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Sommario del 05/05/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il presidente dei vescovi peruviani in visita ad Limina, Cabrejos Vidarte: evangelizzazione e lotta alla miseria sfide primarie della nostra Chiesa
  • Nomina
  • Cresce l'attesa dei cattolici in Terra Santa per l'arrivo del Papa. Mons. Twal: abbiamo bisogno dell'incoraggiamento del Santo Padre
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L'insegnamento della religione cattolica nell'Europa multiconfessionale: interviste con il cardinale Erdö e mons. Giordano
  • Sisma in Abruzzo, i rischi di una vita da sfollati: intervista con lo psichiatra Antonio Picano
  • I 60 anni del Consiglio d'Europa, garante degli standard democratici continentali
  • A Roma, l'analisi del fenomeno Facebook tra rischi e opportunità. Intervista con padre Antonio Spadaro
  • Chiesa e Società

  • La missione continentale al centro della prossima riunione del Celam
  • Bolivia: non c’è stato attacco informatico ai siti web dell’episcopato
  • Influenza A: nuova mappa dei contagi. Virus meno aggressivo
  • Prima Giornata nazionale in Italia contro la pedofilia
  • Rapporto di “Save the children”: mezzo milione di donne muore ancora di gravidanza
  • La Caritas tedesca attiva un portale per aiutare chi ha debiti
  • L’episcopato nicaraguense chiede al governo chiarimenti su un documento contro la Chiesa
  • L’arcivescovo di Torino, il cardinale Poletto, smentisce nuove ricerche sulla Sindone
  • Il Premio Templeton 2009 al fisico e filosofo francese, Bernard d’Espagnat
  • Trecento studenti di tutto il mondo discutono di ONU all’Università Bocconi di Milano
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tentativo di golpe militare in Georgia. Il governo di Tbilisi accusa Mosca di sostenere gli ufficiali ammutinati
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il presidente dei vescovi peruviani in visita ad Limina, Cabrejos Vidarte: evangelizzazione e lotta alla miseria sfide primarie della nostra Chiesa

    ◊   E’ in corso, in questi giorni, la visita ad Limina dei vescovi del Perù, che si concluderà il prossimo 23 maggio. Terzo Paese latinoamericano per estensione, il Perù conta 28 milioni di abitanti di cui l’88 per cento di fede cattolica. La Chiesa peruviana è suddivisa in 7 arcidiocesi e 19 diocesi, 10 prelature territoriali ed 8 vicariati apostolici. In questa intervista di Alina Tufani, del nostro programma ispanoamericano, mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo - presidente della Conferenza episcopale peruviana - si sofferma sul significato e le aspettative dell’incontro con Benedetto XVI:

    R. - Es una visita justamente de comunión...
    E’ un incontro di comunione con il successore di Pietro, per mostrare la nostra adesione filiale e accogliere il suo messaggio e le sue riflessioni che ci offre in quanto capo visibile della Chiesa universale.

     
    D. - Qual è l’attuale situazione della Chiesa peruviana?
     
    R. - La iglesia en el Perú...
    La Chiesa in Perù può essere vista da diverse angolazioni. C'è l'aspetto dell'impegno, della sfida dell'evangelizzazione e della missione. C'è poi la preoccupazione pastorale per la diffusione delle sètte religiose in America Latina e anche in Perù, a cui la Conferenza di Aparecida ha cercato di dare una risposta. In terzo luogo, abbiamo una sfida che riguarda la Dottrina sociale della Chiesa: in Perù, c'è un alto tasso di povertà e di miseria che prescinde dalla crisi finanziaria mondiale e dalla realtà latinoamericana. È una sfida che interpella anche la Chiesa, perché l'evangelizzazione non può prescindere dalla promozione integrale della persona: è salvezza e incontro con Cristo, ma è anche formazione integrale dell'essere umano. Sono realtà che faremo presenti al Santo Padre, durante questa visita ad limina.
     
    D. - Come possono contribuire i laici nella missione evangelizzatrice della Chiesa?
     
    R. - Como se sabe, un punto de partida...
    Come sapete, il punto di partenza di tutte le nostre riflessioni è Aparecida che dà una grande importanza al laicato, perché il laico è chiamato a cambiare la realtà in cui vive. Così, Aparecida ha scelto di puntare sulla formazione dei laici. Oggi più che mai, sono chiamati a trasformare le realtà umane e sociali, perché siano basate sul Vangelo e sui valori cristiani. È anche una questione di corresponsabilità: la Chiesa è chiamata a rispondere alle inquietudini dell’uomo e alla sua sete di Dio e in questo il laico ha un ruolo molto importante.

     
    D. - Benedetto XVI, nei suoi anni di Pontificato, ha dato molta importanza ai giovani. Qual è la situazione della pastorale giovanile in Perù?
     
    R. - El Perú, como cualquiero otro País...
    Il Perù, come tutta l’America Latina e i Caraibi, è un Paese con una netta prevalenza di bambini e giovani. A differenza di altre parti del mondo, qui i giovani sono più numerosi degli adulti. Nella mia esperienza, la pastorale proposta dalla Chiesa in Perù ha ottenuto una risposta positiva e promettente, che si riflette anche nella crescita vocazionale. Uno dei fenomeni più interessanti della Chiesa in Perù in questi ultimi anni è l’aumento delle vocazioni al sacerdozio diocesano. Ci sono quindi motivi di speranza, anche se si può fare di più, molto di più.

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    Nomina

    ◊   In Australia, Benedetto XVI ha nominato vescovo ausiliare di Melbourne mons. Leslie Rogers Tomlinson, del clero della medesima arcidiocesi, finora vicario generale, assegnandogli la sede titolare vescovile di Siniti.

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    Cresce l'attesa dei cattolici in Terra Santa per l'arrivo del Papa. Mons. Twal: abbiamo bisogno dell'incoraggiamento del Santo Padre

    ◊   Davanti ad una folta schiera di giornalisti e cineoperatori, il nunzio apostolico in Israele, l'arcivescovo Antonio Franco, il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, il vicario patriarcale latino per Israele, mons. Marcuzzo, e il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, hanno tenuto a Gerusalemme una conferenza stampa nel corso della quale hanno illustrato gli ultimi preparativi in vista dell’arrivo di Benedetto XVI. Da Gerusalemme, il nostro inviato Roberto Piermarini.

    “Vi abbiamo invitato perchè, come giornalisti, avete una missione: presentare nel mondo migliore questa visita, comprendendo la specificità di questo pellegrinaggio papale, che sarà un’incessante preghiera per la ricerca dell’unità e della pace in questa terra così tormentata”. E’ questo lo spirito con il quale vuole essere accolto Benedetto XVI. Lo hanno affermato il nunzio apostolico in Israele, mons. Franco, e il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Twal, nell’incontro che hanno avuto in mattinata con i giornalisti al centro Notre-Dame di Gerusalemme. In particolare, mons. Twal non ha nascosto che il viaggio papale, nel contesto palestinese e israeliano, possa essere strumentalizzato, vista la delicata situazione politica che si vive nella regione. Ma una visita al campo palestinese "Aida Refugee", vicino a Betlemme, ad esempio, è stato voluto dal Papa per immergersi nella drammatica realtà delle migliaia di profughi palestinesi, che spesso dimentica la comunità internazionale. Da Gaza, ha sottolineato mons. Twal, è stata fatta la richiesta per l’accesso alla Messa a Betlemme per 250 cristiani palestinesi, ma fino ad oggi il governo israeliano ha concesso il permesso solo a un centinaio di loro.

     
    “Perché il Papa non andrà a Gaza?” ha chiesto un giornalista. Perché a Gaza i cattolici sono una piccolissima minoranza. Diverso il discorso per la Cisgiordania: lì, ha detto mons. Twal, dei 15 mila cristiani palestinesi, 11 mila hanno ottenuto il permesso per recarsi in territorio israeliano per partecipare agli incontri con il Papa. Sui problemi della sicurezza a Nazareth, è intervenuto il vicario mons. Marcuzzo, il quale ha assicurato che non ci sono rischi per il Papa, il quale tra l’altro userà la "papamobile" nella Messa presso il Monte del Precipizio e che le contestazioni alla visita sono state da parte di alcune sparute frange estremiste, già isolate dalla sicurezza. E’ stato anche chiesto dai giornalisti se è vero che il presidente Perez restituirà alla Chiesa il Cenacolo. “La questione è oggetto di lunghe consultazioni”, ha detto mons. Franco, “ma ancora non c’è niente di definitivo”.

     
    Sulla presenza del Papa al Mausoleo dell’Olocausto, lo Yad Vashem, che in una delle sue sale contiene un’offensiva didascalia contro Pio XII, il nunzio apostolico ha detto che il Papa non ha mai messo in discussione la visita in questo luogo, perché vuole rispettare le vittime della Shoah. Mons. Marcuzzo ha invitato la stampa a non dimenticare il senso di questa visita pastorale e spirituale del Papa in Medio Oriente, che affronterà quattro temi in ognuna delle sue tappe più significative: in Giordania la Chiesa, a Nazareth la vita, a Gerusalemme la pace e la riconciliazione e a Betlemme la famiglia. Infine, mons. Franco ha ricordato le parole del Papa al Regina Caeli di domenica, quando ha sottolineato che si recherà sui luoghi santi per confermare e incoraggiare i cristiani di Terra Santa, facendosi pellegrino di pace, rilanciando il dialogo e la riconciliazione.

     
    Sull’attesa della comunità cattolica, ma no solo, per l’arrivo di Benedetto XVI in Terra Santa, il nostro inviato a Gerusalemme, Roberto Piermarini, ha raccolto la testimonianza del Patriarca latino della Città Santa, mons. Fouad Twal:

    R. - Lo attendiamo con gioia, con speranza, con entusiasmo: vediamo in lui un segno della Provvidenza che viene a pregare con noi, per noi tutti, per la pace, per tutti gli abitanti di Terra Santa. E' un padre che comincerà ad incoraggiare i fedeli in Giordania e poi continuerà qui. Dobbiamo avere un cuore grande, non limitarci alle piccole cose, alle meschinità. Al contrario, al bel gesto da parte sua deve corrispondere un bel gesto da parte nostra attraverso tanta ospitalità, accoglienza e coraggio.

     
    D. - Mons. Twal, nel Regina Coeli di domenica scorsa il Papa ha detto che verrà ad incoraggiare i cristiani di Terra Santa che devono affrontare quotidianamente non poche difficoltà. Quali sono queste difficoltà? Lei ha parlato di “calvario della comunità cristiana”…

     
    R. - Basta andare da qui a Betlemme, a Nazareth per vedere questo calvario: tutti i check-point che esistono, il muro che ci si para dinanzi... Non possiamo arrivare all’aeroporto, abbiamo problemi di visti che non arrivano, il problema della riunificazione delle famiglie cristiane tra Gerusalemme est e Ramallah. E ancora, la distruzione delle case, la loro demolizione. Questo è il calvario di una chiesa, però non dimentichiamo che il calvario è stato seguito da una resurrezione. Noi puntiamo sulla resurrezione e non ci fermiamo mai al calvario.

     
    D. - La fa soffrire la lenta ma inesorabile emigrazione all’estero dei cristiani di Terra Santa?

     
    R. - Sì che ci fa soffrire. Ormai, solo a Gerusalemme abbiamo appena 10 mila cristiani - tra cattolici, ortodossi e protestanti - a fronte di una comunità musulmana di 250 mila persone e di quella israeliana di 550 mila. Facciamo il possibile per fermare e limitare al massimo questa emigrazione: però tocca agli stessi cristiani capire che la loro presenza qui è una missione, devono accettare gli ostacoli e non abbandonare davanti ai problemi. E’ qui che c’è la Terra Santa, che ci sono le nostre radici.

     
    D. - Ebrei, cristiani e musulmani sono tutti sensibili a questa visita del Papa?

     
    R. - Tutti sono sensibili e poi siamo "costretti" a vivere gli uni accanto agli altri. Quindi, sarebbe meglio trovare il modo di poter vivere in pace.

     
    D. - Quale importanza ha questo viaggio, invece, dal punto di vista ecumenico?

     
    R. - Molto bello. Noi abbiamo voluto fare un incontro al Patriarcato ortodosso per fortificare i nostri rapporti. Già abbiamo buone relazioni tra noi e le diverse comunità, specialmente con la Chiesa cattolica. Ogni tanto c’è un piccolo problema, ma fa parte dello scenario della Terra Santa, non dobbiamo drammatizzare.

     
    D. - Nella Terra Santa di oggi è difficile avere il coraggio della pace?

     
    R. - No, no. Dobbiamo restituire a questa Terra Santa la sua vocazione di santità. Più che la guerra per il territorio, dovremmo impegnarci di più per la santità, per la riconciliazione, per il perdono, per carità fraterna. Ne abbiamo tanto, tanto bisogno. Questo è il nostro coraggio.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il sogno di Benedetto XVI in Terra Santa: in prima pagina, l'articolo - tratto da "La Croix" - dello studioso francescano Frederic Manns.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione in Pakistan e in Afghanistan dove le violenze non danno tregua.

    La fobia del lògos che paralizza il pensiero contemporaneo: in cultura, anticipazione dell'intervento di Antonio Livi all'incontro - domani alla Pontificia Università Lateranense - sul tomismo di Jacques Maritain.

    Giorgio Feliciani ricostruisce la tiepida accoglienza al nunzio che sarebbe diventato Papa: Achille Ratti e l'episcopato polacco.

    Politica e poesia per salvare la Terra: Gaetano Vallini recensisce il documentario "Terra madre" di Ermanno Olmi.

    Una storia troppo vera per diventare un film: Sabino Caronia su "Il sergente nella neve".

    Un articolo di Marcello Filotei dal titolo "Una società disorganizzata che perde troppo tempo": alla vigilia dell'apertura della Fiera internazionale del libro di Torino la rivista "Vita e Pensiero" ripropone il tema dell'insufficiente attitudine alla lettura. 

    Benefici sociali ed economici da politiche di sostegno alle famiglie: nell'informazione religiosa, Gianluca Biccini sull'intervento del cardinale Ennio Antonelli a Salamanca.

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    Oggi in Primo Piano



    L'insegnamento della religione cattolica nell'Europa multiconfessionale: interviste con il cardinale Erdö e mons. Giordano

    ◊   Ieri pomeriggio a Strasburgo, presso il Consiglio d'Europa, c'è stata la presentazione-dibattito della ricerca sull’insegnamento della religione in Europa. Una ricerca promossa dal Consiglio delle Conferenze episcopali del continente (Ccee), su iniziativa della Conferenza episcopale italiana (Cei). Presenti, tra gli altri, rispettivamente il presidente del Ccee, il cardinale Péter Erdö, e il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata. Il servizio da Strasburgo di Fausta Speranza:
     
    L’insegnamento a contenuto confessionale rappresenta il modello largamente prevalente, ma ci sono contesti in cui non si va oltre la disciplina etica. I rappresentanti di Unione Europea e Consiglio d'Europa hanno ribadito che, in ogni caso, l’insegnamento della religione rappresenta una risorsa per tutte le società. Mons. Crociata ha sottolineato l'importanza di un'Europa che non pensi solo ai mercati ma ai valori e che metta al centro di tutto la persona. Mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, ha affermato che dopo anni di diffidenza c'è un rinnovato interesse per il fatto religioso. Le sue riflessioni nell'intervista che ci ha rilasciato:

     
    R. - Per me, personalmente, è anche un momento particolare di emozione, perché il 5 maggio 1949 veniva fondato il Consiglio d’Europa. Io sono arrivato qui come osservatore della Santa Sede nel 1 settembre dell’anno scorso e, precedentemente, ero segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, organismo che ha realizzato questa ricerca, che io quindi ho accompagnato.

     
    D. - Le questioni di fondo, mons. Giordano, quali sono?

     
    R. - Oggi, noi notiamo un ritorno dell’interesse per il fatto religioso. Se abbiamo vissuto qualche decennio di un certo sospetto, di oblio di questo tema, adesso notiamo che il tema ritorna, molto fortemente - anche se ci sono ancora rimasugli di questo sospetto, di quest’oblio. C’è una riscoperta che la religione è un fatto politico, ha un’importanza per la società e per la politica e qui siamo un po’ in all'interno di una ambiguità. Da una parte, c’è chi vede che la religione spesso è usata o sfruttata anche per delle posizioni violente, ed è lo choc dell’11 settembre 2001 che ha mostrato quest’aspetto. Dall’altra parte, c’è una coscienza sempre maggiore di come la religione sia determinante per la pace, per la solidarietà, per la convivenza tra i popoli. C’è una coscienza rinnovata dal fatto che la religione è fondamentale per le culture. Inoltre, diventa sempre più urgente, in Europa, la questione del senso della vita: non dobbiamo dimenticarci che, almeno in 15 Paesi d’Europa, la più alta percentuale di morti di giovani e ragazzi è il suicidio. Come si giustifica allora l’insegnamento della religione nella scuola? Anzitutto, io ritengo perché la religione è una scienza, che come tale ha il diritto ed il dovere di stare nel curriculum formativo scolastico. La religione è una materia studiata da un numero enorme di scienze, forse nessuno degli altri oggetti è così studiato: pensiamo alla Storia della religioni, alla Psicologia delle religioni, alla Sociologia delle religioni, alla Fenomenologia della religione, alla Filosofia della religione - per non parlare della Teologia, che è la scienza tipica della religione. E d’altra parte, anche per il fatto che nella scuola vi è una dimensione fortemente educativa, e quindi è importante cogliere il legame tra educazione, formazione e religione. Un altro nodo che noi dobbiamo affrontare è come conciliare l’insegnamento confessionale - che noi riteniamo avere una serietà metodologica di contenuto enorme - con il pluralismo religioso che oggi in Europa. Dunque, noi abbiamo una questione ecumenica e abbiamo una questione interreligiosa. Da una parte, sentiamo che la religione non è mai un fatto generico, astratto, impersonale: le religioni hanno un volto, hanno una loro storia, sono accadimenti nella storia e quindi l’insegnamento serio della religione dev’essere, in qualche maniera, confessionale, cioè legato ad un’esperienza precisa. Come conciliare questo con il fatto del pluralismo religioso in Europa? Questa è un’altra domanda che teniamo in considerazione e credo che dovremo affrontarla sempre di più, forse anche a livello ecumenico e a livello interreligioso.

     
    Di affinità e differenze in Europa, ci ha parlato il cardinale Péter Erdö, aggiungendo un ricordo personale:

    R. - L’insegnamento della religione nella scuola ha un vero senso: è utile sia per la Chiesa, per la fede, che, oggettivamente, per l’educazione, in tutta l’Europa. Certamente, le forme giuridiche, la posizione legale dell’insegnamento nella scuola possono essere diverse. Anche la posizione sociologica della religione e delle religioni è ben diversa nei diversi Paesi dell’Europa: ci sono Paesi tutt’ora a maggioranza cattolica, ci sono Paesi a maggioranza cristiana ma non cattolica, Paesi dove i gruppi religiosi si equivalgono in termini quantitativi, Paesi a maggioranza non credente, Paesi a maggioranza islamica, e tutto questo è presente in Europa. Mi ricordo molto bene di un fatto quando frequentavo la scuola elementare in Ungheria: tutta la propaganda ufficiale lanciava accuse dicendo: “Ci sono ancora genitori retrogradi, che danno una doppia educazione ai figli”. In altre parole, mentre c'erano alcuni che volevano ancora l’ora di religione per i figli, si voleva sostenere che la doppia educazione non era accettabile, che faceva male psicologicamente ai bambini, che i genitori non dovevano educare i loro figli diversamente dall’ideologia dello Stato. Ma questo rappresentava proprio il capovolgimento della sussidiarietà. Adesso vediamo, con un certo ottimismo, che tale modo di ragionare torva poco spazio in Europa, e sicuramente non deve ritornare.

     
    D. - La ricerca presentata è frutto dell’elaborazione di tanti dati messi insieme da tutte le Conferenze episcopali europee. Ma non può finire qui questo lavoro di coordinamento a livello europeo: potrà dare frutti anche per il futuro? C’è l'impegno a continuare in questo scambio?

     
    R. - Nel Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa esiste una sezione che si dedica alla catechesi e all’insegnamento della religione. Proprio in questi giorni ci terrà la sessione, a Roma: lo consideriamo quindi un compito non soltanto importante, ma anche gioioso per noi, che abbiamo la possibilità di migliorare i nostri metodi, la possibilità di guardare al contenuto del nostro insegnamento della religione, perché è lì che ci sono grandi differenze nei diversi Paesi. In alcune nazioni, l’ora di religione dev’essere multilaterale, anche se il maestro di religione è un cattolico credente. In altri contesti, con gli stessi criteri giuridici, ciò sarebbe un insegnamento controproducente, e quindi ci sono diverse posizioni, ed ognuno può imparare dall’esperienza dell’altro.

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    Sisma in Abruzzo, i rischi di una vita da sfollati: intervista con lo psichiatra Antonio Picano

    ◊   Domani sarà un mese esatto dalla forte scossa che il 6 aprile scorso ha devastato L’Aquila e i paesi della provincia, provocando quasi 300 vittime. Nei centri abitati colpiti dal sisma, le verifiche strutturali andranno avanti fino alla fine di maggio, solo allora si avrà il dato complessivo sulle strutture completamente inagibili. Al momento il 54% delle 22.700 case finora sottoposte a verifica risulta agibile, ma pochi se la sentono di rientrare. Nei campi d’accoglienza, intanto, sono al lavoro medici e psicologi che ribadiscono: “E' necessario prevenire logiche di assistenzialismo”. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente nel capoluogo abruzzese lo psichiatra Antonio Picano, dirigente medico presso l’ospedale San Camillo Forlanini di Roma e presidente dell’associazione “Strade 360 Studio e trattamento della depressione”:

    R. - Oggi, nei campi, si verifica che ogni bisogno viene soddisfatto passivamente. Non c’è il denaro, la persona si alza ed ha la colazione pronta, il pranzo pronto: non c’è assolutamente niente da fare, tanto è vero che le persone non mettono la sveglia ed aspettano, in questa situazione di attesa, che qualcosa si verifichi.

     
    D. - Voi ribadite, in una condizione del genere, è in agguato la depressione…

     
    R. - I dati dicono che tra il 50 ed il 66 per cento delle persone esposte ad un trauma di questo genere sviluppano depressione. Noi ci siamo posti il problema di realizzare una gestione non assistenziale per favorire la ripresa dell’iniziativa personale che possa, in qualche maniera, garantire la vitalità e la prevenzione dalla depressione, che è il rischio più grande in questo momento.

     
    D. - Tre gli ambiti di intervento individuati…

     
    R. - L’area della cura della salute, perché tende a cadere rapidamente in situazioni di passività e di abbandono e di attesa. L’area dell’organizzazione, perché quando ci si trova in una situazione in cui tutto viene perso, l’organizzazione della vita quotidiana diventa assolutamente frammentaria e incoerente. L’altra area importante è quella della comunicazione, perché le persone che si trovano in difficoltà non sanno rappresentare il loro problema, hanno bisogno di grandi stimoli per poter essere rimessi in attività.

     
    D. - In pratica, gli aiuti materiali servono ma le persone devono poterli gestire anche da soli. E nello specifico, proponete la formazione di cooperative…

     
    R. - Lo strumento organizzativo della cooperativa è uno strumento democratico in cui ciascuno ha un voto e che è finalizzato a costruire qualcosa. Pensiamo che la realizzazione di una struttura congiunta, in cui ci sia una cooperativa che unisca tutte le risorse delle persone, aiutata da una struttura di tutoraggio, possa essere lo strumento per favorire una rinascita delle persone, anche in linea con il principio di sussidiarietà che è fondamentale. Per cui, se la persona è in grado di fare una cosa da sola, è giusto che lo Stato si metta un po' da parte.

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    I 60 anni del Consiglio d'Europa, garante degli standard democratici continentali

    ◊   Sessant’anni fa, il 5 maggio 1949, venne istituto il Consiglio d’Europa con sede a Strasburgo, in Francia. Quarantasette i Paesi membri, cinque gli stati osservatori, tra i quali la Santa Sede, e più di 200 i Trattati prodotti a difesa dei diritti dell’uomo. Tra gli strumenti del Consiglio d’Europa, oltre alla Corte di Strasburgo, ci sono vari organismi come il Comitato per la prevenzione della tortura, unico nel suo genere perché concede di vigilare, attraverso sopralluoghi senza preavviso, sulle persone private della libertà. Ma a distanza di 60 anni che valore ha questa istituzione? Benedetta Capelli lo ha chiesto al prof. Augusto Sinagra, ordinario di diritto delle Comunità europee presso l’Università “La Sapienza” di Roma:

    R. - Io penso che il Consiglio d’Europa abbia più un significato e un’utilità oggi, dopo 60 anni dalla sua Costituzione. Il motivo è che, essendo entrati a far parte del Consiglio d’Europa anche gli Stati dell’area cosiddetta socialista dell’Europa centrale ed orientale, sono loro che maggiormente possono beneficiare della primaria funzione del Consiglio d’Europa, cioè quella di uniformizzazione delle legislazioni verso standard elevati di democrazia, di rispetto dei diritti dell’uomo. Quindi, direi che oggi la funzione del Consiglio d’Europa sia più importante che all’origine.

     
    D. - Sono oltre 200 i Trattati prodotti a difesa dei diritti umani: quali quelli più rappresentativi?

     
    R. - La più importante certamente è la Convenzione di Roma del 4 novembre 1950, che è dedicata espressamente al riconoscimento, alla tutela e alla garanzia giurisdizionale dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo. Sicuramente, è la più importante perchè prevede anche un meccanismo proprio di accertamento, di garanzia, e quindi anche sanzionatorio rispetto alle violazioni eventuali di quei diritti riconosciuti da parte degli Stati.

     
    D. - Le emergenze del nostro tempo hanno influito sulla missione e sul suo ruolo del Consiglio d'Europa?

     
    R. - Sì, perché tra le emergenze ci sono state le conseguenze derivanti da quel momento fatale, indicato come il crollo del Muro di Berlino. Di conseguenza, il ritorno degli Stati centro-orientali in seno all’Europa e quindi il recupero di quelle istanze non soddisfatte in precedenza di democrazia, di stato di diritto, di rispetto dei diritti dell’uomo.

     
    D. - E per quanto riguarda il terrorismo, la criminalità organizzata, la tratta degli esseri umani?

     
    R. - Il Consiglio d’Europa, prima di quella che oggi consideriamo l’emergenza terrorismo, già negli anni Settanta aveva promosso una Convenzione internazionale sulla repressione del terrorismo. Quindi, possiamo dire che abbia svolto una funzione anche antesignana, se non di preveggenza.

     
    D. - Se lei dovesse esprimere un auspicio per altri 60 anni del Consiglio d’Europa, quali sono secondo lei gli obiettivi che potrebbero essere raggiunti?

     
    R. - L'obiettivo è quello già presente nelle intenzioni e nei programmi: che tutti gli Stati membri, Russia compresa, possano raggiungere quegli standard di rispetto dei diritti dell’uomo, di democrazia, di stato di diritto e così via. Caricare il Consiglio d’Europa di obiettivi nuovi, senza conoscere quelle che potranno essere le evoluzioni delle relazioni internazionali, della politica internazionale - quelle che sono le evoluzioni nell’eliminazione dei focolai del terrorismo, tanto per rimanere a questo aspetto - è difficile ipotizzarlo. Anche perché bisognerebbe pure applicarsi a considerare che il terrorismo - questo fenomeno tragico e deprecabile - non va solamente represso, ma va anche prevenuto. Forse, dunque, sarebbe il caso di applicarsi a sanare quelle ingiustizie insopportabili che poi, per effetto della disperazione o per effetto della strumentalizzazione - perché c’è anche questo aspetto in larga misura - portano al gesto disperato del terrorista.

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    A Roma, l'analisi del fenomeno Facebook tra rischi e opportunità. Intervista con padre Antonio Spadaro

    ◊   “Facce reali e facce virtuali: le relazioni dalla piazza a Facebook”: è il tema dell’incontro in programma domani all’Istituto Massimo di Roma. Alla tavola rotonda partecipa anche il gesuita Antonio Spadaro, scrittore de “La Civiltà Cattolica”. Intervistato da Alessandro Gisotti, padre Spadaro si sofferma su rischi e opportunità del fenomeno Facebook:

    R. - Facebook, innanzitutto, più che uno strumento, è un ambiente, un ambiente di relazioni. Quindi, il motivo di successo di questo ambiente è proprio il fatto che permette di far emergere non tanto le singole persone - anche questo, evidentemente - ma di farle emergere in relazione con altre.

     
    D. - Lei ha un profilo su Facebook. Qual è la sua esperienza diretta?

     
    R. - E’ un’esperienza direi problematica. Innanzitutto, è un luogo che permette di tenere i contatti con persone che si conoscono già ma che non vivono nello stesso ambiente, con cui si hanno contatti sporadici ma dei quali è possibile conoscere la vita, le attività, quello che di loro appunto vogliono far conoscere. D’altra parte, si pone il problema di avere rapporti con persone che non si conoscono direttamente e chiedono l’amicizia. Può essere uno strumento ambiguo nel senso che, evidentemente, quando parliamo di contatti, parliamo di amicizie su Facebook: qui è il concetto di amicizia diventa problematico, ci si pone cioè la domanda su cosa significhi essere “amici su Facebook”. La mia esperienza è sostanzialmente positiva ma, nello stesso tempo, può rischiare di diventare un ambiente alienante.

     
    D. - Quali sono, secondo lei, le opportunità più significative, quali invece i rischi?

     
    R. - Direi, tra le opportunità più significative, quella di restare in rapporto con persone in maniera abbastanza costante, perché Facebook permette un "live streming", cioè un flusso continuo di informazioni sulle persone. Direi che il problema di fondo consiste nel fatto che questa espressione possa delineare soltanto una relazione puramente virtuale.

     
    D. - Può Facebook diventare anche un luogo utile, fertile, per l’evangelizzazione?

     
    R. - Direi di sì, con cautela, nel senso che Facebook fa emergere le relazioni quindi, nel momento in cui la vita personale di ognuno ha a che fare con la fede, questo può emergere in rete. Sappiamo già che esistono dei gruppi con riferimenti religiosi oppure persone, sacerdoti, o appunto religiosi, che sono in rete e che, grazie alla loro presenza, offrono un luogo di testimonianza evangelica.

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    Chiesa e Società



    La missione continentale al centro della prossima riunione del Celam

    ◊   Una riflessione ad ampio spettro sulla missione continentale: sarà questo il tema centrale della 32.ma riunione del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), che si svolgerà dall’11 al 16 maggio a Managua, capitale del Nicaragua. A partecipare all’incontro saranno circa 60 vescovi provenienti da 22 Conferenze episcopali latinameriocane. Vi sarà anche il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina. Oltre ai presuli, verranno invitati anche organismi di aiuto alla Chiesa cattolica. Mons. Sócrates René Sandino, vicepresidente dei vescovi del Nicaragua, ha ricordato che già la Conferenza di Aparecida, svoltasi nel 2007, ribadiva le linee-guida del Celam per promuovere un’azione missionaria nelle 22 Conferenze episcopali dell’America Latina. In quest’ottica, ha aggiunto il presule, l’incontro di Managua servirà a tracciare un bilancio dei passi compiuti finora dalla missione continentale. Durante i lavori, l’assemblea del Celam eleggerà un nuovo segretario generale incaricato di succedere a quello attuale, mons. Víctor Sánchez Espinosa, nominato vescovo di Puebla, in Messico, il 6 febbraio scorso. Da segnalare, infine, che la prossima riunione del Celam sarà la prima a svolgersi in Nicaragua, in un momento in cui il Paese si trova di fronte alla crisi economica e finanziaria mondiale e alla minaccia dell’influenza A, il cui epicentro è stato localizzato nel vicino Messico. (I.P.)

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    Bolivia: non c’è stato attacco informatico ai siti web dell’episcopato

    ◊   L'ufficio stampa della Conferenza episcopale della Bolivia, basandosi su rapporti tecnici consegnati nelle ultime ore, riferisce che l'impossibilità di accedere ai suoi siti web e ad altri ad essa collegate, tra il 24 e il 26 aprile, non è stato causata da un attacco informatico come è stato detto da diversi fonti locali e internazionali, tra cui la Radio Vaticana. Il comunicato riporta le informazioni tecniche dell'amministratore dei siti ecclesiali e del providerm, secondo i quali l’eccesso di traffico di mail nonché misure volontarie e preventive di sicurezza hanno provocato questo inconveniente proprio nel momento in cui - è si trattato solo di una sfortunata coincidenza - si svolgeva la Plenaria episcopale in preparazione, come è poi accaduto, del lancio della Missione continentale. La notizia - alla quale l'Episcopato boliviano è estraneo, poiché non è mai stato interpellato - era comparsa il giorno 26 aprile in alcuni quotidiani e in altri siti d'informazione religiosa della Bolivia. Sono queste le fonti usate dalla Radio Vaticana il giorno 27 aprile per dare la notizia, che si è rivelata non veritiera secondo quanto chiarito dopo alcuni giorni dal rapporto tecnico. E' nostro dovere non solo riportare la verità dei fatti, ora che si conoscono le cause di quanto accaduto, ma anche di scusarci con i nostri lettori per aver fornito un'informazione non precisa. (A cura di Luis Badilla)

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    Influenza A: nuova mappa dei contagi. Virus meno aggressivo

    ◊   Ad oggi, sono 1127 i casi di influenza A (inizialmente detta da suini), registrati in 21 Paesi, in America, Europa, Asia, Oceania. Ieri mattina, il totale era di 985 casi in 20 Paesi. Fermo a 26 il numero dei morti, 25 in Messico su 802 infezioni ed 1 su 286 ammalati negli Stati Uniti. Altri Paesi maggiormente toccati dall’epidemia sono Canada con 140 casi, Spagna (54), Gran Bretagna (18). Confermato in Italia il quinto caso: si tratta di un uomo rientrato da un viaggio in Messico, ricoverato nei giorni scorsi nell’ospedale di Careggi a Firenze, sarebbe sul punto di essere dimesso. Sul piano della prevenzione, emergono alcune misure controverse. La Cina ha posto in quarantena forzata decine di turisti dei Paesi colpiti, pure in mancanza di sintomi, ritenendo - ha sostenuto il portavoce del ministro degli Esteri - di “aver agito “in base alla legge” e in modo “ragionevole”. Contestate poi dall’Unione Europea le restrizioni ingiustificate adottate dalla Russia alle importazioni di suini e prodotti derivati dalla Spagna. Da segnalare ancora il messaggio alla Nazione lanciato oggi alla Tv dal presidente messicano. Felipe Calderon ha rivendicato il merito del suo Paese di aver salvato “migliaia di vite non solo nel Messico ma nel mondo intero” ed ha promesso un pacchetto di sgravi fiscali e compagne per rilanciare il turismo, settore strategico per l’economia messicana, travolto dall’influenza A: nella sola zona dello Yucatan sono state annullate il 70 per cento delle prenotazioni. Complessivamente - va detto - che la nuova influenza si sta comunque mostrando poco aggressiva in tutto il mondo e che anche in Messico la situazione sembra migliorare, tanto che la prossima settimana è prevista la riapertura di scuole, ristoranti, bar, musei e biblioteche. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Prima Giornata nazionale in Italia contro la pedofilia

    ◊   Si è svolta oggi la prima Giornata contro la pedofilia, con iniziative in tutta Italia. Al fine di spezzare il silenzio sul fenomeno, purtroppo in crescita, a giudicare dalle denunce e segnalazioni pervenute negli ultimi tempi alle Forze dell’ordine ed alla Polizia postale. In questa prima edizione, chiamata ''Parla con noi'', Telefono Azzurro ha proposto di introdurre i reati di adescamento di minori e di pedofilia culturale nell'ordinamento italiano, di creare un albo di professionisti per raccogliere le testimonianze dei bambini, di utilizzare le intercettazioni per il turismo sessuale, di ridurre i tempi dei processi per pedofilia, di avviare un'attività di prevenzione e di formazione. Queste proposte per contrastare i reati sui minori sono state avanzate oggi a Roma dall’Onlus a difesa dei minori. Telefono Azzurro pubblica annualmente un Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in collaborazione con Eurispes. Un allarme è stato lanciato anche da Domenico Vulpiani, direttore del Servizio della Polizia Postale, nel corso della manifestazione organizzata a Roma, in occasione della Giornata. “Attenzione - ha detto - a scaricare musica o video da Internet, talvolta dietro siti come e-mule si nascondono pedofili”. Il diregente della Polizia Postale ha quindi invitato la platea di studenti a segnalare i “cattivi incontri in rete” ed a non avere paura delle conseguenze. ''Meglio pagare qualche euro di multa per aver scaricato illegalmente piuttosto che essere accusati di aver condiviso file pedopornografici'', ha aggiunto Vulpiani, mettendo in guardia anche dai messaggi di sconosciuti sui propri telefoni mobili, accompagnati da richieste di incontri oppure offerte di regali. ''Segnalateceli'', si è raccomandato. Proprio ieri, è stata data notizia di un sito web, oscurato e posto sotto sequestro perché ritenuto “socialmente pericoloso”, da parte della Polizia postale di Catania, che ha agito su indicazione dell’Associazione “Meter” di don Fortunato di Noto. "Ormai siamo lungo una china molto pericolosa", ha commentato il sacerdote, invitando "tutti a vigilare e a tenere alta la guardia: la pedofilia non è qualcosa di lontano da noi, è solo violenza cieca su piccoli che non si possono difendere". Il fenomeno in Italia è fortemente in aumento, soprattutto su Internet. Resta però in gran parte sommerso. Ciò che emerge è una sottostima: dal 2001 al 2008, sono state arrestate 201 persone; oltre 4 mila le denunce, 3.949 le perquisizioni, 273.334 i siti monitorati. Negli ultimi sette anni sono stati chiusi 177 siti e 10.907 sono stati segnalati ad organismi stranieri, 60 le operazioni di rilievo internazionale. Più di un ragazzo su 10 - secondo la Polizia postale - dichiara di avere avuto contatti ritenuti pericolosi sul web e più della metà dei minori italiani tramite la Rete ha accesso al mondo della pornografia. Telefono Arcobaleno - altra associazione di contrasto alla pedofilia on line - afferma che sono quasi 4 mila i siti pedopornografici segnalati ogni mese. Recenti stime europee riferiscono inoltre che tra il 10 e il 20% della popolazione adulta, ha subito abusi e violenze sessuali nell'infanzia. (A.V.)

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    Rapporto di “Save the children”: mezzo milione di donne muore ancora di gravidanza

    ◊   La Svezia, seguita da Norvegia ed Australia, sono le nazioni che vantano parametri di eccellenza relativi al benessere di madri e bambini. Il Niger, seguito da Sierra Leone e Ciad, i Paesi con i parametri peggiori. Sono questi i risultati del decimo Rapporto sullo stato delle madri nel mondo, diffuso oggi dall’associazione “Save The Children”. Accesso alle cure sanitarie, lavoro, istruzione, capacità economiche, i principali indicatori utilizzati per la stesura del rapporto, che evidenzia un progressivo miglioramento dei Paesi ricchi contro un tragico peggioramento dei Paesi poveri. Nel mondo, ancora oltre 500 mila le donne che ogni anno muoiono per complicazioni legate alla gravidanza e al parto e sono 9 milioni i bambini che non arrivano al loro quinto anno di età. E’ in Afghanistan, per esempio, che un bimbo su 4 non raggiunge il suo quinto compleanno, mentre in Svezia il rapporto è di uno su 333. Una gestante su 8, in Sierra Leone, morirà, mentre in Irlanda il dato è di uno su 47 mila. Il messaggio resta quello di un maggiore impegno internazionale da dedicare agli aiuti per le prestazioni mediche pre e neonatali e la riduzione, entro il 2015, sia del tasso di mortalità infantile, sia di quello materno. (A cura di Annarita Mariani)

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    La Caritas tedesca attiva un portale per aiutare chi ha debiti

    ◊   Consulenze on line gratuite per le persone afflitte dai debiti. Il servizio viene offerto dalla Caritas tedesca - che ne ha dato l’annuncio a Berlino - per fare fronte all’emergenza sociale creatasi da diverso tempo, specie nelle famiglie. Da ieri, i tedeschi potranno collegarsi al portale per ricevere consulenza in merito alle proprie situazioni debitorie e chiedere i consigli e le soluzioni più adatte al proprio caso. Circa tre milioni di famiglie, secondo i dati in possesso della Caritas, non sono più in grado di fare fronte ai propri debiti, con il reddito a loro disposizione e sono considerate perciò insolventi. La Caritas prevede che l’incremento della disoccupazione provocata dalla crisi finanziaria globale possa aggravare tale fenomeno, che vede in difficoltà una famiglia su dodici. Le persone bisognose possono inviare una mail e in forma anonima dichiarare il debito e le difficoltà economiche in cui versano. La risposta è garantita in tempi rapidi. L’iniziativa è pensata appositamente per i giovani - riferisce l’agenzia Sir- al fine di prevenire l'indebitamento eccessivo ed integrare i servizi di consulenza locali. Scorrendo le sezioni del nuovo portale, è possibile scoprire anche le risposte formulate a precedenti domande, con le quali l’utente può identificarsi. Inoltre, è possibile sapere dove è ubicata la Caritas di zona, più vicina, tra le 270 esistenti. Tra le informazioni che è possibile acquisire, sempre on line, anche quelle sulle “dipendenze”. (A.V.)

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    L’episcopato nicaraguense chiede al governo chiarimenti su un documento contro la Chiesa

    ◊   L’arcivescovo di Managua, Leopoldo Brenes, presidente della Conferenza episcopale nicaraguense, in un incontro ieri con la stampa ha chiesto alle autorità di governo di “chiarire fino in fondo e il più presto possibile” l’origine e i moventi del pamphlet contro la Chiesa, e in particolare contro i vescovi e i sacerdoti, diffuso nei giorni scorsi dall’Ufficio stampa dell’esecutivo, diretto dalla signora Rosario Murillo, moglie del presidente Ortega. Si tratta di un testo che porta la firma del consulente del presidente per gli Affari sociali, Orlando Núñez, che basandosi su una presunta intervista al missionario spagnolo padre Gregorio Raya lancia accuse gravi di corruzione contro i pastori e contro la loro integrità morale ed ecclesiale. Ovviamente, a giudizio di mons. Brenes, lo scopo del pamphlet è quello di “scalfire l’immagine della Chiesa tra i settori più poveri” e, al tempo stesso “intimidirla” in quello che “essa ritiene il suo dovere di fedeltà profetica”. Per l’arcivescovo Brenes e anche per mons. Sócrates René Sandino, vescovo di Juigalpa, vicepresidente dell’episcopato presente all’incontro con la stampa, questo documento “è frutto di menti con molta immaginazione, capaci di pensare a cose senza fondamento, lontane dalla verità e dalla realtà”. Pensando alle persone che hanno architettato quest’operazione che si è sviluppata in diverse fasi lungo un arco di due settimane fino a finire su Internet, i presuli hanno precisato che la “Chiesa è disposta a perdonare i responsabili, ma esige anzitutto un chiarimento”, soprattutto perché si tratta di una vicenda in cui “appaiono coinvolte persone con cariche istituzionali”. Intanto, come già era accaduto giorni fa, padre Raya continua a negare qualsiasi coinvolgimento e lo ha fatto recentemente ancora una volta con il suo vescovo mons. Sócrates René Sandino, il quale ha concluso la conferenza stampa ribadendo: “Noi non vogliamo fare delle congetture su questo documento. Attendiamo una versione ufficiale da parte delle autorità del governo poiché, a nostro giudizio, nella vicenda è coinvolto l’esecutivo”. (A cura di Luis Badilla)

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    L’arcivescovo di Torino, il cardinale Poletto, smentisce nuove ricerche sulla Sindone

    ◊   Nessuna ricerca è in corso sulla Sindone, il lenzuolo nel quale - secondo la tradizione - è stato avvolto il corpo di Cristo dopo la deposizione dalla croce. “Nessun nuovo prelievo di materiale a scopo di ricerca è avvenuto sulla Sindone” dopo l’ultimo effettuato il 21 aprile 1988, ha precisato il cardinale Severino Poletto, spiegando che “sia alla Proprietà sia alla Custodia della Sindone non consta che possa esistere materiale residuo di quel prelievo in mano di terzi”. E’ la sintesi dell’intervento ieri dell’arcivescovo di Torino sulla vicenda, che ha tenuto banco sulla stampa nei giorni scorsi. Agli scienziati che attendono nuovi studi, il porporato, ha chiesto in sintesi di “pazientare” in vista di nuovi programmi di ricerca, comunque da concertare insieme. Indiscrezioni rivelavano ulteriori prelievi dal lenzuolo di lino, conservato dal 1578, nel Duomo di Torino, quando vi arrivò da Chambéry, antica capitale del Ducato di Savoia. “'Non essendoci nessun grado di sicurezza - ha chiarito l’arcivescovo di Torino - sull'appartenenza dei materiali sui quali sarebbero stati eseguiti gli esperimenti in questione sul lenzuolo sindonico la Proprietà e la Custodia dichiarano di non poter riconoscere alcun serio valore ai risultati di tali esperimenti”. Nel clima di reciproca fiducia con il mondo degli scienziati, la Santa Sede e l'arcivescovo di Torino invitano quindi gli scienziati “a pazientare finché sia giunto il tempo per la realizzazione di un chiaro programma di ricerche organicamente concertate”. In proposito, si comunica “che il programma di ricerche è ancora sospeso fino al termine della prossima ostensione (2010), mentre si spera di poterne avviare una realizzazione nel periodo successivo''. La Sindone si presenta con due linee scure e triangoli bianchi, segni di bruciature (un incendio nel 1532), con le impronte di un'immagine frontale e dorsale di un uomo morto per crocifissione. L’ultima volta che è stata oggetto di lavori è stato fra il 20 giugno e il 23 luglio 2002, quando si è provveduto a scucire completamente la Sindone dal telo d'Olanda su cui era fissata dal 1534: sono state rimosse tutte le toppe cucite dalle Clarisse di Chambéry e un nuovo supporto è stato unito al Telo sindonico. Fu effettuata inoltre la scansione digitale completa sia sul lato dell'immagine sia su quello posteriore. Infine, fu realizzata una nuova documentazione fotografica completa della Sindone. “Quanto è stato ottenuto nell'intervento del 2002 - ha ricordato il cardinal Poletto - è stato immediatamente inventariato e posto sotto sigillo, a totale ed esclusiva disposizione e discrezione della Santa Sede”. Ciò non vuol dire porre pregiudiziali ai programmi di ricerca come ha concluso lo stesso arcivescovo di Torino. ''E' indiscusso per la Chiesa - ha precisato - che ogni scienziato abbia il diritto di fare le ricerche opportune in campo sindonico nell'ambito della sua competenza, nel rispetto della sensibilità dei fedeli e dei diritti della Proprietà della Sindone. Al telo sindonico sono dedicati tre volumi, che saranno presentati nel pomeriggio del 7 maggio prossimo - in tre diversi incontri - presso l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” e in videoconferenza anche a Bologna, presso l’Istituto “Veritatis Splendor”, nell’ambito del Master in Scienza e Fede. “La Sindone tra scienza e fede”, “L’uomo della Sindone” e “La Sindone. Una sfida alla scienza moderna”, i titoli dei tre libri. Il pomeriggio sarà aperto - riferisce l’agenzia Sir - con un saluto di padre Pedro Barrajón, rettore dell’Ateneo; seguirà la presentazione del libro “La Sindone tra scienza e fede”, cui interverranno padre Gianfranco Berbenni, della Pontificia Università Lateranense, e Petrus Soons, l’autore dell’ologramma della Sindone; poi, sarà la volta della presentazione del libro “L’uomo della Sindone”, con Avinoam Danin, cattedratico di Botanica dell’Università ebraica di Gerusalemme. Infine, la presentazione del libro “La Sindone. Una sfida alla scienza moderna”, con l’intervento di Giulio Fanti, docente di Misure Meccaniche e Termiche al Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Padova. Durante l’incontro sarà possibile visitare anche la mostra permanente “Chi è l’uomo della Sindone?”. (A.V.)

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    Il Premio Templeton 2009 al fisico e filosofo francese, Bernard d’Espagnat

    ◊   E’ stato conferito a Bernard d’Espagnat, fisico francese e filosofo della scienza, il Premio Templeton per il Progresso della ricerca nel campo dei rapporti fra scienza e religione. La consegna da parte del Duca di Edimburgo è avvenuta oggi a Londra nel corso di una cerimonia privata, tenutasi a Buckingham Palace. Il riconoscimento viene attribuito a un’insigne personalità del mondo accademico che ha centrato la sua ricerca intorno alla definizione della realtà, indagando con gli strumenti del pensiero scientifico e filosofico sulle condizioni che rendono possibile all’uomo l’accesso al reale ed i limiti potenziali della conoscenza scientifica. Il neo premiato, che ha 88 anni, ha studiato a Parigi, sotto la guida di Louis de Broglie, assistente poi di Enrico Fermi a Chicago e, negli anni Cinquanta, in missione di ricerca presso l'Istituto diretto da Niels Bohr a Copenhagen. Inoltre, per cinque anni è stato fisico teorico al Cern di Ginevra. La sua formazione personale spazia dallo studio delle scienze fisiche alla letteratura e filosofia. Per diciotto anni ha diretto il Laboratorio di Fisica teorica e delle particelle elementari, presso l'Università Paris Sud. Ideato nel 1972, da Sir John Templeton, scomparso lo scorso anno, il Premio è dotato di 820 mila sterline (oltre un milione e mezzo di dollari) e mira ad onorare gli “imprenditori dello spirito”, persone che hanno dedicato i propri talenti ad ampliare la visione della finalità e della realtà ultima e hanno contribuito allo sforzo dell’umanità di comprendere le molteplici manifestazioni della divinità. Si tratta di un Premio molto ambito. Nel passato sono stati insigniti: Madre Teresa di Calcutta, Frère Roger, Chiara Lubich. (A.V.)

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    Trecento studenti di tutto il mondo discutono di ONU all’Università Bocconi di Milano

    ◊   Sono di oltre 50 nazionalità, provenienti da ogni continente, in rappresentanza di 65 Atenei di tutto il mondo: sono i 300 studenti riuniti da ieri all'Università Bocconi di Milano per simulare l'attività dell’Onu. L'evento - patrocinato dal Senato della Repubblica italiana, dal Consiglio regionale della Lombardia, dall'Ispi-Istituto per gli Studi di politica internazionale e dall’Ateneo milanese - nasce nell’ambito di “Milmun 2009”, organizzazione no-profit dedicata a fornire ai giovani un’educazione politica di alta qualità, facilitando gli scambi interculturali e allargando le prospettive internazionali di carriera. Per questo, ogni anno viene convocata una Conferenza annuale nella quale viene simulata a livello accademico l'attività di organizzazioni internazionali. La simulazione durerà una settimana, fino venerdì 8 maggio, con esperti che tengono lezioni sui temi in discussione, con approfondimenti sotto la guida di tutor, ed un comitato editoriale incaricato di redigere il quotidiano della conferenza. L’iniziativa - come ha spiegato in apertura dei lavori il vicepresidente del Consiglio regionale, Enzo Lucchini - nasce dalla convinzione e dalla consapevolezza che l'educazione sia “un'esigenza centrale del mondo di oggi”, che faciliti “la ripresa e la valorizzazione del senso delle istituzioni democratiche". "Nell'era della globalizzazione - ha aggiunto Lucchini - il bisogno di educazione che si evidenzia anche nelle società più progredite dimostra che oggi, accanto alla ripresa economica, v’è necessità assoluta di 'miglioramento' del capitale umano, di educazione, di formazione, di istruzione. Senza uomini preparati, motivati e disposti a generare sviluppo non ci potranno mai essere un nuovo ordine mondiale, una nuova economia''. Tra i relatori, Giovanni Di Stasi, inviato speciale del segretario generale del Consiglio d'Europa, Fulvio Ortu, pro-rettore dell'Università Bocconi per l'internazionalizzazione, Carlo Corazza, direttore della Rappresentanza della Commissione Europea a Milano, Francesca Robbiati, responsabile area formazione dell’Ispi, e Victor Henckel Von Donnersmarck, presidente dell'Associazione Milmun. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tentativo di golpe militare in Georgia. Il governo di Tbilisi accusa Mosca di sostenere gli ufficiali ammutinati

    ◊   Tentativo di golpe militare in Georgia. Secondo il Ministero della difesa di Tbilisi l’ammutinamento, ancora in corso, sarebbe stato coordinato da Mosca nella base di Mukhrovani a 20 chilometri dalla capitale. Intanto, sono già scattati gli arresti per diversi ufficiali coinvolti nella rivolta. Per saperne di più, il servizio di Marco Guerra:

    Siamo riusciti a sventare un colpo di Stato militare sostenuto e coordinato dalla Russia. È pesantissima l’accusa dai massimi vertici georgiani nei confronti di Mosca. Secondo Il Ministero della difesa, il complotto, partito da una rivolta militare nella base di Mukhrovani, vede il coinvolgimento di ufficiali dell’ersercito gergiano, già tratti in arresto, legati ai servizi segreti russi. La rivolta sarebbe stata domata senza spargimento di sangue, come ha dichiarato lo stesso presidente Saakashvili, ma l’ammutinamento appare ancora più preoccupante se si considera che è avvenuto alla vigilia dell'inizio delle esercitazioni della Nato, che cominceranno domani in Georgia e che hanno rialzato la tensione tra l’Alleanza Atlantica e la Russia. Dal canto suo, Mosca nega ogni coinvolgimento nel tentato colpo di Stato, minimizzando l’accaduto come “l'agonia del regime di Saakashivili". È infatti altrettanto significativo il fatto che solamente ieri l’opposizione aveva annunciato un periodo di mobilitazione per chiedere le dimissioni del presidente georgiano. Ma al di là della ridda di smentite e contro smentite, sicuramente l’episodio alimenterà il livello della tensione nel turbolento scacchiere caucasico.

     
    Turchia
    In Turchia sono scattate le manette per 8 persone coinvolte nella strage, che ha provocato 45 morti. Tutto è iniziato quando un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione durante un matrimonio in un villaggio a maggioranza curda nel sud-est del Paese. Esclusa la matrice terroristica del Pkk: più probabile l’ipotesi di un sanguinoso regolamento di conti tra famiglie.

     
    Pakistan
    Nuovo attacco suicida in Pakistan. Un kamikaze si è lanciato con la sua auto contro un veicolo che trasportava un gruppo di agenti di sicurezza nei pressi di un posto di blocco nel nord-ovest del Paese. Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno quattro morti e di numerosi feriti, tra cui tre bambini, alcuni dei quali in gravi condizioni. Sempre nel nordovest del Paese, è massima allerta nella valle dello Swat, dove il governo di Islamabad ha ordinato alla popolazione di evacuare l'intera area ed abbandonare le proprie abitazioni. L'esercito regolare dovrebbe infatti avviare un'offensiva contro i talebani, che ormai da diversi mesi hanno ripreso il controllo della zona.

    Nepal
    Dopo quasi nove mesi di governo, si è dimesso il primo ministro del Nepal, l'ex capo dei ribelli maoisti Prachanda. La decisione di aprire la crisi istituzionale nella giovane repubblica è stata presa dagli alleati di governo per protesta contro la rimozione del capo dell'esercito, cacciato dal premier per non aver arruolato gli ex ribelli. Ora la situazione si fa molto incerta nel Paese e il rischio che si possa tornare ad un confronto violento è molto alto, come ci conferma Luca Lo Presti, presidente della Ong Pangea Onlus, impegnata nel campo dei diritti umani in Nepal. La sua riflessione nell’intervista di Stefano Leszczynski:

    R. – Il processo di pace è stata una buona svolta per la popolazione, che aveva cominciato a credere nella possibilità di vivere in uno Stato democratico, anche se – bisogna dirlo – non tutta la popolazione ha visto di buon grado l’arrivo di un governo maoista. Per questo, la precarietà, all’interno di questo Paese, c’è e ci sarà comunque, anche se dovesse rientrare questa crisi; la preoccupazione forte da parte nostra, di Pangea, è che i diritti umani – già molto precari – vengano veramente calpestati, proprio perché questa crisi può portare un’ennesima guerra civile.

     
    R. – In mezzo, come di consueto, laddove i diritti umani sono abbastanza deboli, c’è il ruolo dell’esercito…

     
    D. – La situazione si era tranquillizzata un po’, specie nelle aree occupate dai maoisti, dove Fondazione Pangea lavora ormai da cinque anni, e l’esercito lì non è mai entrato; però, durante una situazione di conflitto, la prima cosa che accade è proprio indebolire la struttura dei villaggi, la struttura sociale, attuando quelle che sono tutte le forme di terrore e violazione dei diritti umani.

     
    R. – Il Nepal è una repubblica da poco tempo. La fine della monarchia era stata vissuta come un grande passo avanti, nella storia del Paese. Tutto questo potrebbe provocare un forte passo indietro?

     
    D. – Sicuramente. Più che un passo indietro, rispetto a quella che è la forma sociale-governativa, rispetto al fatto che il Nepal possa ritornare in uno stato di guerra civile. E quando si ripiomba in uno stato di guerra civile, riportare l’ordine e ritrovare gli equilibri è un processo sempre troppo lungo.

     
    Sri Lanka
    Lo Sri Lanka ha rifiutato l’appello per un cessate il fuoco lanciato dal governo canadese al fine di permettere l’accesso di aiuti umanitari nelle zone teatro del conflitto tra esercito e ribelli separatisti tamil. Secondo il governo di Colombo l’operazione militare è ormai giunta alla sua fase conclusiva e si sta stringendo il cerchio intorno al capo delle Milizie Tamil. Prabhakaran è intrappolato in una piccola fascia costiera a nord-est dell'isola, ha confermato stamani dinanzi al Parlamento il primo ministro dello Sri Lanka.

    Medio Oriente: missione diplomatica del ministro degli Esteri israeliano
    “Senza slogan né dichiarazioni solenni”, ma con passi concreti, Israele raggiungerà un accordo di pace con i palestinesi e con i Paesi arabi moderati. E' questo l'impegno assunto dal ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, da ieri a Roma per la prima tappa del suo atteso tour europeo, che lo porterà già oggi pomeriggio a Parigi e nei prossimi giorni a Berlino e Praga. La sosta italiana si è conclusa stamani con l’incontro con il premier Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi.

    Darfur
    In Darfur i ribelli del Jem, il Movimento per la giustizia e l'uguaglianza, hanno annunciato la loro disponibilità a riprendere i colloqui di pace con il governo di Khartoum in Qatar, per dare seguito alla "dichiarazione di intenti" firmata a Doha lo scorso febbraio ed arrivare a un accordo che ponga fine alla guerra civile in corso da sei anni nella regione. Lo ha riferito un portavoce del movimento, Ahmed Hussein, al quotidiano sudanese "Sudan Tribune".

    Fiat
    Dopo l’accordo della settimana scorsa tra Fiat e Chrysler, l’amministratore delegato Marchionne ha ottenuto i primi importanti segnali di apertura dal governo tedesco in vista di un possibile sodalizio con Opel. Il piano presentato da Marchionne è stato giudicato interessante dal ministro dell’Economia, zu Guttenberg. Restano ora da convincere gli ambienti dell’opposizione socialdemocratica e i sindacati, che temono tagli al personale. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 125

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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