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Sommario del 07/03/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Conclusi in Vaticano gli esercizi spirituali. Il grazie del Papa al cardinale Arinze per la sua teologia concreta. Intervista con il porporato nigeriano
  • Nomine
  • Il cardinale Vallini: la visita del Papa in Campidoglio ha un alto valore simbolico
  • Giovani e speranza: l'editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Via libera al governo palestinese di unità nazionale
  • Crisi economica: Obama annuncia scelte dure
  • Progetti di microcredito ridanno speranza alle donne in difficoltà
  • La campagna di Ecpat contro il turismo sessuale
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Paraguay: rischio di anarchia nel Paese
  • Costa Rica in crisi dopo le inondazioni. Appello del vescovo di Limon
  • Messaggio dei vescovi africani per una pace duratura nei Grandi Laghi
  • Quaresima in Cina: i vescovi invitano alla solidarietà verso gli immigrati
  • Tony Blair preoccupato per il “laicismo aggressivo” nella società britannica
  • Mons. Fisichella: sulle questioni della vita gli Stati non pretendano il silenzio della Chiesa
  • Grande partecipazione alla Giornata mondiale di preghiera delle donne
  • Diocesi di Milano: il fondo famiglia per i disoccupati supera 3 milioni di euro
  • Torcia paolina da Roma in Sicilia per illuminare le celebrazioni dell’Apostolo a Ribera
  • 24 Ore nel Mondo

  • Gli Usa rilanciano i rapporti con Russia, Ue e Paesi mediorientali
  • Il Papa e la Santa Sede



    Conclusi in Vaticano gli esercizi spirituali. Il grazie del Papa al cardinale Arinze per la sua teologia concreta. Intervista con il porporato nigeriano

    ◊   Si sono conclusi questa mattina in Vaticano gli esercizi spirituali per la Quaresima guidati dal cardinale Francis Arinze, nella Cappella Redemptoris Mater, alla presenza del Papa e della Curia Romana. Le meditazioni del prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino hanno avuto per tema “Il sacerdote incontra Gesù e lo segue”. A conclusione il Papa ha rivolto il suo caloroso grazie al porporato nigeriano. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    (canto)

     
    Con la celebrazione cantata delle Lodi e l’ultima meditazione del cardinale Arinze, centrata sulla visione cristiana della vita eterna, si è conclusa la settimana di esercizi spirituali iniziata domenica scorsa. Poi sono arrivati i ringraziamenti di Benedetto XVI:

     
    “E’ una delle belle funzioni del Papa dire ‘grazie’. In questo momento vorrei, a nome di tutti noi e di tutti voi, di cuore dire grazie a lei, eminenza, per queste meditazioni che ci ha donato. Ci ha guidato, illuminato, aiutato a rinnovare il nostro sacerdozio. La sua non è stata un’acrobazia teologica. Non ci ha offerto acrobazie teologiche, ma ci ha dato una sana dottrina, il pane buono della nostra fede … la Parola di Dio che ci dà il vero nutrimento. La sua predicazione è stata permeata della Sacra Scrittura, con una grande familiarità con la Parola di Dio letta nel contesto della Chiesa viva, dai Padri fino al catechismo della Chiesa cattolica, sempre contestualizzata nella lettura, nella liturgia”.

     
    Non “una teologia astratta”, dunque – ha aggiunto il Pontefice - ma una teologia “marcata da un sano realismo”:

     
    “Ho ammirato e mi è piaciuta questa esperienza concreta dei suoi 50 anni di sacerdozio, dei quali lei ha parlato e alla luce dei quali ci ha aiutati a concretizzare la nostra fede. Ci ha detto parole giuste, concrete per la nostra vita, per il nostro comportamento da sacerdoti. E spero che molti leggeranno anche queste parole e le prendano a cuore”.

     
    Il Papa ha quindi commentato il tema delle meditazioni iniziate sulla “sempre di nuovo affascinante, bella storia dei primi discepoli” che chiedono a Gesù: “Maestro, dove abiti?”. E il Signore che risponde: “Venite e vedrete!”:

     
    “Per ‘vedere’ dobbiamo 'venire', dobbiamo camminare e seguire Gesù, che ci precede sempre. Solo camminando e seguendo Gesù possiamo anche vedere. Lei ci ha mostrato dove abita Gesù, dove è la sua dimora: nella sua Chiesa, nella sua Parola, nella Santissima Eucaristia. Grazie, eminenza, per questa sua guida. Con nuovo slancio e con nuova gioia intraprendiamo il cammino verso la Pasqua. Auguro a tutti voi buona Quaresima e buona Pasqua".

     
    (canto)

     
    Ma ascoltiamo adesso, sull’esperienza di questi esercizi spirituali, lo stesso cardinale Arinze, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – L’esperienza è stata molto positiva: ho visto la comunità del Santo Padre e dei suoi più vicini collaboratori, che hanno formato una comunità di preghiera e di lavoro. Lavoro e preghiera fanno un tutt’uno. Vedere tutti che meditano, pregano, con Gesù in mezzo, l’adorazione eucaristica ogni giorno, e poi un tempo individuale per ognuno … il tutto in silenzio … E’ edificante ed è molto positivo per la Chiesa!

     
    D. – Qual è stato il centro delle sue meditazioni? Cosa ha voluto dire al Papa e alla Curia?

     
    R. – Che il sacerdote accetta l’invito di Gesù, lo incontra e segue Gesù. E come i primi apostoli sono rimasti con lui quel giorno e sono rimasti con lui tre anni, noi cerchiamo di restare con Gesù, in modo che tutta la nostra vita sia come la processione dell’offertorio. Quindi, Gesù al centro, il sacerdote che lo incontra e lo segue e lo trova. Trova Gesù credendo in lui, trova Gesù nella Chiesa, nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia. Trova Gesù nelle persone che servono nella Chiesa, trova Gesù nella gente che soffre: la gente che ha bisogno di giustizia, di pace, di solidarietà. Trova Gesù nella preghiera, trova Gesù nella Sacra Scrittura dove Gesù ci parla. E’ questo il centro delle riflessioni, con la Sacra Scrittura e la Liturgia come guide.

     
    D. – Il Papa ha avuto per lei un caloroso ringraziamento …

     
    R. – Veramente! Io naturalmente sono molto riconoscente al Santo Padre per questo; ho cercato di condividere quel mio Gesù – se io posso dire così – senza la pretesa di essere un grande professore, ma cercando, con la Sacra Scrittura come guida e la liturgia, di seguire Gesù e di condividere quello che potevo. Le parole del Santo Padre sono per me un grande incoraggiamento, e io ne faccio tesoro. E quando l’Osservatore Romano pubblicherà tutto, come lei può immaginare, io ne farò una bella copia!

     
    D. – La ringrazio e buona Quaresima!

     
    R. – Anche a lei e a tutti i nostri ascoltatori auguro tutte le grazie della Quaresima in preparazione della Pasqua!

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vescovo di Alcalá de Henares (Spagna) mons. Juan Antonio Reig Plá, finora vescovo di Cartagena. Mons. Juan Antonio Reig Plá è nato a Cocentaina, provincia civile di Alicante ed arcidiocesi di Valencia, il 7 luglio 1947. L’8 luglio 1971 è stato ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di Valencia. Il 22 febbraio 1996 è stato nominato vescovo di Segorbe-Castellón de la Plana e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 14 aprile successivo. Il 24 settembre 2005 è stato trasferito alla diocesi di Cartagena.

    Il Papa ha nominato membri della Congregazione per le Chiese Orientali: il patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal, mons. Ján Babjak, arcivescovo metropolita di Prešov dei cattolici di rito bizantino, mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, arcivescovo metropolita di Addis Abeba, mons. Basil Myron Schott, arcivescovo metropolita di Pittsburgh dei Bizantini.

    Il Santo Padre ha nominato il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive dell’anno giubilare, indetto nel VII centenario della devozione a "Nostra Signora d’Europa", che avranno luogo a Gibilterra il 5 maggio 2009.

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    Il cardinale Vallini: la visita del Papa in Campidoglio ha un alto valore simbolico

    ◊   Lunedì prossimo 9 marzo Benedetto XVI si recherà in visita in Campidoglio. Il Papa sarà accolto poco prima delle 11.00 dal Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e terrà il suo discorso durante una seduta straordinaria del Consiglio comunale. Quindi saluterà i cittadini presenti in Piazza del Campidoglio dalla Loggia del Palazzo Senatorio. Subito dopo, la visita al vicino Monastero di Santa Francesca Romana a Tor de’ Specchi. Sul significato della visita del Papa in Campidoglio ascoltiamo il cardinale vicario Agostino Vallini, al microfono di Luca Collodi:

    R. – Questi incontri del Santo Padre con il suo popolo certamente lo incoraggiano, lo sostengono. I romani vogliono molto bene al Papa e dunque ogni sua presenza, e soprattutto una iniziativa come questa – la visita in Campidoglio, che ha un alto valore simbolico – certamente è molto gradita.

     
    D. – Cardinale Vallini, la Chiesa da sempre è una risorsa per Roma. Come può migliorare questo suo ruolo?

     
    R. – La comunità cristiana è continuamente chiamata ad interrogarsi sul suo modo di vivere la comunione ecclesiale e la missione. Anche noi, adesso, stiamo avviando una riflessione che abbiamo chiamato “verifica” del cammino della Chiesa di Roma – cammino ricchissimo – di questi primi dieci anni dopo il Giubileo, la grande esperienza della Missione cittadina che lo preparò, e poi i programmi pastorali indetti dal cardinale Ruini … La Chiesa di Roma è – come la chiamò il cardinale Ruini – un laboratorio, è un cantiere aperto; un cantiere aperto di riflessione, di approfondimento, di esperienza pastorale, di grandi successi ma anche di problematiche che sfidano sempre a rivedere anche il nostro cammino. Io penso che l’esperienza ecclesiale di Roma sia una grandissima risorsa riconosciuta da tutti: questo ci dice anche della responsabilità che abbiamo. D’altra parte, il nostro non è un lavoro solo di organizzazione: è un’opera che il Signore conduce attraverso la Chiesa e il Signore è all’opera perché questa città che ha una grande funzione di esemplarità per il mondo intero – il suo vescovo è il Romano Pontefice, il Pastore universale della Chiesa – deve curare molto il suo crescere nell’esperienza del Signore che trasforma i cuori e insieme anche l’impegno della testimonianza, del servizio, della missione.

     
    D. – Come sta cambiando la società romana?

     
    R. – Tutti dicono – dalle analisi dei sociologi alle esperienze che facciamo – che indubbiamente Roma sta cambiando, continuerà a cambiare, è già molto cambiata rispetto a 10-15 anni fa. Il centro storico si svuota, la gente non ci abita, ma ci vive; nei grandi quartieri di periferia, le borgate, la gente ci abita ma non ci vive … Roma cambia ma anche la Chiesa fa un lavoro di riflessione, progettazione perché possa essere sempre adeguata alla missione che il Signore le affida.

     
    D. – La speranza passa anche attraverso un atteggiamento missionario della Chiesa romana...

     
    R. – Naturalmente. Il cuore della speranza cristiana è l’annuncio cristiano: viviamo il tempo della Quaresima, ci prepariamo a rivivere sacramentalmente il mistero della Pasqua … Tutto questo vuol dire che il Signore opera nella storia e la storia ha in sé le premesse per accogliere la grazia dello Spirito di Cristo risorto e superare le sue difficoltà, manifestando la novità della vita. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Giovani e speranza: l'editoriale di padre Lombardi

    ◊   Con il suo Messaggio per la Giornata mondiale della gioventù del prossimo 5 aprile, che sarà vissuta a livello diocesano, Benedetto XVI ha sollevato la “questione della speranza”. Con esortazioni a non sprecare la propria vita in pratiche o obiettivi che possono bruciarla, il Papa ha esortato i giovani a riempirla incontrando Cristo, perché - ha detto - è “Lui che dà senso alla vita” ed apre il cuore ad una speranza forte e reale. Sul contenuto di questo Messaggio, la riflessione del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, per il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano, "Octava dies":

    Molto bello il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Gioventù di quest’anno, che si celebra a livello diocesano la Domenica delle Palme! Parla di speranza. Si ricollega naturalmente all’ultima enciclica di Papa Benedetto – intitolata appunto: “Spe salvi: cioè, nella speranza siamo salvati” -, ma si rivolge specificamente alle generazioni nuove, naturalmente aperte agli ideali, ai sogni, ai progetti, quelle che possono e devono trovare il modo di tradurre la speranza in segni concreti nel corso degli anni a venire. “La questione della speranza è al centro della nostra vita di esseri umani e della nostra missione di cristiani, soprattutto nell’epoca contemporanea” dice il Papa, e continua stimolando il senso di responsabilità dei giovani: “La giovinezza è il tempo in cui maturano scelte decisive per il resto della vita”.

     
    Andare aldilà delle speranze piccole ed effimere per gettare il cuore verso la “grande speranza”, che dia senso all’esistenza, la speranza che si appoggia su Gesù Cristo e il suo Vangelo. Su questa base solida si può imparare ad essere pazienti e perseveranti, a smascherare la idolatria del denaro, della carriera e del successo, a mettere le capacità personali al servizio del bene comune, della verità, dell’amore per il prossimo.

     
    La gioventù dovrebb’essere l’età della gioia; ma senza speranza non c’è possibilità di gioia. Il cristiano autentico invece – conclude il Papa – non è mai triste, anche se deve affrontare prove difficili, perché la presenza e l’amicizia di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace. La Chiesa continua ad invitare la gioventù del mondo a guardare in avanti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Uguaglianza nella differenza: in prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia sulla Chiesa e la rivoluzione femminile

    Il discorso del Papa a conclusione degli esercizi spirituali in Vaticano predicati dal cardinale Arinze

    Nell’informazione internazionale, un articolo di Francesco Citterich dal titolo “Allo stremo i civili nello Sri Lanka”

    Michelangelo e il Cristo morto: in cultura, la conferenza di Timothy Verdon in occasione dell’apertura - nella chiesa di Sant’Agostino a Trapani - della mostra “Fulget Crucis mysterium”

    Un articolo di Giulia Galeotti dal titolo “Metti il detersivo, chiudi il coperchio e rilassati”: la lavatrice e l’emancipazione della donna

    Il Concilio? Un lungometraggio, non una fiction: Claudia Di Giovanni sul seminario “Nuove prospettive per la comunicazione ecclesiale”. Centocinquanta pellicole conservate nella Filmoteca Vaticana documentano l’intera epoca del Vaticano II

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    Oggi in Primo Piano



    Via libera al governo palestinese di unità nazionale

    ◊   In Israele sembra imminente il varo di un governo delle destre guidato dal leader del Likud, Benyamin Nethanyau, che relegherebbe all’opposizione il partito di centro Kadima, vincitore, sia pure di misura, alle ultime elezioni. Intanto, sul fronte palestinese, stamani il premier dell’Autorità Nazionale Palestinese, Salam Fayyad, si è dimesso con lo scopo di aprire la strada a un governo di unità nazionale. Quale significato dare a questa decisione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:

    R. - Il significato è chiaro ed è che questa trattativa tra le fazioni che sta andando avanti con la mediazione del clero stavolta fa sul serio. Si va davvero verso un accordo di unità nazionale tra Fatah e Hamas. Questo tentativo di intesa che è stato tentato molte volte con diverse mediazioni anche con l’Arabia Saudita, è un effetto collaterale della guerra di Gaza. Questa volta probabilmente si arriverà davvero a un governo di unità nazionale che avrà un compito ben preciso, quello di andare a nuove elezioni sia nei territori che a Gaza. Non dimentichiamo che anche il mandato del presidente Abu Mazen è scaduto a gennaio e, quindi, c’è bisogno anche di una legittimazione dell’autorità all’interno del mondo palestinese. Il problema è che oggi non ci sono alternative, l’unico passaggio è quello di un accordo che porti in qualche modo a riportare sotto controllo anche la situazione di Gaza.

     
    D. - In questo quadro come si inserisce la probabile formazione di un governo di destra in campo israeliano?

     
    R. - E’ un governo che avrà molte difficoltà da affrontare, un governo che ha già molte riserve sulla prosecuzione del processo di pace, però teniamo anche presente il ruolo che sta giocando già la nuova amministrazione americana. C’è stata questa nomina di George Mitchell come inviato speciale del presidente Obama per il Medio Oriente, che è un uomo che conosce molto bene la realtà del Medio Oriente ed è un pragmatico. Non dimentichiamo il viaggio che ha fatto nei giorni scorsi Hillary Clinton, il nuovo segretario di Stato, che ha mandato messaggi ben precisi sulla questione del rapporto tra israeliani e palestinesi, lanciando un segnale chiaro, dicendo che il nuovo governo dovrà comunque fare i conti con l’amministrazione Obama che ha una sua politica sul Medio Oriente.

     
    D. – I mediatori internazionali sono contenti di come stanno andando le cose politicamente nella regione? Si stanno creando due governi che rischiano di non dialogare e sul terreno la violenza non è terminata...

     
    R.- Certo non si può essere contenti di tutto questo, però è il risultato di una guerra. Le guerre inaspriscono le tensioni, non le risolvono, soprattutto le guerre come queste che si concludono con una situazione esattamente identica a quella precedente. Oggi credo che da parte della comunità internazionale serva grande realismo, bisogna garantire la possibilità che resti aperto uno spiraglio per i negoziati, senza illudersi che la tesi dei due Stati possa concretizzarsi domani.

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    Crisi economica: Obama annuncia scelte dure

    ◊   Nei prossimi mesi dovremo affrontare giorni difficili: così il presidente degli Stati Uniti Obama nel suo discorso del sabato (anticipato alla stampa) ha affrontato in pieno la crisi economica, ricordando tutti i passi che in questo mese e mezzo la sua amministrazione ha intrapreso per rispondere alla recessione, comprese le nuove linee guida per aiutare le famiglie in difficoltà con le rate dei mutui. Come ogni altra famiglia – ha sottolineato - in un momento di difficoltà si devono trovare i fondi per le cose necessarie, senza sprecare soldi per cose che non lo sono. Il servizio di Fausta Speranza:

    Obama ricorda che non si poteva pensare di risolvere questa crisi in una notte e poi parla di “scelte dure” da fare. In particolare difende la riforma della sanità dicendo che l’operazione aiuterebbe a ridurre il colossale deficit di bilancio e a favorire la crescita economica. Gli ultimi dati parlano di 650.000 posti di lavoro persi solo a febbraio, 4,4 milioni quelli cancellati finora, con un tasso di disoccupazione schizzato all'8,1%. In Europa si tenta di correre ai ripari con accordi simili a quello raggiunto in nottata, dopo settimane e settimane di trattative, per salvare l'operazione Fortis Banque, con l'acquisto del gruppo belga da parte di quello francese Bnp Paribas. O come quello che ha portato il governo britannico a salvare il Lloyds Banking Group aumentando la partecipazione pubblica nell'istituto: dal 43% al 65%. (77% incluse le azioni speciali). E il ministro dell'Economia italiano Tremonti riassume il da farsi nella formula: “Più Stato e più decisamente”, spiegando che si è lasciato crescere una sorta di economia parallela. L’ex presidente della Repubblica ed economista, Ciampi, dice che bisogna guardare alla crisi “senza indulgere in ottimismi consolatori o pessimismi paralizzanti”, con “una terapia che non può prescindere dalla rimozione delle cause”. Per parlare di cause profonde ma anche di modalità di intervento, scegliamo oggi il punto di vista del mondo del volontariato e delle Ong. Chiediamo a Sergio Marelli, presidente della Focsiv e delle Ong italiane, che cosa ha da dire sulla crisi economica:

     
    R. – Innanzitutto, la condivisione di una crisi che è una crisi profonda, ancor più che drammatica, e cioè una crisi strutturale. Alcuni esponenti tra i più strenui difensori della teoria del libero mercato, che fino allo scorso anno sembrava essere il dogma a cui piegare, a cui orientare tutte le azioni e tutte le scelte politiche, oggi riconoscono che il mercato da sé non si sa regolare: oggi essi stessi riconoscono come ci sia bisogno di più Stato, ovvero di un intervento dell’autorità politica che sappia regolamentare, ai fini del bene comune e della giustizia, il mercato perché altrimenti – fin quando resterà orientato alla massimizzazione del profitto – abbiamo visto che cosa può succedere: grandi speculazioni, grandi guadagni fatti spesso ricadere sulla pelle dei più poveri e poi il crack, le bolle che scoppiano e la crisi nella quale stiamo vivendo.

     
    D. – Dottor Marelli, che cosa dire, che cosa pensare per il futuro in relazione allo squilibrio che si è andato sempre più accentuando, negli ultimi decenni, tra Paesi poveri e Paesi ricchi ma anche all’interno di uno Stato tra fasce privilegiate e fasce deboli?

     
    R. – Probabilmente, quello che ci aspetta sono tempi davvero difficili. Se le nostre economie sono già messe a dura prova, pur avendo i mezzi per contrastare questa crisi – guardi a come si si è intervenuti in 48 ore per salvare le banche – bene, se non si farà altrettanto per sostenere le economie fragili ed instabili dei Paesi del Sud del mondo, saranno ancora una volta i poveri della terra che pagheranno la maggior parte dei costi. E’ difficile oggi sostenere che occorre ancora lo 0,7 per cento del pil per aiutare i Paesi in via di sviluppo; è difficile non pensare che oggi mantenere quella stessa percentuale con i pil che si riducono significa dare meno soldi; è difficile pensare come ci saranno ancora sostegni efficaci quando la svalutazione di alcune monete al di fuori dell’area euro e dell’area dollaro stanno perdendo potere di acquisto. Ciò nonostante, io non ho dubbi: bisogna essere convinti che fare cooperazione internazionale, cioè stanziare aiuti per i Paesi poveri, vuol dire dare una vera e sostenibile e duratura soluzione a questa crisi, anche per le nostre economie. Senza sostenere, senza coinvolgere, senza aiutare anche i Paesi del Sud del mondo, non ci sarà una soluzione definitiva a questa che, ripeto, è una crisi strutturale.

     
    D. – Dottor Marelli, giornalmente abbiamo notizie di quanto accade, in relazione all’economia, negli Stati Uniti e in Europa, meno in Giappone e Cina. Lei che ci può dire?

     
    R. – Nei recenti incontri che come Ong abbiamo avuto a livello europeo ed internazionale, questo è il grande punto di domanda, cioè è il grande punto di equilibrio che occorre trovare tra il mantenere fermi gli impegni che la comunità internazionale ha assunto e, dall’altra parte, trovare delle strategie concrete, delle scelte politiche che coinvolgano anche questi Paesi che sembrano oggi fare semplicemente quanto Stati Uniti ed Europa hanno fatto 50 anni fa: stanno depredando i Paesi del Sud del mondo, stanno conquistando anche con concorrenza sleale i mercati di questi Paesi e, addirittura, lo stanno facendo sacrificando i diritti fondamentali delle persone. Tutto questo deve essere tenuto in considerazione e il ruolo della comunità internazionale, l’autorevolezza delle organizzazioni internazionali si deve giocare anche su questo piano.

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    Progetti di microcredito ridanno speranza alle donne in difficoltà

    ◊   Un riscatto economico e sociale per le donne, un modo per far ripartire la loro vita. Una opportunità viene dal microcredito, ovvero la possibilità, attraverso varie forme di prestito, di avere accesso all’istruzione o poter realizzare proprie idee di impresa. Un’esperienza di successo all’estero che la Fondazione Pangea porterà anche in Italia attraverso un fondo destinato alle donne che hanno subìto violenza. Sulla realtà e il valore del microcredito nel mondo sentiamo Luca Lopresti, presidente di Pangea, al microfono di Linda Giannattasio:

    R. – Due terzi della popolazione mondiale sono legati all’accesso al credito e questo significa proprio non poter far ripartire la vita davanti ad un’unica stupida necessità che è quella del denaro. La Fondazione Pangea, che fa progetti di sviluppo e non di assistenzialismo, ha visto e trovato, nelle tecniche legate al microcredito, una vera possibilità per far ripartire la vita delle donne, dei loro figli, delle famiglie. Occorre dare risposte concrete alle persone in tutto il mondo e le donne sono sicuramente un ottimo target di riferimento, sono le più solvibili e sono quelle che più garantiscono che la vita riparta.

     
    D. – Qual è la vostra esperienza in questo settore, ad esempio in Afghanistan, dove siete presenti già dal 2003?

     
    R. – In Afghanistan, la fondazione Pangea ha cominciato a lavorare con le vedove, donne disconosciute per legge, esseri umani che non esistono. Ecco, noi abbiamo iniziato con cinque donne, oggi sono migliaia le donne imprenditrici che, grazie al microcredito, in Afghanistan vivono, moltiplicano e generano reddito; possono mandare a scuola i figli, possono garantire una vita migliore, considerato che poi abbiamo un tasso di insolvibilità, cioè di donne che non rendono, pari al due per cento.

     
    D. – Spesso le donne sono costrette a subire una violenza economica, ad esempio, dei tassi di interessi più alti per ottenere i fidi bancari o una mancanza totale di autonomia economica. Quali sono gli obiettivi di questo sistema di finanza etica?

     
    R. – Dapprima c’è la possibilità ed il dovere di fare ritornare alla vita queste donne che sono state massacrate psicologicamente, fisicamente, e socialmente disconosciute, e quindi dando loro tutti quegli strumenti necessari perché possano ritrovare la fiducia, la forza e quella tenacia necessarie per intraprendere un lavoro. Dopo di che, il microcredito è veramente indispensabile perché fa ripartire la vita concretamente: quell’economia necessaria per aprire un negozio, per riuscire ad uscire da una situazione di violenza, è quanto di più indispensabile ci sia.

     
    D. – Come viene monitorato questo sistema?

     
    R. – Esiste tutta una rete di monitoraggio di psicologi, sociologi, economisti, tecnici operai, che seguono le donne affinché riescano nel loro intento. Questo, nella quotidianità. Per quanto riguarda le varie attività, in Afghanistan per esempio, sono le più innumerevoli con negozi di parrucchieri, di estetista, di gioielli, pelletteria, tessile, pasticceria. E’ veramente interessante non tanto quello che fanno, quanto che lo fanno.

     
    D. – In Italia, qual è oggi la realtà del microcredito?

     
    R. – La nostra iniziativa sarà la prima vera iniziativa di microcredito in Italia: Pangea svilupperà una rete di sostenibilità per le donne che accederanno al prestito e, proprio su questa rete, si garantirà solvibilità, accesso al mondo del lavoro, accesso alle imprese, all’istruzione, attraverso tre tipologie di prestito: un prestito personale, un prestito per l’istruzione ed un prestito per avviare l’impresa.

     
    D. – Riscatto economico che poi è anche un riscatto sociale, morale…

     
    R. – Oltre a questo, anche una formula per fare ripartire l’economia dal basso, in un momento in cui l’economia è assolutamente stagnante, la finanza la sta falsando; un sistema ottimale per far ripartire tutto.

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    La campagna di Ecpat contro il turismo sessuale

    ◊   Educare al turismo responsabile, fare prevenzione, creare un dialogo con le istituzioni ma anche esercitare una maggiore pressione mediatica, sociale, legislativa per difendere i bambini da ogni forma di sfruttamento. Questi alcuni degli obiettivi della campagna di sensibilizzazione lanciata da Ecpat (End child prostitution pornography and trafficking) intitolata “Da schiavi a bambini” per contrastare il terribile fenomeno del turismo sessuale, offrendo in modo concreto ai minori che vivono nei paesi poveri protezione e tutela dei loro diritti. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Rapiti dalle mafie, venduti dalle stesse famiglie di appartenenza ad organizzazioni criminali, spesso adescati in modo del tutto inconsapevole, i bambini che ogni anno finiscono nel mercato del sesso sono circa 3 milioni. Per lo più si tratta di ragazzine di età compresa tra i 5 e i 17 anni. Un macabro giro di affari da 250 miliardi di dollari, che vede tra i Paesi maggiormente coinvolti Kenya, Filippine, Sudafrica, Costa Rica e Repubblica Dominicana: qui il turismo sessuale è davvero un terribile business, che continua ad aumentare sostenuto da una diffusa tolleranza sociale, legata all’ingente povertà delle famiglie e del Paese stesso, che vede il contrasto del fenomeno persino come una minaccia all’economia nazionale. Perla Goseco, direttore turismo Ecpat:

     
    “Dobbiamo puntare sul cambiamento culturale nei Paesi da cui provengono i turisti, come Italia, Germania, Austria, e un cambiamento culturale anche nei Paesi di destinazione. Qui parliamo della domanda che parte dai Paesi più ricchi e dell’offerta che esiste nei Paesi di destinazione: se cala la domanda cala anche l’offerta”.

     
    Ogni anno sono moltissimi i viaggiatori occidentali, per lo più giovani, colti, medio-reddito, che partono per mesi con l’intento di praticare turismo sessuale. L’Italia con 80 mila predatori, è in testa alle classifiche, insieme a Germania, Francia, Regno Unito, Per questo Ecpat lancia un allarme, chiedendo la cooperazione tra i governi, gli operatori del mondo del turismo e le ONG per riuscire a creare una rete capillare in grado di arginare il fenomeno. Yasmine Abo-Loha, coordinatrice progetti Ecpat-italia:

     
    “Quello che va fatto è stipulare un maggior numero di accordi bilaterali e ci vuole anche una maggiore comunicazione e collaborazione tra le polizie internazionali. Bisogna cercare di creare dei nuclei operativi. E’questo quello che manca perché c’è effettivamente chi ha voglia di denunciare, ma poi si trova solo perché non trova nessuno dall’altra parte che lo ascolta”.

     
    Queste sono le urgenze non più rinviabili per garantire ai bambini protezione dallo sfruttamento sessuale, per ridare loro libertà e dignità, perché da schiavi, tornino ad essere bambini.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa seconda Domenica di Quaresima la Liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù, presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, li conduce su un alto monte: qui si trasfigura davanti a loro mentre appaiono Elia e Mosè. Quindi, una voce esce da una nube:

    «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».

     
    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:

    “Ne scelse dodici perché stessero con Lui” (Mc 3, 14) - scrive Marco in altro passaggio - e, il racconto odierno, inizia così: «Gesù prese con sé». Alla scelta fa seguito la chiamata e nella chiamata c’è un nuovo, inusitato essere afferrati. E’ la sequenza di un sequestro, di un rapimento.

     
    C’è una singolarità irripetibile della vicenda di Pietro, Giacomo e Giovanni, ma in essa c’è anche una dimensione propria della vita di ciascun cristiano.

     
    Essi avevano da tempo familiarità con Gesù, stavano con Lui, mangiavano con Lui, trascorrevano tutto il loro tempo con Lui e supponevano quindi, in qualche modo, di conoscerLo, sia per quel che si poteva vedere, sia per quel margine di mistero che comunque restava nel complesso della sua persona.

     
    Ma quel giorno la loro conoscenza abitudinaria di Gesù venne disarcionata. In quella stessa figura si era resa visibile ora una «gloria maestosa» che superava sia la loro abitudine che le loro congetture. Così, chi sta con Cristo, chi porta Cristo, al suo primo apparire può sembrare dimesso e perfino fin troppo modesto e in ombra, ma porta in sé tutta la potenza e lo splendore della gloria del Figlio. Per questo Gesù non esagera in nulla quando afferma: «Voi siete la luce del mondo!» (Mt 5, 14).

     
    Al culmine della teofania, quando già i tre erano esterefatti e intimoriti, la nube della Presenza divina li avvolge tutti e in essa si manifesta il Padre. Non per attrarre a sé, ma per indicare, ancora una volta, il Figlio. E’ il Padre stesso a mettere il Figlio al centro, e noi dobbiamo saperlo, anche se nel cuore del mistero del Figlio c’è il Padre.

     
    Scendendo dall’«alto monte», Gesù era ancora sempre il loro Maestro e il loro Amico, ma il loro sguardo su di Lui era ormai cambiato. Gesù li aveva davvero «presi», un po’ di più, «con sé».

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Paraguay: rischio di anarchia nel Paese

    ◊   “Accogliendo l’invito di Benedetto XVI che ci incoraggia a fare della volontà di Dio il nostro cammino”, occorre vivere “questo tempo di Quaresima come tempo di conversione” per “trovare nella “Parola di Dio” la forza necessaria per affrontare “la stanchezza e la mancanza di speranza”. E’ quanto scrivono i vescovi del Paraguay al termine, ieri, della loro 184.ma Assemblea Plenaria. “La Quaresima - si legge nel documento - è un’opportunità per guardare alle sfide nazionali nell’ottica di una spiritualità, frutto della nostra conversione” che ci aiuti ad esprimerci “nell’impegno dell’amore verso gli altri”. I presuli riflettono sulle molteplici cause che “generano disorientamento nella popolazione: le resistenze al rinnovamento, il rapporto precario tra gli attori politici e sociali e la crisi economica”. “Crisi – aggiungono i vescovi - che limita ulteriormente la già scarsa disponibilità di risorse” per far fronte alle situazioni più gravi, “in particolare, i 600 mila bambini malnutriti”, così come le persone senza lavoro e servizi sanitari di basi. Si tratta di una situazione - spiegano i vescovi - che “si ripercuote anche sul sostentamento dell’azione pastorale”. Stando così le cose, il Paese ha bisogno di “una chiara direzione nazionale”, poiché altrimenti “le aspettative scelte dal popolo possono portare”, se incompiute, “all’anarchia con serie conseguenze politiche e sociali”. Prima di trattare le principali sfide pastorali, i presuli paraguaini ritengono, comunque, che sia importante sottolineare alcune sfide urgenti come, per esempio, la ricerca di una maggiore sovranità energetica. Altre sfide riguardano la ricerca di un modello di sviluppo sostenibile, la lotta contro il disboscamento (in particolare della regione del Chaco), una riforma agraria integrale e partecipativa, la riforma del potere giudiziario e la lotta contro ogni tipo di corruzione. I presuli ribadiscono anche che si deve essere chiari e decisi contro ogni pretesa di legalizzare la marijuana e mettere in atto politiche socio-economiche in favore dei più deboli e non protetti. Si deve superare l’assistenzialismo e il clientelismo, gettando quindi le basi per un’economia solidale. Nell’ambito delle sfide ecclesiali, i vescovi del Paraguay ricordano ancora una volta quanto sia urgente “una maggiore coerenza nella vita e nella comunione” dei cristiani. Perciò ritengono che “la Missione continentale sia una grande sfida lanciata alla coscienza di ciascuno nella prospettiva della conversione personale nonché ai compiti, pastorali ed ecclesiali, che realizzino una Chiesa autenticamente missionaria”. La Quaresima, osservano, “non si può limitare solo ad atti esterni”: deve portare ciascuno “a volgere il proprio sguardo verso Dio, ricco di misericordia e perdono, ascoltando la sua Parola”. Se autentici “discepoli e missionari di Gesù”, dobbiamo essere capaci “come frutto della nostra conversione personale e sociale a sostenere e fomentare il bene comune, la dignità della persona, la salvaguardia del patriottismo e della democrazia”. Lo Stato ha degli obblighi precisi - spiegano i vescovi - e si appellano alle autorità affinché offra “una conduzione certa per superare l’ignoranza, la povertà e la corruzione”. Compiti nei quali, precisano, si dovrebbero sentire coinvolti fattivamente tutti i protagonisti sociali e politici della nazione. I presuli, invocando la protezione di Nostra Signora Immacolata di Caucupé e di San Roque González de Santa Cruz, si congedano auspicando che quest’anno, dedicato alla comunione, aiuti tutti a crescere come testimoni di santità e dunque, in quanto discepolo-missionario, ciascuno in Cristo sia coerente nella sua vita. “Siamo in marcia verso cambiamenti sociali in favore del nostro popolo e ci siamo impegnati anche nella conversione pastorale per fare della nostra un Chiesa sempre più missionaria”. (A cura di Luis Badilla)

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    Costa Rica in crisi dopo le inondazioni. Appello del vescovo di Limon

    ◊   Mons. José Rafael Quiros Quiros, vescovo di Limon, in Costa Rica, ha manifestato viva preoccupazione per la difficile situazione che investe gran parte delle famiglie della diocesi dopo le gravi inondazioni che hanno colpito la regione sia nel mese di novembre del 2008 che lo scorso mese di febbraio. Lo ha fatto assieme ai sacerdoti della diocesi, attraverso un comunicato che – riporta l’agenzia Fides - definisce grave la situazione. Queste famiglie – si legge - non hanno ricevuto alcun sostegno e oltre alla casa sono state colpite nel loro sistema agricolo-produttivo, con ingenti perdite di prodotti se non addirittura dei terreni. “Molti agricoltori – prosegue - si sono indebitati per seminare le loro terre ed ora si trovano senza denaro per far fronte alle necessità di base delle loro famiglie”. Centinaia di lavoratori inoltre hanno perso il posto di lavoro in quanto le compagnie colpite dalla crisi hanno effettuato tagli al loro organico. Le conseguenze negative ricadono anche sui piccoli allevatori, che si trovano di fronte alla morte del bestiame e al basso valore dello stesso. Il comunicato cita poi lo stato di degrado in cui versano le vie di comunicazione e le infrastrutture in generale, sottolineando che “le soluzioni continuano a non arrivare in tempi ragionevoli”. Da qui la solidarietà del vescovo di Limon il quale ricorda che come Pastori “non possiamo cadere nell’indifferenza, per cui ci sentiamo chiamati ad essere vicini ai fratelli e alle sorelle che soffrono”. Nel comunicato vengono poi avanzate una serie di proposte per cercare di arginare questa situazione. Si propone di realizzare uno studio sulle famiglie che hanno avuto prestiti e che a causa di queste inondazioni non possono sostenerne le spese; di offrire ai lavoratori che sono stati licenziati delle proprietà inondate, alcune possibilità di scelte lavorative o sovvenzioni, affinché le loro famiglie possano fare fronte a questa crisi; di realizzare programmi concreti di riabilitazione dell’agricoltura che diano una possibilità reale alle famiglie dei produttori colpiti; di regolare i prezzi del bestiame e della carne; di offrire al settore del bestiame ed agricolo un programma urgente di aiuto immediato per evitare che le bestie continuino a morire e che si possano di nuovo seminare le terre; di riabilitare gli acquedotti danneggiati dalle inondazioni visto che in questo momento non vi è acqua potabile e tutti sono esposti alle conseguenze di ingerire acqua inquinata. (E. B.)

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    Messaggio dei vescovi africani per una pace duratura nei Grandi Laghi

    ◊   “La ricerca di pace e stabilità duratura per il Burundi, il Rwanda e la Repubblica Democratica del Congo deve necessariamente coinvolgere molti protagonisti, all’interno e all’esterno della regione”. È quanto affermano i vescovi del Consiglio permanente del simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam - Sceam), in un messaggio di solidarietà agli abitanti della regione dei Grandi Laghi, stilato a conclusione della riunione che si è svolta a Bujumbura, in Burundi, dal 28 febbraio al 4 marzo. Ne dà notizia l’agenzia Sir. “La situazione nella regione dei Grandi Laghi – si legge in una nota firmata dal cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar Es Salaam e presidente del Secam – è piuttosto complessa, a causa delle dimensioni storiche, culturali, politiche, sociali, economiche, religiose e ideologiche”. Paesi come “il Kenya, l’Uganda, la Tanzania, l’Angola, la Repubblica Centrafricana e il Sudan – prosegue – sono assolutamente incoraggiati a dare il meglio di sé per sostenere iniziative di pace nella regione. Questo vale anche per i Paesi chiamati a dare un aiuto duraturo nella regione, ossia Egitto, Sudafrica, Namibia e Congo Brazzaville”. I vescovi esprimono apprezzamento per “tutte le iniziative e gli sforzi dell’Unione Africana, dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e di illustri personalità, che hanno portato alla firma di un accordo di pace e al cessate-il-fuoco nella regione”. (E. B.)

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    Quaresima in Cina: i vescovi invitano alla solidarietà verso gli immigrati

    ◊   In occasione della Quaresima i vescovi cinesi hanno pubblicato alcune lettere pastorali esortando i fedeli all’autentica conversione, alla carità cristiana, al perdono e all’attenzione verso i lavoratori immigrati, soprattutto quelli disoccupati. Come riporta l’agenzia Fides, mons. Wei Jing Yi, vescovo della diocesi di Qi Qi Ha Er, ha ribadito che “la Quaresima è il tempo della conversione e del sacrificio”, ricordando che si tratta di un cammino che chiede di “superare sempre noi stessi, imitando Cristo”. L’invito è quello di partire dalla vita quotidiana e di perdonare ed accogliere nella carità chi ci offende. “E’ anche un modo di riconciliarsi con il Signore” – afferma - perché “continua a chiamarci e ci guida ad uscire dal deserto pieno di pericoli per arrivare alla terra promessa”. Quindi – conclude - “lasciamoci guidare da Lui, che è Via, Verità e Vita, per affrontare ogni tentazione e sfida”. Mons. Ignazio Jin Lu Xian, vescovo della diocesi di Shanghai, ha esortato invece alla massima attenzione nei confronti dei lavoratori immigrati disoccupati, nell’attuale crisi economica. Il presule ha incoraggiato i fedeli della metropoli economica e finanziaria del Paese ad esercitare la carità cristiana. I sacerdoti, le religiose e i fedeli, imitando il Buon Samaritano, sono chiamati ad andare a trovare gli immigrati disoccupati trattandoli “con pazienza, cura ed amore” e “aprendo il loro cuore con il nostro amore”. “Siamo cristiani che portano l’amore” ha affermato, spiegando che l’obiettivo di questa opera di carità non è quello di convertire. (E. B.)

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    Tony Blair preoccupato per il “laicismo aggressivo” nella società britannica

    ◊   L'ex primo ministro britannico, Tony Blair, ha espresso la propria preoccupazione di fronte a quello che considera il “laicismo aggressivo” sempre più diffuso nella società britannica. In un’intervista concessa al settimanale anglicano Church of Englang Newspaper e ripresa dal quotidiano della Santa Sede "L'Osservatore Romano", l'ex premier ha definito "ridicole" le sanzioni imposte ad alcune persone per aver manifestato pubblicamente la loro fede. Si è poi riferito a casi come quello di Caroline Petrie, infermiera sospesa per essersi offerta di pregare per una paziente, o quello di Jennie Cain, che potrebbe rimanere senza lavoro per aver chiesto un sostegno agli amici quando la figlia è stata rimproverata per aver parlato dell'Inferno durante la ricreazione. "Penso che le persone - ha affermato - dovrebbero essere orgogliose della loro fede cristiana e poter esprimerla come desiderano". Blair – rende noto l’agenzia Zenit - si è detto d'accordo con i rappresentanti religiosi secondo cui la religione corre il rischio di essere considerata "un'eccentricità personale". A suo avviso, il conflitto tra le religioni tradizionali e la nuova dottrina liberale dei diritti umani è "inevitabile". La vera prova per una religione, “in un'epoca contraddistinta da un secolarismo aggressivo, è dimostrare sicurezza nel mostrarsi all'esterno e nel perorare la sua causa attraverso la persuasione". Lo stesso ex premier ha anche dichiarato che durante il suo governo non si è riferito a questioni religiose per non essere considerato "un folle". Convertitosi al cattolicesimo dopo il suo ritiro, Blair ha creato una fondazione per promuovere il rispetto e la comprensione tra le religioni. (A.L.)

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    Mons. Fisichella: sulle questioni della vita gli Stati non pretendano il silenzio della Chiesa

    ◊   I cattolici non sono “afoni” su temi quali la difesa e la promozione della vita dal concepimento fino al termine naturale. Gli Stati, quando legiferano in materia di bioetica, non possono pretendere il silenzio dalla Chiesa. E’ quanto ha sottolineato mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, intervenendo ad un convegno tenutosi all’Università di Padova sul tema “Etica nella medicina dei trapianti e della cellule staminali”. “Davanti alla promozione e difesa della vita umana – ha detto mons. Fisichella le cui parole sono state riprese da Avvenire – non esiste forma di ingerenza alcuna nei confronti degli Stati né ragioni di opportunità politica che potrebbero essere avanzate per esprimere, o meno, un giudizio in proposito”. Non c’è “nessuna invasione di campo” da parte della Chiesa ma solo il richiamo “che quanto è oggetto di più scienze non può diventare esclusivo campo di azione di una sola, che si arroga il diritto di dire l’ultima parola”. Sul discusso principio di autodeterminazione, mons. Fisichella ha ribadito che “non può essere esteso in modo assoluto”. Ma deve restare limitato “al diritto di non vedersi imporre terapie sproporzionate e coercitive”. Su questi temi – ha concluso – nessuno potrà mai chiederci di rimanere in silenzio. “Ne andrebbe della nostra presenza nel mondo che permane come eco di una Parola di cui siamo portatori e responsabili: quella del Figlio di Dio mediante il quale il Creatore ha dato vita agli spazi infiniti dell’universo e alla nostra personale esistenza”. (A.L.)

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    Grande partecipazione alla Giornata mondiale di preghiera delle donne

    ◊   Essere in comunione con le altre sorelle di tutto il mondo raccogliendosi in preghiera per i popoli che ancora soffrono per ingiustizie e violenze. Questo l’obiettivo della Giornata mondiale di preghiera delle donne che si è celebrata ieri. L’evento, che ha coinvolto almeno tre milioni di persone in 170 Paesi, è considerato da molti come il più grande movimento ecumenico di base al mondo. “In Cristo, molte membra ma un solo corpo”, il versetto biblico utilizzato come tema dell’appuntamento di quest’anno. A sceglierlo un gruppo di donne cristiane della Papua Nuova Guinea - appartenenti alle due comunità maggiori, quella cattolica romana e quella evangelica luterana – che hanno voluto mettere al centro la grande varietà di etnie, culture e tradizioni che popolano il Paese dell’Oceania, formato da seicento isole e dove si parlano più di ottocento lingue. “Signore rafforza in noi il sentimento”, si legge sul testo redatto dal gruppo con cui hanno collaborato pentecostali, battisti, Esercito della salvezza e United Church. La giornata – sottolinea l’Osservatore Romano – è nata nel 1887 negli Stati Uniti. La colletta, divenuta fin da subito un momento centrale dell’iniziativa, ha permesso di aiutare donne e bambini. Il termine “Gmp”, Giornata mondiale di preghiera, fu coniato ufficialmente nel 1927. Tre anni dopo l’iniziativa raggiunse l’Europa. Nel 1945 donne di tutte le nazioni e di ogni confessione cristiana si impegnarono ad agire per ricostruire il mondo distrutto dalla guerra. Del 1969 è l’adesione dell’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche; del 1978 la prima dichiarazione comune del comitato internazionale, il cui simbolo è rappresentato da quattro donne inginocchiate ai quattro punti cardinali della terra a formare una croce. Nel 1995 la Giornata venne citata tra gli eventi da prendere in considerazione dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei Cristiani nel documento intitolato ‘La dimensione ecumenica nella formazione di chi si dedica al ministero pastorale’. (E. B.)

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    Diocesi di Milano: il fondo famiglia per i disoccupati supera 3 milioni di euro

    ◊   Il fondo famiglia per i disoccupati, promosso dall'arcidiocesi di Milano, ha superato la soglia dei 3 milioni di euro. Il primo milione è stato messo a disposizione dall’arcidiocesi, il secondo dalla Fondazione Cariplo. La somma restante è stata raccolta grazie alle offerte dei fedeli. Il fondo è stato istituito dal cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, per combattere la crisi economica e l’iniziativa si rivolge alle famiglie che si trovano in difficoltà a causa della perdita del lavoro. Il fondo vuole essere, soprattutto, uno strumento educativo, "un segno con cui la Chiesa ambrosiana manifesta il suo impegno di sobrietà e di solidarietà". Alla fine del mese di marzo saranno distribuiti i primi fondi alle famiglie bisognose, individuate in collaborazione con le Caritas locali e le Acli. “La Chiesa – aveva detto il cardinale Tettamanzi dopo l’annuncio del fondo - vede la famiglia come piccola espressione di se stessa, nello stesso tempo come cellula fondamentale della società”; per questo - aveva aggiunto il porporato - “il valore di solidarietà come valore fondamentale della vita di relazione e dunque della vita della società, trova il suo germe e la sua forza di crescita decisamente nello stile di vita che le famiglie sanno avere”. (A.L.)

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    Torcia paolina da Roma in Sicilia per illuminare le celebrazioni dell’Apostolo a Ribera

    ◊   E’ giunta stamane in Sicilia la torcia che i giovani della parrocchia romana di Maria Regina Pacis avevano acceso domenica 22 febbraio nella Fiamma Paolina che (avviata dal Santo Padre) arde nel quadriportico della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. Portata in staffetta nella loro chiesa, ha “illuminato” varie funzioni dell’inizio della Quaresima, fra cui l’Intronizzazione solenne della Parola di Dio e la lettura delle Lettere dell’Apostolo. Questa mattina la torcia paolina è stata portata da due giovani della parrocchia romana, Cecilia Vergari e Alberto Bedodi, in aereo a Palermo e da qui in automobile fino a Ribera, nella diocesi di Agrigento ove era attesa da coetanei della parrocchia San Domenico Savio e dal loro animatore pastorale Francesco Montalbano. Che, grazie a dei rapporti di collaborazione nel corso dei suoi studi a Roma, ha stabilito il “gemellaggio” con la parrocchia Maria Regina Pacis. Ora a Ribera la fiamma di San Paolo arderà nel corso delle celebrazioni in onore dell’Apostolo non solo nella parrocchia di San Domenico Savio (che ha organizzato fra l'altro  un convegno sull’Inno alla Carità) ma anche  in altre parrocchie della città; e sembra sarà pure trasferita in varie chiese della Diocesi. La Basilica di San Paolo ha accolto stamane migliaia di pellegrini: oltre seicento della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, guidati dal vescovo mons. Luigi Martella; circa 1.400 delle parrocchie del nono decanato dell’arcidiocesi di Napoli e 250 della parrocchia di Afragola; un centinaio di Busnago, arcidiocesi di Milano, guidati da fra Lodovico Albanesi del Collegio Sant’Antonio dei Fratelli di Nostra Signora della Misericordia. (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Gli Usa rilanciano i rapporti con Russia, Ue e Paesi mediorientali

    ◊   Si conclude oggi, con l’ultima tappa nella capitale turca Ankara, il tour di Hillary Clinton in Medio Oriente ed Europa. Numerosi ed importanti i temi toccati dal nuovo segretario di Stato nel corso delle varie tappe. Ieri il rilancio dei rapporti con Mosca, attraverso l’incontro con il ministro degli Esteri russo Lavrov, che ha sancito l’inizio delle trattative per un accordo sul disarmo. Nei giorni scorsi, l’impegno ribadito per la pace tra israeliani e palestinesi, la mano tesa all’Iran, la strategia militare in Afghanistan e la collaborazione con il Vecchio Continente. L’amministrazione americana, in sostanza, ha voluto sottolineare anche in questa occasione la discontinuità con l’era Bush. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Giuseppe Mammarella, professore di relazioni internazionali presso la Stanford University:

    R. – Penso che sia una discontinuità reale, oltretutto anche suggerita dalle nuove situazioni che riguardano non solo gli Stati Uniti ma tutto il mondo. La crisi farà sentire i suoi effetti. Comunque, a prescindere da questo, dopo l’esperienza dell’Iraq e, quella ancora in corso, dell’Afghanistan, non credo che nella politica estera americana, da ora in poi, ci sarà più diplomazia, cioè più politica diplomatica, più compromesso - diciamo - e meno forse ricorso allo strumento militare. Direi che questa è un po’ anche la linea che è uscita dal dibattito durante la campagna elettorale. Però c’è un elemento di incertezza nel futuro della politica estera americana e cioè come gli Stati Uniti usciranno da questa crisi che, evidentemente, è una crisi che ricrea nuovi equilibri nel mondo. Quindi, credo che, dopo una prima fase, che è quella in corso, l’America dovrà, all’indomani della fine della crisi, riproporsi una politica estera diversa.

     
    D. – La politica estera americana sembra indirizzata verso il dialogo su tutti i fronti. Si può prevedere un cambiamento di rotta su qualcuno di questi fronti?

     
    R. – Certamente un cambiamento nei confronti di Israele perché credo che la sua amministrazione sia lucidamente cosciente che attraverso la soluzione del problema palestinese israeliano si pongano le condizioni per la soluzione di altri problemi, tra cui quello stesso dei rapporti con l’Iran.

     
    D. – A parte le intenzioni della nuova amministrazione, quanto la difficile eredità di Bush influirà concretamente sul futuro della politica estera americana?

     
    R. – Certamente, il nuovo corso della politica estera americana potrebbe far dimenticare, in una certa misura, gli errori di Bush. Come dicevo prima, c’è questo fattore, il fattore della crisi che va valutato per quello che possono essere le sue conseguenze sul piano della politica estera, soprattutto nel quadro di un diverso equilibrio internazionale. L’America si sta svenando letteralmente per cercare di bloccare la crisi e quell’apparato militare, fra l’altro, gli costa qualcosa come il cinque per cento del prodotto nazionale lordo.

     
    Annuncio visita Obama in Turchia
    Nel corso della visita ad Ankara, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha annunciato che il presidente Barak Obama, andrà in Turchia entro un mese. Tra gli argomenti di discussione sul tavolo dell’incontro tra la Clinton e il premier turco Erdogan il Medio Oriente, l'Iraq, l'Afghanistan e la lotta al terrorismo.

    Colloqui Usa-Siria
    Al via a Damasco i primi colloqui tra gli emissari diplomatici statunitensi e il ministro degli Esteri siriano, Walid al-Muallim, e il presidente, Bashar al-Assad, dopo quattro anni di congelamento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Jeffrey Feltman e Daniel Shapiro, rispettivamente vice segretario di Stato ad interim per il Medio Oriente e membro del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, esamineranno con le autorità di Damasco ''una lunga lista di preoccupazioni'': nel 2004 l'Amministrazione americana aveva deciso di imporre sanzioni economiche commerciali alla Siria, accusata di sostenere il ''terrorismo'' in Iraq e di ''destabilizzare'' il Libano. Nel 2005, Washington aveva inoltre deciso di ritirare il proprio ambasciatore. Tuttavia i due diplomatici hanno assicurato che il presidente Obama intende usare “il dialogo come strumento per far avanzare la politica americana nella regione” e che la Siria potrà giocare un ruolo “importante e costruttivo”.

    Iran pronto a valutare invito Usa a conferenza sull’Afghanistan
    L'Iran prenderà in considerazione l'invito degli Stati Uniti a prendere parte ad una conferenza per la stabilizzazione dell’Afghanistan. Non si è fatta attendere dunque la risposta del governo di Teheran all’importante apertura offerta ieri dal segretario di Stato Usa Clinton, in vista della conferenza internazionale che dovrebbe aver luogo il 31 marzo a Bruxelles. Il portavoce del governo ha poi spiegato che ancora nessun invito ufficiale è ancora arrivato dagli Usa o da altri Paesi. ''Per noi - ha tuttavia sottolineato - la sicurezza, lo sviluppo e la stabilità dell’Afghanistan sono molto importanti. L'Iran non risparmierà alcuno sforzo per aiutare il popolo afghano''.

    Afghanistan
    Il presidente afghano, Hamid Karzai, ha annunciato oggi di aver approvato la decisione della commissione elettorale di tenere il 20 agosto prossimo le elezioni presidenziali, come richiesto anche dalla coalizione internazionale per consentire il dispiegamento di nuove truppe. Il presidente afghano ha fatto marcia indietro rispetto a una settimana fa, quando aveva firmato un decreto che domandava le elezioni per il 21 aprile. Karzai rimarrà comunque in carica fino al voto di agosto sebbene il suo mandato scada a maggio. Gli oppositori avevano invece chiesto che fino ad agosto entrasse in carica un'autorità provvisoria, perché ritengono che vi sia il rischio di un controllo e di un eventuale manipolazione dei risultati da parte dell’attuale presidenza.

    Pakistan
    Ennesimo attentato terroristico in Pakistan dove sette membri delle forze di sicurezza e tre civili sono rimasti uccisi questa mattina in seguito all’esplosione di un’autobomba alla periferia di Peshawar. Secondo alcune testimonianze, la pattuglia sarebbe stata attirata con uno stratagemma vicino al veicolo, parcheggiato con 30 chili di esplosivo all’interno.

    Corea del Nord
    Gli Stati Uniti vogliono dialogare con la Corea del Nord. Sono le dichiarazioni del nuovo inviato americano a Pyongyang, Stephen Bosworth, che giungono dopo l’annuncio del regime comunista del lancio imminente di un satellite di comunicazione, definito in realtà da Seul e Washington un missile di lunga gittata. Il nuovo segnale di apertura arriva nonostante ieri a Tokyo l'emissario americano aveva esortato Pyongyang a rinunciare al previsto lancio del razzo, ''sia esso un satellite o un missile”.

    Cina-Dalai Lama
    Nessuno Stato permetta al Dalai Lama di usare il territorio del proprio Stato per azioni che favoriscano la separazione del Tibet dalla Cina. Così recita il duro monito del ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, in vista di alcune ricorrenze che fanno temere alle autorità di Pechino nuove ondate di proteste degli attivisti pro-Tibet. Il capo della diplomazia cinese ha poi accusato il Dalai Lama di voler creare un Grande Tibet che comprenda un quarto dell'intero territorio cinese. In questi giorni cadono il 50.mo anniversario dell'esilio del Dalai Lama, martedì prossimo, e il primo anniversario della rivolta scoppiata il 14 marzo scorso a Lhasa, con decine di morti.

    Russia: agguato a giornalista
    Ancora una grave aggressione ai danni di un giornalista in Russia. La vittima, Vadim Rogozhin, direttore di una holding che raggruppa vari media locali, versa in gravi condizioni dopo essere stato picchiato violentemente davanti al portone di casa, giovedì sera a Saratov, grande città industriale sul Volga. Secondo i colleghi, il giornalista non ha mai avuto interessi finanziari o di business, e quindi l'aggressione andrebbe collegata con la sua attività professionale e i suoi recenti articoli sul sistema giudiziario e amministrativo locale. L'altro ieri un altro giornalista era stato aggredito e gravemente ferito a coltellate a Bishkek, capitale del Kirghizistan.

    Algeria
    Resta alta la tensione nella turbolenta regione algerina della Cabilia. Questa mattina un attentatore suicida si è fatto esplodere davanti all’ingresso di una caserma a 20 km ad ovest di Tizi Ouzou, provocando due morti e almeno dieci feriti. Nella regione si sta verificando un incremento degli attacchi dei ribelli islamici con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali del prossimo 9 aprile. Solo nel mese di febbraio si sono registrare 33 vittime.

    ColombiaUna grave esplosione avvenuta nel dipartimento centrale di Meta in Colombia ha provocato la morte di cinque militari e il ferimento di altri 8. I soldati stavano ispezionando un deposito di armi delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, quando si è verificata la deflagrazione, probabilmente provocata. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 66


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