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Sommario del 22/05/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai presidenti di Bulgaria e Macedonia: l'Europa resti fedele alle sue radici cristiane se vuole un futuro di libertà, pace e giustizia per tutti
  • Altre udienze
  • Domenica il Papa a Montecassino sulle orme di San Benedetto
  • Il Papa aprirà il 26 maggio il Convegno della Diocesi di Roma
  • Mezzo milione di contatti dopo il primo giorno sul web di "Pope2you" il portale vaticano pensato per i giovani
  • Mons. Follo: no alla manipolazione dell'informazione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Violenza in Iraq: i cristiani pagano il prezzo più alto
  • Cascia: Premio Santa Rita a tre donne della carità e del perdono
  • Rapporto sugli abusi in Irlanda: intervista con l'arcivescovo di Dublino
  • Padre Carballo: San Francesco, non un rivoluzionario politico ma del Vangelo
  • Assemblea generale dell'Avis: mancano 300 mila donatori di sangue
  • Chiesa e Società

  • Il bilancio della Chiesa locale sulla visita del Papa in Terra Santa
  • Sri Lanka: la Chiesa in prima linea nell’assistenza agli sfollati
  • Iraq: liberato insegnante cristiano con l'aiuto di musulmani e capi tribali
  • Lo psicologo Cantelmi: la Chiesa è in prima linea nel combattere la pedofilia
  • Cina: inasprite le sanzioni per i migranti che hanno più di un figlio
  • Il pellegrinaggio dei fedeli cinesi ai Santuari mariani per la Giornata del 24 maggio
  • Concluso il Simposio internazionale sulla matrice ebraica di Paolo
  • Inchiesta di Sat2000 su Pio XII e il suo impegno in favore degli ebrei
  • Al via il convegno di studi sulla cultura e la spiritualità del Monte Athos
  • Il nunzio in Zambia e Malawi ribadisce l’impegno della Chiesa in Africa
  • Rwanda: campagna del governo per sconfiggere la malnutrizione
  • Elezioni europee: i vescovi ungheresi invitano a guardare i valori cristiani
  • Medici Senza Frontiere: “Estendere su vasta scala il trattamento per i malati di Chagas”
  • Influenza “A”: pandemia ancora fuori controllo ma rallenta la diffusione del virus
  • Salvamamme e Croce Rossa per "il diritto di pappa" ai bambini disagiati di Roma
  • Torneo “Fun Cup” a Roma: si gioca la partita dell’integrazione
  • Domani a Roma la finale della "Clericus Cup"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Vertice Russia-Ue: divergenze su sicurezza energetica e partnership orientale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai presidenti di Bulgaria e Macedonia: l'Europa resti fedele alle sue radici cristiane se vuole un futuro di libertà, pace e giustizia per tutti

    ◊   Le celebrazioni in onore dei Santi Cirillo e Metodio, secondo il calendario giuliano, sono state l’occasione stamani della visita a Benedetto XVI di due delegazioni giunte dalla Bulgaria e dalla Macedonia, in pellegrinaggio alla Tomba di San Cirillo, conservata presso la Basilica romana di San Clemente. Le due delegazioni, guidate dai presidenti dei due Paesi, sono state ricevute in due diverse udienze. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Il Papa, ricevendo le due delegazioni guidate dal presidente bulgaro Georgi Parvanov e dal presidente macedone Gjeorge Ivanov, ha ricordato “l’opera evangelica e sociale” dei due compatroni d’Europa, vissuti nel nono secolo e la cui “eredità spirituale ha segnato la vita dei popoli slavi; il loro esempio – ha aggiunto il Pontefice – ha sostenuto la testimonianza e la fedeltà di innumerevoli cristiani che, lungo i secoli, hanno consacrato la loro esistenza alla diffusione del messaggio di salvezza, lavorando nello stesso tempo alla costruzione di una società giusta e solidale”. Il Papa ha quindi auspicato che il vecchio continente “resti fedele alle sue radici cristiane”. “I valori della solidarietà e della giustizia, della libertà e della pace, oggi costantemente riaffermati - ha sottolineato Benedetto XVI - trovano infatti ancora più forza e solidità nell’insegnamento eterno di Cristo, tradotto nella vita dei suoi discepoli di tutti i tempi”. La sfida che devono oggi affrontare i cristiani – ha proseguito – è proprio quella di "conservare il patrimonio di ideali e valori” che santi come Cirillo e Metodio hanno trasmesso con la parola e le opere. “Questo – ha concluso - è il più prezioso contributo che i cristiani possono offrire per la costruzione di una Europa del terzo millennio, che aspiri a un futuro di progresso, giustizia e pace per tutti”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina un altro gruppo di presuli della Conferenza episcopale del Perù guidati dal cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima, in visita "ad Limina". Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

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    Domenica il Papa a Montecassino sulle orme di San Benedetto

    ◊   Benedetto XVI sulle orme del Patrono del suo Pontificato: domenica prossima, il Papa visiterà la diocesi di Montecassino. Una visita pastorale di un giorno che vivrà diversi momenti particolarmente significativi. Stamani, la Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato il programma del viaggio su cui ci riferisce da Cassino il nostro inviato Alessandro Gisotti:

    “Benvenuto Santo Padre”: è la scritta che campeggia sulle bandiere bianco-gialle che adornano i balconi affacciati sulla piazza Miranda di Cassino. Proprio qui, domenica prossima alle ore 10.15, il Papa celebrerà la Messa nella Solennità dell’Ascensione. A suggellare l’importanza della visita, il comune cassinate ha deciso di intitolare la Piazza a Benedetto XVI. Dopo la recita del Regina Coeli, il Papa si trasferirà in auto all’Abbazia di Montecassino, ma prima di arrivare al Monastero benedettino sosterà alla Casa della Carità di Cassino, che verrà inaugurata proprio dal Santo Padre. Il Papa pranzerà dunque nell’Abbazia e alle 16.30 saluterà la Comunità monastica ed alcuni organizzatori della visita. Quindi, alle 17, il momento tanto atteso della celebrazione dei Vespri, nella Basilica abbaziale, a cui prenderanno parte abati benedettini, monaci e monache di tutto il mondo. La giornata di Benedetto XVI a Montecassino si concluderà con una visita in privato al cimitero polacco. Momento particolarmente significativo, giacché cade nel 65.mo anniversario della battaglia di Montecassino e della distruzione dell’Abbazia durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Papa partirà in elicottero alle 18.30 per arrivare in Vaticano attorno alle 19.

     
    Fin da quando era cardinale, Joseph Ratzinger ha sempre messo l’accento sull’attualità dell’opera di San Benedetto. In particolare, il Papa ha indicato nel Santo di Norcia un riferimento sicuro per l’Europa alla ricerca della propria identità. Per una riflessione sull’importanza di Montecassino e sul contributo che ancora oggi l’Ordine di San Benedetto può dare al Vecchio Continente, il nostro inviato a Montecassino, Alessandro Gisotti, ha intervistato dom Guido Innocenzo Gargano, priore del monastero di San Gregorio al Celio:

    R. – C’è un Montecassino ideale e uno reale. Il Montecassino ideale si rifà alla Regola di San Benedetto, alla proposta del modello “Benedetto” e, soprattutto, a Gregorio Magno che ha spiegato questo modello alla gente semplice, sottolineando l’importanza della Regola di San Benedetto con tutta la sua attenzione alla persona, con la discrezione a non esagerare mai, col suo “romano equilibrio” che è proprio della Regola di San Benedetto. Non a caso, la Regola di Benedetto è stata sintetizzata nella tradizione con le due parole: “Ora et labora”. Cosa c’è all’origine di questo? C’è un’attenzione alla totalità dell’uomo. Il punto di riferimento è il famoso Concilio di Calcedonia in cui, a proposito della persona di Gesù, si sottolinea che è perfettamente Dio e perfettamente uomo. In analogia a questo, l’uomo ha una dimensione totalmente divina e totalmente umana. Questo è ciò che ha proposto Montecassino, questo è ciò che ha proposto San Benedetto nella sua Regola e questo è ciò che ha posto Gregorio Magno descrivendoci teologicamente la figura di Benedetto.

     
    D. – E’ questa straordinaria sintesi, “Ora et labora”, il contributo più duraturo che San Benedetto e il monachesimo hanno dato all’Europa guardando anche all’Europa di oggi un po’ smarrita?

     
    R. – Direi che i monaci hanno costruito l’Europa con due strumenti: lo strumento dell’aratro e lo strumento dello stilo. Lo stilo, inteso come penna, per trasportare da un codice all’altro parole significative che avrebbero nutrito la storia. Significa che le due cose vanno sempre insieme. Assieme con lo stilo e con l’aratro c’è il primato dell’Opus Dei, inteso come riferimento all’opera salvifica compiuta unicamente dal Signore. Queste cose mi sembrano fondamentali e su queste cose è stata costruita l’Europa. In questo senso possiamo anche dire che laddove è arrivato il monachesimo di Benedetto è arrivata la tecnica ed è arrivata anche la sapienza che viene dalla meditazione quotidiana della parola, sintetizzata nella cosiddetta “lectio divina”.

     
    D. - Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto che in un tempo di decadenza riuscì a formare un mondo nuovo. Come raccogliere la celebre esortazione che l’allora cardinale Ratzinger pronunciò a Subiaco pochi giorni prima della sua elezione alla Cattedra di Pietro?

     
    R. – Proprio in questa identificazione col messaggio ultimo della proposta pasquale di Cristo. Non è una Chiesa di trionfi che stiamo perseguendo ma è una proposta portata in profondità, che l’uomo si renda conto di essere questa invocazione verso il Signore con la certezza che se invoca il Signore, Lui risponderà!

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    Il Papa aprirà il 26 maggio il Convegno della Diocesi di Roma

    ◊   Anche quest’anno sarà il Santo Padre ad aprire i lavori del Convegno ecclesiale diocesano, in programma dal 26 al 29 maggio nella Basilica di San Giovanni in Laterano e nelle varie prefetture. A fare da filo conduttore il tema: “Appartenenza ecclesiale e corresponsabilità pastorale”. «Chiamare a raccolta con coraggio e fiducia la parte viva e partecipe delle comunità parrocchiali e di ambiente per ragionare sull’essere Chiesa in questo tempo non facile»: questa, nelle parole del cardinale vicario Agostino Vallini, la sfida più grande che il convegno ecclesiale diocesano di quest’anno è chiamato a raccogliere. Un appuntamento oramai tradizionale per la comunità diocesana, che inaugurerà un intero anno dedicato alla verifica del cammino pastorale nell’ultimo decennio. Proponendosi l’obiettivo di «favorire una più consapevole presa di coscienza da parte dei fedeli del nostro essere comunità ecclesiale», anche nel tempo del «cambiamento culturale e sociale che tutti subiamo». I lavori inizieranno quindi alle 19.30, con la preghiera di apertura, il saluto del cardinale Vallini e l’intervento di Benedetto XVI. Dopo, prenderà la parola mons. Enrico Feroci, parroco di Sant’Ippolito, che illustrerà i lavori che si svolgeranno nelle prefetture mercoledì 27, nella linea della corresponsabilità dei sacerdoti e dei fedeli laici alla vita della Chiesa. Qui, in sedi appositamente designate, si svolgerà il confronto sulla verifica avviata negli ultimi mesi in tutte le parrocchie. L’intervento conclusivo, nella serata di venerdì 29 alle 19.30 ancora nella Basilica lateranense, sarà a cura del cardinale Vallini, dopo le relazioni di sintesi per settore delle assemblee di prefettura.

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    Mezzo milione di contatti dopo il primo giorno sul web di "Pope2you" il portale vaticano pensato per i giovani

    ◊   Da ieri, la Chiesa ha spostato in avanti la linea della sua presenza lungo la mutevole frontiera del web. Centinaia di migliaia di contatti e migliaia di “cartoline” virtuali con l’immagine di Benedetto XVI e un suo pensiero sono state inviate attraverso il nuovo portale “Pope2you”, lanciato ufficialmente ieri dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali all’interno di Facebook, il social network che conta 200 milioni di iscritti. Il “target” del sito - plurilingue e supportato dai principali media vaticani - sono i giovani di tutto il mondo. L’obiettivo: creare una piattaforma di dialogo e di amicizia con quella che il Papa chiama “generazione digitale”. Il mini-portale è stato aperto alla vigilia della Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali di domenica prossima. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il coordinatore, don Paolo Padrini della Cei:

    R. - La novità di “Pope2you” è quella di porsi in una dimensione di relazione con i giovani, facendo sperimentare loro la possibilità, nel web, non solo di trasferire informazioni o di vivere momenti superficiali, ma anche di creare una comunità di appartenenza, di partecipazione a quella che è la Chiesa, attraverso una vicinanza che si fa sempre più stretta con il Santo Padre.

     
    D. - Accedere al “profilo” del Papa su Facebook è un po’ la notizia che ha fatto il giro del mondo. Dopo un giorno dall’avvio di “Pope2you”, qual è stato il risultato dei contatti?

     
    R. - Il risultato dei contatti è stato un risultato enorme. Solo nella prima giornata di ieri sono state inviate - tra il sito “Pope2you” direttamente, e tramite Facebook - un totale di quasi 10 mila cartoline, senza contare i numeri dei visitatori unici - molte decine di migliaia - e dei contatti alla pagina di “Pope2you” che hanno superato, nella sola giornata di ieri, il mezzo milione. Una precisazione: quello che è su Facebook non è un profilo, ma è uno spazio di condivisione perché, ovviamente, il Papa non ha bisogno di un profilo nel quale presentarsi e non ha neanche bisogno di un profilo nel quale creare un dialogo “uno a uno” con i suoi fedeli. Il dialogo con lui è un dialogo incardinato nelle nostre realtà quotidiane di scuola, di lavoro, di parrocchia. è stimolato da lui ma poi si concretizza nella condivisione con i nostri amici della rete.

     
    D. - Lei, don Paolo, è un profondo conoscitore di quelle che il Papa definisce nuove relazioni digitali. Quali sono secondo lei i pregi e i difetti di uno scenario del quale è praticamente impossibile fissare dei confini?

     
    R. - Parto dai difetti, per arrivare ai pregi. C’è un grande difetto, o meglio un rischio più che un difetto, ed è legato al fatto che questi strumenti modificano il nostro modo di relazionarci con le persone. Se questi strumenti diventano gli unici strumenti utilizzati - in Giappone ci sono notizie di malattie legate ad un utilizzo compulsivo dello strumento - rischiano di modificare negativamente la nostra relazione con gli altri. Comunque rimane una multirelazione, perché noi siamo multimediali per vocazione e per struttura umana. Gli elementi positivi sono come potenzialità insite in questi strumenti. Per esempio, Facebook ci ha rimesso in bocca la parola “amicizia”. Noi sappiamo, come cristiani, che possiamo dire qualcosa di importante sulla parola amicizia e il Papa ce lo indica chiaramente nel suo messaggio. E questo credo sia anche il valore aggiunto di “Pope2you”: far sperimentare davvero come uno strumento che tutti usano - come Facebook o come lo sono anche gli altri strumenti che noi proponiamo - possa diventare uno strumento anche utile per vivere bene la nostra esperienza multimediale.

     
    D. - In che modo vengono formate le nuove generazioni di sacerdoti e di laici, che devono e dovranno interagire con questo mondo?

     
    R. - Il discorso è ovviamente complesso, perché naturalmente i grandi mutamenti tecnologici richiedono una grande preparazione e conoscenza degli strumenti stessi. La cosa più importante, dopo la conoscenza degli strumenti, è sicuramente la strutturazione, secondo me, di una forte identità. Paradossalmente, più andiamo nell’era digitale, più noi come uomini dobbiamo strutturarci con un forte spessore umano. Questa è un’idea che secondo me è da costruire, perché non è detto poi che si conoscano effettivamente questi strumenti, che spesso vengono invece utilizzati in modo molto superficiale.

     
    D. - La Chiesa sta conquistando sempre nuovi spazi di annuncio in territori certamente inusuali: da Youtube all’i-Phone, per giungere ora al portale che lei dirige. Si possono intravedere, secondo lei, le prospettive di questa nuova frontiera dell’evangelizzazione?

     
    R. - Diciamo che dai tempi in cui chiamava i migliori pittori per affrescare le sue chiese, la Chiesa ha sempre cercato di comunicare al meglio il suo messaggio. La Chiesa lo ha fatto nel mondo del cinema, in cui è stata avanguardista, la Chiesa l’ha fatto nel mondo della televisione, della radio: pensiamo a Marconi, pensiamo alla Radio Vaticana. La prospettiva allora è questa: a prescindere da come si evolveranno gli strumenti, la Chiesa sarà sempre in grado, perché maestra di umanità, di portare con questi strumenti una lettura attenta, serena e nello stesso tempo anche una lettura propositiva.

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    Mons. Follo: no alla manipolazione dell'informazione

    ◊   Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’educazione per tutti e l’educazione interculturale: su questi tre punti si è soffermato, recentemente, mons. Francesco Follo. L’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco è, infatti, intervenuto alla 181.ma sessione del Consiglio esecutivo dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, che si è svolta a Parigi. I particolari, nel servizio di Isabella Piro:

    Tre interventi su temi diversi, quelli pronunciati da mons. Follo, ma legati da un unico appello: far sì che la comunicazione e l’educazione si pongano come obiettivo primario l’uomo, inteso come persona, portatore di una sua dignità. Nel primo intervento, dedicato alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il presule ribadisce che la Santa Sede incoraggia gli sforzi per la formazione tecnologica ed informatica nei Paesi emergenti, purché questa formazione “non si limiti ad una dimensione tecnica professionale, ma tenga in conto l’uomo”, ovvero lo sviluppo dell’individuo, del rispetto dell’altro e del bene comune. Allo stesso tempo, mons. Follo esprime il sostegno della Santa Sede alla lotta, portata avanti dall’Unesco, contro l’abuso e la manipolazione dell’informazione.

     
    Nel secondo intervento, invece, il presule si sofferma sulla necessità di garantire a tutti un’educazione adeguata, soprattutto nei Paesi emergenti, come l’Africa. Due le strategie suggerite: innanzitutto, dare importanza alla scuola, in cui l’alunno apprende le regole di vita fondamentali. Quelle regole, dice mons. Follo, la cui mancanza provoca la violenza giovanile. La scuola è “il primo luogo della socializzazione”, in cui “si impara a vivere in gruppo, a rispettare l’altro, ad ascoltare, a condividere”, secondo il comandamento primario dell’amore.

     
    La seconda strategia indicata da mons. Follo è quella della parità di accesso agli studi sia per gli uomini che per le donne. “La donna e l’uomo hanno carismi complementari – afferma il presule – Ci sono valori tipicamente maschili, come l’utopia, la creatività, la diplomazia, la maestria; e valori tipicamente femminili come il realismo, l’attenzione, la resistenza, la tenacia, la capacità di comunicare”. Per questo, ribadisce mons. Follo, “la pratica educativa deve favorire l’accoglienza dell’identità sessuale, così che ragazzi e ragazze imparino ad esprimere sinceramente la propria specifica vocazione”. Tanto più che, continua mons. Follo, “l’educazione ha come obiettivo primario la formazione di esseri liberi”, secondo tre criteri: l’apertura all’altro, lo sviluppo dell’interiorità e dell’esteriorità, e la consapevolezza del sé e dell’altro.

     
    Dedicato all’educazione interculturale, infine, il terzo intervento di mons. Follo. “Esiste attualmente – afferma il presule – una tendenza crescente ad orientare l’educazione su un modello puramente produttivo” e “un orientamento unilaterale dell’educazione verso criteri di efficacia non può che avere che gravi conseguenze”. La crisi finanziaria attuale, sottolinea mons. Follo, “è ricca di insegnamenti al riguardo. Solo la persona che concepisce la relazione con gli altri al di là dei criteri di produttività, può apprezzare le cose nel loro giusto valore”, poiché “le relazioni sociali sono un fine e non un mezzo”.

     
    “L’educazione, allora – continua il presule – realizza pienamente la propria vocazione quando gli adolescenti entrano consciamente in contatto con altre culture e religioni imparando, così, gli uni dagli altri”. In questo, conclude mons. Follo, gli insegnanti hanno un ruolo primario, poiché “devono donare ai giovani uno sguardo positivo sulla realtà, dimostrando che le questioni teologiche non sono contro la ragione, ma, al contrario, sono il suo apice”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Proteggi Montecassino e tutti noi che ti cantiamo: in prima pagina, Manuel Nin su San Benedetto e l’Oriente cristiano.

    Netanyahu esclude compromessi su Gerusalemme: in rilievo, nell’informazione internazionale, il Vicino Oriente.

    Accanto a Paolo in attesa del risveglio: in cultura, la relazione di Vincenzo Fiocchi Nicolai, rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, alla giornata di studio organizzata per l’Anno paolino dalle Pontificie Accademie.

    L’autentico realismo si trova nella fede; il dualismo tra esegesi e teologia nell’interpretazione della Scrittura: l’intervento del cardinale Zenon Grocholewski all’atto accademico per il centenario della fondazione del Pontificio Istituto Biblico. 

    I cattolici pessimisti sono una bestemmia vivente: un testo inedito del giornalista e scrittore Paolo Giuntella, morto un anno fa.

    E se Babele non fosse una punizione?; meticciato e dialogo tra culture: Silvia Guidi recensisce il libro “Meticciato, convivenza o confusione” di Paolo Gomarasca.

    Uno passo del libro di Javier Prades “All’origine della diversità”.

    Nell’informazione religiosa, il cardinale Leonardo Sandri sul recente viaggio del Papa in Terra Santa.

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    Oggi in Primo Piano



    Violenza in Iraq: i cristiani pagano il prezzo più alto

    ◊   Un ondata di attentati ha provocato decine di vittime in Iraq negli ultimi giorni. Tra le città più colpite sono state Kirkuk e la capitale Baghdad dove, a poche settimane dal passaggio della gestione della sicurezza dalle forze Usa a quelle irachene, sono morte oltre 65 persone falciate da una raffica di attentati kamikaze e di autobomba. Intanto, è stato liberato l'insegnante cristiano di 32 anni rapito in una scuola elementare di un villaggio vicino a Kirkuk il 14 maggio scorso da un gruppo armato. Lo ha riferito l’agenzia stampa AsiaNews, precisando che ai rapitori non è stato versato alcun riscatto. A don Renato Sacco di Pax Christi, profondo conoscitore della realtà irachena, Stefano Leszczynski ha chiesto come possa essere spiegata una tale recrudescenza delle violenza nel Paese.

    R. – A me sembra che oggi in Iraq la prospettiva del rientro degli americani e la spartizione di luoghi importanti come Kirkuk, che galleggia sul petrolio, la prospettiva forse, dice qualcuno, di una divisione - come la Bosnia - dell’Iraq in 30 anni – curdi, sunniti e sciiti – tutto questo fa sì che ci siano grossi interessi da spartire. Qualcuno allora fa la voce grossa per dire: “Io voglio far valere non i miei diritti, ma la mia arroganza”. Quindi, la ripresa di questa violenza potrebbe essere anche questa.

     
    D. – Quello che interessa adesso è cercare di affermare un modo o alcuni modi di governare il Paese. Si può leggere, secondo lei, questo cambiamento negli attentati che si sono verificati ultimamente?

     
    R. – Credo di sì. Proprio una spartizione di interessi. E credo sia giusto ricordare che in questo grande gioco di potenti e di spartizioni di grandi capitali, i cristiani in questa logica di spartizione e di attentati, forse sicuramente di matrice politica, con progetti di questo genere, sono una delle minoranze più deboli e quindi rischiano di pagare un conto più alto. Pax Christi ha cercato sempre di essere accanto a queste situazioni e abbiamo potuto vedere con mano che, sia in passato che oggi, la minoranza cristiana sta vivendo un momento molto, molto difficile, perchè non ha potere, non ha denaro, non ha petrolio, ha solo da perdere.

     
    D. – Quale potrebbe essere una strada percorribile per tentare di avviare un processo di riconciliazione nazionale in Iraq?

     
    R. – Credo, come ci viene detto molte volte anche da loro, che ci venga richiesto il rispetto per gli iracheni. Per esempio, chi ha interesse in qualche modo in Iraq, non lo faccia per i suoi interessi, ma lo faccia per il bene della gente. Lì c’è una grossa spartizione di ricchezza del petrolio e sappiamo anche di concessioni ad altre nazioni o ad altre imprese. Il rischio quindi di dilapidare un patrimonio e di non fare il bene degli iracheni non aiuta la riconciliazione.

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    Cascia: Premio Santa Rita a tre donne della carità e del perdono

    ◊   Il suono festoso delle campane, la processione e il corteo storico nei tradizionali costumi quattrocenteschi hanno scandito questa mattina a Cascia le celebrazioni per l’odierna festa di Santa Rita. Il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha presieduto il solenne pontificale. In occasione della Festa, è stato inoltre assegnato ieri a tre donne il riconoscimento internazionale Santa Rita. Sulla vita di questa Santa, modello di amore e perdono, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Santa Rita, nata nel 1381 a Roccaporena, circa 5 chilometri da Cascia, propone l’esempio di una vita ricca di preghiera e di virtù. La sua esistenza di sposa e di mamma fu sconvolta dall’assassinio del marito, vittima dell’odio tra fazioni e del dramma delle faide familiari della zona. Riuscì ad essere coerente con il Vangelo, perdonando pienamente, come Gesù, chi le aveva procurato tanto dolore. I figli invece, influenzati dall’ambiente e dai parenti, erano intenzionati a vendicare il padre. Santa Rita chiese a Dio di riprenderseli in modo che non potessero portare a compimento i loro propositi di vendetta. Entrambi morirono di malattia in giovane età. Entrò poi nel monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena e pacificò e riconciliò le famiglie con la forza della preghiera e dell’amore. Papa Leone XIII la proclamò Santa il 24 maggio del 1900.

     
    Anche oggi il suo esempio è fonte di ispirazione. E ogni anno, ricordando i valori cristiani caratteristici della sua spiritualità, viene conferito un importante riconoscimento. Si tratta del Premio internazionale Santa Rita assegnato ieri a tre donne che si sono distinte in carità, speranza e perdono. Una di loro è suor Maria Laura Mainetti, delle Figlie della Croce, uccisa il 6 giugno del 2000 a Chiavenna, in provincia di Sondrio, da tre ragazze minorenni. Su suor Maria Laura, alla quale il riconoscimento è stato assegnato alla memoria, ascoltiamo Padre Angelo Lemme, priore della comunità agostiniana di Cascia:

    “Si è distinta per il perdono che durante le coltellate ricevute, ha offerto a queste ragazze. Testimonianze che naturalmente le ragazze stesse, poi al processo, hanno rivelato. Suor Maria Laura, di cui è in corso la causa di beatificazione, ha vissuto davvero l’eroismo dell’amore del Cristo crocifisso”.

    Il premio Santa Rita è stato conferito anche a Ferminia Sacdalan, una donna filippina che, rimasta con i 6 figli senza il marito, ha ipotecato la propria casa per aiutare un’amica:

    “Si è distinta perché un’amica le ha chiesto un aiuto finanziario e lei, non potendolo dare, le ha prestato dei soldi. Ma ha dovuto però ipotecare la propria casa. E' andata anche a lavorare all’estero, a Dubai. Sperava sempre che questa amica avrebbe potuto restituirle i soldi. Ma non è stata in grado di farlo. Lei ha perdonato ed ha vissuto valori altissimi di altruismo, di grande sacrificio e questo è uno dei messaggi di Santa Rita”.

    La terza donna premiata è Paola Stocco, madre di 6 figli naturali e 4 adottati:

     
    “Insieme al marito fa parte del Cammino neocatecumenale. La coppia aveva già sei figli naturali e ne ha adottati quattro, ragazzi con problemi psichici o con handicap fisici. In precedenza avevano perso sette bimbi, lei non riusciva a portare a compimento le gravidanze. Ha ricevuto l’ispirazione di adottarne altri al posto dei suoi bimbi che non erano nati. L’ha fatto con una generosità, un coraggio meraviglioso, fino ad adottare bambini con handicap. Questo è amore”.

    E l’amore, che in Santa Rita trova un’alta espressione, è la più autentica ricchezza anche per il mondo e la società di oggi, come sottolinea padre Angelo Lemme:

    “Un amore che l’ha portata soprattutto ad offrirsi a Gesù per diffondere la riconciliazione e la pace; valori questi di cui ha tanto bisogno anche il mondo attuale. E’ per questo che ancora oggi, in occasione della festa di Santa Rita, migliaia e migliaia di persone vedono in lei un segno di speranza perché l’amore e la fede con la quale lei si è impegnata, è un modello per tutti noi”.

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    Rapporto sugli abusi in Irlanda: intervista con l'arcivescovo di Dublino

    ◊   “Non è un rapporto da archiviare nello scaffale”: è quanto ha affermato l’arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin riguardo al Rapporto della Commissione governativa irlandese che ha indagato sugli abusi - perpetrati tra la fine degli anni ’30 e la fine degli anni ’70 - in alcune scuole ed istituti gestiti da religiosi, che accoglievano minori in difficoltà. Ascoltiamo il presule al microfono di Emer McCarthy:

    R. – La prima cosa che direi è che i commenti brevi e superficiali non rendono onore alla sofferenza delle vittime. Questo abuso sistematico è durato per decenni: leggendo il Rapporto – sono cinque volumi – le realtà raccontate sono orribili, sono ripugnanti. Il coraggio delle vittime nel raccontare le loro storie, è ammirevole. Io trovo interessante che la Commissione fa appello alle Congregazioni religiose, e anche io faccio mio questo appello, a compiere un processo di discernimento ed identificare i motivi che hanno loro permesso di discostarsi dal loro autentico carisma in una maniera così sconcertante. Spero che intraprenderanno un cammino di rinnovamento e anche di conversione.

     
    D. – Lei ha detto che questo non è un Rapporto da archiviare in uno scaffale …

     
    R. – Questo non è un Rapporto destinato ad una copertura giornalistica di due giorni, tanto meno un Rapporto destinato all’archivio. Le raccomandazioni indicano, in maniera più generale, la necessità, nei servizi per la protezione dei bambini, di trovare la maniera di far sentire la voce dei bambini, le loro grida, le loro angosce. In questa storia, i bambini hanno sofferto e nessuno ha voluto ascoltarli, né in passato e neanche recentemente. La migliore maniera di pentirsi del passato è di impegnarsi per un futuro veramente diverso. Lo so che la Chiesa cattolica in Irlanda sta intraprendendo questo processo, ma l’impegno dev’essere intensificato e reso molto più urgente.

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    Padre Carballo: San Francesco, non un rivoluzionario politico ma del Vangelo

    ◊   Dal 24 maggio al 20 giugno prossimi ad Assisi, presso la Porziuncola, si svolgerà il 187.mo Capitolo generale dell’Ordine dei Frati Minori (Ofm) sul tema “Annunciatori della Parola del Signore in tutto il mondo”. Particolarmente importante, nell’agenda dei lavori, sarà l’elezione del nuovo ministro generale dell’Ordine, presieduta dal card. José Saraiva Martins. L’assemblea dei membri della comunità si svolge ogni sei anni e rappresenta per l’ordine, presente in 110 paesi, un momento importante di incontro e riflessione. Questa mattina il capitolo è stato presentato alla stampa presso la Curia Generale dei frati minori a Roma Sulle origini del Capitolo si sofferma, al microfono di Paolo Ondarza, il ministro generale uscente dei frati minori, padre José Rodriguez Carballo:

    R. - Nel 1221, San Francesco volle radunarsi, incontrare tutti i frati – secondo le fonti erano cinquemila – presso la Porziuncola. Da quel momento, noi Frati Minori ogni sei anni celebriamo il cosiddetto Capitolo di Pentecoste che, prima di tutto, è un incontro di fratelli per vivere veramente insieme il dono più bello che abbiamo ricevuto, dopo la vita e dopo la fede: cioè è il dono della vocazione francescana. Ma allo stesso tempo è un momento forte per analizzare lo stato dell’Ordine. Il Capitolo deve essere, per l’Ordine, una nuova Pentecoste: è lo Spirito che guida l’Ordine, e questo ci da anche una certa sicurezza di fronte al futuro.

     
    D. – Lei lo ha sottolineato: il vostro, è il primo Ordine missionario e la vostra missione si svolge su due fronti, tra cristiani – i vicini – e i lontani, i non cristiani …

     
    R. – E’ vero che le sfide sono diverse, ma c’è un elemento che è importantissimo, sia per l’evangelizzazione dei vicini che per l’evangelizzazione dei lontani: è la testimonianza della propria vita. E’ significativo che, quando San Francesco parla dell’evangelizzazione tra saraceni ed altri “infedeli”, dice: “Prima di tutto, i frati vadano e si comportino come cristiani e poi, se a Dio piacerà, annuncino anche con la parola il Vangelo”. Penso ad esempio al Marocco: noi siamo lì come presenza di Chiesa, fondamentalmente per servire i musulmani; ma anche in Terra Santa, in Pakistan, in Indonesia, in Sudan … la nostra una presenza è fatta molte volte di silenzio, non di parole: non possiamo predicare, ma possiamo evangelizzare. Come? Trasmettendo con la nostra vita i valori del Vangelo.

     
    D. – Talvolta, chi è scettico sull’efficacia del dialogo, soprattutto interreligioso, teme che questo possa svolgersi a senso unico …

     
    R. – Ci piacerebbe avere una corrispondenza dell’altra parte. Però, Gesù nel Vangelo dice: “Quello che avete ricevuto gratis, datelo gratis!”. Allora, se c’è corrispondenza anche visibile, palpabile – “Laudato sii, mi Signore!”, direbbe Francesco. Ma se non c’è, diciamo ugualmente “Lodato sii, mio Signore!”. Questo, io posso dire che lo trovo realizzato nei luoghi in cui si trovano tanti nostri confratelli, in situazioni veramente umanamente difficilissime, dove non c’è una risposta umana a tanto sacrificio … Ma, chissà, come si dice, il Signore scrive diritto con linee storte …

     
    D. – Lei faceva riferimento anche a quanto detto da Benedetto XVI: Francesco è un uomo che purtroppo a volte viene strumentalizzato, politicizzato …

     
    R. – Francesco è soprattutto un credente. A volte viene raffigurato o presentato come un rivoluzionario sociale, politico … no. Francesco è un rivoluzionario del Vangelo. Certo: se uno prende sul serio il Vangelo, non può lasciare le situazioni umane così come stanno. Però, il punto di partenza deve essere sempre l’incontro con Cristo. Cristo cambia il cuore. Se non c’è il cambiamento di cuore, facilmente si cade nell’ideologia, e l’ideologia – a mio parere – è molto pericolosa perché facilmente uccide i valori. L’ideologia sono idee che oggi sono e domani non sono. Gesù invece è lo stesso ieri, oggi e sempre, e i valori del Vangelo non conoscono caducità.

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    Assemblea generale dell'Avis: mancano 300 mila donatori di sangue

    ◊   “I progetti di domani, i valori di sempre”: è il tema scelto da Avis, Associazione Volontari Italiani Sangue, per la 73.ma Assemblea generale, in programma da oggi pomeriggio a Roma, presso la Pontificia Università San Tommaso “Angelicum”. Nella capitale sono giunti per l’occasione 1.200 delegati in rappresentanza delle oltre 3.300 sedi regionali, provinciali e comunali e del 1.200.000 donatori di sangue associati. Tra i compiti dell’Assemblea, anche quello di eleggere il nuovo Consiglio Nazionale che, in seguito, indicherà la nuova guida dell’Avis per il prossimo quadriennio. Davide Dionisi ha intervistato il presidente uscente, Andrea Tieghi, per un bilancio degli ultimi sette anni di attività dell’organismo.

    R. – Vogliamo fare un bilancio di questa attività che abbiamo sviluppato negli ultimi quattro anni di mandato, all’interno della quale abbiamo parecchi risultati positivi. Ad esempio, tutte le politiche che abbiamo sostenuto per i migranti e le politiche all’estero, per rafforzare il concetto del volontariato del sangue in Paesi come l’Argentina, il Marocco o la vicina Malta.

     
    D. – Presidente, voi tenete molto - tenevate molto visto che ormai è stata approvata - alla legge 219 05. Ce ne vuol parlare, perché è uno dei risultati ottenuti dall’Avis...

     
    R. – Questa legge di riforma del nostro servizio trasfusionale nazionale è stata voluta dal volontariato e anche da parte delle regioni italiane. Ci ha dato molta soddisfazione il fatto che abbiamo il Centro nazionale del Sangue dove è presente il volontariato, oltre che le regioni, e che ci ha permesso per esempio, nel recente terremoto dell’Abruzzo, di provvedere tempestivamente a ripristinare tutte le scorte che servivano in quei paesi martoriati dal sisma.

     
    D. – Che cosa manca ancora al nostro Paese per incentivare la donazione del sangue?

     
    R. – Secondo il nostro parere manca una politica di sensibilizzazione, soprattutto nei confronti dei giovani. Noi abbiamo bisogno di rafforzare le fila dei nostri donatori. Considerando che in Italia, tra Avis ed altre associazioni, sono circa 1 milione e 600 mila i donatori, credo che sia importante arrivare almeno ad avere 200 o 300 mila donatori periodici in più. Così si potrà contare su di loro ed affrontare le emergenze come quella estiva che abbiamo normalmente. Si deve affrontare anche la carenza cronica che non riusciamo a superare localmente e quindi dobbiamo far aiutare diverse zone, tra cui Lazio, Sicilia e Sardegna, dalle altre regioni che hanno maggiori donazioni. Questo è l’obiettivo che ci poniamo per far diventare veramente il nostro Paese completamente autosufficiente.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Il bilancio della Chiesa locale sulla visita del Papa in Terra Santa

    ◊   “Un successo”: così, durante una conferenza stampa tenutasi al Centro Notre Dame di Gerusalemme, il Patriarca Latino, Fouad Twal e il nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, mons. Antonio Franco, hanno definito il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa, svoltosi dall’8 al 15 maggio. Il Santo Padre, ha detto mons. Twal, “ha voluto incoraggiare i cristiani del mondo intero a seguire il suo esempio, e a venire in pellegrinaggio in Terra Santa, per pregare, per entrare in contatto con le comunità locali, in modo da pregare per noi e con noi, pregare insieme per la pace e per tutti gli abitanti della regione”. “Il Papa si è fermato ad ascoltarci – ha continuato il Patriarca latino di Gerusalemme - e ci ha rivolto il suo messaggio. Tocca a noi, adesso, riprendere in mano i suoi discorsi e le sue omelie, con calma, per poterli assorbire, e per poterli vivere pienamente”. Dal suo canto, mons. Franco si è soffermato sulla delicata questione politica: “ “Il Santo Padre ha ricordato molto chiaramente il diritto di Israele a vivere in sicurezza nel proprio paese. Si riconosca il diritto di Israele e si riconosca il diritto dei palestinesi ad avere una patria, uno Stato, in modo che si giunga a una pace stabile in questa parte di mondo”. Quanto al ruolo della Chiesa nel conflitto israelo-palestinese, il nunzio apostolico ha specificato: “Non è certamente un ruolo diretto, ma alla Chiesa spetta di formare, di educare alla pace e al rispetto. Le spetta di rendere le persone capaci di accettarsi a vicenda, di perdonarsi, di creare delle nuove possibilità, in modo da creare le precondizioni alla pace, sostenendo gli sforzi positivi e tentando di vincere la rassegnazione e la passività”. Tra gli altri temi affrontati durante la conferenza stampa, anche quello del dialogo interreligioso ed ecumenico: “Il Santo Padre – ha affermato mons. Twal - è stato felice di constatare che esiste una volontà di dialogo tra tutte le religioni, è stato contento di trovare una buona disposizione”. Quanto al dramma della Shoah, mons. Franco ha sottolineato che “se ci addentriamo veramente nel pensiero del Papa, non possiamo desiderare di più del messaggio che egli ci ha lasciato sulla Shoah”. Ha detto ‘Mai più’. La sua riflessione sul nome, allo Yad Vashem è la più bella riflessione che poteva fare per parlarci del dovere della memoria”. Quindi ha concluso: “Abbiamo ricevuto una grazia e un dono del Signore, e abbiamo visto la mano di Dio”. (I.P.)

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    Sri Lanka: la Chiesa in prima linea nell’assistenza agli sfollati

    ◊   Nei giorni in cui ancora si celebra la vittoria sulle Tigri Tamil dopo circa 28 anni di conflitto, la Chiesa dello Sri Lanka rivolge le sue preoccupazioni alle migliaia di feriti e sfollati civili tamil, la cui sorte continua ad essere incerta, e guarda alla ricostruzione della pace e alla riconciliazione nazionale. Questo stesso spirito anima i cristiani di tutto il Paese come confermano le parole di padre Nihal Ivan Perera, sacerdote di Negombo, che nella messa di domenica scorsa ha sottolineato la necessità di sanare le ferite profonde che devono cicatrizzare da entrambe le parti, esortando i fedeli a offrire cibo ai rifugiati, secondo quanto rende noto la Zenit: “E’ nostro dovere come cristiani prenderci cura dei nostri fratelli”. Nel nord del Paese, a Vavuniya, nel cuore della regione devastata dai combattimenti, padre Emilianuspillai Santhiapillai, parroco della chiesa di Sant'Antonio, ha parlato ai fedeli del soccorso alla “popolazione civile, che vive grandi sofferenze”. In India, l'Arcivescovo di Madras-Mylapore (Stato del Tamil Nadu), monsignor Chinnappa, ha espresso la propria preoccupazione per gli sfollati, ricordando che “devono essere rispettati i diritti” dei tamil originari del sud dell'India che vivono nello Sri Lanka da secoli, così come quelli delle altre popolazioni dell'isola. Da parte sua, il portavoce del Consiglio dei vescovi cattolici del Tamil Nadu e direttore della Commissione statale per le minoranze, padre Chinnadurai, ha chiesto che i colpevoli del “genocidio di civili innocenti” siano identificati e puniti. Anche Papa Benedetto XVI ha pregato questa domenica a San Pietro per le “migliaia di bambini, donne, anziani, a cui la guerra ha tolto anni di vita e di speranza”, rivolgendo un appello “alle istituzioni umanitarie, comprese quelle cattoliche”, a “non lasciare nulla d’intentato per venire incontro alle urgenti necessità alimentari e mediche dei profughi”. Intanto, secondo l'Onu, più di 200 mila rifugiati civili sono ammassati nei campi del Governo, in condizioni sempre più critiche. Mentre la Caritas ha segnalato che devono essere ancora compiuti alcuni passi prima che la Nazione possa dichiarare la pace. Tra questi il miglioramento delle condizioni di vita negli accampamenti di sfollati e l'aiuto alle persone che sono rimaste senza casa perché possano ricostruire la propria vita. La Caritas ha inoltre dichiarato che i campi non rispettano le norme internazionali in materia di sicurezza e condizioni di vita, e che famiglie traumatizzate continuano ad essere divise. L’organizzazione cattolica ha anche evidenziato che a quanti sono stati costretti a fuggire dalle proprie case deve essere garantito il diritto di tornarvi. Quello che serve ora secondo la Caritas è soprattutto un clima di giustizia che risponda alle necessità di tutti gli abitanti dello Sri Lanka, inclusa la minoranza tamil, che rappresenta il 18% della popolazione. (M.G.)

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    Iraq: liberato insegnante cristiano con l'aiuto di musulmani e capi tribali

    ◊   In Iraq, è grande la gioia della comunità cristiana di Kirkuk per la liberazione del giovane insegnante cristiano, Namir Nadhim Gourguis, rapito il 14 maggio scorso, avvenuta ieri grazie ad una operazione congiunta dell’esercito iracheno e delle Forze arabe del risveglio. “Oggi è un giorno di festa per la comunità cristiana – ha raccontato mons. Sako ad AsiaNews – Dopo 8 giorni Namir è libero. Ringraziamo Dio: oggi la gioia regna sulla comunità cristiana di Kirkuk”. Una liberazione che appare anche più importante se si considera la fondamentale collaborazione fra la comunità cristiana, il mondo arabo e i capi tribù che hanno condotto le trattative. La mediazione con i capi tribù e la collaborazione fornita dagli imam locali si è dimostrata decisiva per ottenere il rilascio. Ai rapitori non è stato infatti versato alcun riscatto. Il rapimento è avvenuto la mattina del 14 maggio: un gruppo armato di quattro persone, ha fatto irruzione nella scuola elementare del villaggio di Ruwaidha – nel sottodistretto di Al Rashad, a circa 30 km da Kirkuk – sequestrando il giovane insegnante. Fonti locali avevano spiegato che egli “appartiene a una famiglia semplice e povera”, che la cifra richiesta dai rapitori era “molto elevata” e i parenti “non erano in grado di pagarla”. L’intervento congiunto dei capi tribali e religiosi e della Chiesa locale è un piccolo ma importante passo sulla strada delle riconciliazione nazionale irachena. (M.G.)

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    Lo psicologo Cantelmi: la Chiesa è in prima linea nel combattere la pedofilia

    ◊   “La percentuale di pedofilia nell’ambito della vita celibataria e consacrata non è superiore a quella che si trova in altre categorie. La pedofilia è un problema gravissimo ma non strutturale del celibato”. Lo afferma Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici, interpellato dal Sir sui casi di abusi sessuali emersi in Irlanda. “C’è quindi – prosegue lo psichiatra - una criminalizzazione della vita celibataria e consacrata che non ha senso”. Altra considerazione dell’esperto è il numero dei casi di pedofilia emersi in Italia in ambito ecclesiastico. “Parliamo – sottolinea Cantelmi - di 60 casi in Italia su una popolazione di 400 mila persone che hanno fatto una scelta di vita consacrata. E stiamo parlando di 60 casi emersi in dieci anni, dal 2000 al 2009. E’ chiaro che un prete pedofilo scandalizza molto di più rispetto ad altre categorie. Perché il sacerdote è un uomo di Dio, per cui siamo di fronte ad una forte contraddizione. Ma da qui a dire che è un problema strutturale della Chiesa, mi sembra non solo eccessivo ma anche una falsità colossale”. Cantelmi ha fatto parte come esperto della Commissione parlamentare per l’infanzia due legislature fa, e fu impegnato in un’indagine sulla pedofilia in Italia. “Si calcolò – ricorda - che i pedofili in Italia potessero essere circa 100 mila. Il vero problema quindi è la pedofilia, che esiste e va combattuta”. E la Chiesa? “La Chiesa – risponde - è l’istituzione più coraggiosa al mondo da questo punto di vista. Ha sempre fatto un discorso molto chiaro e molto serio. Non c’è nessuna copertura. Lo dimostra il fatto che uno dei motivi fondamentali della presenza degli psicologi nei seminari è proprio questa perché quand’anche ci fosse un solo caso, la scelta della Chiesa italiana è quello di intervenire perché i casi non siano solo pochi ma siano pari a zero. C’è quindi un allerta massima. Ormai tutti i seminari italiani hanno aiuti psicologici e soprattutto non c’è nessun tipo di connivenza. Su questo la scelta è chiarissima. Lo dimostrano i documenti, le operazioni svolte in questi anni, gli interventi. E’ stato anche elaborato un documento vaticano che prevede la presenza degli psicologi nei seminari. In Italia, non c’è seminario, non c’è casa di formazione e non c’è congregazione che non abbia al suo interno uno psicologo che aiuti a dirimere tutte le possibili situazioni”. (R.P.)

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    Cina: inasprite le sanzioni per i migranti che hanno più di un figlio

    ◊   Sono state inasprite le multe per i migranti che violano la legge del figlio-unico. Finora la sanzione era commisurata al reddito medio nel loro villaggio natale, in genere povere comunità rurali con redditi molto inferiori a quelli cittadini. Ieri il Consiglio di Stato ha comunicato che le multe saranno commisurate al reddito effettivo nella città dove i migranti lavorano, molto più elevato. Dalla fine degli anni ’70 in Cina ogni coppia può avere solo un figlio. Ne sono consentiti due in alcuni casi, come per i rurali - con una figlia femmina - e le minoranze etniche. Ma i migranti - riferisce l'agenzia Asianews - non risultano residenti nella città dove lavorano e abitano tutto l’anno e non usufruiscono di servizi sociali come sanità e scuola pubblica. Essi perciò approfittano di questo minor controllo per violare la legge e avere più di un figlio. Secondo i dati ufficiali, ci sono oltre 150 milioni di migranti, di cui il 70% è in età feconda. La nuova normativa, approvata il 29 aprile e in vigore dal 1° ottobre, prevede giorni di vacanza retribuita per chi si fa sterilizzare. Ai migranti sono anche riconosciuti nuovi vantaggi: contraccettivi gratis. Pechino insiste che questo controllo è essenziale per contenere l’incremento demografico. Di fatto la legge crea squilibri fisiologici ed ha favorito l’aborto selettivo, poiché le famiglie preferiscono avere un figlio maschio. Ma cresce il malcontento diffuso e a gennaio la stessa Commissione nazionale per la pianificazione familiare ha rivelato che dalle sue indagini risulta che “il 70,7% delle donne cinesi desidera avere due o più figli”. Nel Paese ci sono circa 90 milioni di bambini figli unici e si prevede che entro pochissimi decenni un limitato numero di giovani dovrà sostenere un elevato numero di anziani. (R.P.)

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    Il pellegrinaggio dei fedeli cinesi ai Santuari mariani per la Giornata del 24 maggio

    ◊   Continuano i pellegrinaggi dei cattolici cinesi verso tutti i Santuari mariani del paese in vista del 24 maggio, la seconda “Giornata Mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina” istituita da Papa Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici cinesi del 27 maggio 2007, solennitа di Pentecoste. Scrive il Santo Padre: “il giorno 24 maggio, che è dedicato alla memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani – la quale è venerata con tanta devozione nel santuario mariano di Sheshan a Shanghai - in futuro potrebbe divenire occasione per i cattolici di tutto il mondo di unirsi in preghiera con la Chiesa che è in Cina”. E il Santuario della Madonna di She Shan, indicato dal Papa, che ha anche scritto di proprio pugno la preghiera alla Vergine, sta vedendo il culmine dell’ondata di pellegrini del mese mariano. La media giornaliera è ormai calcolata in migliaia. I fedeli provengono dalla stessa diocesi di Shang Hai, e da Jiang Su, Zhe Jiang, da HongKong, Taiwan ed anche dalle comunità della diaspora cinese. Mons. Fang Xing Yao, vescovo della diocesi di LinYi della provincia di Shang Dong, ha guidato il solenne pellegrinaggio nel giorno dedicato alla Madonna di Fatima, 13 maggio, al Santuario Mariano di Wang Zhuang, istituito nel 1905. Oltre 30.000 fedeli, cinesi e stranieri, provenuti da He Bei, Jiang Su, Shan Dong, hanno partecipato al grande raduno cattolico. Per dimostrare la simpatia per la comunità cattolica, le autorità che gestiscono l’autostrada, hanno annullato il pagamento del pedaggio a tutti i mezzi che si recavano al Santuario. E la Chiesa locale ha offerto tutti i servizi logistici ai pellegrini. Come hanno detto i fedeli “è stato un giorno di comunione e fraternità autenticamente cristiana”. Durante l’omelia, mons. Fang ha detto: “il pellegrinaggio ci aiuta a rafforzare la fede, ci permette di intercedere per il bene del paese e per il mondo. Ci ricorda che salvare l’anima è la cosa più importante della nostra vita. Dobbiamo imitare la virtù dell’umiltà mariana e seguire costantemente il Comandamento di amare il Signore ed amare il prossimo. La nostra preghiera, la devozione e il pellegrinaggio ci consentiranno di avere sempre di più famiglie unite, la società sempre più purificata e santificata”. 106 fedeli della parrocchia di Fu An della diocesi di Min Dong si sono radunati il 15 maggio nel Villaggio del Rosario, il Santuario più famoso e più grande del sud continente di Fu Zhou della provincia di Fu Jian. (R.P.)

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    Concluso il Simposio internazionale sulla matrice ebraica di Paolo

    ◊   Uno degli eventi culturali più significativi dell’Anno Paolino – il Simposio internazionale sul tema “Paolo nella sua radice giudiaca” – si è concluso oggi nella Basilica Ostiense con il saluto ai partecipanti, accademici e studiosi cristiani ed ebrei, del suo arciprete, il cardinale Andrea di Montezemolo che ha ricordato come egli abbia visto in questo evento un’applicazione dell’“Accordo fondamentale” del 1993 tra lo Stato d’Israele e la Santa Sede, per il quale ebbe il privilegio di svolgere un ruolo importante come delegato apostolico a Gerusalemme, quindi come primo nunzio in Israele. Il convegno, organizzato dal “Centro cardinal Bea per gli Studi Giudaici” della Pontificia Università Gregoriana, in collaborazione con l’Università Ebraica di Gerusalemme, l’Università Cattolica di Leuven (Belgio) e la Basilica papale di San Paolo fuori le Mura, è stato introdotto dalla relazione di uno dei maggiori studiosi della “Ebraicità di Paolo” , il prof. Ed Parish Sanders della Duke University della North Carolina (Stati Uniti). Egli, ha affermato, viveva e operava in un mondo che parlava greco, ma la sua istruzione e la sua educazione furono ebraiche. “Le categorie principali del suo pensiero furono ebraiche, la sua missione si svolse nel tessuto dell’escatologia ebraica, l’esito finale che desiderava ardentemente fu una forma universale di speranza ebraica”. Ha tuttavia sottolineato come lo studio delle sue citazioni abbia rivelato come egli conoscesse a memoria ampie parti della Bibbia in greco , la versione ebraica cosiddetta dei Settanta. Alla quale fecero costante riferimento i primi cristiani ma che fu rifiutata, alla fine del primo secolo, dall’ortodossia giudaica. E di questa versione, dei suoi precedenti, della sua influenza sul Nuovo Testamento, delle possibili correzioni ad essa apportate in alcuni manoscritti, ha parlato il prof. Emauel Tov, dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Considerato come uno dei più rinomati esperti dei manoscritti di Qumram e della critica testuale della Bibbia Ebraica e Greca (dei Settanta), ha ricevuto nei giorni scorsi il prestigioso “Premio Israele”. Fra le altre importanti relazioni, quella della prof. Paula Fredriksen, dell’Università di Boston e dell’Università Ebraica di Gerusalemme, sul tema “Giudaizzando le Nazioni: i requisiti rituali del Vangelo di Paolo” e del padre Justin Taylor S.M., vice rettore della “Ecole Biblique et Archéologique Français” di Gerusalemme su “Paolo e la comunità ebraica di Roma in Atti “28, 17-31”. (A cura di Graziano Motta)

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    Inchiesta di Sat2000 su Pio XII e il suo impegno in favore degli ebrei

    ◊   “Pio XII. Il diplomatico di Dio”, è questo il titolo dell’inchiesta televisiva, di cui riferisce Avvenire, sull’opera di Eugenio Pacelli, da nunzio apostolico fino al pontificato, che andrà in onda domani e domenica su Sat2000. L’indagine storica curata dalla redazione di “Mosaico” e scritta da Antonello Carvignani, ricostruisce l’intera vita di questo Papa, spiegando in punti saliente del suo magistero. Il documentario ha poi voluto dare particolare rilevanza alle testimonianze dirette in merito agli sforzi di Pio XII per salvare ebrei e perseguitati politici durante il drammatico periodo dell’occupazione nazista di Roma nel 1944. Mons. Simonazzi, allora giovane seminarista, e suor Emerenziana Bolledi, all’epoca novizia, riferiscono dell’ordine impartito direttamente dal Papa di aprire le porte del Seminario del Laterano, e di molti altri istituti romani, a tutti coloro che necessitavano di un rifugio sicuro. Ma l’inchiesta di Sat2000 non si ferma agli anni della guerra ma ripercorre anche tutti gli anni del pontificato e anche quelli da segretario di Stato vaticano. Con l’aiuto del cardinale Bertone, Giulio Andreotti, Gian Maria Vian, Rosario Villari e tanti altri grandi personaggi della Chiesa, della cultura e della politica, l’inchiesta tratteggia la figura di un uomo moderno che si confronta con il cambiamenti del mondo e che con il suo insegnamento apre la strada alla Chiesa della seconda metà del XX secolo. (M.G.)

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    Al via il convegno di studi sulla cultura e la spiritualità del Monte Athos

    ◊   L’Associazione Culturale “Insieme per l’Athos” tiene domani a Roma il suo Ottavo Convegno Internazionale di studi sulla cultura e la spiritualità del Monte Athos, quest’anno sul tema: “Il monachesimo della Santa Montagna tra spiritualità e storia. Da Sant'Atanasio alla caduta di Costantinopoli”. L’evento, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Fondazione Europea Dragan, dalla Regione Lazio, della Provincia di Roma, dal Comune di Roma e dalle Ambasciate di Cipro, Bulgaria, Grecia, Romania, Russia, Serbia, Ucraina e Moldavia, è curato dall’Associazione “Insieme per l’Athos”, costituitasi con il preciso scopo di riscoprire e divulgare l’immenso patrimonio spirituale ed artistico della cultura athonita attraverso iniziative di natura molteplice come viaggi, mostre, convegni, pubblicazioni, etc. Il convegno si svolgerà a partire dalle ore 9 presso il Palazzo Roccagiovine, al Foro Traiano, con la Benedizione della Sacra Epistasia del Monte Athos, organo politico ed esecutivo della penisola monastica e del Sacro Monastero di Aghiou Pavlou. L’appuntamento di domani intende soffermarsi sulla storia della spiritualità athonita dalla seconda metà del X secolo alla prima metà del XV secolo. I percorsi di studio, guidati da insigni studiosi, coinvolgeranno le più svariate discipline, nel tentativo di offrire un panorama il più completo possibile degli elementi fondanti la spiritualità monastica, in specie dal punto di vista storico e filologico. (A cura di Giovanni Peduto)

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    Il nunzio in Zambia e Malawi ribadisce l’impegno della Chiesa in Africa

    ◊   La Chiesa cattolica va incontro ai bisogni dell’Africa, attraverso ospedali, cliniche, ospizi e scuole, specialmente nella zone rurali e più remote del Continente. Lo ribadisce il nunzio apostolico in Zambia e Malawi, l’arcivescovo Nicola Girasoli. Ribadendo che la Chiesa non fa politica, ma si pone a difesa dei diritti umani, il presule sottolinea. “Tutti sappiamo che i diritti umani non sono negoziabili. In campo sociale, la Chiesa ha come obiettivo la loro tutela, lontana dal coinvolgimento nel dibattito politico”. Mons. Girasoli - riferisce l'agenzia Cns - si dice poi soddisfatto dei rapporti tra la Chiesa e molti governi africani, tra cui quello dello Zambia: “Tutti i livelli istituzionali del Paese – afferma – riconoscono il grande supporto che la Chiesa cattolica dà ai cittadini, specialmente nel settore sanitario ed educativo”. Seppure con modalità diverse, continua il nunzio apostolico, la Chiesa e lo Stato “hanno in comune un unico obiettivo: porsi al servizio della gente”. Infine, una riflessione sugli emarginati, ai quali “la Chiesa deve sempre dare voce”: “Il povero – dice mons. Girasoli – sia come individuo, sia come popolo, non è mai un peso”. Per questo, conclude il presule, l’attuale crisi finanziaria globale richiede alle nazioni che adeguino il proprio comportamento ai principi della fraternità e della responsabilità. (I.P.)

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    Rwanda: campagna del governo per sconfiggere la malnutrizione

    ◊   In Rwanda la malnutrizione colpisce quasi un bambino su due e contribuisce a vario titolo al 50% delle morti infantili del Paese. I dati, riportati dalla Misna, sono stati pubblicati in un rapporto realizzato dal ministero della Sanità di Kigali che è alla base di un nuovo programma contro la malnutrizione lanciato proprio in questi giorni. La campagna messa a punto dal governo interesserà tutto il paese e avrà lo scopo di identificare e curare i casi di malnutrizione, sia attraverso la distribuzione di cibo sia attraverso una formazione diretta a genitori e parenti sulle corrette modalità di alimentazione dei bambini. Dopo aver confermato alcuni casi di ricoveri in ospedale di bambini a causa di evidenti sintomi legati alla malnutrizione, i vertici del ministero della Sanità hanno sottolineato come un scarsa alimentazione possa non portare necessariamente alla morte, ma acceleri sicuramente il tasso di mortalità di altre malattie o problematiche. (M.G.)

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    Elezioni europee: i vescovi ungheresi invitano a guardare i valori cristiani

    ◊   In vista delle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo, che si terranno il prossimo 7 giugno, i vescovi ungheresi hanno pubblicato una dichiarazione che esorta i fedeli ad esercitare la proprio diritto di voto, “perché dipende anche da noi, che le funzioni e le decisioni dell’Unione Europea, che condizioneranno il futuro, siano a servizio del bene del nostro Paese, della Chiesa e di ogni uomo”. Nel messaggio della Conferenza episcopale ungherese, citato dal Sir, si evidenzia con preoccupazione “che la cultura cristiana, i valori umani ed evangelici nel nostro continente sono minacciati e accolti spesso con un rifiuto, a volte anche dai politici dell’Unione Europea”. Per questo motivo i pastori esortano i credenti a scegliere candidati che proteggano i veri valori: la vita umana, la famiglia, la dignità del lavoro, la giustizia nella società e tra le nazioni, la solidarietà verso le persone in difficoltà, il bene della Chiesa cattolica, del popolo ungherese e della natura. Domenica 31 maggio la dichiarazione, che segue le indicazioni della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), sarà letta in tutte le chiese cattoliche del Paese. (M.G.)

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    Medici Senza Frontiere: “Estendere su vasta scala il trattamento per i malati di Chagas”

    ◊   In occasione dell’Assemblea annuale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che riunisce a Ginevra i Ministri della Salute di tutto il mondo, Medici Senza Frontiere hanno riportato l’attenzione sulla lotta al morbo Chagas una malattia tropicale ampiamente dimenticata, endemica in molti paesi dell’America Latina, che si stima colpisca ogni anno 14milioni di persone e ne uccida circa 15mila. L’Organizzazione Umanitaria chiede, in una nota, che si aumenti il numero di persone per le quali vengono realizzate la diagnosi  e il trattamento di questa malattia dimenticata. “Msf si aspettava che l’Assemblea dell'OMS avrebbe adottato una risoluzione, da parte di tutti gli Stati, per includere l’assistenza ai malati cronici di Chagas all’interno dei propri sistemi di assistenza medica di base e per investire di più nella ricerca”, dichiara nel comunicato Roger Teck, direttore delle operazioni di MSF Spagna. “Le persone colpite da questa malattia, sono state dimenticate ancora una volta – ha poi aggiunto - . L’assenza del morbo di Chagas dall’agenda dell’Assemblea dell'OMS, non deve rappresentare una scusa per non agire. I governi e gli Stati in cui la malattia è endemica, dovrebbero fare pressioni per sviluppare e migliorare i protocolli nazionali e internazionali per combattere il Chagas”. I programmi di trattamento del Chagas si concentrano tradizionalmente sulla prevenzione della malattia attraverso il controllo dei “kissing bugs”, gli insetti ematofagi che trasmettono il virus. L’esperienza di MSF in Honduras, Nicaragua, Guatemala e Bolivia, dal 1999, ha però dimostrato come la prevenzione non sia ancora sufficiente. “L’impegno nella prevenzione – ha spiegato Gemma Ortiz, responsabile dei progetti di MSF per il Chagas  –  ignora i bisogni di chi è già malato e sta soffrendo in silenzio. Negli Stati in cui il Chagas è endemico, i governi dovrebbero effettuare un monitoraggio attivo, svolgere diagnosi e trattare un maggior numero di pazienti. L’accesso alla diagnosi e alle cure deve diventare la priorità”. Il Chagas è un virus causato dal parassita Trypanosoma cruzi. Ha avuto origine in America Latina e in seguito alla migrazione e alla mobilità, ha poi raggiunto anche gli Stati Uniti, l’Europa, l’Australia e il Giappone. Quando si presenta in forma cronica, il Chagas colpisce il cuore e l’intestino, portando anche alla morte. Msf dal 1999 ha avviato progetti contro il Chagas in Honduras, Nicaragua, Guatemala e Bolivia. (M.G.)

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    Influenza “A”: pandemia ancora fuori controllo ma rallenta la diffusione del virus

    ◊   Resta alto l’allarme per la pandemia della nuova influenza A/H1N1. Secondo l’ultimo bollettino diffuso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il numero di casi di contagio è salito le 11.168 unità in 42 Paesi del mondo. I decessi sono 86. Si nota tuttavia un rallentamento nella diffusione del virus: rispetto a ieri, il numero complessivo di infezioni ha registrato un aumento di 134 nuovi casi, contro un rialzo di circa mille casi in 24 ore in buona parte degli ultimi aggiornamenti. I Paesi più colpiti restano quelli del Nord America, dove è scoppiata l'epidemia. Gli Usa hanno segnalato 5.764 casi, di cui 9 mortali con un aumento di 54 casi rispetto a ieri. Il Messico ha registrato 3.892 infezioni, inclusi 75 decessi. Intanto, l'Australia ha innalzato il proprio livello di minaccia pandemica a seguito di una nuova escalation di contagi che porta a 12 i casi segnalati nel Paese. Sale l'allerta anche in Italia dove il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, ha predisposto la chiusura precauzione per sette giorni di due scuole di Roma, dopo i quattro casi confermati ieri che hanno riguardato studenti ritornati da un soggiorno negli Stati Uniti. Con i 4 nuovi casi confermati, in Italia sale a quattordici il numero dei contagi. (M.G.)

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    Salvamamme e Croce Rossa per "il diritto di pappa" ai bambini disagiati di Roma

    ◊   “Diritto di Poppata e di Pappa” è questo il titolo progetto dall’associazione Salvamamme finalizzato a raccogliere fondi per garantire ai bambini di Roma il diritto alla nutrizione. Nel 2008 con il progetto “Diritto di Poppata” sono stati raccolti quasi 100.000 euro per l’acquisto di latte in polvere per quelle mamme che non potevano allattare al seno. Ma oggi il progetto si amplia e diventa più ambizioso grazie anche alla collaborazione del Gruppo Mercurio, società che opera nel settore della grande distribuzione, e della Croce Rossa Italiana. Il piano di interventi, patrocinato dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio, è stato presentato ieri in un conferenza stampa a cui hanno partecipato, fra gli altri, l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma, Sveva Belviso; il Presidente di Salvamamme, Grazia Passeri e il delegato provinciale del progetto Nomadi Croce Rossa Italiana, Annamaria Pulzetti. Inoltre, hanno presenziato le mamme e i bambini assistiti dal progetto ed alcune delle mamme che aderendo al progetto hanno scelto di sostenerle ed aiutarle. “I fondi raccolti fino allo scorso aprile per il progetto Diritto di Poppata presso i supermercati di Gruppo Mercurio - ha dichiarato Veronica Marica - ammontano a 112.550 euro, è un bel traguardo. Contiamo di aiutare ancora molte famiglie con il nuovo progetto Diritto di Pappa”. “Grazie alla partnership con Gruppo Mercurio - ha spiegato Grazia Passeri - da dicembre 2007 ad aprile 2009 si è fornito latte in polvere a un totale di 658 bambini, di cui 52 sostenuti dalla Croce Rossa Italiana direttamente nei campi nomadi”. “Crediamo molto in questo progetto. L’Amministrazione Pubblica deve imparare da Salvamamme ed è per questo che ci adopereremo per sostenerla”, ha detto infine l’assessore Belviso. Con il club Salvamamme presentato ieri sarà possibile “adottare” un gruppo di mamme in situazioni di particolare difficoltà. Simbolicamente ogni donatore sarà associato ad una mamma, potrà conoscerne la storia, se lo vorrà potrà incontrarla, parlarle, aiutarla direttamente, anche sul piano umano e psicologico. Durante l’incontro è stato presentato anche il primo rapporto su Povertà e minori a Roma dal quale sono emersi alcuni dati su cui riflettere: i minori poveri o in situazione di disagio a Roma e provincia superano i 230 mila, di cui il 10% in situazione di disagio grave. (M.G.)

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    Torneo “Fun Cup” a Roma: si gioca la partita dell’integrazione

    ◊   Si conclude domani pomeriggio, nel Centro Sportivo “Fulvio Bernardini” di Roma, il Torneo di calcio Fun Cup, l’iniziativa agonistica che ha visto confrontarsi oltre 100 ragazzi italiani e stranieri provenienti dalle scuole medie superiori e dai Centri di accoglienza per minori della Provincia di Roma. “Il tutto sul terreno dell’accoglienza, del dialogo, e dell’integrazione” spiega Luigina Di Liegro, vice presidente della Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro, l’organismo che, in collaborazione con l’amministrazione provinciale, la Liberi nantes A.S.D. e il Centro Astalli J.R.S., ha promosso il progetto. “Un progetto partito da una scommessa” chiarisce la nipote del compianto Direttore della Caritas diocesana di Roma. “Quella di dare vita ad un'esperienza nuova, in grado di coniugare sport, gioco, dialogo e incontro. Una sfida raccolta con entusiasmo e passione dai ragazzi che hanno partecipato all’iniziativa e che ci hanno dimostrato come una società aperta, capace di conoscere e instaurare relazioni significative, può prendere forma anche tra un’aula di scuola e un campo di calcio”. La manifestazione ripropone l'esperienza già maturata dalla Liberinantes Football Club, la prima squadra di calcio composta da giocatori vittime di migrazione forzata della provincia di Roma. I ragazzi sono stati protagonisti nel torneo di calcio dove tutto, a cominciare dal regolamento, ha voluto trasmettere l’idea di come lo sport possa rappresentare un mezzo privilegiato per favorire i processi di integrazione e di conoscenza reciproca. Le stesse squadre, al momento della composizione, hanno previsto una “quota rosa” (le ragazze schierate sono state il 30%). Su 32 giocatori, inoltre, 10 sono i ragazzi stranieri ospiti nei Centri di accoglienza per minori di diverse nazionalità. I partecipanti sono stati contemporaneamente chiamati a lavorare sui temi della migrazione forzata, dell’integrazione e della solidarietà. I contributi dei gruppi di lavoro (video, canzoni, articoli) verranno presentati domani al “Fulvio Bernardini”. (A cura di Davide Dionisi)

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    Domani a Roma la finale della "Clericus Cup"

    ◊   Domani alle ore 11, sul campo A del Pontificio oratorio San Pietro i North American Martyrs affrontano i seminaristi del Redemptoris Mater (il Collegio diocesano internazionale che prepara al sacerdozio le vocazioni provenienti dal Cammino neocatecumenale), in un incontro che assegnerà il terzo titolo della Clericus Cup, il campionato di calcio vaticano organizzato dal Centro sportivo italiano (Csi). Per il Redemptoris Mater in casacca giallo blu, guidato da mister don Simone Biondi, viceparroco a Santa Maria Regina dei Martiri in via Ostiense, sarà la terza finale consecutiva, dopo quella vinta nel 2007 e quella persa contro il Mater Ecclesiae nel 2008 (che, alle ore 9 prima della finalissima, si scontreranno sullo stesso campo con il Collegio Urbano per il terzo e quarto posto). Più graduale e sorprendente – si legge in una nota ripresa dall'agenzia Sir – l’ascesa dei North American Martyrs: i seminaristi “a stelle e strisce”, attualmente allenati dal loro portiere, l’australiano Gannon “Ball” Jones, furono eliminati proprio dal Redemptoris Mater ai quarti di finale della prima edizione della Clericus Cup, mentre lo scorso anno giunsero al quarto posto, alle spalle dell’Ucro, compagine formata da sacerdoti e seminaristi ucraino-croati. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Vertice Russia-Ue: divergenze su sicurezza energetica e partnership orientale

    ◊   Con forti divergenze tra le parti si è chiuso oggi, nell’estremo oriente russo, il 23.mo vertice tra la Russia e l’Unione Europea, dopo quello di Nizza del 15 novembre scorso. Il servizio di Anna Villani:

    Restano alcuni nodi importanti, che vanno dalla sicurezza energetica alla politica commerciale, fino alla recente partnership orientale della Ue con sei ex Repubbliche sovietiche, che Mosca teme possa trasformarsi in una alleanza antirussa. Dall’Unione Europea la disponibilità a prendere in considerazione le proposte russe in merito alle forniture di energia, mentre Mosca ha rifiutato di concedere rassicurazioni contro nuove crisi del gas con Kiev, scaricando eventuali responsabilità sull'insolvenza ucraina. Medvedev ha invitato la Ue in particolare a definire un prestito bancario a garanzie delle forniture. “Se stiamo parlando di prestiti, lasciateci aiutare l'Ucraina a mettere insieme una rilevante quantità di denaro”, ha detto il presidente russo. Inoltre, nessun passo in avanti nel vertice russo-europeo di Khabarovsk sul fronte della sicurezza.

     
    Al di là delle dichiarazioni di interesse da parte dell’Unione Europea, la proposta russa di un nuovo Trattato europeo in materia non ha registrato passi avanti. Medvedev non ha comunque rinunciato a rilanciarla. Nella conferenza finale, la Georgia è stata solo citata tra i temi discussi, ma nessuno dei leader è entrato nel merito. L'alto rappresentante Ue per la politica estera, Javier Solana, ne aveva parlato brevemente, ribadendo la posizione (negativa) della Ue sul riconoscimento da parte della Russia delle due regioni georgiane separatiste dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia. In definitiva, nel summit tenutosi nell’estremo oriente russo - detto "Eldorado" per la natura selvaggia e seguito da oltre 300 giornalisti di più di 20 Paesi - si è discusso di rinnovo della partnership con la Ue, energia, sicurezza, crisi economica e questioni internazionali: in parrticolare, rapporti con Iran, Afghanistan, Pakistan, Medio Oriente, Moldova e Georgia.

     
    Ancora scontri nella capitale della Somalia
    Un giornalista è stato ucciso stamani a Mogadiscio dai tiri incrociati di truppe governative in controffensiva e miliziani islamici ribelli. Un comunicato dell'Unione nazionale dei giornalisti somali (Nusoj) informa che la vittima si chiamava Abdirisak Warsameh Mohammed e lavorava a Radio Shabelle, network indipendente somalo. È stato ucciso dinanzi al popoloso mercato di Bakara. Il suo corpo - informa la nota nel Nusoj - è rimasto riverso al suolo per 45 minuti: i miliziani infatti sparavano contro chiunque tentasse di avvicinarvisi. Versioni contrapposte, intanto, sull'andamento della battaglia. ciò che è certo le truppe governative, ormai schiacciate da quelle dei ribelli, hanno tentato una controffensiva. Finora ci sarebbero una decina di morti e numerosi feriti.

    Nigeria
    Le forze armate della Nigeria hanno reso noto che 12 soldati risultano dispersi dopo una settimana di offensiva militare contro i ribelli del Movimento per l'emancipazione delta del Niger (Mend). Proprio oggi il Mend, attraverso un comunicato del portavoce, Jomo Gbomo, diffuso oggi per email alle agenzie di stampa internazionali, ha annunciato che 11 soldati sono caduti in un'imboscata la notte scorsa, poi uccisi da un piccolo commando. Non è chiaro se si tratti dello stesso gruppo di militari. Il Mend è stato, negli ultimi anni, autore di varie operazioni, compresi sequestri, contro il personale e gli impianti petroliferi di compagnie straniere nel Delta del Niger, accusate di sottrarre i proventi del petrolio alla popolazione locale.

    Medio Oriente
    Giornata di tensione ai margini della Striscia di Gaza, dove oggi si sono avuti tre incidenti di confine, nel primo dei quali due miliziani palestinesi sono stati uccisi dal fuoco di una pattuglia israeliana. Il primo episodio si è verificato a breve distanza dal valico commerciale di Kerem Shalom, nel settore meridionale della Striscia. Nel successivo scontro a fuoco - a breve distanza dal confine, all'interno della Striscia - sono stati uccisi i due miliziani.

    Il Senato USA approva i fondi per le guerre in Iraq e Afghanistan
    Il Senato ha approvato giovedì fondi per 91.3 miliardi di dollari per finanziare le guerre in Iraq e Afghanistan. In precedenza la Camera aveva approvato stanziamenti analoghi per 96.7 miliardi di dollari. Le due misure dovranno adesso essere armonizzate.

    Obama - Guantanamo
    Chiudere Guantanamo e sconfiggere Al Qaeda rispettando i valori base dell’ordinamento americano: è quanto ha ribadito il presidente statunitense, Barack Obama, parlando a Washington del progetto di smantellamento della base statunitense operativa a Cuba. Il Senato americano ha recentemente bocciato lo stanziamento di 80 milioni di dollari richiesti da Obama per mettere i sigilli all’installazione militare, dove attualmente sono detenuti 240 prigionieri accusati di terrorismo. C’è da dire che il ministro degli Affari esteri belga, in visita a Washington, ha detto stamani che il Belgio è pronto ad accogliere un certo numero di detenuti del carcere speciale, se verrà chiuso. Sulle parole del capo della Casa Bianca, ci riferisce nel servizio Elena Molinari:

    Dopo più di due settimane di polemiche sulle sue decisioni di sicurezza nazionale, Barack Obama prende la parola e risponde alle critiche mossegli sia dai repubblicani che dai suoi compagni di partito. La chiusura di Guantanamo, per la quale il Senato gli ha negato i fondi, “è un pasticcio legale - ha ammesso - ma tenerla aperta crea ancora più terroristi”. Quindi, il presidente americano ha assicurato che nessun detenuto considerato pericoloso, verrà rilasciato. Alcuni saranno processati dai Tribunali federali, altri dalle Corti militari volute da Bush. E a chi lo accusava di voltafaccia, nel non volerle chiudere, Obama ha spiegato che, se riformate, sono il mezzo migliore per processare i prigionieri catturati in battaglia. Quanto alle foto di abusi commessi da americani in prigioni irachene ed afghane, il presidente Usa ha difeso la sua scelta di non pubblicarle per proteggere i soldati al fronte. Quindi, ha concluso che farà in modo che la sicurezza nazionale unisca e non divida. Non è d’accordo Dich Cheny: “Sulla sicurezza nazionale non c’è via di mezzo né possibilità di compromesso”, ha detto sempre da Washington, pochi minuti dopo Obama. L’ex vicepresidente ha difeso le decisioni dell’amministrazione Bush, comprese le tecniche dure di interrogatorio come il waterboarding che, a suo dire, hanno mantenuto l’America sicura.

     
    Intercettazioni sul naufragio di 600 irregolari su coste italiane
    La Procura antimafia di Bari ha seguito "in diretta", attraverso intercettazioni telefoniche, i commenti di trafficanti di esseri umani coinvolti nel naufragio di due barconi in legno, avvenuto a fine marzo scorso nelle acque tra l'Africa e l'Italia: nell'incidente morirono oltre 600 persone. Le intercettazioni sono in un'indagine della quale si è venuti a conoscenza oggi e nella quale si ipotizza il reato di strage colposa nei confronti di un uomo di nazionalità nigeriana. Questi ha più volte commentato al telefono le cause del naufragio con alcuni suoi presunti complici, non sapendo che la magistratura barese lo intercettava da tempo.

    Immigrazione in Italia
    L’Italia di oggi e la Germania di cinquanta anni fa: unite dal boom dell’immigrazione, ma divise da ragioni economiche e politiche. Ne parla il rapporto pubblicato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano nell’ambito di un progetto europeo. Viene sottolineato come in Italia l’immigrazione in quasi venti anni sia più che decuplicata, a dispetto di alcune normative e di un’economia che avrebbe dovuto disincentivarla. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    In Italia, gli stranieri sono quasi quattro milioni: in 18 anni, sono passati da essere lo 0,6 per cento della popolazione, al 6,5. Un incremento vertiginoso come quello registrato nella Germania degli anni ’50 e ’60, periodo in cui ad emigrare all’estero furono sei milioni di italiani. Tra i due Paesi però, ci sono profonde differenze: ad esempio, la crescita economica, estremamente lenta quella dell’Italia di oggi, e fortissima quella tedesca di allora. Tre le ragioni che hanno determinato, nonostante lo scenario, una crescita così elevata. Corrado Bonifazi del Cnr:

     
    “Vengono gli immigrati perché l’Italia è un Paese ricco. Poi abbiamo delle tendenze demografiche per cui da 30 anni, il tasso di fecondità totale d’Italia è al di sotto del livello di sostituzione. Questo ha iniziato a comportare una diminuzione molto intensa delle popolazioni nell’età da lavoro. Abbiamo poi, ancora oggi, un sistema di welfare che non è in grado di rispondere ai bisogni della società che sta invecchiando a velocità elevatissima: oggi gli anziani non autosufficienti sono 2 milioni e 300 mila, quindi l’immigrazione è uno dei canali utilizzati per rispondere, in parte, a quelle che sono le esigenze del Paese”.

     
    Anche il contesto politico è profondamente diverso. A differenza di quelli tedeschi, i governi italiani, da quando ha avuto inizio il flusso migratorio, hanno sempre cercato di limitare il numero degli immigrati:

     
    “Il dibattito politico italiano non ha mai affrontato questo tema nella sua globalità, nonostante questa forte crescita che è avvenuta in maniera spontanea, attraverso, sostanzialmente, il sistema delle regolari regolarizzazioni. Ogni due, tre o quattro anni cioè, si è intervenuto per regolarizzare la situazione di persone che erano entrate irregolarmente in Italia o che soggiornavano irregolarmente”.

     
    Polonia
    In un messaggio in parlamento, il presidente polacco, Lech Kaczynski, ha espresso oggi preoccupazione per la situazione economica del Paese ed ha accusato il governo del premier, Donald Tusk, di nascondere i fatti sulla reale situazione della crisi. “Le cattive notizie non possono essere nascoste all'opinione pubblica, la democrazia ha bisogno della verita”', ha detto il capo dello Stato sostenendo che la situazione si sta aggravando, gli investimenti diminuiscono, la produzione cala e la disoccupazione alla fine di quest'anno potrebbe raggiungere anche il 14% o il 16%. Il presidente ha criticato anche il progetto di ingresso della Polonia nella zona euro programmato dal governo per il 2012. Il messaggio del presidente, secondo i primi commenti, è in linea con la recente richiesta del partito di opposizione presieduto dal gemello ex premier Jaroslaw Kaczynski, che ha posto la fiducia per il ministro delle Finanze, Rostowski, accusato di essere troppo poco chiaro sullo stato delle finanze in Polonia. Due settimane fa, Rostowski aveva respinto le stime della Commissione europea secondo cui la crescita in Polonia nel 2009 sarà di meno 1,4%.

    Sri Lanka - visita del segretario generale dell’Onu
    Il capo del Palazzo di vetro di New York, Ban Ki-moon, sarà in Sri Lanka oggi e domani per fare il punto della situazione alla luce della fine della guerra, soprattutto rispetto ai rifugiati civili. Il segretario generale dell'Onu ha espresso “sollievo” per la fine della guerra in Sri Lanka, auspicando la soddisfazione delle necessità del popolo Tamil. L’India ha offerto aiuti economici al governo di Colombo per la ricostruzione e l'aiuto ai rifugiati. Le Nazioni Unite hanno chiesto al governo dello Sri Lanka di concedere accesso illimitato alle aree colpite dalla guerra, e soprattutto ai campi di accoglienza, per consentire alle organizzazioni umanitarie di proseguire a fornire gli aiuti necessari. Intanto, il Ministero della difesa fa sapere che nell'ultima fase dello scontro con l'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte), oltre seimila militari sono morti e quasi 30 mila sono rimasti feriti. Secondo le Nazioni Unite, il conflitto ha causato fra gli 80 e 100 mila morti (settemila solo da gennaio) e quasi 300 mila rifugiati interni. Resta da dire che, secondo la stampa locale, il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, sull'onda del successo ottenuto contro l'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte), sta per indire elezioni legislative anticipate. Il parlamento, eletto il 2 aprile 2004, è formalmnte in carica fino all'aprile 2010.

    In India la Corte sentenzia: a 18 anni la donna libera di scegliersi il marito
    Qualsiasi ragazza, compiuti i 18 anni di età, è libera di scegliere l’uomo della sua vita. Lo stabilisce una sentenza della Corte suprema indiana, che aggiunge pure che, laddove i genitori, non fossero d’accordo con la scelta della figlia possono “troncare i rapporti con lei ma non minacciarla, costringerla o torturarla”. In India, la “regola” locale è che siano le famiglie a preparare i matrimoni. La sentenza è seguita alla vicenda di una giovane indù, convertitasi due anni fa all’islamismo. Da allora la famiglia, infuriata, non le aveva dato più tregua al punto da costringerla a ritornare a casa per darla in moglie ad un indù. La ragazza è fuggita ed è ritornata dal suo sposo. I giudici del massimo tribunale le hanno dato ragione. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 142

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