Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 21/05/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Solennità dell'Ascensione in Vaticano. Il Papa: l'umanità peccatrice innalzata a Dio dalla Croce di Cristo
  • Nomina
  • "Dio o gli dei": presentato il nuovo libro di mons. Crepaldi. Intervista con l'autore
  • Oggi in Primo Piano

  • La Chiesa irlandese: dolore e vergogna per gli abusi sui minori negli istituti gestiti da religiosi
  • Migliaia in fuga da Mogadiscio privi di cibo e acqua
  • Conferito ad Andrea Riccardi il Premio internazionale Carlo Magno
  • Studiosi ebrei e cristiani a convegno a Roma su San Paolo nella sua matrice giudaica
  • Chiesa e Società

  • Sri Lanka: resta l'emergenza profughi dopo la fine della guerra
  • Funerali del missionario ucciso in Guatemala: una vita con gli ultimi
  • Premio "Defensor Fidei" a padre Chellan, vittima delle violenze in Orissa
  • Messa di investitura del nuovo arcivescovo di Westminster
  • Nunzio in Giordania: grande apprezzamento dai musulmani per la visita del Papa
  • Piano strategico per l'istruzione interreligiosa nelle scuole Usa
  • La Chiesa di Barcellona contro il disegno di legge sull’aborto
  • Svizzera: no dei vescovi ad una legge sulla diagnosi pre-impianto
  • La Chiesa in America Latina rilancia la proprie rete informatica
  • Brasile: violente inondazioni in 13 Stati del nord-est
  • Decine di giovani in Africa e America Latina con il servizio civile salesiano
  • Laos: rimpatrio forzato della popolazione Hmong
  • Kenya: il ruolo delle università africane nella promozione della pace
  • La questione educativa al centro della prossima Assemblea generale della Cei
  • Oftal Milano festeggia i suoi primi 50 anni al servizio dei malati
  • Presentato a Roma un libro su Tommaso Gallarati Scotti
  • L’Aquila: celebrata in una tenda la Festa di San Bernardino
  • Sta per calare il sipario al Festival di Cannes
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ancora stragi in Iraq: 65 morti in meno di 24 ore
  • Il Papa e la Santa Sede



    Solennità dell'Ascensione in Vaticano. Il Papa: l'umanità peccatrice innalzata a Dio dalla Croce di Cristo

    ◊   Oggi in Vaticano si celebra la Solennità dell’Ascensione, che in Italia e in altri Paesi sarà festeggiata domenica prossima. Si tratta di un mistero della fede – ha sottolineato Benedetto XVI – che richiama l’altissima vocazione dell’uomo, innalzato a Dio da Cristo dopo aver pagato sulla Croce i peccati di ognuno di noi. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    Il significato dell’Ascensione – afferma il Papa - è duplice. Anzitutto, salendo verso l'alto, rivela in modo inequivocabile la sua divinità: ritorna là da dove è venuto, cioè in Dio:

     
    “Inoltre Cristo ascende al Cielo con l'umanità che ha assunto e che ha risuscitato dai morti: quell'umanità è la nostra, trasfigurata, divinizzata, divenuta eterna. L'Ascensione, pertanto, rivela l'altissima vocazione (Gaudium et spes, 22) di ogni persona umana: essa è chiamata alla vita eterna nel Regno di Dio, Regno di amore, di luce e di pace”. (Regina Caeli del 21 maggio 2006)

     
    Gesù realizza la sua missione entrando nella miseria dell’uomo e prendendo su di sé i peccati di tutti noi: solo così può elevarlo a Dio:

     
    “Egli infatti è venuto nel mondo per riportare l’uomo a Dio, non sul piano ideale – come un filosofo o un maestro di saggezza – ma realmente, quale pastore che vuole ricondurre le pecore all’ovile. Questo ‘esodo’ verso la patria celeste, che Gesù ha vissuto in prima persona, l’ha affrontato totalmente per noi. E’ per noi che è disceso dal Cielo ed è per noi che vi è asceso, dopo essersi fatto in tutto simile agli uomini, umiliato fino alla morte di croce, e dopo avere toccato l’abisso della massima lontananza da Dio”. (Regina Caeli del 4 maggio 2008)

     
    Nel mondo nessuno è senza peccato, anche se non ne ha coscienza. Nessuno può salvarsi da sé. Solo in Cristo l’uomo, debole e peccatore, può sperare:
     
    “Dio nell’uomo – l’uomo in Dio: questa è ormai una verità non teorica ma reale. Perciò la speranza cristiana, fondata in Cristo, non è un’illusione ma, come dice la Lettera agli Ebrei, ‘in essa noi abbiamo come un’àncora della nostra vita’ (Eb 6,19), un’àncora che penetra nel Cielo dove Cristo ci ha preceduto”. (Regina Caeli del 4 maggio 2008)

     
    Tutti noi siamo chiamati a volgere lo sguardo a Colui che, asceso al cielo, ci ha guariti attraverso le sue piaghe:

     
    “Siamo pertanto chiamati a rinnovare la nostra fede in Gesù, l’unica vera àncora di salvezza per tutti gli uomini. Salendo al Cielo, Egli ha riaperto la via verso la nostra patria definitiva, che è il paradiso. Ora, con la potenza del suo Spirito, ci sostiene nel quotidiano pellegrinaggio sulla terra”. (Regina Caeli dell’8 maggio 2005)

     
    Dopo l’Ascensione i primi discepoli restano uniti nel Cenacolo intorno alla Madre di Gesù in attesa dello Spirito Santo. E il Papa invita a volgere lo sguardo anche verso Maria: la Madre rimanda al Figlio, che non è più fisicamente tra noi, ma ci attende nella casa del Padre:

     
    “Gesù ci invita a non restare a guardare in alto, ma a stare insieme uniti nella preghiera, per invocare il dono dello Spirito Santo. Solo infatti a chi ‘rinasce dall’alto’, cioè dallo Spirito di Dio, è aperto l’ingresso nel Regno dei cieli (cfr Gv 3,3-5), e la prima ‘rinata dall’alto’ è proprio la Vergine Maria”. (Regina Caeli del 4 maggio 2008)

    inizio pagina

    Nomina

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vescovo di Menorca (Spagna) mons. Salvador Giménez Valls, finora vescovo titolare di Abula ed ausiliare di Valencia. Mons. Salvador Giménez Valls è nato a Muro di Alcoy, provincia di Alicante e arcidiocesi di Valencia, il 31 maggio 1948. E’ stato ordinato sacerdote il 9 giugno 1973 e consacrato vescovo il 2 luglio 2005.


    inizio pagina

    "Dio o gli dei": presentato il nuovo libro di mons. Crepaldi. Intervista con l'autore

    ◊   E’ stato presentato in questi giorni a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, il nuovo libro di mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: l’opera, intitolata “Dio o gli dei”, si compone di quattro parti: nuovi aspetti della questione antropologica; fede, ragione e politica; i diritti umani oggi; il recente Magistero sociale della Chiesa. Luca Collodi ha intervistato lo stesso mons. Crepaldi, chiedendogli innanzitutto di spiegare il significato del titolo:

    R. – Il titolo l’ho preso da un’omelia del Santo Padre Benedetto XVI, il quale ragionando della situazione del mondo attuale, ha detto che se noi scacciamo Dio dalla nostra vita, e anche dalla nostra vita sociale, rischiamo di cadere in braccio agli dei. E gli dei sono quelli che privano l’uomo della sua libertà, della sua responsabilità e anche della possibilità del suo sviluppo. Se anche nella nostra vita collettiva, quando affrontiamo problemi politici o economici o di carattere sociale, non facciamo riferimento a Dio, rischiamo che la soluzione a questi problemi non sia all’altezza e rispettosa della dignità dell’uomo, ma sia contro la sua dignità, il suo sviluppo, i suoi diritti fondamentali. Dio non è un nemico dell’uomo, ma una grande opportunità per l’uomo e anche per il suo sviluppo integrale e solidale.

     
    D. – Davanti ai problemi economici, finanziari che ricadono sul mondo del lavoro, che hanno poi ricadute sul piano sociale, la Chiesa ha gli strumenti adatti, oggi, per affrontare questo capitolo?

     
    R. – Non è che la Chiesa abbia una serie di ricette di carattere tecnico per affrontare le problematiche finanziarie, economiche o di altro genere; però, la dottrina sociale della Chiesa è quella sapienza che la Chiesa coglie nel Vangelo stesso per dare un giudizio di carattere morale sulle varie situazioni concrete dell’uomo. Proprio la crisi economico-finanziaria che stiamo vivendo, mette in luce quanto sia pertinente e opportuna questa dottrina sociale della Chiesa. Perché in fin dei conti non si tratta di una crisi tecnico-finanziaria, ma si tratta di una crisi più profonda, di carattere valoriale, quindi, che si gioca sul fronte dei valori e di carattere, dunque, morale e antropologico. Ed è del tutto evidente che noi abbiamo lasciato il mercato finanziario sregolato, senza regole, e quindi la responsabilità è anche della politica, che non ha dettato una cornice etico-giuridica anche ai mercati finanziari o a qualsiasi altro tipo di mercato. L’etica, i valori, non sono nemici del buon funzionamento della finanza e dell’economia, ma sono loro amici più alleati.

     
    D. – Mons. Crepaldi, lei partecipa al Congresso nazionale della Cisl: ecco, il sindacato come può tornare a dare dignità al lavoro dell’uomo?

     
    R. – Tornando a fare il sindacato. Oppure, continuando a farlo, direi. Ritengo che una buona igiene sociale preveda la presenza del sindacato. Una società che non ha questo soggetto, non è una società più ricca, ma è una società più povera. Nel senso che la dottrina sociale della Chiesa certamente ha sempre stigmatizzato la lotta di classe ma ha sempre valorizzato un sano conflitto sociale, perché è nelle cose: gli interessi degli imprenditori non sono gli interessi di un lavoratore. E al giorno d’oggi, che ci sia un soggetto che continua l’opera di promozione e di difesa del lavoro e del lavoro decente, del diritto al lavoro e dei diritti nel lavoro, mi sembra assolutamente molto importante. Indubbiamente, anche i sindacati devono trovare modalità per aggiornarsi, per rinnovarsi, per aprirsi anche in tempi di globalizzazione ad altre istanze presenti in altri contesti geografici, però, insomma, io credo che il sindacato abbia ancora un grande ruolo da giocare nella nostra società.

     
    D. – Tutti aspettano la nuova Enciclica del Papa che dovrebbe trattare anche problematiche simili a quelle di cui stiamo parlando: la crisi economica, il mondo del lavoro … Questo che cosa significa? Che la politica si aspetta una parola illuminante da altre fonti, come ad esempio la dottrina sociale della Chiesa?

     
    R. – Io credo che la nuova Enciclica sociale, quella che il Santo Padre ci ha promesso, potrà essere uno strumento per far recuperare alla politica la sua funzione: quella di disegnare le strutture architettoniche del nostro vivere sociale nella direzione della giustizia, della libertà, della verità e della solidarietà, quei quattro grandi valori che Giovanni XXIII nella “Pacem in terris” poneva come pilastri di una convivenza umana autentica e vera. Io credo che tutti l’aspettiamo: l’aspettiamo con grande ansia e sarà una grande opportunità, non solo per il mondo della politica ma per tutte le persone che, ad un certo punto, vogliono trovare un senso al loro vivere insieme, vogliono trovare un senso ai loro rapporti sociali, ai loro rapporti economici, ai loro rapporti politici per realizzare insieme una società più determinata dalla giustizia e dalla pace. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    La Chiesa irlandese: dolore e vergogna per gli abusi sui minori negli istituti gestiti da religiosi

    ◊   Vasta eco sulla stampa internazionale al Rapporto - reso noto ieri pomeriggio - della Commissione governativa irlandese che ha indagato sugli abusi - perpetrati tra la fine degli anni ’30 la fine degli anni ’70 - in alcune scuole ed istituti gestiti da religiosi, che accoglievano minori in difficoltà. Questa inchiesta è “un passo atteso e importante nell’accertamento della verità” perché tali fatti non ripetano più, ha commentato il cardinale Sean Brady, primate d’Irlanda. Il servizio di Paolo Ondarza:

    “Un periodo oscuro del passato”. Il cardinale Sean Brady, primate d’Irlanda definisce così gli anni in cui – secondo il rapporto della Commissione voluta dal governo di Dublino – si perpetrarono abusi in istituti ed orfanotrofi statali e religiosi in Irlanda. Il porporato saluta con favore il rapporto perché finalmente rende giustizia alle vittime, spesso orfani, “bambini vulnerabili”.

     
    Il rapporto, lungo 3.500 pagine e costato 70 milioni di euro e quasi 10 anni di lavoro, è stato realizzato da una commissione voluta nel 1999 dal governo di Dublino: circa 2.500 le testimonianze raccolte tra gli allievi di istituti che fino agli anni ’70 hanno ospitato orfani, minori condannati per reati diversi e figli di famiglie alle prese, in genere, con problemi di alcolismo. Dunque situazioni di degrado ed emarginazione in istituti statali gestiti da commissioni miste in cui lavoravano anche congregazioni religiose.

     
    L’inchiesta denuncia gravi negligenze nel trattamento dei minori e abusi sessuali, fisici, emotivi. L’abuso sessuale – è spiegato – avvenne prevalentemente negli istituti maschili. Inoltre – secondo il documento – le autorità religiose “sapevano”, ma non hanno ascoltato le denunce. L’inchiesta è – secondo il cardinale Brady – “un catalogo vergognoso di crudeltà”, “crudeltà” che i minori hanno subito anche da chi avrebbe dovuto occuparsi di loro in nome di Cristo. L’auspicio dei vescovi irlandesi è che il rapporto possa guarire le ferite delle vittime: la Chiesa cattolica – si legge nella nota del cardinale Brady – farà tutto il necessario per rendere i luoghi religiosi, luoghi sicuri per i bambini. “Non è un rapporto da archiviare nello scaffale – dichiara l’arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin – le vicende e i terribili abusi esposti sono rivoltanti. Ammirevole il coraggio delle vittime nel raccontare quanto subito”.

     
    “Le istituzioni ecclesiali – scrive ancora il presule – dovrebbero seriamente esaminare il processo di svilimento dei loro ideali con la pratica sistematica di abusi”. Sotto accusa in particolare le Congregazioni delle Suore della Misericordia e dei Fratelli Cristiani. In una nota questi ultimi chiedono perdono a tutte le vittime “per le terribili e deplorevoli azioni dovute ad alcuni fratelli o all’inerzia di tutta la Congregazione”. Si chiede inoltre perdono a tutti coloro che, pur avendo denunciato, non sono stati ascoltati. Di “duro colpo” per la Chiesa irlandese parla Micheal Kelly, vicedirettore del “The Irish Catholic”, il più importante settimanale cattolico in Irlanda. Un “duro colpo” anche per i tanti fedeli che negli ultimi anni hanno visto vacillare la fiducia nella Chiesa”. La Chiesa irlandese – spiega ancora Kelly – sta preparando due rapporti: uno sulle accuse di abusi sessuali rivolte a sacerdoti nell’arcidiocesi di Dublino (la più grande in Irlanda), l’altro sul malfunzionamento delle indagini sugli abusi sessuali nella diocesi di Cloyne. Soddisfazione per la pubblicazione del Rapporto è stata espressa da “Barnardos”, l’associazione che in Irlanda si occupa della tutela dei diritti dei minori, vittime di abusi: “Il documento possa ridare speranza alle vittime e faccia finalmente verità su un periodo vergognoso del nostro passato in cui – si legge sul sito della ong – ci siamo coperti gli occhi di fronte alla sofferenza di tanti bambini”.

    Il dolore e la vergogna della Chiesa universale di fronte - in particolare a casi di abuso sessuali - sono state espresse dal Papa incontrando negli anni scorsi i presuli irlandesi, statunitensi e australiani investiti da inchieste nei loro Paesi, che hanno coinvolto numerosi esponenti ecclesiali. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “E’ importante stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi”. Questo il mandato che Benedetto XVI aveva affidato ai vescovi irlandesi incontrandoli in Vaticano durante la visita ad Limina, nell’ottobre del 2006. Si riferiva il Papa in particolare ai “molti casi dolorosi di abusi sessuali sui minori”, “ancor più tragici quando a compierli è un ecclesiastico”, di cui i presuli irlandesi nell’esercizio del loro ministero pastorale hanno dovuto rispondere negli ultimi anni.

     
    Il dolore e la vergogna della Chiesa universale di fronte a tali tragici avvenimenti erano stati poi esplicitati da Benedetto XVI durante il viaggio verso gli Stati Uniti nell’aprile del 2008. “Mi riesce difficile comprendere – aveva detto parlando ai giornalisti sull’aereo papale – come sia possibile che alcuni sacerdoti abbiano potuto fallire in questo modo nella missione di portare sollievo, di portare l’amore di Dio” a dei bambini. “Provo vergogna”, aveva detto, assicurando tutto l’impegno possibile per evitare il ripetersi di tali fatti. Quindi aveva sollecitato “una riposta determinata e collettiva” nella Chiesa e nella società, operando giustizia, escludendo i pedofili dal ministero sacerdotale, discernendo severamente i candidati al sacerdozio e sostenendo adeguatamente le vittime. “Nessuna mia parola – aveva detto il Papa ai vescovi statunitensi - potrebbe descrivere il dolore e il danno recati da tale abuso” alle vittime e a tutta la comunità ecclesiale. Per questo - aveva chiesto prima di ripartire dagli Stati Uniti – di pregare tutti per “un tempo di purificazione” e “di guarigione”.

     
    Su questi gravi “misfatti”, che vanno condannati “in modo inequivocabile”, il Papa era tornato a parlare nel viaggio apostolico in Australia, lo scorso luglio, perché la Chiesa – aveva ribadito - sappia riconciliare, prevenire, aiutare e riconoscere le colpe. Benedetto XVI mostrava ancora una volta sollecitudine verso le vittime, alcune delle quali aveva voluto incontrare personalmente, cosi come aveva già fatto negli Stati Uniti, per ascoltare la loro storia ed unirsi a loro nella preghiera.

    inizio pagina

    Migliaia in fuga da Mogadiscio privi di cibo e acqua

    ◊   In Somalia continuano gli scontri tra militari, fedeli al governo di transizione, e gli estremisti islamici con il coinvolgimento di truppe eritree ed etiopiche. La comunità internazionale è sempre più preoccupata per la grave situazione umanitaria causata dal conflitto. L’ultima denuncia arriva da Medici Senza Frontiere: sono quasi 300 mila i civili in fuga, 45 mila, nelle ultime ore, da Mogadiscio. Molti di loro, addirittura, stanno rientrando nelle zone dei combattimenti, a causa della mancanza di generi di prima necessità nei sovraffollati campi per i rifugiati allestiti in Kenya. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Kostas Moschochorìtis, direttore generale di Medici Senza Frontiere Italia:

    R. – In questo momento, c’è un inasprimento degli scontri in Somalia, specialmente nella zona di Mogadiscio, che ha causato un’ulteriore fuga dei civili, sia verso le aree fuori dalla capitale Mogadiscio, ma anche verso il Kenya dove ci sono da anni i campi nei quali hanno trovato rifugio tutti i civili che fuggono dalla guerra iniziata nel 1991. Ma il problema principale in questo momento è che i civili non sono davvero in condizione di farcela perché: c’è la stagione delle piogge, giungono nei campi dove c’è sovraffollamento totale e non c’è l’acqua, anche in termini di cure; parliamo di situazioni di malnutrizione, specialmente fra i bambini sotto i cinque anni, che è arrivato ai livelli di emergenza, e tutto questo quando le organizzazioni umanitarie e le organizzazioni delle Nazioni Unite non sono in grado di offrire quello che dovrebbero offrire per coprire una situazione così drammatica.

     
    D. – Perché si è creata questa carenza di generi di prima necessità all’interno dei campi per i rifugiati?

     
    R. – Innanzitutto, mancano anche i finanziamenti, per esempio al Programma alimentare mondiale, che di recente, per carenza di fondi, ha dovuto fare una riduzione del 30 per cento delle razioni del cibo che distribuisce nei campi in Kenya, al confine con la Somalia. Per questo motivo c’è bisogno di ulteriori aiuti da parte dei donatori. Parliamo di una catastrofe umanitaria che va avanti da anni e che adesso è arrivata a un picco: in campi dove normalmente dovrebbero stare 30 mila persone ce ne sono 90 mila! A questo va aggiunto che nella zona di Dadaab ci sono 200 mila rifugiati in fuga dal conflitto e che c’è una completa mancanza di cibo, acqua e ripari. Normalmente una persona, secondo gli standard internazionali, deve ricevere 20 litri di acqua ogni giorno. In casi di emergenza possiamo anche scendere a 15, fino a 10 litri al giorno. Ma in questo momento, in determinati campi, la gente ha solamente tre litri di acqua per tutto il giorno.

     
    D. – Tornare nelle zone dei combattimenti, per molti dei rifugiati, a quale rischio espone?

     
    R. – Il rischio è ovvio. Solamente in una settimana, il nostro team in una cittadina appena fuori Mogadiscio ha curato 112 feriti da arma da fuoco; tra questi oltre un terzo erano donne e bambini sotto i 14 anni. Siamo stati costretti a chiudere momentaneamente la nostra clinica chirurgica a Mogadiscio perché non c’erano le garanzie di sicurezza per il nostro staff, e ovviamente neanche per i civili … Noi, come Medici Ssenza Frontiere, chiediamo a tutte le parti coinvolte nel conflitto che rispettino e salvaguardino la comunità dei civili e ovviamente anche delle strutture sanitarie. E chiediamo alla comunità internazionale di supportare ancora di più i rifugiati nei campi in Kenya perché davvero la situazione è scandalosa!

    inizio pagina

    Conferito ad Andrea Riccardi il Premio internazionale Carlo Magno

    ◊   Stamani ad Aquisgrana, in Germania, è stato conferito al prof. Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il prestigioso Premio internazionale “Carlo Magno”. Il riconoscimento gli è stato attribuito - si legge nella motivazione – "per il suo straordinario impegno civile in favore di un'Europa più umana e solidale all'interno e all'esterno delle sue frontiere, per la comprensione tra i popoli, le religioni e le culture, per un mondo più pacifico e giusto". Il premio è stato assegnato in passato, tra gli altri, ad Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Giovanni Paolo II. Sul significato di questo premio ascoltiamo lo stesso Andrea Riccardi al microfono di Massimiliano Menichetti:

    R. – Mi sono interrogato su questo premio perché, in genere, è un premio che viene concesso abitualmente ai politici. Perché si è voluto fare questa eccezione, darlo a me? Del resto molti anni fa era stato dato anche a Frère Roger Schultz. Io credo che sia un appello ai cristiani, un appello agli uomini europei, ai cittadini europei, perché si faccia l’Europa. Credo ci sia un grande bisogno di Europa; abbiamo paura dell’Europa, gli europei non guardano lontano ma io credo che ci sia una grande domanda di Europa perché l’Europa vuol dire pace, vuol dire dialogo tra i diversi, vuol dire vivere insieme. L’Europa è la civiltà del vivere insieme.

     
    D. – Nel 2004, poco prima di diventare Papa, il cardinale Ratzinger descriveva un'Europa che non ama più se stessa, la sua cultura, i suoi valori; richiamava i cristiani ad essere una minoranza creativa. Che cosa ne pensa? Ad oggi, qual è la sfida, dunque?

     
    R. – Io credo che bisogna essere minoranza creativa. Noi cristiani siamo creativi e la nuova creazione si compie con l’amore. Penso che si è voluto premiare la Comunità di Sant’Egidio - perché io ritengo che questo premio non è dato tanto a ma quanto alla Comunità, attraverso me - proprio per essere una minoranza profetica che parla d’amore, di un amore che è un segreto europeo: non vivere per se stessi ma vivere per gli altri. Penso all’impegno di Sant’Egidio in Africa, il Progetto Dream per la cura dei malati di Aids; penso alla vicinanza ai poveri e a tutto il resto. L’Europa rischia, diceva Benedetto XVI, di congedarsi dalla storia, se questa stessa Europa non scopre il segreto antico della sua eterna giovinezza che non è vivere per sé.

     
    D. – Un grande riconoscimento per la Comunità di Sant’Egidio, come lei stesso ha anticipato. Vogliamo ricordare anche altre importanti iniziative della comunità?

     
    R. – Io credo che la Comunità viva nel quotidiano: è importante quello che fanno i membri della Comunità ogni giorno, quando sono amici dei poveri, quando aiutano i barboni, quando sono vicini agli anziani abbandonati, quando lavorano, quindi, per realizzare un mondo migliore, un mondo più umano. Sono le grandi imprese del quotidiano: questo è Sant’Egidio.

     
    D. – L’Europa rischia, secondo lei, oggi, di allontanarsi dai valori sui quali è nata?

     
    R. – Io credo che l’Europa rischi di allontanarsi dalle sue sorgenti. Ho sempre pensato che il cristianesimo fosse una grande sorgente europea. Il cristianesimo può dare pathos all’Europa perché non è solo il ricordo del passato ma è anche qualcosa che parla di futuro. Ho sempre auspicato che l’Europa ricordasse Auschwitz perché l’Europa unita nasce da Auschwitz, nasce dal ripudio dell’orrore della guerra.

     
    D. – Professor Riccardi, quale Europa sogna?

     
    R. – Io sogno un’Europa di diversi, capace di dialogo; un’Europa in cui essere europei significhi vivere il segreto di un’eterna giovinezza, di vivere una missione nel mondo. L’Europa può fare e dare molto nel mondo, come la pace, come il contributo all’intesa come sviluppo.

    inizio pagina

    Studiosi ebrei e cristiani a convegno a Roma su San Paolo nella sua matrice giudaica

    ◊   Alcuni tra i maggiori studiosi ebrei e cristiani sono riuniti da ieri, presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma, in un convegno di tre giorni dal titolo “Paolo nella sua matrice giudaica”. Nell’Anno Paolino prende dunque vita un simposio unico in un certo senso: per la prima volta l’Università ebraica di Gerusalemme collabora con istituzioni cattoliche nella realizzazione di un convegno internazionale su un autore del Nuovo Testamento: Paolo, ebreo e apostolo dei pagani. Due gli ambiti di interesse: l’incontro nel pensiero di Paolo del mondo greco con quello ebraico e i rapporti fra Cristianesimo ed Ebraismo dalla nascita della Chiesa ad oggi. Il servizio di Debora Donnini.

    Stiamo facendo dialogo ebraico-cristiano, aprendoci ad un’avventura, quella di confrontarci sugli stessi testi ma da punti di vista molto diversi. Un’espressione matura di una collaborazione iniziata da molti anni: così don Joseph Sievers, professore direttore del Centro Cardinal Bea per gli studi giudaici e organizzatore del Convegno. Sentiamo lo stesso prof. Sievers:

    “Stiamo cercando di affrontare alcune questioni complesse. Per esempio, Paolo e la legge, Paolo e il suo rapporto con la Torah, che viene spesso visto solo in chiave di contrasto, mentre certamente il suo rapporto era problematico, ma questo non voleva dire per lui un rinnegare la Torah”.

    Paolo di Tarso, un ebreo che scriveva in greco. La sua istruzione e la sua educazione furono ebraiche, la sua concezione escatologica della storia, ebraica: lo sottolinea fortemente il prof. Sanders della Duke University North Carolina, un esperto del settore, la cui relazione ha aperto il Convegno. Paolo fu apostolo dei pagani, ma sempre considerò se stesso un ebreo, diventato però un‘unica persona con Cristo. Il problema non è quello della circoncisione o “incirconcisione”, ma quello di divenire una nuova creazione in Gesù Cristo. Paolo – sostiene Sanders – crea un nuovo gruppo, né ebreo né pagano, ma aperto a tutti. Centrali, dunque, i capitoli 9 e 11 della Lettera ai Romani: la conversione dei pagani ha un senso, per lo stesso popolo di Israele, centrale nell’economia della salvezza. Paolo sicuramente imparò a memoria la Bibbia in greco, nella traduzione dei “Settanta” o almeno parti di essa. Si deduce dalle sue citazioni – sottolinea ancora Sanders – che non ignorò il pensiero greco. Ma non sembra aver avuto citazioni appropriate sulla punta delle dita, cosa che probabilmente significa appunto che non aveva imparato a memoria molta letteratura greca. Un Convegno, dunque, centrale quello che si è aperto. La fede cristiana, infatti, è fede in un Dio incarnato nella storia e non una teoria avulsa da fatti, nomi e luoghi.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Sri Lanka: resta l'emergenza profughi dopo la fine della guerra

    ◊   Il Comitato della Croce Rossa internazionale ha annunciato una temporanea interruzione degli aiuti nel campo per sfollati di Vavuniya, con 130.000 persone il più grande del nord-est. L’interruzione, ha reso noto l’organizzazione, è stata determinata dalle restrizioni imposte agli operatori umanitari che vogliono recarsi in soccorso dei civili nelle zone teatro della recente offensiva contro le Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE). “La Croce rossa e altre organizzazioni umanitarie – ha precisato la portavoce Monica Zanarelli all'agenzia Misna - deplorano questa situazione inaccettabile, che ci ha costretti a interrompere la distribuzione e che sta avendo ripercussioni su migliaia di nuovi sfollati che fino a poco fa hanno patito indicibili sofferenze nelle zone di guerra”. Nonostante gli appelli, diffusi anche dalle Nazioni unite, il governo di Colombo infatti non ha ancora consentito l’accesso incondizionato ai civili, intrappolati nella cosiddetta ‘zona di sicurezza’, in realtà teatro di violenti combattimenti contro le LTTE. È di oggi inoltre la denuncia – da parte di una coalizione di ong contro lo sfruttamento di minori-soldato – di rapimenti e sequestri di bambini tamil con il consenso del governo centrale. “Nell’area di Vavuniya gruppi di paramilitari alleati del governo centrale hanno avuto libero accesso ai campi” rende noto un comunicato della coalizione secondo cui “il sequestro di bambini, anche di 12 anni o più piccoli, viene utilizzato come arma di ricatto nei confronti delle famiglie”, mentre in altri casi, “minori ritenuti alleati delle LTTE vengono presi per essere interrogati o per rivelare i loro legami con le tigri”. “Le limitazioni imposte dalle autorità per l’accesso ai campi dei rifugiati riducono le possibilità di assistere queste persone; è urgente che arrivino gli aiuti ai campi profughi” ha denunciato il portavoce dell'Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, sottolineando anche la necessità di allestire nuove strutture. Da sabato scorso, squadre di Medici Senza Frontiere lavorano con il Ministero della Salute dello Sri Lanka per assicurare la prima assistenza medica presso il principale checkpoint dove transitano i profughi: vengono individuati i casi più gravi e si cerca di curare i pazienti direttamente sul luogo. Ogni giorno arrivano in media 10 mila persone. Msf sta allestendo un nuovo ospedale da campo d’emergenza a Manik Farm che può disporre di 100 letti. Sta inoltre fornendo supporto medico all’Ospedale del Ministero della Salute a Pampaimadu. Oggi intanto raggiungerà il Paese il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per visitare personalmente i campi profughi e verificare i progressi negli aiuti di emergenza, ricostruzione e dialogo politico per arrivare a una soluzione duratura per la questione tamil; da decenni la minoranza denuncia gravi discriminazioni e ambisce all’autonomia dei territori del nord e dell’est dove vive. Nella comunità internazionale resta infatti la preoccupazione per una vera pacificazione che non è mai avvenuta come dimostrano le ultime operazione dell’esercito nei pressi di Mullaivaikal per eliminare le ultime sacche di resistenza. Secondo alcuni esperti nel paese restano ancora commando di ribelli tamil, in particolare nell’est. Tra la popolazione civile si sono poi registrate reazioni di segno opposto alla notizia della vittoria finale sulle tigri e dell’uccisione del loro capo storico, Vellupillai Prabhakaran: nelle città a maggioranza cingalese proseguono i festeggiamenti, mentre la minoranza tamil resta chiusa in casa. (M.G.)

    inizio pagina

    Funerali del missionario ucciso in Guatemala: una vita con gli ultimi

    ◊   “Rivolgiamo un appello alla magistratura e alla polizia civile affinché si uniscano e indaghino su quanto accaduto, non perché la vittima è un sacerdote, ma perché la gente non può continuare a morire e questi crimini non possono restare impuniti”: lo ha detto padre José Manuel Santiago ai funerali di padre Lorenzo Rosebaugh, missionario degli Oblati di Maria Immacolata, ucciso lunedì da uomini armati non identificati mentre percorreva in automobile con quattro confratelli – di cui uno rimasto ferito - una strada rurale che collega le comunità di Chisec e Ixcán, 500 chilometri a nord di Città del Guatemala. All’appello - riferisce l'agenzia Misna - si è aggiunto anche l’ufficio per i diritti umani dell’arcivescovado di Guatemala (Odhag), già guidato da mons. Juan José Gerardi, ucciso nel 1998: “Esigiamo un’inchiesta e che si faccia presto chiarezza su questo nuovo atto di violenza diretto contro la Chiesa”. Di nazionalità statunitense, padre Rosebaugh, 74 anni, aveva lavorato a lungo al fianco dei più poveri nelle regioni settentrionali del Quiché e di Alta Verapaz, tra le più colpite dalla guerra civile (1960-’96). “Era molto vicino alla gente, di buon umore, negli anni precedenti alla firma dell’accordo di pace si recava a piedi nelle comunità devastate dalla violenza repressiva del conflitto” hanno ricordato i suoi confratelli in Guatemala. “La sua morte – hanno aggiunto - rientra nella violenza che ogni giorno si vive in questo paese”, il più popoloso dell’America Centrale, con quasi 14 milioni di abitanti la metà dei quali vive in povertà, che registra il tasso di omicidi più alto della regione con oltre 5000 l’anno, un dato superiore a quello del conflitto interno. “Si distingueva per la sua opzione radicale per i poveri. Era un missionario molto speciale, per la sua sincerità e lo stile di vita, povero tra i più poveri”. Nel periodo della dittatura militare viveva in strada con i mendicanti, uno dei primi sacerdoti ad aver compiuto questa scelta nell’arcidiocesi. (R.P.)

    inizio pagina

    Premio "Defensor Fidei" a padre Chellan, vittima delle violenze in Orissa

    ◊   Il sacerdote indiano padre Thomas Chellan, uno dei primi ad essere investito dalle violenze dei radicali indù in Orissa, giunge in Italia domani per ricevere il premio “Defensor Fidei” istituito dalla Fondazione “Fides et Ratio” e dal mensile cattolico “Il Timone”. Il premio - riferisce l'agenzia AsiaNews - gli verrà consegnato sabato prossimo nel corso del “Timone Day” a Oreno di Vimercate. Prima della consegna, il sacerdote avrà un incontro con i giornalisti sul tema “India, fra democrazia e persecuzioni”. Padre Thomas Chellan, 58 anni, era direttore del Centro pastorale Divyajyoti, della diocesi di Cuttack- Bhubaneshwar. Il 25 agosto 2008, due giorni dopo il lancio del pogrom contro i cristiani, un gruppo di circa 50 estremisti indù, lo hanno picchiato, malmenato, ferito, denudato, usando bastoni ed asce. Con lui, anche una suora ha subito le stesse violenze, forse anche più brutali. Entrambi hanno rischiato di essere bruciati, cosparsi di benzina. Solo alla fine sono stati soccorsi dalla polizia, che sembrava connivente con la folla violenta. Il loro Centro pastorale a Kandhamal è stato fra le prime costruzioni cristiane ad essere distrutte e bruciate. Attualmente, dopo un periodo di convalescenza, padre Thomas vive in un luogo segreto in India, avendo ricevuto diverse minacce di morte. (R.P.)

    inizio pagina

    Messa di investitura del nuovo arcivescovo di Westminster

    ◊   Il bisogno della fede in Dio per dare significato alla vita e raggiungere la felicità, la dimensione comunitaria della fede e la complementarietà tra fede e ragione. Sono questi i temi al centro dell’omelia pronunciata oggi dal nuovo arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Nichols, nella cattedrale di Westminster, a Londra, durante la Messa della sua investitura. L’arcivescovo ha parlato della dimensione comunitaria della fede sottolineando il suo “aspetto pubblico e la necessità che la società lo rispetti”. Per mons. Nichols, infatti, “la fede non è mai un’attività solitaria né può essere soltanto privata. La fede in Cristo ci conduce ad una comunità che oltrepassa differenze etniche, culturali e sociali e ha una dimensione pubblica”. “Come società – ha detto mons. Vincent Nichols - se vogliamo costruire su questo dono della fede, dobbiamo rispettare la sua espressione esteriore, non soltanto onorando la coscienza individuale ma anche rispettando l’integrità istituzionale delle comunità di fede per quello che contribuiscono al servizio pubblico e al bene comune”. Soltanto se i cristiani possono esprimere la propria fede in una dimensione comunitaria e quindi pubblica “individui, famiglie e comunità di fede contribuiranno a costruire la società che desideriamo”. Alcuni oggi sostengono che “fede e ragione sono opposte dicendo che una fede fervente sostituisce la ragione, ma questo punto di vista inibisce la ricerca della verità e la possibilità di vero dialogo. Un dialogo rispettoso è cruciale oggi”. “I media - ha osservato l'arcivescovo le cui parole sono state riprese dal Sir - hanno una parte importante da giocare nel promuovere il dialogo anziché il conflitto ma anche le Chiese, in questo campo, hanno molto da imparare”. Mons. Nichols ha ricordato che alcuni oggi sostengono che “fede e ragione sono opposte dicendo che una fede fervente sostituisce la ragione, ma questo punto di vista inibisce la ricerca della verità e la possibilità di vero dialogo. Un dialogo rispettoso è cruciale oggi. I media - ha concluso - hanno una parte importante da giocare nel promuovere il dialogo anziché il conflitto ma anche le Chiese, in questo campo, hanno molto da imparare”. L’undicesimo arcivescovo di Westminster e primate di Inghilterra e Galles si è insediato durante una celebrazione trasmessa in diretta dal secondo canale della Bbc. Hanno partecipato, tra gli altri, l’arcivescovo uscente il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, il primate irlandese cardinale Sean Brady, il cardinale Keith O’Brien, leader della conferenza episcopale scozzese, il primate anglicano Rowan Williams, 50 vescovi cattolici, oltre 500 sacerdoti della diocesi di Westminster e oltre 2 mila invitati. Durante la messa, l’arcivescovo anglicano di Canterbury, Rowan Williams, ha salutato mons. Nichols come nuovo co-presidente dell’organizzazione ecumenica “Churcher together in Britain and Ireland”, ricordando l’importante collaborazione avviata in questi anni tra Chiesa Cattolica e Chiesa anglicana. (A.L.)

    inizio pagina

    Nunzio in Giordania: grande apprezzamento dai musulmani per la visita del Papa

    ◊   La scelta della Giordania, come “prima sosta del suo pellegrinaggio”, “la visita alla moschea di Amman” sono stati gesti “molto apprezzati” dalla comunità musulmana giordana e dai Reali che hanno fatto “ulteriormente migliorare l’atteggiamento dei musulmani nei riguardi dei cristiani”. A parlare è il nunzio apostolico in Giordania e Iraq, mons. Francis A. Chullikat, che, in un’intervista al Sir, ripercorre i momenti salienti del recente viaggio apostolico di Benedetto XVI in Terra Santa. “Il dialogo interreligioso – dichiara il nunzio - ha ricevuto, dalla visita papale, uno stimolo in più. Il principe Ghazi Bin Muhammed Bin Talal, consigliere del re in materia di religione, ha apprezzato la visita alla moschea di Benedetto XVI, un gesto di rispetto verso i musulmani. Da questo incontro ci attendiamo frutti positivi anche perché la popolazione musulmana è rimasta contenta”. Una gioia condivisa con i cristiani locali vista l’accoglienza riservata al Papa. “Il Papa – aggiunge mons. Chullikat – ha ricordato che sulla pace e sull’unità, si può costruire e ri-costruire, ma è andato anche oltre, parlando della speranza e della volontà necessarie a questa opera di riedificazione. Le perplessità di natura politica che hanno accompagnato la preparazione di questo viaggio – conclude - sono state fugate dalla sua testimonianza di pellegrino”. (R.P.)

    inizio pagina

    Piano strategico per l'istruzione interreligiosa nelle scuole Usa

    ◊   "Sviluppare un piano strategico sull'istruzione interreligiosa negli Stati Uniti" è lo slogan dell'incontro tra cattolici e musulmani riuniti a Washington nel Mid-Atlantic muslim catholic dialogue. L'incontro è stato organizzato dal circolo islamico del Nord America e da alcuni membri del comitato per gli affari ecumenici e interreligiosi della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). Obiettivo del convegno è stato quello di esplorare i principi fondamentali dell'educazione interreligiosa partendo da un documento del 1990 preparato dalla Coalizione per l'apprendimento interreligioso di Chicago come parte di uno scambio pedagogico musulmano-cattolico fra il Consiglio delle società islamiche e l'Arcidiocesi di Chicago. Hanno preso parte all'incontro, fra gli altri, il vescovo ausiliare di Baltimora, mons. Denis James Madden, l'imam Ahmed Nezar Kobeisy, e Wilhelmus Valkenberg della Loyola University di Baltimora. Il primo modello analizzato è quello mono-religioso, in cui una tradizione religiosa centrale rappresenta il punto di riferimento per la descrizione di altre religioni e il cui scopo è quello di ampliare la consapevolezza, senza indebolire l'attaccamento alla propria fede da parte degli studenti. Il secondo è il modello multi-religioso, in cui l'insegnante presenta le religioni su un piano di parità, come se si trattasse di un corso universitario di studi religiosi. Il terzo modello è quello interreligioso che considera il pluralismo religioso come occasione di arricchimento reciproco, sia in termini di contenuti sia in termini di socializzazione. L'imam Ahmed Nezar Kobeisy ha offerto spunti di materia sociologica sull'attuale profilo delle scuole musulmane negli Stati Uniti. Ha sottolineato in particolare la sensibilità dei genitori circa il mantenimento di un'identità musulmana nelle scuole. Kobeisy ha affermato che l'insegnamento delle altre religioni si svolge meglio se si è consapevoli della presenza di persone di altre fedi. Il vescovo ausiliare di Baltimora, mons. Denis Madden, partendo dal presupposto che occorre lavorare molto per superare le incomprensioni dei metodi di insegnamento, ha spiegato come sia necessario ridurre l'impatto violento di altre religioni sulle nostre immagini quotidiane. Il prossimo incontro, che si svolgerà dal 5 al 6 maggio 2010, verterà sul completamento di una dichiarazione comune che sarà diffusa fra educatori cattolici e musulmani. Nei prossimi mesi – ricorda infine l’Osservatore Romano - l'indagine 2009 sull'istruzione religiosa sarà inviata ad altri insegnanti cattolici e musulmani e i loro responsabili analizzeranno i dati raccolti. Quattro gruppi sono stati organizzati per elaborare un'accurata cronologia per arricchire la dichiarazione con raccomandazioni pedagogiche ed elaborare una lista di risorse. (L.B.)

    inizio pagina

    La Chiesa di Barcellona contro il disegno di legge sull’aborto

    ◊   Il disegno di legge sull'aborto approvato dal Consiglio dei Ministri spagnolo il 14 maggio scorso non riconosce il diritto alla vita, non propone alcuna alternativa all'aborto e rinuncia a educare all'autentico senso della sessualità. Così recita il lapidario intervento della Delegazione per la pastorale familiare dell'arcivescovado di Barcellona che si unisce al coro di proteste contro la controversa riforma dell’aborto che sta per essere varata dal governo Zapatero. Secondo il comunicato diffuso dalla delegazione il testo di legge è “contrario alla dignità della persona umana e al diritto inviolabile del feto di nascere”. Oltre a questo, “interferisce e lede il diritto e il dovere dei genitori nei confronti dei figli” permettendo alle minorenni di abortire senza il consenso dei genitori, denuncia la nota, riportata dalla Zenit. “Non è possibile costruire il bene comune senza riconoscere e tutelare il diritto alla vita - si legge ancora nel testo –, e spetta alla società e ai suoi dirigenti creare le condizioni necessarie perché non solo si rispetti, ma si ami la vita”. La proposta del Governo spagnolo, continua la nota, “non offre alcuna risorsa che aiuti la madre ad accettare la maternità e la liberi dal trauma che implica decidere l'eliminazione della vita di chi deve nascere”. “I politici non la possono giustificare dicendo che altre società la accettano”. “Non è mai lecito distruggere quello che è già un essere indipendente dalla madre”. La Delegazione dell’arcivescovado punta poi il dito contro il pensiero comune che vuole l’aborto come un diritto inalienabile di una società progressista, ma in realtà è “la conseguenza della rinuncia a vivere e a trasmettere il valore più importante della persona”. Per la Delegazione per la pastorale familiare, “proporre l'aborto come soluzione per limitare la natalità è negare il fatto evidente dell'esistenza del figlio; è un attentato contro la vita con la scusa della legalità”. Anche l'arcivescovo di Barcellona, il Cardinale Lluís Martínez Sistach, ha dichiarato al canale televisivo catalano TV3 che il disegno di legge “va contro la Costituzione” e presuppone “la totale mancanza di difesa della vita”. Quanto al riconoscimento del diritto di abortire alle minori di 16 anni, ha sottolineato che “gli adolescenti sono meno maturi di prima” e si è chiesto che posto resti alla patria potestà. Per il vescovo di Sigüenza-Guadalajara, il dibattito non dovrebbe concentrarsi sulla capacità di una minorenne di decidere di abortire, ma sul fatto che, se la proposta del governo diventasse legge, “si potrà abortire senza alcun motivo, il che è gravissimo”. Nel corso di una conferenza stampa sulla Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, monsignor José Sánchez ha sottolineato che, dal concepimento, “è già determinato ciò che sarà l'essere umano, è meraviglioso e lo dice la scienza”. Allo stesso modo, ha affermato che “i Governi dovrebbero assicurarsi di fare politiche che difendano le donne incinte”. Sul fronte politico, il Partito Popolare, principale partito di opposizione, ha annunciato che ricorrerà contro il disegno di legge presso il Tribunale Costituzionale, e anche alcuni membri del Partito socialista, attualmente al potere, hanno criticato alcune parti del testo. Da parte sua, il Ministro responsabile del progetto, Bibiana Aído, parlando alla radio SER si è riferita a un feto di 13 settimane come a “un essere vivo, chiaro, ma non possiamo parlare di essere umano perché questo non ha alcuna base scientifica”. Queste dichiarazioni hanno alimentato un nuovo vespaio di polemiche e numerose persone, anche attraverso internet, hanno chiesto al Ministro di spiegare a che specie apparterrebbe questo essere vivo. (M.G.)

    inizio pagina

    Svizzera: no dei vescovi ad una legge sulla diagnosi pre-impianto

    ◊   “Un tentativo impossibile di far quadrare il cerchio”: così, con una metafora, la Commissione bioetica della Conferenza episcopale svizzera dice no alla proposta di legge, presentata dal Consiglio federale, che autorizza la diagnosi pre-impianto. “Da un lato – si legge in una dichiarazione – si tratta di proteggere quella dignità umana che è radicata nella Costituzione federale. Dall’altro, questa stessa dignità sarebbe gravemente lesa dalla discriminazione, eticamente inammissibile, effettuata tra embrioni ‘sani’ ed embrioni ‘malati’”. “La Commissione bioetica dei vescovi – continua la nota – comprende la sofferenza e l’angoscia delle coppie che sanno di trasmettere malattie genetiche. La società dà loro una risposta solidale, insieme ai progressi tecnologici. Tuttavia, la sofferenza non giustifica tutta la tecnologia”. Quindi, i presuli si soffermano sulle eventuali conseguenze della diagnosi pre-impianto: “Il Consiglio federale vuole impedire la trasmissione di malattie gravi. In realtà, questa procedura di scelta eugenetica mira a sopprimere gli embrioni che sono, probabilmente, portatori di una malattia. Un limite arbitrario del 25% di probabilità di malattie gravi è, allora, decisivo per l’eliminazione dell’embrione”. E qui, i vescovi svizzeri ribadiscono: “In quel caso, si tratta di un rischio, mentre l’eliminazione degli embrioni è un vero e proprio fatto. L’embrione umano non viene rispettato, come esige la dignità umana”. La Commissione bioetica sottolinea, inoltre, un altro aspetto: “Limitando le indicazioni giuridiche alle malattie gravi, il progetto di legge vuole impedire una scelta puramente soggettiva dei genitori sugli embrioni; ma ciò implica comunque la stigmatizzazione delle persone disabili, come se la loro vita non valesse la pena di essere vissuta”. Guardando al futuro, i vescovi svizzeri affermano poi che “l’introduzione della diagnosi pre-impianto abbasserà, prima o poi, le barriere poste dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita e dalla stessa Costituzione federale. Già ora, la medicina della riproduzione vuole abrogare la ‘regola del tre’”, ovvero quella prescrizione che stabilisce, come limite massimo, il numero di tre per gli ovuli fecondati che “possono essere sviluppati fino allo stadio embrionale e quindi trasferiti”. Ancora più grave, ribadisce la Commissione bioetica, è che “i medici della riproduzione chiedano l’autorizzazione a poter congelare gli embrioni, così da sfruttare il loro patrimonio ovulare”. “Approvando la diagnosi pre-impianto – continua la nota episcopale – la Svizzera si incamminerebbe su una strada senza ritorno. Tutti i Paesi che non avevano ammesso la diagnosi pre-impianto se non i casi eccezionali, prima o poi l’hanno, di fatto, approvata, fino ad arrivare alla libera scelta del sesso del nascituro, senza che, nel frattempo, sia stato realmente provato il rischio di una malattia genetica”. “Per questo motivo – concludono i vescovi – la Commissione bioetica respinge questo progetto di legge, che costituisce un segnale allarmante per la nostra società”. (I.P.)

    inizio pagina

    La Chiesa in America Latina rilancia la proprie rete informatica

    ◊   Il Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali e il Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) presiederanno dal 3 al 5 giugno prossimo, nella città di Bogotà, la XI Riunione continentale della RIIAL, la Rete informatica della Chiesa in America Latina. All’importante iniziativa ha dato il suo sostegno, la Conferenza episcopale colombiana che offre l’appoggio logistico per i rappresentanti delle 22 Conferenze episcopale che prenderanno parte alla riunione che sarà aperta dal Presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni, mons. Claudio Maria Celli. Lo scopo principale dell’incontro è quello di illustrare diversi servizi utili e opportuni nell’ambito della cultura digitale che possono essere impiegati nello svolgimento della Missione continentale in corso in tutta la regione. Al tempo stesso si accresceranno gli sforzi e le sinergie per evitare la dispersione o duplicazione di azioni e servizi. Gli organizzatori ritengono che sia questo un momento molto opportuno per conoscere dagli attori quali possono essere i contributi della RIIAL alla Missione continentale, in particolare dall’ambito ad essa congeniale per natura e funzioni: la comunicazione attraverso la rete e l’inclusione digitale. In questo senso lo studio e conoscenza dell’accordo con i gestori telefonici può essere di fondamentale importanza allo scopo di aumentare l’efficienza e la produttività di questo tipo di comunicazioni in costante crescita in tutta l’area latinoamericana. Oltre a mons. Claudio Maria Celli animeranno l’incontro mons. mons. Héctor Gutiérrez Pabón, responsabile del Celam per le comunicazioni e mons. Guillermo Ortiz Mondragón, incaricato della Consiglio episcopale per la RIIAL. Come già ricordato parteciperanno rappresentati degli episcopati latinoamericani e caraibici e della Spagna nonché del servizio informatico della conferenza episcopale italiana. Oltre ai responsabili della RIIAL saranno presenti esponenti di diverse associazioni che lavorano nell’ambito delle comunicazioni digitali e ciò darà l’opportunità di scambiare idee ed esperienze. La XI Riunione sarà preceduta da un incontro tra le autorità del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali e quelle del Celam per una specifica valutazione del rapporto da rinforzare tra i servizi della rete cattolica e gli obiettivi della Missione continentale lanciata nel maggio 2007 ad Aparecida. (A cura di Luis Badilla)

    inizio pagina

    Brasile: violente inondazioni in 13 Stati del nord-est

    ◊   È di almeno 45 morti e 380 mila sfollati il bilancio delle inondazioni che da oltre un mese si registrano in 13 Stati brasiliani del nord est del Paese. Secondo gli ultimi dati della segreteria nazionale della difesa civile (Sedec), diffusi dalla Misna, la situazione più grave si riscontra negli Stati di Ceará, Marañhao, Bahia, Alagoas, Paraíba, Sergipe, Pernambuco e Santa Catarina; i municipi che hanno dichiarato lo stato d’emergenza sono saliti a più di 400, ma molti restano del tutto isolati a causa degli allagamenti. Nel Piauí le intense precipitazioni hanno provocato la fuoriuscita di un’imponente massa d’acqua da una diga capace di contenere fino a 52 milioni di litri che ha costretto all’evacuazione di 2000 persone. I danni totali stimati dal governo ammontano finora a oltre 500 milioni di dollari. In tutto le persone in qualche modo colpite dalle alluvioni sono almeno un milione, mentre il sud patisce le conseguenze di un prolungato periodo di siccità, giudicato il più grave degli ultimi 80 anni. Inondazioni e siccità “sono un’allerta sugli effetti dei cambiamenti climatici. Accadono cose che ci ricordano l’importanza di avere più cura per il pianeta Terra” ha detto il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, visitando di recente alcune zone colpite. (M.G.)

    inizio pagina

    Decine di giovani in Africa e America Latina con il servizio civile salesiano

    ◊   Operano fra gli orfani di guerra di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, fra i ragazzi di strada di Santa Cruz de la Sierra, la città più popolosa della Bolivia, oppure fra i piccoli nati nella Lixeira, quartiere periferico di Luanda, in Angola. Sono le giovani e i giovani che decidono di spendere un anno della loro vita come volontari nel servizio civile all’estero con i salesiani, al fianco dei missionari di San Giovanni Bosco sparsi nel mondo: nell'anno 2008/2009 sono partiti in cinquantaquattro. Anche la ricca Europa, attraversata dalla crisi economica globale e dalle disparità sociali – sottolinea la rivista diocesana RomaSette - è terra di disagio giovanile, e quindi di missione. A La Coruña, capoluogo della Galizia nel nord-est della Spagna, tra il 2005 e il 2006 ha lavorato Emanuela, 28 anni, laureata in Discipline del servizio sociale all'Università di Roma Tre. “Dopo la laurea – racconta Emanuela – volevo impegnarmi nel volontariato e nel sociale. Navigando su internet ho scoperto la proposta dei salesiani. Dopo il periodo formazione in Italia, sono arrivata nel ‘Centro Xuvenil Abeiro’ e ho lavorato come animatrice fra i bambini dell'istituto. Ho vissuto un'esperienza straordinaria: quell'anno ha cambiato radicalmente la mia visione del lavoro e della vita, ho capito che cosa vuol dire ‘servire’ il prossimo e quanto sia appagante”. Emanuela sarà testimonial per un giorno, mercoledì 27 maggio, all'interno di "Gioca la tua carta, scegli la tua meta", un evento promosso a Roma dalla Federazione Salesiani per il Sociale, dall'Associazione Cartagiovani e dal Servizio Going Informagiovani del Comune di Roma. L'incontro è aperto a tutti ma è dedicato soprattutto a chi ha un età tra i 18 e i 27 anni. L'appuntamento è alle 16 nella sede della Federazione, presso la basilica del Sacro Cuore di Gesù in Via Marsala 42, zona Stazione Termini. Durante l'incontro verrà presentata la nuova Cartagiovani, la tessera gratuita finanziata dalla Regione Lazio che offre agli under 30 agevolazioni economiche e opportunità culturali in Italia e all’estero, e che sarà rilasciata a tutti i partecipanti interessati. “Cerchiamo persone disposte ad entrare in mondi culturalmente molto diversi dall'Italia – dice don Enrico Peretti, responsabile nazionale per il servizio civile salesiano – e ad aiutare i loro coetanei che vivono situazioni di disagio. Meglio se i candidati hanno già qualche piccola esperienza nel volontariato. Si troveranno ad operare nelle periferie delle grandi città, oppure dove c'è un notevole fenomeno di immigrazione, e affiancheranno sacerdoti e maestri nell'affiancamento scolastico e nelle attività ricreative”. Don Enrico ricorda infine la presenza dei volontari anche nella Roma multiculturale, dai tempi dell'obiezione di coscienza alla leva militare: “Fanno di tutto e di più, come è normale che sia. In genere lavorano anche loro negli ambienti educativi, come la casa famiglia ‘Borgo Ragazzi Don Bosco’, sulla via Predestina”. O come l'Istituto Pio XI, nel quartiere Appio Tuscolano, dove opera da ottobre Antonella, 22 anni, studentessa di Scienze umanistiche: “Qui i bambini che hanno situazioni familiari problematiche possono restare dalle otto fino alle cinque del pomeriggio. Io aiuto gli alunni della scuola media a fare i compiti, mi occupo della mensa e dell'oratorio. È faticoso, ma i ragazzi ti trasmettono una grande gioia. E poi preparano il mio futuro da insegnante”. (A.L.)

    inizio pagina

    Laos: rimpatrio forzato della popolazione Hmong

    ◊   Medici Senza Frontiere denuncia con un comunicato la forte pressione da parte dell’esercito tailandese per rimpatriare in Laos 5 mila rifugiati che vivono nel campo di Huai Nam Khao, in Thailandia. A causa delle pesanti misure restrittive, Msf, dopo 4 anni di presenza nel campo, è stata costretta a interrompere l’attività di assistenza. Lo scorso marzo i governi del Laos e della Thailandia hanno riconfermato di voler rimpatriare in Laos, entro la fine dell’anno, tutte le persone di etnia Hmong, senza alcuna supervisione esterna. Da dicembre 2008 il numero dei rifugiati rimpatriati è aumentato. Negli ultimi quattro mesi l’esercito tailandese presente nel campo ha introdotto forti misure restrittive nel tentativo di costringere la popolazione Hmong a non chiedere lo status di rifugiati e a rientrare “volontariamente” in Laos. I rifugiati hanno raccontato di arresti arbitrari e rimpatri forzati. Msf denuncia inoltre i metodi utilizzati dalle autorità thailandesi che hanno eliminato ogni possibilità di fornire assistenza umanitaria indipendente ai rifugiati del campo: restrizioni nella libertà di accesso all’assistenza prestata da Msf, moltiplicazione dei controlli militari  sia per i Hmong che per gli operatori. Alla luce di questa situazione, Msf ha deciso di bloccare le attività nel campo. “Non possiamo più operare - sostiene Gilles Isard, capo missione di Msf in Thailandia - in un campo dove l’esercito arresta in maniera arbitraria i leader influenti  per spingere i rifugiati a rientrare “volontariamente” in Laos e costringe i pazienti a subire controlli militari per accedere ai nostri ambulatori”. L’organizzazione umanitaria chiede quindi di fermare il rimpatrio forzato dei rifugiati Hmong del campo di Huai Nam Khao e di permettere ad un organismo indipendente di esaminare le richieste  per lo status di rifugiati. (A.L.)

    inizio pagina

    Kenya: il ruolo delle università africane nella promozione della pace

    ◊   Fare delle università africane centri di promozione della pace nel continente. È la proposta avanzata nei giorni scorsi da studiosi e ricercatori africani a un convegno all’Università cattolica dell’Africa Orientale di Nairobi (CUEA). “L’Università africana - Educare per la pace” è stato il tema dell’incontro promosso dal Centro per la Giustizia Sociale e l’Etica dell’ateneo cattolico. Durante la tre giorni – riferisce l’agenzia Cisa - i partecipanti hanno discusso delle strategie e del ruolo dei vari attori sociali e politici nei processi di peace-building in Africa. È stato, tra l’altro, rilevato lo scarso coinvolgimento delle donne che pure potrebbero dare un contributo decisivo in questo ambito. Tra le proposte principali è emersa quella di promuovere e inserire l’insegnamento della pace nei curricula universitari. I partecipanti hanno inoltre deciso di mobilitare i dirigenti africani e di istituire un gruppo di riflessione sul consolidamento della pace nel continente. Secondo gli studiosi africani, le università dovrebbero stabilire contatti diretti con le varie comunità, per ottenere informazioni di prima mano su come esse affrontano e riescono a risolvere i conflitti. Il documento finale evidenzia inoltre la necessità di coinvolgere gli anziani e i leader locali di opinione nelle varie iniziative di peace-building e di lavorare in sinergia con altri gruppi e organizzazioni impegnate in questo ambito. Esso sottolinea, infine, l’importanza della famiglia nella promozione della cultura della pace tra le nuove generazioni. (L.Z.)

    inizio pagina

    La questione educativa al centro della prossima Assemblea generale della Cei

    ◊   Lunedì prossimo si aprirà a Roma la 59.ma Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana con la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Seguirà il saluto del nunzio apostolico in Italia e dei vescovi delegati delle Conferenze episcopali estere. L’incontro, incentrato sul tema “La questione educativa: il compito urgente dell’educazione”, è finalizzato all’individuazione e approvazione degli orientamenti pastorali per il prossimo decennio. La riflessione dei vescovi italiani - rende noto il Sir - proseguirà con la discussione del Documento comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e battisti in Italia. Nell’ambito dell’Assemblea generale verranno fornite anche comunicazioni sull’attività di Caritas italiana; sul passaggio al digitale terrestre e sull’Unione Europea, con particolare riguardo all’azione di Ccee e Comece. Si parlerà anche della 46.ma Settimana sociale dei cattolici italiani (Reggio Calabria, 14-17 ottobre 2010) e sul 25.mo Congresso eucaristico nazionale (Ancona, 4-11 settembre 2011). Verranno fornite infine alcune informazioni sulla Giornata per la Carità del Papa (28 giugno 2009), e sull’Anno Sacerdotale. (A.L.)

    inizio pagina

    Oftal Milano festeggia i suoi primi 50 anni al servizio dei malati

    ◊   Il 30 agosto di 50 anni fa il Cardinale Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, riconosceva ufficialmente L’Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes (Oftal). Per celebrare il suo cinquantennale l’Oftal ha organizzato un calendario di iniziative che si apre domenica prossima, 24 maggio, a Milano con l’incontro dal titolo “Sofferenza e disabilità nella società di oggi: limite o valore?”, cui parteciperà Mario Melazzini, Presidente di AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) intervistato da Mario Barone. Per l’evento saranno inoltre allestiti stand per il gioco e lo svago dei bambini; seguirà poi il pranzo comunitario e alle ore 16 verrà celebrata la Messa solenne di ringraziamento presieduta dall’ Arcivescovo di Vercelli Enrico Masseroni, Presidente del Collegio dei Vescovi OFTAL. Nel corso dell’anno saranno diversi i momenti che ricorderanno l’attività di Oftal Milano a servizio dei malati e degli ultimi; ogni Pellegrinaggio (i prossimi partiranno a giugno, agosto e settembre) avranno al loro interno un momento dedicato al ringraziamento alla Vergine per la protezione che Ella non ha fatto mai mancare all’Associazione. Il prossimo 6 giugno presso l’Aula Pio XI – Università Cattolica Sacro Cuore di Milano – sarà poi la volta del convegno dei medici Oftal sul ruolo del medico nell’accompagnamento dei pazienti in fase terminale con Giovanni Zaninetta Presidente della Società Italiana Cure Palliative (SICP) e la giornalista Francesca Lozito. Si segnala inoltre il convegno di domenica 15 novembre in Aula Magna dell’Università Cattolica di Milano: “Il ruolo di un’Associazione ecclesiale di laici nella società del ventunesimo secolo” con Mons. Giovanni Giudici - Vescovo di Pavia -, Andrea Tornielli – Vaticanista de “Il Giornale” – e Lugi Accattoli – già Vaticanista e collaboratore del “Corriere della Sera”. Lo spirito che animerà gli eventi che scandiranno questo importante anniversario è stato spiegato in comunicato diffuso alla stampa dal presidente dell’Oftal Milano, Pier Giorgio Caprino: “Noi vogliamo continuare a essere fedeli al messaggio, all’invito che ci ha rivolto il Cardinale Montini nel 1959. La nostra associazione, infatti, non può essere una semplice agenzia di viaggi, ma deve privilegiare l’attenzione ad altri aspetti: l’attenzione ai poveri, la preghiera, la formazione del personale. E’ quanto, umilmente, con le nostre forze, abbiamo cercato di fare in questi anni”. (M.G.)

    inizio pagina

    Presentato a Roma un libro su Tommaso Gallarati Scotti

    ◊   All’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede è stato presentato il volume ‘Tommaso Gallarati Scotti: memorie riservate di un Ambasciatore 1943-1951’, a cura e con prefazione del professor Nino Del Bianco. Sono intervenuti, tra gli altri, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, e l’ambasciatore Boris Biancheri. Promotore dell’iniziativa, tenutasi martedì scorso, è stato il Centro Studi Gallarati Scotti, presieduto dal professor Luciano Pazzaglia dell’Università Cattolica di Milano. Il Centro si propone di far conoscere l’opera e l’archivio di Tommaso Gallarati Scotti, donato dalla famiglia alla Biblioteca Ambrosiana, proprio quando ne era prefetto mons. Ravasi. A questo evento ne farà seguito un secondo analogo a Milano con la partecipazione dell’ambasciatore Sergio Romano e di mons. Franco Buzzi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana. ‘Memorie riservate di un ambasciatore 1943-1951’ restituisce un interessante spaccato di un periodo storico tanto breve quanto ricco di avvenimenti drammatici: sono le “memorie riservate”, fra il 1943 e il 1951, di uno degli esponenti più significativi della Milano dei primi decenni del secolo. Una figura poliedrica quella del duca Tommaso Gallarati Scotti, intellettuale, letterato, diplomatico, nato a Milano nel 1878 e morto a Bellagio nel 1966, tra l’altro autore di romanzi, poesie e alcuni testi teatrali. Egli fu primo ambasciatore italiano in Spagna e Inghilterra dopo la fine della seconda guerra mondiale. Profondo cattolico, ebbe molto a soffrire a seguito della condanna del modernismo, avendo scritto una Vita di Antonio Fogazzaro, scrittore che fu all’epoca nell’occhio del ciclone della condanna antimodernista. All’indice venne messa anche la sua biografia del Fogazzaro, opera che poi venne elogiata da Paolo VI, come ha messo in evidenza l’arcivescovo Ravasi nel suo intervento: “La mia è una testimonianza personale, perché ho avuto ripetutamente l’occasione di poter essere vicino idealmente a lui attraverso il grande deposito del suo archivio e di altri materiali che lo riguardano che si trovano all’interno della Biblioteca ambrosiana”. “Lì – ha proseguito il presule - c’era veramente il ritratto della sua persona che univa in sé una dimensione di grande credente con una dimensione di finissimo diplomatico e di uomo profondamente legato alla storia del nostro Paese, dell’Italia”. Per quanto riguarda la vicenda del suo “modernismo”, mons. Ravasi ricorda che “questo fu uno dei momenti più emblematici della sua storia personale: egli infatti sentì tutto il peso, tutta l’amarezza dell’essere stato condannato dalla Chiesa, anche se egli aveva per certi versi preso le distanze da posizioni moderniste esasperate. Egli lascia una testimonianza molto amara dell’impossibilità di poter celebrare il Natale senza la comunione, proprio perché in una posizione di scomunica”. “Dobbiamo dire però che il suo itinerario ha avuto poi la possibilità finale di quel grande incontro con la Chiesa di Paolo VI – conclude il presidente del Pontificio Consiglio della cultura – nella quale anche la sua ricerca profonda, pur non compresa allora, era una ricerca che nasceva da una grande lealtà alla Chiesa ma anche da un grande desiderio di rendere il cristianesimo sempre una parola viva, incarnata e costante all’interno del tessuto della storia”. (A cura di Giovanni Peduto)

    inizio pagina

    L’Aquila: celebrata in una tenda la Festa di San Bernardino

    ◊   “Per la prima volta celebriamo la festa di San Bernardino in una tenda lontano dalla chiesa in cui riposa, ma nonostante questo la sua presenza è viva in mezzo a noi”. Padre José Rodriguez Carballo, ministro generale dei Frati Minori, ha aperto così la celebrazione per la festa di San Bernardino. Accanto all’altare – riferisce il Sir - è stata portata per l’occasione anche la statua del Santo. “Davanti ad un’esperienza come quella del terremoto – ha dichiarato padre José Rodriguez Carballo – anche la fede in qualche modo è stata scossa e ha vacillato. San Bernardino ci ricorda come perdere la fede e la speranza sia la disgrazia più grande”. La festa di San Bernardino, uno dei Santi patroni della città, è particolarmente sentita all’Aquila. Ogni anno il 20 maggio dopo la messa celebrata nella basilica a lui dedicata, pesantemente danneggiata dal sisma, veniva organizzata una processione per le vie del centro storico. Una delegazione proveniente da Siena portava come segno di devozione un’ampolla di olio per alimentare il lume posto sulla tomba del Santo le cui spoglie sono conservate nel capoluogo abruzzese dal giorno della sua morte, avvenuta nel 1444. Padre Carballo ha poi aggiunto: “San Bernardino ha amato e continua ad amare questa città dalla quale si è sentito come adottato. Voi che siete suoi concittadini mantenete vivo questo legame nella preghiera”. Prima di concludere la celebrazione, il ministro generale dei frati minori ha invitato gli aquilani “a seguire l’esempio di Assisi”. “Dalla città di San Francesco potete imparare la speranza; dopo il terremoto in Umbria – ha spiegato - anche Assisi sembrava persa per sempre ma così non è stato. Assisi è una città che ha avuto sempre su di sé gli occhi del mondo; per questo è nostro compito e in particolare delle istituzioni, far sì che la città dell’Aquila non venga dimenticata. Ricordandoci sempre che dietro questa tragedia non ci sono solo i monumenti da ricostruire ma soprattutto le persone”. (A.L.)

    inizio pagina

    Sta per calare il sipario al Festival di Cannes

    ◊   La vita regolata dal caso, il mondo oscuro di un artista, le invenzioni di un film di guerra, la radiografia di un luogo e di un’epoca: avviandosi verso la conclusione, il Festival di Cannes ritrova sulla sua strada alcuni dei maestri che ne hanno segnato la storia. "Les Herbes folles" di Alain Resnais, "Los Abrazos rotos" di Pedro Almodovar, "Inglorious Basterds" di Quentin Tarantino e "The White Ribbon" di Michael Haneke sono film che si mantengono su una strada già tracciata, talvolta ancora vitali, talvolta più stanchi, ma mai noiosi, accademici o manierati. Il film del regista francese sorprende lo spettatore abituato a storie dal procedimento lineare. Elaborato come un flusso di coscienza, in cui si mescolano descrizione introspettiva dei personaggi, svolgimento dei fatti e voce narrante dell’autore, "Les Herbes folles" segue le vicende che fanno seguito a uno scippo e al successivo ritrovamento dei documenti d’identità della vittima da parte di un individuo turbato dai rapporti con l’altro sesso. Le erbe cui fa riferimento il titolo sono quelle invasive, che approfittano di qualsiasi crepa nell’asfalto o in un muro per piantarvi le radici. Tali sono le caratteristiche degli spiriti tormentati che abitano il film, preda delle proprie pulsioni e in cerca di una ragione per vivere. Abitato da misteriose sensazioni che lo percorrono fino alla fine, il film si interroga e ci interroga sul nostro presente sfuggente, lasciandoci soli, sulla soglia, senza istruzioni per l’uso del nostro passaggio su questa terra. Più semplice – e anche meno coinvolgente – "Los Abrazos rotos" di Pedro Almodovar rievoca l’esistenza marginale di un artista dalla doppia vita di scrittore e di cineasta, diventato cieco a seguito di un incidente stradale in cui ha perso la moglie. Il regista spagnolo, da sempre abile confezionatore di melodrammi dai toni di commedia, non sembra molto distante dal suo personaggio di cui si coglie la stanchezza e lo sguardo disincantato sul mondo. Se le caratteristiche del suo cinema ci sono tutte, il dispositivo risulta tuttavia privo di quell’energia e di quello sguardo ludico che davano forma a tutte le sue precedenti prove d’autore. La stessa constatazione si potrebbe fare per Quentin Tarantino, il cui "Inglorious Basterds" è stato, insieme ad "Antichrist" di Lars Von Trier, l’evento più mediatizzato del Festival. Anche qui tuttavia, come nel caso del regista danese, ci troviamo di fronte ad una supervalutazione preventiva di un’opera che riserva invece molte delusioni. Sullo stile disinvolto di Tarantino, sulla sua capacità di costruire talvolta dei sorprendenti snodi di sceneggiatura, sulle invenzioni che mescolano la cinefilia e il divertimento della rilettura postmoderna, non ci piove. "Inglorious Besterds", fantasiosa storia di una missione speciale che elimina Hitler e tutti i gerarchi nazisti, ponendo fine alla Seconda Guerra mondiale, conferma ampiamente queste caratteristiche. Il problema è che il suo cinema, privo di ogni riferimento all’etica, funziona se tutti i suoi meccanismi sono perfettamente sincronizzati: qui invece il regista americano si perde nelle troppe parole, nelle promesse di azione non mantenute, nel seguire un dispositivo che dopo mezzora è largamente prevedibile. Un esito del tutto opposto consegue invece "The White Ribbon" di Michael Haneke, che nel silenzio di inquadrature fortemente pittoriche, nel procedere di un implacabile tessuto narrativo, nello sguardo freddo e distante su un mondo antico che richiama l’oggi, ci lascia affascinati e turbati. Raccontando di un villaggio del Nord della Germania, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, e degli inquietanti episodi che ne sconvolgono la quieta esistenza, il regista austriaco ci pone di fronte, come sempre, a un discorso che è al contempo politico e morale. L’allusione alle pulsioni di onnipotenza punitiva che portarono al disastro nazista risuona come l’eco di una minaccia che ancora oggi è palpabile nell’aria e fa di "The White Ribbon" al contempo un monito e un film da non perdere. (Da Cannes, Luciano Barisone)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Ancora stragi in Iraq: 65 morti in meno di 24 ore

    ◊   In una micidiale ondata di attentati, oltre 65 persone sono morte in meno di 24 ore in Iraq, in gran parte a Baghdad, dove secondo fonti irachene tra le persone uccise ci sono anche tre soldati americani e altri cinque sono tra i circa 150 feriti. Questa mattina l'attentato più grave è stato messo a segno da un kamikaze che si è fatto saltare in aria in un mercato del quartiere Dora di Baghdad, prendendo di mira una pattuglia di soldati americani a piedi. Il bilancio è di 15 morti e 30 feriti, tra cui i militari Usa e numerose donne e bambini. Alcune ore prima, nella città petrolifera settentrionale di Kirkuk, uccisi sette membri della locale Sahwa, una delle milizie tribali sunnite che, finanziate da Baghdad, combattono contro al Qaeda. Quasi allo stesso tempo, nella capitale, due poliziotti uccisi e altre 20 persone ferite. L'attacco più grave, nella serata di ieri, nel quartiere a maggioranza sciita al Shula di Baghdad: il bilancio aggiornato è di 40 morti e 83 feriti.

    Afghanistan
    Un parà italiano è rimasto lievemente ferito ad un braccio in seguito ad uno scontro a fuoco avvenuto a Bala Morghab, un villaggio a circa 120 chilometri da Herat, nella zona occidentale dell’Afghanistan. La pattuglia di militari italiani ha risposto al fuoco ed è rientrata alla base senza ulteriori conseguenze.

    Iran
    Il test missilistico dell'Iran “è un passo nella direzione sbagliata”. Gli Stati Uniti non hanno nascosto oggi la loro “preoccupazione” per l'iniziativa di Teheran: il lancio del nuovo missile terra-terra a media gittata che può colpire fino a 2.000 chilometri di distanza, mettendo in pericolo – secondo gli esperti internazionali – Israele, le basi militari americane nel Golfo Persico e, potenzialmente, il sud-est dell'Europa. Sul significato di questo lancio, Salvatore Sabatino ha intervistato Alberto Zanconato, responsabile della sede Ansa di Teheran:

    R. – L’Iran ha mostrato negli ultimi anni di aver accelerato il proprio programma missilistico, in parallelo con il programma nucleare e proprio questo è uno degli aspetti che allarma maggiormente la comunità internazionale, perchè ovviamente sviluppare missili a medio o lungo raggio può significare volerli usare per portare a destinazione delle testate non convenzionali. L’Iran mostra - in questo momento in cui c’è una possibilità di riapertura di dialogo con la nuova amministrazione americana del presidente Obama - che vuole continuare nella propria politica, quindi, nel programma nucleare e, a questo punto, anche sul programma missilistico.

     
    D. – Nonostante Teheran e Washington siano indirizzati verso il dialogo, questo lancio non rischia di far alzare di nuovo la tensione?

     
    R. – Sicuramente, si parla appunto di dialogo sia da parte americana, sia da parte iraniana. Però fino a quando questo dialogo non comincia veramente a dare risultati, la tensione rimane comunque alta e lo dimostra anche l’episodio della giornalista Roxana Saberi, irano-americana, arrestata e tenuta in carcere a Teheran per tre mesi.

     
    D. – Una prima conseguenza concreta del lancio è stato l’annullamento della visita a Teheran del ministro degli Esteri italiano Frattini. Come è stata accolta questa notizia?

     
    R. – L’Iran mi sembra non voglia dare grande peso alla decisione di Frattini, però ci potrebbero essere decisioni anche abbastanza dure da parte di organi di stampa, in particolare quelli conservatori.

     
    Cisgiordania
    Sembra sia stato il frutto di un equivoco la sparatoria che ha coinvolto la notte scorsa forze israeliane e poliziotti dell'Autorità palestinese (Anp), con un bilancio di tre feriti, durante una operazione congiunta contro militanti di Hamas e di altri gruppi islamico radicali in Cisgiordania. Lo riferiscono fonti della sicurezza israeliana sulla base delle prime indagini. L'episodio, verificatosi a Qalqilya (Cisgiordania), si è consumato in pochi minuti, quando un poliziotto palestinese ha sparato contro una pattuglia israeliana ferendo leggermente due militari e venendo a sua volta ferito dal fuoco di risposta. Il generale israeliano Yoav Mordechai, coinvolto nell'operazione, ha proposto ai responsabili delle forze di sicurezza palestinesi un'inchiesta comune più approfondita, ma fonti del suo staff escludono fin d'ora l'ipotesi di “un gesto intenzionale” tenuto conto che nella zona di Qalqilya le azioni coordinate di unità israeliane e dell'Anp contro i gruppi estremisti sono ormai all'ordine del giorno. In ogni caso nella retata sono stati fermati 26 sospetti.

    Usa – Fed
    Per superare la crisi economica alle banche statunitensi occorre ancora una gran quantità di capitali. Lo sostiene Alan Greenspan, ex presidente della Federal Reserve (Fed), la Banca centrale economica degli Stati Uniti d’America. Secondo Greenspan alle banche commerciali americane serve molta più liquidità di quanto non sia emerso dall’ultimo “stress test”, ovvero, una verifica condotta sui 19 maggiori istituti Usa per testarne la solidità finanziaria nel caso di un peggioramento della crisi. Inoltre, sempre secondo Greenspan, “finché i prezzi delle case continueranno a scendere, rimane il rischio di una severa crisi dei mutui”, riconoscendo tuttavia che a livello mondiale c'è “un indiscutibile miglioramento dell'economia e dei mercati finanziari”. L'istituto, guidato attualmente da Ben Bernanke, parla di “evidenza” secondo cui “il ritmo della contrazione dell'attività economica sta iniziando a diminuire”, con le condizioni finanziarie che si sono “rafforzate” e una serie di indicatori che mostrano una ripresa della fiducia di imprese e consumatori.
     
    Referendum California: respinte le proposte del governatore Schwarzenegger
    I cittadini della California hanno bocciato, col 60% di no, il piano anti crisi elaborato dal governatore Arnold Schwarzenegger. Cinque quesiti dei sei proposti al referendum sono stati respinti dagli elettori californiani. L’unico “sì” ha riguardato la proposta dei limiti agli stipendi ed alle diarie degli uomini politici eletti nei momenti di crisi. Il risultato referendario giunge a pochi mesi dalla fine del mandato governativo per Scwarzenegger. Da tempo lo Stato della California vive un periodo difficile dal punto di vista economico. La crisi globale ha aumentato il deficit delle casse statali. La bocciatura delle misure proposte, comporterà ora il passaggio dai 15 ai 21 miliardi di dollari nell'esercizio 2010, che ha inizio il primo luglio prossimo. Il governatore è intenzionato ad operare una serie di drastici tagli nella pubblica istruzione e nei programmi sociali.

    Oggi il discorso di Obama su Guantanamo
    Per Barack Obama oggi è il giorno del discorso dedicato alla chiusura della base Usa di Guantanamo, a Cuba, ai National Archives di Washington. Il Senato americano ha recentemente bocciato lo stanziamento di 80 milioni di dollari richiesti dall’Amministrazione Obama per mettere i sigilli all’installazione militare, dove attualmente sono detenuti 240 prigionieri accusati di terrorismo. Ma il presidente statunitense rimane convinto della chiusura della base entro il 2010. Sulle ragioni della linea di Obama su Guantanamo, Giada Aquilino ha intervistato il prof. John Harper, docente di Storia Americana alla Johns Hopkins University:

    R. – Perché ha promesso al suo elettorato, al mondo, che l’avrebbe fatto. In più perché ritiene molto importante questo passo per ripulire l’immagine degli Stati Uniti di fronte all’opinione mondiale. I problemi che ci sono, sono di tipo tecnico: non si può chiudere Guantanamo da un giorno all’altro, ovviamente. Ci sono attualmente 240 detenuti per cui bisogna trovare una sistemazione per queste persone.

     
    D. – Il predecessore di Obama, Bush, disse che di fatto non sapeva dove trasferire i terroristi di Guantanamo. Alcuni degli Stati Usa già si sono detti contrari ad ospitare questi prigionieri, e in Europa non prevale una linea unanime, al tal proposito. Dove potrebbero essere trasferiti questi 240 detenuti?

     
    R. – Questa situazione è una “bella gatta da pelare” per gli Stati Uniti perché è stato appena rilasciato uno studio dal Pentagono, attendibile, che dice che il 14 per cento dei detenuti rilasciati sono tornati ad essere terroristi. Questo ha un po’ scosso la classe politica americana che, votando contro i fondi per chiudere Guantanamo, ha mandato un messaggio di non volere assolutamente ricevere questi detenuti negli Stati Uniti. Alla fine, secondo me, gli Stati Uniti dovranno pagare - nel senso letterale - per sistemare questi detenuti in Paesi amici; dovrà cioè finanziare le sistemazioni di queste persone, come compenso, ai Paesi che le riceveranno, ma per questo, ci vorrà del tempo.

     
    Birmania: ripreso processo ad Aung San Suu Kyi
    È ripreso questa mattina, a porte chiuse, il processo a carico della leader dell'opposizione della Birmania Aung San Suu Kyi. Consentito ieri l’accesso in aula a trenta diplomatici stranieri ed a dieci giornalisti, “ma solo per un giorno”. La leader, che è apparsa in buone condizioni di salute, indossava la tradizionale gonna birmana, rossa e rosa. Ha ringraziato i presenti, aggiungendo di sperare di “incontrarli di nuovo in giorni migliori”. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha definito “scandaloso” il processo alla dirigente birmana Aung San Suu Kyi e spera che si concluda presto con la sua liberazione. In tal senso nove Premi Nobel per la Pace hanno rivolto un appello affinché il simbolo della lotta locale in difesa dei diritti umani, torni libera. Alcuni appartenenti al partito di San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), si sono radunati di fronte al penitenziario di Insein, dove si tiene il processo. La donna è accusata di violazione delle regole delle misure domiciliari, dopo l'intrusione di un cittadino americano nella sua casa. La leader birmana ha trascorso tredici degli ultimi venti anni agli arresti domiciliari.

    Vertice Russia – Ue
    Si apre ufficialmente domani il vertice tra la Russia e la delegazione dell’Unione Europea, in una sala conferenze universitaria, lungo il fiume Amur, che ha origini nella Siberia orientale. Il vertice durerà due giorni ed avrà luogo a Khabarovsk, la città più importante insieme a Vladivostok, nell’Estremo Oriente russo. Gli argomenti nell'agenda del summit sono: il rinnovo della partnership con la Ue, energia, sicurezza, crisi economica e questioni internazionali (Iran, Afghanistan, Pakistan, Medio Oriente, Moldova e Georgia). Mosca resta il maggior fornitore di gas per la Ue (67% del suo export), e il secondo di petrolio e derivati. La sede del summit è un luogo talvolta più freddo della Siberia. Grande come l'Europa, e circa un terzo dell'intero Paese, si estende dall'Oceano Artico al Mar del Giappone, dalla Siberia alla penisola vulcanica della Ciukotka. E' lo scrigno delle ricchezze russe: gas, petrolio, carbone, diamanti, metalli preziosi, sconfinate foreste di conifere, pesce (la produzione rappresenta oltre il 60% di quella russa).

    Daghestan
    Un ufficiale che lavorava nella procura daghestana, il colonnello Seivutdin Kaziakhmedov, è stato ucciso a Makhachkala: lo riferisce l'agenzia Itar-Tass citando una fonte delle forze dell'ordine. L'uomo è stato ucciso mentre usciva di casa da uno sconosciuto, che con ogni probabilità ha usato una pistola. Il Daghestan, come la vicina Inguscezia, è da tempo teatro di attentati contro le autorità da parte degli estremisti islamici.

    Elezioni in Colombia: incertezza su data e candidatura del presidente Uribe
    Ancora incertezza in Colombia, in vista delle prossime elezioni presidenziali. Ieri, c’era stato il via libera, dal Senato, per la convocazione di un referendum popolare sulla possibilità, per il capo dello Stato Alvaro Uribe, di candidarsi o meno ad un terzo mandato presidenziale. Ma è diventato un “caso” politico il testo approvato dalla Camera Alta. Presenta infatti delle differenze con quello passato alla Camera. La principale riguarda la data delle elezioni. Per il Senato si andrebbe al voto nel 2014, per il Senato, se al referendum vinceranno sì, il presidente uscente Uribe potrà ripresentarsi già alle presidenziali del marzo 2010. Una commissione di conciliazione, nominata appositamente, dovrebbe pronunciarsi sulla questione. L’ultima parola spetterà comunque alla Corte Costituzionale.

    In Brasile il presidente Lula annuncia che non ci sarà un suo terzo mandato
    Il presidente brasiliano Luis Inacio Lula da Silva ha dichiarato oggi che non intende candidarsi per un terzo mandato alla guida del Paese, eventualità che richiede una riforma costituzionale. Lo sottolineano i media locali, che hanno ripreso le dichiarazioni che Lula ha fatto in Cina, dove il presidente ha chiuso oggi una missione di qualche giorno.

    Immigrazione irregolare
    Un barcone con 26 migranti è stato intercettato da una motovedetta della Guardia di Finanza, a dieci miglia a Sud-Ovest di Pozzallo. Ieri hanno fatto riflettere le parole del presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, mons. Arrigo Miglio. I migranti respinti dalle autorità italiane in Libia sono stati costretti a tornare su strade di fame e di morte – ha detto - non tutti erano bisognosi di asilo, non tutti sono santi ma poveri di certo. La Chiesa - ha aggiunto - è per sua natura multi etnica e la solidarietà cui è chiamata comprende sia il pane quotidiano sia l'apertura di cuore verso ogni persona. Intanto si parla di un possibile incontro tra Italia, Malta, Libia e Alto commissariato Onu per i Rifugiati, per una strategia comune. E da Tripoli il segretario generale per la Sicurezza Pubblica respinge le accuse di trattamento inumano nei centri per gli immigrati libici dicendo che questi non sono peggiori di quelli italiani. Non è della stessa opinione padre Ambroise Tin, direttore di Caritas Senegal, intervistato da Francesca Sabatinelli.

    R. – Respingere tutti questi migranti che cercano una vita migliore in Italia, mi sembra veramente sbagliato a livello politico e strategico. La questione fondamentale è quella della povertà e della dignità umana. In Africa, soprattutto in Senegal, Paese di transito e di partenza, il 68 per cento della popolazione non riesce ad avere un euro al giorno per vivere. Se questa gente, arrivando nel Mediterraneo o in Italia, viene respinta - non rispettando la dignità umana e i diritti umani - verso la Libia, dove ci sono almeno 25 centri di detenzione, di prigioni, significa mandarla all’inferno: non mangiano come si deve, non hanno l’acqua e ogni tanto vengono spinti nel deserto, dove muoiono.

     
    D. – Padre Tin, in Italia il dibattito molto forte è sulla necessità di dover coniugare l’accoglienza alle persone che entrano con la sicurezza dei cittadini...

     
    R. – Va bene, ci vogliono anche delle regole che possano permettere alla gente di venire in Europa in modo degno. Sono d’accordo. Ma se facciamo un’analisi di queste regole, vediamo che tutto il fenomeno della migrazione è percepito come una minaccia per il benessere della gente in Europa. Il fenomeno viene anche incriminato e non è giusto.

     
    Grecia
    La guerriglia marxista greca è scesa oggi in campo contro gli scandali che stanno travolgendo la vita politica nazionale affermando che “nessuna elezione” può ormai salvare il Paese e rivendicando il diritto del popolo a difendersi “con ogni mezzo a disposizione”. Il gruppo Lotta di Popolo si era già manifestato in passato e ieri, con un comunicato, ha rivendicato l'attentato contro l'ufficio di un'impresa coinvolta nello scandalo delle tangenti Siemens, ricordando che il capo dell’impresa è “amico della famiglia di Giorgio Papandreou”, leader del Pasok, e che “negli ultimi tempi del governo” di questi ottenne un appalto milionario per i sistemi di sicurezza dei Giochi olimpici del 2004. I contenuti e il linguaggio usato nel comunicato, che se la prende anche con imprenditori e polizia, ricorda quello di Lotta Rivoluzionaria e Setta dei rivoluzionari, che hanno firmato attentati contro Stato, banche e poliziotti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Anna Villani)

     
     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 141

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina