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Sommario del 08/05/2009
Il Papa ad Amman: vengo come pellegrino per venerare i Luoghi Santi. Si promuova la pace in Medio Oriente, la libertà religiosa e l'alleanza tra occidente e mondo musulmano
◊ “Vengo in Giordania come pellegrino, per venerare i luoghi santi”: con queste parole, pronunciate durante la cerimonia di benvenuto all’aeroporto di Amman, Benedetto XVI ha iniziato il suo pellegrinaggio in Terra Santa, che dall’11 al 15 maggio lo vedrà in Israele e Territori palestinesi. L’aereo papale è atterrato nell’aeroporto della capitale giordana alle 13.24 ora italiana. Ad accogliere Benedetto XVI, il Re Abdallah II, accompagnato dalla Regina Rania, e i Patriarchi e vescovi della Giordania e della Terra Santa. Il Papa ha parlato della libertà religiosa come diritto umano fondamentale, della promozione di una pace durevole e di una vera giustizia in Medio Oriente, dell’alleanza di civiltà tra mondo occidentale e quello musulmano a smentire i profeti della inevitabilità del conflitto tra le culture. Ma diamo la linea al nostro inviato ad Amman, Pietro Cocco:
E’ un benvenuto, quello tra il Re e il Papa, che ha guardato subito alle questioni cruciali di questa visita alla Terra Santa, a partire dalla Giordania. Benedetto XVI sente di venire in una terra ricca di storia, patria di antiche civiltà,profondamente intrisa di significato religioso per Ebrei, Cristiani e Musulmani:
“I come to Jordan as a pilgrim, to venerate holy places …
Vengo in Giordania come pellegrino, per venerare i luoghi santi che hanno giocato una così importante parte in alcuni degli eventi chiave della storia biblica” come il Monte Nebo, con il Memoriale di Mosè, e Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni Battista “predicò e rese testimonianza a Gesù”.
Al tempo stesso, il Papa ha elogiato il regno haschemita per il suo impegno per la pace in Medio Oriente:
“Indeed the Kingdom of Jordan has long been at the forefront of initiative …
In effetti, il Regno di Giordania è da tempo in prima linea nelle iniziative volte a promuovere la pace nel Medio Oriente e nel mondo, incoraggiando il dialogo inter-religioso, sostenendo gli sforzi per trovare una giusta soluzione al conflitto israeliano-palestinese, accogliendo i rifugiati dal vicino Iraq, e cercando di tenere a freno l’estremismo”.
Possano questi sforzi, ha aggiunto il Papa, portare “frutto nello sforzo di promuovere una pace durevole e una vera giustizia per tutti coloro che vivono nel Medio Oriente.”
Altrettanto caloroso e attento alle dimensioni religiose e politiche, il discorso di saluto del Re di Giordania, Abdullah II. Il Re ha voluto salutare in Benedetto XVI prima di tutto un pellegrino di pace, definendo la sua presenza in Giordania come un momento storico. “Si senta a casa, le porte sono aperte”. “La coesistenza e l’armonia fra musulmani e cristiani – ha detto – sono un tema urgente nel mondo. Oggi insieme siamo impegnati nel mutuo rispetto. Qui ed ora è il momento di un dialogo globale”. “L’armonia tra noi – ha ancora proseguito il Re giordano – il dialogo, hanno la loro base nella nostra fede in un unico Dio”. Il Re ha poi espresso l’impegno suo e del suo Paese perché sia riconosciuto il diritto dei palestinesi ad uno Stato e quello di Israele alla sicurezza, così come il rispetto del carattere religioso dei Luoghi Santi di Gerusalemme.
Da parte sua, Benedetto XVI ha voluto sottolineare l’importanza del ruolo svolto dal Re giordano “nel promuovere una migliore comprensione delle virtù proclamate dall’Islam. Impegno che si è concretizzato in iniziative che hanno favorito “un’alleanza di civiltà tra il mondo occidentale e quello musulmano, smentendo le predizioni di coloro che considerano inevitabili la violenza e il conflitto”.
A riprova di questo, il Papa ha poi espresso la gioia di poter benedire nei prossimi giorni le prime pietre delle chiese che saranno costruite sul luogo tradizionale del Battesimo del Signore. La possibilità che la comunità cattolica di Giordania possa edificare pubblici luoghi di culto è un segno del rispetto di questo Paese per la religione:
“On their behalf I want to say how much this openness is appreciated…
A nome dei Cattolici desidero esprimere quanto sia apprezzata questa apertura. La libertà religiosa è certamente un diritto umano fondamentale ed è mia fervida speranza e preghiera che il rispetto per i diritti inalienabili e la dignità di ogni uomo e di ogni donna giunga ad essere sempre più affermato e difeso, non solo nel Medio Oriente, ma in ogni parte del mondo”.
Per questi motivi, Benedetto XVI ha voluto ribadire come da parte sua vi sia un profondo rispetto per la comunità musulmana: “Spero vivamente, ha concluso, che questa visita e, in realtà, tutte le iniziative programmate per promuovere buone relazioni tra cristiani e musulmani, possano aiutarci a crescere nell’amore verso Dio Onnipotente e Misericordioso, come anche nel fraterno amore vicendevole".
Come da tradizione, Benedetto XVI ha inviato durante il viaggio aereo una serie di telegrammi indirizzati ai Paesi sorvolati, ovvero Italia, Grecia, Cipro, Libano e Siria. Col presidente della Repubblica italiana, in particolare, il Papa definisce nel telegramma “provvidenziale” la sua opportunità di “ricalcare le orme del Divino Maestro” in Terra Santa, dove ribadisce di andare per “pregare per la giustizia e per la pace” e per “incoraggiare il dialogo ecumenico e interreligioso”. “Sono certo - scrive in risposta il capo di Stato italiano - che il suo messaggio di pace e di speranza troverà terreno fertile in tutti gli uomini di buona volontà che si impegnano affinché quei luoghi diventino il simbolo di una ritrovata e pacifica convivenza fra tutti i ‘popoli del libro’”.
Il colloquio del Papa con i giornalisti durante il volo per Amman. Intervista con padre Lombardi
◊ I cristiani della Terra Santa e del Medio Oriente devono rimanere nelle loro terre. E’ stata questa una delle affermazioni rese dal Papa durante la consueta conferenza stampa che si è svolta a bordo dell’aereo papale. Benedetto XVI ha risposto durante il volo ad alcune domande dei giornalisti presenti a bordo, spiegando quali siano i sentimenti spirituali e pastorali che lo accompagneranno durante questo suo pellegrinaggio. Lo riferisce il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, contattato subito dopo l’atterraggio del volo ad Amman da Alessandro De Carolis:
R. - Il Papa ha risposto ad alcune domande che riguardano naturalmente i temi principali che sono d’attualità in questo viaggio. Il primo è quello del servizio della pace. L’interrogativo era come pensa concretamente il Papa di poter servire la pace in questo viaggio. Ed egli ha detto che ci sono tre vie per servirla, in particolare la preghiera, che vedrà anche tutto il popolo cristiano unito a lui nel domandare a Dio il dono della pace. C’è poi la grande via della formazione delle coscienze, sui veri valori e sul valore della convivenza pacifica, nel rispetto reciproco tra le persone e i popoli. E poi, molto significativo, anche il tema della ragione, ovvero l’appello a tutti ad essere ragionevoli e a seguire i dettami che una sana ragione indica a tutti gli uomini per vivere nel rispetto reciproco e nella pace. E questo mi sembra un tema piuttosto importante di questo Pontificato e che probabilmente il Papa affronterà in questi giorni.
D. - Si è parlato anche della condizione dei cristiani di Terra Santa?
R. - Sì, il Santo Padre ha detto che, naturalmente, ci sono molte iniziative per sostenerli. In particolare, ha fatto riferimento a tutta l'attività scolastica ed all'attività sanitaria: gli ospedali, le case nelle quali si presta assistenza alle persone in difficoltà, agli emarginati e ai malati. E quindi il Santo Padre ha parlato della vitalità della Chiesa, che si sente unita a questi cristiani, ed anche dello scopo di questo viaggio, che pure ha - tra le sue principali finalità - quella di manifestare la vicinanza del pastore universale, e di tutta la Chiesa con lui, a queste comunità cristiane, affinchè possano essere ancora piene di speranza per il futuro.
D. - Ci sono stati altri temi che sono emersi dalle domande dei giornalisti?
R. - Gli altri temi principali erano quelli che riguardavano il dialogo, sia con l'ebraismo, sia con l'islam, ed anche gli elementi comuni delle tre religioni che fanno capo ad Abramo. Il Santo Padre ha ricordato che egli stesso è stato tra i membri fondatori di una istituzione dedicata proprio al dialogo fra le tre grandi religioni che si appellano ad Abramo: una fondazione culturale che ha fatto anche delle pubblicazioni di testi importanti per le diverse religioni, e che ha preso iniziative concrete per facilitare il dialogo. Si tratta, dunque, di trovare un linguaggio comune, dei punti di riferimento comuni: anche il valore dell'amore di Dio e del prossimo sono certamente punti assolutamente focali di questo dialogo, che deve vedere le tre religioni collaborare insieme anche per la pace nel mondo.
D. - Un'impressione a caldo sul benvenuto che il re di Giordania ha riservato al Papa...
R. - Il discorso del re di Giordania è stato un discorso molto notevole: spontaneo, caloroso, cordiale. Si vede - come ha detto anche il Papa nel suo discorso - che qui c'è una tradizione consolidata di dialogo e si cerca veramente di condurre uno sviluppo della cultura islamica verso valori comuni, condivisi, anche con altri popoli, altre culture. Il re ha fatto riferimento a quelle stesse grandi iniziative alle quali anche il Papa si riferisce - cioè il messaggio interreligioso di Amman - che hanno dato luogo, anche recentemente, ad alcuni tra i momenti più promettenti del dialogo fra islam e cristianesimo, compreso il Forum che si è svolto a Roma recentemente, i cui partecipanti sono stati ricevuti dal Papa e che si è concluso con una dichiarazione comune piuttosto significativa. Quindi, direi che ci troviamo in un contesto in cui il dialogo tra cristianesimo ed islam mostra di poter fare dei passi avanti, di poter essere veramente fruttuoso.
Le speranze della comunità cristiana in Giordania
◊ Sull’arrivo del Papa ad Amman ascoltiamo, al microfono di Pietro Cocco, mons. Salim Sayegh, vicario patriarcale latino per la Giordania e fondatore del Centro Regina Pacis per la riabilitazione dei disabili, prima tappa della visita di Benedetto XVI nel Paese:
R. – E’ un sentimento di gioia veramente. Siamo felici di ricevere il Santo Padre perché per noi significa ricevere San Pietro.
D. – Il Papa viene anche come ospite del Re...
R. – Questo suo essere ospite del Re ci riempie di gioia, perché il Re ci rappresenta tutti.
D. – Il Papa si fermerà qui in Giordania quattro giorni, una visita molto articolata. Quali sono gli aspetti principali, a suo giudizio, degli appuntamenti che il Papa ha qui ad Amman?
R. – Prima di tutto incontrerà i poveri dei poveri della Giordania, i portatori di handicap nel Centro Nostra Signora della Pace, ed avrà una parola da dire loro. Lì incontrerà anche i giovani, perché il Centro è sia per i disabili che per i giovani. I nostri giovani in Giordania si sentono molto felici, perchè loro che partecipano alla Giornata Mondiale della Gioventù sono coscienti che è il Santo Padre a venire da loro e non loro ad andare da lui. Hanno preparato una bella lettera da presentare al Santo Padre.
D. – Ci sarà anche una visita alla Moschea Al-Hussein Bin Talal di Amman e un incontro con i capi religiosi musulmani...
R. – La visita alla Moschea riflette quel che vive la Giordania: una vita pacifica. Viviamo insieme ai fratelli musulmani da centinaia di anni. La visita del Santo Padre riflette anche il suo desiderio che tutti vivano in pace nella diversità e nell’accettazione gli uni degli altri.
D. – La Giordania in questi anni è stata molto accogliente nei confronti dei profughi, dei rifugiati, con un impegno in prima fila anche della Caritas della Giordania...
R. – Quando c’è stata la guerra in Palestina, nel 1947-1948, è la Giordania che ha ricevuto i profughi. E adesso in Giordania ci sono tanti campi di profughi palestinesi, che rimangono lì, aspettando una soluzione pacifica giusta e legale per la loro questione. Ci sono anche iracheni, che sono non meno di 600-700 mila, e tra di loro ci sono non meno di 25-30 mila cristiani.
D. – Mons. Sayegh, quali le preoccupazioni, le attese per il futuro, principali della comunità cristiana?
R. – Per la comunità cristiana della Giordania la prima cosa è educare cristianamente i giovani, la gioventù, perché loro riflettono la Chiesa del futuro. Noi oggi non possiamo educare i giovani come siamo stati educati 40-50 anni fa, altrimenti la nostra educazione rimarrà esteriore e non toccherà veramente l’anima. Quindi, dobbiamo portarli alla convinzione della loro fede, della loro missione, in questo mondo musulmano, per dare veramente la bella testimonianza di Gesù Cristo.
Sulle principali sfide per la comunità cristiana giordana, Pietro Cocco ha intervistato Adelheid Durk, responsabile di uno dei progetti umanitari della Caritas Giordania:
R. – Penso che sia il lato economico senz’altro ma anche, soprattutto, la pace perché, essendo una minoranza, rimane sempre un po’ la paura che un domani vada via il re e che vengano gli integralisti. E dopo, cosa ne sarebbe di noi? Questo è sempre un grande interrogativo però c’è sempre anche la speranza, senz’altro, che continui anche il lavoro di creare questi rapporti anche con gli altri perché bisogna convivere, non si può rimanere per sempre gli uni contro gli altri.
D. – Anche la visita del Papa va in questa direzione, proprio della cooperazione, della convivenza pacifica; verrà anche a confermare il cammino del dialogo interreligioso...
R. – Sì. Comunque la Giordania è un Paese molto aperto. Anche il re e tutta la famiglia reale sono molto aperti e molto pro-cristiani e si sente l’importanza dei cristiani, considerati il “lievito nella pasta”. I cristiani sono molto richiesti anche nei lavori perché sanno che lavorano bene e con coscienza. Certo ci sono un po’ di problemi ma sono cose che capitano. In generale però, è un Paese aperto in cui veramente convivono pacificamente cristiani e musulmani. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Aiutare i cristiani di Gerusalemme a rimanere in Terra Santa: intervista al parroco di Gerusalemme
◊ Il muro che divide Israele dai Territori palestinesi e che “spezza” troppe famiglie, le case a prezzi insostenibili, un lavoro che non sempre garantisce il necessario per vivere. Sono i problemi quotidiani che pesano sui cristiani di Terra Santa, i quali sperano che la visita del Papa possa contribuire a risolverli. In questo scenario di precarietà, non fa eccezione la realtà di Gerusalemme, come spiega padre Ibrahim Faltas, parroco di San Salvatore, l’unica parrocchia latina della Città Santa, intervistato dal nostro inviato, Roberto Piermarini:
R. – Noi lo aspettiamo a braccia aperte, con entusiasmo. La gente è contenta: vuole essere incoraggiata, in questo periodo, perché ci sono tanti, tanti problemi. C’è il problema della casa, il problema del rinnovo della carta d’identità, della cittadinanza qui a Gerusalemme, il problema del Muro, il problema della disoccupazione … ma soprattutto, poter rimanere qui, a Gerusalemme. Prima dell’erezione del Muro, si sono celebrati molti matrimoni misti: il marito di Gerusalemme e la moglie di Betlemme o viceversa. Adesso, purtroppo, non possono stare insieme perché dopo l’erezione del Muro, chi non è di Gerusalemme deve stare a Betlemme, deve tornare in Cisgiordania. Noi chiediamo un permesso per questa gente, affinché possa rimanere qui.
D. – Padre Faltas, alla vigilia del viaggio del Papa, quali sono stati i commenti della stampa araba e di quella israeliana?
R. – Tutti si stanno preparando bene per la visita del Papa, sia la stampa araba, sia quella israeliana. Anche nelle scuole – sia arabe, sia israeliane – sono state tenute tante, tante lezioni per informare su chi è il Papa, chi è Benedetto XVI … Ogni giorno, nella stampa araba e in quella israeliana, appare una notizia sul Papa …
D. – La Custodia di Terra Santa si sta adoperando per frenare l’esodo dei cristiani dalla Terra Santa …
R. – Il 90 per cento dei cristiani di Gerusalemme non sono proprietari, non hanno terreni, non hanno case e quindi prendono case in affitto. L’affitto più basso ammonta a mille dollari al mese, per arrivare a duemila, tremila, anche di più! La Custodia sta facendo progetti di case per far rimanere la gente qui.
D. – La ripresa del pellegrinaggio in Terra Santa è una risorsa per i cristiani …
R. – Certo: la maggior parte dei cristiani di Terra Santa – oltre l’85 per cento – lavora nel settore del turismo. Se non ci sono pellegrini, la gente non ha casa, non ha terreno, non ha lavoro e quindi, cosa sta a fare, qui? E’ molto facile scappare …
D. – Padre Faltas, questa visita del Papa può ridare speranza?
R. – Penso che la visita del Papa porterà frutti, perché sicuramente il Papa chiederà di risolvere tutti i nostri problemi di cristiani. E questa è la nostra speranza e quella di tutta la gente: è veramente una sfida, vivere a Gerusalemme in questi tempi!
La difficile realtà del campo profughi palestinese di Aida, vicino Betlemme, che il Papa visiterà mercoledì prossimo
◊ Dopo la sosta in Giordania e i primi incontri a Gerusalemme, mercoledì prossimo Benedetto XVI valicherà il confine tra lo Stato di Israele e i Territori autonomi palestinesi per raggiungere la città di Betlemme. Oltre al momento spirituale, segnato dalla visita alla Grotta della Natività, il Papa si immergerà per circa un’ora nella difficile realtà dell’“Aida Refugee Camp”, uno dei molti campi che ospitano migliaia di profughi palestinesi. Il nostro inviato, Roberto Piermarini, ne offre uno spaccato in questo servizio:
Una grande chiave che simboleggia il diritto a tornare nelle proprie case espropriate 60 anni fa, sovrasta l’arco di ingresso del campo profughi di Aida, a Betlemme che il Papa visiterà mercoledì pomeriggio, come gesto di vicinanza alle sofferenze del popolo palestinese. Si tratta di uno dei primi campi dal 1948, per accogliere i 900 mila palestinesi rimasti da un giorno all’altro senza casa nè lavoro. Ad Aida vivono 5 mila dei più di 4 milioni di palestinesi raccolti nei 59 campi profughi sparsi in tutto il Medio Oriente. In un primo tempo l’incontro del Papa con i profughi era previsto su un palco a ridosso del Muro di separazione costruito per motivi di sicurezza da Israele, per prevenire azioni terroristiche e contestato da tutta la comunità internazionale; una scelta che in questo pellegrinaggio papale, avrebbe avuto un forte impatto mediatico. Poi si è preferito la scuola dell’Unrwa, l’organismo dell’Onu per i rifugiati che opera nel Campo.
Camminare per le strade di Aida è desolante: case fatiscenti e sovrappopolate allineate come tessere di un domino, fogne a cielo aperto, disoccupazione, violenza, e nello sguardo della gente, quasi tutti musulmani palestinesi, tanta rassegnazione, nonostante gli sforzi dell’ONU e di molte Ong che lavorano per i profughi. Il silenzio che accompagna chi si muove tra le vie polverose del Campo, è rotto soltanto dalle voci e dalle grida dei bambini che giocano a pallone nell’unico campo sportivo a disposizione: il cortile della scuola dell’Unicef. Nel Campo di Aida, oltre alla presenza silenziosa di 14 famiglie cristiane che convivono fraternamente con la maggioranza musulmana, c’è un piccolo convento di suore: sono le Missionarie francescane del Cuore Immacolato di Maria. Dopo la seconda Intifada la loro scuola ha chiuso i battenti e da qualche mese non funziona più neppure l’ambulatorio medico. Le poche persone che si fermano a parlare hanno una sola richiesta che farà da sfondo all’incontro con il Papa: porre fine all’ingiustizia dell’emigrazione forzata. Uno degli organizzatori dell’incontro di Aida, il padre Majdi Syriani, del Patriarcato latino di Gerusalemme, si dice convinto che Benedetto XVI, che è tedesco, vedendo il Muro di separazione non potrà non tornare allo “scandalo” del Muro di Berlino che per tanti anni ha diviso il suo Paese. Gli abitanti del Campo offriranno tra l’altro al Papa, un ciondolo decorato con una chiave, simbolo sia della missione di “custode delle chiavi”affidata da Cristo a San Pietro ed ai suoi successori e sia la “chiave del ritorno” dei profughi palestinesi, la stessa che campeggia l’ingresso di questo Campo.
Messaggio del Papa per il 10.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II in Romania
◊ La memoria della storica visita di Giovanni Paolo II in Romania incoraggi i cristiani “a ricercare vie coraggiose per affrontare insieme con fiducia le grandi sfide dei nostri giorni”: è quanto scrive Benedetto XVI in un messaggio all’arcivescovo metropolita di Bucarest, Ioan Robu, in occasione delle celebrazioni per il decimo anniversario della visita di Papa Wojtyla in terra romena, in corso in questi giorni. Il messaggio è stato consegnato al presule da mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, nominato dal Pontefice suo Rappresentante alle celebrazioni promosse dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e dallo Stato romeno. Benedetto XVI auspica che cattolici ed ortodossi collaborino “alla difesa della vita dell’uomo in ogni sua fase, alla tutela della famiglia, al rispetto del creato, alla promozione del bene comune”. Richiamando le parole di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI auspica inoltre che “quanto prima si possa pervenire alla piena comunione fraterna fra tutti i cristiani tanto in Occidente quanto in Oriente”. Nel messaggio, viene ricordato che la Romania, “per la sua posizione geografica e per la sua lunga storia, per la cultura e la tradizione, conserva come iscritta nelle sue radici una singolare vocazione ecumenica”. Infine, Benedetto XVI rivolge un cordiale saluto “all’amato Patriarca ortodosso” e ai fedeli “di quella nobile Chiesa”. (A.G.)
Nomine
◊ In India, Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di Cochin mons. Joseph Kariyil, finora vescovo di Punalur.
Sempre in India, il Papa ha nominato vescovo di Punalur, il reverendo Selvister Ponnumuthan, sacerdote del clero di Neyattinkara, attuale rettore del St. Joseph’s Pontifical Seminary a Carmelgiri.
In Argentina, il Pontefice ha nominato vescovo di Orán il reverendo Marcelo Daniel Colombo, finora parroco della Cattedrale di Quilmes.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un editoriale del direttore sull’inizio del viaggio del Papa in Terra Santa
In rilievo, nell’informazione internazionale, la situazione in Pakistan: offensiva finale dell’esercito contro i talebani nella valle di Swat
Il Giro d’Italia compie cent’anni: in cultura, un articolo di Maria Maggi, l’ultimo capitolo del libro di Claudio Gregori “Luigi Ganna”, dedicato alle imprese sportive del primo vincitore del Giro, e stralci della prefazione di Candido Cannavò al volume “Un secolo di passioni” pubblicato in occasione dell’edizione del centenario della “Gazzetta dello Sport”
Claudio Leonardi ricorda Gianni Baget Bozzo
Un articolo dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi dal titolo “La guida migliore per scalare il monte Nebo”: sui passi di Mosè liberatore del popolo eletto
La Chiesa in Pakistan: cessino le violenze anticristiane!
◊ Terrore e violenza in Pakistan contro le comunità cristiane. Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli attacchi dei talebani e dei fondamentalisti islamici a danno dei cristiani. A Karachi, famiglie cristiane sono state aggredite la settimana scorsa da gruppi talebani armati che hanno ucciso un bambino. Pochi giorni prima, in un villaggio vicino Faisalabad, un altro crimine efferato: una bambina cristiana di nove anni è stata violentata ed uccisa. Su questa ondata di inaudita violenza anticristiana, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Emmanuel Yousaf Mani, direttore della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale pakistana:
R. – It’s not only the Christians who are suffering in the Country: …
Non sono soltanto i cristiani che soffrono nel Paese: in realtà, l’intero Paese soffre molto. Noi siamo parte di questo Paese, facciamo parte di questo Paese e questo Paese fa parte di noi. Noi cristiani abbiamo svolto un ruolo vitale e molto importante, e questi elementi – che peraltro non sono molti, numericamente – stanno minacciando tutti. Siamo ormai tutti vulnerabili. Recentemente, quando la nostra comunità è stata aggredita, a Karachi, io ero lì: un bambino è rimasto ucciso e tre-quattro persone sono state gravemente ferite e sono state distrutte delle case. Queste persone, questi elementi fanno pressione anche su di noi in quanto comunità cristiana. Noi ci sentiamo uniti all’intera comunità del Pakistan ed io credo che anche loro si sentano uniti con noi, nel Paese.
D. - I vescovi del Pakistan e lei stesso avete chiesto insistentemente alle autorità di fermare la “talebanizzazione” della società: quali sono le sue aspettative?
R. – I believe that this small group …
Credo che questo gruppo di orientamento talebano non sia molto grande. Vogliono portare le loro idee in questo Paese. Nemmeno la maggior parte dei musulmani si trova d’accordo con loro, né con il loro operato. La mia opinione personale è che debbano essere fermati con mezzi pacifici, perché noi in questo Paese, in Pakistan, ci dobbiamo vivere!
D. – Quindi, lei pensa che sia possibile creare questo spirito di riconciliazione in Pakistan?
R. – Yes, but at least if there are extreme views, you see, and when there are …
Sì, ma ci sono ideologie estreme, e quando ci sono estremismi e la gente non è disposta ad ascoltare nessuno, penso che debba essere fatto qualcosa. Ci sono persone che possono mettersi sedute attorno ad un tavolo, ma la riconciliazione può avvenire soltanto quando le persone sono disposte ad abbandonare le loro opinioni estreme. Queste persone hanno deciso di imporre il loro pensiero ma non credo che questo possa funzionare, in questo Paese!
D. – Lei pensa che la legge sulla blasfemia che vige in Pakistan possa diventare un problema, che possa essere utilizzata per discriminare le minoranze religiose?
R. – It is already! This blasphemy law has been always used against Christians …
Già succede, questo! Questa legge sulla blasfemia è stata sempre usata contro i cristiani, e noi non abbiamo cessato di ripetere al governo che dovrebbe essere cancellata; abbiamo anche chiesto ed abbiamo spiegato loro che arriverà il giorno in cui questa legge sarà usata in modo scorretto non più soltanto contro i non-musulmani, ma contro i musulmani stessi. E i fatti ci stanno dando ragione.
Italia: preoccupazione di Onu e Chiesa per il trattamento degli immigrati
◊ Una “nuova fase nel contrasto all'immigrazione clandestinità”. Così il ministro dell’Interno italiano, Roberto Maroni, in merito al respingimento in Libia di 227 immigrati in navigazione verso Lampedusa. Preoccupazione per l’accaduto è stata espressa dalla Conferenza episcopale italiana, che insiste sulla verifica del trattamento dei migranti in Libia. Critiche sono state espresse anche dall’Onu che teme per la tutela dei rifugiati. Ma sentiamo la portavoce italiana dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, intervistata da Stefano Leszczynski:
R. – Ci preoccupa perché questa decisione è contraria al principio fondamentale del Diritto internazionale dei rifugiati e della stessa Convenzione di Ginevra del ’51, cioè il principio del non respingimento. Che cosa vuol dire? Vuol dire che persone bisognose di protezione, quindi richiedenti asilo e rifugiati non possono essere rimandati indietro, in Paesi dove la loro vita o la loro libertà sarebbero in pericolo.
D. – In particolare, quali sono le condizioni che aspettano queste persone in Libia?
R. – Purtroppo, quello che succede non è qualcosa di descrivibile, perché queste persone sono sottoposte veramente a dei trattamenti durissimi, tanti vengono rimessi in prigione. Insomma, ci sono dei racconti, di chi poi riesce ad arrivare anche in Italia, di soggiorni terrificanti.
D. – L’Italia ha adottato tutta una serie di politiche restrittive negli ultimi anni. Quanto è imputabile quello che sta succedendo all’Europa?
R. – Risolvere le dispute tra Stati e Unione Europea, decidendo di demandare ad altri, a soggetti terzi, la gestione dell’asilo, a nostro avviso è preoccupante. Però, in questi anni, l’Italia è riuscita ad avere una gestione responsabile di questi flussi. Oggi tutto questo viene spazzato via di fatto e quello che viene riproposto è un modello che non rispetta il principio del non respingimento, che è valido anche nelle acque internazionali, non è ristretto alla sola zona delle acque nazionali.
D. – Come si spiega l’Acnur questo cambiamento di linea politica da parte del governo italiano?
R. – E’ difficile spiegarselo, anche perché una decina di giorni fa, forse due settimane fa, l’Alto Commissario Gutierrez ha incontrato il ministro Maroni, e nel corso di questo incontro Gutierrez ha ricevuto ampie rassicurazioni sul fatto che questo cosiddetto modello Lampedusa, quindi questo sistema di soccorso, accoglienza, informazione, non era minimamente in discussione. Quindi, per noi è stata veramente una brutta sorpresa.
Sempre sul fronte dell’immigrazione il nuovo pacchetto sicurezza del governo prevede il reato di ingresso e soggiorno illegale. Alessandro Guarasci ne ha parlato con padre Gianromano Gnesotto, direttore dell’Ufficio per la pastorale degli immigrati esteri in Italia e dei profughi:
R. – Se questo presunto reato di clandestinità non viene in qualche modo modificato, subiremo delle conseguenze notevoli non soltanto per quanto riguarda gli immigrati, ma anche per quanto riguarda i diritti fondamentali quali quelli – appunto – della salute o dell’istruzione. Indubbiamente, nel dibattito politico sembra che questo sia un punto che alcune forze politiche tengono fermo. Forse potrebbe essere in qualche modo trovata una via di mezzo, distinguendo tra coloro che entrano nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, e coloro che – invece – essendo entrati anche regolarmente nel territorio e poi, per molte ragioni, hanno visto il loro permesso non rinnovato e in quanto tali, irregolari – ecco, per questi bisognerebbe avere forse un occhio particolare senza l’applicazione di questa fattispecie di reato.
D. – Altrimenti rischiamo una serie di cittadini “di serie B”, in effetti?
R. – Sì: non soltanto “di serie B”, ma persone che non vengono tutelate e alle quali determinati diritti fondamentali vengono di fatto negati. Quindi, più che cittadini “di serie B”, qui si tratta di una discriminante tra persone e non-persone. Ora, mi pare che il grande snodo culturale che in qualche modo è terremotato, qui in Italia, è appunto quello di guardare all’immigrato primariamente come ad una persona, in quanto tale depositaria di diritti fondamentali che non possono essere assolutamente negati perché togliere i diritti ad alcune persone, in qualche modo impoverisce tutti!
Roma: prima raccolta di solidarietà sanitaria
◊ Si svolge oggi la prima raccolta di "solidarietà sanitaria", promossa dal Banco Alimentare Roma Onlus in collaborazione con Caritas Diocesana, Centro Servizi per il Volontariato del Lazio ed Interfarma. L’iniziativa, che servirà a raccogliere prodotti sanitari da destinare alle esigenze dei più bisognosi, in particolare di bambini e anziani, si allargherà presto a tutta l'Italia. Il servizio di Roberta Rizzo.
Pomate, latte in polvere, biberon, ma anche pannoloni, shampoo e dentifrici: nelle farmacie di Roma e provincia arriva la prima raccolta di solidarietà legata alla salute e alla cura dell’igiene, come spiega Francesca Danese, presidente del Cesv, Centro Servizi per il Volontariato del Lazio:
“La popolazione italiana invecchia, i malati cronici hanno dei problemi rispetto all’acquisto, per esempio, delle pomate per il decubito. Pensiamo ad una persona diabetica che esce dall’ospedale in dimissione protetta e ha dei bisogni che la società, in questo momento, con una crisi economica di questo tipo non riesce a risolvere. E poi l’altro aspetto fondamentale, importante, è la medicina territoriale: riuscire a costruire un percorso di comunità, quindi associazioni, per tutte le farmacie che hanno aderito, quindi fare sistema su un bisogno”.
I prodotti raccolti dai volontari della rete di solidarietà, presenti nelle farmacie, verranno poi distribuiti ad oltre 450 enti assistenziali, che aderiscono al banco alimentare, un gesto di aiuto importante, perchè la salute è un diritto di tutti.
Filippine: nuovo incontro di vescovi e ulema per la pace a Mindanao
◊ Nelle Filippine la Conferenza episcopale e gli ulema (Buc) annunciano un nuovo summit per la pace nel Mindanao. Le date prescelte sono il 2 e 3 luglio. Nella città di Marawi, situata nella regione autonoma martoriata dal conflitto, parteciperà anche il presidente Gloria Arroyo. Al vertice prenderanno parte anche esponenti dei vari gruppi religiosi come l'arcivescovo cattolico di Davao, mons. Fernando Capalla, il reverendo Hilario Gomez, rappresentante della Chiesa protestante, e il giudice Abu Ali Cali, presidente della Lega nazionale degli ulema. L’incontro intende proseguire il dialogo che a marzo, nella città di Butuan, ha portato alla firma del Memorandum di intenti con cui i religiosi intendono contribuire alla risoluzione definitiva del conflitto. Gli esponenti della Chiesa locale e degli ulema – rende noto AsiaNews - confermano l’importanza di una robusta riforma morale che contrasti le divisioni presenti tra i leader del governo locale e nazionale, spesso causa della rovina dei vari sforzi compiuti per risolvere i problemi del Paese. Lo scontro tra esercito e guerriglieri del Fronte islamico di liberazione moro (Milf), iniziato negli anni ’70, è ripreso nell’estate del 2008 dopo l’interruzione di negoziati di pace da parte del governo. (A.L.)
Il vescovo anglicano di Colombo: non tutti i tamil sono guerriglieri
◊ Si deve “sconfiggere l’abitudine di vedere il fantasma delle Tigri in ogni tamil”: per Duleep de Chickera, vescovo anglicano di Colombo, è questo il primo e fondamentale atteggiamento per arrivare a una vera soluzione al conflitto che insanguina lo Sri Lanka. In una lettera inviata il al presidente Mahinda Rajapaksa, il reverendo de Chickera, chiede “una giusta e rapida risposta politica alle rivendicazioni dei tamil” e mette in guardia dal rischio di condannare “un’intera comunità a vivere per sempre sotto sorveglianza”. Il vescovo ricorda al presidente Rajapaksa che l’attesa degli aiuti dai Paesi stranieri “non deve spostare l’attenzione dei srilankesi dalle terribili condizioni in cui si trovano gli sfollati nei campi degli Internally Displaced People (Idp) e nella no fire zone”. Il vescovo invita infine il governo a “percorrere ogni strada possibile per salvare i civili e neutralizzare i ribelli delle tigri tamil”. Alle autorità – rende noto AsiaNews – il presule chiede anche di garantire in tempi brevi “lo sminamento e la ricostruzione delle case e delle infrastrutture” nelle zone teatro del conflitto e di confermare il programma di reinserimento degli ex ribelli nella società. (A.L.)
Mozambico: i vescovi denunciano la violenza politica
◊ Durante la sua prima visita in Africa, in Camerun e Angola, il Santo Padre ci ha lasciato un messaggio profondo. Egli è venuto da noi a pregare per noi, perché abbiamo la forza e il coraggio di affrontare le sfide che ci attendono nel nostro continente” scrivono i Vescovi del Mozambico al termine della loro Assemblea Plenaria, che si è tenuta a fine aprile a Maputo. Nel comunicato finale, inviato all'Agenzia Fides, la Conferenza Episcopale mozambicana sottolinea che “durante la sua visita, il Papa ha fatto un gesto di grande significato simbolico per noi: la consegna del "Instrumentum laboris", il testo che guiderà i lavori della II Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, che si terrà a Roma, il prossimo ottobre”. I Vescovi dopo aver salutato il nuovo Nunzio Apostolico in Mozambico, mons. António Arcari, hanno ricordato il prossimo Congresso Nazionale sulla Famiglia. A questo proposito nel Messaggio si afferma: “Guardando la situazione delle famiglie nella nostra società e non solo, una situazione di crisi e di disorientamento, le motivazioni di questo Congresso sono chiare: stiamo cercando le linee di orientamento e le colonne di sostegno alla famiglia. L'importante è che la famiglia sia veramente Chiesa domestica, una fonte di valori umani e cristiani, generatrice di vita, una testimonianza viva del Vangelo”. Sul piano sociale nel messaggio si ricorda che “il popolo mozambicano è turbato e scosso per la tragedia che si è verificata tra i prigionieri delle carceri di Monginqual e Angoche”. A febbraio 15 carcerati sono morti di colera nel carcere di Angoche, in una cella sovraffollata e in pessime condizioni igieniche. I detenuti erano parte di un gruppo di carcerati che era stato trasferito dal carcere di Monginqual, dove in precedenza, altre 13 persone erano morte asfissiate perché rinchiuse in celle piccole e sovraffollate. Queste tragedie- affermano i Vescovi- “costituiscono una violazione dei più elementari diritti umani. Qualunque sia la ragione dell'arresto, il detenuto non perde la propria dignità di persona e il suo diritto alla vita. La detenzione non mira all'eliminazione fisica del carcerato, ma piuttosto, al suo recupero sociale attraverso metodi correzionali e pedagogici. Del resto non possiamo che esprimere la nostra contrarietà alla pena di morte e, soprattutto, alla pena di morte non dichiarata”. Dopo aver espresso la loro solidarietà alle vittime, i Vescovi chiedono conto alle istituzioni di quanto è accaduto: “poiché le morti nelle carceri di Monginqual e di Angoche si sono verificate in istituti sotto la responsabilità dello Stato, facciamo appello ad una maggiore responsabilità, e ad una revisione delle condizioni delle carceri in tutto il Paese”. Per quanto riguarda le prossime elezioni, i Vescovi incoraggiano la popolazione “a prendere a cuore il diritto e il dovere elettorale”, e denunciano gli episodi di violenza politica, “conseguenza dell'odio e dell'intolleranza”. Per contrastare questo fenomeno i Vescovi invitano “a costruire una società pacifica, basata sulla civiltà dell'amore”. (S.C.)
Vescovi europei: cresce l’impegno dei laici per il primo annuncio
◊ “Il primo annuncio non è solo un compito dei sacerdoti, ma cresce sempre più l’attività e la consapevolezza dei laici in questo campo”. E’ questa una delle principali conclusioni cui sono giunti i lavori del Congresso dei vescovi e responsabili nazionali della catechesi presso le Conferenze episcopali in Europa (Ccee) che dal 4 al 7 maggio a Roma ha visto la partecipazione di 86 delegati (tra cui 18 vescovi) rappresentanti 29 conferenze episcopali. Al termine del convegno, incentrato sul tema “La comunità cristiana e il primo annuncio”, è stato diffusa la nota finale. “La missione – si legge nel documento ripreso dal Sir - non è una attività del singolo individuo ma di tutta la comunità ecclesiale la natura missionaria della Chiesa; non è un’aggiunta accidentale o un attributo supplementare della Chiesa, ma una specificità essenziale: nell’atteggiamento autenticamente missionario si mette la comunità a disposizione del Signore”. Ai lavori hanno partecipato i cardinali Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero e Walter Kasper, prefetto del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Nella nota si prende in esame anche “il ruolo delle parrocchie e il contributo dell’arte, della cultura e di altri settori della attività umana”. (A.L.)
Intervento del cardinale Antonelli sulla famiglia e la sua missione educativa
◊ “Relativismo etico, soggettivismo libertario, egocentrismo e narcisismo, utilitarismo, consumismo, individualismo, scientismo”: sono queste secondo il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, le tendenze culturali sfavorevoli alla famiglia e alla dignità della persona umana, che in forza della globalizzazione si diffondono sempre più in tutto il mondo. Il porporato è intervenuto ieri sera, con una relazione dal titolo “La famiglia e la sua missione educativa”, alle Giornate della Famiglia promosse dalla Delegazione di pastorale della famiglia della diocesi di Barcellona. Dopo aver ricordato “lo splendido tempio della Sagrada Familia, progetto del grande architetto e Servo di Dio Antoni Gaudí”, il cardinale Ennio Antonelli ha affermato che oggi “la famiglia non è percepita come una specifica comunità di persone, unite da legami profondi, e come importante soggetto sociale con diritti e doveri”. Viene ridotta – ha spiegato il porporato - ad una somma di individui che abitano la stessa casa per un certo tempo”. Tra i fattori che destabilizzano a livello globale la famiglia, il cardinale Ennio Antonelli ha ricordato “l’oscuramento della dignità e sacralità della persona umana” e il “preoccupante calo demografico in varie aree geografiche”. “Alla crisi demografica – ha affermato - si aggiunge la crisi della missione educativa della famiglia. Altri elementi sono la priorità data al lavoro rispetto alla cura dei figli e l’atteggiamento permissivo dovuto anche al relativismo etico e religioso. “Alcuni giovani e ragazzi – ha osservato il cardinale Ennio Antonelli - appaiono spiritualmente vuoti ed esistenzialmente poveri, anche se spesso appartengono a famiglie economicamente benestanti. Si sono incamminati sulla via della trasgressione e del delitto per tentare di uscire dalla noia, dalla solitudine, dall’insicurezza. Di solito si sono messi in un gruppo per sentirsi forti. Per loro il gruppo conta assai più della famiglia”. Una sana e amorevole vita familiare è invece in grado di alimentare “in tutti i suoi membri le virtù personali e sociali: fiducia negli altri, giustizia, servizio, laboriosità, cura dei più deboli, gratuità, perdono, reciprocità, dialogo, sincerità, fedeltà, esercizio dell’autorità come servizio, generosa obbedienza, cooperazione, solidarietà, rispetto della natura”. “Le ricerche sociologiche – ha concluso il porporato le cui parole sono state riprese dal Sir - mostrano, in base a vari indicatori, che le famiglie sane contribuiscono fortemente a creare beni relazionali e benessere economico, a promuovere la coesione e lo sviluppo della loro nazione; le famiglie disgregate provocano degrado etico e disgregazione sociale”. “Corrisponde dunque all’interesse pubblico che le famiglie siano unite e stabili, fondate sul matrimonio di un uomo e una donna, capaci di compiere la loro missione procreativa ed educativa”. (A.L.)
Il cardinale Bagnasco: serve “una nuova stagione di impegno educativo”
◊ E’ “necessario congedarsi definitivamente da quell’atmosfera diffusa, frutto di una mentalità e di una cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene”. E’ quanto ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella lectio magistralis che ha tenuto ieri a Genova in occasione del decennale della fondazione dell’Università Popolare di Don Orione. E’ necessario – ha spiegato il porporato – costruire “una società nuova e migliore” attraverso “percorsi educativi” e la “testimonianza dei maestri”. Non bisogna mai cedere al “virus della sfiducia”: l’urgenza di oggi non è dissimile da quella di sempre, perché dietro la sfida dell’educazione c’è in fondo la questione della libertà umana”. Ogni generazione – ha sottolineato il cardinale Angelo Bagnasco – è chiamata a “raccogliere il testimone della propria libertà, risvegliando il coraggio delle decisioni definitive”. Il nodo centrale dell’educazione – ha affermato il porporato – è diffondere la coscienza dell’irrinunciabilità della persona umana”. “L’uomo - ha aggiunto – non è riducibile ad un agglomerato di pulsioni e desideri, ma è un soggetto ricco e unitario”. Per far vivere la persona “all’altezza della sua vocazione – ha detto il presidente della Cei le cui parole sono state riprese dal Sir – è necessario intraprendere quattro vie. La prima è quella della “riscoperta dell’identità” per contrastare “la crescente insicurezza dei giovani e la loro irrimediabile fragilità”. La seconda via è “la riscoperta dell’autorità”, qualità per cui una persona “è degna di essere ascoltata”. Il cardinale ha quindi indicato un’altra fondamentale riscoperta, quella della “socialità”. Infine il porporato ha esortato alla “ricoperta della spiritualità” per contrastare “la cultura nichilistica”, che “è una sorta di grande anestesia degli spiriti”. Nell’orizzonte odierno – ha concluso il cardinale Angelo Bagnasco – “il fascino della persona di Gesù colpisce e sgomenta”. “Cristo diventa il risveglio inaudito ad una vita diversa”. (A.L.)
Presentato il volume "Fede, ragione, verità e amore. La teologia di Joseph Ratzinger”
◊ Il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato Progetto culturale della Cei, il vaticanista Sandro Magister e il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, hanno animato ieri sera un incontro di presentazione del volume “Fede, ragione, verità e amore. La teologia di Joseph Ratzinger” a cura di don Umberto Casale ed edito dalla Lindau. Il cardinale Ruini ha tratteggiato il lungo itinerario teologico di Joseph Ratzinger iniziato 50 anni fa con una prolusione accademica tenuta nell’Università di Bonn nel 1959. Un itinerario – ha sottolineato il porporato – che ha sempre mantenuto “una straordinaria coerenza interiore” con una forte “impostazione teocentrica e cristocentrica”, “sempre intessuta di preghiera” e “nutrita dall’ascolto della Parola di Dio e dalla liturgia”. Alla vigilia del viaggio apostolico in Terra Santa, Sandro Magister ha poi evidenziato l’attualità di alcune pagine, tra cui quelle dedicate ad Israele. Per il vaticanista dell’Espresso – riferisce il quotidiano Avvenire - il tessuto unitario di Benedetto XVI si riscontra nella liturgia: “le celebrazioni e le omelie sono l’anima del suo Pontificato, dimostrazioni di come quelle letture diventano realtà, materia”. Giuliano Ferrara ha infine indicato Joseph Ratzinger come il portatore “di una chiave di lettura del mondo moderno di cui non si può fare a meno, un maestro di cultura, ma anche di civiltà e amore”. (A.L.)
Al via a Roma il convegno “educare alla speranza oggi”
◊ Aiutare i giovani a non perdere la speranza che proprio da loro può nascere un mondo migliore. Questo è il fine del convegno “Educare alla speranza oggi. Sfide educative ed itinerari pedagogici per uno sviluppo intergale della persona”, organizzato dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, in collaborazione con il Coordinamento regionale delle Università del Lazio e la conferenza dei rettori delle Università pontificie Romane, che si è aperto ieri pomeriggio nella capitale. Il meeting, che si concluderà domani nell’università di Roma Tre, vede la partecipazione di oltre 300 docenti universitari e della scuola media superiore. “Per essere capaci di educare le giovani generazioni alla speranza dobbiamo adeguarci ai loro veloci mutamenti senza perdere però l’importanza dei valori morali”. Così ieri pomeriggio il Cardinal Vicario Agostino Vallini ha aperto il convegno. “Infatti – ha continuato il porporato – di fronte ai veloci cambiamenti della società attuale, e alla globalizzazione di essa, si fa sempre più urgente nelle giovani generazioni, il bisogno di verità e di trasparenza. Ma per poter rispondere in maniera adeguata a questa emergenza, gli educatori devono essere per primi testimoni autentici della speranza, e quindi di quell’amore profondo che Dio ha per i suoi figli”. E durante la cerimonia è stata firmata la convenzione tra il Coordinamento regionale delle Università del Lazio e la conferenza dei rettori delle Università Pontificie Romane che permetterà agli universitari scambi culturali attraverso i differenti corsi di laurea degli atenei pontifici e statali. E oggi il convegno continua nell’Aula Magna dell’università di Roma Tre. Tra i temi affrontati dai relatori, le sfide educative attraverso i media e come aiutare le nuove generazioni a progettare la vita, partendo dalla primissima infanzia fino all’adolescenza. (A cura di Marina Tomarro)
Roma. Azione Cattolica, tre giorni sul tema “Chi ama educa”
◊ Si apre nel pomeriggio e prosegue fino a domenica prossima la tre giorni dell’Azione Cattolica a Roma. Riunita per discutere sul tema: “Chi ama educa. L’impegno dell’Ac per una rinnovata cura educativa”. “L’Azione cattolica da sempre si è distinta per il suo stile formativo, lavorando affinché le persone trovassero ragioni di vita e di fede nella loro attività associativa” esordisce mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente generale dell’Azione cattolica italiana (Aci). “Adesso siamo sollecitati dal programma pastorale che i vescovi cominceranno ad affrontare nella prossima assemblea generale, - chiarisce mons. Sigalini - dagli interventi del Papa, da un movimento culturale nella realtà sociale e nella cultura italiana. Noi, da sempre attenti ai temi formativi, non potevamo dunque non porci le stesse domande e ricalibrare le nostre proposte”. Nell’intervista, rilasciata al Sir, vengono anticipate le linee del convegno delle Presidenze diocesane dell’Azione cattolica italiana. Una realtà associativa l’Aci, tra le più diffuse nel campo delle associazioni laicali d'Italia, che vede affrontare l’emergenza educativa su basi nuove negli ultimi anni. “Abbiamo rivisitato tutto l’impianto strutturale dell’associazione, nel suo Statuto – aggiunge l’assistente generale dell’Azione cattolica italiana, - puntando molto sull’unitarietà. Ciò vuol dire che adulti, giovani e ragazzi devono avere progetti comuni di vita e quindi progetti comuni di crescita, ciascuno con le sue responsabilità”. L’educazione al centro dell’impegno quotidiano dell’Azione Cattolica, la quale vuole che “l’educatore prima di mettersi a disposizione degli altri, deve fare un esercizio spirituale su di sé, perché ha bisogno di essere continuamente educato alla vita, all’ascolto della Parola di Dio, alla conversione del cuore” conclude il presule. (A.V.)
Germania: progetti sociali in 72 ore per i giovani
◊ “Azione 72 ore” ovvero “72-Stunden-Aktion” è la campagna di volontariato, inaugurata ieri in Germania. Promossa dalla Federazione dei giovani cattolici tedeschi (Bdkj) l'iniziativa, che è nata nel 1993, prevede la realizzazione, da parte di giovani volontari, di progetti locali a livello sociale, interculturale, ecologico o politico in 72 ore. Centomila i giovani che fino al 10 maggio prossimo saranno coinvolti. L’edizione di quest’anno, si presenta per i numeri di partecipazione, come “la più grande finora organizzata, con circa 3.000 progetti” - dà nota l’agenzia Sir. “Sono lieto per la partecipazione di così tanti giovani” si è espresso mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale, che seguirà personalmente in diocesi i progetti nella fase di realizzazione. “In questo modo – ha aggiunto l’Arcivescovo di Friburgo in Breisgau mons. Zollitsch - essi danno un segno visibile della loro fede cristiana e dimostrano che ciascuno può rendere il mondo un po' migliore col suo contributo”. "Una società – ha concluso il presule- ha bisogno dell'impegno dei volontari, soprattutto dei giovani. Essi hanno il coraggio di sottolineare le cose che non vanno e di cambiarle. Con questa azione, le associazioni giovanili cattoliche offrono un segno di solidarietà con le persone svantaggiate”. Un progetto in 72 ore, è un esperimento giovanile realizzato già con successo in Italia, col nome di: “72 ore senza compromessi”, presso la Diocesi di Trento nell’ottobre del 2008, quando ben 70 giovani presero parte ai diversi progetti. Iniziativa allora promossa dalla Caritas diocesana di Trento in collaborazione con la Pastorale Giovanile di Trento, l’Azione Cattolica, i Giovani per un Mondo unito e l’Associazione Guide e Scout d’Italia (AGESCI) di Trento. “72 ore senza compromessi” è stata organizzata in contemporanea dalla Caritas di Bolzano e Bressanone e da diverse Caritas d’Europa. Sette gruppi portarono a termine 7 progetti di carattere sociale (la festa per gli anziani, attività a contatto con persone con disagio psichico e lavori di sistemazione di strutture al servizio della comunità). (A.V.)
Una reliquia di Sant’Andrea donata al Pontificio Istituto Orientale
◊ Il Pontificio Istituto Orientale ha vissuto ieri uno straordinario evento religioso e culturale: il suo gran Cancelliere, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, ha ricevuto dall’arcivescovo di Amalfi Orazio Soricelli un frammento delle reliquie di Sant’Andrea Apostolo. Dono che ha inteso suggellare la fondazione di una cattedra di studi e l’inaugurazione della prima “Dies amalfitana”, ovvero di una giornata annuale di approfondimento del legame secolare fra la Cristianità di Oriente, di cui sant’Andrea è emblematico protettore, e la città di Amalfi. La Reliquia – che è stata accompagnata da una delegazione ufficiale del comune con il sindaco Antonio De Luca e il gonfalone – è stata accolta al canto del “Christos Anesti” nella maestosa Biblioteca ove era stato approntato un altare e venerata con il rito bizantino Ha fatto seguito una cerimonia ufficiale moderata dal Rettore del Pontificio Istituto, padre Cyril Vasil’ con un primo intervento del decano della Facoltà di Scienze Ecclesiastiche Orientali padre Edward Farrugia che ha delineato le aperture e finalità della Cattedra della quale è stato ideatore e promotore. Il sindaco di Amalfi ha collegato la riconsiderazione di un passato glorioso, grazie alla nuova cattedra di studi, all’apertura della città all’incontro turistico e al dialogo con i popoli. L’arcivescovo Orazio Soricelli ha affermato che “il piccolo, grande e prezioso dono” della reliquia di Sant’Andrea al Pontificio Istituto Orientale nella prima “Dies amalfitana” esalta il legame della chiesa di Amalfi con Roma che l’anno scorso fu segnato dal Simposio internazionale e da una sosta delle Reliquie. Il cardinale Sandri ha detto di accogliere con gratitudine il dono per l’Istituto in cui respira “l’anima orientale dell’unica Chiesa di Cristo”, alla vigilia del suo pellegrinaggio in Terra Santa al seguito del Santo Padre che – e ne ha dato l’annuncio tra un prolungato applauso – ha nominato il Rettore Cyril Vasil’ segretario della Congregazione delle Chiese Orientali, scegliendolo così come suo stretto collaboratore. In un clima festoso la reliquia di Sant’Andrea è stata quindi accompagnata e deposta nella Cappella dell’Istituto. Nel pomeriggio sono state svolte quattro relazioni, una delle quali sulla venerazione delle reliquie di Sant’Andrea al Monte Athos e nel mondo ortodosso. (A cura di Graziano Motta)
Pakistan: offensiva dell'esercito contro i talebani nella valle di Swat
◊ Si aggrava la situazione in Pakistan. Al via l'offensiva finale dell'esercito di Islamabad contro i talebani e i miliziani islamici che controllano la valle di Swat, nel nord-ovest del Paese. Il governo ha inviato altri rinforzi e ha imposto il coprifuoco in tutta la zona. Il servizio di Marco Guerra:
Eliminare estremisti e terroristi. L’ordine del governo di Islamabad è categorico e si sta attuando con un impiego di forze senza precedenti. Tra il distretto di Makaland e la valle di Swat è stato imposto un coprifuoco per facilitare il dispiegamento delle truppe governative. Ieri massicci bombardamenti d’artiglieria e aerei hanno martellato per ore le postazioni dei talebani. Al momento, il bilancio dei combattimenti è di 61 vittime, fra cui 55 miliziani. Coprifuoco, posti di blocco e bombardamenti hanno poi causato l’interruzione dell’assistenza di Medici Senza Frontiere in tutto il distretto. Grande è la preoccupazione per la popolazione civile da parte delle agenzie umanitarie dell’Onu, secondo cui a seguito dell’offensiva circa un milione di persone potrebbero lasciare le loro case. La mobilitazione è totale come conferma il discorso alla nazione del primo ministro Gilani, che ha chiesto al Paese di unirsi contro gli estremisti che minacciano la sovranità del Pakistan. Esortazione che fa seguito alle parole del presidente Zardari che, nei giorni scorsi a Washington, ha assicurato che le operazioni dureranno fino a quando nella valle di Swat non sarà ripristinata la "normalità". Il cambio di strategia è conseguenza anche della violazione degli accordi da parte dei talebani che, lo scorso febbraio, avevano accettato la fine delle ostilità contro l’esercito in cambio della possibilità di imporre la sharia nella regione. Ma un’ulteriore accelerazione è stata imposta dopo l’incontro tra presidente Zardari e alcuni membri del congresso Usa, in cui si è preso atto che il rafforzamento dei talebani pakistani è “un problema mondiale”.
Afghanistan
Le operazioni militari in Afghanistan e il pesante bilancio di vittime civili che gli scontri provocano continuano a dominare il dibattito internazionale. Il tema è stato al centro anche dei colloqui tra il ministro Frattini e il segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Intanto una commissione d’inchiesta mista statunitense e afgana ha visitato la zona del sanguinoso raid aereo alleato sulla provincia di Farah, che ha provocato oltre 140 morti. I risultati dell’indagine saranno resi noti domani. Alcuni funzionari del Pentagono hanno già ammesso al New York Times la responsabilità americana nella strage.
Ciad
In Ciad proseguono gli aspri combattimenti fra truppe governative e forze ribelli che ieri sono costati la vita a 146 persone, di cui 125 insorti. Secondo fonti antigovernative nuovi scontri hanno luogo dall'alba nella zona di am Dam, nella parte orientale del Paese, stessa area già teatro dei combattimenti di ieri. Il portavoce dei ribelli ha parlato di decine di morti e feriti, nonché di molti prigionieri e di veicoli militari distrutti, presentando i fatti come se si trattasse di una vittoria delle forze antigovernative. L’esercito regolare è impegnato nel contrasto delle truppe ribelli che mirano alla conquista della capitale N’djamena.
Somalia
In Somalia si alza il livello dello scontro tra miliziani degli Shabaab - ritenuti il braccio armato somalo di Al Qaida - e truppe leali al governo di transizione. Nella capitale Mogadisco proseguono da ieri violenti combattimenti tra le parti. Pesante finora il bilancio: oltre 15 le vittime e più di 60 i feriti. Il ricorso ad armi pesanti e di nuove forze da parte dei miliziani integralisti da l'impressione che gli Shabaab stiano tentando un grosso passo in avanti per riposizionarsi in zone strategiche della capitale.
Obama, tagli alla spesa pubblica
Il presidente statunitense, Barack Obama, ha annunciato un taglio alla spesa pubblica da 17 miliardi di dollari. Il piano di bilancio per il 2010 - che mira al rilancio dell’economia e anche alla riduzione del deficit – prevede risparmi sul fronte militare ma anche nei settori della scuola, dei trasporti e dell’agricoltura. Cancellati inoltre diversi programmai spaziali della Nasa. "Non possiamo sostenere spese come se il nostro deficit fosse ininfluente e gli sprechi non fossero un problema", ha detto Obama, presentando la Finanziaria da 3.552 miliardi di dollari.
Nuova Influenza
Rallenta la diffusione del virus della nuova febbre in Messico, dove resta fermo a 42 il numero dei morti. Ieri la riapertura degli esercizi pubblici e delle scuole. Le autorità sanitarie del Paese hanno invitato la popolazione a continuare a seguire le precauzioni visto che “focolai isolati” potrebbero riattivare la malattia. Secondo l’ultimo bollettino dell’Organizzazione Mondiale della Sanità attualmente si contano 2371 contagiati e 44 morti in 24 Paesi del mondo. Gli ultimi casi confermati riguardano Brasile e Argentina.
Myanmar
Arrestato dopo aver attraversato un lago a nuoto ed essere entrato nella residenza dove è tenuta in isolamento il leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi. Protagonista di questa incursione è stato un semplice cittadino statunitense, arrivato in Birmania sabato scorso con visto turistico. L’uomo, che ha confessato di essersi intrattenuto nella residenza del premio nobel per due giorni, ora si trova in carcere. In Myanmar sono circa 2100 i prigionieri politici della giunta militare al potere dal 1962.
Venezuela, il governo controllerà compagnie petrolifere
Approvata ieri dal Parlamento del Venezuela una legge grazie alla quale il governo prenderà il controllo sulla proprietà di alcune compagnie petrolifere. La riorganizzazione dei rapporti con le compagnie fa seguito al calo del prezzo del greggio. La notizia era stata anticipata dal presidente del Venezuela Hugo Chavez nei giorni scorsi.
Venezuela: sequestrato imprenditore italiano
Un imprenditore italiano di 54 anni è stato sequestrato a Maracaibo. Dove l’uomo, originario della provincia di Benevento, ha la sua attività economica. Due uomini armati lo hanno prelevato nello Stato di Zulia, ad ovest di Caracas. Secondo un quotidiano locale i rapitori si sono fatti passare per operai. E’ l’ottavo sequestro dall’inizio dell’anno. Lo scorso anno sono stati più di trenta i sequestri messi a segno.
Morto a Genova don Baget Bozzo
È morto questa notte a Genova, all'età di 84 anni, don Gianni Baget Bozzo. Nato a Savona l'8 marzo 1925, sacerdote e politico italiano, è stato per due volte europarlamentare. In gioventù, fu attivista della Democrazia cristiana. Fu sospeso "a divinis" nel 1985 dopo aver preso parte come candidato per il Partito Socialista alle elezioni per l'Europarlamento: restò a Strasburgo come deputato per due mandati, fino al 1994, anno della revoca della sospensione. Sempre nel 1994 ha partecipato alla fondazione del partito Forza Italia di Silvio Berlusconi. I funerali di Baget Bozzo saranno celebrati dal cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco. Le esequie si svolgeranno lunedì prossimo, alle 11.30, nella parrocchia del Sacro Cuore di San Giacomo di Carignano, nel centro del capoluogo ligure, a poca distanza da dove Baget Bozzo abitava. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 128
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