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Sommario del 06/05/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • All'udienza generale il messaggio di Benedetto XVI a giordani, israeliani e palestinesi: impaziente di venire fra voi, prego per la pace in Terra Santa
  • Padre Pizzaballa: il viaggio del Papa, grande incoraggiamento per la piccola comunità cristiana di Terra Santa
  • L'attesa del Papa in Giordania: la gioia di cristiani e musulmani
  • Mons. Migliore: ancora troppo lontano il disarmo nucleare
  • Il cardinale Bertone alle Guardie Svizzere: legame indissolubile tra vigilanza e preghiera
  • Conclusa la plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali dedicata ai diritti umani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Raid Usa in Afghanistan: oltre cento morti tra cui donne e bambini
  • La Cei presenta il Fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà
  • Progetti e speranze ad un mese dal terremoto in Abruzzo
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: cristiani a rischio sopravvivenza
  • Sudafrica: lettera del presidente dei vescovi al nuovo capo di Stato
  • Appello dell'arcivescovo di Città del Capo contro la schiavitù contemporanea
  • Cresce il numero dei battesimi in Cina
  • Il cardinale Caffarra: Europa e liberalismo hanno bisogno del cristianesimo per non perire
  • Sri Lanka: il governo chiede aiuti per gli sfollati
  • Compie 25 anni il movimento “Silsilah” per il dialogo tra cristiani e musulmani
  • Domani a Siracusa il IV Convegno Ecumenico Nazionale
  • Questa sera ad Avezzano veglia di preghiera ad un mese dal sisma in Abruzzo
  • Telefono Arcobaleno sulla pedofilia on line: crescita esponenziale in Italia
  • Genova ricorda il cardinale Siri nel 20. mo della sua scomparsa
  • Polonia. Con l’Oratorio “Paulus” di Bartholdy si chiude a Czestochowa il XIX Festival Internazionale di Musica Sacra
  • La religiosità di Gogol nella celebrazione in Campidoglio dei 200 anni della sua nascita
  • 24 Ore nel Mondo

  • Oltre 40 mila persone in fuga dalla valle dello Swat, teatro di scontri tra esercito pakistano e talebani
  • Il Papa e la Santa Sede



    All'udienza generale il messaggio di Benedetto XVI a giordani, israeliani e palestinesi: impaziente di venire fra voi, prego per la pace in Terra Santa

    ◊   Sono impaziente di essere tra di voi, possa la nostra preghiera e il nostro impegno portare pace alla Terra Santa. Sono le parole del messaggio rivolto a giordani, israeliani e palestinesi con le quali Benedetto XVI ha voluto chiudere l’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro, a due giorni dall’inizio del suo viaggio apostolico sui luoghi della fede cristiana. In precedenza, alle circa 30 mila persone presenti all’udienza il Papa aveva presentato la figura di un grande teologo vissuto nell’ottavo secolo dopo Cristo, Giovanni Damasceno, al quale si devono alcune delle pagine fondamentali circa il culto delle immagini sacre. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Io verrò fra voi come pellegrino di pace”. Sono giorni che questa espressione fiorisce sulla labbra di Benedetto XVI, in tutti gli incontri che fin qui lo hanno portato a condividere i sentimenti con i quali sta preparandosi alla visita in Terra Santa. L’udienza generale non ha fatto eccezione. “Vorrei cogliere l'occasione attraverso la radio e la diretta televisiva - ha detto nel suo messaggio conclusivo - per salutare tutti i popoli di quelle terre”:

     
    “I am eagerly looking forward to being with you…
    Attendo con impazienza di essere con voi e di condividere con voi le vostre aspirazioni e le speranze, ma anche il vostro dolore e le vostre lotte. Io verrò fra voi come pellegrino di pace. Il mio principale intento è quello di visitare i luoghi santificati dalla vita di Gesù e pregare per il dono della pace e dell’unità per le vostre famiglie e per tutti coloro per i quali la Terra Santa e il Medio Oriente rappresentano la casa”.

     
    Il Papa ha sottolineato anche “i passi da gigante” compiuti “nel dialogo e nello scambio culturale” con ebrei e musulmani, con i quali Benedetto XVI si incontrerà durante il prossimo viaggio apostolico. Quindi, ha voluto terminare il messaggio con questo augurio, rivolto in particolare ai cattolici della regione:

     
    “Ask you to join me in praying that the visit…
    Vi chiedo di unirvi a me nella preghiera perché la visita porti molto frutto per la vita spirituale e civile di tutti coloro che vivono in Terra Santa. Possiamo tutti lodare Dio per la sua bontà. Possiamo tutti essere uomini della speranza. Possiamo tutti essere risoluti nel nostro desiderio e nei nostri sforzi per la pace”.

     
    E dal Medio Oriente, precisamente da Damasco, arriva anche la figura di monaco e teologo dei primi secoli della Chiesa che Benedetto XVI ha presentato in questa occasione: Giovanni Damasceno. Anch’egli, come molti altri della sua epoca, sceglie il monastero alla vita di corte. E anch’egli, come molti membri della gerarchia, lotta - siamo a metà del Settecento dopo Cristo - contro il divieto di sapore veterotestamentario di rendere culto alle immagini sacre:

     
    “Giovanni Damasceno fu inoltre tra i primi a distinguere, nel culto pubblico e privato dei cristiani, fra adorazione e venerazione: la prima si può rivolgere soltanto a Dio, sommamente spirituale, la seconda invece può utilizzare un’immagine per rivolgersi a colui che viene rappresentato nell’immagine stessa".

     
    Nelle sue omelie dedicate alla questione, Giovanni Damasceno usa argomentazioni - ha riconosciuto il Papa - “ricche di immagini tanto affascinanti”. “Io non venero la materia - afferma fra l’altro l’antico teologo - ma il creatore della materia":

     
    “Non è forse materia il legno della croce tre volte beata?... E l’inchiostro e il libro santissimo dei Vangeli non sono materia? L’altare salvifico che ci dispensa il pane di vita non è materia?... E, prima di ogni altra cosa, non sono materia la carne e il sangue del mio Signore? O devi sopprimere il carattere sacro di tutto questo, o devi concedere alla tradizione della Chiesa la venerazione delle immagini di Dio e quella degli amici di Dio”.

     
    “In collegamento con queste idee di fondo - ha proseguito Benedetto XVI - Giovanni Damasceno “pone anche la venerazione dei santi, sulla base della convinzione che i santi cristiani, essendo stati resi partecipi della risurrezione di Cristo, non possono essere considerati semplicemente ‘morti’”. Del resto, ha osservato il Pontefice, lo stesso mistero dell’Incarnazione è l’esempio più alto di materia che diventa “abitazione di Dio”. Un concetto che il Papa ha lasciato esprimere ancora alle ispirate parole di Giovanni Damasceno:

     
    “E così il Figlio di Dio, pur sussistendo nella forma di Dio, abbassò i cieli e discese… presso i suoi servi… compiendo la cosa più nuova di tutte, l’unica cosa davvero nuova sotto il sole, attraverso cui si manifestò di fatto l’infinita potenza di Dio”.

     
    Il benvenuto di Benedetto XVI ai gruppi stipati solo il sole primaverile in Piazza San Pietro è stato pronunciato in otto lingue. In particolare, il Papa ha salutato le numerose religiose di varie Congregazioni, tra le quali quelle che partecipano a Roma all’incontro formativo promosso dall’USMI. Un augurio a “seguire gli eroici esempi di vita cristiana dei fedeli discepoli di Cristo” - far i quali don Gnocchi e Teresio Olivelli - è andato al Corpo degli Alpini, mentre con i medici cattolici, Benedetto XVI ha voluto ribadire i principi che reggono la visione cristiana di una professione che, ha detto, “si pone al servizio dell’essere umano dal suo concepimento fino al suo termine naturale”:

     
    “Sia sempre eloquente testimonianza di solidarietà umana e cristiana. Proseguite pertanto con generosità nel vostro prezioso servizio alla vita, valore fondamentale nel quale si rispecchiano la sapienza e l’amore di Dio. Il vostro lavoro sia arricchito ogni giorno di profondo spirito di fede e animato da fedeltà e coerenza con i principi che debbono ispirare l’attività di ogni medico”.

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    Padre Pizzaballa: il viaggio del Papa, grande incoraggiamento per la piccola comunità cristiana di Terra Santa

    ◊   Il Papa, dunque, tra due giorni, l’8 maggio prossimo, partirà per la Terra Santa: un pellegrinaggio che in otto giorni lo porterà in Giordania, Israele e Territori palestinesi. Grande, in particolare, l’attesa della piccola comunità cristiana locale. Il nostro inviato a Gerusalemme, Roberto Piermarini, ne ha parlato col custode di Terra Santa, il padre francescano Pierbattista Pizzaballa:

    R. – E’ un viaggio che è stato pensato innanzitutto per loro, proprio per queste comunità che soffrono un po’, che si sentono un po’ isolate. Questa visita quindi è un momento molto forte ed importante perché è un grande incoraggiamento ed anche un grande richiamo a tutta la Chiesa universale, a guardare in Terra Santa e a guardare queste comunità.

     
    D. – I cristiani di Terra Santa temono strumentalizzazioni sul piano politico per questo viaggio del Papa che ha un carattere squisitamente religioso e pastorale…

     
    R. – Le strumentalizzazioni in questo Paese sono sempre facilissime ma se uno dovesse fare tutti questi calcoli, alla fine, non farebbe niente. Quindi, il Papa verrà sicuramente con molta libertà, come ha dimostrato nel fare questo gesto importante per le comunità, senza escludere l’aspetto interreligioso naturalmente e quello politico. Che poi ci saranno strumentalizzazioni, non ci dobbiamo preoccupare.

     
    D. – Dal punto di vista ecumenico, come è stata accolta questa visita del Papa?

     
    R. – Tutte le chiese sono contente, anche perché è un momento forte, per tutti i cristiani - non solo per i cattolici - di visibilità innanzitutto, ma anche per far conoscere a tutto il mondo, quanto è importante che i cristiani stiano qui.

     
    D. – Sul piano invece interreligioso, con ebrei e musulmani?

     
    R. – Con ebrei e musulmani ci saranno diversi incontri per cui, sicuramente, questo aspetto è accentuato, ancora più, forse, della volta precedente con Giovanni Paolo II. Attendiamo una parola chiara. Sicuramente il Papa non può fare gesti nuovi rispetto all’ebraismo e all’Islam, perché sono già stati fatti ma potrà dire una parola forte, nuova e chiara di come deve essere il rapporto tra noi, soprattutto in questo contesto dove ci sono, come lei ha detto, anche diverse e tante strumentalizzazioni e polemiche faziose.

     
    D. – Padre Pizzaballa, si è sbloccato il problema dei visti per i religiosi di Terra Santa, specialmente per quelli provenienti dai Paesi arabi?

     
    R. – Sì e no, va a periodi. Adesso, in questo momento, forse anche legato alla visita del Papa, ci sono delle facilitazioni ma ancora non abbiamo un riferimento chiaro di procedura. Però, ultimamente, diciamo che i permessi sono arrivati.

     
    D. – Cosa sta facendo la Custodia di Terra Santa per l’esodo dei cristiani? E’ una ferita aperta…

     
    R. – Sì, l’esodo è una ferita aperta, soprattutto nell’autonomia palestinese ma anche qui a Gerusalemme. La Custodia è attiva su diversi fronti: innanzitutto nella creazione di posti di lavoro, creando opportunità di lavoro nelle scuole e nelle piccole iniziative di carattere commerciale dove i cristiani possono lavorare. Poi, nel costruire case: come Custodia, siamo qui da tanti secoli e siamo riusciti ad acquisire molti terreni sui quali cerchiamo di costruire case a prezzi agevolati per i cristiani perché è un problema molto grave per i cristiani questo, soprattutto a Gerusalemme. Si cerca quindi di facilitarli a restare qui. E poi li aiutiamo con un’opera di formazione, per quanto possibile.

     
    D. – Si sta parlando molto, e se n’è parlato anche durante la visita del 2000 di Giovanni Paolo II, della restituzione del Cenacolo. Voi, come Custodia di Terra Santa, sareste contenti di questa restituzione del Cenacolo?

     
    R. – Non saremmo soltanto contenti, saremmo entusiasti se ci restituissero il Cenacolo. Sono piuttosto scettico, devo dire, sulla restituzione almeno prossima. Non c’è una trattativa reale, diciamo, specifica su questo argomento, c’è una trattativa più generale sui luoghi santi. Prima o poi, arriveremo a discutere in maniera più seria anche di questo ma devo dire che, all’orizzonte, non si vede ancora nulla di chiaro e preciso.

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    L'attesa del Papa in Giordania: la gioia di cristiani e musulmani

    ◊   Apertura e ospitalità sono le due parole che ricorrono in Giordania a due giorni dall’arrivo del Papa, a sottolineare il clima di grande attenzione per una visita che toccherà luoghi simbolo di questo Paese. A cominciare da quelli che rappresentano la monarchia haschemita con l’incontro con il Re Abdallah II, alla Moschea Al- Hussein Bin Talal di Amman, al memoriale di Mosè sul Monte Nebo, all’antico sito del Battesimo, dove operava San Giovanni Battista sulle rive del Giordano. Autorità civili e religiose sono univoche nel mostrare una grande concordia nella preparazione dell’accoglienza al Papa. Tutti sottolineano come la Giordania si sia sempre contraddistinta per una coesistenza pacifica tra la maggioranza musulmana e le comunità arabe cristiane che in queste terre vivono dai tempi di Gesù. Questo pomeriggio, nel Centro stampa allestito dal Governo, ne parleranno in conferenza stampa il vicario latino per la Giordania, il vescovo Salim Sayegh, e il vescovo di Petra e Filadelfia dei Greco-Melkiti, mons. Yaser Ayyash, insieme al nunzio apostolico in Giordania, l’arcivescovo Francis Assisi Chullikat. Tra i momenti più significativi della visita del Papa ci sarà anche la benedizione delle prime pietre di due nuove chiese cattoliche, una latina e l’altra greco-melkita, e di una nuova Università del Patriarcato cattolico latino a Madaba. A testimoniare che qui i cristiani arabi, piccola minoranza del tre per cento su circa cinque milioni e mezzo di abitanti, vogliono continuare a vivere e a contribuire al futuro di questo Paese e dell’intera regione. Sul clima di attesa in Giordania, ascoltiamo il portavoce della Chiesa Cattolica Latina in questo Paese, padre Rif’at Bader, intervistato dal nostro inviato ad Amman, Pietro Cocco:

    R. – Tutta la Giordania si prepara a questa visita. C’è grande gioia e grande collaborazione tra la Chiesa e le autorità, i ministri, soprattutto il ministro del turismo che si prepara a ricevere tutti i visitatori e i pellegrini che vengono per pregare con noi, soprattutto nella Messa di domenica prossima, che sarà la prima Messa domenicale celebrata in Giordania da un Papa.

     
    D. – Nelle settimane scorse ci sono stati anche momenti di preghiera proprio per preparare la comunità cristiana all’arrivo del Papa …

     
    R. – Abbiamo invitato tutti i sacerdoti, insieme ai religiosi e alle religiose, ad una giornata di preghiera e di riflessione sulla visita, perché noi crediamo che la visita sia un momento spirituale per Sua Santità ma anche per noi, credenti in Gesù Cristo, per il fatto di avere il Successore di Pietro tra noi che non soltanto parla, ma prega. Noi vogliamo pregare con lui, vogliamo pregare per lui, per tutta la Chiesa in tutto il mondo. Ecco perché abbiamo letto una preghiera speciale dei vescovi cattolici di Terra Santa in cui si mostra a tutti che la visita è un momento spirituale, che il Papa viene – come lui stesso ha detto – come pellegrino di pace, un pellegrino che quindi viene per pregare. Prima della visita avremo delle Messe speciali, reciteremo il Rosario, perché il mese di maggio è il mese di Maria: tutte le preghiere del Rosario sono per la riuscita della sua visita in Giordania.

     
    D. – Abbiamo visto che c’è molta attesa anche da parte della maggioranza della popolazione che è musulmana. Lei, in particolare, ha scritto anche un libro, “Apertura e ospitalità”, proprio per spiegare chi è questo capo religioso che viene a visitare la Giordania. Non è il primo evento del suo genere in assoluto – sono già venuti Paolo VI e Giovanni Paolo II – ma sicuramente è la più lunga e la più articolata, come visita …

     
    R. – Questa volta, abbiamo il Papa per quattro giorni: una benedizione! Questo significa che ci sono tante cose da vedere, in Giordania, e tante attività da benedire. Il libro che ho pubblicato un mese prima della visita e che si chiama “Ospitalità e apertura”, trae il titolo dal discorso di Giovanni Paolo II, nel 2000, davanti a Sua Maestà: è il Re che riceve il secondo Papa in nove anni. Ecco, è veramente una benedizione! Giovanni Paolo II disse al Re che il popolo giordano è speciale nell’ospitalità e nell’apertura per tutti. Ecco perché vediamo, in questi giorni, un’attesa grande, una gioia grande per tutti i cuori – dei musulmani, dei cristiani – perché una visita alla Giordania significa una visita al Re, una visita al governo, una visita al popolo giordano, una visita a tutti! In Giordania, infatti, si vive un modello della coesistenza, del dialogo interreligioso e questo dialogo non è soltanto un dialogo intellettuale, ma anche un dialogo di vita. Viviamo insieme, lavoriamo insieme e così condividiamo la vita: come abbiamo partecipato in passato, così è nel presente e così sarà in futuro. E questo perché c’è coesistenza, c’è amore, c’è dialogo e c’è rispetto reciproco. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Mons. Migliore: ancora troppo lontano il disarmo nucleare

    ◊   Il disarmo nucleare, la non proliferazione delle armi nucleari, e l’uso pacifico dell’energia nucleare sono “tre pilastri che si rafforzano a vicenda”. Lo ha sottolineato l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede, presso le Nazioni Unite, intervenuto ieri a New York ai lavori del Comitato preparatorio della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (NPT), prevista nel 2010. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Su tutti i fronti del nucleare si rende necessario - ha premesso l’arcivescovo Migliore - “un progresso urgente e irreversibile”. E dopo 40 anni dal suo varo nel 1968, il Trattato di non proliferazione nucleare rimane “una pietra miliare del disarmo”, così pure “uno strumento chiave” per rafforzare “la sicurezza e la pace a livello internazionale”.

     
    Da qui l’appello per “un’adesione piena e universale” al Trattato e per la sua applicazione, a fronte di un numero ancora altissimo di testate nucleari nel mondo, oltre 26 mila, ha ricordato mons. Migliore denunciando che “alcune Nazioni stanno ancora lottando per entrare nel ‘club nucleare’, a dispetto degli obblighi legalmente vincolanti del Trattato”. Il presule ha quindi chiesto “a tutti gli Stati di adoperarsi per “un mondo libero dalle armi nucleari”, e di adottare misure “per promuovere fiducia, trasparenza e cooperazione tra Nazioni e regioni”, puntando a cinque obiettivi: l’adesione al Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT); l’avvio di negoziati sul Trattato per eliminare il materiale fissile; la cooperazione nel campo dell’uso pacifico dell’energia nucleare sotto lo stretto controllo dell’Agenzia per l’energia atomica (AIEA); la ricerca di soluzioni comuni e di strutture internazionali per produrre combustibile nucleare, rispondendo alle crescenti necessità di energia.

     
    Detto ciò “le zone libere da armi nucleari restano l’esempio migliore” – ha rimarcarto l’Osservatore permanente della Santa Sede - per avvalorare “che la pace e la sicurezza sono possibili” senza possedere tali armi. Infine il richiamo a tutti Stati dotati di armi nucleari “ad assumere un ruolo coraggioso di leadership e la responsabilità politica di salvaguardare l’integrità del Trattato di non proliferazione e di creare un clima di fiducia, di trasparenza e vera cooperazione, in vista di una concreta realizzazione di una cultura della vita e della pace”.

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    Il cardinale Bertone alle Guardie Svizzere: legame indissolubile tra vigilanza e preghiera

    ◊   Serietà, dedizione, fedeltà e vigilanza: sono le qualità della Guardia Svizzera Pontificia, ricordate stamani dal cardinale Tarcisio Bertone. Il segretario di Stato ha celebrato una Santa Messa nella Basilica Vaticana per commemorare i 147 soldati del Corpo, uccisi durante il “Sacco di Roma”, avvenuto il 6 maggio 1527. Il sacrificio delle guardie servì a difendere la vita di Papa Clemente VII. Nel pomeriggio, invece, alle ore 17.00, nel Cortile San Damaso, avrà luogo la cerimonia di giuramento delle 32 nuove reclute, arruolate negli ultimi 12 mesi. Il servizio di Isabella Piro:

    (canto)

     
    “Servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Sommo Pontefice, sacrificando, ove occorra, anche la vita”. Con queste parole giurano le Guardie Svizzere, ed il cardinale Bertone lo ha ricordato, durante la Messa di stamani, celebrata alla presenza dei membri della Guardia stessa e dei loro familiari ed amici. In particolare, il porporato ha ricordato l’importanza del loro compito:

     
    "Tutti sappiamo quanto sia importante e delicato il compito affidato al Corpo della Guardia Svizzera Pontificia:  la particolare custodia della persona stessa del Papa, la sorveglianza del Palazzo Apostolico e degli ingressi esterni della Città del Vaticano, i servizi di sicurezza e di onore durante le cerimonie pubbliche del Sommo Pontefice. Il vostro, cari amici della Guardia Svizzera Pontificia è un servizio qualificato e comunemente apprezzato, che esige serietà, dedizione, fedeltà e vigilanza".

     
    La venuta di Gesù, ha continuato il cardinale Bertone, è “un punto di costante riferimento per tenere sveglie le nostre responsabilità”, perché “il credente è colui che sa aspettare il Signore e che sta ad aspettarlo”. Poi, il porporato ha ribadito il legame indissolubile tra vigilanza e preghiera: “Non si vigila senza pregare, né si prega senza essere spiritualmente desti”, ha detto. Ma oggi, “nel ritmo frenetico e coinvolgente della vita moderna – ha aggiunto – quale speranza ci può essere di non lasciarci addormentare dal canto mellifluo di tante sirene?”. La risposta, ha spiegato il segretario di Stato, si trova nel Vangelo:

     
    "È dell'amore vigilare. Questo ci insegna la parabola delle vergini stolte e prudenti. Prima di tutto, la nostra deve essere una vigilanza contro il male, contro il peccato, contro il non-amore. Gesù vuol trovarci con le lampade accese dalla sua luce e ci promette una cosa inaudita. Il padrone 'si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli'. Davvero, 'servire é regnare', perché quando il padrone arriva, rende padrone il servo!".

     
    Quindi, il cardinale Bertone ha invitato le Guardie Svizzere a lasciare che Gesù entri nei loro cuori “e li renda puri ed umili”, restando sveglie per “aprire la porta a Lui” e “godere la felicità d’essere insieme a Lui”:

     
    "Il vostro servizio qui in Vaticano deve modellarsi sempre più sulla prospettiva della vigilanza non solo esterna, quanto interna, dei vostri cuori. Pertanto nel vostro quotidiano lavoro siete chiamati a trarre linfa vitale e motivazioni profonde da una solida vita di fede, da una grande consapevolezza dell'appartenenza alla Chiesa e da un forte sentimento di fedeltà al Papa".

     
    Certo, ha concluso il segretario di Stato, le prove e le difficoltà non mancano. Ma “tutto ciò va affrontato con coraggio e fiducia, facendo affidamento non solo sulla propria preparazione e sulle proprie capacità personali, ma anche sull’aiuto degli altri e, soprattutto, sulla forza e sulla grazia che ci provengono da Dio”. A cui si unisce, ha concluso il cardinale Bertone, anche la riconoscenza del Santo Padre.

     
    (canto)

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    Conclusa la plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali dedicata ai diritti umani

    ◊   Scienza, politica e società civile si impegnino nella tutela dei diritti umani per concorrere a realizzare una società più giusta. E’ il messaggio che giunge dalla XV Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sul tema “La Dottrina Sociale cattolica ed i Diritti umani”, che si è conclusa oggi. Ad introdurre la conferenza stampa finale è stata la prof.ssa Mary Ann Glendon, presidente dell’Accademia, che ha sottolineato come nel mondo sussistano ancora numerosi problemi sul fronte della tutela dei diritti umani, ed ha anticipato che, per il prossimo anno, i lavori saranno centrati sul tema della crisi economica e dei suoi risvolti sociali. I dettagli nel servizio di Claudia Di Lorenzi:

    Promuovere il rispetto dei diritti umani per realizzare una società più giusta, nel solco della tradizione cristiana che da sempre – ha detto il Papa lunedì scorso ricevendo i partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali – ha affermato che i diritti fondamentali devono essere sostenuti e riconosciuti universalmente perché inerenti alla natura stessa dell’uomo che è creato a immagine e somiglianza di Dio. Un’eredità universale, sottolinea mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere dell’Accademia:

     
    “La base dei diritti umani è stato il messaggio di Cristo che la Chiesa ha interpretato con diverse nozioni che sono sorte nel mondo cristiano come l’idea della persona, l’idea della libertà come componente essenziale dell’uomo. E quindi, nella misura in cui questo messaggio cristiano non è sufficientemente vissuto, scaturiscono le crisi. In buona sostanza, il Papa richiama a vivere d’accordo con questo messaggio che è la miglior forma per poter realizzare la trasparenza fra gli uomini e i diritti umani”.

    Un messaggio che oggi trova molteplici declinazioni, dal mondo della politica a quello delle scienze, a quello della società civile. Sulle conclusioni dell’incontro ascoltiamo la prof.ssa Ombretta Fumagalli Carulli, docente di Diritto canonico all’università di Milano:

    “Occorre recuperare una base etica e politica perché anche i Paesi democratici violano i diritti umani, quanto meno sotto il profilo delle discriminazioni. Lo scollegamento dei diritti umani dall’ordine naturale, porta poi alla crisi della democrazia e alla crisi degli stessi strumenti della comunità internazionale”.

    Determinante anche il confronto fra culture e religioni:

     
    “Un’altra chiave di lettura è che occorre dialogo tra le religioni e dialogo tra le scienze. E’ stato osservato che la convinzione che l’embrione sia vita umana personale non è più solo una verità di fede ma è ormai oggetto delle considerazioni della scienza”.

    Ma per dare concreta attuazione al rispetto dei diritti universali dell’uomo, irrinunciabile è poi rinsaldare il rapporto fra l’etica e la politica:

    “Occorre riprendere il primato dell’etica sulla politica ed il primato della politica sulla tecnica e, sotto questo profilo, vorrei sottolineare due punti in particolare. Il primo è il debito estero dei Paesi in via di sviluppo che attende ormai, da troppo tempo, qualche soluzione migliore. Il secondo punto è relativo alla crisi finanziaria attuale. La bolla finanziaria indubbiamente ha prodotto dei danni, degli anelli più deboli della società e ci siamo anche domandati se non possa essere addirittura la Corte internazionale a discutere questi problemi”.

    Tra le conclusioni anche la necessità di dare un respiro globale agli interventi di solidarietà in ambito sociale ed economico:

     
    “L’ultima riflessione è questa: globalizzazione della solidarietà e responsabilità di proteggere, sono due aspetti importanti perché le zone più fragili siano aiutate, la vita umana sia tutelata, la libertà religiosa sia promossa, la famiglia salvaguardata e l’economia sia al servizio della persona e non asservente la persona”.

    Un incontro che risponde dunque alle riflessioni offerte da Benedetto XVI che in apertura dei lavori sottolineava come “la questione della dignità della persona umana e dei diritti umani” sia il “punto di incontro fra la dottrina della Chiesa e la società contemporanea”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In Terra Santa per condividere sofferenze e speranze di tutti: alla vigilia del viaggio, il messaggio del Papa alle popolazioni giordane, israeliane palestinesi.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la situazione in Georgia: dopo il fallito golpe cresce la tensione con la Russia che espelle due diplomatici canadesi.

    A vent’anni mi sono innamorato, si chiamava Sofia: in cultura, la premessa al volume di Inos Biffi “In dialogo sul cristocentrismo. Lettura dei saggi di Giacomo Biffi”.

    Un articolo di Maurice Gilbert dal titolo “Da cento anni in ascolto di una Parola da insegnare”: il 7 maggio 1909 Papa Pio X fondava il Pontificio Istituto Biblico.

    Non fermiamoci alla penultima stazione: stralci della lectio magistralis del cardinale Carlo Caffarra sul tema “Dio e ragione: alleati, estranei, nemici?”.

    Il segreto del suo successo: demoni confusi nel parco giochi di Ron Howard: i contributi di Lucetta Scaraffia e Luca Pellegrini in merito al film tratto dal romanzo di Dan Brown.

    Nell’informazione religiosa, la sintesi dell’omelia del cardinale Tarcisio Bertone nella Messa di apertura delle celebrazioni per la giornata commemorativa del sacrificio delle 147 Guardie Svizzere che – il 6 maggio 1527 – offrirono la loro vita durante il Sacco di Roma per salvare il Papa.

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    Oggi in Primo Piano



    Raid Usa in Afghanistan: oltre cento morti tra cui donne e bambini

    ◊   Oltre cento persone, fra cui molti civili, sono rimaste uccise nell’Afghanistan occidentale nel corso di alcuni raid aerei delle forze americane avvenuti tra lunedì e martedì nella provincia di Farah. Un'inchiesta è già stata aperta sull'incidente, mentre da Washington il presidente Hamid Karzai ha definito ''ingiustificabile e inaccettabile'' questo nuovo episodio di guerra che coinvolge civili inermi. Un dramma che influenzerà necessariamente il primo colloquio di Karzai con il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ma che avrà le sue ripercussioni più pesanti proprio nell’opinione pubblica afghana, come spiega padre Giacomo Rossigni, responsabile a Kabul di un progetto umanitario della Caritas italiana, intervistato da Stefano Leszczynski:

     
    R. – Oramai credo che la gente sia molto stanca. Soltanto l’anno scorso ci sono stati 2850 morti. Ora, in tutte queste incursioni militari, si dice di voler colpire direttamente i talebani ribelli, ma poi vengono coinvolte anche le case con le donne e i bambini, con tanti civili. Questo la gente comincia a non sopportarlo più.

     
    D. – Non si può dire, insomma, che il nuovo governo, a questo punto, stia avendo un particolare riscontro positivo?

     
    R. – Assolutamente no perché in generale la gente ormai non ha più fiducia nella presenza dei militari e li vede sempre di più come degli invasori. Anche il presidente Karzai - giustamente, lui lo deve fare - apre sempre inchieste e non si sa mai quando le chiude.

     
    D. – Come mai, secondo lei, capitano tanti e così drammatici errori da parte della coalizione internazionale che si trova in Afghanistan?

     
    R. – La causa fondamentale è che i talebani usano, se così si può dire, nascondersi anche nelle case. Però, noi sappiamo che se si è sicuri che dentro ci sono dei bambini, non si dovrebbe sparare; invece questo non avviene. E’ logico che la gente, a forza di vivere questa situazione, si innervosisce, si incattivisce, e naturalmente l’esito è questo: se ne devono andare. Stanno portando il benessere? Fino ad oggi il benessere non si è visto, anzi, le grandi strade, che là sono molto larghe, hanno una o due colonne di cemento armato davanti agli ingressi, sia delle ambasciate, sia delle Ong più grandi e questo ci fa percepire proprio la presenza pesante dei militari.

     
    D. – Quindi supera anche la paura eventualmente di un ritorno di un regime talebano?

     
    R. – Sì, perché anche se c’è questa paura - che poi serpeggiava anche prima – dicono: “In fin dei conti, con i talebani c’era un po’ più di ordine”. Io credo che sia una cosa nemmeno da immaginare perché ciò che hanno fatto i talebani è pazzesco, però loro, in fin dei conti, dicono che con i talebani c’era più ordine. Ecco la conseguenza, come sempre, quando non si riesce ad ottenere qualcosa da colui in cui avevi tanta fiducia. I primi anni è stato un boom: tutte le Ong che sono andate in Afghanistan, le organizzazioni internazionali, hanno buttato miliardi. Tuttavia si dice, e si vede, che la corruzione, da cima a fondo, è pazzesca, proprio pazzesca.

     
    D. – Quindi, tutti gli aiuti che sono arrivati, non sono riusciti a controbilanciare le disfunzioni?

     
    R. – Non sono riusciti anche perché non sono arrivati tutti ad essere completamente utilizzati. Senz’altro le Ong hanno concluso qualcosa, però, nella visione globale.

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    La Cei presenta il Fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà

    ◊   Nella sede della nostra emittente è stata presentata l'iniziativa del Fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà promosso dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) con il concorso operativo dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi). Alla conferenza stampa hanno partecipato, tra gli altri, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e il dottor Corrado Faissola, presidente dell’Abi. C'era per noi Amedeo Lomonaco:
     
    Il cardinale Angelo Bagnasco ha detto che la crisi economica che sta attraversando l’Italia, effetto di una più ampia recessione a livello internazionale, è lo scenario in cui si colloca l’iniziativa del Fondo promosso dalla Conferenza episcopale italiana:

    “Chi fa le spese di questa imprevista stagione è in particolare quella parte della popolazione che, in realtà, non ha mai scialacquato e che già prima era in sofferenza per una cronica ristrettezza economica. Quel lavoro che già prima era precario, ora lo è di più, e quando si interrompe lascia senza garanzie di affidabile sussistenza”.

    Come pastori – ha aggiunto il porporato – diamo voce alla gente e alle preoccupazioni generali che non sono piccole né poche. Il fondo intende essere un segno e insieme uno strumento di speranza:

    “Si presenta come un’iniziativa di respiro nazionale, la prima in assoluto nel suo genere, e che intende dare una risposta concreta a quelle famiglie monoreddito, che abbiano perso l’unico reddito, con tre figli a carico, oppure segnate da situazioni di gravi malattie o disabilità”.

    La colletta nazionale indetta il prossimo 31 maggio, domenica di Pentecoste, costituirà l’avvio del Fondo:

    “Sarà possibile implementare il fondo grazie a libere offerte indirizzate a conti correnti postali e bancari, così come grazie a possibili elargizioni e contributi da parte di fondazioni, aziende ed altri soggetti”.

    Come ha di recente ricordato Benedetto XVI – ha concluso il cardinale Angelo Bagnasco – amore per i poveri e liturgia vanno insieme:

    “L’amore per i poveri è liturgia. I due orizzonti sono presenti in ogni liturgia celebrata e vissuta della Chiesa, che per sua natura si oppone alla separazione tra il culto e la vita, tra la fede e le opere, tra la preghiera e la carità per i fratelli”.

    Su questa iniziativa Amedeo Lomonaco ha intervistato mons. Giampietro Fasani, economo della Conferenza episcopale italiana:

     
    R. – Di fronte alla crisi, la Chiesa italiana vuole dare con la colletta un segnale di forte speranza e anche di forte educazione: un’educazione a vivere senza sperperare, come ben ci ha richiamato anche il Papa, in modo che sia superabile la difficoltà e sia superabile con l’aiuto di tutti. Risponde a questa esigenza la nascita di questo Fondo a garanzia che permette alle banche di intervenire in situazioni di famiglie con particolari difficoltà.

     
    D. – Come possono accedere le famiglie in difficoltà economica a questo fondo di solidarietà?

     
    R. – Le famiglie in difficoltà possono rivolgersi alla parrocchia e poi alla Caritas diocesana, che farà un primo screening di scelta delle famiglie. Se queste hanno i requisiti necessari, la Caritas li segnalerà alle banche che hanno aderito a questo Fondo. Il Fondo erogherà 500 euro al mese per un anno. Se poi la situazione di difficoltà dovesse permanere, potrà essere erogato anche per il secondo anno.

     
    D. – Questo denaro verrà concesso in prestito?

     
    R. – La somma erogata è in prestito. L’abbiamo chiamata questa operazione prestito della speranza. Si tratta di un prestito perché quando una famiglia ritorna nel mondo del lavoro, si ritiene sia corretto che restituisca quanto le è stato anticipato. In questo modo altro denaro può essere messo a disposizione di altre famiglie in difficoltà. L’idea è quella di prestito della speranza, nella convinzione che davvero la crisi vada verso una risoluzione e, di conseguenza, ci possa essere un ritorno nel mondo del lavoro.

     
    D. – Dunque un “prestito della speranza” promosso dalla Chiesa italiana che si accompagna anche all’impegno delle banche italiane...

     
    R. – Le banche italiane sono con noi in questo grande impegno: la Chiesa italiana, nel costituire il Fondo, le banche nel rispondere a questa garanzia che diamo con un impegno molto superiore. Per il momento, le banche sono disposte ad erogare 180 milioni con un fondo di copertura di 30 milioni. C'è anche una buona attenzione per quanto riguarda il tasso che sarà ridotto del 50 per cento sul Taeg (tasso annuo effettivo globale) di oggi.

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    Progetti e speranze ad un mese dal terremoto in Abruzzo

    ◊   Un mese fa, alle 3,32 della notte tra il 5/6 aprile, un devastante terremoto di 5.8 gradi della scala Richter colpiva l’Aquila e 103 Comuni abruzzesi causando 298 vittime, circa 1500 feriti, oltre 60mila sfollati. Oggi nel capoluogo un solenne Consiglio regionale, alla presenza del presidente della Camera Fini, ha ricordato quel dramma e la straordinaria solidarietà offerta da tutta l'Italia. Dopo un mese sebbene la terra continui a tremare, la ricostruzione è avviata e un decreto del Governo promette da settembre le case per i primi 13mila terremotati. Il servizio è di Gabriella Ceraso:

    Edifici sbriciolati, monumenti e chiese crollate o lesionate, la Casa dello studente piegata su se stessa, gli ospedali inutilizzabili, scuole, uffici: niente è più come prima al termine di quei venti secondi di terrore della notte tra il 5/6 aprile, a L’Aquila come nei 49 Comuni inseriti nel 'decreto Abruzzo' per la ricostruzione. E la gente lascia le cose più care, gli affetti sotto le macerie e con immenso dolore inizia una nuova vita nelle 179 tendopoli, nei 503 alberghi dell’Adriatico e nelle 2138 case private messe a disposizione. Ma è un popolo fiero quello abruzzese e tutta l’Italia in un mese impara a conoscerlo e a volerlo aiutare. Ancora oggi ci sono 4.000 mila volontari al lavoro. A L’aquila, capitale del dolore italiano come l’ha definita oggi il presidente della camera Fini, si spostano manifestazioni e ricorrenze; senza sosta portano il loro sostegno il Papa, le massime autorità dello Stato, politici, sindacalisti ed anche i 'grandi' del G8 a luglio vedranno da vicino quanto accaduto. E la gente attende fiduciosa, mentre la terra trema ancora si assiste alla lenta ripresa: riaprono i negozi, si riattivano 6 fabbriche su 10 a L’aquila, ma lavora anche la giustizia con le indagini sui crolli, le perizie sugli edifici agibili al 53%. L’attesa maggiore è però sul controverso decreto del Governo cha stanzia 8.5 miliardi di euro per la ricostruzione, che dovrebbe prevedere - con gli emendamenti introdotti oggi - anche contributi per la prima casa richiesti dall’opposizione.

     
    Ma per capire meglio qual è oggi la situazione sul territorio colpito dal sisma del 6 aprile scorso, sentiamo al microfono di Roberta Rizzo, l’ingegnere Luigi D’Angelo, dirigente del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile:

    R. – La Protezione civile e tutte le strutture operative rimangono impegnate su due attività principali: una legata alle verifiche di agibilità degli edifici privati e pubblici. Siamo ad oltre 27 mila verifiche ad oggi; la percentuale degli agibili è intorno al 50 per cento, quindi ci auguriamo che la metà degli edifici a breve verrà riabitata. La seconda è quella legata all'assistenza, che continua, degli oltre 65 mila sfollati che sono ricoverati nei campi tende – circa 170 – distribuiti su tutte le località colpite e negli alberghi della costa.

     
    D. – Ad un mese dal sisma, quali sono le prospettive di rientro in casa?

     
    R. – Si sta procedendo nell’attacco e nella verifica degli impianti a gas. Quindi, nel momento in cui saranno verificati anche questi, la gente potrà subito rientrare.

     
    D. – La gente è disposta a rientrare o ha ancora paura?
    R. – Le scosse che si sono verificate negli ultimi giorni hanno destato preoccupazione. Ad ogni modo, la gente è disponibile al rientro.

     
    D. – Per quel che riguarda gli edifici pubblici?

     
    R. – Le verifiche continuano, continua anche la sistemazione alternativa di Uffici pubblici in container per poter garantire la continuità amministrativa. Si sta riprendendo anche il servizio pubblico che viene reso dai Comuni, dalla Provincia e dalla Prefettura.

     
    D. – Qual è lo stato d’animo delle persone che vivono nelle tendopoli, oggi?

     
    R. – Il clima è molto sereno. Chi può già rientrare nelle case, piano piano sta lasciando le tendopoli. Ad ogni modo, c’è molta partecipazione da parte della gente: ha sentito fin da subito questa partecipazione e questa vicinanza.

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    Chiesa e Società



    Pakistan: cristiani a rischio sopravvivenza

    ◊   Temendo un’escalation della violenza talebana, constatata la debolezza del governo, della polizia e delle istituzioni civili, le famiglie cristiane della città di Karachi, aggredite la scorsa settimana da gruppi talebani armati, sono terrorizzate e rinchiuse nelle loro case. E’ quanto comunica all’Agenzia Fides padre Mario Rodriguez, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Pakistan, esprimendo preoccupazione e allarme per l’espandersi della violenza dei gruppi militanti islamici nel paese, non solo nella Provincia della Frontiera di Nordovest, ma anche nelle principali città pakistane. Padre Rodriguez afferma: “I talebani si aggirano minacciosi nei quartieri cristiani della città terrorizzando le donne e invitando la gente a convertirsi all’islam, pena la morte. Si susseguono episodi di violenza, percosse e maltrattamenti improvvisi. Sono militanti armati di pistole e kalashnikov. Siamo scioccati da questa situazione e da questa ondata di violenza insensata, che le autorità non dovrebbero permettere: la polizia ha il dovere di difendere tutti i cittadini dalle aggressioni”.Il Direttore delle POM chiede attenzione e sostegno a tutti cristiani del mondo e invita e pregare perché le minoranze cristiane in Pakistan stanno attraversando uno dei momenti più bui e difficili della loro storia. “Speriamo nell’aiuto del Signore e chiediamo al governo di riprendere il controllo della situazione, in tutto il paese, Intanto le famiglie cristiane sono terrorizzate e non escono dalle loro case. Sono costrette all’isolamento”. La Chiesa sta vivendo questa situazione cercando di coinvolgere la società civile (inclusi gruppi musulmani moderati) nel contrastare l’estremismo religioso. Mons. Lawrence Saldanha, Arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza Episcopale del Pakistan, nelle scorse settimane ha inviato una lettera a tutti i leader politici e istituzionali del Pakistan, segnalando la situazione di terrore e violenza a cui sono sottoposte le minoranze religiose, sotto la pressione dei gruppi integralisti islamici, parlando della presenza di una “macchina omicida di terrore in nome della religione”. Oggi l’Arcivescovo sottolinea: “Esiste un fondato timore che gli episodi di violenza avvenuti a Karachi possano ripetersi in altre parti del paese. I cristiani già subiscono ingiustizie e violenze a causa della iniqua legge sulla blasfemia, usata contro di loro. Ora è in pericolo la loro stessa sopravvivenza”. L’Arcivescovo si chiede preoccupato: “Il governo sarà in grado di salvare i cristiani? Il governo e l’esercito sapranno salvare lo stato democratico del Pakistan?”. Intanto un’altra brutta notizia per le minoranze religiose viene dal sistema giuridico nazionale: per il reato di “blasfemia” (profanare il nome di Maometto o il Corano) previsto dall’art 295.C del Codice Penale del Pakistan, ora è prevista la pena di morte, mentre è stata cancellata l’opzione dell’ergastolo. La Corte Suprema infatti, in una recente sentenza, ha reso la pena di morte obbligatoria. La Chiesa da tempo denuncia l’abuso della legge sulla blasfemia e il suo utilizzo per penalizzare o eliminare cittadini di fede non islamica.

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    Sudafrica: lettera del presidente dei vescovi al nuovo capo di Stato

    ◊   Una lettera aperta, incentrata sulle priorità sociali del Paese, è stata scritta dal presidente della Conferenza episcopale del Sudafrica, l’arcivescovo Buti Tlhagale, al capo di Stato Jacob Zuma. Il nuovo presidente, in quanto leader della coalizione vincitrice delle elezioni parlamentari del 22 aprile, sarà eletto ufficialmente capo dello Stato sabato prossimo, 9 maggio. A lui, mons. Tlhagale ricorda che “In Sudafrica sta per iniziare una nuova era” e che spera di “vedere la Chiesa e le altre comunità di fede contribuire alla costruzione di una cultura della vita nel Paese”. Il presule ribadisce che “la cultura del diritto deve essere promossa e implementata da una cultura della responsabilità, intesa come scelta personale e collettiva per il bene comune di tutti”. Mons. Tlhagale sottolinea inoltre che la principale priorità del Sudafrica è la ricostruzione del Paese sulla base di principi democratici “che permettano a più voci possibili di essere ascoltate. Le voci della società civile e delle comunità di fede sono importanti, ma molto importanti sono anche le voci degli emarginati e dei sofferenti”. Il presidente della Conferenza episcopale sudafricana si sofferma anche sul dramma della povertà, sul problema degli anziani, dei malati, dei migranti irregolari, dei bambini orfani e ribadisce: “Una società si misura non con il successo del più forte, del più ricco o del più potente, ma con l’attenzione nei confronti dei più deboli e dei più indifesi”. Per questo, mons. Tlhagale auspica azioni concrete, da parte dei politici, nei confronti dei poveri, così che la loro tutela diventi il primo punto in agenda. Ma, nella sua lettera, il presule elenca anche altre questioni che aspettano una soluzione: la sicurezza sul lavoro, la tutela dell’ambiente e la riforma agraria, quest’ultima fondamentale per “assicurare cibo ed acqua” a tutti i sudafricani. Nel documento l’arcivescovo affronta anche il tema dell’Aids: “La più grande minaccia per la salute e la sicurezza nazionale - scrive - deve essere trattata con la gravità che merita, in modo tale che le risorse che essa richiede siano usate in modo efficace, sia per sradicare la malattia, sia per alleviare gli enormi traumi che essa provoca”. Mons. Tlhagale suggerisce una strategia: “Il settore delle Ong può e deve avere in ruolo di sostegno nel debellare questa minaccia, ma è importante che il governo prenda l’iniziativa e che guidi una parte più ampia della società in questa battaglia”. “Siamo stanchi – continua il presule – di lottare con il governo per ciò che è costituzionalmente, legalmente e moralmente obbligato a fare. Speriamo che l’Aids divenga una priorità nazionale”. Per questo, ricorda il presule, diventa cruciale “un atteggiamento sessuale responsabile” per fermare la diffusione della malattia e per promuovere una società sana. Un ulteriore pensiero viene poi rivolto ai giovani, perché solo “instillando nei bambini e nei ragazzi un senso di attenzione alla vita, di cura per gli altri e di rispetto della legge” si renderà possibile la realizzazione del bene comune della società. Una riflessione particolare viene dedicata poi al grande tema della vita: innanzitutto, viene esplicitamente chiesto al presidente designato Zuma di non inserire, nell’agenda politica, il dibatto sulla reintroduzione della pena di morte nel Paese; quindi, mons. Tlhagale si sofferma sul dramma dell’aborto: “Io credo – scrive – che la vita sia sacra dal concepimento fino alla fine naturale. Io chiedo e spero in un dialogo positivo ed onesto, fra tutti i settori della società, sui modi con i quali possiamo ridurre la pratica dell’aborto”. Ma la discussione, continua ancora mons. Tlhagale, “deve includere un metodo per eliminare quelle situazioni e circostanze in cui si ritrovano le donne che sentono l’aborto come l’unica soluzione possibile”. L’auspicio finale è che si giunga ad una vera riconciliazione nazionale, affinché il Paese raggiunga “un’identità profondamente radicata e piena, in cui tutti i Sudafricani si sentano inclusi”. (I.P.)

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    Appello dell'arcivescovo di Città del Capo contro la schiavitù contemporanea

    ◊   “Come Chiesa di Città del Capo abbiamo il dovere di agire per aiutare le vittime del traffico di esseri umani”. Così mons. Lawrence Henry, arcivescovo di Città del Capo (Sudafrica), esorta i fedeli a prendere coscienza del dramma vissuto da milioni di persone. Rivolgendosi ai fedeli con una Lettera intitolata “Letter to raise awareness on human trafficking to all Parishes”, mons. Hanry definisce la tratta degli esseri umani “un male che è presente in mezzo a noi”. Nel documento, che è stato inviato all'Agenzia Fides, l'arcivescovo di Città del Capo ricorda che “ nel 2007 in tutto il mondo, oltre 27 milioni di persone vivevano in stato di servitù forzata. Nell'intero periodo della tratta degli schiavi che si è tenuta tra le due sponde dell'Atlantico, 25 milioni di persone sono state costrette in schiavitù. Oggi si stima che 12,3 milioni di persone vengano trafficate ogni anno in tutto il mondo”. Un dramma- sottolinea Mons. Henry- che ha spinto la Southern African Catholic Bishops Conference (SACBC) a creare l'ufficio per la lotta alla tratta delle persone (CTIP), che ha elaborato una strategia su quattro punti: la preghiera, la prevenzione, la protezione e la promozione. “Come Chiesa locale di Città del Capo, abbiamo il dovere di agire” afferma mons. Henry, che ricorda che “nel messaggio di Gesù è centrale l'insegnamento “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. L'arcivescovo di Città del Capo nota che “diversi nostri fratelli e sorelle sono attirati con l'inganno nella nostra città con la promessa di un lavoro ma in realtà sono portati qui per altri motivi, come la prostituzione, la pornografia infantile, il lavoro domestico non retribuito e il lavoro agricolo, ecc”. Per affrontare questa situazione, mons. Henry propone alcune linee guida: creare la consapevolezza del problema e pregare nelle parrocchie per le vittime della tratta di esseri umani; accogliere i forestieri e gli stranieri in modo che possano trovare una casa nelle comunità parrocchiali; i gruppi parrocchiali per la “Giustizia e la Pace” si facciano promotori di una legislazione sul traffico di esseri umani; creare o aderire a gruppi già esistenti che si oppongono al previsto boom dell'industria giovanile del sesso, prevista con i Mondiali di calcio che si terranno in Sudafrica nel 2010.

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    Cresce il numero dei battesimi in Cina

    ◊   In Cina il numero dei battesimi è in netto aumento. Lo rivela il quotidiano cattolico cinese Xinde (La Fede), citato da "Eglises d'Asie" e ripreso da Zenit, secondo cui dall'inizio dell’anno nel Paese sono state battezzate nella fede cattolica ben 22.308 persone, con un aumento del 40% rispetto all’anno precedente. Un calcolo che si rivela tuttavia parziale giacché raccoglie solo i dati di una porzione delle diocesi presenti nel Paese. Inoltre – riferisce ancor la Fides - le cifre comunicate da alcune diocesi sarebbero incomplete riportando solo i battesimi celebrati nelle parrocchie dei grandi centri urbani. Cresce il numero dei cattolici in particolare nella regione del Sichuan, colpita nel maggio 2008 da un grave sisma. Secondo padre Peter Wu Xianliang, della diocesi di Chengdu - dove quest’anno con 390 battezzati il numero dei cattolici è raddoppiato - la gente che ha vissuto la prova del terremoto sperimenta una maggiore necessità di sostegno spirituale e religioso. Nella vicina Diocesi di Chongqing, anch'essa duramente colpita dal sisma, a Pasqua sono stati celebrati 1.400 battesimi, il triplo rispetto allo scorso anno. (C.D.L.)

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    Il cardinale Caffarra: Europa e liberalismo hanno bisogno del cristianesimo per non perire

    ◊   Nel corso della presentazione del libro del prof. Marcella Pera “Perchè dobbiamo dirci cristiani” (Mondadori), il cardinale Carlo Caffarra ha spiegato che per impedire il crollo morale e civile dell’Europa bisogna ritrovare la fede in Cristo, e solo così anche la tradizione liberale sarà salvata. Lo riferisce Zenit. Nella presentazione svoltasi ieri a Bologna, presso l’Istituto Veritatis Splendor, il porporato ha precisato che il libro di Pera risponde alla domanda su “come impedire che crolli la ‘casa’ – l’ethos direbbero i greci – che l’Occidente ha costruito come dimora degna dell’uomo?”. “La dimora di cui sto parlando è il liberalismo, inteso e come dottrina antropologica e come dottrina etica e come dottrina politica”, ha precisato l’arcivescovo di Bologna. Seguendo il percorso del libro di Pera il porporato ha affermato che “la vera causa per cui la dimora che l’uomo europeo ha costruito per vivere una buona vita sta crollando, è che da essa è stato espulso il cristianesimo”. Nel suo libro il prof. Pera sostiene che “l’espulsione del cristianesimo non è nella logica interna del liberalismo, ma una sua deviazione”. Il prof. Pera afferma che esiste un legame “storico e concettuale fra liberalismo e cristianesimo”, e aver reciso questo legame ha portato il liberalismo dentro una crisi senza uscite, per questo motivo “ricostruire questo legame è ciò che oggi è richiesto se l’Europa non vuole dilapidare la sua identità propria”. In questo contesto l’arcivescovo di Bologna ha spiegato che non basta dirci “cristiani per cultura” precisando che “la vera identità di Gesù di Nazareth può essere riconosciuta solo mediante la fede, e la sua presenza nella storia avviene mediante la fede dei suoi discepoli”. Anche se è ugualmente vero – ha aggiunto – che “la fede in Gesù genera uno stile ed una forma stabile di vita, un modo proprio di vivere l’esperienza umana nelle sue fondamentali dimensioni, un modo proprio di collocarsi nella realtà. In una parola: la fede nel rigoroso significato teologico genera una cultura”. In particolare il cardinale Caffarra ha spiegato che “è stata la Rivelazione cristiana a condurre l’uomo alla consapevolezza della sua dignità della persona”. “Dignità di persona – ha sottolineato – che implica un giudizio di valore circa la persona stessa: non esiste realtà che valga più che una persona”. Ed ha poi aggiunto: “Che importa all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se stesso?”. L’arcivescovo di Bologna ha infine concluso invitando i presenti a leggere il libro di Pera perchè “di questo cristianesimo ha bisogno il liberalismo; ha bisogno l’Europa; ha bisogno l’etica pubblica della società occidentale, se non vogliono perire”.

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    Sri Lanka: il governo chiede aiuti per gli sfollati

    ◊   Nello Sri Lanka servono almeno 50 milioni di dollari per rispondere all’emergenza degli sfollati. E' quanto ha dichiarato Mahinda Samarasinghe, ministro per le emergenze e i diritti umani, in occasione dell’incontro con i rappresentanti delle agenzie dell’Onu e dei Paesi donatori. Il governo di Colombo auspica lo stanziamento di questa cifra da parte della comunità internazionale. Sono circa 200 mila i cosiddetti Internally Displaced People (Idp) che vivono nei centri gestiti dal governo a Vavuniya, Mannar e Jaffna. Sono fuggiti dalla zona teatro di drammatici scontri tra esercito e ribelli tamil e hanno urgente bisogno di aiuti. Da parte loro i ribelli accusano proprio il governo di aver creato il dramma degli sfollati. Intanto le autorità stanno mettendo a punto un piano per fornire loro cibo e beni di prima necessità. In alcuni villaggi, allestiti dai militari per i profughi, sono attive anche delle scuole provvisorie. Il premier indiano, Manmohan Singh, ha già disposto lo stanziamento di oltre 20 milioni di dollari. La Chiesa continua ad essere attiva nell’opera di aiuto e nella raccolta di fondi. Padre Damian Fernando, direttore della Caritas Sri Lanka, afferma che, in riposta all’appello del governo di Colombo, la Caritas Aotearoa New Zealand ha disposto lo stanziamento di circa 30 mila dollari. L’obiettivo – sottolinea AsiaNews – è di soccorrere le vittime della guerra con aiuti alimentari e sanitari. (A.L.)

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    Compie 25 anni il movimento “Silsilah” per il dialogo tra cristiani e musulmani

    ◊   Il movimento per il dialogo cristiano-musulmano “Silsilah”, retto dai missionari del Pime, celebra i suoi 25 anni di impegno nella promozione della pace nell’isola filippina di Mindanao, da anni teatro di un sanguinoso conflitto tra indipendentisti islamici e il governo di Manila. Le celebrazioni – riferisce l’agenzia Fides - sono in programma il prossimo 9 maggio, data di fondazione del movimento. Nato nel 1984 da un’idea del missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere, padre Sebastiano D’Ambra, Silsilah conta diversi gruppi, coinvolge leader civili e religiosi, adulti e giovani, cristiani e musulmani. Tutti condividono e seguono un ideale e una pratica del dialogo, basati su una spiritualità che richiama tutti al profondo rispetto per il prossimo, al di là delle differenze di religione o di background culturale. Alle celebrazioni del 9 maggio saranno presenti tra gli altri l’arcivescovo di Zamboanga, mons. Romulo G. Valles, e lo studioso islamico Abdullah Ibrahim, che inaugureranno due nuove aule nel villaggio: una sarà una cappella cristiana, l’altra sarà una sala di preghiera musulmana. Inoltre il 10 maggio è previsto un incontro interreligioso con la presenza dei membri dell’Interfaith Council Leaders di Zamboanga, formato da eminenti intellettuali, studiosi, teologi, leader religiosi cristiani e musulmani che da sempre hanno sostenuto il progetto di “Silsilah”. Vi sarà poi uno speciale coinvolgimento della gioventù, in sintonia con l’opera che il movimento persegue sin dalle origini: oltre 100 giovani, fra cristiani e musulmani, vivranno dall’11 al 15 maggio un camposcuola presso il Villaggio dell’Armonia, per condividere un’esperienza di accoglienza, amicizia e formazione sui temi del dialogo e della pace. (A.L.)

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    Domani a Siracusa il IV Convegno Ecumenico Nazionale

    ◊   “Guai a me se non annuncio il Vangelo. Cattolici, ortodossi ed evangelici davanti a Paolo”, è il tema del IV Convegno Ecumenico Nazionale, che si terrà domani e fino a venerdì a Siracusa. La città siciliana è stata scelta come luogo d’incontro per i lavori in quanto ha rappresentato la prima tappa del viaggio di San Paolo in Italia. L'incontro fa seguito ai primi due Convegni ecumenici sul Padre Nostro nel 1999 e sulle Beatitudini nel 2003. Il terzo Convegno, tenutosi nel 2006, aveva avuto come tema la “Charta Oecumenica”. I promotori sono la Commissione Episcopale per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d'Italia e Malta del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia in collaborazione con l'Arcidiocesi di Siracusa. Domani pomeriggio interverranno tra gli altri mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione della Conferenza episcopale italiana per l’ecumenismo e il dialogo, Domenico Maselli, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e mons. Siluan, vescovo per l’Italia della Chiesa Ortodossa di Romania. “Noi vorremmo come cristiani, sull’esempio di Paolo, - spiega mons. Paglia, vescovo di Terni - riprendere con rinnovato vigore la responsabilità di comunicare il Vangelo nell’attuale contesto della società italiana”. Due giorni in cui si confronteranno sulle orme paoline, cattolici, ortodossi e protestanti. “L‘incontro – aggiunge mons. Paglia nell’intervista rilasciata al Sir – si inserisce nella linea dei convegni che da alcuni anni le Chiese e le comunità ecclesiali in Italia promuovono insieme. Siamo alla quarta edizione. Per un verso questi convegni continuano ad essere l’unico appuntamento di incontro tra tutte le realtà ecclesiali cristiane italiane. Quest’anno poi si inserisce nell’ambito della celebrazione del bimillenario dell’apostolo Paolo. Per questo abbiamo pensato che questo incontro poteva essere celebrato a Siracusa. Paolo vi arriva in catene però lui stesso scriverà a Timoteo che la Parola di Dio non è incatenata”. Il Convegno a Siracusa rappresenta “un momento importante” per la “ripresa ufficiale” del dialogo aperto a Sibiu, alla terza Assemblea ecumenica europea. Ne è convinto Domenico Maselli, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), che vede l’ecumenismo giungere “un po’ stanco perché tante volte ci sono momenti di poca comprensione”. Nella mattinata di venerdì, i convenuti si divideranno in gruppi di lavoro e discuteranno di immigrazione, diritti umani, ambiente e povertà. Il convegno prevede anche una visita ai luoghi della memoria paolina a Siracusa e una preghiera ecumenica nella cattedrale della città. In conclusione lo spettacolo teatrale “L'uomo di Tarso”, di Jobel Teatro. (A.V.)

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    Questa sera ad Avezzano veglia di preghiera ad un mese dal sisma in Abruzzo

    ◊   Questa sera i giovani di Avezzano si ritroveranno in preghiera in piazza Nardelli “attorno alla campana della pace” per pregare. “L’8 febbraio scorso – spiegano gli organizzatori – avevamo inaugurato la campana della pace con l’idea di farla suonare di nuovo il prossimo anno, affinché quei rintocchi emanati dalla storica campana dei Torlonia potessero indurre tutti, almeno per un minuto, a pensare alle situazioni di non pace presenti sul nostro territorio. Ma, a circa due mesi da quella data, la nostra terra è stata colpita da una grande tragedia che ha scosso le nostre menti e i nostri cuori. E allora abbiamo sentito il richiamo della nostra campana e abbiamo deciso di ritrovarci intorno a lei ad un mese dal sisma, per ricordare le vittime del terremoto ed invocare la pace e la serenità nei cuori della gente”. La veglia – rende noto il Sir - è organizzata con la collaborazione di Caritas diocesana, Azione Cattolica e Centro Missionario. Ad un mese del terremoto in Abruzzo si deve anche sottolineare l'iniziativa di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” che lancia una Campagna straordinaria di raccolta-fondi per il recupero delle chiese danneggiate dal sisma. Dopo la mobilitazione per far fronte ai bisogni di prima necessità si intende prendere a cuore uno dei bisogni primari delle comunità cattoliche locali: tornare a vivere il più presto possibile la vita di fede personale e comunitaria nelle proprie chiese che, soprattutto in questa situazione, rappresentano anche un luogo simbolo della speranza cristiana”. Ricordando che il terremoto del 6 aprile scorso ha provocato danni anche a decine di chiese oggi inagibili, Aiuto alla Chiesa che Soffre organizza un un Concerto di musica sacra che si terrà a Roma nella Basilica di San Eustachio sabato 9 maggio alle ore 21. In programma lo “Stabat Mater” di Pergolesi e la Cantata “Jauchzet Gott in allen Landen” BWV 51 di J.S. Bach, eseguiti dal “Roma Collegium Musicum”, diretto dal maestro Marco Silvi. L’ingresso è libero e quanto raccolto sarà destinato al recupero delle chiese in Abruzzo. (A.L.)

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    Telefono Arcobaleno sulla pedofilia on line: crescita esponenziale in Italia

    ◊   Da gennaio oltre 5400 denunce per reati di pedofilia on line, per circa 50 segnalazioni al giorno, con punte di 2.000 in un mese e 100 in una sola giornata. Sono i dati diffusi dal Report quadrimestrale di Telefono Arcobaleno che richiama l’attenzione sulla crescita allarmante del fenomeno in Italia. Una crescita che si accompagna ad una progressiva e preoccupante mutazione delle condizioni di sfruttamento. “Se il 2008 si è confermato anno record della pedofilia on-line con un incremento del 149% dal 2003 ad oggi, nelle 5.434 segnalazioni di questo report quadrimestrale, qualcosa è drammaticamente cambiato nei contenuti dei siti pedofili", dichiara il presidente Giovanni Arena. Nulla invece è cambiato sul fronte mercato legato alla pedofilia: “una macchina inarrestabile – spiega Arena - che continua l’immissione nel mercato di nuovi visi e nuovi corpi, utilizzando ogni possibile risorsa di promozione diretta e indiretta”. ''La macchina criminale del business pedofilo viaggia spedita 365 giorni all'anno - dichiara ancora il presidente di Telefono Arcobaleno - e purtroppo i clienti italiani rispondono sempre più numerosi, incidendo ormai per il 6,5% sull'intero mercato mondiale, contro il 2% del 2003. I clienti pedofili italiani sono triplicati in pochi anni'. La relazione di Telefono Arcobaleno invita quindi ad una riflessione attenta sull’evoluzione continua della pedofilia in internet e di conseguenza sul ruolo che ciascun soggetto (legislatore, istituzioni, polizie, provider, associazioni) è chiamato a svolgere per combattere contro questo drammatico fenomeno. (C.D.L.)

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    Genova ricorda il cardinale Siri nel 20. mo della sua scomparsa

    ◊   Grande pastore, guida indimenticabile per Genova, uomo di intensa e convinta fede e di grande cultura. Tutto questo è stato il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo per 40 anni nel capoluogo ligure e così lo ha descritto il suo attuale successore, il cardinale Angelo Bagnasco. L'occasione è stata la Messa celebrata presso la cattedrale di San Lorenzo dallo stesso porporato e presidente della Cei in occasione del ventesimo della scomparsa di Siri. Genova non lo ha dimenticato, ha detto Bagnasco, e soprattutto il suo ricordo è vivo nel mondo del lavoro che ebbe tanto a cuore. “Era riconosciuto come punto di riferimento e sicurezza di cui ci si poteva fidare. Figlio di povera gente, comprendeva ed amava i lavoratori”, ha affermato nell'omelia l'arcivescovo di Genova, ricordando soprattutto quante persone con la tuta affollarono la cattedrale quando ne venne esposta la salma, vent'anni fa appunto. “Sembrava – ha proseguito Bagnasco – che volessero vegliare il loro vescovo che sentivano come padre”. Ma l'opera di Siri, capace di grande carità, definita “discreta e concreta”, ha ricordato ancora il cardinale Bagnasco, travalicò la città e grande fu il suo contributo ai lavori del Concilio. Era molto colto, ha insistito il ricordo tracciato dall'attuale vescovo genovese, ma non sfoggiava questa qualità, piuttosto lo faceva “per saggezza”. E per il ventesimo è stata anche posta una lapide presso il liceo genovese dove insegnò religione prima di diventare arcivescovo. (A cura di Dino Frambati)

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    Polonia. Con l’Oratorio “Paulus” di Bartholdy si chiude a Czestochowa il XIX Festival Internazionale di Musica Sacra

    ◊   La musica sacra, ponte fra culture e religioni diverse. E’ l’idea che sottende il XIX Festival Internazionale di Musica Sacra “Gaude Mater” che si chiude oggi a Czestochowa, in Polonia. Promosso in occasione dell’Anno Paolino e del 200.mo anniversario dalla nascita di Felix Mendelssohn-Bartholdy – riferisce la Fides - la manifestazione è organizzata dal Centro di Promozione della Cultura “Gaude Mater”, sotto il patronato del Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale, del Presidente della Conferenza Episcopale Polacca, dell’Arcivescovo metropolita di Czestochowa, mons. Stanisław Nowak, e del sindaco della città polacca. L’evento, a cui partecipano 630 artisti da 16 Stati - tra cui Polonia, Italia, Inghilterra, Austria, Stati Uniti d’America, Spagna, Ucraina, Russia, Israele - è attualmente uno degli avvenimenti musicali più importanti nel Paese ed anche una delle maggiori manifestazioni di musica sacra a livello europeo. Al via il primo maggio, il Festival ha visto esecuzioni di grandi opere di musica sacra e di musica proveniente da diverse decine di Paesi, accompagnate da seminari scientifici, mostre d’arte, spettacoli e rappresentazioni interdisciplinari. Offerte al pubblico anche esecuzioni di musica ortodossa, canto gregoriano e musica ispirata alla cultura persiana. “Il nostro Festival è una presentazione delle opere della grande musica sacra, spiega Małgorzata Nowak, direttore del Centro di Promozione della Cultura “Gaude Mater” e direttore esecutivo del Festival. L’idea è quella di far avvicinare le diverse culture e religioni tramite la presentazione della musica sacra tipica delle diverse confessioni religiose. In omaggio al celebre compositore tedesco Bartholdy, il Festival si conclude con l’esecuzione dell’Oratorio “Paulus”. (C.D.L.)

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    La religiosità di Gogol nella celebrazione in Campidoglio dei 200 anni della sua nascita

    ◊   La celebrazione dei duecento anni della nascita di Nikolaj Gogol è avvenuta ieri a Roma, città in cui visse negli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento e da lui amata profondamente, nel prestigioso Palazzo dei Conservatori in Campidoglio con il saluto ufficiale dell’assessore alle politiche culturali del Comune ed un’introduzione dell'ambasciatore della Repubblica Ucraina che l'ha organizzata, in collaborazione con l’Associazione cristiana degli ucraini in Italia e l’associazione culturale “Oriana”. Tutta la prima parte della conferenza è stata incentrata sulla religiosità del grande scrittore. Padre Edward G. Farrugia, decano della Facoltà di scienze ecclesiastiche orientali del Pontificio Istituto Biblico, ha parlato delle “Meditazioni sulla Divina Liturgia” bizantina, un’opera esemplare della spiritualità russa e tuttavia fra le meno conosciute di Gogol, in cui si attua un coinvolgente incontro tra cultura e religione ma che soprattutto testimonia il suo incontro palpabile con Cristo, con il mistero divino e la mistica apertura alla bellezza che eleva l’uomo. La dottoressa Wanda Gasperowicz dell’Università “La Sapienza” ha ricostruito attraverso documentati inediti della parrocchia dei Santi Vincenzo e Anastasio, custoditi nell’archivio del Vicariato di Roma, i particolari del soggiorno di Gogol nel centro di Roma. La professoressa Oxana Pachlovska, docente nello stesso Ateneo, nel contesto della sua relazione “Gogol oggi, tra misticismo religioso e mistificazioni politiche” ha messo in luce la visione ecumenica dello scrittore che considerava temporanea la divisione tra Chiesa cattolica e ortodossa. Soffermandosi infine sull’immagine dei “due polmoni” evocata da Giovanni Paolo II ha affermato che “solo ora possiamo valutarne il messaggio”. (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Oltre 40 mila persone in fuga dalla valle dello Swat, teatro di scontri tra esercito pakistano e talebani

    ◊   Più di 40 mila persone sono già fuggite da Mingora, capoluogo del distretto dello Swat, nel nord ovest del Pakistan, teatro da giorni di violenti scontri tra esercito e talebani. Intanto, le forze di sicurezza di Islamabad hanno annunciato di aver ucciso almeno 30 militanti talebani in un’altra valle nel distretto di Buner.

    Due esplosioni a Baghdad: almeno 11 i morti
    Dieci morti e 35 feriti per un’esplosione in un mercato di Baghdad nel quartiere di Dora, zona a maggioranza sunnita un tempo controllata da Al Qaeda. E dopo qualche ora, un’altra autobomba lungo il viale al-Nidal ha ucciso un passante. Dopo mesi di relativa calma, da diverse settimane la violenza in Iraq, e in particolare a Baghdad, ha subito una notevole impennata. Il mese scorso, almeno 300 persone sono morte in attentati in gran parte suicidi, che non sono stati rivendicati, ma che sembrano avere tutte le caratteristiche del modo di operare di al Qaeda.

    La giornalista in carcere a Teheran sospende lo sciopero della fame
    La giornalista irano-americana, Roxana Saberi, in carcere a Teheran e condannata a otto anni di reclusione per spionaggio, ha interrotto lo sciopero della fame dopo due settimane. Lo ha detto alla Reuters il padre della giornalista, Reza Saberi, precisando che la figlia ha ricominciato a nutrirsi lunedì sera. Roxana, che non assumeva cibo dallo scorso 21 aprile, è in attesa del processo d'appello, previsto per l'11 o il 12 maggio.

    Madeleine Albright in Libano per le elezioni
    Si trova da ieri a Beirut, l’ex segretario di Stato americano, Madeleine Albright, giunta nel Libano a capo di una missione di osservatori internazionali col compito di monitorare le elezioni parlamentari del 7 giugno prossimo. La Albright, dopo avere diretto per l’ex presidente degli Stati Uniti il Consiglio per le Relazioni internazionali, guida oggi il "National democratic institute" (Ndi), organizzazione non governativa che sostiene il rafforzamento delle istituzioni democratiche nel mondo. L'organizzazione è affiancata nei monitoraggi dal “Carter Center” e da osservatori della Comunità Europea.

    Somalia
    Una nave tedesca battente bandiera di Antigua e Barbuda è stata sequestrata poco prima dell'alba nel Golfo di Aden. La nave si chiama Victoria, è lunga 127 metri, stazza 7.767 tonnellate ed ha un equipaggio di 10 persone. È stata attaccata poco dopo le cinque locali di stamattina (le quattro in Italia) da una scialuppa con a bordo otto pirati. La Victoria starebbe ora procedendo verso Eyl, costa del Puntland, regione semiautonoma della Somalia del nord est.

    In Georgia al via le esercitazioni Nato
    Cominciano oggi, all'indomani di un tentato ammutinamento militare, le esercitazioni Nato in Georgia, dove sono già arrivati i primi 212 militari degli oltre mille previsti. La cerimonia ufficiale di apertura, secondo la stessa fonte, è prevista per l'11 maggio. Intanto, le autorità georgiane hanno fermato 10 militari e 13 civili proprio per il tentato ammutinamento in una base militare georgiana, denunciato ieri da Tbilisi, che ha accusato Mosca di averlo ispirato per favorire un golpe. Altri 50 militari sono stati interrogati, mentre tre ex ufficiali del Ministero della difesa sono ricercati: chi fornirà notizie utili, sarà ricompensato con 30 mila dollari.

    Sri Lanka, segretario Onu Ban ki-moon chiede: “Pausa umanitaria”
    La sospensione dei conflitti in atto in Sri Lanka permetterebbe al personale dell'Onu di entrare nella zona del conflitto e di rendersi conto in modo corretto della situazione”. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si rivolge così al presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, che ha invitato il massimo rappresentante delle Nazioni Unite a recarsi in visita presso la regione nordovest del Paese, dove è in corso uno scontro fra i militari cingalesi e la guerriglia Tamil (Ltte) e dove si teme una catastrofe umanitaria per la presenza di quasi 200 mila profughi. Dal gennaio scorso, sarebbero almeno 200 mila i civili che hanno abbandonato la "zona di sicurezza" nel nordest del Paese, dove i guerriglieri hanno organizzato l’estrema resistenza. Le loro condizioni sono difficili, ma la preoccupazione più alta è per la sorte di circa 50 mila civili che ancora si trovano nella "zona di sicurezza''.

    Lampedusa, un nuovo "caso Pinar”
    Due barconi, con a bordo, 140 immigrati, sono sospesi nelle acque a largo dell’isola di Lampedusa. Secondo le operazioni di ricerca e soccorso (Sar), si tratta di acque maltesi. Dai natanti è partita questa mattina la richiesta di aiuto, che ancora una volta trova posizioni discordi in materia di aiuti. Il ricordo va subito alla nave “Pinar”, che rimase sospesa in mare per alcuni giorni, mentre le autorità maltesi ed italiane discutevano su chi dovesse intervenire. “La chiamata di soccorso è stata fatta direttamente dagli immigrati alle autorità italiane”, spiega un portavoce del Ministero dell'interno di Malta. Dall’Italia, la Capitaneria di porto conferma di avere ricevuto le richieste di aiuto e di averle, però, smistate a Malta, in quanto responsabile dei controlli nella zona di mare dove sono stati segnalati i due barconi. La Guardia costiera informa che le autorità de La Valletta stanno operando, mentre da Malta si precisa che i barconi stanno facendo rotta verso Lampedusa. Si profila così una nuova polemica diplomatica tra i due Paesi. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 126

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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