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Sommario del 10/05/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • L'incoraggiamento del Papa ai cristiani della Giordania nella Messa ad Amman. L'omaggio alla testimonianza di fede e amore delle donne di Terra Santa
  • L'appello del Papa a non dimenticare i cristiani iracheni. Najim: speriamo che la comunità internazionale si svegli
  • Benedetto XVI ai Vespri nella Cattedrale di San Giorgio: i cristiani contribuiscano al progresso della società, testimoniando la speranza nel Signore Risorto
  • Un bilancio molto positivo: così padre Lombardi sulla tappa giordana del pellegrinaggio di Benedetto XVI
  • Domani il Papa a Gerusalemme con la visita allo Yad Vashem, Memoriale dell'Olocausto
  • Il rabbino Rosen: la visita del Papa, evento d'importanza enorme. Padre Manns: un messaggio di riconciliazione
  • Oggi in Primo Piano

  • Milizie ribelli dal Sudan in Ciad: 250 morti
  • Festa della Mamma: iniziativa per aiutare 4 mila donne in Costa d'Avorio
  • Si chiudono oggi le Giornate nazionali per la donazione e il trapianto
  • Chiesa e Società

  • Congresso Missionario in India: ascolto e preghiera antidoti alla violenza
  • Settimo pellegrinaggio mariano dei cattolici asiatici e del Pacifico presenti negli Usa
  • Iniziativa dei vescovi cileni a sostegno della Chiesa locale
  • Al via domani l’Assemblea generale annuale delle POM
  • Macerata: celebrazioni nel IV centenario della morte del padre gesuita Matteo Ricci
  • A Roma e Torino un corso sulla Chiesa Cattolica per diplomatici dei Paesi Asiatici
  • L’Hong Kong Family Movement: 15 anni a sostegno della famiglia
  • Concluso all'Ateneo Sant'Anselmo il simposio "Missionari e Monaci"
  • I new media al servizio dell’uomo. A Roma, un convegno di Vicariato, Avvenire e AC
  • Per la festa della mamma, iniziativa di Cbm Italia in favore delle mamme cieche
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sri Lanka: prosegue l'offensiva dell'esercito contro le Tigri Tamil
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'incoraggiamento del Papa ai cristiani della Giordania nella Messa ad Amman. L'omaggio alla testimonianza di fede e amore delle donne di Terra Santa

    ◊   “Che il coraggio di Cristo … vi sostenga quotidianamente nei vostri sforzi di dare testimonianza della fede cristiana e di mantenere la presenza della Chiesa” in queste antiche terre”: è quanto ha detto il Papa stamani nell’omelia della Messa da lui presieduta nell’International Stadium di Amman, alla presenza di almeno 30 mila persone. Benedetto XVI ha poi voluto rendere omaggio alle donne della Terra Santa e alla loro testimonianza di fede e di amore. Oggi è la terza ed ultima giornata del viaggio del Papa in Giordania. Domani il trasferimento a Gerusalemme. Ma diamo la linea al nostro inviato ad Amman Pietro Cocco:

    (Canto)

    E’ stata una festa grande oggi ad Amman per la Messa celebrata da Papa Benedetto nello Stadio della città. Trentamila le persone che hanno trovato posto all’interno della struttura sportiva e che hanno potuto pregare con il Papa di domenica, nel ‘Giorno del Signore’. E’ stata l’occasione anche per esprimergli tutta la gioia e la riconoscenza per la sua presenza e il suo incoraggiamento.‘Ho pregato, ha detto infatti il Papa, perché la Chiesa in queste terre possa essere confermata nella speranza e fortificata nella sua testimonianza al Cristo Risorto, il Salvatore dell'umanità":

     
    "I have long awaited this opportunity to stand before...
    Ho a lungo atteso questa opportunità di stare davanti a voi come testimone del Salvatore risorto, ed incoraggiarvi a perseverare nella fede, speranza e carità, in fedeltà alle antiche tradizioni e alla singolare storia di testimonianza cristiana che vi ricollega all'età degli Apostoli. La comunità cattolica di qui è profondamente toccata dalle difficoltà e incertezze che riguardano tutti gli abitanti del Medio Oriente".
     
    Di tutti questi sentimenti si è fatto portavoce, all’inizio della celebrazione di stamattina, il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, rivolgendo il suo saluto al Papa a nome di tutti i cittadini giordani, musulmani e cristiani, dell’Assemblea dei vescovi e patriarchi della Terra Santa, e con tutti i fedeli giunti dai Paesi arabi vicini. “Siamo ansiosi di mostrarLe, ha aggiunto, la nostra ospitalità arabo-giordana". Riferendosi poi alla giornata di preghiera per le vocazioni che si celebra oggi in Giordania, il Patriarca ha scherzato dicendo che c’è un problema con i seminaristi in Terra Santa, perchè il seminario di Beit Jala, per la prima volta, è troppo pieno! Il Patriarca Twal ha ricordato anche le migliaia di migranti che sono giunte in Giordania per lavoro, specialmente dall’Asia, come pure i milioni di rifugiati, in gran parte palestinesi, che sono stati accolti in questo Paese. A cui si sono aggiunti circa un milione gli iracheni, tra cui quarantamila cristiani, ai quali la Chiesa insieme alla Caritas assicura assistenza materiale e spirituale. Una realtà ben presente al Papa, che ne ha preso spunto per rivolgere un forte invito alla Chiesa giordana e a tutta la Terra Santa:

     
    "Fidelity to your Christian roots, fidelity to the Church’s mission...
    La fedeltà alle vostre radici cristiane, la fedeltà alla missione della Chiesa in Terra Santa, vi chiedono un particolare tipo di coraggio: il coraggio della convinzione nata da una fede personale, non semplicemente da una convenzione sociale o da una tradizione familiare; il coraggio di impegnarvi nel dialogo e di lavorare fianco a fianco con gli altri cristiani nel servizio del Vangelo e nella solidarietà con il povero, lo sfollato e le vittime di profonde tragedie umane; il coraggio di costruire nuovi ponti per rendere possibile un fecondo incontro di persone di diverse religioni e culture e così arricchire il tessuto della società".

     
    Questo, ha proseguto il Papa, significa anche dare testimonianza all'amore che ci ispira a "sacrificare" la nostra vita nel servizio agli altri e così a contrastare modi di pensare che giustificano lo "stroncare" vite innocenti.
     
    Ed al tema dell’amore, quello con il quale Dio ci ha amati, Benedetto XVI ha poi dedicato l’altra parte della sua omelia, parlando della vocazione della famiglia e della dignità e della missione delle donne nel piano di Dio:

     
    "The strong Christian families of these lands are a great legacy...
    Le forti famiglie cristiane di queste terre sono una grande eredità tramandata dalle precedenti generazioni. Possano le famiglie di oggi essere fedeli a questa grande eredità e non venga mai a mancare il sostegno materiale e morale di cui hanno bisogno per attuare il loro insostituibile ruolo a servizio della società".
     
    Benedetto XVI ha poi voluto rendere omaggio alle donne della Terra Santa, ricordando che la Chiesa in queste terre deve molto alla loro testimonianza di fede e di amore. Innumerevoli madri cristiane, suore, maestre e infermiere, e tutte quelle donne , ha detto ancora il Papa, che in diverse maniere hanno dedicato la loro vita a costruire la pace e a promuovere l'amore!

     
    "Sadly, this God-given dignity and role of women has not always...
    Sfortunatamente, questa dignità e missione donate da Dio alle donne non sono state sempre sufficientemente comprese e stimate. La Chiesa, e la società nel suo insieme, sono arrivate a rendersi conto quanto urgentemente abbiamo bisogno di ciò che il mio predecessore Papa Giovanni Paolo II chiamava 'il carisma profetico' delle donne (cfr Mulieris dignitatem, 29)".

     
    Un carisma che si manifesta nel loro essere portatrici di amore, maestre di misericordia e costruttrici di pace, comunicatrici di calore ed umanità ad un mondo che troppo spesso giudica il valore della persona con freddi criteri di sfruttamento e profitto. Nel dare una pubblica testimonianza di rispetto per le donne e nella difesa dell'innata dignità di ogni persona umana, ha concluso, la Chiesa in Terra Santa porta un importante contributo allo sviluppo di una cultura di vera umanità e alla costruzione della civiltà dell'amore.

     
    (Canto)

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    L'appello del Papa a non dimenticare i cristiani iracheni. Najim: speriamo che la comunità internazionale si svegli

    ◊   Benedetto XVI durante il suo viaggio in Giordania più volte ha espresso la sua vicinanza ai cristiani iracheni: quelli che sono rimasti nel loro Paese e quanti sono fuggiti. Ha chiesto il sostegno per i profughi e ha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale perché faccia “tutto ciò che è possibile per assicurare all’antica comunità cristiana di quella nobile terra il fondamentale diritto di pacifica coesistenza con i propri concittadini”. In Giordania sono oltre 40 mila sono cristiani. Quali sono le loro difficoltà? Sergio Centofanti lo ha chiesto al corepiscopo Philip Najim, visitatore per i fedeli Caldei in Europa:

    R. – Le difficoltà sono enormi e, essendo ospiti in quel Paese, approfitto dell’occasione per ringraziare il governo e Sua Maestà, il Re di Giordania, per questa accoglienza ai nostri iracheni sia musulmani che cristiani. Nonostante tutto, sappiamo che il Paese è piccolo e limitato nelle sue risorse, quindi gli iracheni si trovano in grande difficoltà e in grande sofferenza: è molto difficile per loro vivere una vita normale. Speriamo che un giorno la comunità internazionale si svegli, attraverso anche l’appello del Santo Padre, e dia una mano a questi profughi iracheni, perché possano vivere la loro vita con dignità.

     
    D. – Qual è la situazione pastorale di questi profughi cristiani?

     
    R. – E’ una situazione veramente molto difficile, perché non si trova un luogo di culto specifico per questi migranti iracheni. Noi abbiamo una un sacerdote messo a loro disposizione, al loro servizio, perché possa dare ancora questa speranza: che la Chiesa vive e vive ancora nel cammino di fede di queste persone che speriamo possano anche attraverso la loro sofferenza dare una testimonianza di Cristo, la testimonianza di essere attaccati a Cristo e di vivere la Parola di Cristo.

     
    D. – Il Papa ha lanciato un appello a non abbandonare i cristiani in Iraq, che vivono momenti di grandi difficoltà...

     
    R. – Questi cristiani devono essere sostenuti, devono essere incoraggiati, devono essere aiutati e non devono essere dimenticati. Tutto l’Iraq non deve essere dimenticato. La comunità internazionale deve continuare a sostenere questo popolo che ancora soffre.

     
    D. – Continuano le violenze anticristiane in Iraq?

     
    R. – Ci sono violenze non soltanto anticristiane, ci sono violenze anche contro le altre etnie. Ci sono delle forze oscure che vogliono creare una divisione del popolo iracheno, perché creando queste divisioni rallentano il processo di pace, rallentano il processo dello sviluppo dell’Iraq. Perciò chiediamo al popolo iracheno di essere unito e di dimenticare gli interessi personali, per alleviare questa sofferenza.

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    Benedetto XVI ai Vespri nella Cattedrale di San Giorgio: i cristiani contribuiscano al progresso della società, testimoniando la speranza nel Signore Risorto

    ◊   La seconda giornata di Benedetto XVI in Giordania si è conclusa ieri sera con la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale greco-melkita di San Giorgio ad Amman. Evento che ha offerto l’occasione al Papa di incontrare le diverse realtà della comunità cristiana giordana: dai seminaristi ai laici, dai sacerdoti alle religiose, ancora agli esponenti dei movimenti ecclesiali. Per tutti, il Santo Padre ha avuto parole di incoraggiamento ed ha sottolineato il ruolo fondamentale dei cattolici per il progresso della società giordana. Il Papa è stato accolto alla porta della Cattedrale dal Patriarca greco-melkita Gregorio III Laham e dal suo vicario, mons. Yasser Ayyach. Una sintesi del discorso di Benedetto XVI nel servizio di Alessandro Gisotti:
     
    (Canti)

     
    “La voce autentica della fede porterà sempre integrità, giustizia, compassione e pace”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che, in un incontro contraddistinto dall’affetto caloroso dei fedeli e impreziosito dalla bellezza della liturgia, ha incoraggiato i cristiani di Giordania a dare il loro contributo alla vita della società:

     
    “Guided by the light of the Risen Lord…”
    “Guidati dalla luce del Signore Risorto, infiammati dalla sua speranza e rivestiti della sua verità e del suo amore – ha detto il Papa - la vostra testimonianza porterà abbondanti benedizioni a coloro che incontrerete lungo la strada”. Ed ha esortato i giovani cristiani giordani a non aver paura di dare un “contributo saggio, misurato e rispettoso alla vita pubblica del regno”. Il Pontefice si è soffermato sulle tante attività caritative portate avanti dai cristiani in favore di tutti i giordani, musulmani e di altre religioni. Come anche per il “vasto numero di rifugiati” accolti generosamente dal Regno di Giordania. Il Papa ha menzionato gli asili infantili, le case per anziani, gli ospedali, le iniziative culturali e per il dialogo interreligioso. “La vostra presenza in questa società – ha ribadito – è un meraviglioso segno della speranza che ci qualifica come cristiani”:

     
    “That hopes reaches far beyond the confines…”
    “Tale speranza – ha affermato – giunge ben oltre i confini delle nostre comunità cristiane”. E così, nel servizio di carità, si possono cogliere “preoccupazioni e difficoltà che oltrepassano i confini culturali e religiosi”. Il Papa si è dunque soffermato sulle “speranze e le aspirazioni dei genitori per i loro bambini” rilevando le preoccupazioni per gli “influssi negativi così penetranti nel nostro mondo globalizzato, compresi gli elementi distruttivi dell'industria del divertimento che con tanta insensibilità sfruttano l'innocenza e la fragilità” dei giovani:

     
    “Yet, with your eyes firmly fixed on Christ…”
    “Tuttavia – ha rassicurato – con i vostri occhi fissi su Cristo, la luce che disperde ogni male, ripristina l'innocenza perduta, ed umilia l'orgoglio terreno, porterete una magnifica visione di speranza a tutti quelli che incontrate e servite”. Benedetto XVI non ha mancato di soffermarsi sulla ricchezza inestimabile di cui sono eredi i cristiani d’oriente:

     
    “The ancient living treasure of the traditions…”
    “L’antico tesoro vivente delle tradizioni delle Chiese Orientali – ha rilevato – arricchisce la Chiesa universale e non deve mai essere inteso semplicemente come oggetto da custodire passivamente”. Il Papa ha voluto in particolare ricordare quei “momenti di riconciliazione che hanno fortificato meravigliosamente la comunione della Chiesa” ai quali i cristiani orientali hanno contribuito grandemente:

     
    “Most of you trace ancient link to the Patriarchate of Antioch…”
    “La maggior parte di voi – ha notato il Papa - ha antichi legami con il Patriarcato di Antiochia, e così le vostre comunità sono ben radicate qui nel Vicino Oriente”. Proprio come duemila anni fa ad Antiochia i discepoli vennero chiamati Cristiani per la prima volta, così anche oggi, ha soggiunto, “come piccole minoranze in comunità disseminate in queste terre, anche voi siete riconosciuti come seguaci del Signore”. Li ha così invitati a ravvivare gli antichi ricordi delle opere di Dio, far presenti le sue grazie di salvezza diffondendo di nuovo “il primo raggio della luce pasquale”.

     
    (Canti)

     
    Il Papa ha dunque sottolineato l'impegno dei cristiani in favore di tutta la popolazione giordana. Un aspetto, questo, ribadito anche da mons. Yaser Ayyach, vicario del Patriarca greco-melkita ed arcivescovo di Petra e Filadelfia, intervistato dal nostro inviato in Giordania, Pietro Cocco:

    R. – Guardiamo sempre al bene di tutte le popolazioni, senza distinzioni. Per questo, preghiamo sempre, ogni giorno, ogni ora, per la pace.

     
    D. – In Giordania c’è un clima di armonia tra la maggioranza della popolazione musulmana e quella cristiana. Ci può fare qualche esempio di questa collaborazione?

     
    R. – Siamo in un Paese moderato dove siamo liberi di praticare il nostro culto, le celebrazioni, siamo liberi di fare tutto. Noi, in Giordania, conviviamo insieme da secoli, stiamo bene insieme, siamo tranquilli, viviamo bene. Siamo tutti giordani, non c’è distinzione tra musulmani e cristiani. Speriamo che, specialmente questa visita del Papa confermi, renda più forte questa coesistenza tra musulmani e cristiani giordani. Questa testimonianza la vogliamo. Mi viene sempre in mente la parola di Gesù a Pietro: “Conferma i tuoi fratelli”. E lui viene per darci la forza per andare avanti, con la nostra testimonianza cristiana. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Un bilancio molto positivo: così padre Lombardi sulla tappa giordana del pellegrinaggio di Benedetto XVI

    ◊   Per un bilancio della tappa giordana del pellegrinaggio del Papa in Terra Santa ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi raggiunto telefonicamente ad Amman da Sergio Centofanti:
     
    R. – Il bilancio è necessariamente molto positivo, perché il Papa ha potuto svolgere tutti gli incontri che erano in programma con grandissima serenità, con un’accoglienza molto calda, molto amichevole, da parte sia delle autorità dello Stato, della famiglia reale, sia da parte del mondo musulmano e poi anche grazie agli incontri con la comunità cristiana. Mi pare molto saggio avere iniziato questo viaggio attraverso una porta di pace, una porta di serenità. In questo momento, la Giordania è nel quadro del Medio Oriente un Paese sostanzialmente sereno e quindi il fatto di iniziare l’itinerario del Medio Oriente da questo punto, credo che abbia reso l’avvio di questo viaggio di pace particolarmente positivo.

     
    D. – Quali finora le immagini più forti di questo pellegrinaggio?

     
    R. – Di immagini dal punto di vista visivo, direi il Papa sul Monte Nebo, il Papa che guarda verso la valle del Giordano, verso la Terra Promessa, dal luogo da cui Mosè ha guardato: è stato un momento di grandissima intensità, di evocazione spirituale profondissima e anche uno sguardo verso le altre tappe del viaggio e al rapporto con il mondo ebraico. Poi, direi, naturalmente il Papa nella Moschea – la sua seconda Moschea dopo quella di Istanbul – dove si vede che diventa, in un certo senso, sempre più normale, naturale, che il Papa in atteggiamento amichevole entri in un luogo di preghiera dei musulmani. Questo è un segno del progresso del rapporto positivo tra cristiani e musulmani nel corso di questi anni. Un’altra immagine bella, che riguarda il calore della comunità cristiana che accoglie il Papa, è quella nella cattedrale dei greco-melkiti, in cui veramente l’entusiasmo dell’accoglienza è stato impressionante.

     
    D. – Quindi, con i musulmani si possono dire definitivamente superati i fraintendimenti di Ratisbona…

     
    R. – Io credo che fossero già stati superati da un bel po’, perché i chiarimenti erano stati dati abbondantemente. Però, come sappiamo, quando c’è un malinteso che tocca profondamente, ci vuole poi tutta una serie di passi, di tempi, per risanare completamente tutte le conseguenze. E quindi, non c’è poi neanche da stupirsi che continuino dei riferimenti a quel momento difficile. Abbiamo, però, già più di due anni di esperienze positive, che da quel momento sono cominciate. Il principe Gazi, nel suo discorso, ha evocato Regensburg, ma ha detto chiaramente che è un capitolo definitivamente superato e poi ha salutato il Papa come Successore di Pietro, il che in bocca ad un capo autorevole del mondo musulmano è un saluto molto significativo.

     
    D. – Il Papa ha avuto parole di grande incoraggiamento e apprezzamento per la minoranza cristiana in Giordania...

     
    R. – Certamente. E’ una Chiesa che è viva e ha potuto dimostrarlo qui al Papa, non solo con l’accoglienza e con la cordialità e l’intensità dei momenti di preghiera insieme, ma sono anche state solennizzate alcune circostanze importanti: al Centro Regina Pacis per i giovani e gli handicappati è stata inaugurata una nuova ala. Nell’Università di Madaba è stata posta la prima pietra ed è un’iniziativa di grandissimo rilievo, non solo per la Giordania, ma per tutto il Medio Oriente, in cui lo sviluppo che potrà avere il contributo che la Chiesa dà alla cultura nel Paese sarà estremamente significativo. E poi le due pietre delle due chiese latina e greco-melkita, nella zona del Battesimo di Cristo, significano che anche fisicamente crescono i luoghi in cui la Chiesa si incontra. Certamente, il fatto che il passaggio del Papa sia stato collegato a queste belle circostanze, dice che è una Chiesa che si sente viva, vitale, e che guarda in avanti.

     
    D. – Ora il pellegrinaggio in Terra Santa prosegue in Israele e nei Territori palestinesi. Quali le speranze?

     
    R. – Le speranze sono che gli scopi che il Papa ha già detto molte volte, anche prima di partire, vengano raggiunti: che possa essere veramente un messaggio di pace, di riconciliazione, di incoraggiamento per le comunità cristiane che si trovano in difficoltà, che un messaggio di speranza, un messaggio di fiducia, un messaggio di amore possa dare un contributo efficace per migliorare la situazione in tutta l’area.

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    Domani il Papa a Gerusalemme con la visita allo Yad Vashem, Memoriale dell'Olocausto

    ◊   Questo pomeriggio il Papa visita il Sito del Battesimo sul Giordano dove operava San Giovanni Battista: qui benedice le prime pietre delle Chiese dei Latini e dei Greco-Melkiti. Domani inizia la seconda tappa del pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa: il Pontefice partirà in mattinata per Tel Aviv dove sarà accolto dal presidente israeliano Shimon Peres e dal premier Benjamin Netanyahu. Nel pomeriggio, a Gerusalemme, la visita allo Yad Vashem, il Memoriale dell'Olocausto, e più tardi l'incontro con le organizzazioni per il dialogo interreligioso. Ma ascoltiamo il servizio del nostro inviato a Gerusalemme Roberto Piermarini:

    Il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa ha un carattere esclusivamente spirituale ma – come hanno ribadito il nunzio in Israele mons. Franco ed il Patriarca latino di Gerusalemme mons. Twal – in questa regione, religione e politica si sovrappongono. Il governo israeliano - che ha riempito Gerusalemme di striscioni di benvenuto e di bandiere vaticane – sta dando grande risalto a questa visita papale. La pagina web in sette lingue, del Ministero del Turismo, definisce la visita “un ponte per la pace”. Il sito, offrendo informazioni sul programma della visita e dati pratici per i pellegrini che la seguiranno, sottolinea come quello di Benedetto XVI sia un pellegrinaggio di pace e di riconciliazione”.

     
    Il Servizio Filatelico israeliano ha preparato due serie di francobolli per la visita papale: la prima con immagini dei luoghi santi e riferimenti biblici, mentre la seconda sarà emessa dopo la visita e sarà realizzata con foto scattate durante il viaggio in Terra Santa di Benedetto XVI. Dalla Cisgiordania il governo israeliano ha concesso migliaia di visti, ma non altrettanto ha fatto con i cristiani di Gaza che ancora non sanno se potranno partecipare alle celebrazioni pubbliche del Papa. La stampa israeliana ha annunciato – suscitando tra l’altro reazioni negative all’interno del mondo politico del Paese – che il presidente Shimon Peres avrebbe il desiderio di restituire alla Chiesa la sala del Cenacolo sul Monte Sion. Ma gli stessi francescani della Custodia di Terra Santa sono molto scettici in proposito. Ha destato tra l’altro molta impressione l’annuncio che duecento rabbini di varie denominazioni, firmeranno un messaggio di benvenuto al Papa, che verrà pubblicato sulle pagine del noto quotidiano israeliano “Haaretz”.

     
    Sul fronte della Chiesa locale, fervono gli ultimi preparativi per accogliere nel migliore dei modi il Papa ma – come dicono alcuni degli organizzatori – “la nostra povera Chiesa ha avuto poco meno di due mesi per accoglierlo”. Quello che si teme, è che le ossessionanti misure di sicurezza messe a punto a Gerusalemme dalle autorità israeliane, possano “blindare” il pellegrinaggio “creando un clima così pesante – ci confessa un francescano di Terra Santa – che costringerà il Papa a non sentire la presenza dei nostri fedeli, ma a passare tra due ali di soldati. Durante la visita verranno chiusi tutti gli accessi alla Città Vecchia ed anche l’immenso bazar. I cristiani sono stati invitati a partecipare alle messe pubbliche che si terranno a Gerusalemme, Betlemme e Nazareth, - ha detto il religioso - ma se continuerà a persistere un clima di paura, molti di loro preferiranno seguire le celebrazioni in televisione”. In Terra Santa intanto, stanno giungendo dall’Europa, dagli Stati Uniti, dall’America Latina e dall’Australia, 7 mila giovani del Cammino neocatecumenale, che avranno incontri di preghiera con la Chiesa locale di Israele e Palestina nelle parrocchie latine, greco-cattoliche e maronite; visiteranno anche ospedali, scuole cattoliche e case di riposo. Un segno di comunione e di incoraggiamento per questa piccola Chiesa di Terra Santa, che guarda con speranza all’arrivo del Papa.

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    Il rabbino Rosen: la visita del Papa, evento d'importanza enorme. Padre Manns: un messaggio di riconciliazione

    ◊   Ma in che modo la società israeliana sta attendendo la visita del Papa? Ci risponde il rabbino David Rosen, presidente del "Comitato ebraico internazionale per le relazioni inter-religiose", al microfono di Sara Fornari:

     
    R. – You know, it’s very difficult thing, maybe an impossible thing, …
    Vede, è cosa molto difficile, forse addirittura impossibile, parlare della società israeliana. Avrà sicuramente sentito la battuta che dice: “dove ci sono due ebrei, ci sono tre opinioni”. Ci sono molti elementi diversi, in questa società. Ma il Papa è una figura mondiale, e la sua visita è un evento d’importanza enorme ed io credo che la grande maggioranza di israeliani siano molto emozionati e molto felici e che abbiano grandi aspettative per quanto riguarda la sua visita. Credo che ci sia stata una comprensione di fondo che questa visita abbia una grandissima importanza per l’immagine stessa di Israele nonché per quanto riguarda i suoi rapporti con la Chiesa.

     
    D. – In particolare, quali sono le attese delle comunità religiose ebraiche?

     
    R. – Yes … well, you know the other joke: just because I am paranoid, it doesn’t mean …
    Sì … bè, conosce anche l’altra battuta: “solo perché sono paranoico, non significa che non cercheranno di uccidermi”. Cioè: noi ebrei abbiamo una storia tragica. E le ferite della nostra storia sono molto profonde. E la nostra memoria è molto antica. Ora, coloro che sono più “moderni” e si muovono nel mondo, sanno che il mondo “fuori” è cambiato e che il mondo cristiano è cambiato e che c’è stato un cambiamento enorme per quanto riguarda i rapporti cattolico-ebraici. Invece, coloro che non vivono nel mondo, inteso come concetto più ampio, ma vivono nel loro proprio mondo, hanno minori possibilità di conoscere tutto questo. Ed è per questo che pensano che il mondo cristiano sia se non proprio ostile, sicuramente piuttosto “freddo” nei riguardi della gente ebraica e delle tradizioni ebraiche. E quindi, la loro reazione è una reazione dovuta alla mancanza di familiarità con i cambiamenti che ci sono stati. Ed ecco perché la visita di Giovanni Paolo II, nel 2000, ed ora la visita di Papa Benedetto XVI sono così importanti: perché contribuiscono a cambiare gli atteggiamenti, aiuta la gente a comprendere che esiste un rapporto positivo. Invece, molta gente, ancora oggi – specialmente nell’ambito di comunità religiose più chiuse, specialmente nelle comunità ultraortodosse – è meno consapevole di tutto ciò e quindi un po’ più diffidente e conseguentemente un po’ meno interessata. Non saranno ostili alla visita: potrebbero essere un po’ più distaccati dal suo significato.

     
    D. – Personalmente, cosa si aspetta da questa visita?

     
    R. – Well, let me tell you what Pope Benedict XVI told to us when we last ..
    Le racconterò cosa ci ha detto Papa Benedetto XVI l’ultima volta che lo abbiamo incontrato: eravamo in quattro ed eravamo una delegazione dei rabbini capo d’Israele, eravamo con lui nel suo studio privato. Lui ci disse di sperare che la sua visita potesse ulteriormente far progredire le relazioni cattolico-ebraiche e che potesse anche far progredire il processo di pace in Terra Santa e in tutta la regione. Anche io spero che questo accada: sarà un po’ più difficile far progredire il processo di pace, perché non credo che dipenda soltanto da Benedetto XVI. Ma per quanto riguarda i rapporti tra cattolici ed ebrei, non c’è alcun dubbio che la sua visita potrà rappresentare un grande progresso sulla via dei cambiamenti storici che sono già avvenuti negli ultimi 50 anni.

     
    Sul messaggio che il Papa porterà in Israele e nei Territori palestinesi ascoltiamo, al microfono di Roberto Piermarini, il padre francescano Frederick Manns, storico della Custodia di Terra Santa:

    R. – Il Papa parlerà di nuovo di riconciliazione tra questi due popoli. Non c’è riconciliazione senza perdono: questo è il messaggio di Gesù. Bisogna perdonare anche ai nemici ed è molto difficile, perché il giudaismo e l’islam accettano il perdono, ma solo Dio può perdonare. Per gli ebrei è il giorno del Kippur, per i musulmani è la misericordia di Dio, che può perdonare. Che l’uomo sia chiamato a perdonare, questa è la novità dei cristiani: “Amatevi come io ho amato voi”, dice il Signore. L’amore autentico significa dare la vita per gli altri. Il Buon Pastore, abbiamo visto al Sepolcro, ha dato la vita per le pecore. Qui, in questa terra vivono due popoli, che sono chiamati a riconciliarsi. I figli di Ismaele e i figli di Isacco, riconciliandosi porteranno la gioia al padre Abramo, che finalmente potrà rallegrarsi di vedere il giorno del Signore, che sarà il giorno della grande riconciliazione. Per questo motivo – il Papa l’ha ripetuto – bisogna pregare molto. Solo con l’aiuto dello Spirito del Signore, l’uomo potrà avere un cuore nuovo e uno spirito nuovo, e con questo cuore nuovo e questo spirito nuovo la riconciliazione sarà possibile. Non c’è riconciliazione senza perdono: questo è il messaggio che il Papa proclama da anni. Bisogna però ripeterlo.

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    Oggi in Primo Piano



    Milizie ribelli dal Sudan in Ciad: 250 morti

    ◊   L'esercito del Ciad starebbe per debellare un'offensiva di milizie ribelli giunte dal Sudan. Lo rende noto una fonte militare francese nella capitale ciadiana N'Djamena. Gli antigovernativi tuttavia smentiscono. Da parte sua, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha condannato l'offensiva ribelle definendo ''inaccettabili'' i tentativi di destabilizzare il Paese: chiede quindi la fine ''immediata'' delle violenze. Attualmente non si segnalano combattimenti ma gli antigovernativi hanno annunciato a breve la ripresa degli scontri che negli ultimi giorni hanno causato circa 250 vittime. Sui motivi di questi combattimenti, Giada Aquilino ha intervistato la prof.ssa Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino:

    R. – Da anni ormai, e con un intensificarsi di episodi sempre più allarmante, i ribelli che lottano contro il governo del Sudan pongono le loro basi in Ciad e viceversa. Infatti, è un continuo rimbalzare di accuse tra questi due Paesi, Sudan e Ciad, di aiutare, ospitare, armare i ribelli antigovernativi.

     
    D. – Gli scontri, tra l’altro, mettono a rischio l’assistenza a migliaia di sfollati e rifugiati dal vicino Darfur. Qual è la situazione umanitaria oggi in Ciad?

     
    R. – Trattandosi di centinaia di migliaia di persone, forse addirittura ormai 450 mila, queste esplosioni di violenza sono una catastrofe. Come si può ben immaginare, a fornire l’essenziale ci pensa una missione delle Nazioni Unite che ha sostituito una missione dell’Unione Europea, e opera con estrema difficoltà. Qui, come succede in Somalia, e in altre aree del continente, quando si combatte si devono per forza sospendere la maggior parte o addirittura tutti gli aiuti e si tratta di persone che sono scappate con quel che riuscivano a portare con sé a piedi, quindi si può immaginare la situazione in cui si trovano nel cercare e nel lottare per sopravvivere.

     
    D. – Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato le violenze in corso. Quanto è importante una presa di posizione unanime delle Nazioni Unite?

     
    R. – Anche l’Unione Africana, se è per quello, ha espresso la sua condanna. L’esperienza - soprattutto degli ultimi due anni, perché in Africa si sono verificate una serie di crisi e una parte di queste crisi sono ancora aperte - ci induce al pessimismo, perché negli ultimi tempi, né le Nazioni Unite, nè l’Unione Africana, né l’Unione Europea, né la Lega Araba, insomma tutti coloro, anche gli organismi regionali africani, che hanno provato ad intervenire in situazioni di crisi, parlo del Madagascar, parlo della Mauritania, dove c’è stato un colpo di Stato e via dicendo, in fin dei conti non sono riusciti ad ottenere nulla. Non bisogna pensare che non sia stato fatto tutto il possibile o quasi, ma i risultati non ci sono mai stati.

     
    D. – Ma cosa c’è dietro questi scontri continui negli anni?

     
    R. – Di sicuro, la situazione è peggiorata in termini conflittuali in Ciad, con la scoperta di immensi giacimenti di petrolio, che hanno trasformato questo Paese in un altro dei ricchi Paesi africani popolati da poveri. Lo scontro include ovviamente il controllo di questa immensa risorsa e il controllo di questa risorsa passa attraverso l’apparato statale. Nel Ciad può esserci un elemento di delusione ulteriore, perché per costruire l’oleodotto, che porta il petrolio del Ciad fino alle coste dell’Oceano Atlantico, il Ciad aveva ottenuto un enorme contributo dalla comunità internazionale, ma a condizione che destinasse una percentuale dei proventi del petrolio a infrastrutture e servizi e ne accantonasse un’altra in banche concordate per le future generazioni. La promessa è stata fatta e nel volgere di qualche mese, forse di un anno, è stata revocata proprio con la giustificazione che c’era uno stato di tensione che rischiava di sovvertire le istituzioni e che quindi occorreva spendere di più in difesa, in protezione del territorio. Fatto sta che non migliorano certo le condizioni di vita di una popolazione che già vive ai limiti della sussistenza.

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    Festa della Mamma: iniziativa per aiutare 4 mila donne in Costa d'Avorio

    ◊   Aiutare 4 mila donne della Costa d’Avorio. E’ l’obiettivo della campagna “Mamme solidali” lanciata da Terres de Homes e Mammenellarete.it in occasione dell'odierna Festa della Mamma. Attraverso piccole azioni nel web, che diventano piccole offerte di alcuni sponsor, sarà possibile contribuire ai progetti dell’Ong nel Paese africano. Benedetta Capelli ha parlato dell’iniziativa con Paolo Ferrara, responsabile comunicazione di Terre des Hommes Italia:

    R. – Con “Mammenellarete” abbiamo deciso di far partire un vero e proprio progetto di adozione di una comunità di mamme italiane a favore di una comunità di donne della Costa d’Avorio: per tutto l’anno, a partire dal 10 maggio di quest’anno fino alla prossima Festa della mamma, la comunità di “Mammenellarete”, che è una delle più grandi comunità di mamme su Internet in Italia, con delle semplici azioni - come caricare un video oppure commentare o scrivere dei piccoli articoli per il blog di “Mammenellarete” - potrà contribuire a sostenere un progetto di prevenzione della mortalità delle donne al parto in Costa d’Avorio.

     
    D. – E’ possibile stabilire quanti siano gli utenti di “Mammenellarete” e a quante persone è diretta questa campagna?

     
    R. – Gli utenti di “Mammenellarete” sono qualche migliaio. Durante tutto un anno, ogni singolo utente di “Mammenellarete” potrà fare anche più azioni ed ogni azione avrà un valore simbolico di circa un euro. Un euro che sarà poi sostenuto ufficialmente da sponsor che entreranno nell'iniziativa a partire dal prossimo mese. Il nostro obiettivo è quello di sostenere il progetto: il costo complessivo è di circa 30 mila euro in un anno per portare assistenza a più di 20 mila donne in Costa d’Avorio. Questo è il numero delle donne che riescono, grazie a questo progetto, a ricevere una visita pre-natale prima del parto e quindi a vedere ridotto drasticamente il rischio di mortalità al parto. In un Paese come la Costa d’Avorio, una donna su 27 in età fertile rischia di morire di parto. Qui in Italia, una donna su 8 mila – tanto per dare un’idea – incorre in questo rischio …

     
    D. – Maternità sicura in Costa d’Avorio: da quanto tempo è partita questa iniziativa di Terre des Hommes?

     
    R. – Noi siamo partiti nel 2004 nell’area di Grand Bassam, non molto lontana dalla capitale Abidjan, dove non c’era nulla: non c’erano presidi ospedalieri, non c’erano ambulatori. Abbiamo dovuto costruire tutto, formando il personale locale – quindi le ostetriche ed i ginecologi – e facendo poi formazione nei villaggi. Adesso la parte principale della nostra attività è quella di andare tra le donne dei villaggi. Grazie a quelle che noi chiamiamo “antenne” – sono delle donne dei villaggi che riuniscono in una giornata tutte le donne dei villaggi circostanti e le portano a fare visite prenatali, vaccinazioni – per i bambini appena nati – ed i controlli post-natali: perché non abbandoniamo la donna nel momento in cui ha partorito ma la aiutiamo, nei mesi successivi, a fare in modo che lei, ma anche suo figlio, possano nascere e crescere sani e continuare a vivere insieme, senza problemi di salute. Grazie a questo progetto, per esempio, abbiamo anche bloccato in molti casi la trasmissione dell’Aids da madre a feto oppure siamo intervenuti scoprendo che molte delle donne soggette a visite e a controlli erano affette da Hiv. C’è finalmente una presa di coscienza delle donne del fatto che loro sono protagoniste della loro salute e di quella del loro bambino.

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    Si chiudono oggi le Giornate nazionali per la donazione e il trapianto

    ◊   “Un donatore moltiplica la vita”: è il messaggio che ha contraddistinto la XII edizione delle Giornate nazionali per la donazione e trapianto di organi e tessuti. L’iniziativa si conclude oggi dopo una settimana ricca di eventi in tutta Italia, che hanno visto le associazioni di settore impegnate in una campagna di sensibilizzazione. Per una riflessione sulla cultura della donazione in Italia, Eliana Astorri ha intervistato il prof. Salvatore Agnes, direttore dell’unità operativa di chirurgia sostitutiva e responsabile del Centro trapianti di fegato del Policlinico Gemelli:

    R. – La cultura della donazione in Italia, per fortuna, è già molto affermata. Il numero di trapianti degli ultimi anni è cresciuto sino a portare l’Italia ai vertici, tra le nazioni europee, per il numero di donazioni e di trapianti. Sono lontani gli anni nei quali c’erano i viaggi della speranza dei pazienti che dovevano andare all’estero per una vera carenza di possibilità di trapianto, dovuta fondamentalmente al fatto che c’erano pochi organi che si donavano. Oggi, effettivamente, la situazione è diversa. Si può, naturalmente, fare di più, ed è per questo che questa sensibilizzazione è sempre un fatto positivo.

     
    D. – Le donazioni sono in aumento, ma perché c’è ancora una certa resistenza ad esprimere questa volontà?

     
    R. – Vi è un luogo comune che il problema delle donazioni sia il mancato consenso alla donazione stessa. Questo sicuramente è un problema, ed è un problema che naturalmente può essere più o meno diffuso nel territorio nazionale, ma che comunque ha una certa fisiologicità. Per quanto possano essere diffusi i sentimenti positivi in questo senso, una percentuale – per motivi vari – di contrarietà alla donazione ci può sempre essere. Naturalmente, anche su questo si può agire. Il problema però non è che il processo di donazione sia problematico solamente per questa percentuale di non consenso, che poi è l’evento finale di un processo molto più complesso... In realtà, la donazione è un processo prima di tutto medico, perché è identificazione dei possibili donatori nei grandi ospedali – soprattutto nelle grandi rianimazioni -, cioè di pazienti che decedono – nonostante, ovviamente, le cure – per una patologia primitiva del cervello. Questi sono i donatori potenziali, e questo processo che comincia appunto nei grandi ospedali, nelle grandi rianimazioni, è un processo complesso, perché bisogna accertare la morte di questi soggetti, bisogna instaurare quindi delle procedure abbastanza complesse ed anche, in qualche modo, onerose, bisogna mantenere vitali gli organi di questi individui – che sono morti – e poi, alla fine del processo, c’è anche la richiesta di consenso. Tutto il processo è complesso ed oneroso per una struttura sanitaria. Per tale ragione, anche la cultura della donazione si deve affermare di più sul territorio. Una cultura che non coinvolge solamente i familiari, che devono richiedere il consenso, ma è tutto il sistema – i medici, gli operatori sanitari – che devono essere sensibilizzati ad attivare sempre, quando possibile, tutte queste procedure per aumentare le possibilità di donazione. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Congresso Missionario in India: ascolto e preghiera antidoti alla violenza

    ◊   Rilanciare l’impegno nella formazione e nell’evangelizzazione per mettere fine alle violenze e costruire la pace. E’ l’impegno assunto dai partecipanti al Congresso Missionario che nei giorni scorsi, a Goa, ha riunito delegati ed esponenti di 15 diocesi dell’India occidentale. Realizzato in vista del Congresso Missionario Indiano, che si terrà a Mumbai dal 14 al 18 ottobre 2009 – secondo quanto riferito dall’agenzia Fides - il convegno ha visto la partecipazione di circa 500 persone, fra vescovi, teologi, sacerdoti, religiosi e laici, che si sono confrontate sulle sfide della missione, come sul tema del dialogo interreligioso e dei rapporti fra i fedeli cattolici, i credenti di altre religioni e gli appartenenti ai movimenti integralisti presenti nel Paese. L’ascolto e la preghiera, in particolare, sono stati indicati dai delegati come i fondamenti della missione, come antidoti alla violenza e strumenti capaci di costruire pace e armonia nella società indiana, spesso attraversata da forti tensioni e segnata dalle violenze dei gruppi estremisti. In vista dell’evento di ottobre tutte le diocesi sono impegnate a stendere riflessioni, suggerimenti e progetti da includere nel documento preparatorio del Congresso, che delineerà le sfide e le proposte per la missione nella vasta nazione indiana. Dal titolo “Festival di Gesù - Fa’ risplendere la tua luce”, il Congresso intende attualizzare le indicazioni emerse dal Congresso Missionario Asiatico, tenutosi in Thailandia nel 2006. (C.D.L.)

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    Settimo pellegrinaggio mariano dei cattolici asiatici e del Pacifico presenti negli Usa

    ◊   Con musica, canti, balli e preghiere i cattolici asiatici e del pacifico presenti negli Stati Uniti hanno reso omaggio ieri alla Vergine Maria, in occasione del “settimo “Pellegrinaggio mariano”, presso il Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington. Realizzata nella cornice del mese dedicato all’eredità asiatica e del Pacifico, l’iniziativa è stata organizzata dal Segretariato per la Diversità Culturale nella Chiesa della Conferenza dei vescovi statunitensi, ed ha avuto inizio con una processione mariana e con danze tradizionali guidate da un gruppo di cattolici indonesiani. I rappresentanti delle diverse comunità cattoliche asiatiche presenti negli Usa – tra gli altri pachistani, srilankesi, cambogiani, cinesi, filippini, indiani, indonesiani, giapponesi, coreani, e vietnamiti - hanno portato all’altare immagini della Vergine prima di dare inizio alla recita del Rosario, guidata in diverse lingue dai bambini delle diverse comunità. Ha concluso la giornata una Messa multietnica presieduta da mons. Martín D. Holley, vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Washington. L’iniziativa - che negli anni ha raccolto un sempre maggiore numero di adesioni - ha riunito le famiglie cattoliche, le parrocchie e gli amici degli asiatici, e negli anni – ha riferito alla Fides uno degli organizzatori – si è rivelata “una poderosa fonte di grazia che ha portato ad una maggiore devozione verso la Nostra Madre Maria, ad aumentare l’interesse per la ricchezza culturale, a praticare la fede dei popoli asiatici, ad un maggiore impegno per servire come volontari in programmi di evangelizzazione nelle parrocchie e ad una maggiore apertura alle distinte culture, condividendo il dialogo con gli altri”. (C.D.L.)

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    Iniziativa dei vescovi cileni a sostegno della Chiesa locale

    ◊   Un atto di responsabilità verso la Chiesa. E’ l’invito dei vescovi cileni contenuto nella “Campagna 2009 dell'1 per cento alla Chiesa”, lanciata in questi giorni nel Paese sudamericano. Presentando l’iniziativa – riferisce la Fides - mons. Santiago Silva, vescovo ausiliare di Santiago e Segretario Generale della Conferenza Episcopale cilena, ha ricordando che “sono migliaia e migliaia le persone che, in Cile e ad altre latitudini, lavorano affinché altri fratelli e sorelle possano incontrarsi con il Signore ed avere vita piena in Lui” e dunque aiutare questi fratelli con un piccolo contributo economico significa far sì che “tanti altri possano conoscere il Signore ed essere benedetti da Lui nei momenti più importanti della loro vita. In maniera particolare coloro che non hanno niente, i più vulnerabili”. “Con il nostro apporto alla Chiesa – ha aggiunto - vogliamo, in qualche modo, abbracciare i poveri e i sofferenti dicendo loro che li accompagniamo e che le porte della nostra casa, la Chiesa, sono sempre aperte per accoglierli”. E’ un impegno al quale siamo chiamati in quanto membri dell’unica grande famiglia che è la Chiesa – ha sottolineato infine il presule - “e nella famiglia in cui siamo ci facciamo carico gli uni degli altri. Per questo motivo, l’1 per cento è il frutto della nostra identità di figli che, in comune-unione, si sentono responsabili della loro casa”. (C.D.L.)

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    Al via domani l’Assemblea generale annuale delle POM

    ◊   Si apriranno domani con l’intervento del cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, i lavori dell’Assemblea generale annuale delle Pontificie Opere Missionarie. Seguirà una relazione dell’arcivescovo Piergiuseppe Vacchelli, Segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e Presidente delle POM. Presso la Casa di Esercizi dei Salesiani, dove ha luogo l’incontro – riferisce la Fides - i segretari generali delle quattro Pontificie Opere Missionarie esporranno una relazione, e ad ognuna seguiranno lavori di gruppo. Nel pomeriggio del 13 maggio è in programma il pellegrinaggio alla Basilica di San Paolo, in occasione dell’Anno Paolino, dove il cardinale Dias presiederà la Concelebrazione Eucaristica. I lavori si concluderanno il 16 maggio, con l’approvazione di bilanci e progetti. (C.D.L.)

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    Macerata: celebrazioni nel IV centenario della morte del padre gesuita Matteo Ricci

    ◊   Si aprono domani, a Macerata, le celebrazioni per il IV centenario della morte di padre Matteo Ricci, avvenuta a Pechino l’11 maggio del 1610. Il gesuita italiano, matematico e cartografo, fu una delle grandi figure dell’evangelizzazione in Cina. L’avvio dell’Anno giubilare è solennizzato dalla Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale maceratese di San Giuliano, presieduta alle 19.00 dal vescovo, mons. Claudio Giuliodori. In mattinata è prevista la presentazione del programma del centenario che intende divulgare l’attività missionaria del religioso, i principi ispiratori della sua azione e le diverse opere realizzate nel periodo cinese. L’obiettivo delle iniziative in programma è anche quello di incrementare il rapporto culturale con la Cina, attraverso l’allestimento di mostre, l’organizzazione di convegni e di scambi culturali, che già il 16 e 17 maggio vedranno numerosi studenti cinesi partecipare a Macerata a momenti di festa e di dialogo. Tra le attività di preparazione all’evento anche la pubblicazione di sussidi destinati alle scuole. (C.D.L.)

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    A Roma e Torino un corso sulla Chiesa Cattolica per diplomatici dei Paesi Asiatici

    ◊   Presso il centro della Pontificia Università Gregoriana intitolato al gesuita italiano padre Matteo Ricci, che grande contributo diede all’evangelizzazione in Cina, sarà inaugurato domani il “Corso per Diplomatici di Paesi Asiatici”. In programma a Roma dall’11 al 17 maggio, e in una seconda sessione a Torino dal 18 al 24, il corso è organizzato dalla Fondazione “La Gregoriana” e dall’Istituto Internazionale “Jacques Maritain”, in collaborazione con la Georgetown University di Washington e la Sophia University di Tokyo, ed intende presentare le istituzioni della Chiesa Cattolica e la politica internazionale della Santa Sede a diplomatici di Paesi asiatici. L’obiettivo è quello di promuovere maggiori e migliori legami tra Stati, popoli e culture, mediante un contributo alla formazione di mediatori chiave in tali rapporti nell’odierno contesto internazionale. I partecipanti apprenderanno nozioni sullo status giuridico internazionale della Città del Vaticano, il funzionamento e l’organizzazione della Sede Apostolica, il funzionamento e l’organizzazione degli Episcopati nel mondo e delle Chiese particolari, l’attività diplomatica delle Nunziature, l’azione umanitaria e diplomatica della Santa Sede in favore della pace, ed infine il dialogo ecumenico e interreligioso. Interverrà alla sessione inaugurale anche il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace. Il secondo modulo del corso, a Torino, sarà incentrato sulle opere sociali della Chiesa cattolica in ambito industriale e prevede visite ad istituzioni ecclesiali, industrie e luoghi significativi per il dialogo ecumenico e interreligioso. (C.D.L.)

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    L’Hong Kong Family Movement: 15 anni a sostegno della famiglia

    ◊   “Se esiste l’amore in una famiglia, Cristo Risorto è in mezzo a loro”. Così mons. John Tong, neo vescovo della diocesi di Hong Kong, in Cina, ha incoraggiato 38 famiglie che hanno rinnovato le loro promesse matrimoniali durante la celebrazione per i 15 anni di fondazione dell’Hong Kong Family Movement. Secondo quanto riferisce il bollettino diocesano ripreso dalla Fides, la cerimonia si è svolta il 15 aprile presso il Seminario diocesano dello Spirito Santo. Padre G. Giampietro del Pontificio Istituto per le Missioni Estere (PIME), fondatore del Movimento, ha sottolineato che “la crescita dei membri delle famiglie è il più grande successo di questi 15 anni” ed ha ringraziato della collaborazione e del sostegno la diocesi e la Caritas di Hong Kong. Nato in occasione dell’Anno internazionale della Famiglia, l’Hong Kong Family Movement raccoglie circa 170 famiglie in 18 parrocchie e intende aiutare i coniugi cattolici a vivere pienamente la condizione matrimoniale e ad educare i loro figli affinché diventino “nuova linfa” della grande famiglia cristiana. (C.D.L.)

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    Concluso all'Ateneo Sant'Anselmo il simposio "Missionari e Monaci"

    ◊   Si è chiuso ieri il simposio “Missionari e Monaci” organizzato dalla Facoltà teologica del Pontificio Ateneo sant’Anselmo di Roma, in collaborazione con diverse congregazioni monastiche e con l’Alleanza per il monachesimo internazionale. Il simposio – spiegano i promotori dell’iniziativa – ha inteso “esaminare il rapporto fra monachesimo e impegno missionario da una molteplicità di punti di vista - ecclesiologico, missiologico, sociologico - sempre tenendo presente che gli approcci moderni possono essere abbastanza differenti da quelli seguiti in passato”. In effetti – si legge in un comunicato dell’Ateneo – “anche se nella mente popolare i concetti di missione e monachesimo possono sembrare divergenti, l'energia verso l'esterno della Chiesa da un lato, e il suo cuore contemplativo dall'altro, una osservazione attenta della realtà storica, antica, medievale e moderna, non supporta questa dicotomia”.(C.D.L.)

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    I new media al servizio dell’uomo. A Roma, un convegno di Vicariato, Avvenire e AC

    ◊   Diffondere e moltiplicare messaggi di pace e solidarietà, promuovere una cultura al servizio dell’uomo, che ne riconosca la centralità e che si batta per il riconoscimento della dignità di ciascuno, e favorire la conoscenza fra lontani e diversi, consentendo l’instaurarsi di legami di amicizia e di mutuo sostegno. E’ solo un assaggio delle grandi potenzialità offerte dai nuovi media digitali che negli ultimi anni, grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate, hanno rivoluzionato il mondo delle comunicazioni, aprendo nuove strade all’incontro fra individui. Ne hanno parlato ieri a Roma i partecipanti all’incontro promosso dal Vicariato, insieme all’Azione Cattolica, l’Ucsi Lazio e i responsabili del progetto Portaparola di Avvenire. Sul tema “Dialogo e amicizia nel continente digitale” il convegno ha posto l’attenzione sul ruolo che i media digitali hanno nella società contemporanea quali strumenti in grado di “favorire la comprensione e la solidarietà umana” - come scrive Benedetto XVI nel messaggio per la 43. ma giornata mondiale per le comunicazioni sociali, il prossimo 24 maggio - e di promuovere “nuove relazioni nella ricerca sincera e reciproca della verità”. L’iniziativa – si legge sul quotidiano della Cei – ha visto la partecipazione di Roberto Cipriani, ordinario di sociologia all’Università Roma Tre, che ha osservato come per ovviare al rischio di una comunicazione superficiale e sovrabbondante sia “necessario lasciarsi spazi di riflessione personale, che facciano posto anche alla dimensione comunitaria”. Fra i relatori anche Xavier Debanne, esperto di comunicazione digitale, e Piero Damosso, giornalista del tg1. (C.D.L.)

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    Per la festa della mamma, iniziativa di Cbm Italia in favore delle mamme cieche

    ◊   Bastano 30 euro per ridare la vista ad una mamma cieca e consentirle finalmente di vedere il volto e il sorriso del proprio bambino. In occasione dell'odierna festa della mamma, Cbm Italia onlus - articolazione italiana dell’organizzazione internazionale che dall’inizio del ‘900 si occupa di prevenzione e cura della cecità e di altre forme di disabilità fisica e mentale nei Paesi in Via di Sviluppo - promuove una campagna in favore delle mamme di tutto il mondo affette da cataratta. Donando all’organizzazione un piccolo contributo economico è possibile favorire l’accesso ad un intervento chirurgico che in soli 15 minuti può ridare la vista alle mamme e consentire loro di realizzare il sogno di vedere il proprio bambino. Al sito www.cbmitalia.org tutte le informazioni necessarie. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sri Lanka: prosegue l'offensiva dell'esercito contro le Tigri Tamil

    ◊   Si stringe il cerchio dell’esercito dello Sri Lanka attorno alle ultime roccaforti dei ribelli tamil nel nord del Paese. Le Tigri Tamil (Ltte) accusano le truppe di Colombo di aver causato circa 2000 morti civili a seguito dei bombardamenti delle ultime 24 ore. Bilancio non confermato da un portavoce dell’esercito secondo cui si tratta solamente di propaganda dei ribelli. Il servizio di Marco Guerra:

    L’avanzata dell’esercito dello Sri Lanka verso le postazioni tamil nel nord dell’isola prosegue con un "guerra di cifre" fra le parti. Secondo un comunicato dei ribelli, pubblicato sul sito Tamilnet, pesanti bombardamenti la scorsa notte avrebbero provocato almeno 2000 vittime civili. Dal canto suo, Colombo ha negato persino di aver compiuto qualsiasi attacco nella zona. Lo scambio di accuse tra Tigri Tamil e esercito è molto frequente. Tuttavia si registra una parziale conferma del raid da parte di alcuni medici che operano nella zona dei combattimenti, che parlano però di 257 persone uccise e oltre 800 feriti. Ad ogni modo le condizioni umanitarie nelle zone interessate dal conflitto restano gravissime. L’Onu ha stimato che circa 50 mila civili sono bloccati nel territorio costiero controllato dai guerriglieri separatisti, mentre sarebbero oltre 6500 quelli rimasti uccisi dallo scorso gennaio, quando l’esercito ha lanciato l’offensiva finale nel nord-est del Paese. Non meno preoccupante sono poi le condizioni degli oltre 200 mila sfollati fuggiti dalle zone teatro dei combattimenti. La Croce Rossa, che insieme alla Chiesa locale è in prima linea sul fronte degli aiuti, parla di situazione catastrofica. L’allarme umanitario non sembra però fermare la determinazione del governo che esprime soddisfazione per l’esito del conflitto e respinge gli appelli al cessate il fuoco, provenienti dai Paesi occidentali.

     
    Pakistan
    Prosegue l’offensiva dell’esercito pakistano contro i talebani nella valle di Swat, nel nord-ovest del Paese. Le forze armate pakistane hanno reso noto di avere ucciso tra 180 e 200 presunti insorti nel corso delle ultime 24 ore. Intanto le forze armate hanno sospeso il coprifuoco per consentire alla popolazione di lasciare la zona dei violenti combattimenti. I residenti di quattro centri abitati avranno tempo fino alle prime ore del pomeriggio per lasciare le proprie case e mettersi in salvo in una area più sicura. Secondo l’Onu, l’inasprimento degli scontri con un dispiegamento di forze senza precedenti avrebbe già provocato 200 mila sfollati a cui si aggiungono i 300 mila in fuga in queste ore. Mezzo milione di persone che si va ad aggiungre ai 550 mila che hanno lasciato la zona durante i combattimenti dei mesi scorsi.

    Afghanistan
    Non passa giorno senza che si registrino nuove violenze in Afghanistan. Stamani 11 operai, impegnati nella manutenzione delle strade, sono stati uccisi in due distinti attentati dinamitardi nell’est del Paese, alla frontiera col Pakistan. Le provincie dove sono avvenuti gli attentati sono considerate delle roccaforti degli insorti legati ai talebani. Intanto, resta alta la polemica per il bombardamento americano nella provincia di Farah che ha provocato 147 vittime: a Kabul un migliaio di studenti hanno manifestato contro i raid aerei degli Stati Uniti che, dal canto loro, hanno riconosciuto che diversi civili sono stati uccisi nell’attacco contro i talebani.

    Iran
    Si è tenuto oggi a Teheran il processo d'appello a Roxana Saberi, la 32enne giornalista irano-americana condannata in primo grado a otto anni di reclusione per spionaggio. L’avvocato della donna ha fatto sapere che per la sentenza bisognerà aspettare sette giorni e si è detto ottimista sulla possibilità che introduca ''cambiamenti sostanziali'' rispetto alla condanna in primo grado. La Saberi è detenuta nella prigione di Evin dallo scorso gennaio dopo essere stata arrestata ed accusata inizialmente per avere comprato dell'alcol, poi di esercitare l'attività giornalistica senza permesso ed, infine, per spionaggio. Nei giorni scorsi la reporter con la doppia cittadinanza, americana e iraniana, è tornata a mangiare dopo due settimane di sciopero della fame.

    Somalia
    È ripresa stamani a Mogadiscio la sanguinosa battaglia tra i miliziani degli Sbabaab, ritenuti il braccio armato somalo di al Qaeda, e truppe leali al governo. L’escalation delle violenze ha potato ad uno scontro aperto che in tre giorni di battaglia ha causato 50 morti e oltre 180 feriti. Secondo fonti ribelli, fra le vittime ci sarebbero anche numerosi soldati governativi. Secondo le autorità somale, i miliziani islamici sono sostenuti dall’Eritrea, che però smentisce le accuse.

    Italia-immigrazione
    E' arrivato nel porto di Tripoli il barcone con 167 immigrati respinto ieri dalla marina italiana. Si tratta del secondo respingimento dall’entrata in vigore degli accordi tra Italia e Libia. Come avvenuto giovedì scorso per gli altri 227 migranti, anche per loro si apriranno le porte del centro di detenzione libico a Twescha. Intanto hanno suscitato polemiche le parole di Berlusconi secondo cui l’attuale governo avrebbe un’altra visione rispetto alla “sinistra che ha aperto le porte a tutti ed ha l’idea di un'Italia multietnica”.

    Nuova influenza
    Negli Stati Uniti è stato confermato dalle autorità sanitarie dello Stato di Washington il terzo caso mortale per l’influenza A. Si tratta di un uomo sui trent'anni, deceduto la scorsa settimana per le complicazioni determinate dal virus H1N1. In Messico, dove è nata l’epidemia, il numero dei decessi è salito a 48. Venerdì le autorità messicane avevano abbassato il livello di allarme, ma a seguito di una nuova recrudescenza dell’epidemia il governo di Città del Messico potrebbe annunciare oggi di nuovo il livello “arancio”, che proibisce eventi collettivi. Intanto, in Norvegia si segnalano i primi due casi di contagio. Secondo l’ultimo bollettino dell’Oms, ad oggi sono circa 4.300 i casi di influenza A, registrati in almeno 30 Paesi del mondo. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 130

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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