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Sommario del 09/03/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI in Campidoglio invita Roma alla solidarietà per superare la crisi e favorire l’integrazione. Il Comune intitola al Papa un centro per il recupero di giovani disagiati
  • La visita di Benedetto XVI nel Monastero di Santa Francesca Romana a Tor de' Specchi
  • Nomina
  • La Terra Santa in attesa del Papa: i commenti di padre Pizzaballa, del rabbino Di Segni e Riccardo Pacifici
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Irlanda del Nord: cattolici e protestanti uniti contro la violenza
  • Seminario per i vescovi responsabili delle Comunicazioni Sociali: intervista con mons. Celli
  • La crisi economica mondiale al centro del Simposio in Vaticano di Celam e Misereor
  • Chiesa e Società

  • Pil mondiale in negativo nel 2009: non accadeva dal 1945
  • La denuncia della Caritas: bambini dimenticati nella lotta all'Aids
  • Sri Lanka. Forum ecumenico indiano: appello per salvare i civili
  • Filippine: i cardinali Rosales e Vidal reclamano la riforma agraria
  • Le Chiese del sud-est europeo insieme per il riconoscimento giuridico
  • La Chiesa latinoamericana al fianco dei popoli indigeni
  • Intervento dell’arcivescovo di San Salvador sulle elezioni del 15 marzo
  • Argentina: lettera dei vescovi per la campagna per il sostentamento del clero
  • Madagascar: associazione francescana in aiuto alle famiglie in difficoltà
  • I rabbini d'Europa a confronto su famiglia e bioetica
  • Usa: i vescovi lanciano una campagna e-mail per la vita
  • Lettera quaresimale del cardinale Mahony ai fedeli di Los Angeles
  • Giornata di preghiera per le missioni a Czestochowa
  • Nuova cattedrale in Kosovo
  • Dalla diocesi di Adelaide, in Australia, parte un programma per riscoprire il rosario
  • Cinque seminaristi nordcoreani frequentano un seminario in Corea del Sud
  • Giubileo paolino: forum internazionale delle università a Roma
  • Alla rassegna biennale del cinema africano, primo premio al film “Teza”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tibet: arrestati oltre cento monaci buddisti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI in Campidoglio invita Roma alla solidarietà per superare la crisi e favorire l’integrazione. Il Comune intitola al Papa un centro per il recupero di giovani disagiati

    ◊   Roma si riappropri delle sue “radici civili cristiane” se vuole “farsi promotrice di un nuovo umanesimo” che difenda la dignità di ogni uomo, lo aiuti a superare le attuali difficoltà socioeconomiche e contrasti la “povertà spirituale” che si respira negli ambienti più degradati. E’ la consegna ideale che Benedetto XVI lascia alla Città eterna, al termine di una importante mattinata che ha visto il Papa visitare il Campidoglio, sede del Comune capitolino. Il Pontefice - che ha toccato davanti al sindaco Gianni Alemanno e ai suoi collaboratori i temi “caldi” della crisi economica, dell’integrazione e della violenza urbana - ha poi rivolto un saluto alle persone radunatesi sin dal mattino, affacciandosi dal balconcino che dà sulla Piazza. Infine, si è recato per una breve visita al vicino Monastero delle Oblate di Santa Francesca Romana a Tor de' Specchi. La cronaca della visita in Campidoglio, nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Undici anni dopo l'ultima volta, un Papa ha nuovamente salito quella lieve gibbosità del terreno - 50 metri sul livello del mare - che per secoli ha simboleggiato, specie nel mondo antico, il fulcro civile, religioso e politico di Roma. Il Capitolium, il più piccolo e più importante dei sette Colli romani, ha visto Benedetto XVI seguire le orme di Paolo VI e Giovanni Paolo II che, prima di lui, erano saliti al Campidoglio e avevano preso, nel 1966 e nel 1998, la parola davanti alle autorità cittadine. Anche Benedetto XVI lo ha fatto, verso le 11.30 davanti al Consiglio comunale riunito in seduta straordinaria nell’Aula Giulio Cesare, e le sue parole hanno voluto essere, per esplicita ammissione del Papa, un incoraggiamento agli amministratori capitolini e un voler “condividere le attese e le speranze degli abitanti”, ascoltandone “le preoccupazioni e i problemi”. Ma anche un ribadire che - per continuare ad essere” faro di vita e di libertà, di civiltà morale e di sviluppo sostenibile” - Roma ha bisogno di rifarsi ai “valori perenni” del Vangelo:

    “Nell’era post-moderna Roma deve riappropriarsi della sua anima più profonda, delle sue radici civili e cristiane, se vuole farsi promotrice di un nuovo umanesimo che ponga al centro la questione dell’uomo riconosciuto nella sua piena realtà. L’uomo, svincolato da Dio, resterebbe privo della propria vocazione trascendente. Il cristianesimo è portatore di un luminoso messaggio sulla verità dell'uomo, e la Chiesa, che di tale messaggio è depositaria, è consapevole della propria responsabilità nei confronti della cultura contemporanea”.
     
    (suono tromba)

    Qualche minuto prima delle 11, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha accolto il Pontefice all’entrata, nell'area Sisto IV, tra le ovazioni della folla e sotto lo sguardo dei circa 400 giornalisti accreditati. Benedetto XVI si è voltato più volte verso la gente assiepatasi nella piazza dove sorge la celebre statura equestre del Marco Aurelio, prima di entrare nel Palazzo Senatorio. Pochi minuti dopo, le telecamere lo hanno inquadrato affacciato al piccolo balcone dell’ufficio del sindaco, da dove si domina il panorama sul Foro Romano, illuminato dal sole.

     
    Il cerimoniale successivo si è svolto come da programma: il saluto del Papa agli assessori e funzionari nella sala dell'Arazzo, quindi la firma del Libro d'oro degli ospiti nella Sala delle Bandiere. Un applauso ha accolto l’ingresso di Benedetto XVI nell’Aula consiliare, dove il Papa è stato salutato dal sindaco capitolino il quale, sottolineando la storicità della visita pontificia, ha insistito fra l’altro sul concetto di Roma come città dell’accoglienza. Un’apertura confermata anche dalla particolare decisione del Comune illustrata al Vescovo di Roma:

    “In occasione di questa sua storica visita, quale piccolo ma significativo segno di tale sforzo, il Comune di Roma ha deciso di realizzare un polo di accoglienza e di formazione dedicato agli adolescenti, in particolare quelli disagiati e in difficoltà. In segno di omaggio nei suoi confronti l’amministrazione comunale ha scelto di intitolare questa iniziativa col suo nome ‘Centro Benedetto XVI’ (...) Si tratta di un piccolo contributo all’azione educativa a cui l’amministrazione comunale, la Chiesa cattolica con le sue istituzioni e molte associazioni di volontariato sono chiamate a offrire il proprio apporto, rendendo vivi i principi della sussidiarietà e della solidale cooperazione”.

    Ringraziando il sindaco, Benedetto XVI si è addentrato nei mutamenti sociali registrati dal tessuto urbano della capitale, riconoscendo che il “cantiere” della Roma del Terzo millennio affronta da qualche decennio sfide “inedite”:

    “Roma si è andata popolando di gente che proviene da altre nazioni e appartiene a culture e tradizioni religiose diverse, ed in conseguenza di ciò, ha ormai il volto di una Metropoli multietnica e multireligiosa, nella quale talvolta l’integrazione è faticosa e complessa. Da parte della comunità cattolica non verrà mai meno un convinto apporto per trovare modalità sempre più adatte alla tutela dei diritti fondamentali della persona nel rispetto della legalità. Sono anch’io persuaso, come Ella, Signor Sindaco, ha affermato, che, attingendo nuova linfa alle radici della sua storia plasmata dal diritto antico e dalla fede cristiana, Roma saprà trovare la forza per esigere da tutti il rispetto delle regole della convivenza civile e respingere ogni forma di intolleranza e discriminazione".

    Una legalità messa in discussione da quegli “episodi di violenza” che, ha osservato il Papa, deplorati da tutti sono tuttavia il segno di “un disagio più profondo”:

    “Sono il segno - direi - di una vera povertà spirituale che affligge il cuore dell’uomo contemporaneo. La eliminazione di Dio e della sua legge, come condizione della realizzazione della felicità dell’uomo, non ha affatto raggiunto il suo obbiettivo; al contrario, priva l’uomo delle certezze spirituali e della speranza necessarie per affrontare le difficoltà e le sfide quotidiane”.

    Dunque, ha proseguito Benedetto XVI, l’attuale crisi economica, e le sue derive del precariato del lavoro e della povertà di tante persone, si batte con lo “sforzo concorde” delle istituzioni civili con le strutture caritative, molte delle quali gestite dalla Chiesa, e fra le quali il Pontefice ha compreso anche il nascente Centro a nord di Roma dedicatogli dal Comune:

    “Le famiglie, la gioventù possono sperare in un avvenire migliore nella misura in cui l’individualismo lascerà spazio a sentimenti di fraterna collaborazione fra tutte le componenti della società civile e della comunità cristiana. Possa anche questa erigenda opera essere uno stimolo per Roma a realizzare un tessuto sociale di accoglienza e di rispetto, dove l’incontro tra la cultura e la fede, tra la vita sociale e la testimonianza religiosa cooperi a formare comunità veramente libere e animate da sentimenti di pace”.

    Allo scambio de doni, oltre a una copia del “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa”, in segno di collaborazione con le istituzioni cittadine, Benedetto XVI ha consegnato al sindaco Alemanno una mappa monumentale di Roma. Da parte sua, il primo cittadino ha donato al Papa una medaglia d’oro - coniata in un unico esemplare per l’occasione - e ha scoperto una targa commemorativa della visita, apposta sulla parete dell’Aula Giulio Cesare.

     
    Infine, come previsto, il Papa si è poi affacciato verso mezzogiorno dalla terrazza del Palazzo Senatorio per salutare la gente nella Piazza del Campidoglio, dove spiccavano gli striscioni di molte associazioni cattoliche e laiche. Le parole di Benedetto XVI, pronunciate con grande trasporto, sono state un inno alla bellezza di Roma e un omaggio al “cuore romano”, capace - ha affermato il Papa - di “generosità” e di “santità”. Anch’io, ha concluso, “sono diventato un po’ romano”, suscitando applausi che si sono intensificati al momento della sua frase di congedo:

    “Cari amici, rientrando nelle vostre case, comunità e parrocchie, dite a quanti incontrerete che il Papa assicura a tutti la sua comprensione, la sua vicinanza spirituale (applausi) e la sua preghiera! (...) Grazie per la vostra presenza. Arrivederci. Buona settimana!”.

     
    (Applausi)

    Quelle di Benedetto XVI "sono affermazioni che incoraggiano il nostro impegno quotidiano accanto a chi è più in difficoltà nella nostra città, dai senza fissa dimora, agli anziani poveri, agli immigrati e agli zingari". Lo scrive in una nota il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, dopo la visita del Papa in Campidoglio. Ma molte sono state le reazioni di apprezzamento all'invito del Papa a trasformare la capitale in una città dell'integrazione etnica, culturale e religiosa. Analoga la posizione del Sir, l'agenzia dei vescovi italiani, per la quale quanto affermato dal Pontefice favorisce la formazione di "comunità veramente libere e animate da sentimenti di pace". Ma quanto rischia di chiudersi, Roma, in questo tempo di crisi? Alessandro Guarasci lo ha chiesto a mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas romana, presente in Campidoglio:

    R. – Io immagino che ci possa essere questa tentazione di rinchiudersi, e quindi una città come Roma, accogliente di per sé, possa soprattutto nelle frange delle periferie avere questo senso di nuova difficoltà. E’ su questo che con le Caritas parrocchiali cerchiamo di lavorare, di creare veramente quel senso di maggiore apertura, di accoglienza, di collaborazione, di accettazione, di intercultura, di capire che insieme si può realizzare il superamento di questo momento di crisi.

     
    D. – Dal Papa è sempre venuta una parola a favore dell’accoglienza. Questo quanto rafforza la vostra azione?

     
    R. – Questo ci rafforza enormemente. Sapere che il nostro vescovo è di questa idea ci dà anche maggior forza e stimolo perché non è che operiamo da soli. La Caritas è proprio l’organismo della diocesi per queste realtà. Quindi, dobbiamo veramente essere in piena sintonia e comunione con quello che è l’indirizzo che ci dà il nostro vescovo.

     
    D. – State in qualche modo percependo un maggior afflusso nei vostri centri, soprattutto per esempio del ceto medio? State percependo una certa difficoltà ad arrivare a fine mese? Come la percepite?

     
    R. – Si taglia con mano. La percepiamo in vari modi. Anzitutto, la maggior presenza e richiesta nei centri parrocchiali di quelli che sono generi e alimenti di prima necessità. Si era passati dal famoso pacco, busta e così via alla richiesta unicamente di bollette, affitti. Si sta ritornando pienamente a questo. Ma ancora di più, la cosa si denota nella richiesta di famiglie di poter entrare a fare la spesa all’emporio, l’emporio della solidarietà. Siamo passati ormai a 800 famiglie e la richiesta è sempre maggiore. L’emporio è solo per le famiglie, non è per gente di strada o single, e la richiesta è sempre maggiore. Per cui si tocca con mano questo senso di difficoltà e su questo facciamo leva per l’impegno di tutta la comunità cristiana.

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    La visita di Benedetto XVI nel Monastero di Santa Francesca Romana a Tor de' Specchi

    ◊   Dopo la visita al Campidoglio il Papa si è recato nel vicino Monastero delle Oblate di Santa Francesca Romana a Tor de’ Specchi. Nella Cappella del Coro si è svolto un breve momento di adorazione del Santissimo Sacramento e di venerazione del corpo di Santa Francesca Romana, di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Quindi Benedetto XVI ha tenuto il suo discorso preceduto dal saluto di Madre Maria Camilla Rea, presidente del Monastero. Ce ne parla Sergio Centofanti.
     
    Benedetto XVI rende omaggio alla “più romana delle Sante” mentre ancora è in corso il quarto centenario della sua canonizzazione. Parla della “totale dedizione a Dio e al prossimo” di Santa Francesca Romana, sposa, madre di tre figli e poi fondatrice delle Oblate di Tor de’ Specchi: tra il 1300 e il 1400 ha fatto scaturire un’originale esperienza in cui il silenzio e la preghiera sono strettamente uniti all’operosità:

     
    “Contemplazione e azione, preghiera e servizio di carità, ideale monastico e impegno sociale: tutto questo ha trovato qui un ‘laboratorio’ ricco di frutti, in stretto legame con i monaci Olivetani di Santa Maria Nova. Il vero motore però di quanto qui si è compiuto nel corso del tempo è stato il cuore di Francesca, nel quale lo Spirito Santo riversò i suoi doni spirituali e al tempo stesso suscitò tante iniziative di bene”.

     
    Il Monastero di Santa Francesca Romana – ha sottolineato il Papa – è caratterizzato da “un singolare equilibrio tra vita religiosa e vita laicale, tra vita nel mondo e fuori dal mondo” e “si trova nel cuore della città” quasi un “simbolo della necessità di riportare al centro della convivenza civile la dimensione spirituale, per dare senso pieno alle molteplici attività dell’essere umano”:

     
    “Proprio in questa prospettiva, la vostra comunità, insieme con tutte le altre comunità di vita contemplativa, è chiamata ad essere una sorta di ‘polmone’ spirituale della società, perché a tutto il fare, a tutto l’attivismo di una città non venga a mancare il ‘respiro’ spirituale, il riferimento a Dio e al suo disegno di salvezza. È questo il servizio che rendono in particolare i monasteri, luoghi di silenzio e di meditazione della Parola divina, luoghi dove ci si preoccupa di tenere sempre la terra aperta verso il cielo”.

     
    “Il vero edificio che Dio ama costruire è la vita dei santi” – ha proseguito il Papa – e “anche ai nostri giorni, Roma ha bisogno di donne … tutte di Dio e tutte del prossimo”:

     
    “Donne capaci di raccoglimento e di servizio generoso e discreto; donne che sanno obbedire ai Pastori, ma anche sostenerli e stimolarli con i loro suggerimenti, maturati nel colloquio con Cristo e nell’esperienza diretta sul campo della carità, dell’assistenza ai malati, agli emarginati, ai minori in difficoltà. E’ il dono di una maternità che fa tutt’uno con l’oblazione religiosa, sul modello di Maria Santissima … Il cuore di Maria è il chiostro dove la Parola continua a parlare nel silenzio, e al tempo stesso è la fornace di una carità che spinge a gesti coraggiosi, come pure a una condivisione perseverante e nascosta”.

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    Nomina

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Les Cayes (Haiti), presentata da mons. Jean Alix Verrier, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Guire Poulard, finora vescovo di Jacmel. Mons. Guire Poulard è nato il 5 gennaio 1942 a Levêque (Petit-Goâve), nell’arcidiocesi di Port-au-Prince. È stato ordinato sacerdote il 25 giugno 1972 per l’arcidiocesi di Port-au-Prince. Eletto vescovo di Jacmel il 25 febbraio 1988, è stato consacrato il 15 maggio successivo.

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    La Terra Santa in attesa del Papa: i commenti di padre Pizzaballa, del rabbino Di Segni e Riccardo Pacifici

    ◊   Benedetto XVI, terzo Papa nella storia della Chiesa, pellegrino in Terra Santa dopo Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 2000. L’annuncio ufficiale ieri all’Angelus è stato accolto con gioia da cristiani e non cristiani del Medio Oriente. “Sarà un evento toccante e d’importanza primaria – ha commentato il presidente israeliano Shimon Peres - dal quale spira – ha aggiunto - un’aria di pace e di speranza”. Una visita di 8 giorni, dall’8 al 15 maggio, che si annuncia intensa di tappe e di incontri religiosi e civili. Roberta Gisotti ha intervistato a Gerusalemme padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terrasanta:

    D. - Padre Pizzaballa, come ha accolto lei questo annuncio, messo in discussione negli ultimi mesi da eventi bellici e tensioni tra mondo cristiano e mondo ebraico?

     
    R. - Naturalmente noi eravamo già informati di questa decisione, per cui non siamo stati colti di sorpresa. Ci fa ugualmente piacere, però, sapere che il Papa viene, e soprattutto che lui stesso abbia annunciato questa visita, dando così anche rilevanza a questo evento, che sicuramente sarà particolare.

     
    D. - Benedetto XVI compirà questo pellegrinaggio – come ha anticipato lui stesso - “per domandare al Signore il prezioso dono dell’unità e della pace per il medio Oriente e per l’intera umanità”. Può sembrare una domanda ingenua ma qual è l’ostacolo più grande al momento per raggiungere questo obiettivo, che sembra impossibile proprio in Terra Santa?

     
    R. – Non è facile rispondere. Ingenuamente posso rispondere, un po’ come la domanda, che il problema siamo noi, sono le persone, gli uomini che vivono qui, le storie, le religioni, gli attaccamenti appassionati, in maniera forse eccessiva, alla propria identità con la paura di accogliere l’altro. Io credo che in questo senso la visita del Papa ci sarà di grande incoraggiamento, ci aiuterà a guardare alto, a volare un po’ più in alto di quanto abbiamo fatto finora.

     
    D. – Padre Pizzaballa, ci si aspetta solo bene da questa visita o ci sono anche dei dubbi e timori o possibili incomprensioni anche da parte di altri soggetti politici e religiosi?

     
    R. – Naturalmente la Terra Santa è un crocevia molto delicato e anche gli equilibri sono molto delicati, sia tra le Chiese, come tra le diverse fedi, tra i popoli, la politica. Quindi, il Papa entra così in una cristalliera molto delicata, dove le strumentalizzazioni sono sempre in agguato. Ma sono certo che il Papa con la sua personalità, con il suo linguaggio, non si lascerà prendere da tutte queste considerazioni.

     
    D. – In che modo la Custodia di Terra Santa si sta preparando a questo importante evento?

     
    R. – I preparativi sono tantissimi dal punto di vista logistico, religioso, liturgico. Abbiamo finito da poco diverse riunioni e ne faremo altre con tutte le autorità competenti. Il tempo non è tantissimo, a dire il vero, ma confido che riusciremo a dare una degna accoglienza a Sua Santità.

     
    Felicitazioni per il viaggio del Papa in Terra Santa sono giunte da autorevoli esponenti del mondo ebraico in Italia. Alessandro Guarasci ha raccolto il commento del Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, che stamane ha avuto un breve colloquio con Benedetto XVI, a margine della sua visita in Campidoglio.
     

     
    R. – Sono lieto che il Papa vada in Terra Santa e quindi tocchi con mano i problemi di quel luogo e porti anche là un importante messaggio di partecipazione.

     
    D. – Un messaggio anche di pace, una pace di cui veramente c’è bisogno in questo momento in Terra Santa....

     
    R. – Di pace c’è sempre bisogno e quindi ben vengano i portatori di pace e che sia una pace reale.

     
    Parole di incoraggiamento per la missione di Benedetto XVI in Medio Oriente, ha espresso anche Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma. Ascoltiamolo al microfono di Alessandro Guarasci.

    R. – E’ un fatto straordinario, importante, mai come in questo momento. E’ la visita di un uomo - che è la guida spirituale di una delle tre grandi religioni monoteiste - che viene in Medio Oriente, non solo in Israele, e speriamo possa portare da una parte un messaggio di riconciliazione e dall’altra l’opportunità di ricordare valori sui quali l’ebraismo e il cristianesimo hanno fondato le più importanti democrazie del mondo, specialmente quelle dell’Europa. Soprattutto arriva in un momento in cui sappiamo che forse qualcosa si sta smuovendo, sia in seguito alle azioni svolte dall’amministrazione Obama, con la Clinton, che all’azione svolta dall’Unione Europea e anche dal governo italiano. C’è l’opportunità di dare una prospettiva al popolo palestinese con aiuti economici importanti che possono costruire le basi di un futuro Stato palestinese. Questo avviene all’indomani delle elezioni in Israele che sappiamo essere state anche queste molto particolari.

     
    D. – In questo momento sembra fondamentale il ruolo delle religioni per favorire anche un processo di pace in Medio Oriente...

     
    R. – Esiste un luogo comune del quale siamo spesso tutti quanti prigionieri, l’idea che le religioni portino guerra: non è vero. I messaggi genuini degli uomini di fede, quelli veri, non quelli che usano strumentalmente la fede per fini politici, portano invece sempre speranza e, soprattutto, la condivisione di costruire una società nella quale tutti possiamo fare qualcosa per portare del benessere.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Accoglienza e verità: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita del Papa in Campidoglio.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'Irlanda del Nord, dove è tornato l'incubo del terrorismo: l'uccisione di due soldati britannici rivendicata dalla Real Ira.

    Nel cosmo in cerca di un'altra casa: in cultura, Maria Maggi sulla sonda Kepler lanciata per scoprire pianeti simili alla Terra.

    Il rischio di ogni politico? L'idolatria dello Stato; l'utopia di Simone Weil fra politica e mistica: l'articolo di Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz pubbicato sull'ultimo numero della rivista "Vita e Pensiero".

    Paese che vai, Paradiso che trovi: Alessandro Scafi sulla conferenza internazionale - al Warburg Institute di Londra - dedicata alla cosmografia dell'Eden.

    Il segreto luminoso del cielo lunare: una riflessione di monsignor Inos Biffi sul canto di Piccarda Donati nella Divina Commedia.

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    Oggi in Primo Piano



    Irlanda del Nord: cattolici e protestanti uniti contro la violenza

    ◊   L’Irlanda del Nord è tornata a vivere l’incubo del terrorismo sabato notte, quando un commando di estremisti della Real Ira una frangia di irriducibili fuoriusciti dell’Irish Republican Army, ha fatto irruzione in una caserma di soldati britannici uccidendo due militari e ferendo altre quattro persone. L'attacco ha colpito la base di Massereene, nella contea di Antrim, a poca distanza da Belfast. Dove si trova la base del 38/mo reggimento del Genio. Il primo ministro britannico Gordon Brown ha detto che questo attentato non farà ''deragliare'' il processo di pace. Netta anche la condanna del presidente dello Sinn Fein, principale partito repubblicano dell’Irlanda del Nord, Gerry Adams, per il quale i responsabili dell’attacco vogliono distruggere il progresso fatto negli ultimi tempi e far precipitare di nuovo l'Irlanda nel conflitto''. Sul pericolo di un ritorno del terrorismo in Ulster Stefano Leszczynski ha intervistato Paddy Agnew, corrispondente in Italia del quotidiano Irish Times.
     
    R. – L’impressione è che quelli che hanno fatto questa strage sono una minoranza nella minoranza. I nordirlandesi hanno avuto un’esperienza di pace per più di quindici anni e la stragrande maggioranza sa benissimo quale sia il costo di una ripresa del conflitto. Allora, francamente, questi, secondo me, non andranno da nessuna parte e nessuno li seguirà.

     
    D. – Oggi cosa è successo all’Ira, all’Esercito repubblicano irlandese? Esiste ancora? Si è dissolto o è una struttura che sotterraneamente resiste?

     
    R. – Diciamo, in termini ufficiali, si è dissolto, non c’è più, non esiste più, ma ovviamente ci sono i combattenti, i militanti, quelli che sono cresciuti con la guerra nell’Irlanda del Nord. E loro continuano a fare questo. Poi, da tutte e due le parti, sia lealista che repubblicana, ci sono paramilitari, che sono francamente dei criminali, nel senso che gestiscono traffichi di droga e altre cose illegali. Oggi come oggi, quando parlo di questa gente, parlo piuttosto di criminali comuni, non di gente politicizzata.

     
    D. – Un altro cambiamento rispetto al passato, che forse segna una linea netta, è il fatto che un tempo si tendeva a connotare i repubblicani come cattolici, e gli unionisti come protestanti. Oggi, la prima reazione, domenica, è stata da parte della comunità religiosa una preghiera ecumenica. Questo ha un significato simbolico molto importante forse per l’Irlanda?

     
    R. – Sì, questa è la prova di quello che dicevo prima, che la stragrande maggioranza non ne vuole più sapere di queste guerre, di questi tipi di azioni violente. Anche nei momenti più duri della guerra, fra le due Chiese in Irlanda del Nord, c’erano sempre contatti, c’erano sempre iniziative ecumeniche. Quindi, quello che è successo dopo la strage di questo week-end, non mi sorprende per niente. La stragrande maggioranza sa benissimo che l’unica cosa da fare è stare insieme, guardando ad un futuro di pace.

     
    D. – Sia dall’Inghilterra, con le parole di Gordon Brown, che dal Nord Irlanda, con il leader dello Sinn Fein, Gerry Adams, è venuta una condanna immediata, ma soprattutto è stato sottolineato che nulla sarà in grado di intaccare il processo di pace. Questo vuol dire che la politica ormai è forte, è consolidata in Irlanda del Nord?

     
    R. – Non è forte e consolidata, ma lo sta diventando. Il processo di pace ha ancora punti deboli, lati fragili, e questo non si può negare. Poi c’è un’altra cosa che bisogna aggiungere: la crisi economica, che si sta facendo sentire molto duramente anche in Irlanda, non aiuta il processo di pace. Quello che è stato di grande aiuto al processo di pace è stato il grande boom economico dell’Eire. Adesso che questo si è fermato un poco, c’è il rischio che tanta gente che si trova disoccupata, che non ha più lavoro, si presti a fare gesti criminali come hanno fatto in questo week-end.

     
    Dunque la reazione dei cittadini è stata compatta contro il ritorno alla violenza come spiega, al microfono di Lydia O’Kane, il vescovo di Down and Connor, mons. Noel Treanor, che si sofferma sulla preghiera ecumenica:

     
    R. – An Ecumenical prayer service was held...
    L’incontro ecumenico di preghiera si è tenuto nei dintorni della città di Antrim. Quando è avvenuto l’attacco, è stata organizzata spontaneamente questa funzione dalla Chiesa locale, cioè dai preti cattolici locali e dalle Chiese di altre denominazioni cristiane lì presenti. Il rito ha visto la partecipazione di circa un milione di persone. Questo penso indichi che i cittadini sono molto rattristati e inorriditi, dal fatto che il processo di pace in corso sia minacciato da questo attacco omicida e brutale.

     
    D. – Come si può attenuare la paura della gente, che non vuole tornare a quella situazione di difficoltà?

     
    R. – I think that it’s true that a new process...
    Penso che sia vero che si sia dato l’avvio ad un nuovo processo, con la firma dell’accordo storico di Belfast nel 1998. L’assemblea e l’esecutivo finora hanno lavorato bene. La gente ha capito naturalmente che la pace stabilita è fragile, che c’è bisogno di più lavoro da parte dei politici e da parte di tutti i cittadini, per sviluppare quella pace e promuovere la riconciliazione. Quello che dobbiamo fare ora come comunità e leader di tutte le parti - leader politici, leader della Chiesa, leader cristiani – e come cittadini normali, è radunarci e cooperare per aprirci a negoziati di pace e dialogo, ed anche consigliare ed incoraggiare tutti a non rendere in nessun modo accattivante la violenza del passato, non considerando la violenza come la risposta a qualsiasi situazione difficile. Tutti quelli che vivono nell’Irlanda del Nord e che hanno sofferto la violenza per decenni lo sanno nella loro carne e nelle loro ossa.

     
    D. – C'è un grande impegno per la pace...

     
    R. – Yes, there is an immense momentum…
    Sì, c’è grande impeto, impeto politico, nell’Irlanda del Nord. Si è avuta l’esperienza per un certo numero di anni di assemblee che funzionavano, a parte alcuni periodi di impasse, che sono stati risolti. E nella società civile non c’è solo la convinzione, ma ormai l’esperienza di tanti anni, di un desiderio sociale e di una speranza per il dialogo e la costruzione di un futuro, in cui tutti possano avere gli stessi diritti, dove tutti sperimenteranno la giustizia, e dove tutti insieme lavoreremo in tutti gli ambiti della vita, per costruire una società in cui tutti hanno una parte, la stessa parte, e dove sarà assicurato un trattamento egualitario, la giustizia, ed un contesto pacifico dove lavorare e vivere con la propria famiglia.

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    Seminario per i vescovi responsabili delle Comunicazioni Sociali: intervista con mons. Celli

    ◊   E’ iniziato oggi a Roma un Seminario per i vescovi responsabili delle Comunicazioni Sociali nelle Conferenze episcopali. I presuli rifletteranno per cinque giorni sulle nuove prospettive per la comunicazione ecclesiale in un’epoca di grandi cambiamenti nelle tecnologie e nella cultura delle comunicazioni. Sugli obiettivi di questo Seminario ascoltiamo mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, dicastero che ha promosso l’evento. L’intervista è di Philippa Hitchen:

    R. – I vescovi saranno invitati ad avere una conoscenza approfondita di ciò che sta avvenendo nel campo dei media, a vederne le problematiche che emergono: vedere come emerge una nuova cultura da queste nuove tecnologie. Il Papa parla di nuove tecnologie e nuove relazioni, ma sottolinea anche che bisogna promuovere una cultura di dialogo, di rispetto e di amicizia. Il tema sul quale i vescovi sono invitati a riflettere sarà da un lato una più approfondita conoscenza di ciò che sta avvenendo e dall’altro vedere a che cosa la Chiesa è chiamata per essere presente in questa nuova cultura digitale che sta emergendo, vedere cosa oggi può dare e come può intessere un dialogo con questa nuova realtà.

     
    D. - La Chiesa come guarda a queste nuove tecnologie?

     
    R. – La Chiesa non guarda più alle nuove tecnologie solamente come nuovi strumenti ma come promotori, come ispiratori, come fattori, creatori di una nuova cultura. Il nostro problema è vedere come i vescovi entrano in dialogo. Sarà interessante perché la prima parte del congresso sarà vedere, capire e incominciare a scoprire alcune linee antropologiche, poi i professori della Salesiana aiuteranno i vescovi a fare un passo ulteriore e a capire come poter essere presenti pastoralmente in questa cultura.

     
    D. – Questo seminario ha anche un traguardo preciso, quello di aggiornare l’insegnamento della Chiesa sui nuovi media. Quali sono gli obiettivi in questo senso?

     
    R. – L’ultimo giorno e mezzo sarà dedicato a vedere come riusciamo a delineare alcune linee guida di una nuova pastorale e, quindi, vedere se riusciamo a delineare già le linee portanti di un nuovo documento, perché “Aetatis novae”, del 1992, comincia già a diventare vecchio. Direi che dal ’92 a oggi le tecnologie hanno fatto dei balzi in avanti e rispetto al ’92 sta emergendo veramente questa cultura digitale che è fatta di nuove realtà. Pensiamo a questi social networks dove oggi si incontrano centinaia di milioni di persone. Molta gente crea rapporti che vanno al di là della barriera geografica o nazionale e questo ha un significato profondo, è un cammino. Per esempio, ero a Dallas poco tempo fa, e qui c’è un gruppo di persone che cerca di promuovere un social network cattolico per difendere specialmente le giovani generazioni. Il problema è che il non vedere l’altro, oppure che l’altro sia soltanto un nome, questo permette atteggiamenti disinibiti e per di più le “cam” oggi permettono questi rapporti virtuali che creano uno stile di vita che ti fanno perdere certi valori. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La crisi economica mondiale al centro del Simposio in Vaticano di Celam e Misereor

    ◊   Si è concluso presso la Casa Santa Marta, in Vaticano, il Simposio che ha visto riuniti 10 vescovi del Celam, il Consiglio Episcopale Latinoamericano e dei Carabi, e 10 esperti dell’opera caritativa tedesca Misereor, fondata nel 1958 dall’allora arcivescovo di Colonia, il cardinale Josef Frings, per sostenere i poveri dei cinque continenti. L’incontro ha avuto lo scopo di affrontare tutti i temi legati alla crisi economica mondiale, sullo sfondo dei cambiamenti climatici. Sui contenuti del Simposio, il padre Eberhard von Gemmingen ha intervistato uno dei presuli latinoamericani presenti, il vescovo guatemalteco mons. Alvaro Leonel Ramazzini:

    R. – Abbiamo avuto la partecipazione di esperti che hanno fatto degli studi sul cambiamento del clima, il riscaldamento globale, l’uso delle risorse, e hanno aiutato anche noi vescovi a capire che il problema deve essere compreso non soltanto dal punto di vista realistico delle comunità in cui noi viviamo, ma che deve essere impostato su un profilo strettamente scientifico. Abbiamo visto che la situazione è molto grave per tutto il Pianeta e che si devono prendere delle decisioni se non vogliamo che questa situazione del riscaldamento globale, della scarsità dell’acqua, dell’uso delle risorse, della povertà, si faccia più grave di quello che è adesso.

     
    D. – Si parla ora della crisi di molte banche nel mondo: questo ha influenzato le vostre discussioni?

     
    R. - Abbiamo parlato anche di questo, che è il risultato dell’avidità e di questo senso disordinato di voler “avere” senza limiti. Abbiamo constatato che anche un sistema che si credeva fosse inamovibile è crollato e questo ci aiuta a capire come l’ansia di accumulare soldi porti a questi risultati.

     
    D. – Dal Simposio avete avuto suggerimenti sulla ricerca di un nuovo sistema economico mondiale?

     
    R. – Si è parlato molto di riuscire ad avere un nuovo ordine economico mondiale, di avere un organismo che possa portare avanti quest’ordine e verificare che questo ordine abbia dei principi che rispettino la dignità delle persone. Si è parlato di avere un contratto globale al fine di far capire che i beni del mondo sono per tutti, non solo per alcuni, e che c’è bisogno di un regolamento che venga a stabilire dei rapporti fondati sulla giustizia e sulla condivisione dei beni. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Pil mondiale in negativo nel 2009: non accadeva dal 1945

    ◊   La crisi finanziaria rischia di avere conseguenze pesanti per l’economia mondiale che, nel 2009, potrebbe contrarsi per la prima volta dal 1945, complice anche la maggiore frenata degli ultimi 80 anni per il commercio mondiale. Le previsioni della Banca Mondiale, contenute in un documento in vista del G20 dei ministri finanziari e dei banchieri centrali, sono più pessimistiche di quelle rilasciate in gennaio (+0,5%) dal Fondo Monetario Internazionale che, comunque, nelle ultime settimane aveva messo in guardia dall'eventualità di un Pil negativo per il 2009, con una ripresa slittata al 2010. Pur senza fornire stime dettagliate, l'istituto di Washington ritiene che il commercio mondiale subirà una brusca battuta d'arresto, mentre la produzione industriale dovrebbe accusare, entro la metà del 2009, un -15% rispetto ai livelli del 2008. Soluzione a questo problema potrebbe essere una aumento della domanda, come ha affermato il consigliere economico della Casa Bianca, Lawrence Summers, che in un intervista ha esortato i Paesi del G20 a sostenerla. Forti le ripercussioni della crisi anche sui Paesi in via di sviluppo, che quest'anno - sempre secondo le stime della Banca Mondiale - potrebbero registrare un deficit finanziario fra i 270 e i 700 miliardi di dollari. Solo un terzo dei Paesi in via di sviluppo - avverte l'istituto - ha le risorse per prevenire un aumento della povertà. La Banca Mondiale ha chiesto alle economie avanzate, nel corso dell'ultimo G7, di destinare lo ''0,7%-1%'' dei propri piani di stimolo fiscale ai paesi poveri così da evitare una catastrofe umanitaria. Nel documento in vista del G20 la Banca Mondiale constata come 94 dei 116 paesi in via di sviluppo hanno sperimentato un rallentamento della crescita. I settori più colpiti sono quelli finora più dinamici, quali le costruzioni e il comparto manifatturiero. E la situazione non è migliore in Europa. Secondo un primo progetto del documento del "Comitato per l'occupazione e per la protezione sociale", contenente i messaggi chiave del Consiglio Epsco al Consiglio europeo di primavera, la recessione potrebbe causare altri 6 milioni di disoccupati entro il 2010 e produrre "gravi conseguenze sociali per le famiglie e le persone". (A cura di Virginia Volpe)

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    La denuncia della Caritas: bambini dimenticati nella lotta all'Aids

    ◊   La Caritas sta lanciando una campagna globale per chiedere ai Governi e alle compagnie farmaceutiche di sviluppare le cure per l'Hiv/Aids e la tubercolosi che potrebbero salvare ogni giorno la vita di 800 bambini affetti da queste malattie. I bambini dei Paesi poveri non hanno accesso ai medicinali che permetterebbero loro di vivere più a lungo e in modo più sano. Spesso non riescono ad accedere a test accurati se non quando è troppo tardi. La maggior parte dei bambini che muoiono ogni anno non avrebbe neanche contratto l'Hiv se la madre fosse stata curata. Per questo motivo, la Caritas esorta i giovani di tutto il mondo a scrivere ai Governi e alle compagnie farmaceutiche attraverso risorse disponibili sul suo sito web. I Governi e le compagnie giocano un ruolo di primo piano per l'accesso alle cure da parte dei bambini. La Caritas vuole che sviluppino medicinali per affrontare l'Hiv e la tubercolosi nei bambini, aumentare la prevenzione della trasmissione materno-filiale ed eliminare le barriere che escludono donne e bambini dalla diagnosi e dalle cure. La delegata di Caritas Internationalis presso le Nazioni Unite a Ginevra, Francesca Merico, ha affermato che “senza cure adeguate un terzo dei bambini nati con l'Hiv morirà prima del primo compleanno, e metà prima di aver compiuto due anni. Le cure antiretrovirali pediatriche per l'Hiv e la co-infezione Hiv/tubercolosi nei bambini - ha detto - non è considerata redditizia visto che il mercato per queste cure riguarda prevalentemente i Paesi poveri. Come possiamo permettere che venga data priorità al profitto anziché alle persone? Dobbiamo continuare ad esercitare pressioni di modo - ha invocato la Merico - che tutte le donne affette da Hiv possano essere curate e si possa evitare la trasmissione del virus ai loro figli, tutti i bambini possano avere una diagnosi tempestiva dell'Hiv e tutti quelli che ne sono affetti possano accedere alle cure salvavita che meritano”. La Convenzione sui Diritti del Fanciullo - riferisce l'agenzia Zenit - festeggerà il suo 20° anniversario il 20 novembre. Riconosce il diritto dei bambini a godere del più alto standard sanitario possibile e l'accesso alle cure e alla riabilitazione. La Caritas sta esortando i leader politici ad approfittare di questa occasione speciale per dire ai bambini del mondo come hanno promosso e rispettato il diritto dei bambini alla salute rendendo gli strumenti per la diagnosi e la cura dell'Hiv accessibili a tutti. (R.P.)

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    Sri Lanka. Forum ecumenico indiano: appello per salvare i civili

    ◊   Proteggere i diritti umani, salvare i civili innocenti, fermare il massacro di vite umane in corso nel Nord dello Sri Lanka: sono le richieste contenute in un Memorandum inviato al governo di Colombo da parte del Forum ecumenico indiano, con sede a Madurai, che riunisce le Chiese di tutte le confessioni dell’India del Sud. Il Forum esprime la sua crescente preoccupazione per i civili vittime del conflitto in Sri Lanka: le loro condizioni continuano a peggiorare, dato l’intensificarsi della guerra che non lascia scampo alle famiglie intrappolate nelle zone di conflitto. Nessuna delle due parti in lotta, affermano i cristiani, sembra preoccuparsi della loro sorte e non sono state individuate nè previste “zone franche” per l’assistenza umanitaria. Il Forum raccoglie gli appelli lanciati nelle scorse settimane dai vescovi di Jaffna, Mannar, Trincomalee-Batticaloa, nonchè gli allarmi più volte inoltrati dalle organizzazioni internazionali come la Caritas e la Croce Rossa, che cercano di operare sul campo ma che non hanno accesso alle zone di conflitto e non possono aiutare i civili sfollati. Il testo, ripreso dall'agenzia Fides, ricorda che i cristiani di tutte le confessioni si stanno impegnando, a livello internazionale, in una campagna di solidarietà con le vittime della guerra , che sono soprattutto civili di etnia tamil. Nel Memorandum – inviato al governo dello Sri Lanka, al governo indiano e a all’Onu – il Forum ammonisce che la vita umana è un dono di Dio e che trattarla con sommo dispregio, come avviene in questa fase della guerra, è un peccato contro l’Onnipotente. Il testo chiede la fine immediata delle ostilità e la possibilità che le organizzazioni umanitarie possano intervenire nella zona per prestare urgente assistenza alle popolazioni intrappolate sotto il fuoco incrociato, che stanno soffrendo molto a causa del conflitto. Inoltre il Forum chiede al governo indiano di fermare le forniture militari a Colombo e invita l’Onu a riportare con forza nell’agenda internazionale la questione della guerra in Sri Lanka, che sta penalizzando fortemente la minoranza tamil. (R.P.)

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    Filippine: i cardinali Rosales e Vidal reclamano la riforma agraria

    ◊   La Chiesa cattolica filippina sostiene i contadini poveri del Paese e chiede l’estensione della legge sulla riforma agraria (Carp). Venerdì scorso due cardinali, Gaudencio Rosales di Manila e Ricardo Vidal di Cebu, hanno incontrato la presidente Gloria Macapagal-Arroyo discutendo della legge al vaglio del parlamento. I porporati - riferisce l'agenzia AsiaNews - auspicano che essa sia a beneficio “degli agricoltori poveri” e invitano i politici a “estendere la riforma per altri cinque anni”. Secondo padre Anton Pascual, direttore esecutivo di Caritas Manila, la presidente ha promesso ai due porporati che la sua amministrazione è “una cosa sola con la Chiesa” nella lotta per l’approvazione della riforma agraria. Il pieno sostegno della Arroyo è un punto importante per la Chiesa, ma è il parlamento che dovrà decidere se prolungare o meno la legge. Padre Pascual chiede che venga esercitata una “pressione morale” nei confronti dei politici del Paese e invita i vescovi a “chiamare di persona” deputati e senatori delle proprie diocesi per convincerli “ad approvare la legge di riforma agraria. Abbiamo a disposizione tre mesi per ribaltare la situazione a favore del Carp”. Gli effetti della legge sulla riforma agraria – promulgata nel 1988 e rinnovata dieci anni più tardi – sono cessati nel dicembre 2008. Gli autori del Carp e gli agricoltori del Paese hanno criticato le modalità di estensione della legge sino al giugno 2009, perché non include una disposizione che obbliga “ad acquisire e distribuire” le terre a favore dei contadini poveri: “”Essa – sottolineano – è il cuore e l’anima del Carp”. (R.P.)

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    Le Chiese del sud-est europeo insieme per il riconoscimento giuridico

    ◊   Le Conferenze episcopali della regione del sud-est europeo potrebbero avviare un’azione comune presso le istanze europee per risolvere il comune problema del “riconoscimento dello status giuridico delle loro istituzioni ecclesiali nell’ordinamento legislativo del rispettivo Paese”. “Tale azione si potrebbe svolgere in collaborazione con l’Inviato Speciale - Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa e il Ccee (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa)”. L’intenzione è tra i punti discussi e approvati durante l’incontro dei Presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa che su iniziativa del Ccee si è svolto dal 3 all’8 marzo a Iskenderum, in Turchia, in occasione dell’anno paolino. Otto, le Conferenze episcopali rappresentate: Albania, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Grecia, Moldavia, Romania, la Conferenza Episcopale Internazionale Santi Cirillo e Metodio e la Turchia. Nel comunicato finale, il Ccee si sofferma sulla situazione vissuta dalle comunità arabofone, quelle dei cattolici di rito orientale, quelle siro-ortodosse, caldee e quelle cattoliche latine. “Pur presenti nel 1923” - si legge nel comunicato, ripreso dal Sir - queste comunità “non sono state riconosciute come minoranze e, quindi, non hanno mai, fino ad oggi, goduto di personalità giuridica. Questo mancato riconoscimento ha avuto come conseguenza una forte restrizione dell’autonomia di gestione delle comunità religiose negli ambiti non soltanto amministrativi ed economici ma anche pastorali e spirituali”. Il Ccee evidenzia inoltre che “l’ultimo monitoraggio sulla Turchia prodotto in vista del suo possibile ingresso come Paese membro dell’Unione europea (ottobre 2008), ha evidenziato che la libertà religiosa, invece, in questo Paese è progredita assai poco”. Proprio perché “Chiese minoritarie e in paesi a maggioranza ortodossa o musulmana”, i vescovi del Sud-Est Europa auspicano - nelle conclusioni finali – “un maggior coinvolgimento sia nel dialogo con le rispettive chiese ortodosse svolto dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, come pure nel dialogo con l’Islam promosso dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso”. (V.V.)

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    La Chiesa latinoamericana al fianco dei popoli indigeni

    ◊   In questi giorni è stata pubblicata la dichiarazione finale dell'Incontro latinoamericano di pastorale indigena che si è svolto la seconda settimana di febbraio a Lima, in Perú, e che ha visto la partecipazione di numerosi vescovi e agenti pastorali, provenienti da 10 nazioni della regione che lavora nell'ambito della "pastorale dei popoli indigeni". I lavori sono stati coordinati da mons. Rodolfo Valenzuela, vescovo di Verapaz, Guatemala, attuale responsabile della sezione per i popoli aborigeni del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). "In quest'incontro, si legge, abbiamo affrontato il tema centrale della 'Parola di Dio e l'inculturazione' tenendo presente, come guida, il recente Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, la Parola di Dio nel processo d'inculturazione, l'Animazione biblica della pastorale indigena e, infine, l'evangelizzazione dei popoli aborigeni nel documento di Aparecida. I partecipanti, parlando di "un fruttuoso lavoro in un ambiente di preghiera, fratellanza, libertà e grande speranza", dichiarano con soddisfazione di poter "registrare avanzamenti importanti della pastorale indigena alla luce della Parola di Dio in tutta l'America Latina" e rilevano di aver "potuto condividere le molteplici esperienze bibliche che si vivono nel mondo aborigeno" dei Paesi partecipanti. In 10 punti, i presuli commentano alcuni momenti dei lavori ribadendo che "l'annuncio e la testimonianza della persona di Gesú Cristo a partire delle Sacre Scritture in quanto incontro personale con Lui, rinforza l'incarnazione della fede cristiana nella vita dei popoli che possiedono una lunga tradizione storica di fede e spiritualità". Nella misura in cui "la fede si incarna nelle comunità vive che possiedono una propria cultura", il documento invita gli agenti della pastorale indigena "ad imparare le lingue di questi popoli", promuovendo, "perché è un diritto", "la traduzione della Bibbia in queste lingue" affinché "possano sperimentare la presenza dell'amore del Padre nel proprio idioma". D'altra parte occorre riconoscere, si osserva, "che il processo d'inculturazione è un'esperienza comunitaria" e dunque sono "gli stessi popoli indigeni a essere i principali agenti dell'inculturazione". Ciò significa, come si legge nel documento di Aparecida al numero 96 che è urgente una "conversione pastorale, personale e istituzionale" per "decolonizzare le nostre menti e condividere le loro lotte per una vita dignitosa". Un atteggiamento di questa natura, assicura il documento dell'Incontro, ci aiuterà "a scoprire i carismi di queste comunità". In questo contesto, prima di concludere, i presuli manifestazione piena fiducia "negli indigeni, negli agenti pastorali, affinché "possano occupare il luogo che corrisponde a ciascuno nel processo dell'inculturazione del Vangelo". Al riguardo "è urgente una vicinanza più immediata, con la Parola e attraverso la Parola, a queste comunità e a questi agenti affinché la Bibbia sia il centro di ogni cosa". I partecipanti hanno manifestato infine totale solidarietà ai vescovi del Perú che, recentemente, con il documento "Valore e sviluppo dei popoli dell'Amazzonia", hanno denunciato i molti flagelli che colpiscono queste comunità. "Situazioni simili si vivono in altri Paesi dell'America Latina. E' un crimine lo sfruttamento indiscriminato dell'ambiente che è fonte di vita per tutta l'umanità". (A cura di Luis Badilla)

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    Intervento dell’arcivescovo di San Salvador sulle elezioni del 15 marzo

    ◊   Ieri, ad una settimana dalle elezioni presidenziali del 15 marzo, mons. José Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, durante la sua tradizionale conferenza stampa dopo la celebrazione eucaristica, ribadendo i concetti espressi dall’episcopato lo scorso gennaio, ha chiesto “a tutti gli elettori, partiti e candidati, di accettare lealmente i risultati delle urne. Il nostro appello si rivolge a tutti i cittadini. Così è possibile evitare qualsiasi tipo di violenza”. Al tempo stesso il presule ha chiesto la medesima cura “democratica e tollerante” durante questi giorni di chiusura della campagna elettorale”. Interpellato sull’andamento del processo elettorale l’arcivescovo ha risposto che “la Chiesa non è in grado di dare opinioni tecniche anche perché non è la sua missione. Le nostre sono considerazioni pastorali” e dunque “non aspettatevi da noi valutazioni positive o negative. Sono in gioco molti interessi e ciascuno ha la propria ottica. La Chiesa salvadoregna non desidera apparire in favore di alcuni e contro altri”. In questo momento, ha osservato l’arcivescovo, la cosa più importante è che ciascuno “sappia fare discernimento con serietà e in clima di preghiera. Questo lo aiuterà a votare”. Come già in passato ha fatto la Conferenza episcopale di El Salvador, mons. Escobar Alas, ha parlato a lungo sulle principali questioni che devono essere risolte in seno all’Assemblea nazionale eletta nel gennaio scorso, citando al riguardo l’emendamento costituzionale allo studio sulla “protezione e difesa della famiglia e del matrimonio, in quanto unione fra un uomo e una donna”. D’altra parte il presule ha voluto anche sottolineare la responsabilità dei candidati alla presidenza della Repubblica dicendo che “loro sono chiamati a parlare con chiarezza su queste materie affinché gli elettori sappiamo cosa voteranno, giacché non si tratta solo di eleggere persone, ma soprattutto fare delle scelte programmatiche”. Mons. Escobar Alas, ha ripetuto ai giornalisti quanto detto dall'episcopato: "Dobbiamo vedere, alla presenza di Dio, quello che è conveniente per il Paese ed esprimere la nostra opinione. Votare, significa assumersi responsabilmente il ruolo di cittadini perché tutti siano protagonisti e destinatari della politica". (A.D.)

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    Argentina: lettera dei vescovi per la campagna per il sostentamento del clero

    ◊   "Siamo fratelli e famiglia: facciamo la Chiesa". Così recita l'invito della V Campagna nazionale argentina per il sostentamento del clero che si svolgerà il 21 e il 22 marzo per decisione dell'Episcopato e in occasione della quale i vescovi - il primo gruppo dei quali in questi giorni si trova a Roma per la quinquennale "visita ad Limina" - hanno scritto ai fedeli una lettera chiedendo loro "una partecipazione generosa per venire incontro all'opera evangelizzatrice" nel Paese sudamericano. I presuli chiedono di dare un contributo con "doni personali e materiali" che l'intera comunità ecclesiale necessita per far fronte all'aumento delle richieste, in particolare dei settori più colpiti dalla crisi. "Insieme facciamo molto per gli altri", ricordano i vescovi che osservano: “ Preme la responsabilità condivisa di annunciare Gesù in ogni luogo e circostanza affinché, attraverso la sua fede e il suo amore, possa crescere il Regno che non è altro che giustizia, pace e allegria nello Spirito Santo". Ricordando che donare alla propria chiesa non consiste soltanto nel rinunciare a qualcosa di personale, la Conferenza episcopale argentina ricorda che in sostanza si tratta "di un'esperienza dell'amore di Dio e di un compito di tutti". Spiegando il senso vero della V Campagna nazionale i presuli aggiungono: "In Cristo abbiamo potuto conoscere la vita intima di Dio che è comunione di tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ciò è il dono più prezioso che ci offre" poiché ci indica il cammino della "comunione, della condivisione, dell'incontro". "Condividendo con noi la sua natura divina nell'Incarnazione, ci fa diventare figli suoi e fratelli tra noi". Dopo alcune considerazioni sulle difficoltà che vivono quasi tutti i popoli e le nazioni del mondo, aggravate con l'avvento della crisi internazionale in corso, i vescovi ricordano che "il mondo ha un grande bisogno di giustizia, concordia e amicizia sociale”. I fedeli e le comunità devono avere una totale consapevolezza di essere, tutti, senza eccezione, Chiesa e ciò significa accogliere il tempo che ci chiama a condividere ciò che siamo perché il mondo abbia vita. Ci affliggono le gravissime forme di povertà e la Parola di Dio ci interpella: Cristo essendo ricco si fece povero, essendo Dio si fece uomo, per noi. L'amore di Cristo ci spinge e attende la nostra risposta”. Sono numerose le opere sociali, educative e di beneficenza che la Chiesa argentina sostiene e finanzia. Molte di queste organizzazioni, negli ultimi tempi, affrontano una pressione di nuove richieste soprattutto da parte dei licenziati, delle famiglie che conoscono il dramma della tossicodipendenza e da madri con numerosi figli. Le scuole materne, elementari, medie e Istituti superiori, esclusi i centri universitari, sono 4.722 e gli ospedali, ambulatori, lebbrosari, orfanotrofi, centri di riabilitazione, e mense popolari quasi 5mila.(A.D.)

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    Madagascar: associazione francescana in aiuto alle famiglie in difficoltà

    ◊   I francescani impegnati in Madagascar hanno dato vita, attraverso le donazioni ricevute e il lavoro di volontari, all'associazione "Rayon de Soleil", Raggio di Sole. L’associazione si occupa in particolare del sostegno alle famiglie in difficoltà, ai bambini prima di tutto rimasti orfani. I "Bambini del Sole", come vengono chiamati, godono così di pasti giornalieri e di assistenza sanitaria. Attualmente - riferisce l'agenzia Fides - le famiglie assistite dall'associazione sono 19 nella località di Antisarabé. Ad esse "Raggio di Sole" ha aperto un microcredito rimborsabile senza interessi in 6/12 mesi. Il prestito serve per mettere in piedi una bottega o per cominciare a costruirsi una casa. Animatore del progetto ed assistente spirituale dell’associazione è il francescano italiano padre Gabriele, che rileva come “il microcredito sembra funzionare bene: buona parte delle somme prestate è già stata restituita dalle famiglie”. (A.M.)

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    I rabbini d'Europa a confronto su famiglia e bioetica

    ◊   La bioetica, la famiglia, le relazioni ebraico-cristiane, "estremamente buone nonostante tensioni passeggere": sono stati i temi al centro dell'incontro organizzato nei giorni scorsi a Parigi dal Rabbinical centre of Europe (Rce), che ha sede a Bruxelles. Circa trecento i rabbini partecipanti al seminario (dedicato alla famiglia ebrea "in tutte le sue situazioni"), venuti principalmente dal continente ma anche da Israele. I lavori hanno messo in luce la preoccupazione dei ministri del culto per i problemi, aggravati dalle conseguenze della crisi economica e finanziaria, che toccano da vicino le famiglie, come la piaga dei divorzi - cresciuti anche nella comunità ebraica - e la crisi legata alla partecipazione attiva dei fedeli. Il pericolo maggiore è quello dell'assimilazione, secondo i rabbini "una delle cause principali dell'erosione della pratica religiosa". Tuttavia, i rappresentanti dell'Rce hanno evidenziato anche il numero delle conversioni all'ebraismo (senza però fornire delle cifre) rilevando che esse rappresentano spesso la scelta di persone provenienti da coppie miste - padre ebreo, madre non ebrea - che desiderano avvicinarsi alla religione dei loro antenati. E sull'emergenza divorzi i rabbini consigliano, prima del matrimonio, di "provare a pensare a un avvenire per la famiglia e a studiare dei progetti di coppia coerenti". Altro tema affrontato a Parigi è stato quello della bioetica. La risposta da dare "di fronte a una sofferenza personale" - è stato sottolineato - deve essere insieme "pragmatica ed etica. Il gran rabbino di Parigi, David Messas, ha ricordato come la riflessione sulla bioetica può suscitare dei "punti di convergenza" tra cristiani ed ebrei. Con l'arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois, è stato raggiunto un accordo per un testo comune sulla questione del fine vita. Il documento, per il quale si prevedono sei mesi di redazione, dimostra - ha detto Messas - come un "compromesso" fra le due confessioni è possibile. "Le nostre relazioni - ha assicurato il gran rabbino di Parigi - sono estremamente buone. Dopo il Concilio Vaticano II abbiamo fatto insieme numerose riunioni e costituito commissioni comuni. I nostri legami hanno fatto straordinari progressi". David Messas ha apprezzato "la condanna senza equivoci" della Shoah espressa da Benedetto XVI e dalla Chiesa di Francia e ha ribadito che l'unica priorità è di "continuare a dialogare" con i cristiani, soprattutto "sul terreno dell'azione sociale". In questo contesto, il prossimo viaggio del Papa in Terra Santa assume, per il gran rabbino di Parigi, "un'importanza simbolica". Perché Israele "non ha intenzione di cristallizzare delle tensioni passeggere" bensì "ha a cuore l'amicizia, la pace e la solidarietà". (V.V.)

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    Usa: i vescovi lanciano una campagna e-mail per la vita

    ◊   La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha lanciato una campagna per posta elettronica esortando il Congresso a mantenere le politiche a favore della vita e a opporsi a finanziare con fondi federali e promuovere l'aborto. L'iniziativa - riporta l'agenzia Zenit - amplia la massiccia campagna di cartoline lanciata nelle diocesi di tutto il Paese a gennaio. I due sforzi vengono coordinati in partnership con l'organizzazione Comitato Nazionale per un Emendamento sulla Vita Umana (NCHLA). Dal 1993, il NCHLA ha coordinato campagne di cartoline che danno ai cittadini strumenti per esprimere al Congresso i loro punti di vista a favore della vita, in modo chiaro e rispettoso. La campagna attuale non ha precedenti negli obiettivi, superando quelle patrocinate finora dai vescovi. Deirdre A. McQuade, responsabile per la Politica e le comunicazioni delle attività Pro-Vita della Conferenza episcopale, ha spiegato – come rende noto la pagina web dei vescovi statunitensi – che questa campagna si aggiunge a quella delle cartoline. “Decine di milioni di cartoline sono state distribuite in parrocchie, scuole, chiese non cattoliche e organizzazioni cittadine di tutto il Paese – ha detto –. La campagna per e-mail darà ancor di più ai cittadini la possibilità di partecipare”. Il messaggio di posta elettronica esorta i senatori e i rappresentanti a “mantenete le attuali leggi contro il finanziamento e la promozione dell'aborto”. (R.P.)

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    Lettera quaresimale del cardinale Mahony ai fedeli di Los Angeles

    ◊   Un periodo di quaresima dedicato a “una riflessione più profonda sulla nostra vita in Dio, a mettere in ordine le nostre esigenze personali dando la priorità ai valori dello spirito, a vivere il nostro impegno quotidiano all’insegna del sacrificio personale”; così il cardinale Roger Michael Mahony ha esortato i suoi fedeli dell’arcidiocesi di Los Angeles a vivere i quaranta giorni che precedono la Pasqua. Nella lettera di quaresima pubblicata nei giorni scorsi, il porporato della California ha esaminato anche l’attuale difficile situazione economica che nella sua arcidiocesi ha già causato la perdita di migliaia di posti di lavoro provocando insicurezze per il futuro in moltissime famiglie. “Negli anni precedenti – afferma il cardinale – quando la vita quotidiana e la sicurezza finanziaria erano maggiormente prevedibili, la quaresima era considerata dai credenti come un periodo di particolari sacrifici ma di durata limitata. Ma ora dobbiamo affrontare una nuova realtà. Quest’anno non siamo noi a scegliere quali sacrifici affrontare ma sono questi ultimi che piombano su di noi”. Il periodo si penitenza – prosegue il porporato – è tuttavia una stagione che può dare nuovi frutti. “La penitenza – spiega – significa mettere da parte orgoglio e autosufficienza per realizzare che la strada della vera vita è quella che ci porta ad accettare quanto ci circonda con la coscienza che Dio è ancor più presente in situazioni che sembrano disperate e senza via d’uscita”. (V.V.)

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    Giornata di preghiera per le missioni a Czestochowa

    ◊   Ieri le Pontificie Opere Missionarie dell’arcidiocesi di Czestochowa hanno organizzato presso tutte le chiese e le parrocchie, una Giornata di preghiera per le missioni della Chiesa e la raccolta degli aiuti per sostenerre i missionari e i progetti missionari. La raccolta dei contributi è stata realizzata insieme all’Opera missionaria “Ad gentes”, iniziativa nata in Polonia nel 2005 come risposta all’appello lanciato da Benedetto XVI. “La preghiera e la raccolta sono il nostro aiuto per i missionari che vogliono organizzare e realizzare progetti impostati sull’evangelizzazione, la carità e l’educazione – spiega a Fides don Jacek Gancarek, direttore delle Pontificie Opere Missionarie dell’arcidiocesi di Czestochowa -. Da tre anni in tutta la Polonia si realizza, sempre nella seconda domenica di Quaresima, la giornata dedicata all’Opera ‘Ad gentes’”. Attualmente 13 sacerdoti e 3 laici missionari dell’arcidiocesi lavorano in diversi paesi di Africa, Asia e America Latina (Camerun, Zambia, Argentina, Papua Nuova Guinea, Brasile, Ecuador, Filippine, Tunisia) e anche in Europa Orientale (Bielorussia e Ucraina). Presso le parrocchie dell’ arcidiocesi sono tanti i gruppi e i movimenti delle Pontificie Opere Missionarie, così come anche nelle scuole, durante l’ora di religione, si presenta la problematica missionaria. Le Pontificie Opere Missionarie di Czestochowa organizzano anche periodicamente durante l’anno i “Laboratori missionari” che hanno per argomento principale l’Educazione alla Missione. Nei laboratori alcuni missionari presentano il loro lavoro, la problematica missionaria, le sfide per la Chiesa nel campo dell’evangelizzazione. Nell’arcidiocesi di Czestochowa esistono gruppi del Rosario Missionario dei bambini e dei giovani presso circa 70 parrocchie e 50 scuole. (R.P.)

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    Nuova cattedrale in Kosovo

    ◊   Una nuova cattedrale in Kosovo fa sperare in "un nuovo inizio" per l'armonia religiosa in una regione dilaniata dai conflitti. In un'intervista rilasciata all'associazione caritativa cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), il vescovo Dode Gjergji, la cui diocesi abbraccia Prizren e tutto il Kosovo, ha affermato che la cattedrale in costruzione nella capitale Pristina rappresenta "un contributo pratico alla riconciliazione" tra cattolici, ortodossi e musulmani. Ci sarà anche un centro pastorale e culturale di 6.200 metri quadri nella parte della cripta e un complesso multifunzionale vicino, che verrà usato da tutti i gruppi religiosi. Il vescovo Gjergji ha ringraziato ACS per il sostegno che ha fornito per la costruzione della cattedrale. Riconoscendo l'importanza del progetto come passo avanti per la riconciliazione religiosa e culturale, l'associazione ha infatti donato 400mila euro. Il vescovo non considera contraddittorio costruire una chiesa nella capitale di un Paese per il 95% musulmano, in cui i cattolici sono appena 65.000. "Per molti è un simbolo di un nuovo inizio e di una nuova speranza, sia per i cristiani che per i musulmani", ha commentato all'agenzia Zenit. Il progetto ha ottenuto il sostegno di membri influenti di tutte le confessioni religiose fin da quando è stato proposto. Lo stesso primo presidente del Kosovo, Ibrahim Rugova, musulmano, ha usato la propria influenza personale per assicurare ai cattolici di poter costruire una chiesa nel centro di Pristina. La prima fase della costruzione, che comprende le fondamenta e la cripta, è già stata completata, e i lavori stanno procedendo anche nel resto dell'edificio. (V.V.)

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    Dalla diocesi di Adelaide, in Australia, parte un programma per riscoprire il rosario

    ◊   L’Australia riscopre il rosario, come un altro frutto della GMG. Accade nella diocesi di Adelaide, nel sud dell’Australia, dove in questi giorni è giunto il responsabile dell’Apostolato irlandese per il Rosario, il padre domenicano Anthony McMullan. Il religioso, su invito dell’arcivescovo di Adelaide, mons. Philip Edward Wilson, che è anche presidente della Conferenza episcopale australiana, sarà in città per incontrare i parrocchiani, i gruppi e le aggregazioni ecclesiali per promuovere questa forma di devozione popolare. “Abbiamo organizzato uno speciale programma nella diocesi, in questo tempo quaresimale - ha spiegato al Sir mons. Wilson - per poter riavvicinare i fedeli al rosario e chiedere loro di diffondere questa pratica di preghiera”. Altro obiettivo della presenza di padre McMullan è anche quello di organizzare, specialmente con i giovani della diocesi e le scuole cattoliche, iniziative per il mese mariano di maggio. Mons. Wilson, che dal 2005 sta pensando a questo programma dopo una visita in Irlanda a padre McMullan, conta in questa maniera di rilanciare “la vita spirituale nelle parrocchie della diocesi che hanno avuto una grande spinta di fede dopo la GMG di Sydney del 2008 e la visita di Benedetto XVI”. (V.V.)

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    Cinque seminaristi nordcoreani frequentano un seminario in Corea del Sud

    ◊   Il cardinale Nicholas Chung Jin-suk, arcivescovo di Seoul, ha scelto cinque seminaristi della diocesi nordcoreana di Pyongyang perché completino la loro preparazione al sacerdozio nel seminario maggiore di Incheon. I cinque seminaristi - riferisce AsiaNews - sono stati accolti nei giorni scorsi dallo stesso vescovo di Incheon, mons. Choe Ki-san, che ha celebrato anche la Santa Messa. Una volta ordinati, la speranza è che i cinque possano esercitare il loro ministero nella Corea del Nord. L’evangelizzazione in quella parte della Corea è sempre stato il sogno irrealizzato dell’ex primate coreano, cardinale Stephen Kim Sou-hwan, morto il 16 febbraio scorso. L’ultimo gesto del porporato, la donazione degli occhi per il trapianto, ha colpito l’opinione pubblica, tanto che è aumentato almeno di 8 volte il numero delle persone che si sono dichiarate pronte a donare i propri organi. Anche personaggi popolari come i cantanti Park Jung-ah e Seo In-young del gruppo pop Jewelry hanno detto che lo faranno. L’arcivescovo di Seoul, il cardinale Nicholas Chung Jin-suk, non ha mancato di ricordare in proposito che “la donazione di organi esprime un supremo amore per le sofferenze altrui e ha un profondo significato quale prolungamento della vita”. (A.M.)

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    Giubileo paolino: forum internazionale delle università a Roma

    ◊   Dal 12 al 15 marzo si svolgerà a Roma il Forum internazionale delle università su “Vangelo, cultura e culture”, manifestazione nell’ambito del Giubileo paolino degli universitari dal titolo “Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio”. Promosso dalla Congregazione per l’Educazione cattolica, dal Pontificio Consiglio della cultura e dal Vicariato di Roma–Ufficio per la pastorale universitaria, l’incontro verrà inaugurato il 12 marzo in Campidoglio per proseguire presso l'Università Europea di Roma. Obiettivo dell’iniziativa, spiegano i promotori al Sir, “una verifica e un rilancio della presenza della Chiesa nell’Università e nella cultura universitaria a livello mondiale” dal Giubileo delle Università (2000) all’Anno Paolino. Oggetto di riflessione, la crisi della modernità, la persona umana, la città dell’uomo, la visione delle scienze. Il forum sarà introdotto dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e dal presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli. Domenica 15 marzo il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, presiederà alle 10.30 una celebrazione eucaristica nella basilica di San Paolo fuori le Mura. (V.V.)

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    Alla rassegna biennale del cinema africano, primo premio al film “Teza”

    ◊   “Teza”, del regista etiopico Haïlé Gérima, già premiato a Venezia, ha ottenuto a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, lo ‘Stallone di Yennenga’, il premio più ambito della rassegna biennale del cinema africano ‘Fespaco’ che con la sua XXI edizione, aperta il 28 febbraio e conclusa nel fine-settimana, ha compiuto 40 anni di vita. Soggetto del film di Gerima sono i difficili anni ’70 e ’80 in Etiopia, quando era al potere Mengistu Haïlé Mariam. “Per la cerimonia conclusiva nello stadio ‘Quattro Agosto’ – ha detto alla Misna Parfait Silga, giornalista del quotidiano di Ouagadougou ‘Le Pays’ – sono stati accreditati tantissimi cronisti”. A consegnare lo ‘Stallone di Yennenga’, la statuetta d’oro che ritrae il purosangue di una mitica principessa locale, è stato il presidente del Burkina Faso Blaise Campaoré. In concorso c’erano 128 opere, divise nelle categorie film, cortometraggi, documentari, fiction e serie televisive. L’ultima volta, due anni fa, era stato premiato Newton Aduaka, regista nigeriano autore di ‘Ezra’. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tibet: arrestati oltre cento monaci buddisti

    ◊   Più di 100 monaci del monastero tibetano di An Tuo, nella provincia cinese di Qinghai, sono stati arrestati dopo una manifestazione tenuta in occasione del Capodanno tibetano, che si è celebrato il 25 febbraio. Lo hanno affermato alcuni monaci parlando con due giornalisti italiani, il corrispondente dell'Ansa e quello di Sky Tg24, che subito dopo sono stati fermati dalla polizia per tre ore. Gli arresti sono stati 109 sui circa 300 monaci che vivono abitualmente nel monastero. I monaci di An Tuo hanno aggiunto che domani - 50.mo anniversario della rivolta tibetana, conclusasi con la fuga in India del Dalai Lama - potrebbero verificarsi altre manifestazioni. Un altro episodio di protesta si è verificato nella provincia del Qinghai, nella contea di Guoluo, dove due auto della polizia sono state colpite da una rudimentale bomba. Sia la contea di Guinan, che quella di Guoluo, hanno la popolazione in gran parte tibetana. Da parte sua, il leader cinese, Hu Jintao, ha fatto appello ai dirigenti del Tibet a formare una “grande muraglia” contro il separatismo, alla vigilia del 50.mo anniversario della rivolta contro la presenza cinese.

    Allerta dell’esercito nordcoreano per l'esercitazione Usa-Corea del Sud
    La Corea del Nord ha ordinato lo stato di “allerta totale” al suo esercito, dopo aver interrotto le comunicazioni con Seul, in risposta all’esercitazione militare congiunta di Stati Uniti e Corea del Sud iniziata questa mattina. L'esercitazione militare, svolta annualmente, vede impegnati fino al 20 marzo circa 26 mila soldati americani e decine di migliaia sudcoreani, oltre all'utilizzo di forze aeree e navali, tra le quali una portaerei Usa a propulsione nucleare. Intanto, il leader nordcoreano, Kim Jong-il, candidato unico per il seggio parlamentare del distretto numero 333, è stato rieletto con un plebiscito pari al 100% dei suffragi. Ad annunciarlo è stata oggi l'agenzia nordcoreana e organo di regime Kcna, secondo cui nella circoscrizione elettorale di Kim tutti i cittadini aventi diritto di voto si sono recati alle urne e all'unanimità hanno dato la preferenza al loro leader. Le elezioni di domenica, il cui esito finale non è ancora stato comunicato, rinnovano la Suprema assemblea popolare (il Parlamento nordcoreano). Il mandato quinquennale dell'undicesima legislatura era giunto al termine lo scorso settembre e nessuna spiegazione formale è mai stata presentata in merito al ritardo per indire il rinnovo dell'assemblea.

    Sri Lanka
    Il duro conflitto fra militanti Tamil e i reparti dell’esercito regolare, che ha caratterizzato anche l'ultimo fine-settimana nello Sri Lanka, ha causato la morte di almeno 150 guerriglieri. Continua intanto senza sosta l’esodo dei civili dalla zona del conflitto. Da mesi ormai, il governo di Colombo ha lanciato una dura offensiva per recuperare i territori nel nord del Paese sotto controllo delle forze ribelli Tamil ed un portavoce militare ha assicurato che ormai le residue forze indipendentiste sono confinate in un'area di 45 kmq. nello Sri Lanka nord-orientale. Il sito www.tamilnet.com, vicino alla guerriglia, ha pubblicato un appello “alla comunità internazionale” firmato dai responsabili dei quattro principali partiti che rappresentano i Tamil al parlamento di Colombo (Itak, Eprlf, Actc e Telo) con il quale si chiede “un immediato cessate-il-fuoco” per soccorrere “i 330 mila civili assediati nell'area dalle forze armate cingalesi”.

    Pakistan
    Il capo dell'esercito pachistano, generale Ashfaq Kayani, ha chiesto al presidente pakistano, Asif Ali Zardari, di impegnarsi a fondo contro il terrorismo, invitandolo ad “agire o a lasciare”. Lo riferiscono le televisioni indiane che riprendono fonti di stampa pakistane. Kayani - nominato dall'ex presidente, Pervez Musharraf - è appena ritornato dagli Stati Uniti e ha riferito a Zardari le preoccupazioni dell'amministrazione americana, secondo la quale - dicono le tv - governo e presidenza a Islamabad starebbero impegnandosi in questioni politiche trascurando il terrorismo e i talebani nel nordovest del Paese. Gli Usa avrebbero inoltre criticato l'appoggio, denunciato dall'opposizione, che Zardari avrebbe dato alla sentenza con la quale la Corte suprema ha recentemente annullato l'elezione di Shahbaz Sharif, fratello più giovane dell'ex premier pachistano Nawaz Sharif, facendolo decadere dalla carica di capo del governo dello Stato del Punjab. Una sentenza che, di fatto, decreta il controllo diretto del governo centrale sul Punjab e che rischia di far salire la tensione fra i due principali partiti del Pakistan.

    Israele
    In Israele, si profila un governo di destra con l'alleanza tra il Likud e cinque formazioni laiche e confessionali. La conferma è arrivata ieri, dopo che il leader laburista, Ehud Barak, ha comunicato al premier incaricato, Benjamin Netanyahu, che non intende avviare un negoziato per un esecutivo di larghe intese. Sul fronte palestinese, invece, le dimissioni del premier Fayyad aprono la strada ad un esecutivo di unità nazionale. Alla luce di questa situazione politica così complessa, si può pensare ad un produttivo processo di pace israelo-palestinese? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Erik Salerno, corrispondente in Medio Oriente per il quotidiano Il Messaggero:

    R. - Si può pensare a qualcosa che si muove in tutto lo scacchiere mediorientale, anche in Israele. Non è detto che quello che sta succedendo in Israele - cioè l’esecutivo di centrodestra, più destra che centro - sarà quello che determinerà gli avvenimenti dei prossimi mesi. Potrebbe durare poco un esecutivo del genere, potrebbe anche cambiare per strada. E poi c’è il grande punto interrogativo: chi è veramente Liebermann, l’uomo cui Netanyahu dovrebbe affidare il Ministero degli esteri?

     
    D. - Che tipo di rapporti possiamo attenderci tra questi due esecutivi?

     
    R. - È ancora molto presto per determinare un rapporto tra i due esecutivi. Io credo che il problema per i palestinesi sarà di formare un governo di tecnici capace di riconciliare il gruppo Fatah e il gruppo Hamas a Gaza. Dopodiché, sarà il presidente dell’Olp, Abbas, a dover negoziare con Israele. Perciò, se riescono a stare calmi, e se gli americani premono a sufficienza per avviare bene questo dialogo, le cose potrebbero marciare.

     
    D. - La nuova amministrazione americana ha espresso chiaramente la sua posizione sulla questione israelo-palestinese: due Stati autonomi che convivano in pace. Un’ipotesi ancora in piedi o va rivista?

     
    R. - Direi che è l’unica ipotesi in piedi per il momento. Tante altre cose potrebbero succedere, però questa è la linea sulla quale tutti vogliono camminare, ed è teoricamente quella più facile da realizzare.

    D. - Sul campo proseguono intanto le violenze: lanci di razzi da Gaza da una parte e raid di aerei israeliani sulla Striscia dall’altra. Come si interromperò questa spirale?

     
    R. - Si interromperà, probabilmente, se le due parti arriveranno ad una tregua vera e questo dipende dai giochi interni ad Israele, anche perché quello che è accaduto è che Olmert, che prima aveva parlato di tregua, adesso non vuole regalare delle cose ad Hamas. Questo non credo sia soltanto una questione di Olmert. Io credo che Olmert stia rispondendo in questo anche alle pressioni che subisce da parte palestinese, cioè da parte del presidente, che non ama l’idea in questo momento di rafforzare ulteriormente Hamas, regalandole il riconoscimento del suo ruolo a Gaza.

     
    La Siria e le prospettive di pace con Israele
    La Siria siglerà la pace con Israele soltanto se si risolverà anche la questione palestinese. Lo ha affermato il presidente siriano, Bashar al-Assad, in un'intervista apparsa stamani sul quotidiano al-Khalij (Il Golfo) degli Emirati Arabi Uniti. Assad sottolinea la differenza tra “accordo di pace” e “pace globale”. “Il primo - afferma - è un pezzo di carta che si firma e che significa l'avvio di scambi commerciali, la normalizzazione delle relazioni, la definizione di confini o altro. E la nostra gente non lo accetterebbe, specialmente perchè così non si risolverebbe la questione del mezzo milione di palestinesi che si trovano in Siria”. Il presidente siriano ribadisce invece l'esigenza di raggiungere un accordo per “una pace globale” in cui, oltre alla restituzione dei territori arabi occupati, Israele s'impegna a risolvere anche la questione palestinese. “Crediamo che se Israele firmasse con la Siria (un accordo di pace), prima o poi metterebbe da parte la questione palestinese”, ha detto Assad. In forza della risoluzione Onu n.242 del 1967, la Siria rivendica la restituzione delle Alture del Golan, occupate da Israele 42 anni fa e annesse allo Stato ebraico nel 1981. I due Paesi hanno interrotto i negoziati di pace diretti nel gennaio 2000. Contatti indiretti tra Damasco e Tel Aviv si erano avuti nei mesi scorsi, ma sono stati prima interrotti da Israele in seguito alla crisi politica interna, e poi sospesi da Damasco durante la recente offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza.

    Francia - Stati Uniti
    “Mi rammarico per il fatto che gli americani non si siano mai uniti a noi in una condanna più decisa delle colonie di ripopolamento israeliane”: lo ha detto, in un'intervista al quotidiano Le Figaro, il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner. “Non ci sarà pace possibile fin quando le colonie prolifereranno - ha aggiunto Kouchner - ma la diplomazia francese è ostinata”. Per il capo del Quai d'Orsay, “l'offensiva militare israeliana a Gaza è stata controproducente e non ha risolto nulla”. Per il momento, Parigi “sostiene la mediazione egiziana in corso”. “Il momento in cui Hamas formerà un governo con il Fatah e rispetterà i principi del processo di pace - ha continuato Kouchner riferendosi a un possibile dialogo futuro con Hamas - noi non avremo più problemi a parlare con quella fazione. Ma devono accettare l'iniziativa di pace saudita approvata dalla Lega araba”.

    Zimbabwe
    Il primo ministro dello Zimbabwe, Morgan Tsvangirai, ha detto che l'incidente stradale in cui lui è rimasto ferito e la moglie uccisa non è stato un attentato. Secondo la ricostruzione della polizia, l'auto su cui viaggiavano il premier e la moglie è stata investita, venerdì scorso, da un camion appartenente all'Agenzia di sviluppo degli Stati Uniti, il cui autista si era addormentato. L'incidente di Tsvangirai, che è ritornato oggi ad Harare per partecipare al funerale della moglie Susan, aveva suscitato molti sospetti inizialmente anche perchè avvenuto tre settimane dopo la sua nomina a primo ministro nell'ambito di un'intesa con il presidente, Robert Mugabe. Intanto, l'epidemia di colera nello Zimbabwe ha superato la soglia dei quattromila morti, ha annunciato a Ginevra l'Organizzazione mondiale della sanita (Oms). Dallo scoppio dei primi casi nell'agosto 2008, il colera ha provocato il decesso di 4.011 persone su un totale di 89.018 malati, ha precisato l'Oms. Il tasso di mortalità è in declino al 4,5 %, ma per essere accettabile dovrebbe risultare inferiore all'1%. Anche il numero di nuovi casi appare in diminuzione, ma è necessario non abbassare la guardia a causa del ritorno delle forti piogge, aveva ammonito l'Oms la settimana scorsa. Si tratta di una delle più gravi epidemie di colera, secondo l'Oms.

    Uganda
    Sono undici le vittime dell'incidente aereo avvenuto oggi ad un cargo appena decollato da Entebbe, in Uganda. Lo hanno reso noto fonti ufficiali dell'aeronautica civile. Si tratta di quattro membri dell'equipaggio e sette militari di cui ufficialmente non è stata precisata la nazionalità. Ma da altre fonti concordi si apprende che almeno un membro dell'equipaggio è sudafricano, mentre tre dei sette militari a bordo erano burundesi (Paese che anche opera, come l'Uganda, nelle forze di pace panafricane in Somalia), ugandesi gli altri quattro. L'incidente, di cui ancora non si conoscono le cause, è avvenuto alle 05:14 locali (03:14 italiane). L'aereo, precipitato in fiamme nel lago Vittoria, era un cargo Ilyushin 76. La destinazione era Mogadiscio, dove trasportava tende, purificatori d'acqua ed altri rifornimenti destinati alle forze di pace panafricane in Somalia.

    Ue: altri sei milioni di disoccupati entro il 2010
    La crisi economica “colpisce duramente e richiede un'azione urgente”, perchè la recessione senza precedenti creerà altri sei milioni di disoccupati entro il 2010. E' quanto si legge nel messaggio che il Consiglio economico e sociale invierà ai leader Ue che si riuniranno il prossimo 19 e 20 marzo nel Consiglio di primavera. “Le severe conseguenze sociali della crisi finanziaria avranno un impatto su individui e famiglie - si legge nel documento - e la rapida crescita della disoccupazione è al centro delle preoccupazioni dei cittadini europei”. Tali preoccupazioni vanno affrontate con “azioni mirate per stimolare l'occupazione, prevenire e limitare la perdita di posti di lavoro e il loro impatto sociale”.

    Bce: concordia contro il protezionismo
    Il presidente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet, afferma che c'è concordia fra le banche centrali per una posizione “a favore del libero commercio e contro il protezionismo”. È quanto ha riferito il numero uno dell'istituto di Francoforte al termine della riunione dei governatori alla Bri di Basilea.

    Mediazione Ue tra Slovenia e Croazia
    La Croazia ha accettato la proposta dell'Ue di una mediazione da parte di un gruppo di politici ed esperti sulla disputa relativa alla delimitazione dei confini con la Slovenia nel Golfo di Pirano, nel nord dell'Adriatico. Lo si è appreso da un comunicato diffuso al termine di una riunione tra il primo ministro croato, Sanader, il presidente, Stipe Mesic, e i rappresentati di tutti i partiti politici in parlamento. Il sì di Zagabria ha però due condizioni. La mediazione deve servire ad aiutare i due Paesi “a formulare una proposta di accordo per presentare il contenzioso davanti alla Corte internazionale dell'Aia”, e non a tracciare effettivamente i confini. I dirigenti politici croati chiedono inoltre che Lubiana “rinunci immediatamente” al suo veto sul proseguimento dei negoziati di adesione della Croazia all'Ue, posto a metà dicembre proprio a causa del contenzioso sui confine marittimi. Questo darebbe a Zagabria la possibilità di portare a termine i negoziati entro la fine dell'anno per entrare nell'Ue nel 2011.

    Grecia
    Una bomba è esplosa oggi vicino a un'agenzia della banca Citibank, nella zona nord di Atene, provocando diversi danni materiali, ma senza fare vittime. Lo ha reso noto la polizia. L'ordigno di fattura artigianale è stato collocato dietro l'edifico della banca, situato nel quartiere di Psychiko. Due automobili sono state danneggiate dall'esplosione. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 68

     

     
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