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Sommario del 28/05/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Cei: riscoprire il compito educativo di fronte alla difficoltà di formare autentici cristiani e uomini e donne maturi. Solidarietà ai terremotati
  • Lettera del Papa per il centenario del martirio di San Quirino: nelle persecuzioni non siamo abbandonati
  • La Chiesa si prepara alla Pentecoste. Padre Cantalamessa: lo Spirito Santo, presenza di Cristo risorto nei cuori
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Rapporto di Amnesty: diritti umani più violati per la crisi
  • Iraq: nuovo allarme per la comunità cristiana lanciato dai vescovi caldei
  • Una Chiesa multietnica a servizio dei cristiani della selva peruviana
  • Convegno a Firenze su Galileo: la riflessione di padre Coyne
  • Assisi: corsi francescani per i giovani
  • La Lev pubblica un libro sul diaconato
  • Chiesa e Società

  • Un teologo cattolico nuovo ambasciatore Usa presso la Santa Sede
  • Plauso dei vescovi californiani per il no della Corte Suprema ai matrimoni gay
  • Congo: violenze contro i civili nell’est del Paese
  • Tanzania: aggredita a colpi di machete un'anziana suora
  • Camerun: cooperativa per il reinserimento sociale delle prostitute
  • Iraq: l’Onu rafforza i programmi di assistenza alimentare
  • Dal 4 giugno settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele
  • Australia: il cardinale Pell propone amore vero e non assistenzialismo per gli aborigeni
  • L’arcivescovo di Caracas presenta la prossima visita ad Limina
  • Cile: settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
  • Filippine: la Chiesa chiede azioni urgenti contro la povertà
  • Francia: l'importanza del voto cristiano alle prossime elezioni europee
  • Elezioni europee. I vescovi inglesi e gallesi: partecipare al voto
  • Spagna: nel 2010 l’Anno Santo compostelano
  • Padre José Ornelas Carvalho confermato superiore generale dei Dehoniani
  • Gli Annali “paolini” della Pontificia Accademia di Belle Arti
  • Serata interreligiosa a Roma
  • Acli Colf: Raffaella Maioni eletta nuova responsabile nazionale
  • Celebrazioni in onore della Madonna della Strada patrona dei netturbini romani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Imminenti sanzioni internazionali contro la Corea del Nord
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Cei: riscoprire il compito educativo di fronte alla difficoltà di formare autentici cristiani e uomini e donne maturi. Solidarietà ai terremotati

    ◊   L’educazione è un compito fondamentale per la Chiesa e la società italiana: Benedetto XVI lo ha ribadito oggi, parlando ai vescovi italiani, ricevuti in Vaticano in occasione della loro assemblea generale. Il Papa ha sottolineato che per essere buoni educatori bisogna unire autorità ed esemplarità. Ha quindi rinnovato la sua solidarietà alle popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto ed ha incoraggiato le iniziative di sostegno a quanti soffrono a causa della crisi economica. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto dal presidente della Cei, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco. Ci riferisce Alessandro Gisotti:

    “C’è bisogno di educatori autorevoli a cui le nuove generazioni possano guardare con fiducia”: è il vibrante appello levato stamani da Benedetto XVI nell’udienza ai vescovi italiani che proprio al compito fondamentale dell’educazione hanno dedicato la loro assemblea. “La difficoltà di formare autentici cristiani – ha avvertito il Papa – si intreccia fino a confondersi con la difficoltà di far crescere uomini e donne responsabili e maturi, in cui coscienza della verità e del bene e libera adesione ad essi siano al centro del progetto educativo”:

     
    “Un vero educatore mette in gioco in primo luogo la sua persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare coloro che gli sono affidati. Ne siamo consapevoli noi stessi, posti come guide in mezzo al popolo di Dio, ai quali l’apostolo Pietro rivolge, a sua volta, l’invito a pascere il gregge di Dio facendoci «modelli del gregge»”.

     
    Quella dell’educazione, ha detto il Papa, è “un’esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa” che oggi tende ad “assumere i tratti dell’urgenza e, perfino, dell’emergenza”. E’ allora necessario, ha avvertito, riflettere su un progetto educativo “che nasca da una coerente e completa visione dell’uomo” che può “scaturire unicamente” da Gesù Cristo. E’ Lui, ha proseguito, il Maestro “alla cui scuola riscoprire il compito educativo come un’altissima vocazione” a cui ogni fedele è chiamato:

     
    “In un tempo in cui è forte il fascino di concezioni relativistiche e nichilistiche della vita, e la legittimità stessa dell’educazione è posta in discussione, il primo contributo che possiamo offrire è quello di testimoniare la nostra fiducia nella vita e nell’uomo, nella sua ragione e nella sua capacità di amare. Essa non è frutto di un ingenuo ottimismo, ma ci proviene da quella «speranza affidabile» (Spe salvi, 1) che ci è donata mediante la fede nella redenzione operata da Gesù Cristo”.

     
    Il Papa ha auspicato la realizzazione di un’alleanza educativa tra coloro che hanno responsabilità in questo ambito. Quindi, ricordando che domenica prossima si conclude il triennio dell’Agorà dei giovani italiani, ha invitato i presuli a verificare il cammino educativo in atto e a intraprendere nuovi progetti per i ragazzi. Ma, ha aggiunto, l’educazione non può riguardare solo le nuove generazioni:
     
    “L’opera formativa, infine, si allarga anche all’età adulta, che non è esclusa da una vera e propria responsabilità di educazione permanente. Nessuno è escluso dal compito di prendersi a cura la crescita propria e altrui verso la «misura della pienezza di Cristo»”.

     
    Benedetto XVI ha quindi rivolto il pensiero alla tragedia che ha colpito le popolazioni abruzzesi. Una drammatica circostanza, ha detto, in cui si è rinnovato “quel senso di solidarietà che è profondamente radicato nel cuore di ogni italiano”:

     
    “Ho avuto modo, nella mia visita a quella terra tragicamente ferita, di rendermi conto di persona dei lutti, del dolore e dei disastri prodotti dal terribile sisma, ma anche della fortezza d’animo di quelle popolazioni insieme al movimento di solidarietà che si è prontamente avviato da tutte le parti d’Italia (…) Desidero rinnovare ai Vescovi abruzzesi e, attraverso di loro, alle comunità locali l’assicurazione della mia costante preghiera e della perdurante affettuosa vicinanza”.

    Si è così soffermato sulla crisi finanziaria ed economica che ha raggiunto in varia misura tutti i Paesi, Italia compresa. Nonostante le misure intraprese a vari livelli, ha osservato, gli “effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire e anche duramente” sulle fasce più deboli. Ha così lodato l’iniziativa - promossa dalla Cei - del fondo di solidarietà denominato “Prestito della Speranza” che avrà domenica prossima un momento di partecipazione corale nella colletta nazionale. Un’iniziativa, ha aggiunto, che evoca il gesto della colletta promossa da San Paolo per la Chiesa di Gerusalemme:

     
    “In un momento di difficoltà, che colpisce in modo particolare quanti hanno perduto il lavoro, ciò diventa un vero atto di culto che nasce dalla carità suscitata dallo Spirito del Risorto nel cuore dei credenti. È un annuncio eloquente della conversione interiore generata dal Vangelo e una manifestazione toccante della comunione ecclesiale”.

     
    Nel suo articolato discorso, il Papa ha avuto anche parole di incoraggiamento per i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici impegnati nelle parrocchie in ogni angolo del Paese. Il Pontefice ha riconosciuto che non bisogna nascondere “le difficoltà” che “incontrano nel condurre i propri membri ad una piena adesione alla fede cristiana”. Non a caso, ha proseguito, si invoca un rinnovamento “nel segno di una crescente collaborazione dei laici”. Ed ha ribadito “la singolare unità che lega la Chiesa in Italia alla Sede Apostolica”, un clima di comunione che favorisce un profondo inserimento nel territorio del popolo cristiano. Da ultimo, il Papa ha messo l’accento sull’impegno dei vescovi italiani “per la promozione di una mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momento”, specie se fragile. In particolare, ha lodato il manifesto “Liberi per vivere. Amare la vita fino alla fine”, che vede il laicato cattolico impegnato affinché non manchi nel Paese “la coscienza della piena verità sull’uomo”.

     
    Dal canto suo, il cardinale Bagnasco ha ringraziato il Papa per la vicinanza mostrata alle popolazioni d’Abruzzo, confermando l’impegno della Chiesa italiana in favore dei terremotati:

     
    “Siamo tutti impegnati perché le popolazioni colpite dal terremoto, che hanno mostrato una singolare dignità e manifestato al mondo un radicamento agli autentici valori umani ed evangelici, possano presto tornare alla vita normale e riacquistare i ritmi e le certezze di prima”.

     Infine, il porporato ha assicurato che i vescovi italiani sono impegnati nel compito urgente dell’educazione, una questione che “non cessa di interpellare anche ampi strati della cultura e della società” oltre all’azione evangelizzatrice della Chiesa.

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    Lettera del Papa per il centenario del martirio di San Quirino: nelle persecuzioni non siamo abbandonati

    ◊   Benedetto XVI si rallegra in una lettera al cardinale Josip Bozanic - inviato speciale alle celebrazioni per il XVII centenario del martirio del vescovo San Quirino - per le iniziative spirituali e pastorali organizzate in Croazia il 4 giugno. Nel ricordare il martirio del vescovo di Siscia, risalente al IV secolo, il Papa esorta i fedeli alla devozione verso il loro patrono invitandoli a pregare per la loro terra e per tutti i continenti. Il servizio di Tiziana Campisi:

    A nome del Papa il cardinale Josip Bozanic presiederà il 4 giugno a Krk, in Croazia, le celebrazioni per ricordare San Quirino, rivolgendo anche un saluto ai fedeli. Benedetto XVI ha delegato il porporato che è stato vescovo della diocesi di Krk per manifestare la propria vicinanza a quanti, con devozione, ricorderanno il martirio subito sotto l’imperatore Galerio da Quirino, per avere manifestato la propria fede in Cristo. Si narra che il vescovo, avendo rifiutato di sacrificare agli dei, venne flagellato ed imprigionato e che, fallito il tentativo di farlo abiurare, venne gettato nel fiume Sava con una pietra al collo. Il suo esempio, spiega il Papa, ricorda quanto scritto da San Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi, quando si sottolinea che nelle tribolazioni non siamo schiacciati e nella persecuzione non veniamo abbandonati, perché, seppur colpiti non veniamo uccisi “portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo”. Nella sua lettera, Benedetto XVI fa riferimento anche alla recente partecipazione ad una udienza generale a Roma, qualche mese fa, di un gruppo di pellegrini croati che hanno manifestato la loro devozione a San Quirino. E per questo il Pontefice, inviando la propria benedizione apostolica, chiede al cardinale Bozanic di esortare i fedeli di Krk a pregare il loro patrono “affinché implori dal Divino Pastore abbondanti grazie”, a beneficio della diocesi, di tutta la Croazia e del mondo intero. Le reliquie di San Quirino si troverebbero a Roma, pare deposte nel mausoleo “Platonia”, dietro l’abside della Basilica di San Sebastiano, sulla via Appia, dove, come attestano fonti del VII secolo, si recavano numerosi pellegrini.

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    La Chiesa si prepara alla Pentecoste. Padre Cantalamessa: lo Spirito Santo, presenza di Cristo risorto nei cuori

    ◊   La Chiesa universale si prepara, domenica prossima, a festeggiare il giorno di Pentecoste, che conclude il tempo della Pasqua, a ricordo dell’effusione dello Spirito Santo sugli apostoli raccolti insieme a Maria nel Cenacolo, a Gerusalemme. Roberta Gisotti ha intervistato padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia sul significato di questa solennità:

    D. – Padre Cantalamessa, in vista della prossima solennità della Pentecoste, come prepararsi a quest’evento? Che cosa possiamo attenderci, oggi, quali discepoli di Cristo, dalla discesa tra noi dello Spirito Santo?

     
    R. – Per prepararci abbiamo un mezzo comune che è la liturgia con le sue letture, i suoi riti, che culmineranno con la Veglia di Pentecoste e la Festa. Poi, c’è la preparazione naturalmente anche individuale che consiste nel desiderare lo Spirito. La condizione unica che Gesù ha posto per avere lo Spirito non è di doverlo pagare - che tanto non si può comprare - ma è di avere sete: “Chi ha sete venga a me e beva”, dice nel Vangelo di Giovanni. L’evangelista commenta dicendo: “Egli parlava dello Spirito Santo”. Che cosa ci aspettiamo, ai nostri giorni, dalla festa di Pentecoste, è una cosa molto semplice: che si verifichi per noi una nuova Pentecoste cioè che la Pentecoste non sia solo una festa che celebriamo ma un’esperienza che facciamo. E noi abbiamo bisogno dello Spirito Santo disperatamente. Il filosofo Heidegger, diceva, nel secolo scorso: “Solo un Dio ci può salvare”. Io direi che questo Dio, che ci può salvare, può salvare la nostra società tecnologizzata, arida.

     
    D. – Quindi, padre Cantalamessa, c’è anche il rischio, per noi cristiani, di mancare questo appuntamento?

     
    R. – Sì, questo rischio c’è in effetti, anche per un equivoco, diciamo, che si trascina. Noi siamo abituati a considerare, soprattutto nella teologia preconciliare, lo Spirito Santo come una specie di appendice, un 'optional' che si aggiunge all’organismo cristiano, ai mezzi della grazia, ma con uno scopo marginale di dare alla Chiesa la forza di portare il messaggio ai confini della Terra. Questa è una visione molto parziale ed incompleta. Lo Spirito Santo è la salvezza, è il principio della nuova Alleanza. Certo che Gesù, sulla Croce, con la sua morte e la sua resurrezione, ha compiuto tutto, ha realizzato la nuova ed eterna Alleanza. Ma è lo Spirito che rende questa redenzione di Cristo, attuale, disponibile ad ogni uomo ed in ogni momento della storia. Quindi, per evitare questo rischio, io direi che i pastori, i teologi, le guide spirituali della comunità, dovrebbero presentare la vera immagine dello Spirito Santo che non è una astrazione, non è un’idea ma è una presenza, è la presenza di Cristo risorto in mezzo al cuore dei cristiani.

     
    D. – Padre Cantalamessa, lo Spirito Santo, è la terza Persona della Santissima Trinità, che quindi dobbiamo avere sempre presente nell’esperienza del nostro vivere quotidiano...

     
    R. – Sì, anzi, lo Spirito Santo, secondo la Scrittura, è quello che rende la Trinità presente nel cuore, è l’inabitazione dello Spirito Santo in noi che si fa tempio di Dio, tempio dello Spirito Santo. Questo deve avvenire sempre, la festa di Pentecoste deve servire come una specie di accelerazione, di presa di coscienza; tutta la vita della Chiesa, la liturgia tende a metterci in contatto, giorno per giorno, con questa sorgente che è lo Spirito Santo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un vero educatore sa unire autorità ed esemplarità: il discorso del Papa all’assemblea generale della Conferenza episcopale italiana

    Seoul e Washington innalzano l’allerta militare: in rilievo, nell’informazione internazionale, la crisi nucleare nordcoreana

    In cultura, il vescovo Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, annuncia - in un articolo di Raffaele Alessandrini - una nuova edizione dei documenti vaticani del processo a Galileo Galilei

    Decenni di “Avvenire” dietro le spalle: anticipazione dell’introduzione al volume “La nascita di Avvenire. Una pagina sconosciuta nella storia della Chiesa italiana” di Eliana Versace; nel 1968 nasceva il quotidiano cattolico fortemente voluto da Paolo VI

    L’intervento di Fabrizio Bisconti alla presentazione del libro di Pasquale Iacobone “Maria a Roma: teologia, culto e iconografia mariana a Roma dalle origini all’alto medioevo”
     Detective dell’odio nella Svezia più oscura: Luca Pellegrini recensisce “Uomini che odiano le donne”, il film tratto da “Millennium” di Stieg Larsson

    “Nessuno è escluso dall’amore di Cristo”: nell’informazione religiosa, un articolo di monsignor Inos Biffi “per una pastorale del matrimonio indissolubile"

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    Oggi in Primo Piano



    Rapporto di Amnesty: diritti umani più violati per la crisi

    ◊   La crisi economica globale da una parte ha distolto l’attenzione dai conflitti nel mondo, dall’altra ha generato nuove gravi violazioni dei diritti umani. E’ quanto rileva il rapporto annuale 2009 di Amnesty International presentato ieri a Roma, che fotografa la situazione dei diritti umani nel mondo e che contiene capitoli su oltre 150 Paesi. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    Dopo l’11 settembre 2001, i diritti umani sono stati messi in secondo piano dalla Guerra al terrore; oggi accade di nuovo a causa della crisi economica globale che nasconde “un’esplosiva crisi dei diritti umani che è una bomba ad orologeria sociale, politica ed economica”. Il Rapporto di Amnesty International spiega come anche nel 2008 si sia tradita o negata la dignità umana. “Il rischio è che la recessione porti con sé maggiore repressione” spiega l’organizzazione, perché “miliardi di persone sono private di sicurezza, giustizia e dignità. La crisi che le colpisce ha a che fare con la mancanza di cibo, di lavoro, di acqua potabile, di terra e di alloggio”. Tra gli esempi più evidenti: la negazione a comunità indigene, come quelle di Brasile, Messico e India, del diritto fondamentale a una vita dignitosa; gli sgomberi forzati di centinaia di migliaia di persone da insediamenti abitativi precari o terreni agricoli; l’aumento dei prezzi e dunque l’uso del cibo come arma politica in Paesi come Corea del Nord, Myanmar o Zimbabwe; o l’adozione di politiche restrittive come reazione alla pressione migratoria da parte di Paesi di destinazione e di transito. Capitolo che riguarda da vicino l’Italia, che sarà considerata responsabile, avverte Christine Weise, neo-presidente di Amnesty Italia, di ciò che accadrà ad ogni persona che verrà rimandata in Libia dove, spiega ancora il Rapporto, non esiste procedura d’asilo e dove si praticano torture e maltrattamenti. Christine Weise:

     
    “Dobbiamo renderci conto che la crisi economica nei Paesi poveri ha effetti assolutamente devastanti; dove la povertà è accentuata da violazioni dei diritti umani e dove la povertà è anche causa di violazioni. Chi è povero non ha accesso all’istruzione che gli darebbe i mezzi per combattere le violazioni e affermare i propri diritti. Bisogna combattere gli effetti devastanti della crisi, migliorando i diritti umani. Chiediamo, per esempio, agli Stati Uniti di ratificare il Patto internazionale sui diritti economici e sociali e culturali. E’ un patto del 1966! Chiediamo, per esempio, alla Cina di ratificare invece il Patto internazionale sui diritti civili e politici: anche quello è un patto del 1966 …”.
     
    Nel rapporto si evidenzia non solo come i Paesi del G20, pur presentandosi come “soggetto nuovo, in tema di diritti umani dimostrino di avere un approccio vecchio e fallimentare”, ma come proprio in questi Paesi si verifichino il 78% delle esecuzioni, il 79% delle torture e dei maltrattamenti, il 47% dei processi iniqui, il 74% delle detenzioni illegali. Il rispetto dei diritti umani, spiega l’organizzazione, è anche la chiave per far uscire le persone da quella trappola che è la povertà che stringe quei 963 milioni di persone che ogni sera vanno a dormire affamate. Anche a loro è dedicata la nuova campagna di Amnesty International: „Io pretendo dignità”. Daniela Carboni, direttrice ufficio campagne e ricerca:

     
    “La dignità può significare tante cose: per chi vive nel delta del Niger, può significare vivere in un ambiente pulito e poter godere, almeno in parte, della ricchezza che le estrazioni petrolifere producono. Per le donne che non riescono ad avere accesso all’assistenza necessaria per non correre rischi addirittura di morte durante la gravidanza e il parto, significa poter andare negli ospedali quando serve e andarci a prescindere dal fatto che se lo possano permettere economicamente o no. E per chi vive negli insediamenti abitativi precari, significa poter raccontare che cosa comporta crescere una famiglia in questi insediamenti e poter chiedere una sistemazione diversa e adeguata”.

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    Iraq: nuovo allarme per la comunità cristiana lanciato dai vescovi caldei

    ◊   Un nuovo allarme per la comunità cristiana in Iraq è stato lanciato dai vescovi caldei. Da un paio di settimane alcune persone stanno contattando le famiglie di religione cristiana, soprattutto di Baghdad, e, con la promessa di sovvenzioni o donazioni, estorcono i dati anagrafici dei componenti per un non ben chiaro utilizzo. Che cosa si teme da questa iniziativa che coinvolge i cristiani iracheni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a don Renato Sacco di Pax Christi, più volte in missione in Iraq:

    R. – Speriamo niente di grave. Certo, fa pensare, se ripercorriamo questi anni, ad una realtà davvero martoriata: la guerra con l’Iran, l’embargo, la prima guerra del Golfo, la seconda guerra del Golfo, le armi all’uranio, i profughi... C’è davvero un accanimento. Quando poi, qualche volta, sembra ci sia una tregua, riprendono gli attentati e i rapimenti. E adesso anche questa forma di inganno, che forse ancora non sono in grado di valutare.

     
    D. – Quali ipotesi si fanno?

     
    R. – Da quella più seria, che potrebbe essere una schedatura, un controllo, a quella meno grave, ma comunque pericolosa, che potrebbe essere un modo per ingannare le persone. Io spero che anche il governo possa indagare. Certo, la cosa è un po’ sospetta, perchè rivolta ai cristiani, quasi che si voglia sottolineare questo essere minoranze. Credo che la realtà dell’Iraq ci chieda continuamente di non dimenticare soprattutto le minoranze e non solo i cristiani. In ogni caso credo sia importante, come diceva il Papa nell’ultimo viaggio, costruire ponti. I muri si possono abbattere e soprattutto mai dimenticarli.

     
    D. – Un’iniziativa questa che è favorita, secondo lei, dalla situazione permanente di instabilità politica che vive il Paese?

     
    R. – Penso di sì. Mi dicevano in questi giorni che ci sono alcuni profughi che sono in Siria e hanno già il visto per andare, per esempio, in Europa o negli Stati Uniti. Eppure il governo siriano non li lascia partire. Allora, ci viene da chiedere, ma perché non li lascia partire? Sarebbe un guadagno lasciarli andare, si risolverebbe un problema. Qualcuno dice che sicuramente ci sono degli accordi con il governo iracheno, perchè non lascino il Paese e tornino indietro. A quale prezzo? A che costo sotto banco tutto questo? I potenti fanno grandi giochi e chi paga sono sempre i deboli. E sicuramente anche questa forma di inganno delle firme alle famiglie cristiane, promettendo aiuti, è da inserire in questo clima di instabilità. La pace è proprio un augurio grande, perché potrebbe riportare un po’ di serenità e anche un po’ di legge, un po’ di rispetto per tutti. Quando non c’è rispetto, come sempre vince il più forte.

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    Una Chiesa multietnica a servizio dei cristiani della selva peruviana

    ◊   Una vita fatta di cose semplici, legata alle condizioni climatiche della selva, dove i sacerdoti si spostano con difficoltà tra i fiumi: è quella degli indigeni del vicariato di Iquitos, in Perù. Affidato alla cura pastorale degli agostiniani spagnoli, oggi ospita anche religiosi dell’Africa e dell’Australia. Ma come vivono i cattolici nella selva peruviana? Tiziana Campisi lo ha chiesto a mons. Julián García Centeno, vicario apostolico di Iquitos che ha incontrato recentemente Benedetto XVI durante la visita ad Limina dei vescovi del Perù:

    R. – E’ nella foresta, non ci sono strade, soltanto fiumi, e il vicariato si estende su oltre 100 mila chilometri quadrati. La situazione è molto difficile perché ci si può muovere soltanto solcando i fiumi. Abbiamo pochi preti e poche suore che non possono raggiungere tutte le zone. Abbiamo quindi bisogno di catechisti e di animatori delle comunità, che svolgono questo lavoro durante la settimana o la domenica per celebrare la Parola di Dio nei paesini, e fanno un gran lavoro. Per quanto riguarda l’istruzione, abbiamo cinque collegi parrocchiali ed 8-9mila alunni. Il sistema educativo è piuttosto carente.

     
    D. – Quali altre realtà religiose esistono nel suo vicariato?

     
    R. – Abbiamo un monastero di vita contemplativa ma ci sono poche vocazioni perché la gente non capisce bene cosa significhi la preghiera, la contemplazione; pian piano, la gente inizia a comprendere un po’ l’importanza della preghiera che, come noi sappiamo, è il cuore della Chiesa. Abbiamo anche un seminario dove adesso ci sono 26 seminaristi. Questo vicariato è affidato agli agostiniani spagnoli. Fino ad ora venivano dalla Spagna, ora, invece, da altri Paesi dell'Europa: anche in Spagna non ci sono vocazioni! Per questo ho dovuto cercare i preti fuori dell’ordine agostiniano: e così, abbiamo preti che vengono dall’Australia, dall’Inghilterra, da Malta, dalla Polonia. Le suore invece vengono dall’Africa: dal Togo, dal Benin, dal Senegal, e poi dall’Indonesia e dalla Germania, dalla Francia ... La nostra è dunque un po’ una “Chiesa universale” e con diverse mentalità; è curioso, ma tutti quanti siamo contenti della nostra missione. Anche la mentalità non rappresenta un problema: siamo tutti molto uniti, ci facciamo coraggio a vicenda.

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    Convegno a Firenze su Galileo: la riflessione di padre Coyne

    ◊   Prosegue a Firenze il convegno internazionale della Fondazione Stensen dei gesuiti che nell’anno dell’Astronomia propone una rilettura del Caso Galileo dal punto di vista storico, filosofico e teologico. A quattro secoli dalle prime osservazioni fatte col cannocchiale dallo scienziato pisano, 33 fa i massimi esperti della sua opera e biografia, sono impegnati in un confronto che vuole rilanciare la collaborazione tra scienza e fede. Da Firenze il servizio del nostro inviato, Fabio Colagrande:

    La contestualizzazione storica della condanna del copernicanesimo ad opera del Sant’Uffizio nel 1616 e poi del processo subito da Galilei nel 1633, restituisce un'immagine più sottile del clima culturale in cui maturò quello che la Chiesa stessa ha da tempo riconosciuto come un proprio tragico errore. Lo sguardo ravvicinato, con cui storici e filosofi della scienza affrontano in questi giorni al Palazzo dei congressi di Firenze la vicenda galileiana, mostra come l’avvento dell’eliocentrismo e della ‘scienza nuova’, scardinavano l’intero sistema aristotelico su cui era fondata la filosofia naturale del tempo, obbligando i teologi a interrogarsi rapidamente sui loro criteri di interpretazione della Scrittura. Se i giudici dell’Inquisizione non seppero farlo, alla condanna di Galileo, come ‘veementemente sospetto d’eresia’, si giunge in un clima in cui teologi come Foscarini e Campanella avevano compreso il valore delle intuizioni dell’astronomo pisano e la Compagnia di Gesù era impegnata nella divulgazione della scienza moderna. Viene inoltre restituita l’immagine di un Galileo che – come già ricordato da Benedetto XVI - non rinunciava nella sua attività di scienziato ‘né alla ragione né alla fede’, ma anzi, le valorizzava entrambe fino in fondo, ‘nella loro reciproca fecondità’. Ma quali ulteriori passi in avanti dovrebbe fare la Chiesa oggi per dimostrare la sua volontà di collaborare con la scienza? Sentiamo uno dei relatori, padre George Coyne, lo scienziato gesuita che ha fatto parte della Commissione creata da Giovanni Paolo II per esaminare il Processo Galileo:

     
    “Se la Chiesa stessa deve fare ancora qualche cosa, non saprei dirlo; che ci sia da studiare, da approfondire, questo senz’altro. Ma questo tocca più alla comunità degli storici, degli scienziati, forse. Secondo il mio modesto parere, penso che la Chiesa abbia fatto la sua parte con la Commissione, con i discorsi conclusivi, con i discorsi del Santo Padre in cui sono stati ammessi gli errori da entrambe le parti. Gli errori – non cito esattamente il Santo Padre Giovanni Paolo II – gli errori commessi a quei tempi hanno fatto molto soffrire Galileo, errori di cui in quei tempi – si può dire soggettivamente – non si può far colpa: nessuno comprendeva la scienza, perché stava appena nascendo. La maggior parte delle persone non comprendeva bene la Sacra Scrittura, non sapeva bene come interpretarla. Bellarmino credeva che la Sacra Scrittura contenesse dichiarazioni scientifiche: e questo non può essere!”.

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    Assisi: corsi francescani per i giovani

    ◊   I Frati francescani propongono ai giovani corsi di quattro-cinque giorni per scoprire la propria vocazione: corsi che si svolgono tutto l'anno ad Assisi ed in altre città italiane, occasione per un autentico incontro con Dio nella spiritualità di Francesco e Chiara. Ma come avvicinare i giovani? Al microfono di Alessandra De Gaetano risponde l’iniziatore dei corsi, padre Giovanni Marini.

    R. – Quando si fa pastorale giovanile bisogna avere bene in mente alcune cose. La problematica prima è: come avvicinarli, come motivarli al bene, a fare un cammino per crescere, per maturare, soprattutto nell’amore e nella scoperta della propria vocazione? Poi dopo, c’è un secondo grande tema: come evangelizzare la vocazione, cioè come portare un giovane a fargli capire che lui sta dentro ad un progetto grandioso che parte da Dio? Quando un giovane lo scopre gli si aprono orizzonti nuovi, si rinvigorisce, riparte l’energia, si riorganizzano forze per pervenire alla meta.

     
    D. – Cosa cercano i giovani e cosa trovano nei corsi e nei percorsi di Assisi?

     
    R. – I giovani chiedono il senso della loro vita, come fiorire. Purtroppo, per la cultura si trovano impelagati in tante problematiche, ma chiedono sempre questo: la felicità. E la felicità dove sta? Quando sto faccia a faccia con Dio, nel luogo che lui ha pensato per me. Allora bisogna capire che le generazioni si susseguono, le difficoltà cambiano, ma la meta del cuore dell’uomo rimane sempre quella: vuole la felicità, vuole la fioritura del suo essere. Quando sai presentare il Signore, quando sai calare nella confusione che portano dentro e sai far entrare la luce, prima o poi arrivano a capire che l’essenza è fare la volontà di Dio, cioè scoprire il suo progetto e stare là dove tu hai la benevolenza di Dio e con la certezza che la tua vita fiorirà.

     
    D. – Nel percorso di vita di ogni uomo, alla scoperta della propria vocazione, spesso si ha la necessità di essere sostenuti da una guida spirituale. Cosa fa esattamente questo sacerdote?

     
    R. – La guida spirituale deve farla, prima di tutto, una persona che ama la tua libertà e la rispetta. E’ una persona che deve conoscere il mondo psichico umano. Poi, dopo, ci vogliono i personaggi biblici. I personaggi biblici nella Bibbia sono tratti di strada in cui la Bibbia ti garantisce che questa relazione è sana, fatta con Dio.

     
     

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    La Lev pubblica un libro sul diaconato

    ◊   Un ampio e documentato excursus sulla storia del “ministero diaconale”, dalla sua prima istituzione, agli albori del cristianesimo, fino alla precisazione normativa avviata dal Concilio Vaticano II e portata avanti dalla Santa Sede e dalle Conferenze episcopali. E’ il percorso offerto dal volume “Enchiridion sul diaconato. Le fonti e i documenti ufficiali della Chiesa”, del Prof. Enzo Petrolino, presidente della Comunità del Diaconato in Italia e delegato italiano presso il Centro Internazionale del Diaconato di Rottenburg, in Germania. Un’opera - edita dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev) - che riporta fonti dalle Sacre Scritture e dei Padri della Chiesa, documenti dei Concili, della Santa Sede e dei Magisteri pontifici, e che connota la figura del diacono anzitutto quale ministro al servizio di Dio e della Chiesa. Lo sottolinea l’autore intervistato da Claudia Di Lorenzi:

    R. – I diaconi sono chiamati ad essere nella Chiesa il segno di Cristo servo, che non è venuto per essere servito, ma per servire. E' la prima cosa che un diacono deve fare all’interno della comunità ecclesiale: deve essere affidato soprattutto agli emarginati e ai poveri delle comunità, perché un diacono è di frontiera, colui che è più vicino alla gente, soprattutto alla gente che è nel bisogno. In alcune diocesi d’Italia, per esempio, a noi diaconi è stata affidata la direzione della Caritas. Al di là di questo, poi, i diaconi hanno alcuni compiti specifici all’interno della celebrazione liturgica: al diacono spetta la proclamazione del Vangelo …

     
    D. – Come nasce nella storia della Chiesa la figura del diacono?

     
    R. – Gli apostoli si vedono costretti dalle necessità che c’erano nelle prime comunità, soprattutto in riferimento alle vedove degli Ellenisti, di andare incontro a queste necessità e impongono le mani a sette persone, tra le quali c’è anche Stefano, che poi sarà lapidato: il primo martire è il primo diacono …

     
    D. – In quale momento il ministero del diaconato trova una più puntuale precisazione?

     
    R. – Il diaconato vive fino al V secolo: perdendo la sua radice legata al servizio, finisce per essere soltanto nelle funzioni liturgiche come il grado transeunte verso il presbiterato. Viene introdotto nuovamente con il Concilio di Trento, però sarà soltanto il Concilio Vaticano II che, con la “Lumen Gentium” no. 29, ripristinerà definitivamente il diaconato nella sua forma permanente.
     D. – Il diacono può essere inteso come il trait d’union fra i fedeli laici e i sacerdoti?

     
    R. – Sicuramente il diacono è questo ponte tra la gerarchia ed il popolo, tant’è vero che i segni all’interno della liturgia indicano proprio questa caratteristica di cerniera e di ponte, e sono la preghiera dei fedeli: il diacono è quello che coglie tutte le istanze, tutte le esigenze del popolo e le fa divenire preghiera all’interno della celebrazione. E’ lui che dà il segno della pace, è lui che congeda la gente, che dà la missione, il mandato al popolo.
     D. – Quale immagine del diacono emerge dal magistero di Benedetto XVI?

     
    R. – Ci sono stati alcuni interventi che lui ha fatto, ed in modo particolare gli interventi ai diaconi della diocesi di Roma. L’immagine che il Papa ha è un’immagine che un diacono deve avere un suo proprio posto, non deve “prendere il posto dei presbiteri”. E sono interessanti anche i due numeri che il Papa cita nell’Enciclica “Deus caritas est”, dove parla della carità come compito della Chiesa e quindi della figura, della presenza e dell’importanza del diaconato e della diaconia.

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    Chiesa e Società



    Un teologo cattolico nuovo ambasciatore Usa presso la Santa Sede

    ◊   Il presidente statunitense, Barack Obama, ha annunciato la nomina di Miguel H. Diaz, teologo cattolico di origine cubana, come ambasciatore americano presso la Santa Sede. La nomina, che deve essere ratificata dal Senato, è stata ufficializzata ieri dalla Casa Bianca. Miguel Diaz, 45 anni, figlio di un cameriere e di una centralinista, insegna teologia alla St. John’s University e al College of Saint Benedict in Minnesota. Diaz, che parla oltre all’inglese lo spagnolo e l’italiano, è nato all’Avana. Le sue pubblicazioni hanno ricevuto numerosi apprezzamenti accademici, compreso il riconoscimento di miglior libro dell’anno da parte del Seminario Teologico di Princeton. Ha ottenuto un Master in Teologia all'Università di Notre Dame ed è stato in passato presidente dell’Accademia di teologia dei cattolici ispanici degli Stati Uniti. (A.L.)

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    Plauso dei vescovi californiani per il no della Corte Suprema ai matrimoni gay

    ◊   Con sei voti favorevoli e uno contrario, la Corte Suprema della California ha confermato ieri il divieto ai matrimoni omosessuali, deciso da un referendum popolare lo scorso 4 novembre. In un parere pubblicato sul proprio sito web, essa ha però stabilito che i circa 18mila matrimoni fra persone dello stesso sesso celebrati nel 2008 sono validi. La Corte, che lo scorso anno aveva aperto la porta ai matrimoni omosessuali nel più popoloso stato dell’Unione, ha in sostanza respinto i ricorsi degli attivisti a favore, secondo i quali per modificare la Costituzione statale occorreva una maggioranza qualificata trattandosi di una revisione e non di un semplice emendamento costituzionale. La decisione ha ricevuto il plauso dei vescovi della California. “Come la maggior parte dei californiani, crediamo che il matrimonio tra un uomo e una donna sia fondamentale per la nostra cultura e cruciale per il futuro dell’umanità”, ha dichiarato in una nota mons. Stephen Blaire, vescovo di Stokton. I vescovi californiani, afferma la dichiarazione ripresa dall’agenzia Cns, “sono molto impegnati nella causa della protezione della dignità e del valore di ogni essere umano” e condividono “la volontà della legge di garantire pari tutele a tutti”. Tuttavia, “questo fine non deve calpestare la definizione naturale e tradizionale del matrimonio tra un uomo e una donna. La legge – conclude la nota - ha trovato altri modi per regolare le unioni civili senza distruggere il significato tradizionale del matrimonio”. La decisione del tribunale supremo di San Francisco ha invece profondamente deluso gli attivisti omosessuali che hanno annunciato l'intenzione di chiedere un nuovo referendum probabilmente già l'anno prossimo. La questione come è noto spacca l’opinione pubblica degli Stati Uniti, dove la maggior parte degli Stati non riconosce il matrimonio omosessuale, mentre numerosi Stati riconoscono forme di convivenza. Le nozze tra persone dello stesso sesso sono ammesse attualmente nel Massachusetts, nel Connecticut, nell’Iowa, nel Vermont e nel Maine, mentre la questione è all’esame dei parlamenti statali in New Hampshire, New York e New Jersey. (L.Z.)

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    Congo: violenze contro i civili nell’est del Paese

    ◊   Non c’è pace per le popolazioni dell’est della Repubblica Democratica del Congo, costrette a subire le rappresaglie di due gruppi di guerriglia di origine straniera: l’ugandese Esercito di Resistenza del Signore (Lord's Resistance Army-LRA) e il rwandese FDLR (Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda). Il primo agisce nella provincia dell’Equatore, al confine con sud Sudan e Uganda, mentre il secondo gruppo nel Nord Kivu, al confine con il Rwanda. Secondo quanto riferisce don André Walia, cancelliere della diocesi di Dungu Dorma, sul sito della Conferenza episcopale congolese, ripreso dall'agenzia Fides, le violenze costringono sempre più persone alla fuga. “Domenica scorsa abbiamo assistito a una forte marea umana, almeno mille persone, con solo qualche effetto personale, che si è riversata sull’asse stradale Dungu-Ngilima, mentre altri sono stati costretti ad attraversare il fiume Kibali per trovare rifugio a Dungu-Uye e sulla strada Dungu-Ndedu”. Don Walia afferma che alcuni sfollati hanno iniziato a tornare nelle proprie abitazioni, ma le hanno trovate saccheggiate e bruciate. Una situazione simile viene vissuta dalle popolazioni del Nord Kivu, che devono subire gli attacchi delle FDLR, e che è stata riconosciuta da un rapporto delle Nazioni Unite. Il documento afferma che l’offensiva militare contro il gruppo rwandese non è riuscita “a spezzare la catena di comando delle FDLR, che resta intatta. Dopo il ritiro dell’esercito rwandese, le FDLR hanno contrattaccato diverse località del Nord e Sud Kivu, provocando un aumento delle vittime civili”. Secondo il rapporto, i miliziani si finanziano con lo sfruttamento illegale delle miniere e del carbone vegetale del Parco Nazionale dei Virunga, famoso in tutto il mondo per i suoi gorilla di montagna. Il rapporto denuncia le violenza contro i civili commesse da tutte le parti in causa. “Le esecuzioni arbitrarie, gli assassini per rappresaglia, i sequestri, le distruzioni di beni” mentre “le violenze sessuali, i lavori forzati, i saccheggi e i maltrattamenti dei civili” sono commessi dai soldati delle forze armate congolesi. Si confermano dunque i dubbi e le perplessità espresse a Fides da alcuni missionari nei confronti dell’operazione militare congiunta contro i ribelli rwandesi. (R.P.)

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    Tanzania: aggredita a colpi di machete un'anziana suora

    ◊   Non si placano gli attacchi contro le religiose e i religiosi cattolici nel mondo. L'ultima notizia è il ferimento a colpi di machete di un'anziana suora in Tanzania da parte di un gruppo di 25 malviventi, entrati nel convento in cui vive a scopo di rapina. Armati di coltelli, fucili e bastoni, hanno fatto irruzione nel monastero di Santa Maria degli Angeli di Mwanza e hanno colpito più volte alla testa e alla schiena suor Mary Noel con la parte piatta di un machete. I malviventi - riferisce l'agenzia Zenit - hanno picchiato anche alcuni lavoratori del convento delle Clarisse Povere e quattro anziane accudite dalle religiose, rubando denaro e telefoni cellulari. La polizia è accorsa al monastero, ma non ha trovato nessuno degli assalitori. Nelle 48 ore successive, tuttavia, almeno dodici persone sono state arrestate per l'accaduto. L'assalto ha reso ancora più vulnerabili le suore, visto che almeno otto porte del convento sono state distrutte o danneggiate. Suor Mary Assumpta, la badessa incaricata delle 45 suore del monastero, ha fatto appello all'associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) per sostituire le porte. L'associazione ha disposto l'invio urgente di aiuti per 1.600 euro. ACS ha donato al convento anche 6.000 euro per garantire un sistema che fornisca elettricità al convento sfruttando l'energia solare. (R.P.)

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    Camerun: cooperativa per il reinserimento sociale delle prostitute

    ◊   In Camerun il gruppo Rahab, che a Yaoundé cerca di promuovere il reinserimento sociale delle prostitute, ha dato vita ad una nuova cooperativa. L’obiettivo – ha spiegato all’agenzia Zenit Annie Jose, coordinatrice del gruppo e membro dell'Istituzione Teresiana – è in primo luogo di aiutarle a recuperare la loro dignità di donne,” a rendersi conto che valgono molto di più di ciò che fanno e a pensare ad altri modi per guadagnarsi da vivere”. “Non hanno avuto la possibilità di studiare, provengono da famiglie modeste e quasi tutte - ha aggiunto Annie Jose - si trovano sulla strada perché hanno avuto figli quando erano molto giovani”. Non avendo i mezzi per sfamarli non hanno visto “altra via d’uscita che la prostituzione”. Lo scorso 29 aprile sono stati benedetti i locali che ospiteranno la cooperativa. Durante la festa, il celebrante si è soffermato sul senso della benedizione di una casa, spiegando che non si benedicono solo le pareti, ma anche le persone che vi abiteranno. (A.L.)

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    Iraq: l’Onu rafforza i programmi di assistenza alimentare

    ◊   Il Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite ha annunciato l’ampliamento dei propri programmi di assistenza alimentare in Iraq a favore delle fasce a maggior rischio insicurezza alimentare e allo scopo di iniziare a fornire pasti scolastici gratuiti ai bambini. “Sino ad ora – spiega il direttore del Pam in Iraq, Edward Kallon - ci siamo concentrati sul gran numero di persone che si spostavano nel Paese per sfuggire al conflitto civile e non riuscivano ad usufruire delle razioni alimentari normalmente fornite dal governo. Attualmente, invece, il Pam intende concentrarsi sulle fasce di popolazioni più vulnerabili che non hanno accesso ad una quantità sufficiente di cibo”. L’operazione - rivolta a 750 mila sfollati e a 362 mila iracheni rifugiati in Siria – sarà estesa fino alla fine del 2009 fornendo assistenza alimentare ad altri 577 mila iracheni. Tra questi, ci sono donne, bambini malnutriti, orfani e disabili. Con il nuovo programma pilota di alimentazione scolastica, il Pam fornirà inoltre pasti gratuiti a 170 mila bambini della scuola primaria, in 8 distretti ad altissima insicurezza alimentare. L’agenzia dell’Onu – riferisce il Sir - sta inoltre preparando il terreno per una nuova operazione biennale di assistenza e ricostruzione, in accordo con il governo iracheno. (A.L.)

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    Dal 4 giugno settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele

    ◊   Dall’Australia al Brasile, passando per l’Europa. Le Chiese cristiane anche quest’anno si sono fortemente impegnate con campagne di informazioni, azioni di sensibilizzazione sui dirigenti politici e momenti di preghiera per la “Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele” che su iniziativa del Consiglio ecumenico delle Chiese, si celebrerà dal 4 al 10 giugno. “Pregare, informare, chiedere”: sono i tre punti chiave della mobilitazione mondiale, finalizzata a porre fine ad un conflitto – si legge in un comunicato ripreso dal Sir – che dura da 60 anni, impedendo “la visione pacifica di due popoli sulla stessa terra”. Varie le iniziative messe in programma nei diversi Paesi: in Inghilterra, le Chiese visiteranno un’impresa israeliana nel West Midlands che produce i motori per gli aerei senza pilota (drones) utilizzati nella guerra di Gaza. Le Chiese di Francia hanno deciso di porre il problema mediorientale all’attenzione dei candidati alle elezioni europee del 7 giugno. I parlamentari australiani hanno ricevuto dalle Chiese un rapporto sulla situazione umanitaria di Gaza. Domenica 7 giugno in tutte le Chiese del mondo verrà letta ad alta voce una preghiera scritta per l’occasione dai responsabili delle Chiese di Gerusalemme. Si richiede il dono di “dirigenti politici pronti a consacrare la loro vita per il ristabilimento di una pace giusta tra i loro popoli”. (A.L.)

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    Australia: il cardinale Pell propone amore vero e non assistenzialismo per gli aborigeni

    ◊   Le popolazioni aborigene non hanno bisogno di puro assistenzialismo, ma di “un amore vero”, che le aiuti nel cammino di sviluppo economico, di promozione culturale, di rinnovamento sociale: è quanto afferma il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, riferendosi alle politiche messe in campo dal governo australiano nei confronti delle comunità aborigene. Secondo il porporato, è necessario “dare spazio alla compassione”, ma tener presente che la questione della scarsa integrazione degli aborigeni nella società australiana non è solo “un problema di denaro”. L’arcivescovo di Sydney, dopo la visita compiuta a una comunità aborigena, a 350 km a sud-est della città di Darwin, ha dichiarato che, nel rapporto con gli aborigeni, “le buona intenzioni non bastano, ma occorre che le istituzioni parlino con le persone”. E’ necessario, ha aggiunto, puntare sulla responsabilizzazione e sulle potenzialità di sviluppo delle comunità, rendendole protagoniste del cammino di promozione sociale. “Occorre rompere la cultura della dipendenza”, ha notato il cardinale Pell, affermando che “non è difficile sprecare molto denaro”. La Chiesa australiana è da sempre attenta al divario tuttora esistente nella società, soprattutto alle condizioni svantaggiate in cui vivono le minoranze aborigene: questa situazione richiede un massiccio intervento dello Stato per offrire pari opportunità di sviluppo, nonché gesti di aiuto e solidarietà concreta da parte di tutti i cittadini australiani, nelle diverse regioni e comunità. I vescovi - riferisce l'agenzia Fides - hanno ribadito la necessità di un approccio da parte della nazione che abbandoni il modello “legge e ordine”, puntato solo sulla repressione dei fenomeni di criminalità, per adottare un modello teso a promuovere il pieno inserimento delle comunità aborigene nel tessuto sociale australiano, soprattutto tramite nuove opportunità di occupazione e di istruzione. Il diritto allo studio e l’accesso al lavoro sono infatti elementi essenziali per promuovere una autentica integrazione e una reale partecipazione delle comunità aborigene alla vita sociale, politica e culturale dell’Australia, per garantire loro i diritti previsti dalla Costituzione australiana. Gli aborigeni presenti in Australia sono 517 mila (2,5% del totale della popolazione). Alcolismo, droga e disoccupazione sono i principali problemi di una popolazione ancora largamente extraurbana, alloggiata in località remote. (R.P.)

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    L’arcivescovo di Caracas presenta la prossima visita ad Limina

    ◊   “La visita che tutti i vescovi del mondo fanno periodicamente a Roma è l’occasione adatta per pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo e per esprimere e rinforzare la comunione ecclesiale”. Con queste parole l’arcivescovo di Caracas, cardinale Jorge Urosa Savino, ha illustrato ieri alla stampa venezuelana il significato dell’imminente visita “ad Limina apostolorum” dei presuli venezuelani che comincerà lunedì prossimo in Vaticano. Il porporato ha ricordato che questo tipo di visite è una tradizione molto importante poiché permette a ciascun vescovo di incontrare personalmente il Papa. Insieme, poi, i presuli possono ricevere dal suo magistero non solo l’incoraggiamento necessario per l’opera pastorale, ma soprattutto orientamenti ed indicazioni di grande rilevanza. Il cardinale Jorge Urosa Savino ha anche sottolineato che i vescovi del Venezuela si tratterranno a Roma almeno 15 giorni: avranno così modo di incontrare anche i diversi responsabili dei dicasteri della Curia romana per scambiare idee e informazioni. Saranno presi in esame diversi aspetti della vita delle diocesi. L’arcivescovo di Caracas ha precisato che si parlerà anche della vita della Chiesa universale e delle chiese particolari. “Nella nostra agenda sono già previste diverse concelebrazioni eucaristiche nelle principali basiliche di Roma”. Questo - ha aggiunto - “sarà un momento speciale per rendere grazie a Dio che ci ha donato suo figlio Gesù Cristo, re della gloria e salvatore del mondo”. In queste “circostanze - ha concluso il cardinale Jorge Urosa Savino - chiediamo ai nostri fedeli delle preghiere speciali” che “ci aiutino a vivere fino in fondo, con forza e determinazione, la nostra missione episcopale in quanto successori degli apostolici e, dunque, come legittimi pastori della Chiesa in Venezuela”. I vescovi venezuelani attualmente sono oltre 50, distribuiti in 39 circoscrizioni ecclesiastiche. I cattolici sono poco più dell’86%. I sacerdoti, religiosi e diocesani sono poco più di 2.500 e le religiose 3.780. La Chiesa in Venezuela è anche fortemente impegnata sia nell’ambito dell’educazione e della formazione professionale sia nel campo dell’assistenza e della promozione umana. Le istituzioni educative che gestiscono scuole materne, elementari, medie e Istituti superiori sono 1.400. Le istituzioni di beneficienza, ospedali, ambulatori, lebbrosari, orfanotrofi e centri di riabilitazione, sono poco più di mille. (A cura di Luis Badilla)

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    Cile: settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

    ◊   È in corso in questi giorni, in Cile, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. L’evento, che si concluderà sabato, è organizzato dalla Chiesa cattolica locale con l’obiettivo, informa una nota, di “muovere i primi passi verso la realizzazione della Missione Continentale, stabilita durante la quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi, svoltasi nel 2007 ad Aparecida, in Brasile”. Una Conferenza che intende rinnovare l’impulso missionario allo scopo di “porre la Chiesa in uno stato permanente di missione”, invitando i fedeli a “riscoprire la vocazione essenziale di discepoli missionari del Signore”. Ma l’auspicio è anche che la Missione Continentale “abbia anche un carattere ecumenico”: per questo, la Chiesa cilena suggerisce di “invitare i fratelli di altre Chiese e comunioni cristiane a partecipare ai momenti di preghiera di questo processo missionario, insieme alla realizzazione di opere di solidarietà congiunte, là dove è possibile”. “La relazione con i fratelli e le sorelle battezzate di altre Chiese e comunità ecclesiali – continua la nota – è un cammino irrinunciabile per il discepolo missionario, poiché la mancanza di unità rappresenta uno scandalo, un peccato, un non portare a compimento il volere di Cristo, che recita “Che tutti siano uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv. 17, 21). Quindi, i presuli cileni ribadiscono che l’unità è, innanzitutto, “un dono dello Spirito Santo” e per ottenerla è necessario “pregare molto e impegnarsi per una profonda conversione”. Una conversione che sia, dunque, ribadisce la nota, “del cuore e della santità della vita”, “anima di tutto il movimento ecumenico”. “Che il Signore – concludono i vescovi cileni – per opera dello Spirito Santo, conceda la grazia di riunirsi in un solo popolo a tutti coloro che credono in Lui”. (I.P.)

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    Filippine: la Chiesa chiede azioni urgenti contro la povertà

    ◊   Azioni urgenti per sconfiggere la povertà della popolazione: è quanto chiede al governo la Conferenza episcopale cattolica delle Filippine (CBCP), con particolare riferimento alla situazione della Compostela Valley. Il responsabile delle Comunicazioni dei vescovi, mons. Pedro Quitorio, ribadisce che la povertà sta costringendo gli abitanti della Compostela Valley a correre rischi nelle miniere o a vivere in zone pericolose come quelle soggette a frane. A questo proposito, il presule ricorda che almeno 26 persone sono rimaste uccise negli smottamenti provocati dalle frequenti piogge nella zona. Nonostante gli inviti del governo a sgomberare l’area, molti minatori continuano, infatti, a lavorare, poiché la miniera è la loro unica fonte di sostentamento. Per questo, mons. Quitorio chiede al governo filippino di provvedere alla salute ed ad un impiego consono per la popolazione. Da ricordare, infine, che la CBCP ha più volte manifestato la sua opposizione al lavoro minerario, ritenuto pericoloso sia per l’ambiente che per gli abitanti della zona estrattiva. (I.P.)

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    Francia: l'importanza del voto cristiano alle prossime elezioni europee

    ◊   “Il 7 giugno siamo chiamati ad eleggere i nostri rappresentanti al Parlamento europeo”, ma “i francesi dimostrano poco interesse per questo appuntamento, tanto che alcuni ne ignorano ancora la data”. Inizia così l’appello “L’importanza del voto cristiano” dei presidenti di Pax Christi Francia, mons. Michel Dubost; Justice et Paix Francia, mons. Marc Stenger; e Justice et Paix Europa, mons. Gérard Defois. “Gravi istanze come la pace e la giustizia sono legate a questa scadenza elettorale – si legge nel documento ripreso dall'agenzia Sir -. Solo la democrazia, garantita da un Parlamento regolarmente eletto e dotato dei poteri necessari, può costituire una risposta all’altezza della crisi finanziaria, economica e morale che affligge i nostri Paesi”. “Noi vogliamo – affermano i presuli – un’Europa campione nella lotta per la dignità umana, rispettosa del diritto di ognuno alla libertà e alla giustizia solidale verso i più poveri”. Solo l’impegno di ciascuno, è il monito dei vescovi, “consentirà di affrontare più serenamente gli ostacoli lungo la strada e di progredire sul cammino di un futuro pacificato”. Dare il proprio voto “a ragion veduta”, conclude l’appello, “vale come impegno e pone le basi di un dialogo fecondo tra Paesi europei, tra responsabili e attori sociali, tra cittadini” per “ridare fiducia a chi vive nell’angoscia del futuro”. (R.P.)

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    Elezioni europee. I vescovi inglesi e gallesi: partecipare al voto

    ◊   “Quali che siano i nostri orientamenti politici dobbiamo fare conoscere le nostre opinioni e andare a votare”, perché “ogni voto conta”. Nell’imminenza delle elezioni europee, tra il 4 e il 7 giugno, i vescovi inglesi e gallesi chiedono ai cittadini britannici di esercitare il proprio diritto di voto nell’interesse del bene comune e con la consapevolezza che, soprattutto nell’attuale congiuntura internazionale, nessun Paese dell’Unione può fare a meno dell’Europa. “Il Parlamento Europeo può sembrare lontano dalle nostre preoccupazioni quotidiane, soprattutto in questo momento in cui molti di noi risentono degli effetti della crisi finanziaria. Tuttavia secondo l’insegnamento del Vangelo, siamo responsabili del bene comune di tutti”, afferma una nota dell'episcopato. Il testo - firmato dal portavoce della Conferenza episcopale mons. William Kenney – ricorda che oggi più che mai le decisioni prese a Bruxelles incidono su quelle adottate a livello nazionale e toccano quindi direttamente tutti i cittadini europei. Di qui l’invito a prendere coscienza dell’importanza del proprio diritto di voto, ma anche a un voto informato: “Mentre decidiamo chi votare il 4 giugno, dobbiamo porci domande e porle ai candidati su questioni rilevanti come l’immigrazione, la globalizzazione, i cambiamenti climatici e la bioetica”. È quindi importante sapere cosa i politici europei intendano fare sull’immigrazione illegale, quali misure prenderanno per uscire dalla crisi finanziaria globale, che come tale non può essere risolta da un singolo Paese, e come vogliono affrontare il problema dei cambiamenti climatici. Per quanto riguarda la bioetica, i presuli inglesi e gallesi ricordano che anche se si tratta di una materia di competenza nazionale, l’Unione Europea finanzia molte ricerche in questo campo ed è quindi opportuno conoscere le posizioni in merito dei candidati. In conclusione, un appello a fare in modo che nel Parlamento Europeo non entrino partiti estremisti e a considerare il bene comune e in particolare i poveri: “La domanda di Caino ‘Sono forse io guardiano di mio fratello?’ (Gn 4,9) attende ancora una risposta – scrivono i vescovi. Possiamo almeno contribuire a trovarla se cerchiamo di capire alcuni problemi e andiamo a votare il 4 giugno”. (L.Z.)

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    Spagna: nel 2010 l’Anno Santo compostelano

    ◊   Nel corso del 2010 si celebrerà l’Anno Santo compostelano, che ricorre ogni 7 anni quando la festività di san Giacomo apostolo, cade di domenica. L’annuncio è stato dato lunedì scorso dall`arcivescovo di Santiago di Compostela, mons. Julián Barrio Barrio. Il tema ispiratore dei pellegrinaggi e di tutto il giubileo sarà l’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus, come esperienza vissuta lungo il cammino con il Signore. La giornata più importante, secondo gli organizzatori sarà il grande incontro dei giovani, in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù del 2011 a Madrid. I giovani si incontreranno, dal 5 all’8 agosto del prossimo anno a Compostela, portando il crocifisso della Gmg. Negli ultimi vent’anni si è registrato un costante incremento nel numero dei pellegrini che è salito dai 2.905 dell’anno 1987 ai 179.944, cifra massima raggiunta finora. Nel 2008 i pellegrini sono stati 125.141 Gli organizzatori forniranno, nei prossimi mesi, altre precisazioni su pellegrinaggi speciali, congressi, o altri raduni. L’Anno compostaleno inizierà, con l’apertura della Porta santa a Santiago di Compostela il 31 dicembre del 2009 e si chiuderà un anno dopo il 31 dicembre del 2010. (Dalla Spagna: Ignacio Arregui)

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    Padre José Ornelas Carvalho confermato superiore generale dei Dehoniani

    ◊   I Dehoniani hanno riconfermato come superiore generale per i prossimi sei anni padre José Ornelas Carvalho. Padre Carvalho è nato 55 anni fa a Madeira ed è entrato a far parte della congregazione con la professione religiosa del 1972. E’ sacerdote dal 1981. È dottore in teologia biblica e, prima dell’elezione come superiore generale nel 2003, è stato docente all’Università Cattolica portoghese di Lisbona, segretario della Facoltà di teologia e formatore nel seminario dehoniano di Alfragide. Nei primi sei anni trascorsi alla guida dei Dehoniani ha affrontato numerosi viaggi per animare la comunione fra le varie entità (province, regioni, distretti) diffuse in tutto il mondo. Ha ridefinito e coordinato il progetto avviato per la digitalizzazione dell’enorme archivio degli scritti di padre Léon Dehon, fondatore della congregazione. Nei prossimi giorni – rende noto l’agenzia Sir - sarà rinnovato dal voto del XXII Capitolo generale il consiglio che lo affiancherà nella conduzione della famiglia religiosa. (A.L.)

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    Gli Annali “paolini” della Pontificia Accademia di Belle Arti

    ◊   Sono stati dedicati all’Anno Paolino gli “Annali” della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon, prestigiosa pubblicazione che testimonia delle attività di architetti, pittori, scultori, poeti e scrittori, musicisti e cineasti che ne fanno parte per nomina del Santo Padre. La presentazione è avvenuta nella Basilica del Pantheon nel corso di una cerimonia cui ha presenziato il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura e promotore delle celebrazioni del bimillenario della nascita dell’Apostolo delle Genti. Una sua relazione, incentrata in particolare sulle attività realizzate nel triennio 2006-2008 “alla luce dell’Anno Paolino”, è uno dei contributi più significativi del volume. Libro che peraltro riunisce quelli di altre illustri personalità come il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, del suo attuale presidente l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, dell’abate dell’Abbazia di San Paolo padre Edmund Power, del teologo mons. Bruno Forte, dello scrittore Carlo Sgorlon, dello scultore Guido Veroi (suoi i pannelli della “Porta Paolina” che figura in copertina) e del presidente dell’Accademia prof. Vitaliano Tiberia. Intanto, sta per essere realizzato il programma generale di sistemazione edilizia dell’area adiacente alla Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, redatto dal cardinale di Montezemolo (già architetto e docente) ed approvato dal Santo Padre Benedetto XVI, il cui progetto esecutivo, dello studio Muzi, è stato consegnato all’impresa di costruzioni Castelli. Il primo edificio, che sorgerà su un’area di mille metri quadrati, accoglierà servizi indispensabili alla vita della Basilica, fra cui il deposito delle quattromila sedie che servono ai fedeli, oggi accatastate nella navata di sinistra, e un centro ristoro di cui i pellegrini avvertono la mancanza. Nel piano interrato di questo edificio saranno preservati e visitabili i reperti archeologici affiorati da un recente scavo compiuto dai Musei Vaticani e dal Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana con il contributo della Basilica. Sarà poi oggetto di una radicale ristrutturazione l’edificio che si trova nell’area: oggi adibito ad abitazione dei custodi, sarà destinato ad accogliere gli uffici della Basilica, attualmente ospitati in locali di pertinenza del Monastero benedettino e sottratti all’area espositiva del Chiostro. (A cura di Graziano Motta)

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    Serata interreligiosa a Roma

    ◊   La convivenza tra diverse confessioni religiose è possibile, basta prendere esempio dai bambini, che comunicano tra di loro senza pregiudizi di fede. E’ il messaggio fatto passare nel corso della serata tenutasi ieri presso la sede del Centro ebraico italiano a palazzo Pitigliani. Un evento voluto dall’associazione onlus “Dialogue” (Dialogue Identity And Limits of Gentes in United Europe) presieduta da Eva Ruth Palmieri. Nell’occasione è stato presentato il filmato del regista Gualtiero Peirce, autore del libro: “Il Signore è grande e non si può disegnare (perché nel foglio non ci sta)”. Nel lavoro-video i bambini di tre distinte scuole primarie inferiori di Roma, col consenso dei genitori e degli insegnanti, sono stati ripresi per 100 ore, nei loro momenti di studio o ludici. Le scuole interessate sono state: la cattolica “Antonio Rosmini”, l’ebraica, “Vittorio Polacco” di Roma e quella islamica della moschea “El Fath”. Sullo schermo, sono state fatte scorrere, per quattro minuti, alcune immagini tratte dal filmato, dal quale è partito il confronto con gli ospiti. “Punto di partenza dell’incontro le testimonianze di bambini ebrei, cattolici e musulmani di Roma raccolte nel libro. – spiega la presidente Palmieri - Voci autentiche, ascoltate durante le lezioni, senza mai interferire, in tre scuole confessionali della capitale: i bambini ci suggeriscono con tenerezza e spontaneità la via più semplice per la convivenza civile e l’accoglienza degli altri”. “Non è Dio che ci divide, ma l’uso strumentale che viene fatto delle religioni” aggiunge la presidente. Tra le immagini si coglie ad esempio il vivo interesse dei bimbi cattolici alla storia di Adamo ed Eva mentre dai racconti emerge anche la loro tenera coscienza rispetto alle “bugie” di cui sentono nel loro piccolo la responsabilità. Sono state lette infatti dall’attore Gioele Dix alcune pagine del libro del regista Peirce, che ha raccolto i confronti tenuti in classe con alcuni bambini appartenenti a tre diversi “Credo” sul tema della fede, come vedono Dio o il paradiso e l’inferno, ma anche il “peccato”. “Uno nasce ed un altro muore – dice un bambino tra le pagine del capitolo 'Ho paura di Dio' – e poi c’è Dio e lui non muore mai”. E ancora alla domanda dell’insegnante: “hai mai conosciuto qualcuno che non ha sbagliato?”, un piccolo risponde: “Non ho conosciuto tutta la gente”. Alla serata è intervenuta tra gli altri anche l’insegnante Marina Zola del Movimento dei Focolari, ricordando che “il mondo è la casa degli uomini” e che “i focolarini dimostrano che il dialogo interreligioso è possibile”. Zola ha riportato l’esperienza fatta dal movimento di Chiara Lubich quando hanno ricevuto a Roma una delegazione di sedici giovani israeliani. Anche per Adnane Mokrani, docente di studi islamici della Pontificia Università Gregoriana “il dialogo è fondamentale perché è la spiritualità dialogica, spiritualità dell’amicizia”. Mokrani ha portato ai presenti l’esempio di apertura all’alterità del proprio bambino ravvedendo nella scuola “lo strumento principale dell’integrazione”. (A cura di Anna Villani)

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    Acli Colf: Raffaella Maioni eletta nuova responsabile nazionale

    ◊   Raffaella Maioni è la nuova responsabile nazionale delle Acli Colf. L’elezione è avvenuta a conclusione della XVII Assemblea nazionale delle Acli Colf svoltasi a Roma dal 22 al 24 maggio. Padovana, 32 anni, Raffaella Maioni succede nella guida delle Acli Colf a Pina Brustolin. Dal 2006 Maioni è responsabile provinciale delle Acli Colf di Padova. Sempre a Padova si è occupata di lavoro, previdenza sociale, immigrazione e cooperazione internazionale. È appena tornata da Tirana, in Albania, dove è stata responsabile per le Acli di un progetto di cooperazione e sviluppo incentrato sul tema: “Migrazione e Immigrazione. Lavoro e Formazione per la comunità albanese”. Raffaella Maioni ha subito indicato tra le priorità “l’emersione del lavoro sommerso, la formazione delle lavoratrici domestiche, l’integrazione delle lavoratrici straniere”. “Chi viene a vivere e lavorare in un Paese straniero - ha aggiunto - ha bisogno di non sentirsi solo. Ha bisogno di avere alle spalle una rete di aiuto, di assistenza, di amicizia”. Acli Colf è un’organizzazione che prevede un programma di attività formative, informative, culturali, ricreative e di assistenza. Vengono offerti servizi di consulenza, informazione, conteggi di liquidazioni in favore dei lavoratori domestici italiani e stranieri e dei datori di lavoro. (A.L.)

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    Celebrazioni in onore della Madonna della Strada patrona dei netturbini romani

    ◊   Ritrovarsi come comunità di lavoratori in un momento di preghiera e riflessione. Questo è lo spirito che ha animato le celebrazioni in onore della Madonna della Strada, protettrice dei netturbini romani, che, per il terzo hanno consecutivo, si sono svolte ieri presso l’impianto Ama di Rocca Cencia, alla presenza di centinaia di operatori ecologici e dipendenti dell’azienda municipalizzata del Comune di Roma. Riconosciuta ufficialmente come Patrona nel 2003, la statua della Madonna della Strada è stata acquistata nel 2007 dai dipendenti dell’Ama ed è ora collocata in uno spazio all’aperto dello stabilimento di Rocca Cencia, dove ieri pomeriggio si è tenuta la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Luigi Moretti e concelebrata da padre Cristoforo Sironi, cappellano Ama, e da padre Vincent Pallipadan della parrocchia di Santa Maria della Fiducia. Durante l’omelia, mons. Moretti ha espresso il suo apprezzamento agli operatori Ama ai quali “questa città deve riconoscenza per il lavoro profuso”. Al termine della Santa Messa il presidente di Ama, Marco Daniele Clarke, ha presentato il volume, realizzato dall’azienda per l’occasione, “La Madonna della Strada. Patrona dei netturbini romani”. Il numero uno della municipalizzata ha poi ringraziato mons. Moretti per le sue parole ed ha voluto ricordare che “tutte le notti oltre 1.000 dipendenti, dei quali oltre il 30% sono donne, lavorano per garantire il decoro della città”. Da sempre venerata dai fedeli che da ogni parte della cristianità si recavano in pellegrinaggio a Roma, l’immagine della Madonna della Strada è divenuta, nel corso dei secoli, una delle più amate dai cittadini romani. Affidata ai gesuiti nel 1537, trovò dimora in una cappella della Chiesa del Gesù fin dalla sua costruzione. La Madonna della Strada è stata proclamata ufficialmente Patrona dei Netturbini romani nel 2003, tramite decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sottoscritto da Giovanni Paolo II. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Imminenti sanzioni internazionali contro la Corea del Nord

    ◊   Sembrano imminenti le sanzioni internazionali contro la Corea del Nord. Anche Russia e Cina sarebbero favorevoli a nuove misure dopo i test nucleari e il lancio di missili da parte di Pyongyang. Intanto le forze congiunte americano-sudcoreane, impegnate a sud del 38.mo parallelo, hanno alzato il livello di allerta. Una decisione seguita all’annuncio di Pyongyang di non considerare più valido l’armistizio del 1953 in vigore tra le due Coree.

    Usa-Medio Oriente
    Faccia a faccia oggi a Washington tra il capo della Casa Bianca, Barack Obama, ed il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Mahmud Abbas. L’incontro sarà dominato dalla necessità per i palestinesi di ricevere rassicurazioni sull'impegno Usa per la formula dei ''due Stati''. Quali sono i risultati che concretamente emergeranno? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di Relazioni Internazionali all'Università di Bologna-Forlì:

    R. – Credo che la cosa più importante sia che Barack Obama verifichi lo stato della riappacificazione tra palestinesi perché, fin quando Mahmud Abbas da una parte e Hanyeh o Khaled Meshal, cioè Hamas dall’altra, non avranno trovato la maniera di formare un governo di unità nazionale, Netanyahu ha ragione a dire che Israele non ha interlocutori per un possibile processo di pace. Processo di cui, peraltro, il premier israeliano non parla se non in termini economici.

    D. – Pochi giorni fa, alla Casa Bianca, Obama aveva ricevuto proprio il premier israeliano Netanyahu che aveva messo in luce le divergenze sulla strada per giungere alla ripresa dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi. Quale è allora il percorso più praticabile?

     
    R. – Allo stato attuale, credo che tutti stiano aspettando le mosse di tutti, nel senso che Netanyahu cercherà, fin quando possibile, di prendere tempo. Pertanto il premier israeliano punta su queste divergenze tra i palestinesi e anche tra il mondo arabo. Quindi serve a questo punto da parte degli Stati Uniti un’accelerazione perché con questa tattica attendista che tutti stanno mettendo in atto, la situazione sul terreno va deteriorandosi. Come abbiamo visto, nei Territori si procede ancora a moltiplicare gli insediamenti: quindi, sempre più nella realtà, la realtà dei due Stati sulla stessa terra diventa praticamente non percorribile e non praticabile.

     
    Pakistan
    Una forte esplosione ha scosso la zona nord occidentale di Peshawar. Secondo quanto riferito da alcuni testimoni citati dalla Reuters, ci sono molti feriti. Su internet, intanto, i talebani hanno rivendicato l’attacco di ieri a Lahore contro polizia e servizi segreti pakistani, costato la vita a 24 persone. Un’azione, hanno precisato, compiuta per rappresaglia contro l’offensiva dell’esercito di Islamabad nella valle dello Swat. Fonti ufficiali non ritengono però autentica la rivendicazione.

    Afghanistan
    Sempre più insicura la frontiera tra Pakistan e Afghanistan. Oltre 30 militanti talebani sono rimasti uccisi negli scontri con le forze di sicurezza supportate dalle truppe americane nella provincia di Pathika.

    Turchia
    L’aviazione turca ha bombardato un covo di ribelli curdi nel nord dell’Iraq dopo la morte di sei soldati di Ankara in seguito all’esplosione di una mina avvenuta oggi nella provincia di Hakkari, al confine con il Paese del Golfo. Secondo fonti militari locali, l’ordigno era stato collocato da ribelli del separatista Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), molto attivi nella zona. Infine una trentina di persone sono state arrestate dalla polizia turca perché considerate direttamente legate al Pkk.

    Myanmar
    La giunta militare del Myanmar smentisce che il processo a carico del Premio Nobel Aung San Suu Kyi sia di carattere “politico” e chiede che non ci siano interferenze internazionali. Il servizio di Anna Villani:

    Rispondendo alla richiesta del Consiglio di sicurezza dell'Onu di liberare il Nobel per la Pace e alla dichiarazione dei suoi avvocati, secondo i quali il processo è “di parte”, la giunta militare ha precisato che il processo a carico di Aung San Suu Kyi non è di natura politica. Il ministero degli Esteri birmano ha dichiarato inoltre che si tratta di “un'azione giudiziaria inevitabile e conforme alla legge”. Ma il tribunale birmano, che da giorni conduce il processo a carico della donna ha negato la maggioranza dei testimoni per la difesa al Premio Nobel. Il tribunale ha dato il via libera solo ad uno dei quattro testimoni convocati dalla difesa della leader dell'opposizione birmana. Proprio ieri erano scaduti i termini della misura domiciliare che avrebbero rimesso in libertà Aung San Suu Kyi, nuovamente nel mirino con l’accusa di violazione degli arresti domiciliari, per l’intrusione nella casa della donna il 3 maggio scorso del cittadino americano, John Yettaw, ora in carcere. La dissidente, divenuta il simbolo della difesa dei diritti umani nel Paese, ha detto in aula di essere stata proprio lei ad informare i responsabili della sicurezza di una prima intrusione che lo statunitense Yettaw aveva fatto il 30 novembre 2008. Suu Kyi, sotto processo dal 18 maggio scorso nel carcere di Insein, rischia fino a cinque anni di carcere. L’opposizione ritiene che il nuovo arresto sia l'ennesima prova che il processo è una pantomima per tenere la leader dell'opposizione in prigione durante le elezioni del 2010.

     
    Honduras
    Forte scossa di terremoto in Honduras. Il sisma di magnitudo 7.1 sulla scala Richter, che ha avuto come epicentro una zona al largo dell’isola di Roatan, ha provocato una vittima a La Lima, circa 230 chilometri a nord della capitale honduregna Tegucigalpa. Per il terremoto è stato lanciato un allarme tsunami oltre che in Honduras anche in Belize e Guatemala.

    Angola
    L’Angola, Paese africano risorto dalle ceneri del conflitto civile cessato nel 2002, è impegnato oggi in una corsa alla ricostruzione in tutti i settori dell'economia ed apre quindi le porte agli investitori esteri. Un programma di rilancio economico ambizioso che punta a diversificare le risorse nazionali andando oltre i settori leader, petrolifero e diamantifero. A cogliere l’occasione di una partnership privilegiata nella complessa realtà africana è stata proprio l’Italia che ha invitato i propri imprenditori a beneficiare delle nuove opportunità offerte dal mercato angolano. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    Sono state oltre 200 le imprese italiane che hanno partecipato all’incontro presso il Ministero degli Esteri italiano con le autorità di Luanda per valutare le possibilità d’investimento in Angola. Con tasso di crescita nel 2008 superiore al 16% l’Angola ha avuto negli ultimi anni un incremento costante delle importazioni dall'Italia per oltre 300 milioni di euro e delle esportazioni con 250 milioni. Sui problemi e le aspettative degli angolani abbiamo sentito Jaquim David, ministro dell’industria dell’Angola:

     
    (Parole in portoghese)
    “Ultimamente in Angola, nonostante la pace che regna ormai da sette anni, ci sono ancora molti problemi. In particolare problemi di disoccupazione, ora al 20 per cento. Quindi, quello che si chiede ad un partner come l’Italia e ai suoi imprenditori è di aiutare nella riduzione della disoccupazione e un incentivo per nuovi posti di lavoro. In sostanza un aiuto degli imprenditori italiani per poter diminuire questa piaga e aiutare nella lotta contro la povertà”.

     
    Investire sull’Africa spiega Giuseppe Morabito responsabile per l’Africa subsahariana della Farnesina oggi significa imboccare una via innovativa per contrastare la crisi economica globale:

    R. - Non dobbiamo pensare all’Africa, solo come ad un continente dove prendiamo le risorse minerarie. L’Africa ha tante altre risorse che vanno sfruttate dagli africani. E quindi con l’Africa possiamo collaborare anche in altri settori diversi dal petrolio.

     
    D. – Un partenariato che aiuterà ad uscire dalla crisi quello tra Paesi sviluppati e Paesi dell’Africa...

     
    R. – Direi di sì. C’è un mutuo interesse a cooperare. Noi vogliamo fare delle cose che convengono agli africani, ma non abbiamo l’ipocrisia di dire “facciamo delle cose che non ci convengono”. Le imprese italiane vanno in Africa se gli conviene. Nel fare questo, però, devono tener conto che il problema principale è lo sviluppo e al centro di tutto c’è l’uomo e la donna con la loro dignità.

     
    Moldova
    Il parlamento della Moldova ha spostato al 3 giugno il voto per l’elezione del presidente della Repubblica previsto oggi. Si tratta del secondo tentativo per scegliere il capo dello Stato dopo quello del 20 maggio scorso. In caso di mancato raggiungimento del quorum necessario, 61 voti, le camere verranno sciolte e si convocheranno nuove elezioni.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Anna Villani)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 148

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