importante favorire nei sacerdoti, soprattutto nelle giovani generazioni, una corretta ricezione dei testi del Concilio Ecumenico Vaticano II, interpretati alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa. Urgente appare anche il recupero di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti ad essere presenti, identificabili e riconoscibili sia per il giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche per l’abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa”.

     
    A sollecitare questa attenzione da parte del Papa è la consapevolezza dei “radicali cambiamenti sociali degli ultimi decenni”, che richiedono l’utilizzo delle “migliori energie ecclesiali” per la cura dei candidati al sacerdozio. Sacerdozio, ha insistito Benedetto XVI, che deve essere debitamente valorizzato poiché la sua missione, “nella Chiesa”, prende forma da Cristo, che ne è “il centro propulsore”:

     
    “In tal senso è necessario vigilare affinché le 'nuove strutture' od organizzazioni pastorali non siano pensate per un tempo nel quale si dovrebbe 'fare a meno' del ministero ordinato, partendo da un’erronea interpretazione della giusta promozione dei laici, perché in tal caso si porrebbero i presupposti per l’ulteriore diluizione del sacerdozio ministeriale e le eventuali presunte 'soluzioni' verrebbero drammaticamente a coincidere con le reali cause delle problematiche contemporanee legate al ministero”.

     
    Benedetto XVI ha anche ricordato i quattro aspetti della missione sacerdotale. Essa, ha ribadito, è “ecclesiale” perché “nessuno annuncia se stesso” ma Dio. E’ “comunionale”, perché si svolge “in un’unità e in una comunione”. Ed è, infine, “gerarchica” e “dottrinale”: aspetti, ha osservato il Papa, che sottolineano “l’importanza della disciplina ecclesiastica” e, ancora una volta, della “formazione dottrinale, e non solo teologica, iniziale e permanente”.

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    L’Anno Sacerdotale, opportunità per valorizzare la missione del sacerdote nella Chiesa e nella società. La riflessione di don Alberto Pacini

    ◊    
    “Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”: questo il tema dello speciale Anno Sacerdotale, annunciato stamani dal Papa, in occasione del 150.mo anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney. Sullo svolgimento di questo Anno giubilare, di cui riferisce un comunicato della Santa Sede, il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI aprirà l’Anno Sacerdotale presiedendo la celebrazione dei Vespri, il 19 giugno prossimo, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e Giornata di santificazione sacerdotale. La celebrazione avverrà alla presenza della reliquia del Curato d’Ars portata dal vescovo di Belley-Ars. Il Papa chiuderà l’Anno speciale il 19 giugno del 2010, prendendo parte a un “Incontro Mondiale Sacerdotale” in Piazza San Pietro. Durante questo Anno giubilare, Benedetto XVI proclamerà San Giovanni Maria Vianney “Patrono di tutti i sacerdoti del mondo”. Sarà inoltre pubblicato il “Direttorio per i Confessori e Direttori Spirituali” insieme ad una raccolta di testi del Pontefice sui temi essenziali della vita e della missione sacerdotale nell’epoca attuale. La Congregazione per il Clero, d’intesa con gli Ordinari diocesani e i Superiori degli Istituti religiosi, informa la nota, “si preoccuperà di promuovere e coordinare le varie iniziative spirituali e pastorali che saranno poste in essere per far percepire sempre più l’importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanea, come pure la necessità di potenziare la formazione permanente dei sacerdoti legandola a quella dei seminaristi”. Sui frutti che questo Anno giubilare potrà offrire alla Chiesa, abbiamo raccolto la riflessione di don Alberto Pacini, rettore della Chiesa romana di Sant'Anastasia al Palatino:

     
    R. – E’ una grande occasione per rimettere nello sguardo dei fedeli, dei credenti, dei cristiani, ma anche dei non cristiani, che cos’è realmente la figura del sacerdote. Il sacerdote è uomo di Dio, uomo che sta nel mezzo, fra Dio e gli uomini; è il mediatore della grazia salvifica di Dio. E' uomo dell’Eucaristia, perché certamente il sacerdozio, come è stato con molta chiarezza ribadito anche dagli ultimi documenti magisteriali, esiste in ordine all’Eucaristia, per perpetuare la presenza di Cristo. Il sacerdote è anche uomo della misericordia, quindi accoglie con amore i credenti e li porta a consegnarsi nelle braccia di Dio. Poi, anche in un tempo come questo, che è un tempo di secolarismo, è un’occasione per riscoprire e rifocalizzare l’attenzione anche di noi sacerdoti su quella che è la nostra chiamata e la nostra missione, perché potrebbe esserci anche un certo sbandamento e una certa perdita della identità, che invece è bene che noi recuperiamo in pieno.

     
    D. – "Non esperti di economia e politica, ma specialisti nel promuovere l’incontro dell’uomo con Dio", così ha detto Benedetto XVI dovrebbero essere i sacerdoti di oggi…

     
    R. – Purtroppo, forse, un po’ sulla scia di quelli che sono stati gli effetti collaterali della riforma del Concilio e poi anche della crisi sessantottina e degli anni ’70, ci si è spinti molto sul sociale. Oggi, dobbiamo invece ritornare più allo spirito. E vorrei echeggiare quelle parole che il Papa Giovanni Paolo II scriveva nella "Novo Millennium Ineunte": nonostante il diffuso secolarismo, siamo di fronte ad una richiesta da parte del mondo di un ritorno alla spiritualità. Noi, che siamo gli uomini dello spirito, dobbiamo offrire queste opportunità alla gente, perché la gente si orienti davvero alla dimensione dello spirito. Non dobbiamo noi sacerdoti trovarci un passo indietro, ma dovremmo essere profeticamente avanti in questa dimensione.

     
    D. – Benedetto XVI ha invitato i sacerdoti più volte ad essere accessibili nelle parrocchie e nei confessionali. Può raccontarci la sua esperienza di vita quotidiana di sacerdote?

     
    R. – Sono felicissimo di dirlo: faccio il sacerdote! Faccio il sacerdote perché annuncio il Vangelo, faccio il sacerdote perché celebro i Sacramenti e aiuto la gente a tornare alla preghiera. Certamente la gente richiede molto la dimensione dell’ascolto e anche quando si trova cuore a cuore con Dio, di fronte all’Eucaristia, nell’Adorazione, si riavvicina alla pratica sacramentale e chiede la Confessione. E certamente, il sacerdote, che si rende disponibile a questo, fa una grande opera, perché accoglie i peccatori che sono riportati da Dio stesso alla vita sacramentale e riorienta una vita di fede, riorienta alle priorità dello spirito.

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    L'identità missionaria del presbitero nella Chiesa al centro della plenaria della Congregazione per il Clero: intervista con mons. Piacenza

    ◊   “L’identità missionaria del presbitero nella Chiesa” è il titolo dell’Assemblea plenaria della Congregazione per il Clero, che si svolgerà in Vaticano da oggi a mercoledì prossimo. Roberto Piermarini ne ha parlato con mons. Mauro Piacenza, segretario del dicastero:

    R. - L’identità missionaria del sacerdote è assolutamente centrale sia in ordine alla identità sacerdotale, sia al riguardo di una corretta interpretazione del ministero e della stessa missionarietà ecclesiale. La missione non è, né può essere, un elemento "accessorio" dell’identità ecclesiale e, in essa, di quella sacerdotale. Piuttosto, sia a livello teologico che a livello di esperienza dobbiamo riconoscere che la dimensione missionaria dipende e deriva, in modo essenziale, dalla missione ricevuta dal Signore e, in definitiva, dalla chiarezza circa il mandato apostolico e la conseguente configurazione a Cristo Sacerdote.

     
    D. - Sotto quali aspetti verrà analizzato il tema dell’identità missionaria del presbitero?

     
    R. - Si vedrà dagli apporti stessi dei Padri della Plenaria, ma certamente una linea è quella della formazione permanente che - come è ovvio - si salda indissolubilmente con la formazione iniziale. E’ sempre latente il rischio di identificare troppo la "formazione" con l’"informazione", lo studio con la trasmissione di tattiche e metodi rivelatisi utili in altri posti o momenti. Senz’altro, la formazione esige anche l’informazione ma non solo, anzi non propriamente: la principale soluzione per formare con più carica missionaria i sacerdoti non sarà aggiungere al loro piano di studi teologici discipline nuove sull’argomento, ma far crescere in loro l’amore verso Dio, la Chiesa e le anime, aiutandoli ad acquisire un atteggiamento di costante interessamento per gli altri. La formazione missionaria del presbitero - e penso all’intero percorso formativo che dura per tutta la vita - oltre agli aspetti informativi, dovrebbe includere come cardini: sviluppo della vita interiore personale e del senso soprannaturale, la formazione dottrinale - dobbiamo essere missionari della verità, di tutta la verità e soltanto della verità, e la verità non è un concetto è Gesù - e la responsabilità di fare bene il bene. Un’accurata formazione umana, capace di stabilire rapporti umani abbondanti ed attraenti.

     
    D. – Quanto è importante nel presbitero l’esercizio dei "tria munera”, dei tre compiti che la caratterizzano che sono: santificare, insegnare e governare?

     
    R. - La missione pastorale del sacerdote va considerata il costitutivo primario della sua identità spirituale. II Concilio Vaticano II nella “Presbiterium Ordinis” (cap. III, N.13) spiega che i sacerdoti curano la propria santificazione se predicando la Parola, la ascoltano anche in se stessi; se offrendo il Santo Sacrificio, offrono anche la propria persona e la propria vita e se, amministrando sacramentalmente la carità di Cristo, se ne lasciano impregnare; se guidando il popolo di Dio, non cercano i propri interessi ma sono disposti a dare anche la propria vita. Questo è un aspetto soggettivo della spiritualità sacerdotale assolutamente necessario, ma che deve accompagnarsi ad un altro insegnamento interessantissimo: quello che chiede al sacerdote l’oggettiva santità di versare tutta la propria esistenza nella missione: diventare santo non a lato dell’esercizio del ministero, ma nell’esercizio del ministero, in modo immanente all’esercizio del ministero. Credo necessario rilanciare fino in fondo la dottrina del Concilio Vaticano II, che fa consistere la santità e la vita spirituale del sacerdote nella stessa missione e nel modo di esercitare i “tria munera” (docendi, sanctificandi, regendi). In Cristo, Persona e Missione coincidono e, in Lui, obbedienza e verginità sono esattamente l’espressione di questo coincidere, perché descrivono ed attuano contemporaneamente la sua totale adesione al Padre e la sua totale aderenza una missione che il Padre gli ha assegnato. Obbedienza - Cristo, che è totale ascolto del Padre e Parola totalmente rivolta al Padre si fa per noi “obbediente fino alla morte”, in tutti i dettagli della sua esistenza terrena, chiamandoci alla sua sequela e chiedendoci l’“Oboedientia Fidei”. Verginità - Cristo, tutto ricolmo dell’amore del Padre e dello Spirito Santo, progressivamente rivela al mondo questo grande amore, congiungendosi ontologicamente con l’umanità intera, sponsalmente con la sua Chiesa, corporalmente, eucaristicamente con ogni battezzato.

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    Altre udienze

    ◊   Il Papa ha ricevuto ieri in udienza il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia.

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    Da domani il Papa in Africa: Camerun e Angola le tappe del primo viaggio apostolico di Benedetto XVI nel continente

    ◊   C'è grande attesa in tutta l'Africa per il primo viaggio di Benedetto XVI nel continente. Il Papa partirà domani mattina per il Camerun: qui consegnerà l'Instrumentum laboris del secondo Sinodo per l'Africa che si svolgerà in ottobre in Vaticano. Dal 20 al 23 marzo sarà in Angola. Ieri all'Angelus il Pontefice ha chiesto ai fedeli di accompagnare con la preghiera questo suo undicesimo viaggio apostolico internazionale. Parto per l'Africa - ha detto - con la consapevolezza di non avere altro da proporre se non Cristo e la Buona Novella della sua Croce, mistero di amore divino che genera una forza irresistibile di pace e riconciliazione fino al perdono dei nemici. Ma diamo la linea al nostro inviato, Giancarlo La Vella:

    Il Papa e l’Africa: un rapporto preferenziale, quasi tra un padre ed i suoi figli sofferenti. Un rapporto che ha vissuto momenti di concreto affetto sin dal 1969, primo viaggio in epoca moderna di un Pontefice – Paolo VI – in Uganda, e poi attraverso le 16 visite di Giovanni Paolo II, dal 1980 al 2000. Ora, Benedetto XVI raccoglie il testimone dei suoi predecessori e si reca in Camerun e Angola, due realtà che racchiudono in sé gran parte degli aspetti di tutto il continente. “Penso agli emarginati e a tutte le persone che soffrono nel cuore e nel corpo”, disse Giovanni Paolo II congedandosi, nel settembre del 1995, a conclusione della sua ultima permanenza in Camerun. “Saluto le famiglie, che portano avanti con coraggio i loro compiti; rivolgo i miei auguri ai giovani affinché costruiscano il loro futuro in maniera positiva, aperti alla dimensione spirituale della vita, preoccupandosi sempre di essere utili ai propri fratelli”.

     
    E salutando l’Angola, nel giugno del 1992: “Popolo dell’Angola – disse Giovanni Paolo II ad un Paese in una difficile fase di riconciliazione dopo una durissima guerra civile – non desistere nel cammino che conduce ad una riconciliazione autenticamente fraterna. Potrete così superare gli ostacoli della povertà e perseguire uno sviluppo che possa assicurare un futuro migliore per le generazioni future”. Benedetto XVI, sulle orme del suo predecessore, in Camerun consegnerà alla Chiesa africana l’Instrumentum laboris, atto con cui si aprirà simbolicamente la seconda Assemblea speciale del Sinodo per l’Africa dal titolo “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. I lavori dell’assise si svolgeranno poi ad ottobre in Vaticano. Lo stesso aveva fatto Giovanni Paolo II sempre a Yaoundé, presentando l’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Africa” a conclusione della prima assemblea.

     
    Dopo il Camerun, per il Papa, l’Angola, dove si stanno celebrando ancora i 500 anni dell’evangelizzazione iniziata nel 1491. Sia il Camerun sia l’Angola si affacciano sulla costa atlantica dell’Africa, separati dall’Equatore. Il Camerun, a Nord, è indipendente dal 1961, dopo la dominazione francese e britannica; oltre 17 milioni di abitanti su 475 mila chilometri quadrati, di essi oltre un quarto di religione cattolica. E’ una Repubblica presidenziale che solo negli ultimi anni ha superato le violente frizioni tra gruppi secessionisti anglofoni e oggi gode di una più stabile situazione politica e sociale.

     
    Anche l’Angola è oggi una Repubblica presidenziale, dopo essere stata una colonia portoghese sino al 1975. Sedici milioni gli abitanti su una superficie di un milione e 250 mila chilometri quadrati, che ne fanno – per estensione – il quinto Paese del Continente. Oltre metà della popolazione è di religione cattolica. Dal 1975 al 2002, il Paese è stato teatro di una cruenta guerra civile che causò 500 mila morti. Pochi i momenti di tregua, uno dei quali consentì la visita di Giovanni Paolo II nel 1992. In lotta, i movimenti che avevano combattuto il colonialismo portoghese, ognuno dei quali poi cercò di imporre la propria leadership nell’indipendenza. Dal 2002 la parola “pace” risuona sempre più forte e nel Paese è iniziato un sia pur graduale periodo di miglioramento economico e sociale.

     
    Uno dei momenti significativi per il futuro del continente sarà la consegna, a Yaoundé, dell’Instrumentum laboris per il secondo Sinodo per l’Africa. Ascoltiamo padre Mathias Stephane, presidente dell’ufficio per la comunicazione della Conferenza episcopale del Camerun, al microfono di Giancarlo La Vella:

     
    R. – Sarà significativo non soltanto per il futuro: sarà anche un’apertura perché se si ricorda il primo Sinodo, che ha avuto luogo a Roma nel 1994, si è visto proprio come tutta l’Africa si sia alzata per celebrare questo evento. Per cui, questa sarà la seconda volta per l’Africa di sentirsi spinta a poter portare la fede in tutto il continente e di far sentire a tutti i fedeli che la Chiesa cattolica non ha dimenticato l’Africa e continua sempre a pensare all’Africa.

    Sulla religiosità in Camerun ascoltiamo un altro sacerdote di questo Paese africano, padre Bayeni Sosthene, al microfono di Giancarlo La Vella:

    R. - L’aspetto della fede in Camerun attraversa un momento critico, ci troviamo ad un crocevia. Un primo passo è già stato compiuto quando la fede è arrivata in Camerun, adesso c’è un tentativo di ritornare a qualcosa di tradizionale ma allo stesso tempo c’è la modernità, la globalizzazione, i mezzi di comunicazione e c’è il desiderio importante di vivere una fede vera e autentica. Credo che questo sia un momento di scelta per avere una fede vera, pura, che porti a un vero incontro col Signore. Tante persone chiedono un aiuto per incontrare il Signore, per vivere un’autentica esperienza di fede, un cammino di fede, sia nella preghiera, sia nello studio. C’è poi una forte fede nella preghiera: per esempio, quando c’è una malattia le persone chiedono sempre una preghiera e una benedizione; chi non trova lavoro, chi non trova una soluzione a un problema chiede sempre un aiuto spirituale da parte del sacerdote.

     
    D. - In questa tensione tra tradizione e modernità la fede che posto trova?

     
    R. - La fede sta facendo una sua strada e bisogna aiutare a farla maturare nella gente per un’autentica inculturazione. Non é facile perché ci sono tante voci che gridano a destra e a sinistra. La Conferenza episcopale prova a insegnare come combattere, per esempio la corruzione, la perdita di alcuni valori come il senso della famiglia, il senso del rispetto della vita: con la fede cerchiamo di trovare i nostri veri valori ma trasformati dal Vangelo.

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    Prima Conferenza internazionale in Vaticano sul ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani

    ◊   Il 20 e 21 marzo, si terrà in Vaticano, presso la sede del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, la prima Conferenza Internazionale sul tema “Vita, famiglia, sviluppo: il ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani”, che si ispira all’invito rivolto alle donne da Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Evangelium vitae” a promuovere un “nuovo femminismo”. La Conferenza è promossa oltre che dal dicastero vaticano, dalla World Women’s Alliance for Life and Family e dalla World Union of catholic Women’s Organisations. Le “alleate per la vita” di 50 Paesi di ogni continente hanno come scopo la promozione del “genio femminile” in ogni ambito dell’organizzazione sociale. “Mai come oggi – ha scritto il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente di Giustizia e Pace - è giunta per la donna l’ora di rispondere con pienezza alla vocazione di testimoniare l’amore per la vita in ogni ambito della società e in ogni parte del mondo. In un momento di profonde trasformazioni, le donne, illuminate dallo spirito evangelico, possono tanto operare per aiutare l’umanità”. Alla conferenza parteciperanno oltre una sessantina di studiosi e di specialisti di ogni parte del mondo.

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    Dal 19 marzo sito web ufficiale della Santa Sede anche in lingua cinese

    ◊   Il prossimo 19 marzo, in occasione della Solennità di San Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria e Patrono della Chiesa Universale, il sito web ufficiale della Santa Sede si arricchirà grazie all’introduzione di una nuova sezione in lingua cinese. Lo ha reso noto oggi la Sala Stampa vaticana. Si tratta dell’ottava lingua ad essere inserita nel sito www.vatican.va - dopo l’italiano, l’inglese, il francese, lo spagnolo, il tedesco, il portoghese e il latino. Grazie al nuovo servizio, gli internauti di tutto il mondo potranno navigare in cinese per accedere ai testi di Benedetto XVI presentati nei caratteri cinesi sia tradizionali sia semplificati. La Santa Sede era già presente in internet con la lingua cinese dal 1998 con l’Agenzia Internazionale Fides (www.fides.org) e dal 1999 con il sito della Radio Vaticana (www.radiovaticana.va).

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, due editoriali: del direttore sul viaggio di Benedetto XVI in Africa e del vice direttore sulla lettera del Papa ai vescovi. In cultura, sul significato di tale lettera, anche una riflessione di Manuel Nin.

    Il comunicato dell'annuncio del Papa che - dal 19 giugno 2009 al 19 giugno 2010 - si terrà uno speciale Anno Sacerdotale sul tema "Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote".

    La notizia che, in occasione della solennità di San Giuseppe, il sito web ufficiale della Santa Sede si arricchirà grazie all'introduzione di una nuova sezione in lingua cinese.

    Maggiore impegno della comunità internazionale a sconfiggere la malaria: nell'informazione internazionale, l'intervento dell'inviato speciale delle Nazioni Unite, Raymond Chambers.

    Nel 2030 mezzo mondo senza risorse idriche: Stefania Schipani illustra il rapporto mondiale dell'Onu sull'acqua.

    La morte ci fa più fratelli e le pietre lo dicono: in cultura, Manlio Simonetti sull'epigrafia dei cristiani in Occidente dal terzo al settimo secolo.

    Volto o non volto, non è questo il problema: Giuseppe Fiorentino sul presunto "vero" ritratto di Shakespeare.

    La prefazione del direttore al volume "Catechesi sui Padri della Chiesa. Da Clemente Romano a Gregorio Magno", che raccoglie i testi pronunciati da Benedetto XVI nel corso delle udienze del mercoledì.

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    Oggi in Primo Piano



    Presidenziali in Salvador: vince il leader del Farabundo Martí

    ◊   In Salvador dopo la vittoria a gennaio alle elezioni legislative e municipali, ieri il Fronte Farabundo Martí per la liberazione nazionale (Fmln) è riuscito a vincere le presidenziali. L’ex giornalista della Cnn Mauricio Funes ha battuto, con il 51,3% di voti, Rodrigo Avila, l’uomo sul quale aveva scommesso il partito della destra Arena (Alleanza repubblicana nazionalista), da vent’anni al potere. Nel 1992, dopo la fine della devastante e lunga guerra civile che ha fatto 75mila morti, i ribelli del Fronte deposero le armi e formarono un partito politico. Oggi sono alla guida del piccolo Paese centroamericano. Fausta Speranza ha intervistato il collega Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:

    R. – Oggi questo partito non è più un partito di sinistra nel senso classico del termine: è diventato ormai un partito socialdemocratico. Questo dato è fondamentale. Il secondo elemento da rilevare riguarda il vincitore, cioè il nuovo presidente. Mi riferisco a Mauricio Funes. Si tratta di un giovane di 49 anni, ex-giornalista della Cnn, formato intellettualmente e politicamente negli Stati Uniti. Non è una persona che abbia avuto a che fare con la guerriglia: era giovanissimo quando finì la guerriglia e si firmarono gli accordi di pace. Appartiene alla seconda generazione che ha “socialdemocratizzato” questo ex-movimento armato. Il terzo elemento è che si tratta della prima consultazione politica importante nel continente, o nella sub-regione latinoamericana, dopo la campagna elettorale, la vittoria e l’insediamento di Obama. Il candidato vincente nel Salvador ha tentato di avvicinare moltissimo la sua immagine a quella di Obama e molti contenuti del suo programma sono stati presi dal programma di Obama.

     
    D. – Dunque elezioni di svolta. Adesso, però, ci sono le sfide da affrontare. Quale Paese si trova di fronte il nuovo presidente?

     
    R. – La sua prima sfida, naturalmente, è la povertà: combattere la povertà. O – come egli stesso ha detto in una formula – più che combattere la povertà, governare la ricchezza. Cioè, ha voluto dire: è vero che c’è la povertà, ma è anche vero che in questo Paese c’è molta, molta ricchezza. Invece di impegnarci a lottare contro la povertà – che comunque va fatto – forse è meglio vedere come governare la ricchezza. Ponendo così il secondo problema, la seconda sfida: quella dell’equità sociale. E’ un Paese, in questo senso, dove c’è molta ingiustizia. E c’è la seconda sfida: una vera riconciliazione dopo tanti anni di guerra civile con tanti morti, una riconciliazione fondata sulla giustizia sociale. La terza sfida riguarda un nuovo riallineamento internazionale. Secondo me, il nuovo presidente metterà il Salvador in una situazione molto vicina alle politiche di Obama per quanto riguarda l’America Latina. Dunque, nessuno si aspetti dal nuovo presidente salvadoregno un allineamento incondizionato ad altri assi già esistenti, tipo Morales-Chavez, rivoluzione cubana o via dicendo. Lo vedo più vicino alle posizioni della signora Bachelet in Cile e quindi potrebbe essere la prima pedina della nuova politica di Obama in America Latina.

     
    D. – In tutto questo, parliamo dei rapporti con la Chiesa…

     
    R. – Io penso che i rapporti con la Chiesa, a giudicare da quanto dice il programma enunciato in campagna elettorale, saranno sostanzialmente corretti. Penso che il presidente Funes – a quanto ha dichiarato – avrà molta, molta cura ad avere particolari e fruttuosi rapporti con la Chiesa, perché sa benissimo che se c’è una Chiesa in America Latina autorevole e che gode di un enorme prestigio, è proprio la Chiesa salvadoregna. Non dobbiamo dimenticare che è una Chiesa che per la pace e la riconciliazione ha pagato un prezzo altissimo in vite umane, prima fra tutte mons. Romero: non è l’unico, ci sono tanti altri. Anche perché, a giudicare dalle prime analisi del voto, quello cattolico è stato fondamentale per farlo vincere. Senza il voto cattolico, in un Paese che è fortemente cattolico, Funes non avrebbe vinto. L’incognita sono i cosiddetti temi etico-sensibili. Per adesso non sembra che possano essere un problema, ma siccome il suo partito, che ha la maggioranza nel Parlamento dopo le elezioni politiche di gennaio scorso, ha delle fratture interne, le difficoltà potrebbero venire in questo senso dai gruppi più estremi del suo partito.

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    Si attenua la crisi politica in Pakistan

    ◊   Si attenua la tensione in Pakistan dopo che il governo ha rimesso al suo posto il capo della Corte suprema, Iftikhar Chaudhry, accettando le richieste dell'opposizione ed evitando uno scontro che minacciava la stabilità del Paese. Il primo ministro Yousuf Raza Gilani, in un discorso in tv, ha promesso una riconciliazione nazionale con l'opposizione guidata dall'ex premier Nawaz Sharif, il quale domenica aveva contravvenuto agli arresti domiciliari per guidare una marcia dei sostenitori della Lega musulmana diretta alla capitale Islamabad. Marcia poi annullata dallo stesso Sharif. Gilani ha detto inoltre che chiederà una revisione della sentenza che vieta a Sharif e a suo fratello Shahbaz di candidarsi e che ha sciolto il governo della provincia del Punjab, guidato dalla Lega musulmana. Il premier ha anche ordinato il rilascio degli oltre 1.500 attivisti arrestati nell'ultima settimana. Con queste decisioni può dirsi concluso il braccio di ferro tra l’opposizione dell'ex premier Sharif e il presidente Ali Zardari? Giada Aquilino lo ha chiesto alla professoressa Elisa Giunchi, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi islamici all’Università degli studi di Milano:

    R. – Non credo ad un braccio di ferro tra due programmi politici diversi, tra due personalità molto diverse, che già negli anni ’90, quando la Bhutto, che era moglie di Zardari, era al potere, nei suoi due mandati, si era già espressa in vario modo. E’ un braccio di ferro che tocca vari punti, relativi soprattutto alla politica estera e all’alleanza con gli Stati Uniti. Si ha poi l’impressione che Nawaz Sharif voglia tentare di ergersi a paladino dell’indipendenza della magistratura, alleandosi anche a gruppi che difendono i diritti dell’uomo e agli avvocati, quando in realtà il punto è il tentativo di controllare la magistratura, non di renderla indipendente. Un tentativo che è stato perseguito sia dal governo di Zardari sia dal governo di Nawaz Sharif, quando Sharif era al potere negli anni ’90. Rimangono irrisolti anche altri nodi della situazione pakistana, in particolare lo squilibrio tra le varie istituzioni e lo squilibrio tra la provincia del Punjab, che è la più ricca e che è controllata dalla famiglia degli Sharif, alleata in politica estera all’Arabia Saudita, e le altre province controllate dal partito popolare pakistano di Zardari e di Gilani e da partiti minori nazionalisti. Poi vi è lo squilibrio molto forte tra i vertici militari e le istituzioni politiche. Sembra sia proprio in seguito alla pressione dei vertici militari, non solo degli Stati Uniti, che Zardari ha poi deciso di reintegrare Iftikhar Chaudhry e di andare incontro alle richieste dell’opposizione.

     
    D. – A questo punto il potere del presidente è messo a dura prova?

     
    R. – Da una parte si può dire che il presidente in un certo senso facilita, fa un primo passo verso una reale democratizzazione della politica pachistana, perché cedendo su questo punto, sul punto del reintegro di Iftikhar Chaudhry, in sostanza dà un segnale in positivo in merito all’indipendenza della magistratura, almeno formalmente. D’altra parte, quello di Zardari è anche un segno di debolezza, perché dimostra chiaramente di essere debole nei confronti della pressione dell’opposizione.

     
    D. – La stessa opposizione nei giorni scorsi parlava di rivoluzione, di guerra civile. Che rischi ci sono?

     
    R. – Vi è il rischio che la situazione degeneri, anche perché la situazione politica interna è assolutamente poi collegata alla situazione di anarchia e di caos che si ha a cavallo del confine con l’Afghanistan.

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    Aperto a Istanbul il Forum mondiale sull'acqua

    ◊   Si è aperto a Istanbul, questa mattina, il quinto Forum mondiale sull’acqua. Alla presenza del presidente, Abdullah Gül, di Alberto di Monaco e del principe ereditario giapponese, sono iniziati i lavori di questo evento che durerà sette giorni. Parallelamente si tiene nel primo pomeriggio un minisummit di capi di Stato e di governo con la presenza del presidente iracheno Talabani e del premier turco Erdogan. L’appuntamento si è aperto fra luci ed ombre, in mezzo ad ingenti forze di sicurezza. Da Istanbul, Alberto De Filippis:

     
    Mentre nel megacentro approntato per l’occasione sulle sponde del Corno d’oro leader politici ed esperti di ogni parte del mondo discutono della nuova emergenza mondiale, la carenza di acqua potabile, all’esterno della zona del Forum si sono già avuti scontri fra dimostranti e poliziotti in assetto antisommossa. Perché se la scarsezza di acqua potabile è un tema importante nel mondo, esso è fondamentale in Turchia dove l’esecutivo ha deciso di lanciare un poderoso piano per la costruzione di 1024 dighe, su tutto il territorio. Un progetto avveniristico e utile alla sempre maggiore sete della nazione, per i suoi sostenitori, una follia che potrebbe provocare terribili disastri ambientali, per i detrattori. Un motivo in più per attendersi, come fanno gli organizzatori, una cifra record di visitatori, almeno 28.000 secondo le prime stime. Nei discorsi inaugurali tante buone intenzioni ma anche la consapevolezza che il problema è serio. Sono circa un miliardo e mezzo le persone che non hanno accesso all’acqua potabile mentre gli esperti continuano a denunciare le colpe dei governi che troppo spesso si ricordano del problema acqua solo sotto elezioni. Secondo le organizzazioni internazionali il numero di persone che nel 2030 avranno problemi ad usufruire di acqua potabile dovrebbe sfiorare i quattro miliardi. Nel mondo sarebbe necessaria una somma oscillante fra i 92 e i 150 miliardi di dollari all’anno per gestire il sistema idrico mondiale. Solo i Paesi in via di sviluppo come Cina e, in parte, Turchia, avrebbero bisogno di quasi la metà di queste risorse. Che non ci sono. E mentre questo lunedì pomeriggio l’Onu dovrebbe rendere pubblico un rapporto che molti già giudicano catastrofico il Forum si prefigge almeno di risvegliare la coscienze dei cittadini e di chi è chiamato ad assumere decisioni importanti. Prima che sia troppo tardi.

    E per il quinto Forum mondiale sull’acqua, il Pontifico Consiglio della Giustizia e Pace ha redatto un documento, intitolato “L’acqua, elemento essenziale per la vita”. Si tratta del secondo aggiornamento del testo, diffuso per la prima volta a Kyoto nel 2003, e poi riproposto a Città del Messico nel 2006. Il servizio di Isabella Piro:

    Sono un miliardo e mezzo le persone al mondo che non hanno sufficiente acqua potabile, tre miliardi quelle che vivono in abitazioni prive di sistema fognario, cinque milioni, soprattutto bambini, coloro che muoiono ogni anno per patologie dovute al consumo di acqua non pulita. Sono questi i drammatici dati ricordati dal documento del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Uno scenario di fronte al quale il dicastero vaticano esorta a considerare il diritto all’acqua e ad una sanità sicura come un unico diritto, poiché “entrambi sono essenziali per la salute ed entrambi hanno un drammatico impatto sullo sviluppo”. È inaccettabile, infatti, si legge nel testo, anche una sola morte dovuta ad un diritto negato. In particolare, in questa sua terza edizione, il documento si concentra sul riconoscimento della disponibilità e dell’accesso all’acqua come un diritto dell’uomo e sull’importanza, quindi, di garantire a tutti acqua potabile e condizioni igienico-sanitarie sicure. “L’acqua – si legge nel testo – è un bene che deve servire allo sviluppo di tutta la persona e di ciascuna persona”. Quindi, il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ribadisce la scadenza del 2015 degli Obiettivi per lo sviluppo del Millennio: obiettivi che, sottolinea, chiedono a tutti di migliorare la vita di tutte le persone del mondo, specialmente i poveri e i più vulnerabili. Quella vulnerabilità, afferma il documento vaticano, causata da analfabetismo, siccità e inadeguata nutrizione. Ed è per questo che viene ribadita l’importanza dell’acqua per l’economia, la sicurezza alimentare, la produttività, le politiche dei Paesi. Allo stesso tempo, Giustizia e Pace ricorda che nei documenti fondanti dei diritti dell’uomo, a partire dalla Dichiarazione universale del 1948, mancano menzioni esplicite della parola “acqua”. Di qui, la sollecitazione del dicastero vaticano di ulteriori passi avanti nella formulazione del diritto internazionale, poiché l’accesso a servizi idrici sicuri è una necessità per la salute e per la vita.

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    Bartolomeo I ricorda Chiara Lubich

    ◊   Tra gli innumerevoli eventi in corso nel mondo in questi giorni nel primo anniversario della conclusione del viaggio terreno di Chiara Lubich, di particolare rilievo il discorso celebrativo che il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha pronunciato ieri pomeriggio nella Chiesa della Panaghia al Belgrad Kapi ad Istanbul. Presente una delegazione giunta da Roma in rappresentanza della presidente dei Focolari, Maria Voce. Il servizio di Carla Cotignoli:

    “Siamo oggi qui segnati non dal lutto, ma dalla letizia”. E’ questa la nota che percorre il denso discorso pronunciato dal Patriarca Bartolomeo I nella Chiesa della Panaghia e il clima in cui è seguito un momento conviviale insieme alla delegazione dei focolari giunta da Roma. Di Chiara il Patriarca ha evidenziato il cammino di fede, da lei percorso “senza paure o tentennamenti”, “con la forza disarmante e persuasiva del suo sorriso”. E l’abbraccio universale, nell’impegno a ricomporre “la comunione tra le Chiese”, “la pace tra le nazioni” e “la fruttuosa collaborazione tra tutti gli uomini pur differenti per religione o cultura”.

     
    “Chiara continua ad attestare – ha proseguito – come le differenze di fede non costituiscano affatto una minaccia, ma al contrario sollecitino attivamente tutti “a risolvere insieme i problemi del nostro pianeta”. Il Patriarca ha messo in luce come il genuino spirito focolarino continui a riscaldare gli animi”. Ha ricordato gli anni giovanili dei suoi studi romani durante i quali ha conosciuto Chiara e il suo movimento, e, con commozione, l’ultimo incontro con lei pochi giorni prima della sua “partenza”. Per richiamare poi “il profondo amore di Chiara per la Chiesa di Costantinopoli e, negli anni dei suoi ripetuti viaggi alla sua sede, il Fanar, “i sentimenti di stima” del Patriarca Atenagora che nelle “intuizioni di Chiara e nei “conseguenti sviluppi del movimento” scorgeva lo zelo apostolico della primitiva comunità cristiana. Dalle parole del Patriarca traspare una luce di speranza, che la “divina avventura” di Chiara, getta sulle Chiese e sull’umanità. Nell’indirizzo di ringraziamento di Gabriella Fallacara, a nome dell’intero Movimento, l’assicurazione dell’impegno senza riserve a continuare a vivere la sua eredità.

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    Torna a Roma l'appuntamento con "I Ritratti di Santi"

    ◊   “I santi sono piccoli specchi nei quali si contempla Gesù”. Da questa riflessione del Curato d’Ars prende spunto la quarta edizione di Ritratti di Santi. L’iniziativa del Mec, Movimento Ecclesiale Carmelitano, si svolgerà a Roma nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria e prevede per tre lunedì consecutivi, a partire da questa sera alle 21.00, la lettura da parte di noti attori delle vite di alcuni testimoni della fede. Il servizio è di Paolo Ondarza.

    Torna l’appuntamento con “I Ritratti di Santi”, delineati dagli scritti del padre carmelitano Antonio Maria Sicari e dalle voci di noti attori del piccolo e grande schermo. Quest’anno le voci degli attori Vincenzo Bocciarelli, Alessio Di Clemente e Giulio Base racconteranno, attraverso gli scritti del padre carmelitano, le vite dei Beati Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresa del Bambin Gesù, di don Carlo Gnocchi e di Antonietta Meo, la piccola Nennolina che, dichiarata venerabile lo scorso anno da Benedetto XVI, potrebbe divenire la più giovane santa non martire della storia. Si comincia proprio da quest’ultima con la lettura di Giulio Base:

     
    R. – E’ sempre una grandissima emozione ed è sempre uno sforzo oltre che di immaginazione e di fantasia, anche di rispetto per la grandezza divina. Mi sono trovato altre volte, per esempio quando ho raccontato per immagini la vita di Maria Goretti, a dovermi concentrare e con la mente inginocchiare. Lo trovo un privilegio perché ho l’opportunità di scoprire storie speciali, di potermi minimamente, modestamente, umilmente confrontare. Cercare di diventare santi è quello a cui tutti noi cristiani siamo chiamati, in qualche modo!

     
    D. – La gente come recepisce il racconto dei Santi?

     
    R. – In chiesa c’è un silenzio assoluto e – mi pare – anche una grandissima partecipazione ed è infatti una grande gioia esserci, perché ormai è diventato una specie di appuntamento quaresimale ed io stesso mi emoziono molto. C’è un afflato in cui si riflette, si ragiona, si ascoltano le gesta di questi uomini, donne, bambini straordinari, fuori dagli schemi, per diventare santi: non è che lo si diventa dall’oggi al domani, così, tanto perché si è fatto – non so – un reality oppure un’opera sportiva … Si diventa santi perché di fronte a Dio si è speciali!

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    Chiesa e Società



    Dalle Carmelitane di Yaoundé 50 mila ostie per la visita del Papa in Camerun

    ◊   Sono le monache carmelitane del monastero che si trova nel quartiere Etoudi di Yaoundé ad aver preparato le 50 mila ostie che saranno distribuite ai fedeli durante la visita di Benedetto XVI in Camerun. Per i sacerdoti sono pronte invece 1.800 particole. Per la Messa allo stadio Ahmadou Ahidjio, dove il Papa consegnerà ai vescovi dell’Africa l’Instrumentum Laboris della II Assemblea Speciale per l’Africa, il 19 marzo, le religiose sono state incaricate anche dei paramenti sacri. Intanto nelle diverse diocesi del Camerun proseguono momenti di preghiera e celebrazioni per il buon esito della visita pastorale del Pontefice, mentre gruppi di sacerdoti, religiosi e laici si preparano a raggiungere la capitale il 16 marzo. A Douala, invece, i fedeli seguiranno le tappe del Papa attraverso Radio Veritas. “Il Camerun è l’Africa in miniatura – ha dichiarato qualche giorno fa il nunzio apostolico mons. Eliseo Antonio Ariotti – è un Paese bilingue che presenta una grande diversità culturale e religiosa. Un Paese ideale per il Pontefice per rivolgersi all’Africa”. E in questi giorni sono sempre più numerosi i fedeli che a Yaoundé stanno acquistando le stoffe realizzate appositamente per la visita di Benedetto XVI commissionate dall’arcidiocesi e t-shirt con l’effige del Papa. (T.C.)

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    La Chiesa dell’Angola si prepara ad incontrare il Papa

    ◊   Sono attesi 500 mila fedeli alla celebrazione che sarà presieduta dal Papa il 23 marzo a Cimangola, una delle tappe della sua visita pastorale in Angola. A spiegare ai giornalisti i dettagli dell’organizzazione è stato mons. Filomeno Vieira Dias, coordinatore della Commissione delle attività per il viaggio di Benedetto XVI in Angola. Almeno 4 mila persone rappresenteranno le diverse arcidiocesi del Paese e troveranno ospitalità nelle scuole cattoliche, organizzate per l’occasione in centri d’accoglienza. Per mons. Vieira Dias la visita del Papa in Angola è una grande opportunità perché gli angolani offrano al mondo l’immagine di un popolo unito e speciale. “Questa visita – ha detto – animerà i fedeli ed aiuterà la Chiesa Cattolica ad unire e sviluppare la sua missione di evangelizzazione in Angola. Incoraggerà, conforterà e stimolerà gli angolani sulla necessità di integrare gli sforzi per la ricostruzione nazionale, la riconciliazione e la pacificazione”. Mons. Vieira Dias ha aggiunto che l’arrivo del Papa darà vita a momenti di riflessione collettiva su diverse questioni, specialmente sulle questioni sociali. “Il nostro Paese si dibatte ancora per il radicamento della fame e talvolta questo problema è provocato dalla mancanza di coscienza di alcune persone che non vogliono fare nulla pur avendo le forze e i mezzi. Spero che le sagge parole del Pontefice aiutino le persone a rimboccarsi le maniche e a lavorare” ha detto l’artista angolano Tomás Ana che nella visita del Papa vede un momento importante per il Paese. Per Ana Benedetto XVI darà un messaggio di pace e di gioia e bisognerà accoglierlo a braccia aperte. (T.C.)

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    Emergenza alluvioni nel sud dell’Angola

    ◊   Sono circa 25 mila le persone rimaste senza casa nella provincia di Cunene, estremo sud dell’Angola, al confine della Namibia, a causa delle forti piogge che da giorni cadono sulla regione e che hanno provocato alluvioni e smottamenti. Il bilancio è stato fornito dalla Croce rossa angolana ma si tratta di una stima parziale perché molte zone dell’area risultano ancora isolate. Si teme dunque che il numero degli sfollati possa salire e se i soccorsi non saranno adeguati possano anche diffondersi malattie legate all’acqua, a cominciare dal colera, endemiche in queste zone del Paese, particolarmente virulente in questo periodo dell’anno. Per questo è stata allertata l’Organizzazione mondiale della sanità, che ha già inviato rifornimenti. Keren Hvid, rappresentante angola della Federazione internazionale della Croce Rossa, ha riferito che circa 160 mila civili versano in gravi condizioni economiche, poiché molti hanno perso i raccolti durante lo scorso anno e si teme per le riserve di cibo. Fonti locali, intanto, fanno sapere che la prima conseguenza immediata delle alluvioni è stata quella del rapido aumento dei prezzi dei beni alimentari di base sui mercati dei principali centri abitati di Cunene, dal momento che le piogge e le alluvioni hanno interrotto i collegamenti con le zone rurali. Gli aiuti su invito del governo sono coordinati dall’Esercito. (R.G.)

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    Delegazione di vescovi in visita nei campi profughi dello Sri Lanka

    ◊   La Chiesa dello Sri Lanka - riferisce L’osservatore Romano - mobilita le sue strutture per portare aiuti materiali e conforto spirituale nei campi profughi. Una delegazione della Conferenza episcopale, guidata dal presidente Joseph Vianney Fernando, si è recata la scorsa settimana in 13 centri dove sono raccolte circa 40 mila persone, scampate alla furia dei combattimenti tra l’Esercito del Governo di Colombo e i guerriglieri del Movimento Tigri per la liberazione dell’Eelam Tamil (Ltte). Mons. Norbert Marshall Andradi, segretario della Conferenza episcopale, ha riferito che i vescovi cattolici sono stati i primi religiosi ad entrare nei campi profughi e che le autorità civili hanno chiesto alla Chiesa cattolica l’invio di suore per assistere le donne e i bambini. Allertata anche la Caritas nazionale che sta già provvedendo a reperire materiale scolastico ed insegnati volontari per consentire piccoli rifugiati di riprendere la scuola. In questi giorni - riferisce l'agenzia Misna - quasi 2000 civili sono fuggiti dalle zone di combattimento nel fine settimana mentre i soldati avanzano nei 30 chilometri quadrati dove si concentra l’ultima resistenza delle ‘Tigri tamil’; secondo dati forniti dai militari oltre 900 persone hanno raggiunto a piedi Puthukkudiyiruppu, controllata dall’esercito, mentre 62 sono fuggite via mare; sabato, i fuggitivi sono stati 1015, di cui 420 via mare. Oggi l’ufficio Onu a Colombo ha denunciato l’arruolamento forzato di tre suoi dipendenti da parte dei ribelli tamil nella zona dei combattimenti. Sarebbero centinaia i civili, adulti e ragazzi, costretti dalle Ltte ad imbracciare le armi nell’estremo tentativo di respingere i soldati. (R.G.)

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    India: per mons. Dabre solo la politica del perdono può sconfiggere il terrorismo

    ◊   Mons. Thomas Dabre, vescovo di Vasai e presidente della Commissione per la teologia e la dottrina della Conferenza episcopale indiana (Cbci), è certo che per rispondere ad un “fenomeno molto complesso” e “diabolico” come il terrorismo non c’è altra strada che “la politica del perdono”. Egli si rifà ad una frase di Giovanni Paolo II: “Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono” (Messaggio per la giornata mondiale della pace 2002). Intervenendo ad un simposio dedicato alla dottrina sociale della Chiesa sulla civilizzazione e la pace, mons. Dabre ha affermato che l’ondata di violenze che ha colpito il Paese è “l’espressione di una mentalità nichilista” che “colpisce gli indifesi e gli innocenti” e che si manifesta come “rifiuto e distruzione della vita”. Il presule ha ricordato gli attentati di Mumbai nel novembre 2008; le sette bombe sui treni della città nel 2006, che causarono la morte di oltre 200 persone, tra le quali 62 fedeli della diocesi di Vasai. A questi, ha affiancato i pogrom anti-cristiani in Orissa, gli attentati esplosivi di Malegaon e gli scontri tra indù e musulmani a Godhra, tutte violenze compiute in nome della religione. Per il vescovo di Vasai - riferisce l'agenzia AsiaNews - non ci si può fermare alla semplice condanna di questi fatti. “Ciò che serve è un impegno specifico a livello politico ed educativo” per affrontare alla radice “le cause culturali e sociali del terrorismo”. La sconfitta dei terroristi, che “considerano la vita umana come un oggetto di cui disporre a piacimento”, non è compito solo delle istituzioni, ma è una responsabilità a cui invitare tutti. Per il vescovo di Vasai tutti hanno davanti agli occhi esempi in cui convivono fermezza e perdono. Mons. Dabre cita Giovanni Paolo II: deciso nell’affermare che “il terrorismo deve essere condannato nel modo più assoluto” e nello stesso tempo capace di perdonare il suo attentatore Ali Agca, per quanto aveva compiuto. La “promozione del perdono” deve essere un compito sentito soprattutto dalle comunità religiose. Per questo il vescovo ha indicato nel dialogo interreligioso uno strumento prezioso per riaffermare la cultura della pace, riscoprire il “senso di unità della famiglia umana” e favorire lo “spirito di solidarietà” che è alla base della convivenza tra le tante culture e tradizioni che popolano l’India. (R.P.)

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    Cambogia: nuovo Centro pastorale intitolato a Benedetto XVI

    ◊   Il nuovo “Centro pastorale Benedetto XVI” ha aperto le porte nei giorni scorsi a Phnom Penh. Alla presenza di oltre 130 persone fra sacerdoti, religiosi e religiosi e laici del vicariato apostolico di Phnom Penh, è stato mons. Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in Cambogia, ad inaugurare la struttura, accanto a mons. Emile Destombes, vicario Apostolico di Phnom Penh. Mons. Pennacchio ha tenuto un intervento sul tema “Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1 Cor 12,27). Il nunzio ha sottolineato che, nell’anno dedicato a San Paolo, la comunità cattolica è chiamata ad apprendere e assimilare l’esperienza ecclesiale dell’Apostolo: esiste una varietà di carismi, ma tutti sono a servizio della comunità. Ricordando le catechesi del Santo Padre Benedetto XVI, mons. Pennacchio ha incoraggiato vescovi, sacerdoti, religiosi e laici a condividere le responsabilità e a cooperare con generosità per il bene dell’intera comunità. Dopo la conferenza, si è tenuta la cerimonia di inaugurazione del “Centro pastorale Benedetto XVI”, che servirà come luogo privilegiato dove realizzare attività fondamentali per la pastorale diocesana: la pastorale giovanile, la carità, la catechesi sui sacramenti e la liturgia. A coordinare il Centro sarà padre Olivier Schmitthaeusler, delle Missioni Estere di Parigi, che ha sottolineato l’importanza del Centro per “migliorare le sinergie nella comunità, per stimolare tutte le componenti e condividere esperienze e responsabilità, per costruire l’unità nella Chiesa”. Con questo Centro, ha aggiunto, “speriamo di dare un impulso alla pastorale e all’evangelizzazione nel vicariato e di Phnom Penh, essere in modo sempre migliore un segno dell’amore di Dio nel paese, promuovendo un proficuo dialogo fra fede e cultura nella Chiesa cambogiana”. Nella sala di ingresso del Centro è stato posto un busto di marmo che raffigura Benedetto XVI. (R.P.)

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    Il Nepal rende omaggio al padre gesuita Ludwig Stiller

    ◊   Lutto nella Chiesa del Nepal per la scomparsa nei giorni scorsi del missionario gesuita Ludwig Stiller, noto storico del Paese asiatico, stimato da indù e musulmani. Centinaia di cattolici hanno partecipato ai suoi funerali la scorsa settimana, nella chiesa dell’Assunzione a Kathmandu, celebrati da mons. Anthony Sharma, vicario apostolico per il Nepal. Presenti al rito - riferisce l'agenzia AsiaNews - anche numerosi intellettuali e rappresentanti di altre religioni.   Di origine statunitense, padre Stiller era arrivato in Nepal nel 1956 e nel 1969 aveva ricevuto la cittadinanza onoraria. Affascinato dalla storia del Paese ai piedi dell’Himalaya, si era dedicato alla ricerca delle radici moderne del Paese, conseguendo il dottorato in storia alla Tribhuvan University di Kathmandu e fondando due istituti per il recupero del patrimonio storico nepalese. Aveva pubblicato diversi volumi, tra i quali “Prithwinarayan Shah in the Light of Dibya Upadesh”, e “The Silent Cry” e “Nepal: Growth of a Nation” e realizzato anche CD e video divulgativi per far conoscere o riscoprire agli stessi nepalesi la storia del loro Paese. Padre Stiller aveva insegnato nell’istituto San Francesco Saverio di Kathmandu, collaborando con le opere educative dei Gesuiti sparse per il Paese.  Chintamani Yogi, leader spirituale indù, ha dichiarato che padre Stiller “non era solo una ricchezza della comunità cattolica” ma “una grande proprietà per molti indù che leggevano e venivano illuminati dai suoi libri”. Nazrul Hussein, presidente della Nepal Muslim Federation e segretario dell’Interreligious Council, ha affermato che “non solo i cattolici” sono stati colpiti dalla morte di padre Stiller, ma anche i musulmani sono stati scossi e pregheranno per la sua anima. (R.G.)

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    “Cor Unum” invita suor Nirmala a predicare gli esercizi spirituali agli operatori della carità

    ◊   Nirmala Joshi, la suora che ha raccolto l’eredità di madre Teresa di Calcutta, alla guida della Congregazione delle Missionarie della Carità, predicherà gli Esercizi spirituali per i responsabili delle Caritas diocesane e di altre agenzie ecclesiali dell'Asia, insieme a cardinali e vescovi del continente. L'iniziativa – di cui riferisce l’agenzia Zenit - promossa dal Pontificio Consiglio Cor Unum, si svolgerà a Taiwan, presso la Fu Jen Catholic University di Taipei, dal 6 all'11 settembre prossimi. L'evento segue il primo incontro di questo tipo celebrato a Guadalajara, in Messico, nel giugno scorso per circa 500 leader della missione caritativa della Chiesa cattolica di Nordamerica, Sudamerica e Caraibi. In una nota del dicastero vaticano, presieduto dal cardinale Paul Cordes, si sottolinea come “conoscere e impartire l'amore di Dio” “attraverso il dono di sé per l'altro, rappresenta la specificità dell'attività caritativa cristiana”, rivelando altresì che a fronte della crisi economica attuale, “la generosità della gente e la sua voglia di aiutare è davvero impressionante”. “Allo stesso tempo – prosegue la nota di Cor Unun - i cristiani sono convinti che, al di là dell'assistenza materiale, l'afflizione umana abbia bisogno di un messaggio di speranza che solo Cristo può dare mediante testimonianze piene di fede”. Da qui la proposta di Cor Unum di vivere gli Esercizi spirituali come una “scuola di approfondimento della fede”. I promotori dell’iniziativa informano che oltre 300 responsabili di numerose agenzie caritative, locali e nazionali, operanti in Asia, si sono già iscritti agli Esercizi “per ascoltare, pregare ed essere formati nel cuore”. (R.G.)

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    Sondaggio rivela: iracheni più fiduciosi

    ◊   Violenze e insicurezza non sono più il principale motivo di preoccupazione per gli iracheni. È quanto emerge da un recente sondaggio, i cui risultati vengono confermati da fonti di AsiaNews nel Paese. “Un miglioramento nella qualità della vita è evidente”, conferma un cristiano caldeo iracheno, ma rimane la “preoccupazione per gli attentati dei giorni scorsi a Baghdad”, in seguito ai quali il governo e il Consiglio di presidenza hanno avviato “una inchiesta ufficiale” per risalire “alle cause e ai responsabili del gesto”. Secondo un sondaggio elaborato a febbraio da BBC, ABC News e NHK, per la prima volta dal 2003 gli irakeni si dicono “più fiduciosi” per il futuro. Il sondaggio prende in esame le risposte di 2,228 cittadini delle 18 province in cui è suddiviso il Paese: le maggiori preoccupazioni derivano da “problemi quotidiani” come “l’economia e il lavoro”. In materia di sicurezza l’85% degli intervistati definisce l’attuale situazione “molto o abbastanza buona”, con un incremento del 23% rispetto allo scorso anno. Solo l’8% dice che la sicurezza è peggiorata, a fronte di un 26% nel 2008. Il 59% si “sente sicuro” nella zona in cui vive, rispetto al precedente 37%. “Il miglioramento nel livello di sicurezza – confermano le fonti di AsiaNews – è un dato concreto, ma non bisogna abbassare la guardia. I recenti attentati a Baghdad ne sono la conferma”. Anche per l’Iraq le maggiori fonti di preoccupazione derivano dalla crisi finanziaria globale e dal tentativo di ripristinare l’economia nazionale: “Vengono riaperti negozi e attività. A Mosul – racconta una fonte locale – ha riaperto un'officina per la riparazione delle macchine, gestita da una famiglia cristiana. Le richieste di interventi di riparazione sono numerose, i pezzi di ricambio disponibili. La gente ha voglia di riaprire attività abbandonate a causa della guerra. Si torna a parlare di ospedali, di scuole, di istruzione, di energia e materie prime”. Nei giorni scorsi Jawad al-Bolani, ministro irakeno degli interni, ha dichiarato che “le operazioni militari contro al Qaeda sono finite”; ora verrà promossa “un'attività mirata a livello di intelligence e di servizi segreti” per colpire i “vertici del movimento”. Fra le prime vittime del terrore vi sono i cristiani iracheni, per i quali “permane un sensazione di minaccia” perché è ancora viva “la memoria dei recenti massacri”. “Non c’è una fiducia assoluta – confermano i cristiani di Mosul – ma è innegabile una sensazione di speranza per il futuro”. (R.P.)

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    Visita dei vescovi congolesi nel Nord Kivu

    ◊   E' in corso un “viaggio profetico di solidarietà verso le popolazioni del Nord Kivu e della provincia orientale del Paese, vittime di drammi umanitari” di una delegazione della Conferenza episcopale del Congo (CENCO). La visita di una settimana, si concluderà il 20 marzo. “L’obiettivo centrale di questo viaggio – informa una nota – consiste nell’ottenere il ritorno effettivo degli sfollati nelle loro terre ed il loro inserimento nell’ambito socio-economico”. I vescovi ribadiscono quindi la necessità di “prendere coscienza della condizione di miseria di queste popolazioni, promuovere la solidarietà e offrire sostegno alle iniziative locali di riconciliazione tra le comunità, a favore di una pace duratura nella regione”. “Questo dramma umanitario – ha scritto mons. Nicolas Djomo Lola, presidente della CENCO, in una nota inviata a tutti i vescovi prima di partire per il Nord Kivu – solleva problemi complessi legati ai diritti fondamentali degli sfollati” ed è per questo, quindi, che “è giunto il momento, per la CENCO, di andare ad incontrare questa popolazione ferita”. Il programma della visita prevede diverse tappe: venerdì i vescovi sono stati a Kisangani, sabato invece si sono recati a Dungu. Nei giorni successivi, la delegazione della CENCO andrà a Goma, capoluogo del Nord Kivu, ed infine a Kiwanja. In ogni città, è previsto un incontro con la popolazione locale ed una celebrazione eucaristica. Da ricordare, inoltre, che la drammatica situazione umanitaria nel Nord Kivu e nella provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo ha già suscitato la riflessione dei vescovi: tra l’ottobre ed il novembre del 2008, infatti, la CENCO ha pubblicato due dichiarazioni, intitolate “Ancora sangue di innocenti in RDC” e “La RD Congo piange inconsolabilmente i suoi figli”. Nei due documenti, i vescovi hanno attirato l’attenzione delle istituzioni, sia nazionali che internazionali, su questo dramma umanitario, definito quasi “un genocidio silenzioso”, sottolineando che il problema principale è l’impiego delle risorse sullo sfondo della disgregazione del Paese. Sempre nel 2008, infine, una delegazione dei vescovi si è recata in Canada, Stati Uniti, Belgio e Francia per ribadire di persona il dramma e la portata di questo conflitto. (I.P.)

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    I laici del Congo si interrogano sull’impegno dei cristiani nella politica

    ◊   “L’impegno politico del laico congolese è un insuccesso”: è quanto ha denunciato - nel corso della XXXVII sessione della Cattedra cardinale Malula organizzata dall’Istituto africano delle Scienze della missione - Léon Botolo, iniziatore della Comunità Famiglia cristiana dell’arcidiocesi di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. Per Botolo il Consiglio dell’apostolato del laico cattolico in Congo (CALCC) non ha adempiuto correttamente alla sua missione e sembra essere stato mal compreso dall’episcopato. Il fatto che tra i laici non vi sia un forte impegno politico, sostiene Botolo, è da ascrivere alla gerarchia della Chiesa così come ai consacrati e ai laici stessi; ma fra gli ostacoli per l’iniziatore della Comunità Famiglia cristiana vi è la paura, per tale motivo, secondo Botolo, per motivare i laici, occorrono strutture sociali adeguate. “L’impegno politico dei fedeli laici della Repubblica democratica del Congo alla luce della Christifideles laici”: questo il tema dell’incontro deciso nell’anno in cui la Chiesa cattolica del Congo ha scelto di far memoria di Isidore Bakanja, laico, martire a causa della sua fede in Gesù Cristo e della sua devozione nella Vergine Maria. E proprio nel corso del suo intervento, Léon Botolo ha ricordato anche l’impegno dei laici al fianco dei consacrati nella giovane democrazia congolese. Larga la partecipazione degli intellettuali all’incontro svoltosi nella sala delle conferenze della struttura scolastica delle Missionarie oblate di Maria Immacolata e che si sono confrontati sul rapporto che i fedeli laici hanno con la politica discutendo di sfide e problematiche. (T.C.)

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    Svizzera: Giornata delle Rose in solidarietà con i poveri di Senegal e Filippine

    ◊   Le Chiese elvetiche hanno celebrato sabato l’ormai tradizionale Giornata delle Rose. Si tratta di un’iniziativa di solidarietà organizzata ogni anno nell’ambito della Campagna di Quaresima 2009, l’annuale colletta a favore dei Paesi poveri promossa in Svizzera dall'organizzazione caritativa cattolica “Action de Carême” (AdC) con le sue omologhe protestante “Pain pour le prochain” e vecchio-cattolica “Etre partenaires”. In tutte le città della Confederazione – riferisce l’agenzia Apic - centinaia volontari hanno venduto 150mila rose offerte gratuitamente, come ogni anno, da un’azienda floricola locale. I proventi della vendita, che in questi ultimi anni hanno superato i 750mila franchi svizzeri, pari a più di 492 mila euro, saranno interamente destinati a progetti di sviluppo promossi in Senegal e nelle Filippine a favore delle popolazioni colpite dagli effetti dei cambiamenti climatici. “Un clima sano per assicurare il pane quotidiano” è stato infatti il tema dell’edizione 2009 della Campagna di Quaresima per sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi sull’emergenza climatica che ha contribuito ad aggravare la fame nel mondo. Come evidenziato dai responsabili di Action de Carême e Pain pour le Prochain, il diritto all’alimentazione è più che mai in pericolo oggi: la siccità, le alluvioni, la speculazione e il boom dei bio-carburanti sono all’origine della grave crisi alimentare che da più di un anno a questa parte ha colpito i Paesi del sud del pianeta. Da sempre simbolo di amicizia e simpatia, spiegano gli organizzatori della Giornata, la rosa vuole essere in questo caso un segno di “vicinanza tra i popoli del Nord e del Sud del mondo”. (L.Z.)

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    Campagna ecumenica per un voto responsabile alle prossime elezioni europee

    ◊   "Preoccupate della bassa partecipazione degli elettori alle passate elezioni europee", quattro organizzazioni ecumeniche, con sede a Bruxelles, l'Aprodev (Consiglio mondiale della Chiese), la Commissione "Chiesa e società" della Conferenza delle Chiese europee (Kek), la Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme), e Eurodiaconia hanno lanciato una campagna di informazione per le elezioni del Parlamento Europeo, in programma dal 4 al 7 giugno prossimo. L’iniziativa - si legge nel comunicato di lancio - “è volta a promuovere la partecipazione dei cittadini nelle questioni europee": "per cinque anni, dal 2009 al 2014, i 736 membri del Parlamento europeo prenderanno decisioni che avranno conseguenze importanti e durature, non solo per i 500 milioni di cittadini europei, ma per il mondo intero". Le organizzazioni promotrici della campagna - riferisce l’agenzia Sir - hanno elaborato in lingua inglese, francese e tedesca un libretto-guida di 15 pagine (sul sito web www.ecumenicalvoices2009.eu). Il testo - diviso in capitoli - approfondisce 4 aree di interesse: il cambiamento climatico; le migrazioni e la protezione dei rifugiati; la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale; la pace e le politiche di sviluppo. Le organizzazioni ecumeniche spiegano di aver concepito il documento per "incoraggiare le Chiese a giocare un ruolo attivo nelle elezioni", dando "idee e questioni da sottoporre ai partiti politici e ai candidati". (R.G.)

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    Nuova Zelanda: vescovo di Auckland critica legge sulle pene per i recidivi

    ◊   Il vescovo neozelandese di Auckland, mons. Patrick Dunn, ha espresso forti critiche a una proposta di legge presentata al Parlamento che, sul modello della legislazione in vigore in California, vuole inasprire drasticamente le pene per gli autori recidivi di reati violenti. In pratica, il nuovo meccanismo prevede aumenti di pena a un minimo di 25 anni ai pregiudicati per crimini gravi che finiscono in tribunale per una terza volta, sbarrando la strada alle sanzioni alternative al carcere. A farlo scattare sarebbero i reati di omicidio, tentato omicidio, lesioni gravi e violenza sessuale. In una lettera aperta sul “New Zealand Herald” ripresa dall’agenzia Cns, il vescovo di Auckland parla di “una misura punitiva crudele e anomala che non ha motivo di essere in una società umana e civile” e fa appello alla compassione e al buon senso dei cittadini neozelandesi per fermare il provvedimento, sul quale ha già espresso riserve anche il Procuratore Generale. “Ho sentito di persone che non sono più una minaccia per la società e sono cambiate con l’età e che ora dovranno affrontare queste crudeli sentenze intasando ulteriormente i penitenziari”, si legge nella lettera. Secondo mons. Dunn viene trascurata la funzione riabilitativa del carcere: “La prigione ha sì una funzione punitiva, ma deve anche mirare alla riabilitazione se vuole aiutare i detenuti a reinserirsi e a dare il loro contributo alle famiglie e alla società. È giusto che alcune persone debbano essere incarcerate a vita, perché minacciano la società, ma per queste persone esistono già misure detentive”. Il presule avverte, infine, che l’aumento della popolazione carceraria ha un alto costo economico e sociale: “Quando sempre più famiglie hanno un proprio congiunto in prigione, il rischio è che la devianza diventi endemica”. (L.Z.)

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    Una banca cattolica irlandese, modello di finanza etica, non risente della crisi

    ◊   Una banca cattolica irlandese non ha risentito della crisi economica mondiale che ha messo in ginocchio l’economia in Irlanda, perché investe soltanto in società eticamente affidabili. Fondata dall'ordine delle Suore della Presentazione nel 1996, la "Clann Credo" con sede a Dublino, riceve contributi da oltre venti congregazioni religiose e dal Fondo governativo per i progetti sociali ed è la più grande finanziatrice di progetti sociali di tutto il Paese. Lo scorso anno - racconta il settimanale cattolico britannico “The Tablet”, ripreso dal Sir - ha prestato sette milioni di euro a diverse charities, sponsorizzando oltre duecento progetti comunitari e di volontariato. L'Ecumenical Council for Corporate Responsibility (Consiglio ecumenico per la responsabilità sociale delle imprese), una rete di chiese irlandesi e britanniche e di altri gruppi che si batte per una economia più equa e rispettosa dell'ambiente, ha definito la "Clann Credo" un modello di finanza etica da seguire. "Questa crisi ha dimostrato la precarietà degli investimenti non etici tradizionali", ha dichiarato Myles Litvinof, coordinatore del Consiglio. Secondo Litvinof se più persone che investono fossero consapevoli dell'importanza di uno sviluppo sostenibile avremmo meno crisi economiche. "È un'opportunità per convincere le persone a spostare i propri risparmi altrove. Per le comunità religiose è importante pensare a lungo termine", ha detto Litvinof. (L.Z.)

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    Ad agosto il secondo Meeting europeo dei giovani francescani a Santiago di Compostela

    ◊   Secondo Meeting europeo dei giovani francescani a Santiago di Campostela, in Spagna, dal 9 al 15 agosto: appuntamento sulla tomba dell’apostolo Giacomo dove si recò a suo tempo come pellegrino anche san Francesco. L’Incontro - di cui riferisce l’agenzia Sir - organizzato dai Frati minori, si propone di ‘riscoprire’ le radici culturali cristiane del continente europeo, testimoniando la gioia di aver incontrato Cristo e san Francesco. Nella lettera di invito rivolta ai giovani da padre Giuseppe Rodriguez Carballo, ministro generale dei Frati minori, è la richiesta “di vivere la fede con la stessa radicalità di Francesco”, perché “il mondo di oggi ha bisogno di cristiani coerenti”. L’auspicio è che con il Meeting “tutti i giovani d'Europa possano condividere la gioia di essere fratelli e conoscere Cristo” per mezzo della fraternità. Il 9 agosto, sarà il vescovo di León, mons. Julián Barrio Barrio a dare il benvenuto ai giovani convenuti al meeting, mentre il 15 agosto, a conclusione dell’incontro, sarà invece il ministro generale Carballo a celebrare la solennità dell’Assunzione di Maria, nella cattedrale di Santiago di Compostela. (R.G.)

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    Il cardinale Etchegaray pellegrino a San Paolo con la diocesi di Porto-Santa Rufina

    ◊   “L’Anno Paolino è un’occasione magnifica per ogni Chiesa locale di manifestarsi nella sua identità universale e di darne testimonianza visibile e tangibile”, ha detto sabato scorso il cardinale Roger Etchegaray, vice decano del Collegio cardinalizio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura ove ha celebrato l’Eucaristia per i pellegrini della diocesi suburbicaria di Porto-Santa Rufina di cui è vescovo titolare. Ricordati i viaggi di San Paolo nel mondo fino allora conosciuto e fatta memoria del “mondo della mia giovinezza nel paese basco che non riconosco più”, ha proseguito: “ Ho vissuto due mondi, non solo differenti ma lontani l’uno dall’altro. L’Anno Paolino dà a tutta la Chiesa una forza nuova, giovanile, per evangelizzare il mondo di oggi, così come è”. La Parola di Dio, ha detto ancora il cardinale nella sua omelia, che “penetra ovunque” e per la quale “dobbiamo impegnarci insieme tutti, mi fa pensare che Paolo non è solo qui a Roma. Pietro e Paolo sono due Apostoli tanto differenti ma di fatto sono un solo Apostolo”. Infine, dopo avere definito la Basilica Ostiense come “basilica dell’unità della Chiesa”, ed evocato alcuni eventi che ad essa sono legati – come l’annuncio da parte di papa Giovanni XXIII del Concilio Vaticano II – e altri che hanno visto lui protagonista - come la benedizione, e poi la chiusura, della nuova Porta Santa in occasione del Giubileo dell’Anno 2000 – il card. Etchegaray ha rivolto un’ esortazione “dinamica”, quella di “guardare avanti, nonostante miserie e minacce, verso il Cielo che è la nostra unica patria, verso il Signore nostro Re, verso Gesù nostro Maestro”. Con lui hanno concelebrato la Messa il vescovo di Porto-Santa Rufina mons. Gino Reali e il vescovo mons. Diego Bona, che ne è stato pastore per un decennio, nonché decine di parroci venuti in pellegrinaggio con circa 2.500 fedeli. (A cura di Graziano Motta)

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    Studenti e docenti universitari per un nuovo umanesimo sull'esempio di San Paolo

    ◊   “Potenziare la pastorale universitaria per favorire la crescita nella fede delle nuove generazioni e incoraggiare le comunità cristiane ad un rinnovato e fecondo dialogo con le culture di tutti i popoli”. Questo l’impegno preso dai partecipanti al Giubileo paolino degli universitari, che si è concluso ieri nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, con un documento consegnato al Papa e ripreso dall'agenzia Sir. “Gli interventi di Sua Santità per le Università – vi si legge – costituiscono un dono prezioso per rilanciare la presenza cristiana nelle università e per promuovere nuove vie di ricerca per la costruzione di un nuovo umanesimo”. “Tornando nelle Chiese e nelle Università – assicurano i partecipanti – desideriamo impegnarci a testimoniare la fecondità storica del Vangelo, consapevoli che l’attuale situazione socio-culturale sollecita i credenti ad esercitare con coraggio e creatività quella singolare esperienza che è la carità intellettuale”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Rapiti quattro operatori dell'Onu in Somalia

    ◊   Nel sud della Somalia quattro operatori dell’Onu - un somalo, un keniota, un francese e un altro occidentale di cui non si conosce ancora la nazionalità - sono stati rapiti da un gruppo armato, a circa 250 km dalla capitale Mogadiscio. I cooperanti appartengono al Programma Alimentare Mondiale e al programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo. Sulla situazione nel Paese africano, Stefano Leszczynski ha intervistato mons. Giorgio Bertin amministratore apostolico per Mogadiscio:

    R. – Certamente il nuovo governo, nato dopo la 15.ma conferenza di riconciliazione e di pace a Gibuti, si trova di fronte un Paese completamente distrutto, soprattutto nelle sue istituzioni. Nel centro sud, in modo particolare, c'è una mancanza totale di sicurezza. Questo rapimento, questo sequestro di persone non è, dunque, una novità assoluta, fa un po' parte di quello che è avvenuto in questi ultimi mesi. Purtroppo a farne le spese sono le popolazioni che sono nel bisogno. È una regione che, in questi ultimi due mesi, è finita nelle mani di islamisti radicali che si oppongono di fatto al nuovo governo.

     
    D. – Eccellenza, come mai in Somalia, un Paese in un assoluto stato di bisogno e di emergenza, chi ha il controllo cerca di colpire coloro che portano aiuto e assistenza umanitaria. In questo caso sono le Nazioni Unite, in altri casi sono stati i missionari e Organizzazioni non governative…

     
    R. – Innanzitutto per attirare l’attenzione e per dimostrare che il nuovo governo non controlla. È un messaggio politico. Penso che sia la tattica della cosiddetta “terra bruciata”: più la situazione diventa disastrosa e più colpisce non quelli che si oppongono alla rinascita dello Stato ma quelli che stanno cercando di far rinascere lo Stato. È molto triste dire questo perché, in effetti, chi poi paga questa tattica sono proprio le persone e la maggior parte della popolazione che è in condizioni di estrema necessità.

     
    Israele
    Il premier designato Netanyahu (Likud) sta stringendo i tempi nel tentativo di presentare la settimana prossima alla Knesset il suo nuovo governo. Nella notte sottoscritta un’intesa politica con il partito di destra radicale Israel Beitenu, il cui leader Lieberman fungerà da ministro degli Esteri e disporrà complessivamente di cinque dicasteri. Il Likud intende sottoscrivere un’ulteriore intesa con gli ortodossi di Shas e tre altre liste confessionali e di destra. Ma Netanyahu avverte di voler lasciare aperta la possibilità di un governo allargato, assieme con i centristi di Kadima guidati da Livni e con i laburisti di Barak. Da parte sua l'Unione europea si dice “pronta al business as usual” con il nuovo governo israeliano purchè esso sia pronto a sua volta a “continuare sulla strada della soluzione che prevede due Stati”. Lo ha detto l'Alto rappresentante della Politica Estera e di Sicurezza Comune, Javier Solana, al suo ingresso al Consiglio dei ministri degli Esteri.

    Gaza
    È stata rinviata da oggi a domani la seduta speciale del governo israeliano, convocata dal premier Olmert, per esaminare la possibilità di uno scambio di prigionieri con Hamas che consenta ad Israele di recuperare il caporale Shalit, prigioniero a Gaza dal giugno 2006. Il rinvio è stato deciso da Olmert la scorsa notte, dopo aver ricevuto dal Cairo un aggiornamento sulle trattative dai suoi due emissari, il capo dello Shin Bet (sicurezza interna) Yuval Diskin e il negoziatore Ofer Dekel. Israele e Hamas negoziano indirettamente, con i buoni uffici dell'Egitto. Nel frattempo prosegue a Gerusalemme, per il nono giorno consecutivo, la protesta dei genitori di Shalit che si sono accampati a breve distanza dalla residenza di Olmert per esigere la liberazione immediata del militare. La stampa israeliana sostiene anche oggi con vistosi titoli di prima pagina la causa della famiglia Shalit.

    Iran
    Fonti vicine a Mohammad Khatami hanno confermato che l'ex presidente riformista iraniano è intenzionato a ritirare la sua candidatura dalle presidenziali del prossimo 12 giugno, come anticipato ieri da alcune agenzie semi-ufficiali. Hassan Rasuli, vice presidente della Fondazione Baran, che è presieduta da Khatami, ha detto all'agenzia Fars che l'ex presidente “si ritirerà dalla corsa elettorale, per il bene della nazione e del fronte riformista”, se l'ex primo ministro Mir-Hossein Musavi, anch'egli riformista, non ritirerà la propria candidatura, annunciata la settimana scorsa. Rasuli ha aggiunto che la decisione sarà presa entro i prossimi due o tre giorni.

    Afghanistan
    Sono due gli attentati suicidi sferrati questa mattina in Afghanistan, nel sud e nell'ovest del Paese, con un bilancio totale di almeno 10 morti. Nel weekend nove soldati delle forze internazionali in Afghanistan sono rimasti uccisi in attentati. Il primo attacco questa mattina ha avuto luogo a Lashkar Gah, la capitale della provincia di Helmand, il secondo nella vicina Farah.

    Madagascar
    Il leader dell'opposizione malgascia, Rajoelina, ha respinto la proposta di referendum avanzata dal presidente Ravalomanana per dare soluzione alla grave crisi politica che ha colpito il Paese. Ieri Ravalomanana, dichiarato decaduto dalla carica dall'opposizione, aveva proposto un referendum che potesse risolvere il braccio di ferro con Rajoelina, che afferma di avere dalla sua parte anche l'esercito.

    Ancora sbarchi di immigrati irregolari sulle coste siciliane
    Proseguono gli sbarchi di immigrati sulle coste siciliane. Dopo gli oltre 250 soccorsi di ieri, nella notte un barcone con 237 immigrati, tra cui 15 donne, è stato intercettato a 10 miglia a sud-est di Lampedusa. "Save The Children" lancia l’allarme: le nuove procedure adottate nel centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa non garantiscono la tutela dei diritti dei migranti e in particolare dei minori. Sulla situazione, Paolo Ondarza ha sentito Angela Oriti, responsabile "Save the children" per il progetto Praesidium a Lampedusa.

    R. – In queste ultime ore è accaduto che, presumibilmente per mancanza di posti, a Lampedusa molte persone venissero direttamente trasferite in nave verso le coste della Sicilia. Questo ci preoccupa moltissimo, perché comporta un ulteriore viaggio. Sono persone che arrivano stremate appunto da un viaggio lunghissimo, in condizioni di salute anche molto gravi, e che sono quindi costrette ad affrontare un’altra traversata. Ieri, ad esempio, lo sbarco è avvenuto la mattina e, dopo quattro o cinque ore, le persone sono state trasferite verso la Sicilia. Non è stato quindi possibile svolgere un’attività di soccorso sanitario, di informazione legale, di identificazione a Lampedusa. Le persone sono state visitate da un medico dell’Ente gestore del centro direttamente sulla barca. Quindi, come invece avveniva in precedenza, non è stato consentito alle persone di arrivare sulla terra ferma.

     
    D. – E queste procedure "accelerate" che cosa comportano in particolare per quanto riguarda i minori?

     
    R. – Fanno sì che ci possano essere molti rischi rispetto alle identificazioni di questi ragazzi e quindi che possano ricevere dei provvedimenti di espulsione o respingimento, nonostante la legge escluda questa possibilità.

     
    D. – Cosa chiedete alle istituzioni?

     
    R. – Che venga ripristinato il modello di gestione dei flussi migratori, che si basa proprio sull’accoglienza, sul soccorso, sulla identificazione e sull’informazione anche di queste persone, prima del loro trasferimento nei centri del territorio. Il rischio è che una persona venga trasferita da un centro identificazione-espulsione o rimpatriata, prima di poter verificare eventuali errori rispetto alla sua identità e prima di essere informata sui propri diritti.

     
    Giappone
    L'economia giapponese resta in una situazione “grave” e le condizioni “stanno peggiorando rapidamente”. È quanto sembra scrivere il governo giapponese nella sua valutazione mensile sullo stato dell'economia, che pur mantenendo invariato il giudizio sulle condizioni economiche ha peggiorato quello sulle prospettive degli utili aziendali per la prima volta negli ultimi tre mesi.

    Coree
    La Corea del Nord ha deciso di riaprire temporaneamente la frontiera con il Sud per permettere il passaggio ad alcune centinaia di lavoratori del Sud, rimasti bloccati nella città industriale di Kaesong da venerdì sera dopo la chiusura improvvisa del confine da parte di Pyongyang. A confermare la notizia è il portavoce del Ministero per l'unificazione sudcoreano. Il governo di Seul ha tuttavia ribadito che da Pyongyang non è arrivata alcuna informazione per un'eventuale riapertura completa della frontiera: anche stamani 655 cittadini sudcoreani diretti a Kaesong non sono stati autorizzati a valicare il confine, alimentando le preoccupazioni per la sorte dell'importante complesso industriale intercoreano dove un consorzio formato da oltre 90 aziende sudcoreane dà lavoro a circa 36.000 operai del Nord. Pyongyang la settimana scorsa aveva già chiuso unilateralmente la frontiera per protestare contro l'imponente esercitazione militare congiunta Usa-Corea del Sud, iniziata lunedì scorso. Aveva poi riaperto il passaggio dopo tre giorni.

    Tibet
    L'arresto di oltre cento monaci tibetani del monastero di Lutsang (An Tuo in cinese), nella provincia cinese del Qinghai, è stato confermato dalla Campagna Internazionale per Tibet, un gruppo filotibetano basato nel Regno Unito. Il gruppo cita “una fonte tibetana con contatti nella zona”. La notizia, già diffusa dal Times di Londra, era stata confermata lunedì scorso a due giornalisti italiani dagli stessi monaci di Lutsang, che si trova nella prefettura di Guinan (Mangra in tibetano). In un comunicato inviato ai mezzi d'informazione stranieri in Cina, il gruppo precisa che i monaci sono stati “portati via dal monastero per un periodo di studio”. Lo studio si svolge di solito in una caserma o in una prigione militare e consiste in sessioni di “educazione” sulla politica del Partito Comunista Cinese. Secondo la Campagna Internazionale per il Tibet, i monaci in una manifestazione il 25 febbraio avevano chiesto alle autorità cinesi di “riconoscere la volontà del popolo tibetano” ed il ritorno del Dalai Lama, il leader tibetano che da 50 anni vive in esilio in India. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 75

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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