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Sommario del 12/03/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Lettera del Papa sulla remissione della scomunica dei vescovi consacrati da mons. Lefebvre
  • Il commento di padre Lombardi alla Lettera del Papa
  • Vivo apprezzamento del Congresso mondiale ebraico: da Benedetto XVI parole inequivocabili che aiutano a rafforzare il dialogo
  • Benedetto XVI alla delegazione del Gran Rabbinato d’Israele: vengo in Terra Santa come pellegrino di pace per rafforzare il dialogo tra le religioni
  • Nomina
  • Domani il primo incontro culturale del mese di marzo promosso dalla Libreria Editrice Vaticana
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Le stragi in Germania e Stati Uniti: semplice follia? L’opinione dello psichiatra Vittorino Andreoli
  • Giornata del Glaucoma: l'opera delle Missioni Cristiane per i Ciechi nel mondo
  • Al via a Roma il Giubileo Paolino degli universitari
  • Presentato a Roma l'ultimo libro di Carlo Di Cicco
  • Chiesa e Società

  • L'Onu: imminente crisi idrica nel mondo
  • Manifesto dei vescovi europei per le prime Giornate sociali cattoliche
  • Il cardinale Pell: i cristiani in Occidente sono trattati come una minoranza tollerata
  • L'Iraq ricorda domani il primo anniversario dell'uccisione di mons. Raho
  • Costa d'Avorio: aggressione ai danni di un Istituto salesiano
  • I vescovi del Kenya: stop ai raid della polizia
  • L'arcivescovo di Bangalore chiede l’immediata rimozione di graffiti anti-cristiani
  • India: il Centro dei Gesuiti per i diritti umani riflette sulle prossime elezioni generali
  • Pakistan: la Chiesa sollecita riforme politiche per proteggere le minoranze religiose
  • Incontro vescovi del Celam-Misereor: dichiarazione finale
  • Perù: le alluvioni provocano morti, danni e sfollati
  • Rapporto di Reporter Senza Frontiere sulla censura su internet
  • Cina: le comunità cattoliche vivono con intensità la Quaresima
  • Connecticut: no all'affidamento della gestione finanziaria delle parrocchie ai soli laici
  • In Cambogia il progetto dell'Aibi per madri in difficoltà
  • Il cardinale Scola: l’uomo è “via della Chiesa”
  • E’ morto padre Drazek, gesuita polacco che ha lavorato per Osservatore e Radio Vaticana
  • Crescendo di pellegrinaggi paolini nella Basilica ostiense
  • 24 Ore nel Mondo

  • Darfur: rapiti tre operatori di Medici Senza Frontiere
  • Il Papa e la Santa Sede



    Lettera del Papa sulla remissione della scomunica dei vescovi consacrati da mons. Lefebvre

    ◊   E’ stata pubblicata oggi dalla Sala Stampa vaticana la Lettera di Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei quattro vescovi consacrati da mons. Lefebvre. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Una Lettera intensa per dare una “parola chiarificatrice” su una vicenda – scrive il Papa - che “ha suscitato all’interno e fuori della Chiesa Cattolica una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata”. Benedetto XVI parla delle “perplessità” di molti vescovi di fronte alla revoca della scomunica e riguardo alla sua urgenza e alla sua convenienza.

     
    “Alcuni gruppi”, invece – afferma la Lettera – hanno accusato “apertamente il Papa di voler tornare indietro, a prima del Concilio” scatenando “una valanga di proteste”, la cui amarezza ha rivelato vecchie ferite.

     
    “Una disavventura per me imprevedibile – afferma il Papa - è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica”. Così “il gesto discreto di misericordia verso quattro Vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, è apparso all’improvviso come una cosa totalmente diversa: come la smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei” voluta dal Concilio e “fin dall’inizio – spiega il Pontefice - obiettivo del mio personale lavoro teologico”.

     
    Il Papa esprime il proprio sincero rammarico per gli errori di gestione della vicenda: per il fatto che un miglior utilizzo di Internet avrebbe portato ad informazioni utili sul caso; per il fatto che il provvedimento non sia stato illustrato “in modo sufficientemente chiaro al momento della sua pubblicazione”.

     
    Tuttavia – afferma Benedetto XVI - “sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco. Proprio per questo – aggiunge - ringrazio tanto più gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l’atmosfera di amicizia e di fiducia, che – come nel tempo di Papa Giovanni Paolo II – anche durante tutto il periodo del mio pontificato è esistita e, grazie a Dio, continua ad esistere”.

     
    La Lettera ricorda i limiti e la portata della remissione della scomunica. "La scomunica - si precisa - colpisce persone, non istituzioni". In questo caso mirava a "richiamare le persone punite ... al pentimento e al ritorno dell'unità. A vent'anni dalle Ordinazioni, questo obiettivo purtroppo non è stato ancora raggiunto". Quindi sottolinea che il fatto che la Fraternità San Pio X non abbia una posizione canonica nella Chiesa – e perciò “i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa” – si basa non su ragioni disciplinari ma dottrinali. Per questo il Papa manifesta la sua “intenzione di collegare in futuro la Pontificia Commissione ‘Ecclesia Dei’ - competente per i rapporti con le comunità tradizionaliste - con la Congregazione per la Dottrina della Fede, garantendo così meglio anche la collegialità dei procedimenti e delle decisioni. “Con ciò viene chiarito che i problemi che devono ora essere trattati sono di natura essenzialmente dottrinale e riguardano soprattutto l’accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi”. “Deve essere ben chiaro alla Fraternità” – prosegue il Pontefice – che “non si può congelare l’autorità magisteriale della Chiesa all’anno 1962”. “Ma ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio – aggiunge - deve essere pure richiamato alla memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive”.

     
    Di fronte a quanti poi si sono chiesti se la revoca della scomunica fosse una cosa davvero urgente e prioritaria, il Papa ribadisce le priorità del suo Pontificato: “condurre gli uomini verso Dio” in un tempo in cui in vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso al servizio della pace, la testimonianza della carità, ovvero la dimensione sociale della fede cristiana.

     
    Di fronte a queste grandi priorità – spiega – c’è stato il “sommesso gesto di una mano tesa” che ha dato origine “ad un grande chiasso”. Eppure – si chiede il Papa – è così sbagliato andare incontro al fratello che “ha qualche cosa contro di te” e cercare la riconciliazione?”. Si tratta di gesti – afferma il documento – che aiutano anche a prevenire le radicalizzazioni e a cambiare anche il clima interno di comunità che proprio grazie a una mano tesa possono essere indotte ad abbandonare i loro irrigidimenti. Inoltre – si chiede Benedetto XVI – “può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamente lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa? ... Possiamo noi semplicemente escluderli, come rappresentanti di un gruppo marginale radicale, dalla ricerca della riconciliazione e dell’unità? Che ne sarà poi?”.

     
    Il Papa parla delle “molte cose stonate” sentite dai lefebvriani – “superbia e saccenteria, fissazione su unilateralismi”; e anche “testimonianze commoventi di gratitudine”. Ma stonature – afferma - sono giunte anche dall’ambito ecclesiale. “A volte – rileva - si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.

     
    Benedetto XVI termina la lettera citando l’invito di San Paolo ai Galati ad amarsi e rispettarsi: “ma se vi mordete e divorate a vicenda – dice l’Apostolo delle Genti - guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!”. “Purtroppo – ha aggiunto - questo ‘mordere e divorare’ esiste anche oggi nella Chiesa come espressione di una libertà mal interpretata”.

     
    “Sempre di nuovo – conclude il Papa - dobbiamo imparare la priorità suprema: l’amore”.

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    Il commento di padre Lombardi alla Lettera del Papa

    ◊   Ascoltiamo ora il commento del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, sulla Lettera del Papa:

    La “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica a proposito della remissione della scomunica ai quattro vescovi ordinati dall’Arcivescovo Lefebvre” è un documento davvero inconsueto e degno della massima attenzione. Mai come in questo caso finora durante il suo Pontificato Benedetto XVI si era espresso in un modo così personale ed intenso su un argomento dibattuto. Non vi è dubbio che la Lettera sia sua dalla prima parola all’ultima.

     
    Il Papa ha vissuto la vicenda del gesto di remissione della scomunica e delle reazioni che ne sono seguite con evidente partecipazione e sofferenza. Parla di “una discussione di una veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata”, e si sente tenuto ad intervenire per “contribuire alla pace nella Chiesa”, che vede turbata.

     
    Con la consueta lucidità ed umiltà riconosce limiti e sbagli che hanno influito negativamente sulla vicenda, e con grande nobiltà non ne attribuisce ad altri la responsabilità, manifestandosi solidale con i suoi collaboratori. Parla di informazione insufficiente a proposito del caso Williamson e di non sufficiente chiarezza nella presentazione del provvedimento di remissione della scomunica e del suo significato.

     
    Il fatto paradossale che da un gesto che vuol essere di misericordia e riconciliazione sia nata invece una situazione di acute tensioni obbliga infatti a interrogarsi per discernere quali atteggiamenti spirituali si siano manifestati e siano all’opera in questa vicenda.

     
    Il criterio primo su cui il Papa chiede di riflettere è il comando della riconciliazione con il “fratello che ha qualcosa contro di te”, che il Signore esprime nel Discorso della Montagna. Le domande del Papa si fanno incalzanti, animate da una vivissima preoccupazione per l’unità. Non perdono il senso del realismo, poiché ricordano anche i gravi difetti di tante espressioni dei tradizionalisti, ma uguale realismo critico il Papa sente di dover conservare nei confronti di membri della Chiesa e della società che sembrano opporsi con irriducibile intransigenza ad ogni sforzo di riconciliazione o anche solo di riconoscimento di elementi positivi nell’altro. Il realismo spirituale raggiunge il culmine nell’evocazione delle parole di San Paolo ai Galati in cui li ammonisce di “non mordersi e divorarsi a vicenda”.

     
    Aldilà degli errori o delle disavventure, che vanno riconosciuti lealmente e superati per quanto possibile, aldilà di una prudenza umana attenta ad evitare di toccare punti critici, il Papa ci riporta dunque con decisione e coraggio al Vangelo come criterio fondamentale e ultimo, non solo della vita cristiana ed ecclesiale, ma anche del suo governo della Chiesa. Perché solo da una comune conversione a questo Vangelo possiamo attenderci il superamento delle divisioni, come pure la comprensione della convergenza profonda di Tradizione e Concilio. Alla fine comprendiamo che il nostro Papa, esponendosi in prima persona anche nelle situazioni di crisi, ci guida a ritrovare il punto essenziale, più profondo e radicale, da cui riprendere il cammino.

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    Vivo apprezzamento del Congresso mondiale ebraico: da Benedetto XVI parole inequivocabili che aiutano a rafforzare il dialogo

    ◊   Grande apprezzamento viene espresso oggi dal Congresso mondiale ebraico nei confronti di Benedetto XVI per la lettera inviata ai vescovi sulla vicenda Williamson. Il Papa, ha dichiarato il presidente dell’organizzazione Ronald S. Lauder, ha utilizzato “parole chiare ed inequivocabili” sul negazionismo dell’Olocausto da parte del vescovo Williamson e va lodato “per aver riconosciuto che sono stati compiuti degli errori all’interno del Vaticano nella gestione della vicenda”. Lauder elogia la “franchezza e la volontà del Papa nell’affrontare in modo diretto questioni difficili”. Un atteggiamento, ha sottolineato, che aiuta il dialogo interreligioso.

    “L’angoscia espressa” dal Papa in riferimento alle dichiarazioni negazioniste di mons. Williamson, ha rilevato Lauder, “riflettono le emozioni di dolore provate dagli ebrei di tutto il mondo”. Lauder ha infine assicurato che l’organizzazione ebraica, da lui presieduta, si impegna a rafforzare il dialogo con la Chiesa cattolica in vista di una più profonda comprensione e del rispetto reciproco. Il Congresso mondiale ebraico (Wjc), fondato a Ginevra nel 1936, rappresenta le comunità ebraiche presenti in 92 Paesi. (A.G.)

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    Benedetto XVI alla delegazione del Gran Rabbinato d’Israele: vengo in Terra Santa come pellegrino di pace per rafforzare il dialogo tra le religioni

    ◊   Un’occasione per rafforzare la pace e il dialogo interreligioso: è quanto auspica Benedetto XVI per la sua prossima visita in Terra Santa, in programma a maggio. Il Papa ne ha parlato stamani nell’udienza, in Vaticano, alla delegazione del Gran Rabbinato d’Israele e della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’Ebraismo. Un momento significativo per ribadire la relazione speciale tra cattolici ed ebrei. Il Papa ha ricordato che il rafforzamento di questo dialogo è frutto del viaggio di Giovanni Paolo II in Terra Santa nel 2000, da cui sono scaturiti gli incontri tra i due organismi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Visiterò la Terra Santa come pellegrino “per pregare specialmente per il dono prezioso dell’unità e della pace nella regione come anche per la famiglia umana in tutto il mondo”: Benedetto XVI ha sintetizzato, così, gli intenti del suo atteso viaggio apostolico in programma a maggio:

     
    “May my visit also help to deepen the dialogue…”
    “Possa la mia visita – è stato il suo auspicio – approfondire il dialogo della Chiesa con il popolo ebreo affinché ebrei, cristiani e musulmani possano vivere in pace e armonia in questa Terra Santa”. Il Papa ha quindi messo l’accento sui frutti prodotti dal dialogo ebraico-cristiano. Un dialogo, ha detto, che, come insegna la “Nostra Aetate” è “necessario e possibile” giacché abbiamo “un ricco patrimonio spirituale in comune”. Ed ha ribadito il “suo personale impegno” a far avanzare la visione delineata dal documento del Concilio Vaticano II:

     
    “Working together you have become increasingly aware…”
    “Lavorando assieme – ha detto rivolgendosi alle due delegazioni – vi siete sempre più resi conto dei valori comuni che sono alla base delle nostre rispettive tradizioni religiose”. Il Papa ha enumerato alcuni dei temi fondamentali affrontati negli incontri annuali bilaterali a Roma e Gerusalemme: “la santità della vita, i valori famigliari, la giustizia sociale e il comportamento morale” e, ancora, “l’educazione, la relazione tra le autorità civili e religiose, la libertà religiosa e di coscienza”. Nelle dichiarazioni comuni al termine degli incontri, ha costatato il Pontefice, sono state “evidenziate” le idee radicate in entrambe le nostre rispettive convinzioni religiose non mancando tuttavia di affrontare le differenze:

     
    “The Church recognizes that the beginnings of her faith are found…”
    “La Chiesa – ha proseguito – riconosce che l’origine della propria fede” è fondata sull’intervento divino “nella vita del popolo ebreo e che qui risiede l’unicità della nostra relazione”. I cristiani, è stata la sua riflessione, sono “felici di riconoscere che le proprie radici si basano sulla stessa auto-rivelazione di Dio” di cui si alimenta l’esperienza religiosa del popolo ebreo.

     
    Nel suo indirizzo d’omaggio il rabbino capo di Haifa, Shear Yashuv Cohen, ha sottolineato che quest’incontro rappresenta un momento positivo nel dialogo tra Chiesa cattolica e mondo ebraico. Quindi, ha ringraziato il Papa per aver rinnovato il suo impegno a proseguire sulla strada tracciata dalla “Nostra Aetate”, rifiutando ogni forma di antisemitismo e di negazionismo dell’Olocausto. Infine, ha lodato il ruolo costruttivo dell’Osservatore vaticano all’Onu per far sì che la prossima Conferenza internazionale di Durban sul razzismo non si trasformi in un’occasione per attaccare lo Stato d’Israele.

     
    Al termine dell’udienza in Vaticano, la delegazione del Gran Rabbinato d’Israele ha tenuto una conferenza stampa nella Sala Marconi della nostra emittente, moderata dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il capo della delegazione, il Rabbino Cohen, ha sottolineato che le parole di Benedetto XVI chiudono definitivamente la vicenda Williamson, confermando che la Santa Sede rifiuta ogni forma di negazionismo dell’Olocausto. Si è poi detto convinto che anche da un momento di difficoltà, come quello recentemente vissuto tra cattolici ed ebrei, si possono trarre delle opportunità positive per rafforzare il dialogo. Il rabbino capo di Haifa ha quindi auspicato che la storia della Shoah venga inserita tra le materie di insegnamento nelle scuole cattoliche. Il rabbino Cohen non ha mancato di soffermarsi sul prossimo viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa. Le aspettative, ha spiegato, sono molto alte da parte di tutti gli israeliani. Cohen ha espresso l’augurio che questa visita del Papa offrirà un’occasione di pace per tutta la regione del Medio Oriente.

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    Nomina

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Huejutla (Messico), presentata da mons. Salvador Martínez Pérez, per raggiunti limiti di età. Gli succede il padre francescano Salvador Rangel Mendoza, vicario episcopale della zona pastorale di "Nuestra Señora de la Luz" nell’arcidiocesi di Morelia. Padre Salvador Rangel Mendoza, dell’Ordine dei Frati Minori, è nato a Tepalcatepec, diocesi di Apatzingán, il 28 aprile 1946. Il 19 dicembre 1973 ha emesso la professione perpetua ed il 28 giugno 1974 è stato ordinato sacerdote.

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    Domani il primo incontro culturale del mese di marzo promosso dalla Libreria Editrice Vaticana

    ◊   La Libreria Editrice Vaticana ha annunciato l’avvio di una serie di incontri presso la Libreria Internazionale Paolo VI a Roma. L’organizzazione sarà affidata a Neria De Giovanni, presidente dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari, che proporrà di volta in volta interviste con gli autori e tavole rotonde su argomenti più generali. Il primo incontro si terrà domani alle ore 17.30 sul tema “Donne, Bibbia e Santità”. Parteciperanno al dibattito Maria Rosaria Del Genio, esperta in Storia della Mistica e Silvia Giacomoni, giornalista e scrittrice. Neria De Giovanni è scrittrice ed esperta in lettura femminile ed è una fine conoscitrice di Grazia Deledda. Ha curato diverse trasmissioni radiofoniche e televisive tra cui su Rai Uno "i luoghi di Grazia", da lei ideato e condotto. Maria Rosaria Del Genio si è dedicata da tempo allo studio della storia della musica diventandone un'esperta tanto da collaborare con la Libreria Edtrice Vaticana a diverse collane tra cui "Testi mistici", "Esperienza e fenomenologia mistica" e "Oriente e Occidente". Silvia Giacomini ha lavorato al quotidiano "La Repubblica" e pubblicato inchieste giornalistiche, romanzi e un'antologia di scritti del cardinale Carlo Maria Martini. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “Come la lettera ai Galati”

    In una lettera ai vescovi Benedetto XVI chiarisce ragioni e opportunità della remissione della scomunica ai quattro presuli consacrati dall’arcivescovo Lefebvre

    Il discorso del Papa a una delegazione del Gran Rabbinato d’Israele: cristiani, ebrei e musulmani vivano in pace in Terra Santa

    Nell’informazione internazionale, in primo piano l’incontro tra il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, e il ministro degli Esteri cinese, Yang Jechi: non cambia la rotta del dialogo tra Washington e Pechino

    Una riflessione del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, dal titolo “La cultura come via per cercare la verità”

    “La sorgente feconda della razionalità musulmana”: stralci di un articolo di Abderrazak Sayadi sull’islam e la libertà di coscienza proposto sul nuovo numero della rivista “Oasis”

    “L’arte è un dolore antico che vola via”: Sandro Barbagallo sulla retrospettiva di Magritte al Palazzo Reale di Milano

    Gaetano Vallini recensisce il film “Gran Torino” di Clint Eastwood

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    Oggi in Primo Piano



    Le stragi in Germania e Stati Uniti: semplice follia? L’opinione dello psichiatra Vittorino Andreoli

    ◊   Stragi cosiddette della follia, così la stampa commenta i due ultimi sanguinosi episodi di cronaca nera. In Germania un diciassettenne irrompe in un liceo, fredda 15 persone tra cui 9 ragazzi e poi viene ucciso dalla Polizia. Negli Stati Uniti un uomo prima di suicidarsi spara sui familiari e sui passanti per strada, colpendo a morte 10 persone. Quale riflessione devono suscitare questi eventi tragici? Luca Collodi ha interpellato il prof. Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore.

    R. - Innanzitutto non è detto che sia follia perché si pensa sempre che ci sia qualche cosa che non funziona nel cervello, mentre l’ipotesi più probabile - certamente è il caso, per esempio, del diciassettenne in Germania – è che si tratti di ragazzi tra virgolette ‘normali’, che però mancano di una serie di principi comportamentali per cui spostano il gioco pericoloso, lo sparare, dalla cantina alla scuola o - come noi diciamo - dai videogiochi, dal mondo fittizio alla realtà e al concreto.

     
    D. – Prof. Andreoli, il possesso di armi, in aumento in Germania, in Europa, e negli Stati Uniti, può facilitare situazioni di questo tipo?

     
    R. – Può sicuramente facilitare, però non è possibile attribuire tutto alla disponibilità di armi perché si può essere violenti anche con un bastone, certo non si faranno stragi di questo tipo, ma insomma la violenza è dentro la testa delle persone.

     
    D. - C’è, alla base, un forte disagio giovanile?

     
    R. – C’è una grande frustrazione. In una società in cui tutto è teso al successo, è teso all’esistere perché si è visti, perché si è noti, perché si va in video, allora c’è un grande bisogno di poter essere notati e la frustrazione è più facile perché è sempre il paragonare la propria condizione reale con i modelli che sono modelli di successo. E, noi sappiamo che la frustrazione è un debito di violenza. Non è un caso se i teatri della violenza oggi siano i teatri della famiglia e della scuola, dove le persone in fondo vivono di più, dove dovrebbero essere più capite ed è proprio lì che si sentono più frustrate perché hanno l’impressione di fallire.

     
    D. – Si è saputo che il giovane assassino tedesco era appasionato di videogiochi violenti ed aveva annunciato la strage su una chat. Prof. Andreoli, oggi - secondo lei - la televisione, internet, sono luoghi in cui l’aggressività sta diventando un valore?

     
    R. – Certo. Sono strumenti straordinari ma devono essere usati da persone che hanno delle regole. La libertà e, quindi, anche l’uso di tutti gli strumenti è possibile solo dentro le regole. Noi abbiamo oggi una generazione di ragazzi, certo non tutti, che non sa che cosa sono i principi, cosa sono le regole e hanno l’impressione che ogni regola si può in qualche modo non seguire.

     
    D. - Quindi non possiamo classificare questi episodi come semplici casi clinici...

     
    R. – Assolutamente no! Bisogna avere il coraggio di prendere questi disastri, questa violenza estrema come un test di analisi di come funziona una società, di cosa è una società senza morale e, quindi, certamente pensare alla punizione e a tutto quello che sarà necessario fare però non fermarsi all’arma che serve per uccidere, al ragazzo che ha ucciso, ma analizzare la società in cui quell’arma è inserita e quel giovane è cresciuto.

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    Giornata del Glaucoma: l'opera delle Missioni Cristiane per i Ciechi nel mondo

    ◊   Si celebra oggi la Giornata Mondiale del Glaucoma con l’intento di far conoscere meglio questa grave malattia dell’occhio e le corrette strategie per prevenirla o curarla. Il glaucoma è responsabile del 12.3% dei casi di cecità mondiale concentrati prevalentemente nel Sud del mondo. Almeno 67 milioni di persone sono affette da questa patologia. Particolarmente impegnata nella lotta al glaucoma è l’organizzazione Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo, nota anche con la sigla Cbm. Con soli 35 euro, sottolinea l’associazione, si può realizzare un'operazione per sconfiggere il glaucoma. Al microfono di Alessandro Gisotti, la portavoce di Cbm Italia, Giusy Laganà, si sofferma sulle strategie per sconfiggere il glaucoma:

    R. - Il glaucoma è una malattia caratterizzata principalmente dalla crescente riduzione prima del campo visivo e poi della vista perché all’interno dell’occhio aumenta la pressione che va a distruggere progressivamente le fibre nervose del nervo ottico. Purtroppo, ad oggi, sta colpendo sempre più anche i Paesi industrializzati. E’ prevenibile e ogni anno si dovrebbe fare una visita oculistica, vedere come sta la propria vista. Se si inizia l’attività scolastica, bisogna portare i bambini prima che vadano a scuola a fare una visita. Prevenire è sempre meglio e soprattutto con il glaucoma si può perché basta misurare la pressione dell’occhio e se è troppo elevata si può intervenire prima da un punto di vista farmaceutico e poi, quando e se non fosse possibile farlo o non bastasse, si può ricorrere alla chirurgia.

     
    D. - Ovviamente l’incidenza del glaucoma è molto maggiore e più grave nei Paesi in via di sviluppo?

     
    R. - Esattamente. Molto di più perché chiaramente si hanno meno possibilità di farsi visitare e si hanno meno oculisti. Abbiamo veramente il 75-80 per cento della cecità che può essere prevenuta. Nei Paesi in via di sviluppo non poter accedere alle cure mediche alla fine porta purtroppo a numeri elevatissimi di vittime. La percentuale di curabilità del 75 per cento diventa perciò molto minore.

     
    D. - Cosa sta facendo la sua organizzazione per contrastare la diffusione del glaucoma?

     
    R. - In particolare per il glaucoma noi facciamo prevenzione, quindi cerchiamo di educare le persone. E diciamo loro: “Se ti fai visitare, se vieni dove siamo, se noi ti veniamo a cercare, non avere paura ma fatti curare da noi. Previeni, facendoti vedere alle minime avvisaglie che hai”. Se c’è un bambino a scuola che non vede, questo non è un bambino disabile mentale, ma magari è un bambino che forse ha solo bisogno di un paio di occhiali!

     
    D. - Cbm Italia ha lanciato di recente un allarme, un’emergenza Congo. Di che cosa si tratta?

     
    R. - Io ho visitato il Congo, ho visto delle cose che mi hanno profondamente segnata e profondamente cambiata. Dieci anni di guerre, un Paese che si porta dietro questo tormento da dieci anni e che ha un milione di profughi, un Paese devastato dalla guerra. A Bukavu, a Goma, se c’è la guerra un cieco non può scappare e non può avere gli aiuti umanitari, perché chiaramente fra tante braccia tese come fa lui a scavalcare tutti per avere il cibo? Dobbiamo fare in modo di creare un equilibrio tra il cieco che chiede qualcosa e le persone che a loro volta hanno bisogno. Noi stiamo visitando i campi profughi, sono state allestite delle cliniche mobili che concentreranno il proprio intervento sulle aree che dicevamo cioè il glaucoma e la disabilità dovuta ai traumi e alle ferite di guerra.

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    Al via a Roma il Giubileo Paolino degli universitari

    ◊   Si apre oggi a Roma il Giubileo Paolino degli universitari, promosso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, insieme con il Pontificio Consiglio della Cultura e all’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato. Ad ispirare l’iniziativa, organizzata con la collaborazione dei ministeri italiani dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e degli Affari Esteri, è l’affermazione di San Paolo all’Areopago di Atene: “Quello che voi adorate senza conoscere, io lo annuncio” (At 17,23). Sul Giubileo Paolino si sofferma al microfono di Federico Piana il direttore dell’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato, mons. Lorenzo Leuzzi:

    R. – E’ un evento importante soprattutto per rilanciare la pastorale universitaria in tutte le Chiese locali, in modo che il dialogo tra Chiesa e Università possa non soltanto rafforzarsi, ma soprattutto trovare vie nuove per poter portare un contributo significativo così come Benedetto XVI più volte ha indicato alla cultura contemporanea.

     
    D. – Lei ha detto “rilanciare”. Ma in che modo?

     
    R. – Rilanciare significa anzitutto, come il Papa ci ha detto più volte, rivedere il concetto di ragione, di razionalità. Questo è un capitolo molto importante perché stiamo tutti sperimentando come una visione parziale della razionalità non riesca a percepire fino in fondo le vere questioni che oggi animano la società contemporanea; credo che questo sia un grande servizio che la Chiesa è chiamata a compiere attraverso gli intellettuali cattolici, i giovani universitari, affincé si possano veramente orientare le grandi questioni sulla grande centralità della persona umana.

     
    D. – Gli universitari sono disponibili a fare questo tipo di cammino?

     
    R. – Credo che ci sia una grande disponibilità. Il mondo accademico, forse qualche volta anche in maniera non dichiarata, attende il Vangelo come pubblico riferimento per poter ripartire. E’ un po’ il grande tema della speranza che, se non vuole restare una pura utopia deve poi tradursi in scelte concrete che devono partire, evidentemente, attraverso la ricerca intellettuale. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Presentato a Roma l'ultimo libro di Carlo Di Cicco

    ◊   L’incontro di un giornalista con la parola di Dio, la sua esperienza di vita nello sfondo del ’68 e le sue considerazioni sul Concilio Vaticano II. Questo racconta “Ti credevo un altro”, il libro di Carlo Di Cicco, vicedirettore dell’Osservatore Romano, pubblicato dalla Cantagalli e presentato ieri pomeriggio a Roma. Il volume, che intende offrire al mondo laico spunti per dialogare, svela la visione di Dio amore del cronista, proprio quel Dio dal quale Benedetto XVI invita a ripartire nella sua prima Enciclica Deus Caritas est. Il servizio di Tiziana Campisi:

    Sono riflessioni che cercano un dialogo le pagine di Carlo Di Cicco, che vogliono proporre, a cristiani e non, un confronto sulle strade che ogni uomo percorre alla ricerca dell’amore. Amore che i credenti riconoscono in Dio, che in una società multiculturale deve farsi chiave di apertura all’altro permettendo di superare diversità e divergenze e di costruire una pacifica convivenza. Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, intervenuto alla presentazione del libro, ne ha parlato anche riferendosi alla vita della Chiesa:

     
    “Quando la Chiesa cattolica e le altre Chiese e comunità cristiane, ponendosi in ascolto della Parola di Dio, decidono di fondarsi su Dio-Amore la pratica riformatrice si fa necessariamente esigente ma, allo stesso tempo, non intransigente e anzi, largamente dialogica. Le stesse istituzioni civili, governate dal principio di laicità e democrazia, possono sentirne beneficio”.
     
    L’amore è più forte della distruttività umana, scrive Carlo Di Cicco, ma su quali basi gli uomini possono istaurare il dialogo? Lo abbiamo chiesto all’autore stesso:

     
    R. – Prima di essere cristiani e insieme all’essere cristiani, noi dobbiamo essere umani. Il pensarci in questa dimensione ci facilita l’apertura e la comprensione reciproca. Quindi, più che le cose che ci sono da fare, è come noi possiamo servirci a vicenda, volerci bene a vicenda, aiutarci a vicenda per uscire dalle fatiche della vita. Il resto, le divergenze che ci sono nel come fare le cose, possono trovare una soluzione se all’inizio c’è una comprensione di amore, non un atteggiamento di valutazione delle persone che non credono come noi.

     
    D. – Perché è difficile vedere Dio nell’età post-moderna?

     
    R. – Perché noi cristiani non siamo sempre all’altezza di testimoniarne l’amore. Se non amiamo e non serviamo quelli che vediamo, non amiamo neppure e non serviamo Dio che non vediamo. Pensiamo di amarlo, invece serviamo ed amiamo degli idoli.

     
    “La missione di annunciare l’amore di Dio in maniera credibile al mondo che fatica sempre di più a percepirlo - afferma il cardinale Bertone - chiede uno sguardo nuovo perché il mondo creda”.

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    Chiesa e Società



    L'Onu: imminente crisi idrica nel mondo

    ◊   Un’imminente crisi delle risorse idriche colpirà il nostro pianeta. A lanciare l’allarme sono le Nazioni Unite in un rapporto redatto in vista del quinto Forum mondiale sull’acqua che si terrà ad Istanbul, in Turchia, dal 16 al 22 marzo prossimi. Il dossier dell’Onu esorta a riflettere su una convinzione antica quanto le più remote civiltà fluviali, quella dell’acqua potabile, compagna fedele ed inesauribile. Questo convincimento si scontra oggi con un contesto segnato da grandi sfide e preoccupanti prospettive: nel mondo, dove la popolazione mondiale secondo stime delle Nazioni Unite salirà entro il 2050 a 9 miliardi di persone, sono disponibili oltre 40 mila chilometri cubi di risorse idriche utili e rinnovabili. Ma di queste solo un decimo sono sfruttate dall’uomo, in larghissima parte per l’agricoltura e l’industria. Attualmente, secondo le Nazioni Unite, più di un miliardo e 200 milioni di persone non hanno un accesso adeguato a fonti idriche. La combinazione di due fattori, la distribuzione estremamente diseguale di queste risorse e la crescita quasi esponenziale dei consumi in certe aree densamente popolate, continua poi a provocare in molte regioni un’allarmante situazione di ‘stress idrico’. Il rapporto dell’Onu, intitolato “Acqua in un mondo che cambia”, sottolinea che la gestione delle risorse idriche non potrà quindi più essere esclusivamente delegata a ‘tecnocrazie’ di settore. Per questo, in vista dell’imminente Forum mondiale sull’acqua, l’Onu invita a considerare le risorse idriche come un “bene pubblico mondiale”: si devono garantire decisioni e interventi adeguati per rispondere alle necessità dell’intera popolazione del pianeta. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Manifesto dei vescovi europei per le prime Giornate sociali cattoliche

    ◊   "Ogni generazione deve riconquistare la libertà e la pace e la nostra non fa certo eccezione”: è quanto afferma in un manifesto pubblicato oggi la Commissione preparatoria delle prime Giornate sociali cattoliche per l’Europa, che su iniziativa della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), riuniranno dall’8 all’11 ottobre prossimo a Danzica, in Polonia, da 500 a 600 cattolici di tutto il continente. “Oggi – proseguono gli autori del manifesto - il mondo si ritrova sprofondato nel cuore di una crisi economica e finanziaria dalle conseguenze sociali e politiche molto preoccupanti, accompagnata da tentazioni nazionaliste e protezionistiche”. Nel documento, i 26 membri della Commissione preparatoria delle Giornate, provenienti da 19 Paesi europei, sottolineano che per uscire dalla crisi e per assicurare una pace durevole, è necessaria una combinazione di valori personali e politici inclusi nella solidarietà. Solidarietà che, “fondata sulla dignità umana e sulla libertà, è al centro dell’insegnamento sociale della Chiesa”. La solidarietà è indivisibile, non può patire alcuna esclusione o eccezione – si legge ancora nel manifesto ripreso dal Sir – e riguarda tutti gli esseri umani, sia coloro che non sono ancora nati sia quelli che sono al termine della loro vita. Per gli autori del manifesto, la solidarietà richiede che “nelle nostre società i più deboli siano protetti e che la famiglia, unità di base fondata sull’unione di un uomo e di una donna, sia sostenuta e difesa”. La data e il luogo della prima edizione delle Giornate, spiega ancora il manifesto, “rivestono un particolare significato simbolico. Non solo ricordano l’inizio della seconda guerra mondiale nel 1939 e la fine del regime comunista nell’Europa centrale e dell’Est nel 1989, ma anche la prima visita del Papa Giovanni Paolo II nel suo Paese natale nel 1979, visita che ha condotto alla nascita a Danzica di Solidarnosc, il movimento sociale che ha unito milioni di lavoratori polacchi”. Le Giornate “avranno una dimensione ecumenica dovuta ai partecipanti e ai relatori”, spiega la Comece rendendo noto di avere contattato “personalità di primo piano della vita pubblica in Europa, rappresentati delle istituzioni e della Chiesa”. Collaborano alla preparazione dell’evento anche reti come Caritas Europa, Giustizia e Pace Europa, e Iniziativa dei cristiani per l’Europa (Ixe), nonché il Centro per la solidarietà europea di Danzica, il Centro per il pensiero di Giovanni Paolo II di Varsavia e l’iniziativa di solidarietà dei cattolici tedeschi Renovabis. (A.L.)

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    Il cardinale Pell: i cristiani in Occidente sono trattati come una minoranza tollerata

    ◊   La Chiesa cattolica in Occidente è perseguitata e discriminata dal laicismo. E’ quanto ha affermato il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, intervenendo ad una conferenza tenutasi alla Oxford University Newman Society. Il porporato ha spiegato che affrontare l'intolleranza religiosa è uno dei compiti cruciali dei cristiani nel XXI secolo: “I cristiani – ha detto - devono riscoprire il coraggio se devono affrontare questo problema. Devono riscoprire il loro talento per dimostrare che esistono stili di vita migliori per edificare una buona società”. Questa intolleranza - ha osservato il cardinale George Pell le cui parole sono state riprese dall’Osservatore Romano - deriva dalla nuova e pericolosa tendenza all'uso di leggi antidiscriminazione e di rivendicazione dei diritti umani. Secondo il porporato, l'aumento dell'intolleranza ha portato a rafforzare il conformismo e a privare il cristianesimo della forza della sua testimonianza pubblica. La Chiesa cattolica in Occidente è sotto pressione perché “l'intimidazione e l'emarginazione nei confronti dei cristiani vengono passate sotto silenzio”. A questo proposito, l’arcivescovo di Sydney ha ricordato gli atti di vandalismo contro le comunità cristiane della California, che si sono opposte alla legge sul matrimonio omosessuale. “In una democrazia sana – ha osservato - le persone dovrebbero essere libere di discutere e criticare le convinzioni degli altri. La reciprocità è essenziale, ma i laici sembrano preferire strade a senso unico”. “I credenti – ha concluso il cardinale George Pell - non dovrebbero essere trattati dai governi come una minoranza meramente tollerata e destabilizzante, i cui diritti devono sempre essere al secondo posto rispetto alle istanze laiche”. (A.L.)

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    L'Iraq ricorda domani il primo anniversario dell'uccisione di mons. Raho

    ◊   “Finché ci saranno persone come mons. Raho il cristianesimo in Iraq, come in tutto il Medio Oriente, non avrà fine”. Padre Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede e visitatore per l’Europa, ricorda così l’arcivescovo di Mosul, mons. Paulos Faraj Raho, ad un anno dalla sua morte, avvenuta il 13 marzo 2008, dopo circa due settimane di rapimento. “Ha dato testimonianza della sua fede fino alla morte e il suo ricordo vive non solo tra i fedeli di Mosul e dell’Iraq ma anche tra gli iracheni all’estero” dichiara al Sir il procuratore caldeo. “Mons. Raho ha contribuito a rafforzare la comunità cristiana mediorientale e con lui i tanti sacerdoti e laici, penso a padre Ragheed Ganni e ai suoi suddiaconi - uccisi il 3 giugno 2007 - che hanno perso la vita per la fede divenendo martiri della Chiesa mediorientale, che per quanto piccola numericamente è viva. Finché ci saranno figure come loro, il Medio Oriente resterà terra fertile per la fede cristiana”. In questo senso “la visita di Benedetto XVI in Terra Santa - ha detto padre Najim - rafforzerà i cristiani locali e servirà a ricordare loro che fanno parte della Chiesa e che sono nel cuore del Papa”. (R.P.)

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    Costa d'Avorio: aggressione ai danni di un Istituto salesiano

    ◊   Martedì un gruppo di oltre 200 giovani, armati di bastoni e di maceti, ha fatto irruzione nell’Istituto Don Bosco di Korhogo, in Costa d’Avorio, costringendo gli allievi, gli insegnanti e i responsabili della scuola a sospendere le lezioni e ad abbandonare la scuola. L’aggressione ha causato il ferimento lieve di alcune persone, ma soprattutto un profondo senso di indignazione da parte di tutta la comunità educativa dell’opera salesiana. I 372 allievi della scuola salesiana, che hanno maturato un atteggiamento di integrazione e dialogo (il 47% è musulmano e il 37% è cristiano), hanno saputo mantenere la calma senza rispondere all’aggressione con altra violenza, come spesso sta accadendo in questo periodo in altre istituzioni educative del paese con conseguenze deplorevoli. Alla luce di quanto accaduto, don Guillermo Basañes, consigliere per la regione Africa-Madagascar, in questi giorni a Korhogo per la visita straordinaria all’Ispettoria Africa Occidentale Francofona (AFO), ha invitato i giovani allievi ad essere responsabili e a formare le proprie coscienze. È questa una esortazione particolarmente significativa se si tiene conto del profondo disordine morale che la recente storia della Costa d’Avorio, caratterizzata dalla guerra, ha lasciato nei giovani. L’aggressione verificatasi ieri alla scuola salesiana è uno dei tanti episodi di reazione che, quasi in tutta la nazione, si stanno verificando contro le politiche educative adottate nel paese e contro coloro che non hanno aderito agli scioperi delle scuole pubbliche. L’Istituto Don Bosco, che comprende il secondo ciclo della scuola secondaria, è stato fondato nel 1992, quando i salesiani giunsero nella città di Korhogo. Gli obiettivi generali che la scuola, nella quale lavorano 13 insegnanti laici, tutti cattolici, ha inserito per quest’anno nel suo progetto educativo sono: “Promuovere l’educazione integrale degli allievi ai valori della pace” e “Vivere un clima di dialogo, di rispetto e di partecipazione di tutti”. (A.M.)

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    I vescovi del Kenya: stop ai raid della polizia

    ◊   Porre fine immediatamente alle operazioni di sicurezza nel Kenya settentrionale: è quanto chiedono al governo di Nairobi i vescovi locali, sottolineando come simili incursioni, invece di stroncare i conflitti tra le comunità pastorali, finiscano in realtà per aggravare le sofferenze della popolazione in una regione già colpita dalla siccità e dalla carestia. In un comunicato congiunto diffuso domenica scorsa, - riferisce l'agenzia Cisanews - i vescovi di Isolo e Maralal, rispettivamente mons. Anthony Ireri e mons. Virgilio Pante, esortano il potere politico “ad utilizzare le risorse per portare la popolazione al dialogo” e ad offrire un indennizzo a coloro che, a causa dei raid, hanno perso i capi di bestiame, garantendo così la loro sicurezza senza pregiudizi. “Così come sosteniamo gli sforzi di ritrovare gli animali rubati – scrivono i vescovi kenioti – allo stesso tempo chiediamo che la ricerca venga fatta in modo equilibrato. Pensiamo che il governo, invece di punire un’intera comunità pastorale, abbia strumenti sufficienti per recuperare i beni sottratti illegalmente,”. I presuli esortano poi i responsabili politici a ridistribuire pubblicamente il bestiame ritrovato, così da sapere con certezza chi ha avuto e chi ha perso gli animali, evitando di dare i capi di bestiame al proprietario sbagliato. “La strategia applicata finora dal governo – sottolineano i vescovi – non è attenta ai conflitti e lascia le comunità tribali ancora più divise”. Quindi, dopo aver ricordato allo Stato la necessità di favorire il dialogo nella regione, mons. Ireri e mons. Pante chiedono una maggiore distribuzione di aiuti alla popolazione locale: “Dovrebbero esserci cibo e medicinali sufficienti per tutti, in particolare per i deboli e gli indifesi – scrivono – e dovrebbero essere distribuiti senza pregiudizi, poiché è responsabilità del governo provvedere alla popolazione”. Infine, i presuli sottolineano che lo Stato dovrebbe “sviluppare le infrastrutture necessarie per portare il Kenya settentrionale allo stesso livello altre regioni del Paese”. (I.P.)

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    L'arcivescovo di Bangalore chiede l’immediata rimozione di graffiti anti-cristiani

    ◊   L’arcivescovo di Bangalore, in India, mons. Bernard Moras, ha chiesto alle autorità dello Stato indiano del Karnataka di fare rimuovere immediatamente i graffiti ingiuriosi contro i cristiani comparsi in questi giorni in diversi luoghi pubblici della città. Le scritte dipingono i cristiani come terroristi, muovendo loro la vecchia accusa di voler cristianizzare l’India con conversioni forzate. Dietro alla nuova campagna diffamatoria vi sarebbe la “Hindu Jagrana Vedike”, una nota sigla fondamentalista locale. L’obiettivo dei graffiti, ha denunciato mons. Moras, “è di fomentare l’odio e le animosità tra le comunità religiose”. Egli ha quindi sollecitato l’immediata rimozione delle scritte e la punizione dei colpevoli, paventando il timore che esse possano riaccendere il settarismo in tutto lo Stato: “Conosco il modo in cui queste campagne di odio vengono condotte e prevedo che si diffonderanno anche in altre parti del Karnataka, turbando la pace”, ha dichiarato. Il presule si è detto preoccupato in particolare per le prossime celebrazioni della Settimana Santa in aprile. Nel 2008, lo ricordiamo, il Karnataka è stato, insieme all’Orissa, uno dei principali teatri di violenze anti-cristiane in India. (L.Z.)

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    India: il Centro dei Gesuiti per i diritti umani riflette sulle prossime elezioni generali

    ◊   L’India si prepara alle prossime elezioni generali, in programma, in varie tornate, dal 16 aprile al 13 maggio. In vista di questo importante appuntamento, padre Cedric Prakash, direttore del “Prashant”, il Centro gesuita per i diritti umani, la giustizia e la pace, situato ad Ahmedabad, ha redatto una lunga riflessione. Nel documento, intitolato “Il nostro sacro dovere” e pubblicato sul sito della Conferenza episcopale indiana, il religioso ricorda che “per noi cristiani, il mandato elettorale è chiaro. Secoli fa, Gesù disse categoricamente di “dare a Cesare quel che è di Cesare”, il che implica che ognuno di noi, come cittadino, deve essere partecipe dei processi politici e governativi”. “La Chiesa – continua padre Prakash – non si è mai stata timida sui temi del ‘buon governo’ e della partecipazione politica. È quindi inderogabile che ciascuno di noi faccia il possibile affinché l’ambiente politico venga ripulito, così da avere, al governo, rappresentanti che non siano corrotti, settari, classisti e criminali”. Quindi, il direttore del Centro gesuita dà ai cristiani alcuni suggerimenti. Innanzitutto, afferma, è necessario “studiare i programmi elettorali dei diversi partiti politici, organizzando e partecipando ai loro dibattiti e osservando se hanno mantenuto le promesse fatte alle precedenti elezioni”. Quindi, il religioso invita gli elettori a “fare una campagna a favore di candidati, partiti ed ideologie che siano trasparenti, onesti, desiderosi di porsi al servizio della popolazione, di preservare le specificità del Paese e di tutelare l’inviolabilità della Costituzione”. Inoltre, padre Prakash suggerisce di “segnalare immediatamente alla polizia ogni violazione del Codice di condotta elettorale ed eventuali episodi di brogli, di fare in modo che più persone possibili esercitino il loro diritto di voto e di monitorare le consultazioni a livello locale”. Infine, il religioso ribadisce la necessità di “organizzare speciali gruppi di preghiera nelle famiglie, nelle comunità, nelle Chiese del Paese per invocare elezioni libere, leali e pacifiche e affinché coloro che verranno eletti abbiano il coraggio, l’intelligenza e l’onestà di preoccuparsi del bene comune, in particolare dei poveri, degli emarginati e di tutti i settori vulnerabili della società”. (I.P.)

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    Pakistan: la Chiesa sollecita riforme politiche per proteggere le minoranze religiose

    ◊   La protezione e il rispetto dei diritti delle minoranze religiose in Pakistan resta un tasto sensibile ed uno dei settori in cui urgono riforme: è quanto afferma un Memorandum preparato dalla Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale pakistana. Il documento - redatto dopo un periodo in cui sono stati monitorati i provvedimenti legislativi del Parlamento e l’attività politica del nuovo governo di Ali Zardari – è stato inviato ai Ministri federali per i Diritti umani e per gli Affari delle minoranze per segnalare la situazione in cui versano le comunità religiose minoritarie e chiedere un pacchetto di riforme. In esso - riferisce l’agenzia Fides - la Commissione afferma l’urgenza di cambiare la Costituzione, le leggi e le politiche rivolte a queste categorie “per assicurare il rispetto dei diritti civili, politici, sociali e culturali di tutti i cittadini pakistani”. Dalla tutela dei diritti umani – nota il testo – dipende la soluzione della crisi sociale ed economica che attraversa il Paese, nonché la sicurezza e la pace. Si chiede quindi al governo di costituire due commissioni indipendenti e permanenti per monitorare la situazione delle minoranze e segnalare gli abusi. Uno dei punti chiave – afferma il Memorandum - è la completa e definitiva abolizione della “Legge sulla blasfemia”, che condanna con pene fino alla morte chi offende il nome del profeta Maometto, ma che viene spesso usata per colpire cittadini non musulmani. La Commissione chiede anche il censimento di tutte le comunità delle minoranze religiose, etniche e culturali, per assicurare che esse godano dei pieni diritti sociali, economici, giuridici e politici, ricordando che la Costituzione voluta dal padre della patria Ali Jinnah riconosce il carattere multiculturale della società pakistana, in cui tutti i cittadini sono uguali e godono dei medesimi diritti. Tra le libertà fondamentali che urge salvaguardare – afferma in conclusione il testo – vi è la libertà di religione, da cui derivano tutti gli altri diritti umani. Delle minoranze non musulmane in Pakistan fanno parte 8 milioni di cittadini, su 160 milioni di abitanti, fra cristiani (circa 4 milioni), parsi, sikh, bahai, ahmadi e altri. La maggior parte è povera, analfabeta e socialmente emarginata. (L.Z.)

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    Incontro vescovi del Celam-Misereor: dichiarazione finale

    ◊   “Il bene comune non è una semplice somma dei beni particolari di ogni persona e dei gruppi sociali”. Questo patrimonio, legato intrinsecamente alla persona e alla sua dignità, consiste “nell’insieme delle condizioni sociali che permettono e favoriscono agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni, il raggiungimento pieno e rapido della perfezione. Perciò questo bene dà senso e ragione profonda alla comunità politica, alle istituzioni sociali e, soprattutto, alle autorità civili. È anche criterio di ogni azione sociale e politica a tutti i livelli: locale, nazionale e internazionale”. Sono queste le riflessioni al centro delle conclusioni della riunione, tenutasi lo scorso 6 e 7 marzo in Vaticano, tra vescovi dell’America Latina, sotto il coordinamento del Celam, e l’Opera episcopale per lo sviluppo “Misereor” che assiste da diversi decenni l’opera evangelizzatrice e pastorale di queste Chiese. I partecipanti, con l’aiuto di esperti latinoamericani ed europei, hanno riflettuto a fondo sull’attuale crisi globale, economico-finanziaria nonché sociale. In particolare è stata affrontata la questione sulla scarsità di risorse di fronte a sfide urgenti e improrogabili. L’idea principale, come già era accaduto nell’incontro del 2007, è quella “di prospettare contributi dall’ottica della fede”. Presuli ed esperti si sono concentrati sui cambiamenti climatici, sulla crisi alimentare, sull’emergenza idrica, sui rischi della deforestazione e sui cosiddetti biocombustibili. La globalizzazione e la sua crescente interdipendenza, la deregulation dei mercati, obbligano secondo i partecipanti, ad una revisione del concetto di bene comune alla luce dei mutamenti in corso. Il bene comune associato soltanto alla realtà di un solo Paese o di una sola comunità appare “insufficiente”. Occorre, come è nella definizione stessa del concetto, che sia messo in relazione con l’intera famiglia umana. Seguendo quest’ottica, i partecipanti latinoamericani si rivolgono a tutti i governanti, leader politici e sociali, agli imprenditori e ai popoli. Dal punto di vista della crescita integrale degli esseri umani i bisogni e le risorse, pongono importanti problemi di giustizia e dunque si configura una realtà che interpella prima di tutto il bene comune. Tale questione è particolarmente pressante nel caso delle risorse naturali, soprattutto quelle che hanno a che fare direttamente con il cibo, l’acqua e l’aria che respiriamo. La biosfera, la terra in generale, ma soprattutto quella destinata all’agricoltura e alle falde acquifere, non possono essere ritenute risorse da gestire a discrezione dei singoli. Spesso in questi circuiti, come ricorda Benedetto XVI parlando sulla crisi alimentare, “oltre all’insufficienza di cibo e alle difficoltà per ottenerlo, vi sono anche fenomeni speculativi” (Messaggio per la Giornata mondiale della pace - 2009). Per i partecipanti all’incontro “l’attuale crisi dei mercati finanziari dimostra che la loro autoregolazione è un’illusione”. Si sarebbe potuto evitare l’innesco di tale crisi se fosse stata messa al centro la persona e le norme di un comportamento etico e solidale. Si sarebbe potuto arginare lo scoppio della crisi se, come è accaduto, “non si fosse pensato che il bene comune è solo quello di un gruppo di persone o di un solo Paese”. D’altra parte, l’odierna crisi rivela che è crollata la visione secondo la quale un modello di sviluppo è solo una questione di crescita economica. “Le risorse di cui dispone il mondo non sono sufficienti per affrontare la questione. La crisi ci chiama a cercare nuovi parametri per lo sviluppo del pianeta sia a nord sia a sud. È urgente tornare al concetto di crescita economica nell’ottica dell’etica dello sviluppo”. La dichiarazione si conclude con l’analisi delle diverse sfide sia per le persone che per le nazioni e le istituzioni sopranazionali. Al riguardo, si sottolinea il ruolo “regolatore” di Stati e dei governi, in particolare nel caso delle realtà economiche trasnazionali e delle risorse che appartengono a tutti e non solo ai cittadini che vivono entro un determinato confine. Si ribadisce, inoltre, l’importanza del rispetto dei diritti umani, in particolare quello della partecipazione. Infine, parlando dell’educazione al senso dell’efficacia, della sostenibilità e del rispetto del creato, il documento dà grande importanza alla realizzazione di sistemi educativi capaci di far crescere dei veri cittadini. Processo accanto al quale vanno sostenuti “contenuti culturali che insegnino a tutti che le risorse naturali hanno un limite e che è dovere di tutti avere cura del pianeta”. (A cura di Luis Badilla)

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    Perù: le alluvioni provocano morti, danni e sfollati

    ◊   Le intense piogge che si sono abbattute dall’inizio dell’anno in Perù hanno creato non pochi problemi al territorio sudamericano. Oltre 38.000 gli sfollati, una ventina di morti accertati è il tragico bilancio della furia climatica che sta creando non pochi problemi ai 19 dipartimenti amministrativi del paese. L’istituto nazionale di protezione civile ha fatto sapere che la situazione più grave è stata registrata nella regione andina di Puno, nel sud-est, al confine con la Bolivia. Lì, una valanga di fango e pietre ha causato la morte di una decina di abitanti, anche se il bilancio resta del tutto provvisorio. Il servizio di meteorologia e idrologia ha avvertito che le precipitazioni sono accompagnate in alcune case da tempeste elettriche e venti fino a 40 chilometri orari e che il tutto si prolungherà almeno fino alla metà di aprile. Intanto, le zone colpite, hanno dichiarato lo stato di emergenza in modo da facilitare lo stanziamento di risorse extra da parte del governo centrale. (A.D.)

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    Rapporto di Reporter Senza Frontiere sulla censura su internet

    ◊   Dopo aver lanciato un appello, con Amnesty International, per l'eliminazione della censura su Internet, Reporter Senza Frontiere ha pubblicato un rapporto nel quale si analizza il fenomeno della censura che colpisce la rete in ben 22 Paesi. Intitolato “Nemici di Internet”, lo studio sottolinea come diversi Stati si distinguano “non soltanto per la loro capacità di censurare l'informazione on-line, ma anche per la repressione quasi sistematica degli utenti considerati sovversivi”. Arabia Saudita, Birmania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran, Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan e Vietnam – si sostiene nel rapporto di Reporter Senza Frontiere - hanno trasformato la rete in una sorta di 'intranet', impedendo in questo modo a tutti gli utenti di accedere alle informazioni considerate 'indesiderate'. “Oggi la rete – si legge nel rapporto - è sempre più controllata e nuove forme di censura e di manipolazione dell'informazione stanno emergendo. Commenti 'teleguidati' messi on-line su siti internet molto consultati e strategie di pirateria informatica orchestrate dai governi più repressivi, confondono l'informazione su internet”. Attualmente, 69 cyberdissidenti sono in carcere per aver pubblicato informazioni non gradite dalle autorità. (A.L.)

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    Cina: le comunità cattoliche vivono con intensità la Quaresima

    ◊   Le diverse comunità cattoliche cinesi sparse nel continente stanno vivendo la Quaresima concentrandosi sulla spiritualità e sulla pratica del digiuno, in comunione con la Chiesa universale e secondo le indicazioni del Papa contenute nel suo messaggio per la Quaresima. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, diverse comunità hanno organizzato ritiri spirituali quaresimali per approfondire il cammino verso la Pasqua alla luce della Parola di Dio. In particolare oltre un centinaio di fedeli laici della parrocchia di Gong Ming Lu, della diocesi di Zheng Zhou, hanno partecipato al ritiro spirituale, sul tema della Parola di Dio. Per i fedeli della comunità cattolica di Hu Zhuang, nel distretto del Monte di Ping Yin dove si trova il più importante santuario dedicato a S. Giuseppe, il mese di marzo è anche il mese dedicato a San Giuseppe, patrono della Missione in Cina. Quindi la Quaresima in questa comunità è legata al pellegrinaggio al santuario. Guidato dai sacerdoti e dai laici della Fondazione della Carità del Bambino Gesù, oltre 100 fedeli hanno compiuto il pellegrinaggio il primo marzo, percorrendo a piedi 30 chilometri, meditando le stazioni della Via Crucis e i misteri del Rosario. Una cinquantina di sacerdoti della provincia del Si Chuan hanno seguito il ritiro spirituale guidato dai missionari di Maryknoll. La direzione spirituale è stata concentrata sulla ripresa spirituale e morale dopo il tragico terremoto del 12 maggio scorso, il cui epicentro è stato in questa zona. 25 capi gruppo delle comunità ecclesiali di base della cattedrale di Pechino, dedicata all’Immacolata Concezione, sono stati invitati presso il seminario della diocesi di Pechino, per partecipare al ritiro spirituale quaresimale. Altri ritiri spirituali per oltre 300 fedeli della parrocchia di Xi Huan Tuo, della diocesi di Tang Shan della provincia dell’He Bei e per i parrocchiani di Fan Xian, della diocesi di An Hui. Infine, undici responsabili delle Comunità ecclesiali di base della parrocchia di Nan Guan di Xin Zhou, nella provincia dello Shan Xi, hanno partecipato al ritiro spirituale sul tema “Lasciamo che il nostro cuore si avvicini a Dio” all’inizio di Quaresima. (R.P.)

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    Connecticut: no all'affidamento della gestione finanziaria delle parrocchie ai soli laici

    ◊   Il tentativo di affidare la gestione finanziaria delle parrocchie cattoliche del Connecticut a un consiglio formato solo da laici escludendo il parroco, è fallito quasi sul nascere. La proposta, effettuata da due legislatori democratici di questo Stato, il senatore Andrew McDonald della contea di Stamford e il deputato Michael Lawlor di East Hawen, è stata ritirata dagli stessi prima che essa fosse sottoposta al parere del comitato giuridico.” Su richiesta dei proponenti, che patrocinano questo progetto di legge, hanno annunciato Macdonald e Lawlor, abbiamo deciso di cancellare la seduta pubblica dove esso sarebbe stato discusso e di conseguenza abbiamo richiesto al procuratore generale il suo parere sulla costituzionalità della legge esistente”. Adesso si attende un commento, sulla decisione dei due senatori, da parte dei vescovi del Connecticut che nei giorni scorsi avevano espresso un forte disappunto sulla decisione di privare la parrocchie della propria libertà. Il progetto appena ritirato, avrebbe potuto ribaltare l’attuale legislazione della Chiesa cattolica e le congregazioni religiose come associazioni no profit gestite da un consiglio d’amministrazione composto da tre religiosi e da due membri laici. Ma non solo. Il consiglio d’amministrazione delle parrocchie avrebbe subito un sostanziale cambiamento nella costituzione; da sette a tredici laici eletti direttamente dai parrocchiani, con il parroco che non avrebbe esercitato alcun diritto di veto e addirittura considerato un membro esterno senza alcun potere decisionale. Insomma, il tutto, contrario alla natura apostolica della Chiesa. (A.D.)

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    In Cambogia il progetto dell'Aibi per madri in difficoltà

    ◊   In Cambogia è imminente l'avvio del progetto “Culla Segreta”, promosso dall’associazione Amici dei bambini, che prevede l’avvio di un consultorio all’interno dell’ospedale di Takeo per sostenere le madri in difficoltà. La prima fase del progetto - rende noto il Sir - prevede la ristrutturazione di tre locali all’interno dell’ospedale e la creazione di un ‘fondo esami medici’ per garantire che le consulenze del consultorio vengano offerte in modo totalmente gratuito dall’ospedale alle madri che ne hanno necessità. “Il progetto – spiega Aibi - prevede la realizzazione di una struttura specifica dotata di culla termica per consentire alle donne in difficoltà, nel più completo anonimato, di lasciare in una realtà protetta il proprio bambino, permettendogli di essere curato immediatamente e accolto in un secondo tempo da una famiglia”. In Cambogia - prosegue l’associazione - “sono frequenti, infatti, i casi di mamme-bambine o giovani donne costrette dalla loro drammatica condizione personale, perchè vittime di stupri, violenze, gravi situazioni familiari, a vivere gravidanze indesiderate”. (A.L.)

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    Il cardinale Scola: l’uomo è “via della Chiesa”

    ◊   “Ciascuno di noi oggi è via della Chiesa”. Lo ha affermato il Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, in occasione del convegno “A 30 anni dalla Redemptor hominis. Memoria e profezia”, conclusosi ieri presso la Pontificia Università Lateranense. “Il vincolo che lega la Chiesa all'uomo e l'uomo alla Chiesa è indissolubile in quanto radicato nel mistero dell'incarnazione e redenzione del Figlio, indagato da Redemptor hominis nell'orizzonte di un cristocentrismo obiettivo”. Secondo il porporato, il pensiero post-moderno, “nel giusto tentativo di superare le aporie della ragione illuminista, ha però anche finito col demolire l'uomo come 'universale concreto'”, tema a cui la Redemptor hominis, fortemente ancorata nella Gaudium et spes, “fa continuo riferimento”. In questa prospettiva – ha detto il Patriarca le cui parole sono state riprese dall’Osservatore Romano - “non si potrebbe più parlare né della singola persona intesa come soggetto integrale, frantumato nei singoli atti della sua volontà, né della sua sorte, totalmente affidata alle possibilità offerte dal connubio tra scienza e tecnologia, di volta in volta valutate unicamente in termini di scelte soggettive e utilità strumentale”. “Se davvero parlare di uomo come persona-soggetto di diritti e doveri è il risultato di un arbitrio”, “allora la Chiesa, quando anche riuscisse a proporsi all'altezza del nobile Redentore, non avrebbe più il suo interlocutore, l'uomo concreto”. La sua missione “risulterebbe priva di significato”. In realtà – ha aggiunto il cardinale Scola - “ciascuno di noi oggi è via della Chiesa e non in modo astratto, ma facendosi carico di tutte le sue determinazioni storiche che, anche nelle forme più radicali, caratterizzano la sua situazione”. Il linguaggio della persona – ha concluso - rivela quindi che l'uomo “è sempre storicamente situato”, perché “è nella storia che si gioca il dramma della sua libertà finita in cerca della libertà infinita di Dio”: “L'uomo è prima e fondamentale via della Chiesa e lo è proprio in virtù della via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione”. (A.L.)

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    E’ morto padre Drazek, gesuita polacco che ha lavorato per Osservatore e Radio Vaticana

    ◊   È morto ieri mattina all’ospedale Santo Spirito di Roma il gesuita Czeslaw Drazek, dal giugno 1991 al marzo 2007 incaricato dell'edizione mensile in lingua polacca del quotidiano della Santa Sede "L'Osservatore Romano". Padre Czeslaw Drazek era nato a Mogielnice, in Polonia, il 13 dicembre del 1934. Era entrato nella Compagnia di Gesù il 30 luglio 1951 ed era stato ordinato sacerdote il 31 luglio 1961. Aveva compiuto gli studi presso la Facoltà filosofica della Compagnia di Gesù a Cracovia, quindi presso la Facoltà teologica Bobolanum di Varsavia e successivamente si era dedicato allo studio della liturgia presso l'Università cattolica di Lublino. A Cracovia era stato cappellano degli universitari dal 1963 al 1980, sotto la guida per lungo tempo, dell'allora arcivescovo di Cracovia, il cardinale Karol Wojtyla. Dal 1980 al 1983 aveva lavorato nella redazione centrale della Radio Vaticana. Padre Drazek è stato vicepostulatore della causa di beatificazione di Jan Beyzym, apostolo dei lebbrosi in Madagascar, di cui ha curato la positio causae e al quale, successivamente, ha dedicato numerose pubblicazioni. (A.L.)

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    Crescendo di pellegrinaggi paolini nella Basilica ostiense

    ◊   La Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura in questa settimana registra un notevole crescendo di pellegrinaggi, segno concreto dell’interesse per l’Anno Paolino delle Chiese locali e di comunità religiose. La più consistente affluenza si è avuta l'altro ieri con gruppi provenienti da Lituania, Polonia, Stati Uniti e da numerose città italiane: in particolare da Brescia (il pellegrinaggio è stato guidato dal vescovo mons. Luciano Foresti), Bologna, Catania, Napoli, Piacenza, Varese. Ieri si sono trovati uniti nella celebrazione dell’Eucaristia i pellegrini delle diocesi di Alife-Caiazzo e di Fabriano Matelica, con i loro vescovi mons. Pietro Farina e mons. Giancarlo Vecerrica; subito dopo, sono venuti in visita ad limina 37 vescovi dell’Argentina (suggestivi i canti in spagnolo che hanno accompagnato la celebrazione dell’Eucaristia e la processione al Sepolcro dell’Apostolo). Atteso per sabato il pellegrinaggio della diocesi di Porto-Santa Rufina, guidato dal vescovo Gino Reali; presiederà l’Eucaristia il cardinale Roger Etchegaray, vice decano del Collegio Cardinalizio, che ha il titolo di questa Chiesa particolare, suburbicaria di quella di Roma Nella giornata confluiranno in Basilica oltre a gruppi di fedeli di varie nazioni europee (uno di circa 200 dell’Ucraina) e italiani, una cinquantina di militari della base americana di Vicenza e circa 150 sacerdoti di numerosi paesi di missione che studiano a Roma, ospiti del Pontifico Collegio Missionario Internazionale San Paolo Apostolo. Da qui partiranno per un cammino penitenziale di sette chilometri, facendo lungo il percorso due soste di preghiera, una animata da suore Clarisse nella Chiesa di Santa Chiara, l’altra nella parrocchia di San Damaso. Nella Basilica concelebreranno l’eucaristia con padre Edmund Power, abate dell’Abbazia benedettina di San Paolo. Domenica 15 il pellegrinaggio più numeroso della mattina sarà quello conclusivo del Giubileo e del Forum Internazionale delle Università; la celebrazione Eucaristica sarà presieduta dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Confluiranno inoltre in  Basilica fedeli delle diocesi di Orvieto e di Lucca, gruppi di pellegrini della Germania e del Veneto, di religiose di Albano, della Santa Famiglia di Spoleto e della Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori che accompagneranno un pellegrinaggio di non udenti di varie regioni d’Italia a cui particolarmente si dedicano. (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Darfur: rapiti tre operatori di Medici Senza Frontiere

    ◊   Tre operatori di "Medici Senza Frontiere", un italiano, un canadese e un francese, sono stati rapiti nella regione sudanese del Darfur. Le autorità locali confermano che i cooperanti sono vivi e stanno bene, mentre la diplomazia è al lavoro per la loro liberazione. Da parte sua, "Medici Senza Frontiere" annuncia il ritiro della quasi totalità del suo personale dalla provincia. Il servizio di Marco Guerra:

    Intorno alle 19.00 ore locali di ieri sera un gruppo armato ha fatto irruzione nella sede della sezione belga di "Medici Senza Frontiere" a Saraf Umra – località nel nord della regione sudanese del Darfur - prelevando tre stranieri e due componenti dello staff locale dell’organizzazione. Gli operatori sudanesi sono stati liberati nella notte. Rimangono quindi nelle mani dei sequestratori un infermiere canadese e due medici, un francese e un italiano. La richiesta del riscatto è stata consegnata ai due cooperanti rilasciati, ma al momento non è stato ancora reso noto quanto sia il denaro richiesto. Ignote anche eventuali altre motivazioni del sequestro. Le diplomazie dei Paesi d’origine dei tre volontari mantengono infatti lo stesso riserbo sull’evoluzione del rapimento. Il Ministero degli esteri italiano, che è in continuo contatto con i familiari del rapito, ha spiegato che la linea del silenzio serve a non compromettere tutta l’attività già messa in piedi per una soluzione positiva del caso. Intanto, ai tre cooperanti è stato concesso di telefonare ai loro colleghi, ai quali hanno confermato la buona condizione fisica. Secondo il portavoce di Msf Italia, la sezione belga dell’organizzazione non era ancora stata colpita dall’ordine d'espulsione nei confronti delle Ong, emanato dal governo sudanese dopo che la Corte Penale dell'Aja aveva ordinato l'arresto del presidente Omar el-Bashir per i crimini di guerra in Darfur. Dal 5 marzo, Khartoum ha infatti espulso 13 organizzazioni. Oltre 180 i cooperanti stranieri che hanno abbandonato il tormentato Paese in questi giorni.

     
    Condannato il giornalista iracheno che aveva lanciato una scarpa contro Bush
    È giunta oggi la condanna a tre anni per il giornalista iracheno che lanciò le sue scarpe all’allora presidente americano Bush nel corso di una conferenza stampa a Baghdad lo scorso dicembre. Il reporter, che rischiava 15 anni, ha annunciato ricorso. E ieri a sole due settimane dalla sua assoluzione in un altro processo, è arrivata la prima condanna per Tareq Aziz, ex braccio destro di Saddam Hussein. Per lui i giudici hanno deciso 15 anni di prigione, al termine di un processo in cui sono state emesse anche due condanne a morte e un ergastolo.

    Il ministro della Difesa Usa: in futuro molto più prudenti sulle guerre preventive
    Gli Stati Uniti saranno “senza dubbio” più prudenti nel lanciare in futuro guerre di tipo preventivo come quella lanciata nei confronti dell'Iraq. Lo ha detto in serata a Washington il ministro della Difesa, Robert Gates, intervistato dalla emittente pubblica Pbs. “La lezione per gli errori commessi per quanto riguarda la presenza (in Iraq) di armi di distruzione di massa, e altre cose che sono successe, fanno sì che il nuovo presidente sarà molto, molto prudente sullo scoppio di una guerra di questo tipo o al credito da dare alle informazioni avute dai servizi segreti”, ha detto Gates rispondendo a una domanda dell'intervistatore circa la decisione dell'allora presidente George W. Bush di invadere l'Iraq, perchè informato della presenza di armi di distruzione di massa.

    Pakistan
    Il presidente pachistano Asif Ali Zardari è rientrato ieri sera ad Islamabad dall'Iran per seguire la crisi provocata dalla decisione dell'ex premier Nawaz Sharif di avviare oggi una "Lunga Marcia" dell'opposizione da Karachi a Islamabad. La marcia ha preso il via stamane a Karachi guidata dai fedeli dell'ex premier Sharif, fra cui numerosi avvocati e giuristi. Prima della partenza del corteo, la polizia ha arrestato oltre 30 persone. Obiettivo dell’iniziativa è chiedere al presidente Ali Zardari di rispettare la promessa di restituire le cariche a numerosi giudici destituiti dall'ex presidente Parvez Musharaf.

    Striscia di Gaza
    Nuovo raid aereo dell'aviazione israeliana stamattina nel sud della Striscia di Gaza, dove sono stati colpiti ancora una volta i tunnel del contrabbando nella zona di Rafah, al confine con l'Egitto. Lo riferisce un portavoce militare, precisando che gli obiettivi centrati sono stati identificati e che al momento non si registrano vittime. L'azione rappresenta una risposta all'ultima serie di lanci di razzi Qassam contro Israele, compiuti ieri dalla Striscia - Territorio palestinese in mano da oltre un anno e mezzo ai radicali di Hamas - da parte di milizie islamiche locali. Dal 18 gennaio scorso, data d'interruzione delle operazioni militari israeliane dell'offensiva "Piombo Fuso" - dopo 22 giorni di guerra e un bilancio di oltre 1300 vittime - il cessate il fuoco è stato rotto da numerose violazioni, nonostante i tentativi di definizione di una tregua duratura, mediata dall'Egitto.

    Economia: Andorra abolisce il segreto bancario
    Andorra abolirà il segreto bancario entro novembre 2009 in modo da uscire dalla lista dei "paradisi fiscali". Lo ha annunciato oggi il governo del principato. La storica decisione del piccolo Stato europeo va nella direzione degli sforzi di Francia e Germania, che hanno deciso di rafforzare la lotta ai "paradisi fiscali" e al segreto bancario in vista del vertice del G20 di Londra del 2 aprile. Parigi e Berlino hanno in particolare chiesto all'Ocse una lista dei Paesi non cooperativi in materia fiscale. Intanto, continuano ad arrivare segnali negativi per l’economia mondiale. La Banca Centrale Europa parla oggi della più grave recessione economica da molti decenni e annuncia per quest’anno una contrazione del Pil nel Vecchio Continente tra il 3,2 e il 2,4%. La Bce inoltre prevede lo sforamento del tetto del 3% di deficit da parte di almeno sette Paesi dovuto al “forte deterioramento” delle finanze pubbliche nei Paesi dell’area euro. Il presidente della Commissione europea Barroso annuncia il rischio di un’impennata al 10% della disoccupazione. Intanto, negli Stati Uniti le richieste di sussidio di disoccupazione sono aumentate di 9.000 unità la settimana scorsa raggiungendo la cifra di 654.000, superiore alle stime degli analisti.

    Irlanda del Nord
    Dopo l'ondata di violenza, che nei giorni scorsi è costata la vita a due giovani soldati e a un agente di polizia, c’è tensione oggi in Irlanda del Nord per la notizia riportata da tutti media secondo cui il gruppo dissidente "Real Ira" - quello che ha rivendicato l'uccisione dei due giovani soldati britannici – è riuscito a far penetrare attraverso il confine meridionale un ordigno esplosivo di circa 135 chilogrammi. Nei giorni scorsi in migliaia sono scesi in piazza a Belfast per manifestare contro la violenza e analoghe manifestazioni si sono registrate in diverse località dell’Irlanda del nord. Fra le voci in difesa della pace si è levata quella di Benedetto XVI che ha condannato con forza il terrorismo. Del bisogno di pace e del messaggio del Papa ci parla, al microfono della collega del programma inglese Lydia Okane, mons. Noël Treanor vescovo di Down and Connor:

    R. – Mi sento molto sostenuto e mi sento anche molto lieto per il fatto che il Santo Padre, durante l’udienza generale, abbia espresso la sua vicinanza spirituale alla famiglia delle vittime, ai morti e ai feriti, e che lui, dunque, abbia messo in evidenza la necessità che ognuno, ogni cittadino, ogni cristiano, resista alla tentazione dell’utilizzo della violenza come mezzo politico, e che abbia sottolineato l’importanza del dialogo, della preghiera, come elementi essenziali per la realizzazione di una società di pace, di giustizia e di una società riconciliata nell’Irlanda del Nord. Questo messaggio, da parte di Sua Santità, per i cittadini e soprattutto per i cristiani dell’Irlanda del Nord, sarà un sostegno spirituale e civile di grande importanza. Potersi sentire sostenuti da parte del Santo Padre, e anche da parte dei cittadini del mondo, del mondo cattolico, cristiano, ci conforta in modo importante. Devo dire che nell’Irlanda del Nord i cristiani e le persone di buona volontà hanno reagito con orrore a questi eventi e lo hanno manifestato pubblicamente. Durante la mia visita all’ospedale ad Antrim, dove si trovano i civili feriti nell’attacco alla base di Massereene, ho incontrato molte persone di varie confessioni cristiane e si capisce che c’è unità nella famiglia cristiana nelle reazioni espresse dalla gente. Non si tratta solo di una reazione da parte dei protestanti o dei cattolici. La gente sta reagendo con un senso di unità nella fede e unità in una comune e sicura cittadinanza.

     
    Tibet
    I ministri degli Esteri europei discutano della questione del Tibet per valutare il contributo dell'Ue nel cercare una soluzione. È quanto chiedono gli europarlamentari, nella risoluzione votata oggi in cui condannano tutti gli atti di violenza e chiedono alle autorità di Pechino di rilasciare subito e senza condizioni tutte le persone detenute “soltanto per aver partecipato a proteste pacifiche”. I parlamentari chiedono anche che sia garantito ai media internazionali l'accesso al Tibet. L'assemblea chiede alla presidenza di turno Ue di adottare una dichiarazione con la quale invitare il governo di Pechino “ad un dialogo costruttivo” e ai Paesi Ue di “accertare che cosa sia avvenuto esattamente” durante i negoziati tra la Cina e gli inviati del Dalai Lama.

    La Francia di nuovo nella Nato
    Quarantatre anni dopo la dichiarazione di autonomia dalla Nato, pronunciata da Charles de Gaulle che mantenne la Francia al di fuori della struttura militare, il presidente Nicolas Sarkozy ha annunciato ieri che il suo Paese ha invece intenzione di diventare un partner a pieno titolo dell’Alleanza Atlantica. Salvatore Sabatino ha chiesto a Massimo Nava, corrispondente a Parigi per il "Corriere della Sera", cosa cambia a questo punto negli equilibri internazionali:

    R. – Formalmente e sostanzialmente non molto perché, come giustamente Sarkozy ha ricordato ieri, a partire dagli anni ’90 - basta ricordare l’impegno in Bosnia, poi in Kosovo e adesso in Afghanistan - di fatto tra la Francia e l’Alleanza Atlantica c’è sempre stata un’intesa operativa di fondo. Va ricordato che la storica uscita dalla Nato, decisa da de Gaulle, in realtà - come gli storici ricorderanno - non fu una vera e propria uscita né tantomeno una rottura dell’alleanza ma una separazione dal comando integrato perché in quella fase storica di politica internazionale de Gaulle voleva una piena autonomia e una totale sovranità nazionale anche per salvaguardare le ambizioni nucleari della Francia. Forse cambierà qualcosa sulla scena europea perché almeno nelle ambizioni di Sarkozy c’è l’idea di europeizzare la Nato e rendere, quindi, l’Europa della difesa più partecipe di uno schieramento che più ancora che atlantico diventa veramente occidentale.

     
    D. – Molti osservatori criticano questa scelta dicendo che la Francia perde di fatto la propria autonomia che la contrapponeva agli Stati Uniti così com’era avvenuto per la guerra in Iraq…

     
    R. – Questo, addirittura, sembra essere più che altro un falso storico perché abbiamo visto che Paesi a pieno titolo integrati come la Turchia hanno detto di no alla guerra, l’Italia ha detto di sì, la Spagna è andata e Paesi non appartenenti alla Nato hanno partecipato, basti pensare all’Ucraina e, quindi, dire che la Nato è sinonimo di politica americana e di ossequio alla politica americana non è del tutto vero.

     
    Tensioni tra Coree
    Resta altissima la tensione nella penisola coreana. Oggi la Corea del Nord ha annunciato che lancerà un proprio satellite tra il 4 e l'8 aprile. Corea del Sud e Giappone sostengono che quest'operazione celi in realtà un test missilistico, vietato da una risoluzione del 2006 delle Nazioni Unite. Tokyo e Seul hanno quindi ribadito il coordinamento congiunto con gli Usa per sollecitare la Corea del Nord, perché desista dai propositi di lancio del satellite. Intanto, Pyongyang ha inoltre ordinato lo stato di “allerta totale” al suo esercito in risposta all'imponente esercitazione militare congiunta di Stati Uniti e esercito sudcoreano iniziata lunedì mattina.

    Sri Lanka
    Il responsabile delle finanze dell'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte) Subarathnam Selvatureiy è stato ucciso nel distretto di Mullaitivu (Sri Lanka nord-orientale). Lo ha annunciato il ministero della Difesa cingalese. Secondo il ministero, scrive oggi il quotidiano di New Delhi Hindustan Times, Selvatureiy, meglio conosciuto col nome di Thamilendi, “è stato ucciso durante gli intensi combattimenti in corso nella zona”. Da mesi il governo cingalese ha avviato un’offensiva su vasta scala per riconquistare una regione nel nord del Paese controllata per 25 anni dai Tamil.

    Zimbabwe
    Roy Bennett, arrestato il 13 febbraio scorso mentre si recava a giurare come viceministro dell'agricoltura con l'accusa di complotto contro il presidente Robert Mugabe, è stato rilasciato. Membro del "Movimento per il cambiamento democratico", il partito del premier Tsvangirai, Bennett era stato arrestato il giorno in cui il nuovo governo doveva entrare in funzione. Ieri la Corte Suprema ne aveva ordinato la liberazione su cauzione.

    Kenya
    Milioni di persone in Kenya sono a rischio, soprattutto i bambini per la malnutrizione ma il governo rallenta la distribuzione di aiuti alimentari donati da Paesi stranieri, vuole controllarla e specularvi, e chiede che sia effettuata attraverso proprie agenzie a costi esorbitanti, e con strategie poco convincenti. E' la dura reazione dell'ambasciatore americano Michael Ranneberger, che da Londra ha fatto sapere che i suoi aiuti non passeranno attraverso il governo keniano, bensì attraverso il canale della Fao, l'organizzazione alimentare dell'Onu. Lo pubblica oggi con grande evidenza in prima pagina il quotidiano "Standard" e lo conferma con toni diplomatici un comunicato diffuso dall'ambasciata Usa. La questione è stata sollevata dalla nave carica di 30.00 tonnellate di mais (valore 83 milioni di dollari), dono Usa, che è in arrivo a Mombasa. Ora il governo keniano non solo tende a rallentarne l'arrivo, ma chiede che le operazioni di scarico e di trasporto siano effettuate da una propria compagnia all'incredibile prezzo di cinque miliardi di scellini keniani, 62,5 milioni di dollari, quasi il valore del carico. Non solo. Il trasporto verrebbe effettuato verso silos, da cui poi dovrebbe essere distribuito nelle arie in cui ce n'è maggior bisogno. L'ambasciatore americano, informa la nota, si recherà oggi stesso a Mombasa per verificare lo stato cose, e “identificare alcune azioni del governo keniano che hanno creato problemi logistici, chiedendo anche interventi più efficaci ed a costi reali per la distribuzione del mais”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 71

     
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