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Sommario del 15/05/2009

Il Papa e la Santa Sede

  •  Benedetto XVI lascia la Terra Santa: non più guerra! Non più terrorismo! Prego per un futuro senza muri. Al Santo Sepolcro: Cristo è risorto!
  •  Gli incontri del Papa con il Patriarcato greco-ortodosso e armeno apostolico: la divisione dei cristiani è una vergogna, raddoppiamo l'impegno per la piena comunione
  •  Twal: messaggio di speranza dal Papa nella consapevolezza che non si può restare in Terra Santa senza la croce
  •  Pizzaballa: il Papa mostra che la pace in Terra Santa non è un'utopia
  •  Santuario dell’Annunciazione. Il Papa ai cristiani: abbiate il coraggio di restare in questa terra sull'esempio di Maria
  •  L'incontro con i capi religiosi. Il Papa: salvaguardare i bambini da fanatismo e violenza
  •  Pace in Medio Oriente al centro dell'incontro tra il Papa e Netanyahu
  •  Padre Lombardi: viaggio del messaggio e dell'ascolto
  •  Nomine
  •  Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  •  Sri Lanka: migliaia di civili bloccati nella zona di guerra
  •  Incontro a Mosca tra il nunzio e l’arcivescovo ortodosso Hilarion
  • Chiesa e Società

  •  Spagna: via libera a nuova legge sull'aborto
  •  Repubblica Dominicana: l'apprezzamento dei vescovi per il sì del Parlamento al rispetto della vita
  •  Iraq: rapito un maestro cristiano
  •  L’Onu: con la crisi si rischia l’aumento del lavoro forzato
  •  Nord Kivu: il Jesuit Refugee Service lancia l’allarme per la situazione degli sfollati
  •  Dedicata alle madri l’odierna Giornata mondiale della famiglia
  •  Pime: 100 biciclette per la Guinea Bissau
  •  Quarta edizione delle "Università di Lourdes per la pace"
  •  All’Aquila i carabinieri recuperano una tela del 1600 sul Battesimo di Costantino
  •  Inaugurato il Festival di Cannes con il cartoon "Up"
  • 24 Ore nel Mondo

  •  Ennesimo crollo del Pil dei Paesi europei nel primo trimestre del 2009
  • Il Papa e la Santa Sede



     Benedetto XVI lascia la Terra Santa: non più guerra! Non più terrorismo! Prego per un futuro senza muri. Al Santo Sepolcro: Cristo è risorto!

    ◊    Sono venuto come amico di israeliani e palestinesi, e come tale lancio questo appello: “Non più terrorismo! Non più guerra!”: è quanto ha detto il Papa al presidente israeliano Shimon Peres nella cerimonia di congedo all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, a conclusione del suo pellegrinaggio in Terra Santa. In mattinata Benedetto XVI aveva visitato il Santo Sepolcro, uno dei momenti più toccanti del suo viaggio. Davanti alla Tomba vuota di Gesù ha ribadito: Cristo è risorto! Qui la storia dell’umanità è cambiata: l’amore è più forte della morte. Ma diamo la linea al nostro inviato a Gerusalemme Roberto Piermarini.  
     
    “No more bloodshed! No more fighting...
    Non più spargimento di sangue! Non più scontri! Non più terrorismo! Non più guerra! Rompiamo invece il circolo vizioso della violenza. Possa instaurarsi una pace duratura basata sulla giustizia, vi sia vera riconciliazione e guarigione”.
     
     
    Questo l’accorato appello del Papa dall’aeroporto di Tel Aviv prima di lasciare la Terra Santa. Al termine di questo lungo viaggio sulle orme di Gesù, Benedetto XVI ha invocato che sia universalmente riconosciuto che lo Stato di Israele abbia il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza all’interno di confini internazionalmente riconosciuti e che anche al Popolo palestinese possa essere ugualmente riconosciuto il diritto a una patria indipendente sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. Che “la soluzione a due Stati” - ha esortato Benedetto XVI - divenga realtà e non rimanga un sogno”. Ripercorrendo le tappe del suo viaggio, il Papa non ha nascosto che “una delle visioni più tristi visitando queste terre, è stato il muro. Mentre lo costeggiavo - ha detto - ho pregato per un futuro in cui i popoli della Terra Santa possano vivere insieme in pace e armonia senza la necessità di simili strumenti di sicurezza e separazione, ma rispettandosi e fidandosi l’uno dell’altro, nella rinuncia ad ogni forma di violenza e di aggressione”.  
     
    “Know how hard it will be...
    So quanto sarà difficile raggiungere quell’obiettivo – ha detto il Papa rivolgendosi al presidente israeliano Peres - So quanto sia difficile il Suo compito e quello dell’Autorità Palestinese. Ma Le assicuro le mie preghiere e le preghiere dei cattolici di tutto il mondo”.
     
     
    Benedetto XVI ha ricordato anche la sua visita al Memoriale dell’Olocausto a Yad Vashem dove ha incontrato i sopravvissuti della Shoah”: 
     
    “Those deeply moving encouters brought back...
    Quegli incontri profondamente commoventi hanno rinnovato ricordi della mia visita di tre anni fa al campo della morte di Auschwitz, dove così tanti Ebrei – madri, padri, mariti, mogli, fratelli, sorelle, amici – furono brutalmente sterminati sotto un regime senza Dio che propagava un’ideologia di antisemitismo e odio”.
     
     
    Quello spaventoso capitolo della storia – ha detto il Papa - non deve essere mai dimenticato o negato. Al contrario, quelle buie memorie devono rafforzare la nostra determinazione ad avvicinarci ancor più gli uni agli altri come rami dello stesso olivo, nutriti dalle stesse radici e uniti da amore fraterno”. 
     
    “As Christians we know that the peace for which...
    Come cristiani, sappiamo che la pace alla quale anela questa terra lacerata da conflitti ha un nome: Gesù Cristo. 'Egli è la nostra pace', che ci ha riconciliati con Dio in un solo corpo mediante la Croce, ponendo fine all’inimicizia. In quella tomba vuota la Chiesa in Terra Santa è chiamata a seppellire tutte le sue ansie e paure, per risorgere nuovamente ogni giorno e continuare il suo viaggio per le vie di Gerusalemme, della Galilea ed oltre, proclamando il trionfo del perdono di Cristo e la promessa di una vita nuova”.
     
     
    Così il Papa questa mattina nella Basilica del Santo Sepolcro in uno degli ultimi atti del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Il Papa è entrato in corteo nella storica Basilica al centro della Città Santa. Sulla porta lo hanno accolto i Padri di Terra Santa ed i rappresentanti della Chiesa Greco-ortodossa ed Armena apostolica, responsabili dello “statu quo” nella Basilica. Nell’atrio, ai piedi del Golgota, si è inchinato a baciare la pietra dell’Unzione, poi, visibilmente commosso, è entrato nell’edicola che custodisce il Santo Sepolcro. Si è inginocchiato sul sarcofago, ne ha baciato la pietra che lo ricopre ed è restato a lungo in preghiera. Una contemplazione al mistero della Risurrezione del Signore. “Qui Cristo morì e risuscitò, per non morire mai più. - ha detto - Qui la storia dell’umanità fu definitivamente cambiata. Il lungo dominio del peccato e della morte venne distrutto dal trionfo dell’obbedienza e della vita; il legno della croce svela la verità circa il bene e il male". Quindi ha lanciato ancora un messaggio di speranza: 
     
    “May hope rise up ever anew,...
    Possa la speranza levarsi sempre di nuovo, per la grazia di Dio, nel cuore di ogni persona che vive in queste terre! Possa radicarsi nei vostri cuori, - ha affermato - rimanere nelle vostre famiglie e comunità ed ispirare in ciascuno di voi una testimonianza sempre più fedele al Principe della Pace. Il Vangelo ci dice che un futuro di giustizia, di pace, di prosperità e di collaborazione può sorgere per ogni uomo e donna e per l’intera famiglia umana”.   
     
    Quindi si è recato al Golgota per raccogliersi in preghiera sul luogo del Calvario, ai piedi della croce. Segno di questo pellegrinaggio di un Papa, che si è chinato sulle sofferenze di questa terra.

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     Gli incontri del Papa con il Patriarcato greco-ortodosso e armeno apostolico: la divisione dei cristiani è una vergogna, raddoppiamo l'impegno per la piena comunione

    ◊    Due importanti incontri ecumenici hanno caratterizzato l’ultimo giorno di permanenza di Benedetto XVI a Gerusalemme. Il Papa si è recato questa mattina dapprima al Patriarcato greco-ortodosso della Città Santa, dove è stato accolto dal Patriarca Teofilo III e dai capi delle comunità cristiane di Terra Santa. Quindi - dopo la sosta al Santo Sepolcro - ha visitato la Chiesa patriarcale degli Armeni Apostolici, retta dal Patriarca Torkom Monoukian. La cronaca dei due avvenimenti nel servizio di Alessandro De Carolis:  
     
    C’è una “comunione” che nasce dall’unico retaggio della fede in Cristo e c’è una “vergogna” provocata dalla rottura, mille anni or sono, di quella iniziale unità. Ma più forte, c’è la consapevolezza della presenza dello Spirito Santo che spinge le Chiese divise verso la piena “riconciliazione”. Con queste convinzioni si è rivolto Benedetto XVI ai leader delle comunità cristiane che vivono in Terra Santa e in particolare ai cristiani greco-ortodossi, guidati da Sua Beatitudine Teofilo III, a capo di 40 mila fedeli sparsi fra Israele, Giordania e Cisgiordania. Lasciandosi ispirare dalla vicina Basilica del Santo Sepolcro, che ricorda il mistero della Morte e della Risurrezione di Gesù, il Papa si è soffermato sulla responsabilità dell’annuncio del Vangelo, scaturita - ha detto - dal soffio dello Spirito Santo di Cristo sugli Apostoli: 
     
    “In that breath, through the redemption that unites…
    In quell’alito, mediante la redenzione che unisce, sta la nostra missione! Non meraviglia, perciò, che sia precisamente in presenza del nostro ardente desiderio di portare Cristo agli altri, di render noto il suo messaggio di riconciliazione, che noi sperimentiamo la vergogna della nostra divisione”.  
     
    Un’ammissione forte, quella del Pontefice, che tuttavia ha sottolineato come non solo sia immutata anche per i cristiani di oggi la consegna di annunciare la riconciliazione di Cristo, ma anche l’imperativo di ricomporre l’unità della Chiesa:
     
     
    “We shall find the strength to redouble our efforts…
    Noi dobbiamo trovare la forza di raddoppiare il nostro impegno per perfezionare la nostra comunione, per renderla completa, per recare comune testimonianza all’amore del Padre, che invia il Figlio affinché il mondo conosca il suo amore per noi”. 
     
    Per valutare lo stato attuale dei rapporti ecumenici, il Papa era partito dalla storia e dagli abbracci, “di grande significato simbolico”, che in passato a Gerusalemme si scambiarono Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora e, non molti anni fa, Giovanni Paolo II e il Patriarca Diodoros. Anche la presenza, lo scorso ottobre al Sinodo dei Vescovi in Vaticano, del Patriarca ecumenico Bartolomeo I è stata, ha affermato Benedetto XVI, segno dell’“ampiezza” della comunione “già presente” fra cattolici e ortodossi. Un’intesa che il Papa ha notato intanto nei lavori della Commissione internazionale congiunta per il Dialogo teologico ed ha auspicato in particolare per le comunità cristiane di Terra Santa, con le sue ricadute sociali e civili:
     
     
    “I pray that the aspirations of the Christians of Jerusalem…
    Prego perché si comprenda che le aspirazioni dei Cristiani di Gerusalemme sono in sintonia con le aspirazioni di tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro religione: una vita contrassegnata da libertà religiosa e da coesistenza pacifica, e - in particolare per le giovani generazioni - il libero accesso all’educazione e all’impiego, la prospettiva di una conveniente ospitalità e residenza familiare e la possibilità di trarre vantaggio da una situazione di stabilità economica e di contribuirvi”.
     
     
    Il penultimo atto prima del trasferimento all’aeroporto per il discorso di congedo dalla Terra Santa, Benedetto XVI lo ha vissuto al cospetto dell’anziano Patriarca armeno-apostolico, Torkom Manoukian, nato in Iraq 90 anni fa. Alcune centinaia di fedeli hanno accolto con cordialità il Pontefice nell’antica Chiesa patriarcale di San Giacomo, “cuore” della comunità degli Armeni apostolici di Terra Santa che conta circa 10 mila fedeli: 
     
    “Our meeting today, characterized by an atmosphere…
    Il nostro odierno incontro, caratterizzato da una atmosfera di cordialità ed amicizia, è un ulteriore passo nel cammino verso l’unità che il Signore desidera per tutti i suoi discepoli. Negli ultimi decenni, abbiamo sperimentato, per grazia di Dio, una significativa crescita nelle relazioni tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Apostolica Armena”. 
     
    Una Chiesa della quale il Papa ha messo in risalto tanto la storia “illustre” quanto il “deciso impegno” nel dialogo teologico, sia sul versante cattolico che su quello ortodosso:
     
     
    “This dialogue, sustained by prayer…
    Questo dialogo, sostenuto dalla preghiera, ha fatto progressi nel superare il fardello di malintesi passati ed offre molte promesse per il futuro (...) Affidiamo insieme il lavoro della Commissione Mista ancora una volta allo Spirito di sapienza e verità, perché possa portare frutti abbondanti per la crescita dell’unità dei Cristiani e far progredire l’espansione del Vangelo fra gli uomini e le donne del nostro tempo”.
     
    Gli incontri di questa mattina, a Gerusalemme, sono stati ulteriori tasselli del complesso mosaico di relazioni ecumeniche che legano la Chiesa alle varie confessioni cristiane. Sull’importanza di questi contatti, il nostro inviato in Israele, Roberto Piermarini, ha chiesto una opinione al cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani:  
     
    R. - Hanno confermato i nostri buoni rapporti, che abbiamo costruito negli ultimi anni, e ci danno una ulteriore spinta a continuare il nostro dialogo. Nel dialogo ecumenico non sono importanti soltanto i documenti, ma i contatti personali e l’amicizia reciproca. E questo è stato approfondito durante questa visita in Terra Santa.
     
    D. - Eminenza, la Chiesa di Terra Santa, che ha molti problemi al suo interno, la vede sensibile all’ecumenismo?
     
    R. - Diversi problemi toccano tutti i cristiani - cattolici, ortodossi, protestanti - e quando vengo qui, a Gerusalemme, noto che tutti i rappresentanti delle Chiese hanno problemi analoghi: quello dei visti, delle separazioni delle famiglie ed altro. E tutti tengono molto all’aiuto della Chiesa cattolica, perché è una Chiesa universale, che ha rappresentanza diplomatica e così via. Chiedono il nostro sostegno e ne sono grati.
     
    D. - Cosa prova lei, personalmente, nel vedere che nella terra di Gesù le Chiese sono ancora divise?
     
    R. - Questo per me è sempre un grande scandalo. Abbiamo migliorato i rapporti negli ultimi anni, ma c’è molto da fare. Sono ancora molti i pregiudizi, i sospetti, che hanno una lunga storia. Possiamo rispondere a queste sfide soltanto se siamo uniti e non gli uni contro gli altri.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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     Twal: messaggio di speranza dal Papa nella consapevolezza che non si può restare in Terra Santa senza la croce

    ◊    Ma quale messaggio il Papa lascia alla Terra Santa? Roberto Piermarini lo ha chiesto al patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal:  
     
    R. – Lascia un messaggio di speranza. Non dobbiamo aspettarci miracoli, dopo la sua partenza, ma lui ha seminato tanto, e tocca a noi dare al Signore il tempo e il momento per raccogliere quello che abbiamo seminato, tutti insieme. I suoi contatti con la Chiesa locale e con le autorità civili sono stati per me molto positivi. Ha lasciato una speranza per tutti quanti, sia in Giordania, sia in Israele che a Betlemme. Poi, nell’incontro formale con il primo ministro Netanyahu, ha toccato argomenti che riguardano la vita della Chiesa locale. Per noi è indispensabile e siamo sempre in attesa e con la speranza.
     
    D. – Qual è la consegna che lascia Benedetto XVI alla Chiesa di Terra Santa?
     
    R. – Lascia questo appello a resistere, a rimanere, a essere consapevoli che non possiamo restare in questa terra senza la croce. Dobbiamo capirlo e accettare questa sfida, una sfida storica. Tocca a noi accettarla. E’ vero che la situazione è sempre difficile, sempre drammatica. Anche il Santo Padre e il seguito hanno avuto la conoscenza diretta di queste difficoltà, di questa complessità che noi viviamo ogni giorno. E allora lo sentiamo più vicino a noi e sentiamo la Chiesa universale più vicina a noi. Certamente, questa voce del Santo Padre deve arrivare a tutta la Chiesa universale, a tutti i cristiani, per chiedere loro più preghiere per la Terra Santa, più solidarietà in tutti i sensi.
     
    D. – Mons. Twal, c’è un’immagine di questo viaggio che le è rimasta impressa, che le è rimasta nella memoria?
     
    R. – L’immagine del Santo Padre è quella del sorriso. Noi in alcuni momenti eravamo nervosi, eravamo impazienti, ma lui aveva una serenità interna fantastica. E questo per me è lo specchio di un’altra unione con Qualcuno che gli dà queste forza e questa serenità.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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     Pizzaballa: il Papa mostra che la pace in Terra Santa non è un'utopia

    ◊    Un viaggio molto intenso quello di Benedetto XVI, iniziato l’8 maggio ad Amman. Ascoltiamo in proposito la riflessione del Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa, al microfono di un altro dei nostri inviati, Sean Lovett:  
     
    R. - E’ vero, è stata una settimana molto intensa. All’inizio eravamo, come sempre in questo Paese, un po’ in ansia; ci chiedevamo come sarebbe stato ricevuto il Papa. Devo dire che il bilancio è assolutamente positivo. Il Papa è riuscito a dare una parola chiara, forte, innanzitutto ai cristiani di Terra Santa e poi in questo contesto interreligioso anche a musulmani ed ebrei. Senza cadere nella retorica ha detto le cose che si devono dire. Una parola chiara, con quello spirito di libertà, di serenità, che ha lasciato un senso di gratitudine ma di libertà anche nell’ascoltatore.
     
    D. - In questa settimana la parola “shalom”, “salaam”, “pace”, “peace”, l’abbiamo letta e sentita più volte. Può cambiare qualcosa?
     
    R. - La pace vera qui richiederà sicuramente molto tempo. Quella pace che è basata sulle integrità, sulla dignità delle persone, su rapporti assolutamente liberi, sulla fiducia. Questo richiederà molto tempo, però bisogna prepararla. Questi segni, questi gesti, la visita del Papa, ad esempio, sono delle tappe importanti che indicano la meta e, soprattutto, fanno vedere che è possibile; non è un sogno, un’utopia, ma se lo vogliamo può essere realtà.
     
    D. - Di tutti i luoghi meravigliosi che abbiamo visto, di tutti i momenti meravigliosi che abbiamo vissuto, qual è la cartolina, la fotografia che lei personalmente farà ingrandire, incorniciare per mettere sulla parete della sua stanza?
     
    R. - Ci sono diversi momenti. Uno è il Cenacolo che è forse il momento più povero dal punto di vista esterno ma anche molto intenso, molto bello, molto forte. L’altro è la Messa a Nazareth, questo mare oceanico di fedeli… Questi due momenti fanno vedere due lati di questa vita. Il Cenacolo fa vedere la povertà, le difficoltà, la solitudine. A Nazareth, invece, abbiamo visto la bellezza, l’entusiasmo, la passione che c’è. La Terra Santa è tutte e due queste cose.

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     Santuario dell’Annunciazione. Il Papa ai cristiani: abbiate il coraggio di restare in questa terra sull'esempio di Maria

    ◊    La giornata di ieri si è conclusa con la celebrazione dei Vespri nella Grotta dell’Annunciazione, nel Santuario di Nazareth. Benedetto XVI ha incoraggiato ancora una volta i cristiani a rimanere in Terra Santa, indicando in Maria un esempio da seguire. Il Papa si è inoltre soffermato sul “mistero gioioso” dell’Incarnazione con il quale Dio è in entrato in una nuova permanente relazione con noi. Il servizio di Alessandro Gisotti:  
     
    (Ave Maria) “Avvenga di me secondo la tua parola”: il “sì” di Maria che ha cambiato la storia dell’umanità risuona ancora tra le rocce della Grotta dell’Annunciazione. E’ un luogo nascosto, “lontano dagli sguardi del mondo”, che Benedetto XVI visita con sentimenti di “profonda commozione”. Qui, in questa Grotta di Nazareth, rammenta il Santo Padre, “la Parola di Dio si è fatta carne ed è venuta ad abitare fra noi”. Il Papa rivolge, dunque, il suo affettuoso pensiero ai cristiani di Terra Santa e li incoraggia a trovare in Maria l’esempio per affrontare le difficoltà:
     
     
    “In the State of Israel and the Palestinian Territories…”
    “Nello Stato di Israele e nei Territori palestinesi – osserva il Papa – i cristiani formano una minoranza della popolazione”. A volte, riconosce, “vi sembra che la vostra voce conti poco. Molti dei vostri amici cristiani sono emigrati, nella speranza di trovare altrove maggiore sicurezza e migliori prospettive”. “La vostra situazione – rileva il Papa – richiama alla mente quella della giovane vergine Maria, che condusse una vita nascosta a Nazareth, con ben poco per il suo quotidiano quanto a ricchezza e ad influenza mondana”.Quindi, ha levato un’esortazione:
     
     
    “Have the confidence to be faithful to Christ and to remain here…”
    “Abbiate il coraggio di essere fedeli a Cristo e di rimanere qui nella terra che Egli ha santificato con la sua stessa presenza! Come Maria – ha proseguito – voi avete un ruolo da giocare nel piano divino della salvezza, portando Cristo nel mondo, rendendo a Lui testimonianza e diffondendo il suo messaggio di pace e di unità”. Benedetto XVI ha rinnovato il suo appello all’unità affinché la Chiesa nella Terra Santa possa essere riconosciuta come un segno di comunione con Dio e con tutto il genere umano:  
     
    “Your unity in faith, hope and love is a fruit…”
    “La vostra unità nella fede, nella speranza e nell’amore – ha detto ancora – è un frutto dello Spirito Santo che dimora in voi e vi rende capaci di essere strumenti efficaci della pace di Dio, aiutandovi a costruire una genuina riconciliazione tra i diversi popoli che riconoscono Abramo come loro padre nella fede”. Il Papa ha offerto quindi una appassionata riflessione sul Mistero dell’Incarnazione, una nuova Creazione, ha detto, in cui Dio si è unito con la nostra umanità creata ed è entrato in una “permanente nuova relazione con noi”:  
     
    “The wonder of the Incarnation continues to challenge us…”
    “Il prodigio dell’Incarnazione – ha affermato – continua a sfidarci ad aprire la nostra intelligenza alle illimitate possibilità del potere trasformante di Dio, del suo amore per noi, del suo desiderio di essere in comunione con noi”. Questo “gioioso mistero”, ha detto il Papa, ci dà "la sicura speranza che Dio continuerà a condurre la nostra storia”, che il suo amore ci renderà una cosa sola con Lui e ci riempirà con la sua vita. 
     
    (Magnificat)

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     L'incontro con i capi religiosi. Il Papa: salvaguardare i bambini da fanatismo e violenza

    ◊    La suggestiva immagine del Papa che stringe la mano del rabbino David Rosen e di un imam della Galilea ha concluso l’incontro, ieri pomeriggio, nell’auditorium nel Santuario dell’Annunciazione a Nazareth, con i capi religiosi della Galilea, in rappresentanza di cristiani, musulmani, ebrei e drusi. Benedetto XVI ha ricordato che la pace è un dono di Dio che l’uomo deve realizzare col suo impegno. Quindi ha sottolineato la necessità di salvaguardare i bambini da fanatismo e violenza. Il servizio di Sergio Centofanti.  
     
    L’incontro con i capi religiosi della Galilea è stato caratterizzato in particolare dalla sfida educativa: il Papa ha affermato che plasmando i cuori dei giovani si plasma “il futuro della stessa umanità”: 

    "Christians readily join Jews, Muslims, Druze...
    I Cristiani volentieri si uniscono ad Ebrei, Musulmani, Drusi e persone di altre religioni nel desiderio di salvaguardare i bambini dal fanatismo e dalla violenza, mentre li preparano ad essere costruttori di un mondo migliore”.
     
     
    Ma se la pace è “un dono di Dio” - ha aggiunto - “non può essere raggiunta senza lo sforzo umano:
     
     
    "Lasting peace flows from the recognition...
    Una pace durevole proviene dal riconoscimento che il mondo non è ultimamente nostra proprietà, ma piuttosto l'orizzonte entro il quale noi siamo invitati a partecipare all'amore di Dio e a cooperare nel guidare il mondo e la storia sotto la sua ispirazione. Non possiamo fare con il mondo tutto quello che ci piace; anzi, siamo chiamati a conformare le nostre scelte alle complesse e tuttavia percettibili leggi scritte dal Creatore nell'universo e a modellare le nostre azioni secondo la bontà divina che pervade il regno del creato”.
     
     
    Benedetto XVI ha ribadito che “la creazione ha una ragione ed uno scopo. Lungi dall'essere il risultato di un fato cieco, il mondo è stato voluto da Dio e rivela il suo splendore glorioso”.
     
     
    In questo contesto, ha incoraggiato i rappresentanti delle diverse tradizioni religiose a promuovere una "cultura della pace", “ad esercitare il vicendevole rispetto”, “ad alleviare le tensioni concernenti i luoghi di culto, garantendo così un ambiente sereno per la preghiera e la meditazione” operando per “l'unità della famiglia umana”. L’incontro si è concluso con tutti i presenti che si sono stretti le mani levandole in alto - il Papa era vicino al rabbino Rosen e ad un imam – mentre un canto faceva risuonare con gioia le parole “Shalom, Salaam, Peace”.
     
    (canto)

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     Pace in Medio Oriente al centro dell'incontro tra il Papa e Netanyahu

    ◊    Nel pomeriggio di ieri il Papa ha avuto a Nazareth un incontro personale con il premier israeliano Benjamin Netanyahu: il colloquio è durato circa 15 minuti. Si è parlato del processo di pace in Medio Oriente anche alla luce degli incontri avuti in questo periodo con altri leader. E’ durato invece 20 minuti l’incontro tra le due delegazioni: quella vaticana era composta dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, dal sostituto mons. Fernando Filoni, dal nunzio in Israele mons. Antonio Franco e da mons. Wells, officiale della Segreteria di Stato; quella israeliana era composta da sei persone. Sono stati affrontati i temi trattati dalla Commissione bilaterale per l’attuazione dell’Accordo Fondamentale tra Santa Sede e Israele.

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     Padre Lombardi: viaggio del messaggio e dell'ascolto

    ◊    Sul messaggio lasciato dal Papa alla Terra Santa ecco la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al microfono di Roberto Piermarini:  
     
    R. – Il messaggio che il Papa ha dato è stato un messaggio molto corrispondente a quello che egli aveva annunciato, un messaggio di pace, con molte sfaccettature diverse: pace fra gli Stati, pace fra le diverse religioni, pace fra i diversi riti della Chiesa cattolica e le diverse confessioni cristiane. Però, non è stato solo il viaggio del messaggio del Papa, che parla agli altri, ma è stato molto un viaggio del Papa che ascolta. Benedetto XVI è una persona che ascolta molto, con molta attenzione. Le persone che incontra sono persone che egli ascolta, da cui egli riceve molto. Ebbene, in questo viaggio lui ha ascoltato tantissimo. Ha ascoltato gli uomini politici di tre Stati differenti: la Giordania, Israele e i Territori palestinesi, con le loro tensioni; uomini religiosi, di tre religioni differenti, gli ebrei, i rabbini, i muftì, i capi musulmani in Giordania, in Israele e nei territori, i cristiani dei diversi riti, con i loro problemi differenti, delle diverse confessioni. Un ascolto continuo, ricchissimo, fatto con grande pazienza e con grande attenzione. E questo gli ha dato, credo, una grande esperienza, molto profonda, di cosa è la realtà umana e spirituale della Terra Santa e quindi qual è poi la profondità a cui si deve porre il cammino di pace, come ricerca di dimensioni, di ascolto, di intesa e di dialogo spirituale, culturale, sociale, politico e così via. Quindi, viaggio del messaggio e viaggio dell’ascolto. Queste sono le due dimensioni fondamentali, che mi sembra risultino, per quanto riguarda il Papa e il modo in cui ha camminato.
     
    D. – Un pellegrinaggio sulle orme di Gesù qui in Terra Santa, ma anche un pellegrinaggio ai santuari delle altre due religioni monoteiste…
     
    R. – Esattamente. Il Papa è venuto qui, come vengono tutti i cristiani, tutti i credenti, per ritrovare i luoghi fondamentali della nostra fede. Questo, però, è rimasto molto discreto, quasi sottotraccia, quasi meno evidente, perchè non era l’aspetto che richiamava di più l’attenzione del grande pubblico, della stampa internazionale. Il Papa è stato anche pellegrino ai luoghi santi delle altre grandi religioni con cui parlava: è stato a Yad Vashem, è stato al muro occidentale, è stato nella moschea in Giordania, è stato nella Cupola della Roccia. Quindi, è andato proprio in quei luoghi per i quali egli chiede per tutti la libertà di accesso. Il Papa, e la Chiesa, chiede anche lo statuto speciale per Gerusalemme e la possibilità di libero accesso ai luoghi santi delle tre religioni. Il Papa è stato pellegrino ai luoghi santi delle tre religioni. Direi che ha dato un grande esempio di che cosa vuol dire anche atteggiamento di dialogo interreligioso.
     
    D. – Soprattutto, nella stampa araba ha colpito molto il coraggio di questo Papa nel suo incontro con il popolo palestinese...
     
    R. – Certamente, credo anch’io che sia stato un viaggio di coraggio e di speranza allo stesso tempo. Il Papa era consapevole di venire in una situazione ricca di tensioni. Non è un momento facile per il Medio Oriente, per la Terra Santa e per Gerusalemme. Il Papa lo sapeva molto bene e ci si era anche domandati se era opportuno che egli venisse. Però, come già il suo predecessore, tutte le volte in cui ci sono stati dei dubbi e le persone prudenti, e anche ben intenzionate, dicevano: “Ma no, abbiamo prudenza, rimandiamo...” ha scelto nella direzione del coraggio, che è un coraggio cristiano, che è una testimonianza di fede e di speranza e mi pare proprio che abbia avuto ragione, perché poi il suo messaggio passa, il suo messaggio viene capito come un messaggio di amore, di speranza e di pace. Il Papa nei territori palestinesi ha ribadito delle linee che non sono particolarmente nuove, sono quelle della linea della Santa Sede sui temi delle vie con cui trovare la pace nella giustizia in queste terre. Dire, però, queste cose, davanti al muro, dirle nel campo dei rifugiati, dirle incontrando anche gli uomini politici d’Israele non è facile, ma i discorsi del Papa sono stati sempre estremamente equilibrati e quindi accettabili e rispettati dall’una e dall’altra parte. Egli ha sempre detto che si deve cercare veramente la pace e la riconciliazione per tutti, per l’una e per l’altra parte.
     
    D. – Quale messaggio lascia Benedetto XVI alla Chiesa locale della Terra Santa?
     
    R. – L’incontro con la Chiesa locale è diventato sempre più evidente, soprattutto negli ultimi giorni: il giorno di Betlemme e il giorno di Nazareth, con le grandi celebrazioni, e quella di Gerusalemme, la sera prima, che ne è stata un’introduzione. Direi invece che la Messa di Betlemme e la Messa di Nazareth sono state delle grandi feste, grandi. Non c’erano mai state. Sono state anche più grandi di quelle avvenute con Giovanni Paolo II. Questa è una cosa da osservare: Giovanni Paolo II era il primo Papa che apriva certe vie, il primo che andava al Muro del Pianto, il primo che andava nella moschea e così via. Quindi, Benedetto XVI non aveva l’effetto novità che poteva avere Giovanni Paolo II, però ha confermato una continuità, l’andare avanti sulla stessa linea. E per quanto riguarda la Chiesa va avanti anche con questi grandi momenti di festa e di celebrazione comune, numerosa, per delle comunità che sono in minoranza e che si sentono piccole, povere e disperse. Quindi, credo un momento di grande fiducia, vissuto dalle comunità cristiane locali, che è proprio quello che il Papa desiderava dare loro: una fiducia garantita dalla fede, evidentemente, ma anche con quella esperienza umana e cristiana dell’essere insieme nella celebrazione, che segna con questa esperienza vissuta e visibile una tappa di speranza che cresce.

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     Nomine

    ◊    Benedetto XVI ha nominato consultori della Congregazione per le Chiese Orientali mons. Christo Proykov, esarca apostolico di Sofia per i cattolici di rito bizantino-slavo residenti in Bulgaria e presidente della Conferenza episcopale di Bulgaria, e l’arciprete Mitrato Vasyl Hovera, delegato del dicastero per i greco-cattolici in Asia Orientale.

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     Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊    In prima pagina, un editoriale del direttore sul viaggio in Terra Santa.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, lo Sri Lanka: sempre più critica, a causa dei combattimenti, la situazione dei civili.

    Anno paolino e Fiera del libro: in cultura, un articolo di Andrea Gianni dal titolo "Quel compito 'che più grande non si può pensare'".

    Quando Gerusalemme era a Roma: Timothy Verdon sui pellegrini fra Gerusalemme e Roma.

    Tutto si costruisce tranne le origini; la vita secondo Heidegger: l'intervento di Silvano Petrosino all'incontro "Abitare la Terra, dominare il mondo".

    Se sei in tempo ciclismo salvati: Sergio Zavoli richiama le memorie del Giro d'Italia.

    Quando passa Nuvolari: Gaetano Vallini sull'edizione 2009 della leggendaria Mille Miglia.

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    Oggi in Primo Piano



     Sri Lanka: migliaia di civili bloccati nella zona di guerra

    ◊    L'intera zona di sicurezza dello Sri Lanka nord-occidentale, dove è trincerato l'esercito di liberazione delle Tigri tamil, “è in fiamme” dalle prime ore di oggi. “Centinaia di civili sono rimasti uccisi in un massacro causato dalle forze armate srilankesi”. A comunicarlo è un’agenzia di stampa vicina alla guerriglia. I ribelli sono assediati dall'esercito in una striscia di costa di 4 chilometri quadrati, dove si concentrano 50.000 civili secondo l'Onu, 20.000 secondo le autorità di Colombo. Per un’analisi sulla situazione nell’area, Salvatore Sabatino ha raggiunto telefonicamente a Battikaloa Pino Ungaro, capo delegazione della missione della Croce Rossa italiana in Sri Lanka:  
     
    R. – Il numero dei profughi non è molto preciso però si parla di circa 250 mila persone che in questo momento sono bloccate nella zona di guerra. Questa grossa popolazione viene rilasciata con molta lentezza sia da parte delle autorità governative sia dai ribelli. Quindi noi, come Croce Rossa, non entriamo in merito a questo conflitto però, logicamente, siamo abbastanza preoccupati per questo numero di profughi che è enorme.
     
    D. – Cosa vi raccontano le persone che giungono da voi e che sfuggono dall’inferno dei combattimenti. Quale è la situazione?
     
    R. – Qui parliamo di famiglie molto povere: sono pescatori, vivono dei gamberi che vengono pescati in quella zona e poi portati a Colombo. Quindi gente poverissima. In più si è aggiunto il fatto che sono terrorizzati e poi si trovano in una situazione molto strana perché hanno il mare a destra e la laguna a sinistra. Non sanno dove andare: al nord non possono andare e neanche al sud, per cui sono completamente bloccati.
     
    D. - Le notizie che arrivano nelle ultime ore riferiscono di combattimenti feroci, di centinaia di morti...
     
    R. – I rapporti che vengono fatti dalle Nazioni Unite e dal Comitato internazionale della Croce Rossa concordano con queste notizie. Diciamo che il governo vuole chiudere questa pagina.
     
    D. – Infatti, proprio dal governo giunge la notizia che i civili rimasti intrappolati saranno liberati entro 48 ore. Una notizia di speranza ma sarà davvero così?
     
    R. – Io lo spero perché sinceramente mi sento estremamente mortificato per questa povera gente perché ormai, dopo due anni e mezzo che sono qua, li conosco, sono terrorizzati. Io ho dei dubbi su queste affermazioni del governo ma dubito anche delle affermazioni che fanno i ribelli. Il problema è che 250 mila persone sono una cifra impensabile da poter gestire.

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     Incontro a Mosca tra il nunzio e l’arcivescovo ortodosso Hilarion

    ◊    Si è svolto mercoledì scorso a Mosca presso il monastero di San Daniel, in un clima molto sereno e cordiale, l’incontro tra l’arcivescovo ortodosso Hilarion, neo-presidente del dipartimento delle Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca e il nunzio apostolico nella capitale russa, l'arcivescovo Antonio Mennini. Ce ne parla Paolo Ondarza:


    L’incontro, richiesto dal nunzio, si è svolto - come conferma anche un comunicato del Patriarcato di Mosca - “in un clima di reciproca comprensione e apertura”. Le parti hanno discusso sullo stato attuale delle relazioni tra ortodossi e cattolici in Russia, nonché su questioni relative alle prospettive per il futuro del dialogo teologico cattolico-ortodosso intrapreso dalla Commissione teologica mista. L’arcivescovo Antonio Mennini: 

    “L’incontro è stato improntato in un’atmosfera molto cordiale, molto aperta. Abbiamo sottolineato la positività del lavoro della Commissione mista locale cattolico ortodossa. L’arcivescovo Hilarion si è detto d’accordo sull’opportunità di procedere ad una riunione prima dell’estate, entro giugno. La Commissione - ha sottolineato - ha dato buoni frutti per superare malintesi, pregiudizi tra le parti. Poi ha rilevato che le relazioni con la nunziatura e con l’arcivescovo, a Mosca, sono molto migliorate. Il clima è amichevole, è favorevole al proseguimento, alla ricerca di nuove strade di collaborazione”. 

    Nel corso della riunione è stata sottolineata l'importanza di unire gli sforzi per la tutela dei comuni tradizionali valori cristiani:
     
     
    “L’arcivescovo Hilarion ha menzionato la sua idea di fare un’alleanza proprio fra cattolici ed ortodossi perché sono le voci più autorevoli nel mondo cristiano per la difesa dei valori spirituali e morali di fronte all’avanzare del secolarismo e del materialismo. Localmente, ha anche rilevato quanto sia importante che io visiti tanti vescovi ortodossi perché questo alimenta la fiducia. E' stato molto gentile e molto affettuoso”. 

    Il nunzio Antonio Mennini ha consegnato all’arcivescovo Hilarion una serie di lettere: del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, del presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Gianfranco Ravasi, e del segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti. L’incontro lascia dunque ben sperare per la serenità nei rapporti futuri tra Chiesa cattolica e Patriarcato di Mosca, come sottolinea l'arcivescovo Antonio Mennini:
     
     
    “Credo di sì. L’arcivescovo Hilarion ha avuto parole di molta stima verso il Santo Padre; anche i russi lo stimano e lo apprezzano molto, per le sue opere, per la sua fedeltà alla tradizione”.

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    Chiesa e Società



     Spagna: via libera a nuova legge sull'aborto

    ◊    Il governo spagnolo ha dato il via libera al progetto di legge sull'aborto. Il disegno di legge, che in ogni caso non sarà sottoposto all’approvazione del Parlamento prima dell’estate, prevede anche di autorizzare la vendita della “pillola del giorno dopo” senza bisogno di una ricetta medica. I vescovi spagnoli e le associazioni pro vita hanno subito espresso la loro contrarietà. Le nuove misure prevedono la possibilità di abortire per le donne che abbiano compiuto 16 anni di età fino alla 14.ma settimana di gravidanza. In caso di approvazione del disegno di legge, l’aborto sarà inoltre possibile fino alla 22.ma settimana se verrà accertato un grave rischio per la salute della madre o per malformazioni del feto. La Chiesa cattolica spagnola ha subito promosso varie iniziative contro questo progetto di legge: in questi giorni, in particolare, è stata organizzata una campagna informativa nella quale si sottolinea che “i bambini non nati rimarranno indifesi” mentre animali come la lince iberica sono protetti dalla legge. “La cosa peggiore – ha affermato Alicia Latorre, presidente della Federazione spagnola delle Associazioni in favore della vita – è che si parla dell’aborto come di un diritto”. “Faremo tutto ciò che è in nostro potere – ha aggiunto – per fermare questa legge”. Secondo un sondaggio realizzato dalla società Sigma 2, la legge è respinta da una chiara maggioranza di cittadini. Effettivamente il 43,1% delle donne sono contrarie alla legge. Complessivamente, il 40,5% della popolazione respinge il progetto. Un’altra decisione controversa, presa nei giorni scorsi dal governo spagnolo, è quella di autorizzare la vendita in farmacia della “pillola del giorno dopo” anche a minorenni e senza obbligo di ricetta. A questa decisione sono subito seguite le reazioni della Chiesa e dei movimenti in difesa della vita. L’associazione “Diritto a vivere” ha sottolineato che l’istituzione dell’aborto “libero” costituisce “un’aberrazione medica e umanitaria” che consente alle minorenni di abortire “senza che i genitori siano informati”. La segreteria generale della Conferenza Episcopale Spagnola, per indicazione espressa del Comitato Esecutivo, riunito ieri, ha di nuovo richiamato gli orientamenti che l’episcopato ha reso pubblici dal 1998 al 2001. Il 18 giugno 1998 è stato pubblicato il documento “L’aborto con la pillola è anche un crimine”, dove si sottolinea che l’aborto chimico è tanto immorale come quello “chirurgico” perché si tratta dell'eliminazione di un essere umano innocente. Mesi dopo, nell’ottobre di quello stesso anno, la Commissione Permanente ha poi pubblicato una nota intitolata “Con la pillola si uccide”. Nel dicembre dell’anno 2000, la sottocommissione per la Famiglia e Difesa della Vita della Conferenza Episcopale Spagnola ha pubblicato una nuova Nota su “La pillola del giorno dopo” definita “autentica tecnica abortiva”. Il 27 aprile 2001 un’altra nota dell'Assemblea Plenaria della Conferenza episcopale spagnola: “La pillola del giorno dopo, nuova minaccia contro la vita”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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     Repubblica Dominicana: l'apprezzamento dei vescovi per il sì del Parlamento al rispetto della vita

    ◊    La Conferenza episcopale Dominicana ha inviato una lettera, firmata da tutti i vescovi e rivolta ai membri dell'Assemblea nazionale che sta rivedendo la Costituzione, per congratularsi per la votazione in favore della vita. L'Assemblea della Repubblica Dominicana ha approvato lo scorso 21 aprile, con 167 voti a favore e solamente 32 contrari, il proposito di mantenere inalterato l'articolo 30 della Costituzione che stabilisce l'inviolabilità della vita umana innocente dal concepimento fino alla morte naturale. “Sappiamo che costoro sono sottomessi a molte pressioni nazionali ed internazionali - affermano i vescovi nella lettera ripresa dall’agenzia Fides - che li tacciano di essere antichi, opportunisti, di doppia morale, tra le altre qualifiche di quanti non accettano che il carattere sacro della loro investitura deve rispondere sempre alla verità e agli interessi della nazione”. Per i presuli “ignorare il valore della vita dal momento del concepimento ed approvare l'aborto, significa risalire a migliaia di anni indietro”. I presuli concludono con un Messaggio ai membri dell'Assemblea che hanno detto “si” alla vita davanti alle minacce di quelli che hanno chiamato la popolazione a votare contro: “Non abbiate paura di queste pressioni, perché questo Paese stima tutti quelli che si sono messi dalla parte degli interessi della nazione”. Allo stesso tempo assicurano loro la preghiera e una speciale benedizione “per legiferare secondo il bene comune del nostro popolo dominicano”. (A.L.)

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     Iraq: rapito un maestro cristiano

    ◊    In Iraq quattro terroristi hanno prelevato ieri mattina un maestro cristiano, Namir Nadhim Gourguis. Il sequestro è avvenuto all’interno di una scuola nei pressi di Kirkuk. Dopo poche ore, i rapitori hanno fatto pervenire una richiesta di riscatto: “una cifra molto elevata – sottolinea una fonte locale – che la famiglia non è in grado di pagare”. Mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, ha auspicato che “i tentativi di mediazione possano portare al suo rilascio”. Quest’ultimo episodio è un’ulteriore conferma di come sia sempre più preoccupante la situazione della comunità cattolica in Iraq: nelle ultime settimane diversi caldei - denuncia il quotidiano Avvenire - sono finiti di nuovo nel mirino delle bande armate e della criminalità organizzata. Nei giorni scorsi un giovane è stato assassinato davanti alla propria abitazione. Domenica sera altri tre cristiani sono rimasti uccisi in seguito ad attacchi compiuti a Kirkuk. Azioni che la polizia locale non ha esitato a definire come “atti terroristici”. (A.L.)

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     L’Onu: con la crisi si rischia l’aumento del lavoro forzato

    ◊    In questo tempo di crisi economica aumenta il rischio della diffusione del lavoro forzato. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato dall'agenzia delle Nazioni Unite per il lavoro (Ilo). Le “pratiche immorali, fraudolente e criminali” associate al lavoro starebbero crescendo in ogni Continente: tra le prime vittime dello sfruttamento – denuncia l’Ilo – ci sono gli immigrati irregolari. Ufficialmente, le vittime del lavoro forzato sono almeno 12,3 milioni. L’ammontare delle somme illecitamente sottratte ai lavoratori attraverso la coercizione supera i 20 miliardi di dollari l’anno. Il fenomeno ha assunto ormai una “dimensione mondiale”: in Asia sono più di 6 milioni i lavoratori senza voce né diritti. In America Latina sono circa un milione a lavorare contro la propria volontà. In Africa il numero di persone vittime del lavoro forzato è di almeno mezzo milione. La piaga – denuncia l’agenzia dell’Onu - non risparmia neanche i Paesi più industrializzati dove i casi stimati sono circa 113 mila. Ufficialmente, le legislazioni nazionali “sono state rafforzate” ma in certi casi – si sottolinea nel rapporto ripreso dal quotidiano Avvenire – il reato è definito ancora in modo troppo vago: “Le legislazioni nazionali restano così lettera morta, anche in ragione del potere locale acquisito dalle reti criminali coinvolte”. L’Organizzazione delle Nazioni Unite considera come forzato ogni lavoro eseguito sotto la minaccia di una pena e contro la volontà della persona che “causa indicibili sofferenze”. (A.L.)

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     Nord Kivu: il Jesuit Refugee Service lancia l’allarme per la situazione degli sfollati

    ◊    Nel corso delle ultime tre settimane nel nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, le sedicenti Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (Fdlr), hanno intensificato le rappresaglie contro la popolazione civile in risposta all'offensiva congiunta rwandese-congolese di febbraio. E’ quanto si legge in un comunicato del Jesuit Refugee Service (Jrs), inviato all'Agenzia Fides. L'operazione congiunta congolese-rwandese è frutto di un più ampio accordo tra i due governi, per mettere fine alle attività di un altro movimento ribelle, guidato da Laurent Nkunda, che era appoggiato dal Rwanda. In cambio dell'arresto di Nkunda e della sponsorizzazione di un accordo di pace con il suo movimento, il Rwanda ha ottenuto di poter sferrare un'offensiva contro i ribelli che però si stanno vendicando contro la popolazione innocente. E’ in preparazione – si sottolinea nel testo - un'offensiva nel Kivu meridionale dove i ribelli hanno diverse roccaforti. “Le associazioni per i diritti umani continuano a mettere in guardia sul fatto che un'operazione militare aumenta considerevolmente il rischio di rappresaglie contro la popolazione locale. L'apertura di un altro fronte nel sud rischia di aggravare la già preoccupante situazione umanitaria nel nord”. (A.L.)

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     Dedicata alle madri l’odierna Giornata mondiale della famiglia

    ◊    Le madri svolgono un ruolo fondamentale all’interno della famiglia, che rappresenta un punto di forza per la coesione e l'integrazione sociale. E’ quanto si legge nel messaggio del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in occasione della Giornata mondiale della Famiglia indetta dall’Onu ed incentrata quest’anno sul tema: “Madri e Famiglie: Sfide in un Mondo che Cambia”. “Le madri – si legge nel documento - non solo si prendono cura dei figli ma contribuiscono anche in modo decisivo al loro sostentamento. Eppure le donne continuano ad affrontare grandi, a volte rischiose, sfide durante la maternità”. Il segretario generale delle Nazioni Unite sottolinea che “occorre rendere la gravidanza e il parto più sicuri”: “Il parto – aggiunge Ban Ki-moon – costituisce un grave rischio per la salute di troppe donne nei Paesi in via di sviluppo”. Dopo aver ricordato che il miglioramento della salute materna è l’obiettivo del millennio che ha fatto registrare minori progressi, il segretario generale dell’Onu si sofferma su un altro dramma: la violenza contro le donne, “una delle più dilaganti violazioni dei diritti umani del nostro tempo”. “Ha conseguenze ampie, poiché mette in pericolo la vita di donne e ragazze, nuoce alle famiglie e alle comunità e danneggia il tessuto stesso della società. Prevenire e combattere la violenza contro le donne deve essere una priorità per tutti i Paesi”. Un’altra priorità è quella dell’accesso universale all’istruzione: “I benefici legati all’istruzione di donne e ragazze - si legge nel messaggio - non vanno solo alle famiglie ma anche ai Paesi stessi, liberando il potenziale delle donne nel contribuire agli sforzi per lo sviluppo”. Ban Ki-moon sottolinea anche che le famiglie costruite “sul riconoscimento dell’uguaglianza tra donne e uomini daranno un ulteriore contributo per una società più stabile e produttiva”. Di fronte a queste molteplici sfide da affrontare in un mondo che cambia, un fattore rimane costante: l’importanza delle madri e del loro inestimabile contributo nel crescere le future generazioni. “Ricompensando i loro sforzi e migliorando le loro condizioni di vita – conclude il segretario generale delle Nazioni Unite – possiamo assicurare un migliore futuro per tutti”. (A.L.)

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     Pime: 100 biciclette per la Guinea Bissau

    ◊    “100 anni di Giro - 100 bici per l’Africa”: è l’iniziativa collegata al passaggio del Giro d’Italia a Milano per il 17 maggio. La raccolta di biciclette, usate, ma funzionanti, è lanciata dal Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e permetterà alla popolazione locale di raggiungere più velocemente i villaggi più lontani. L’ecologico mezzo sarà donato specialmente a insegnanti e catechisti, riferisce l’agenzia Misna, che dà notizia della raccolta. Le biciclette saranno prese in consegna, fino a domenica prossima in occasione dell’edizione 2009 della Festa del Mercato equo e solidale organizzata dal Pime, in collaborazione con la “Cooperativa Chico Mendes” di Milano e con Intervita Onlus. Un appuntamento chiamato “Tuttaunaltrafestafamily’ a cui prenderanno parte associazioni, organizzazioni, cooperative e botteghe, che presenteranno progetti e prodotti provenienti da Asia, Africa e America Latina. (A.V.)

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     Quarta edizione delle "Università di Lourdes per la pace"

    ◊    Quarta edizione delle “Universités de Lourdes pour la Paix”, da oggi e fino a domenica prossima, nella cittadina di Bernadette de Soubirous. L’appuntamento annuale è organizzato dal comune di Lourdes. I lavori d’apertura vedranno al centro delle riflessioni, il conflitto israelo–palestinese, uno dei fili conduttori insieme alla questione tibetana. La seconda parte della sessione di studio vede spostarsi il confronto alla vicenda balcanica. Ne parleranno il vescovo di Belgrado, mons. Stanislav Hocevar, e di Banja Luka, mons. Franjo Komarica, con il presidente della Repubblica di Croazia, Stjepan Mesic, insieme a diplomatici serbi, bosniaci e montenegrini. Domani, invece, la seduta pone al centro del dibattito accademico la crisi economico finanziaria. Interverranno: esperti d’economia, di diritto internazionale, di politica e del mondo imprenditoriale, che tracceranno un quadro della situazione mondiale, con particolare attenzione alle aree di guerra e di forte instabilità. L'obiettivo è di delineare dalla discussione, anche con esponenti del mondo universitario, una “nuova finanza”. L’intento delle “Università della Pace” – scottolinea il Sir - è sempre stato quello di offrire soluzioni concrete e condivise alle criticità internazionali. (A.V.)

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     All’Aquila i carabinieri recuperano una tela del 1600 sul Battesimo di Costantino

    ◊    E’ stata recuperata, presso la chiesa di San Silvestro, nel centro storico dell’Aquila, una tela risalente al 1600. Reca la firma di Baccio Ciarpi, che fu allievo di Caravaggio ed ebbe a sua volta come proprio allievo Pietro da Cortona. L’opera artistica ritrae il Battesimo di Costantino. A seguito del violento terremoto, la tela era rimasta agganciata ad altre opere, su un solaio posto alla fine della navata. Le operazioni di recupero hanno richiesto la massima prudenza per non arrecare danni all’opera. Per questo, i movimenti di recupero all’interno della chiesa sono stati predisposti secondo un preciso piano. L’intervento è stato coordinato dal Nucleo tutela patrimonio artistico dei carabinieri, con la collaborazione del Saf dei Vigili del fuoco, uno speciale nucleo speleo-alpino-fluviale. Una volta messo al sicuro, il dipinto è stato trasferito nel caveau del Dipartimento di comando e controllo, dove resta custodito. (A.V.)

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     Inaugurato il Festival di Cannes con il cartoon "Up"

    ◊    Lassù il cielo, lo spazio infinito del sogno, della fantasia, dell’avventura. In basso la terra, il regno della materia, delle creature che la abitano, delle piccole-grandi cose della vita. L’alto e il basso si fondono mirabilmente nella magica animazione tridimensionale di "Up", che ha inaugurato con grande successo la 62.ma edizione del Festival di Cannes. Se il film di Pete Docter, che vede come protagonisti un anziano sognatore e un piccolo boy scout in volo verso il Sud America a bordo di una casa sollevata da migliaia di palloncini colorati, ha coinvolto gli spettatori in una fantasia visionaria segnata da umorismo e commozione, lo stesso non si può dire di altri due film del concorso. Spring Fever di Lou Ye, raccontandoci il malessere esistenziale di un gruppo di giovani cinesi, nel suo confuso, velleitario narcisismo procede rapidamente verso la noia. Thirst di Park Chan-Wook, mettendo in scena le disavventure di un prete vampiro, si consegna senza colpo ferire al ludibrio dell’umorismo involontario. Il festival presenta anche storie che fanno riflettere senza dover forzare i limiti dell’intelligenza e del buon gusto. Ne sono due esempi, complessi ma sicuramente interessanti, Fish Tank di Andrea Arnold e No One Knows About Persian Cats di Bahman Ghobadi. Tratteggiando il ritratto impietoso di un’adolescente ribelle, chiusa fra una famiglia inesistente, un ambiente proletario e un’implacabile sete di libertà, il film della regista inglese si segnala per una robusta sceneggiatura e, soprattutto, per la sorprendente interpretazione femminile. Seguendo le peregrinazioni di due giovani musicisti iraniani alla ricerca di una via di uscita dal loro Paese, Ghobadi immerge invece gli spettatori nel variegato mondo dell’underground musicale iraniano, rivelando insospettati talenti, vocali e strumentali. La giornata di ieri è stata tuttavia segnata anche del ritorno di un grande maestro e dall’esordio di un cineasta che farà parlare di sè. Tetro di Francis Ford Coppola ha inaugurato la Quinzaine de Réalisateurs raccontando il viaggio di un giovane americano in Argentina alla ricerca del fratello scomparso. Huacho di Alejandro Fernandez Almendras ha dato il via alla Semaine Internationale de la Critique seguendo le giornate di un gruppo di bambini che imparano la vita osservando gli adulti. Coppola adatta a un progetto di cinema indipendente la sua messa in scena di grande eleganza. Almendras coglie con uno sguardo rigoroso e partecipe il piccolo mondo antico della provincia cilena. Tre Continenti, tante storie: racconti di uomini e di donne, di adulti e bambini, di sogni e delusioni. Sentirsi vicini al cuore del mondo nel buio di una sala. La magia del cinema è anche questa. E noi l’abbiamo provata. (Da Cannes, Luciano Barisone)

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    24 Ore nel Mondo



     Ennesimo crollo del Pil dei Paesi europei nel primo trimestre del 2009

    ◊    Ancora in caduta libera il prodotto interno lordo (Pil) n caduta libera in tutta l’Unione Europea nel primo trimestre del 2009. Particolarmente pesante il crollo della crescita nei principali Stati del Vecchio continente. I governi invitano comunque alla cautela e registrano un rallentamento della tendenza al peggioramento. Il servizio di Marco Guerra:  
    La morsa della recessione non allenta in nessun Paese dell’Unione Europea. La conferma arriva con la diffusione dei dati sul Pil del primo trimestre del 2009 nei 27 Paesi Ue, ch-segnare un meno 2,5 rispetto trimestre precedente. Il crollo del primo trimestre appare ancora più evidente su ba-nua con un meno 4-ll’Ue e un meno 4,6 in eurozona. A far diminuire notevolmente la crescita in Eurolandia sono stati i risultati dei principali Paesi: rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente in Germania il Pil cede un 6,9 il calo più forte dal 1970. Non va molto meglio in Italia, che con un meno 5,9 segna il dato peggiore degli ultimi trent’anni. Mentre la Francia è entrata nel periodo di recessione più lunga dal 1949 e registra un -3,2 su base annua. Questi dati sono peggiori delle attese degli analisti, ma i primi segnali di un'attenuazione della crisi rivelati nelle scorse settimane fanno pensare che si sia raggiunto il punto più acuto della recessione. Secondo diversi governi, la tendenza al peggioramento è infatti già rallentata e nella seconda metà dell’anno si prevedono tassi di negatività sempre più ridotti, per poi tornare in segno positivo nel 2010. Fatto sta però che, come sottolinea in Italia la Confcommercio, rimane l'incognita di quanto durerà ancora la crisi e in che modo il mondo delle imprese e le famiglie usciranno dal tunnel. 
     
    Myanmar
    Ha suscitato un coro di proteste internazionali la nuova incarcerazione in Myanmar di Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione al regime di Yangon e Premio Nobel per la Pace. L’attivista è accusata di avere violato i termini degli arresti domiciliari ai quali è costretta ormai da un ventennio. Una richiesta di rilascio immediato di Aung San Suu Kyi è stata avanzata dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti.
     
    Pakistan
    In Pakistan, una sospensione temporanea del coprifuoco sta permettendo a migliaia di civili di sfuggire ai combattimenti in corso fra l’esercito e i talebani nel capoluogo del distretto dello Swat, Minora. Ormai sono venti giorni che i militari hanno lanciato una dura offensiva contro i ribelli, un’operazione che secondo le Nazioni Unite ha già causato oltre 835 mila profughi.
     
    Afghanistan
    Non si fermano le violenze in Afghanistan. Almeno 22 talebani sono morti a seguito degli scontri a fuoco con le forze dell’ordine afghane nel sud del Paese. Tre delle vittime sarebbero stati identificate come noti comandanti regionali. Secondo quanto riportato dal portavoce della provincia di Helmand, le forze dell'ordine avrebbero reagito a un attacco, sferrato contro due check-point nel distretto di Nawzrad. Sempre nel sud, un militare della Nato è morto per l'esplosione di una bomba. Lo ha reso noto la missione Isaf dell'Alleanza Atlantica, senza fornire ulteriori dettagli sulla nazionalità della vittima.
     
    Cecenia
    È di due poliziotti morti il bilancio di un attentato suicida avvenuto stamani a Grozny, la capitale della Cecenia, Repubblica autonoma della Federazione Russa. Al momento, non è ancora chiara la dinamica dell’attentato, ma secondo l'agenzia Itar-Tass il kamikaze si è fatto esplodere nei pressi del Ministero degli interni.
     
    Iran: Roxana Saberi arrivata a Vienna
    Roxana Saberi ha lasciato l’Iran ed è arrivata stamani a Vienna. La giornalista irano-americana, accusata dal governo islamico di spionaggio, ha lasciato la notte passata Teheran. Era stata rilasciata lunedì scorso, dopo che una sentenza che la condannava a otto anni di carcere era stata ridotta a due, e poi sospesa in appello. Saberi è stata arrestata a gennaio, con l’accusa originaria di aver comperato alcol, illegale in Iran.
     
    Nuova influenza
    Resta ancora fuori controllo la pandemia dell’influenza “A”. Nelle ultime 24 ore si sono registrati 1000 nuovi casi in tutto il mondo e la quarta vittima negli Stati Uniti. Secondo l’ultimo bollettino diffuso dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i casi accertati sono circa 6500 in 33 diversi Paesi. Finora a causa del virus A/H1N1 sono morte 65 persone.
     
    Italia: immigrazione
    In Italia, il giorno seguente il via libera della Camera al disegno di legge sulla sicurezza, le misure in materia di immigrazione restano al centro del dibattito politico. Dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è giunto un monito a non diffondere nel Paese una retorica xenofoba. Intanto, il governo ha chiesto ufficialmente che il tema dell'immigrazione clandestina venga discusso dal Consiglio europeo del 18 e 19 giugno prossimi, al fine di dare nuovo impulso e contenuti concreti all'azione comune di contrasto al fenomeno.
     
    Stati Uniti
    Primo via libera del Congresso negli Stati Uniti al finanziamento per il 2009 delle operazioni militari in Iraq e Afghanistan. La Camera ha approvato lo stanziamento di 97 miliardi di dollari per coprire le spese per le due guerre fino alla fine dell'anno. È poi atteso l’annuncio del presidente Obama circa la riforma dei tribunali militari, istituiti durante la presidenza di George Bush per giudicare i presunti terroristi.
     
    Somalia
    A Mogadiscio, capitale della Somalia, proseguono senza soste i violenti combattimenti fra miliziani islamici e forze governative. A una settimana dall’inizio della nuova offensiva degli insorti, il bilancio è di oltre 125 morti e 400 feriti, quasi tutti civili, mentre circa 30 mila persone sono fuggite andando ad ingrossare le fila degli sfollati. Ieri, il leader degli integralisti antigovernativi ha intimato al governo di farsi da parte. Grande la preoccupazione delle organizzazioni umanitarie internazionali e della diplomazia. L'Onu parla di colpo di Stato in corso contro il governo legittimo. Se cadesse l'esecutivo guidato dall'islamico moderato, Sharif Sheikh Ahmed, il Paese sarebbe consegnato alle forze integraliste, apparentemente collegate con al Qaeda. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 135
     
     
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