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Sommario del 26/07/2009
La benedizione del Papa all’Angelus per tutti i nonni del mondo, nell’odierna festa di Gioacchino ed Anna, nonni di Gesù
◊ Oggi, nella Festa dei Santi Gioacchino ed Anna, genitori di Maria, il pensiero del Papa all’Angelus è corso a tutti i nonni del mondo, chiamati all’importante compito educativo dei nipoti. Benedetto XVI, che sta per lasciare la residenza estiva di Les Combes, ha condiviso con i fedeli una riflessione sul ruolo dei sacerdoti in ogni tempo, ringraziando infine tutti quanti lo hanno accolto con affetto e dedizione nel periodo feriale trascorso in Val d’Aosta. Il servizio di Roberta Gisotti.
Tanti i fedeli, circa 5 mila, giunti da diverse regioni italiane e da altri Paesi a salutare Benedetto XVI nella casa salesiana di Les Combes, prima della sua partenza prevista mercoledì prossimo, dopo due settimane di riposo, “tra le belle montagna della Valle d’Aosta”. “Giornate segnate da vera distensione, malgrado il piccolo infortunio”, ha sottolineato il Papa ringraziando con affetto coloro che sono stati accanto a lui “con discrezione e grande dedizione”: il l’arcivescovo di Torino, cardinale Poletto, il vescovo di Aosta mons. Anfossi, il parroco di Les Combes, le autorità civili e le forze dell’Ordine e quanti lo hanno seguito per radio e Tv.
Si è poi soffermato sulla pagina evangelica di Giovanni, laddove racconta di Gesù che diede da mangiare a migliaia di persone con solo cinque pani e cinque pesci, traendo spunto per una riflessione sulla missione sacerdotale:
“In questo Anno Sacerdotale, come non ricordare che specialmente noi sacerdoti possiamo rispecchiarci in questo testo giovanneo, immedesimandoci negli Apostoli, là dove dicono: Dove potremo trovare il pane per tutta questa gente? E leggendo di quell’anonimo ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci, anche a noi viene spontaneo dire: Ma che cos’è questo per una tale moltitudine? In altre parole: che sono io? Come posso, con i miei limiti, aiutare Gesù nella sua missione? E la risposta la dà il Signore: proprio mettendo nelle sue mani “sante e venerabili” il poco che essi sono, i sacerdoti diventano strumenti di salvezza per tanti, per tutti!”
Il pensiero del Santo Padre è corso poi ai Santi Gioacchino ed Anna, “i genitori della Madonna – ha ricordato – e dunque i nonni di Gesù”. Da qui l’invito a pregare per tutti i nonni “che nella famiglia sono i depositari e spesso i testimoni dei valori fondamentali della vita”.
“Il compito educativo dei nonni è sempre molto importante, e ancora di più lo diventa quando, per diverse ragioni, i genitori non sono in grado di assicurare un’adeguata presenza accanto ai figli, nell’età della crescita. Affido alla protezione di sant’Anna e san Gioacchino tutti i nonni del mondo, indirizzando ad essi una speciale benedizione”.
Non solo i nonni ma gli anziani tutti, nei saluti finali del Papa “specialmente quelli - ha voluto ricordare – che potrebbero trovarsi più soli e in difficoltà.” Poi una raccomandazione rivolto ai pellegrini nelle varie lingue, “a ritirarsi in silenzio per pregare” in questo periodo e “a non dimenticare Dio durante le vacanze”, perché siano “un periodo di grande gioia passato insieme alle famiglie e di profondo rinnovamento spirituale”, e “che in ogni famiglia regni lo spirito d’amore e di fedeltà”, che unì Gioacchino ed Anna. Commovente la presenza tra i fedeli di una ragazza di Torino in coma da 18 anni e di diversi bambini malati, che il Papa ha potuto benedire. Infine un indirizzo in dialetto valdostano.
“Cher Valdôtains, ze si fran content d’itre inquie avui vo. Preiode pe me e pe totta l’Eglieise. A cieutte ze suetto on bon izoten!” (Cari Valdostani, sono proprio contento di essere qui con voi. Pregate per me e per tutta la Chiesa. A tutti auguro una buona estate!)
Prima dell’Angelus con il Papa la comunità di Les Combes ha partecipato alla Messa presieduta dal vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, concelebrata dai vescovi di Ivrea, Asti, Mondovì e Ventimiglia-San Remo. In questa occasione, mons. Anfossi ha rimarcato come la sua diocesi abbia accolto per ben 13 volte un Papa, interrogandosi sul significato più profondo di questo privilegio, “un invito a non lasciar cadere le grazie particolari” che vengono dalla persona di Benedetto XVI e dai suoi insegnamenti, per “approfondire”, per “studiare più di quanto non facciamo di solito” – ha sottolineato il presule – e “meditare religiosamente” su ciò che dice e scrive il Papa.
Lo stato dei lavori di restauro della Biblioteca Vaticana: la riapertura nel 2010
◊ A due anni dall’inizio dei lavori di restauro, la Biblioteca Apostolica Vaticana ha incrementato, nonostante la chiusura, alcuni servizi. Tra questi è stato dato particolare impulso al catalogo online e alla riproduzione fotografica dei manoscritti. La Biblioteca sarà di nuovo accessibile al pubblico a partire dal 2010. Per un bilancio sui lavori condotti finora, ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande, il prefetto della Biblioteca, mons. Cesare Pasini:
R. – Due anni sono passati, quindi diciamo i due terzi del periodo di chiusura; posso dire che alcune cose già si sono risolte. Era stato trasferito il laboratorio fotografico e il laboratorio di restauro per poter rimettere a nuovo quegli ambienti: il laboratorio fotografico è già rientrato negli ambienti ristrutturati ed è per davvero un laboratorio bellissimo; chi c’era tre anni fa mi dice che è veramente pieno di luce. Fra due mesi circa, anche il laboratorio di restauro ritornerà in questa zona e per questo aspetto, noi stiamo già procedendo molto celermente. Un altro lavoro che mi preme sottolineare e che penso sia tanto interessante per gli studiosi che si aspettano di consultare di nuovo i nostri manoscritti – che è il nostro tesoro più bello, più importante – è il fatto che i manoscritti, pure essi usciti dalla Biblioteca e conservati temporaneamente presso l’Archivio Segreto Vaticano, finalmente stanno rientrando. Direi, passo dopo passo – sono trasferimenti molto delicati – ma il loro rientro è iniziato.
D. – Ci sono iniziative particolari in occasione della riapertura, di cui può già parlarci in maniera più generica, magari?
R. – Certo! Per esempio, una iniziativa è quella di pubblicare – quindi di presentare e divulgare – un primo volume della Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana: una vera storia della Biblioteca in più volumi non esiste; soprattutto, non esiste in una modalità che vuole essere anche di divulgazione, accessibile a tutti i curiosi interessati ad una storia come quella della Biblioteca, così ricca. E ci è sembrato molto bello ri-aprire la Biblioteca agli studiosi e, allo stesso tempo, riaprire nella conoscenza con questo inizio della sua storia. Il primo volume sarà legato al periodo iniziale della Biblioteca, quindi andiamo alla seconda metà del Quattrocento e ai primi decenni del Cinquecento, quando fu Papa Nicolò V a sguinzagliare persone alla raccolta di manoscritti o comunque a raccogliere quelli che già c’erano, facendone una biblioteca aperta: aperta all’utilizzo, al pubblico, agli studiosi.
D. – Si parla anche di un convegno per quella data?
R. – E’ un convegno strutturato su due poli. Un primo polo è la Biblioteca come luogo di ricerca: riaprendola, abbiamo chiesto aiuto ai vari studiosi che in qualche modo la frequentavano e la frequenteranno, di dirci che cosa si è fatto negli ultimi 50, 60 anni nelle varie tematiche. Una seconda parte del convegno sarà invece dedicata a presentarci: non ad “auto-lodarci”, però a dire: cos’è questa Biblioteca al servizio degli studi? Di che cosa vive? Che cosa fa? E allora, il personale interno farà passare le varie strutture e i vari servizi: il dipartimento dei manoscritti e degli stampati, il gabinetto numismatico, le esposizioni, la scuola di economia, i laboratori – quello di restauro, il laboratorio fotografico - le edizioni, l’editoria, le pubblicazioni che facciamo … Ecco, un po’ tutto questo.
D. – Dire una parola – “biblioteca” – è come dire nulla di fronte a questa molteplicità di settori che ci sono all’interno …
R. – Sì. Quando si accosta più da vicino una biblioteca e una biblioteca così particolare, come lo è la Biblioteca Vaticana, ci si accorge di quante ramificazioni vi sono nel suo operare, nel suo agire e nei suoi contatti, anche! (Montaggio a cura di Maria Brigini)
In stallo la crisi istituzionale dell'Honduras, diviso tra due presidenti: l'impegno Usa per un'intesa
◊ È altissima la tensione in Honduras. Ieri il presidente deposto, Manuel Zelaya, è tornato davanti alla frontiera Nicaraguense, dopo che il giorno prima aveva superato i varchi e sostato per alcune ore nel suo Paese. Il gesto, sebbene l’ex capo di Stato abbia avuto parole concilianti, rischia di far precipitare ulteriormente la situazione, visto che il presidente de facto Micheletti aveva minacciato di far arrestare Zelaya se fosse rientrato. Nel frattempo, dall’altra parte del confine, in territorio honduregno, si sono tenute nuove manifestazioni pro Zelaya durante le quali uno dimostranti è stato ucciso dalla polizia. Preoccupazione per la situazione è stata espressa dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che auspica il raggiungimento di un’intesa. C’è a questo punto ancora spazio per il dialogo tra le due parti? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al nostro collega Luis Badilla, esperto di America Latina:
R. – Ritengo che spazio per il dialogo ci sia sempre, però si dovrebbero evitare gesti clamorosi da parte del governo ad interim e soprattutto da parte del presidente Zelaya. Come ha detto la signora Clinton, il tentativo dell’ex presidente di sostare un paio di ore in territorio honduregno, è stato davvero una cosa pericolosa. Forse lui cerca di diventare una sorta di simbolo, ma se fosse così potrebbe bloccare qualsiasi ulteriore possibilità di dialogo. Tra l’altro, anche un ex presidente dell’Honduras, Maduro, sta tentando una terza via per arrivare a quella che sembra essere la soluzione: le elezioni presidenziali già prefissate per il 29 novembre, che potrebbero consentire allo stesso Zelaya di ripresentarsi.
D. – Parliamo di quello che può fare, a questo punto, la comunità internazionale. Basterà la minaccia di sanzioni economiche?
R. – Da parte della comunità internazionale c’è un ammorbidimento delle posizioni nei confronti del governo ad interim, anche perché, con il passare dei giorni, si iniziano a capire meglio le ragioni di quello che è successo. Ad ogni modo, questa comunità internazionale – soprattutto usando lo strumento del sostegno economico, non dell’embargo ma dell’aiuto fattivo – potrebbe avere un ruolo determinante in una soluzione negoziata che consenta il rispetto dei diritti delle due parti. Tutto questo, però, nella cornice della Costituzione, perché il centro del problema honduregno è il rispetto della Carta costituzionale, anche nel caso – come voleva il presidente Zelaya – di un’eventuale modifica.
D. – Proprio sul rispetto della Costituzione sono intervenuti, nei giorni scorsi, i vescovi honduregni. A questo punto, la Chiesa locale può avere un importante ruolo di mediazione?
R. – Sì, questo ruolo lo può avere e direi che lo sta avendo, perché si comincia a capire che il ragionamento fatto dai vescovi è quello giusto. Non si risolve un’illegalità con un’altra illegalità. La via maestra, a questo punto, è il ritorno al dettato costituzionale, da rispettare sia da parte del governo ad interim sia da parte del governo che è stato rovesciato. I vescovi, i parroci, parlano di questo alla gente: dicono che occorre trovare nel dialogo e nelle regole, rifiutando la violenza, le vie per risolvere il conflitto. Il Paese ha un bisogno urgente di questa risoluzione perché l’Honduras è poverissimo, allo stremo dal punto di vista economico. Più del 50% della popolazione è al di sotto del livello di povertà. Non è quindi solo una questione politica, ma è anche una questione che riguarda la sopravvivenza dei cittadini di questa nazione.
Nell'anno sacerdotale, la storia di don Carlo vicino a chi si sente lontano
◊ Amare per primi. Vedere Gesù nell’altro. Valorizzare ciò che unisce rispetto a ciò che divide. E’ su questi binari che don Carlo Malavasi, parroco della chiesa del Corpus Domini di Carpi, in provincia di Modena, ha scelto di condurre il suo ministero, da quando, giovane sacerdote, fece la scoperta di Dio che è Amore. Da allora il sacerdozio è per lui uno strumento prezioso per servire Dio, soprattutto nei luoghi in cui viene negato. Al microfono di Claudia Di Lorenzi, don Carlo racconta gli inizi di questa avventura:
R. - Sono il quarto di cinque fratelli. Una famiglia povera della bassa modenese. In famiglia si decide allora di far studiare almeno uno dei fratelli e la scelta cade su di me. Entro però in seminario senza una meta precisa e nel corso degli anni si concretizza sempre più. Mi attira in quegli anni la preghiera alla Madonna, recito volentieri il rosario con due certezze. La prima: se incontro un Santo lo voglio seguire. La seconda: la Madonna mi farà una grande grazia. Quasi alla vigilia del sacerdozio mi parlano di Dio amore. Ecco il regalo della Madonna, scelgo Dio amore come ideale della mia vita. Dio al primo posto e il sacerdozio come strada concreta per amare Dio nella sua volontà. Il Santo che ho incontrato è Gesù, il fascino di questo incontro con Dio non è mai venuto meno.
D. - Oggi opera in un contesto culturale segnato da un profondo ateismo. Cosa significa portare il Vangelo in questi luoghi?
R. - Per anni ho respirato il distacco, in tanti c’era ostilità nei confronti dei sacerdoti e della Chiesa. Oggi la gente però è più benevola, ma la fede è vissuta in un modo individuale. Occorre dialogo, fiducia, per incontrare anche solo un dubbio, un interrogativo sulle domande fondamentali della vita: da dove partire? La prima scelta è quella di abolire le parole “lontano” e “indifferente”. Queste espressioni, pure involontariamente, innalzano un muro. Come si può definire “lontana” una persona per la quale Gesù è morto! Lontana da chi? Da Dio? Non è possibile, perché è Dio che si è fatto vicino. Oppure definirla una persona indifferente. Mi chiedo: indifferente al bello, al bene, che sono i volti di Dio? Non si tratta tanto di eliminare delle parole, ma di superare una mentalità che vi sta sotto. Poi, subito dopo, guardare le persone già vicine a Dio. Se io guardo una persona con gli occhi di Dio, prima o poi questa persona stessa inizierà a guardarsi in un modo nuovo. Questo è l’inizio dell’unione con Dio. Questo modo di guardare le persone ha lanciato tanti ponti, ha creato sintonie profonde. Tante persone mi dicono di non avere pratica religiosa. Io chiedo allora se si impegnano ad aiutare gli altri. Per esempio, l’amore in famiglia, l’onestà nel lavoro, il volontariato. Io sottolineo: guarda che tu stai vivendo il Vangelo in famiglia, sul lavoro, nel volontariato. Per queste persone è una grande novità. Si pensavano fuori dal Vangelo e invece si ritrovano dentro.
D. - Ci racconta qualche esperienza concreta?
R. - In parrocchia esiste un circolo ricreativo per anziani. Queste persone per ragioni storiche hanno vissuto sempre un rapporto di ostilità verso la Chiesa. Tutte le loro case erano chiuse alla visita del sacerdote, i funerali tutti civili. Ho pensato di fare qualche visita. Ero visto con diffidenza. Poi alla loro festa di Natale ho portato ogni anno un dono ed è iniziato a cambiare il clima. Quando ho saputo che avrebbero costruito la nuova sede ho proposto al mio consiglio pastorale di dare un contributo economico. Ho spiegato che tocca a noi che conosciamo il Vangelo amare per primi secondo la sensibilità degli altri. Alla fine hanno acconsentito di dare una piccola somma che io ho accompagnato con una lettera di ringraziamento per il bene che fanno ai loro coetanei. Questo gesto ha parlato più di una predica. Tutti i consiglieri avevano le lacrime agli occhi e da quel giorno le loro case si sono aperte tutte alla visita del sacerdote.
D. - Le è mai capitato di incontrare famiglie composte da persone atee e insieme da persone di fede?
R. – La prima famiglia che vive questa situazione è la mia. Come vivo dentro questa mia famiglia naturale? Cercando di valorizzare l’amore che c’è fra tutti. E’ l’amore che cerca il bene dell’altro. Tutti sentono che l’amore è il valore supremo. Poi non tocca a noi convertire, a noi tocca con sapienza far vedere il Vangelo che c’è, la presenza di Dio che c’è già.
D. - Guardando al percorso fatto, è contento di aver scelto la strada del sacerdozio?
R. – Sono contento, anzi contentissimo. Io non ho lasciato una famiglia mia, ho scelto una famiglia più grande, dove sperimento tutte le sfumature dell’amore. Inoltre sperimento una paternità così profonda che non avrei mai pensato.
Il culto dei Santi genitori di Maria, dono di Dio. Ce ne parla padre Ermanno Toniolo
◊ Oggi la Chiesa ricorda i Santi Gioacchino ed Anna, genitori della Madonna, nonni di Gesù. Quanto è importante il culto di questi due Santi? Marina Tomarro lo ha chiesto a padre Ermanno Toniolo dei Servi di Maria, docente alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum:
R. – E’ importantissimo, centrale per la nostra fede perché è la radice ultima da cui è nata la Vergine Maria che ha generato Dio, il Cristo nostro Signore, Verbo fatto carne. Il secondo secolo raccoglie le più antiche tradizioni gerosolimitane. Di conseguenza abbiamo la grazia di possedere uno degli apocrifi più celebri del mondo: il protovangelo di Giacomo o “Natività di Maria”. Il testo si apre con la figura di questi due genitori: Gioacchino, uomo pio e ricco, purtroppo senza figli e quindi disonorato nella società giudaica del tempo; Anna, doppiamente addolorata perché sterile e perché ormai in età avanzata. Anna si lamenta per la sua sterilità, per essere infruttuosa, per essere quasi dimenticata da Dio. E invece ecco un angelo mentre Gioacchino con tutte le opere sante che ha compiuto e Anna con tutti i suoi lamenti e le sue lacrime, cercano dal Signore di avere l’esaudimento delle preghiere: almeno una creatura che venga a consolarli! Allora il lieto annuncio viene dato attraverso un angelo. A Gioacchino sul monte, mentre pascolava il suo gregge, nel giardino ad Anna. Ed ecco allora l’abbraccio favoloso quando ritorna Gioacchino da Anna. E’ veramente l’anticipo dell’Immacolata Concezione, perché quel concepimento che il loro abbraccio porterà per grazia di Dio diventerà il dono di Dio a tutta l’umanità.
D. – Nel corso dei secoli, come si è sviluppata la venerazione verso i due Santi?
R. – La memoria di Gioacchino ed Anna è antichissima e viene culturalmente celebrata con l’edificazione della basilica di Sant’Anna nel VI secolo, basilica da cui poi nasce il tema del concepimento che era il 9 dicembre ed è diventato per noi l’Immacolata Concezione, l’8 dicembre. In ambiente bizantino, sempre è rimasta insieme la memoria di questa coppia mentre in Occidente si è frazionata. Noi abbiamo dal secolo decimo soltanto la memoria di Sant’Anna: Gioacchino è caduto nel dimenticatoio. E invece non è giusto: sono i due Santi Genitori. Li chiamano “i giusti”, i bizantini. Sono “i giusti” che hanno ottenuto da Dio la grazia per la loro giustizia, per le loro preghiere, per la loro santità, di diventare i procreatori della Creatura più bella, lo Splendore del mondo, che è Maria.
D. – Ma quanto sono attuali, oggi, gli insegnamenti dei due Santi Sposi?
R. – I Santi Gioacchino ed Anna, che sono nella gloria del Signore, ci testimoniano innanzitutto una fedeltà assoluta a Dio nella famiglia, una indissolubilità nell’amore fino alla tarda età, una continuata richiesta al Signore per avere il frutto del grembo. I figli sono prima di tutto dono di Dio e, restituiti in una educazione sana e cristiana a Dio prima e alla società, sono i pilastri di una società nuova costruita sull’amore e sulla giustizia. Possono perciò essere i portatori di un mondo nuovo.
Nuovo quindicinale della diocesi de L'Aquila
◊ Raccontare la vita delle persone proponendosi come punto di contatto per le comunità frammentate dal terremoto. E' la sfida di “Vola” il nuovo quindicinale della diocesi de L'Aquila distribuito in questi giorni nelle tendopoli, negli alberghi sulla costa e nelle parrocchie. "Un giornale che senza troppa ambizione – ribadisce don Claudio Tracanna, direttore dell'ufficio diocesano comunicazioni sociali - vuole mettere in luce il legame profondo tra la fede e la vita quotidiana delle persone che hanno vissuto la dura realtà del sisma del 6 aprile scorso”. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato:
R. – Questa vuole essere la voce ufficiale della nostra diocesi, dopo il terremoto del 3 aprile. Siamo stati sconvolti anche nei modi in cui comunicavamo. E’ una sfida per riuscire il più possibile a coinvolgere tutte le comunità parrocchiali, che sono disperse nelle varie tendopoli ancora aperte intorno a L’Aquila.
D. – Quali sono i contenuti del quindicinale?
R. – Essendo un foglio di collegamento tra le parrocchie di tutta la diocesi vuole essere innanzitutto un quindicinale che riporta tutte le notizie che vengono dalle varie comunità parrocchiali o dalle varie tendopoli. E vuole anche riportare riflessioni dopo la tragedia che abbiamo vissuto. Il primo numero è il numero zero e, infatti, riporta molte testimonianze di quella morte terribile che ha distrutto la nostra città.
D. – Riporta anche una riflessione dell’arcivescovo mons. Molinari...
R. – Che saluta questa iniziativa e che si conclude proprio con un invito a tutti gli aquilani ad avere coraggio, a non abbattersi, a non perdere la fiducia nella speranza, perché come gli aquilani sono tornati a vivere in una città ancora più bella dopo il terremoto del 1703, così anche noi possiamo fare una città più bella, più umana, dove possa essere sempre più visibile quella civiltà dell’amore che noi cristiani andiamo diffondendo.
D. – La redazione di “Vola” si riunisce in una tenda...
R. – La redazione di “Vola” è fatta innanzitutto di ragazzi, ed anche questo è un bel segno di speranza per la nostra Chiesa e in generale per la nostra città, e si riunisce in una tendopoli, nella tendopoli di San Menna del comune di Lucoli, vicino a Campo Felice. Sono luoghi a noi molto cari, perché erano frequentati dal Santo Padre Giovanni Paolo II, quando era in buona salute. Visitava sempre quelle zone. Ci siamo riuniti lì anche con questo ricordo nel cuore.
D. – Qual è l’augurio che si può fare a questa testata?
R. – Che veramente sia a servizio della Chiesa de L’Aquila e della città de L’Aquila, che sia uno strumento di comunione e di comunicazione. Nei suoi intenti ha anche quello di voler parlare a tutti, a tutta la città, anche magari a quella città che non si riconosce nella Chiesa, ma con cui vogliamo mantenere un dialogo aperto.
Nuovi studi sulla Sindone dopo la scoperta della scritta che rimanda all'aramaico dei tempi di Gesù
◊ Nel complesso panorama degli studi scientifici condotti sulla Sindone di Torino, una delle scoperte più recenti riguarda una scritta che rimanda all’aramaico dei tempi di Cristo e che dunque, se ciò venisse confermato, potrebbe contribuire alla controversa questione della datazione del telo sindonico. La scoperta - ad opera dello scienziato francese, Thierry Castex - ha suscitato scalpore e dibattiti ed è stata ripresa da Barbara Frale, specialista dei Templari dell’Archivio Segreto Vaticano, che ne accenna nel suo libro, edito da Il Mulino, intitolato “I Templari e la Sindone di Cristo”. La Frale - che approfondirà la questione in un ulteriore volume sulla Sindone che uscirà in autunno - spiega al microfono di Alessandro De Carolis in cosa consista l’importanza di questa scoperta:
R. - La scoperta sulla Sindone di una scritta in caratteri ebraici - ma si tratta probabilmente della lingua aramaica - ha fatto grande scalpore. Vorrei però precisare che non è la prima volta che qualcuno scopre la presenza di scritte in aramaico sul tessuto della Sindone. Il primo a vederle è stato un professore di latino dell’Università Cattolica di Milano nel 1978. Poi, nel 1989, altri caratteri ebraici furono trovati stavolta da un ebraista di mestiere, Messina: a suo dire, questi caratteri formavano la scritta frammentaria “Il re dei Giudei” e dunque stiamo parlando proprio dell’accusa con cui Gesù fu denunciato a Pilato. La scritta trovata di recente da Thierry Castex dice letteralmente “trovato” e c’è una parola vicina, che è ancora da chiarire, ma che può significare nell’insieme “perché trovato” oppure “noi abbiamo trovato”. La cosa interessante è che questa frase, in realtà, può essere accostata ad un passo del Vangelo di Luca, durante il quale lo stesso Luca riferisce il motivo con cui Gesù fu accusato e portato davanti al governatore romano. La frase di Luca è: “Abbiamo trovato quest’uomo che sobillava il popolo, si diceva il Cristo Re, e impediva di pagare il tributo a Cesare”.
D. - In che modo questa scritta è finita sul telo sindonico?
R. - Ci sono tante cose da chiarire, ma non c’è dubbio che, trattandosi di un uomo processato e condannato a morte, qualche documento doveva essere per forza prodotto ed applicato a questa salma. Si tenga presente che il morto, una volta completamente avvolto nel sudario - come voleva la tradizione ebraica dell’epoca - non poteva più essere riconosciuto. Se qualcuno avesse avuto bisogno, per qualsiasi motivo, di riconoscere il defunto, avrebbe dovuto necessariamente metter fuori delle scritte.
D. - La scoperta di Castex apre un nuovo fronte sulla controversa questione della datazione della Sindone. Attualmente, c’è un aspetto sul quale più di altri si trovano d’accordo gli esperti?
R. - Il problema della datazione al radiocarbonio è molto complesso e probabilmente si è creata una grandissima confusione per l’enorme pubblicità che a suo tempo fu data a questo fatto. C’era un dibattito ed una discussione a livello internazionale dove ognuno voleva dire la sua, inoltre uscirono libri scandalistici ancor prima che il risultato venisse presentato scientificamente e discusso. Per quanto mi riguarda, credo che i laboratori impegnati nell’analisi abbiano applicato il metodo con i sistemi del tempo, forse meno aggiornati di quelli odierni, ma comunque in maniera corretta. Ma il problema è cosa sia stato fornito a questi tre laboratori, i quali non avevano la possibilità di dire: no, questi campioni non vanno bene, tagliate un altro pezzo di Sindone e dateci dei materiali più adatti.
D. - I documenti antichi mostrano un “buco” temporale di circa 150 anni tra la scomparsa del telo sindonico nel sacco di Costantinopoli del 1204 - durante la quarta Crociata - e la sua ricomparsa, in Francia, intorno al 1350. Nel suo libro lei sostiene una tesi precisa su chi sia entrato in possesso della Sindone in quel periodo…
R. - In realtà, io sono una studiosa dei Templari e sono arrivata ad interessarmi della Sindone semplicemente perché, ad un certo punto, ho trovato tantissime tracce del fatto che i Templari custodirono questo oggetto per un certo periodo all’incirca dal 1260 al 1312 – ed esso lasciò su di loro un’impressione tale da modificare quella che era la loro liturgia caratteristica. Lo consideravano una specie di vessillo contro la diffusione delle eresie e per questo motivo mi sono interessata anche alle scritte della Sindone. All’inizio, ho detto che bisognava verificare se fossero stati i Templari a mettere queste scritte sulla Sindone. Quando poi sono andata ad analizzare queste scritture, ho visto che non c’entravano nulla con i Templari, perché sono state scritte almeno mille anni prima che l’Ordine del Tempio venisse fondato.
Annunciati i membri della Commissione teologica internazionale
◊ Sono stati annunciati ieri i nomi dei membri per i prossimi cinque anni della Commissione teologica internazionale, presieduta dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale William Joseph Levada. Otto le nuove nomine e ventidue le riconferme. Gli europei in Commissione sono ora diciassette, quattro i latinoamericani, quattro gli asiatici, due gli africani, due gli statunitensi e un australiano. Nella quasi totalità dei casi i membri della Commissione sono ecclesiastici (26) ma ci sono anche due laici provenienti dalla Germania, una laica svizzera ed una religiosa statunitense. Fra i nuovi membri ci sono due italiani, entrambi insegnanti della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale: don Marco Doldi, professore di Teologia morale a Genova, e don Pierangelo Sequeri, docente di Teologia fondamentale a Milano. Escono invece dalla commissione Bruno Forte e Ignazio Sanna, nominati arcivescovi nel corso del loro mandato. (V.F.)
Negli Usa a settembre il Congresso eucaristico nazionale delle Superiore Maggiori
◊ Il Consiglio delle Superiore Maggiori degli Stati Uniti (Cmswr) terrà dall’11 al 12 settembre il suo secondo Congresso eucaristico nazionale. L’appuntamento, che sarà aperto al pubblico, si terrà presso il Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington ed avrà come tema “Il sacrificio dell’amore permanente”. I partecipanti discuteranno in particolare dell’Eucaristia nel contesto delle tre vocazioni cristiane fondamentali: il sacerdozio, la vita consacrata e il matrimonio e di come sacerdoti, religiosi e laici possano meglio apprezzare il valore del sacramento centrale della vita cristiana. “Quello che ci proponiamo - spiega all’agenzia Cns la portavoce suor Doretta D’Albero - è di incoraggiare l’amore per l’Eucaristia”. “Con la demistificazione di tutto nella società - evidenzia la religiosa delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù - anche l’Eucaristia è oggi demistificata”. Ad inaugurare il Congresso sarà l’arcivescovo di Washington mons. Donald W. Wuerl, mentre la Messa di apertura sarà presieduta dal cardinale Justin Rigali, arcivescovo di Philadelphia. Tra i relatori il cardinale Sean O’Malley arcivescovo di Boston, Edwin F. O’Brien arcivescovo di Baltimora, mons. Pietro Sambi Nunzio apostolico negli Stati Uniti e Carl Anderson, Cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo. Nel programma figurano anche catechesi, seminari, momenti di adorazione, una processione eucaristica, musica e un’esibizione di fuochi d’artificio dedicata a Nostra Signora Regina della Pace. Il primo Congresso del Consiglio delle Superiore maggiori degli Stati Uniti si è tenuto cinque anni fa sempre a Washington con al centro il tema “Il Paradiso si unisce alla terra”. All’evento parteciparono allora circa 4mila persone. Ulteriori informazioni e aggiornamenti sul Congresso si trovano sul sito del Consiglio delle Superiore Maggiori statunitensi www.cmswr.org. (L.Z.)
Quest'anno la meta del pellegrinaggio "Bambini di pace" dell'Unitalsi è la Terra Santa
◊ Dopo Loreto, Assisi e Lourdes, quest’anno il pellegrinaggio “Bambini di pace”, il tradizionale appuntamento promosso dall’Unitalsi giunto alla sua sesta edizione, si svolgerà in Terra Santa dal 4 al 9 settembre. “Si tratta – si legge in una nota dell’associazione benefica riportata dall’agenzia Sir – di un momento molto atteso da bambini e famiglie per vivere insieme una esperienza di vita, di fede e di gioco”. Le tappe del viaggio ripercorrono i luoghi principali che hanno segnato la vita di Gesù: Nazareth, la Chiesa delle Apparizioni, il Lago di Tiberiade, la città di Betlemme e la Basilica della Natività, Gerusalemme e il Santo Sepolcro. Il pellegrinaggio porterà per la prima volta in Terra Santa circa 1.000 persone, fra le quali 300 bambini tra i 5 e 14 anni, genitori e volontari. A guidare il pellegrinaggio sarà il vicegerente di Roma, mons. Luigi Moretti e il presidente nazionale Unitalsi, Antonio Diella. (V.F.)
Un concerto a Nakura celebra i 30 anni della missione italiana Unifil in Libano
◊ In occasione dei 30 anni di presenza italiana in Libano, in missione di pace dell’Onu, si tiene stasera a Nakura, nel sud del Libano sede del comando Unifil, un concerto. L’evento sarà caratterizzato dalla partecipazione della fanfara dei Bersaglieri, della cantante libanese Rima Tawil e del coro della Notre Dame University di Beirut. I brani, tratti da un repertorio di musica classica, leggera e folk, saranno ispirati alla pace, alla solidarietà e fratellanza. Il concerto celebra il lavoro degli elicotteristi italiani che dal luglio del '79, volando nei cieli della Terra Santa hanno rappresentato il primo impegno delle Forze armate italiane nelle operazioni di pace al di fuori dei confini nazionali. Don Mauro Medaglini, cappellano militare della missione italiana di Unifil ha ricordato stamani nella Messa celebrata nel campo, quattro baschi azzurri che negli anni hanno perso la vita in missione di pace. "La loro vita - ha detto – è stata uno spezzare il pane come Gesù stesso ha fatto. Gesto che fa ricordare la loro memoria per l’eternità". Dalla fine della guerra israelo-libanese del luglio 2006, l’aviazione leggera dell’Esercito italiano opera in Libano a supporto delle attività dell’Onu con con funzioni di controllo del territorio, trasporto del personale, assistenza medica e antincendio a favore della popolazione locale. Grande quanto l’Abruzzo, il Libano con i suoi 4 milioni di abitanti conta ben 18 confessioni religiose, razze e lingue diverse con ripercussioni dirette sugli equilibri politici del Paese. Nell’area dell’Unifil, che racchiude la provincia di Tiro, con 58 comuni a maggioranza musulmana sono allestiti 3 campi profughi palestinesi, il più grande con 25 mila rifugiati. Il cessate-il-fuoco tra Libano e Israele, mai firmato dalle parti, sembra reggere. L’Onu per stabilizzare la pace punta a favorire la cooperazione civile e militare per migliorare le condizioni di vita della popolazione. In questi mesi il contingente italiano, nel quadro di una campagna di raccolta di aiuti umanitari presso parrocchie, oratori e scuole italiane, è riuscito a distribuire giocattoli per un centinaio di bambini in una scuola media municipale. L’Italia ha inoltre realizzato un frantoio ad Alma Shaab, l’unico comune con un sindaco cristiano in questa parte del Libano. Attrezzature sanitarie e medicinali sono state consegnate alla Caritas di Tiro, ma l’azione umanitaria non si ferma alle istituzioni con il dono di una carrozzina elettrica ad una ragazza libanese disabile, un campo sportivo ed un’aula informatica, oltre alla distribuzione di viveri nelle parrocchie e alle famiglie più povere della comunità cristiana e musulmana in collaborazione con l’arcivescovo maronita di Tiro. Infine sono in programma interventi per far ripartire l’economia locale, altro elemento indispensabile per stabilizzare la pace, nel campo dell’educazione civica nelle scuole e nel rilancio dell’agricoltura e della pesca, fonte di sostentamento per molte famiglie del posto. (Da Nakura, sud del Libano, Luca Collodi)
Incontro a Quito, in Ecuador, dal 7 all'11 settembre dei rettori dei santuari
◊ Il Papa ha definito la “ricca e profonda religiosità popolare” “il prezioso tesoro della Chiesa cattolica in America Latina”. Cosi anche il documento finale di Aparecida (in Brasile), pubblicato al termine della V Conferenza dell’Episcopato latinoamericano (Celam) nel 2007, sottolineava che “questa maniera di esprimere la fede è presente in modo diverso in tutti i settori sociali, in una moltitudine che merita il nostro rispetto e affetto, poiché la sua pietà riflette una sete di Dio che solamente i poveri e i semplici possono conoscere”. Proprio per approfondire lo studio sul ruolo della pietà popolare nella cultura latinoamericana espresso nel documento di Aparecida, il Dipartimento di missione e spiritualità ha programmato, dal 7 all’11 settembre, un incontro nella città di Quito, Ecuador. Mons. Marco Antonio Órdenes, vescovo di Iquique, in Cile, e responsabile della sezione Pietà popolare e Santuari del Celam, ha invitato tutti i rettori di santuari della regione dei Paesi bolivariani a partecipare all’incontro, intitolato “Pietà popolare nel documento di Aparecida; missione continentale nei santuari ed a partire dai santuari”. L’obiettivo dell’iniziativa è condividere, analizzare e riflettere nella prospettiva biblica, catechetica, liturgica e missionaria della Chiesa. (V.F.)
Si chiude oggi in Messico il 10.mo Congresso Nazionale Giovanile Missionario
◊ Si chiude oggi nella diocesi di Tepic, in Messico, il 10.mo Congresso nazionale giovanile missionario, Conajum, cui hanno partecipato più di 10mila ragazzi. Edizione dedicata al tema “Giovani con Cristo, missionari per il mondo”. “Benvenuti a coloro che dall’America del Sud, dall’America Centrale, dagli Stati Uniti ed in particolare dal nostro Messico sono presenti a questo Congresso manifestando una gioventù coraggiosa, audace e generosa, desiderosa di avvicinare Gesù ai nostri Paesi, ed in particolare alla gioventù”, ha detto nel suo messaggio inaugurale mons. Ricardo Watty Urquidi, vescovo di Tepic, all’apertura del Congresso, giovedì scorso. Il presule ha ricordato ai giovani che “ad Aparecida, in Brasile, i vescovi e il Santo Padre hanno detto: abbiamo bisogno di una nuova Pentecoste, perché i nostri popoli chiedano Cristo nei loro cuori, Cristo nelle loro famiglie, Cristo in ogni persona; i nostri popoli devono fortificare la loro fede davanti a questa nuova epoca che viviamo e che continua a modificare abitudini, tradizioni e valori; abbiamo bisogno di una nuova Pentecoste”. Per questo, il Congresso rappresenta una nuova Pentecoste: “una Pentecoste come quella in cui nacque la Chiesa; possa qui nascere una gioventù impegnata con Gesù Cristo, piena dello Spirito Santo, discepoli e discepole, missionari di Gesù”. Il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie del Messico, padre Guglielmo Alberto Morale Martínez, nel suo discorso di apertura ha chiesto ai giovani: “Chi è Cristo per noi? Cristo è il Salvatore, è il Messia, è il Vangelo del Padre; Egli ci convoca oggi qui, e con Lui vogliamo essere missionari, vogliamo essere discepoli”. Mons. Christophe Pierre, Nunzio Apostolico in Messico, ha ricordato ai presenti durante l’omelia della Messa di apertura, che la “nostra identità cattolica è identità missionaria. Solo se si è missionario, si è cattolico, perché la Chiesa è per sua natura missionaria, ed i suoi membri, ogni discepolo, è cattolico nella misura in cui riesce a fare in modo che il suo cuore palpiti con dimensione universale”. E ha esortato tutti ad impegnarsi a “essere discepoli missionari che, nutrendosi assiduamente dell’Eucaristia, prendano da essa la forza per lasciare le false sicurezze, comodità ed ambizioni”. (V.F.)
Leggenda del cricket in Australia, Steve Waugh, segue in India le orme di madre Teresa
◊ Ispirata da madre Teresa di Calcutta, la Steve Waugh Foundation è arrivata dall’Australia fino in India. All’inizio il suo fondatore, Steve Waugh, 44 anni, viveva per il cricket. Per gli appassionati australiani era una leggenda vivente, lo chiamavano “Iceman”, l’uomo di ghiaccio, perché non c’era nulla che gli potesse far perdere calma e lucidità sul campo. Dopo essere stato il capitano della nazionale più famoso della storia, nel 2004 si aggiudicò il titolo di “Australiano dell’anno” e lasciò lo sport per dare vita a una fondazione caritativa che porta il suo nome ed è tutta dedicata ai bambini malati o sofferenti. A cambiargli la vita, racconta l’Osservatore Romano, fu l’incontro con madre Teresa, beatificata nel 2003, che lo ha spinto a servire “i più poveri dei poveri”. Oggi l’attività della fondazione benefica è giunta a Calcutta, dove ha iniziato a collaborare con Udayan, una casa di accoglienza per i bambini afflitti dal morbo di Hansen, meglio conosciuto come lebbra. (V.F.)
A San Paolo, esperti di media discutono il rilancio dell'informazione religiosa
◊ Nell’aeropago moderno l’informazione religiosa non può permettersi di non essere al passo con i tempi. Per escogitare delle strategie che diano una marcia in più alla comunicazione sui temi della fede e della Chiesa, ma anche per migliorare le relazioni fra la Chiesa e i media, il Dipartimento di Comunicazione dell’Istituto Internazionale di Scienze Sociali (IISC) di San Paolo, in Brasile ha organizzato due Seminari ad hoc. Il primo, “Informazione religiosa di qualità: come rispondere alla domanda dei consumatori”, si terrà nei giorni 8 e 9 settembre ed è rivolto ai giornalisti specializzati in informazione religiosa. “Gestione della comunicazione nella Chiesa: metodi, valori e professionalità”, che si svlgerà invece fra il 10 e l’11 settembre, è pensato per i professionisti della comunicazione che lavorano in arcidiocesi e diocesi dell’America Latina. Gli organizzatori puntano a creare uno spazio di dibattito tra professionisti, vescovi e giornalisti. Entrambi i Seminari contano sul sostegno della Commissione pastorale per la Cultura, l’Educazione e la Comunicazione sociale della Conferenza episcopale del Brasile e dell’arcidiocesi di San Paolo. Fra i partecipanti ci saranno John Allen, vaticanista e commentatore dell’emittente americana Cnn, Ari Goldman, professore della Columbia University, Juan Manuel Mora, il vicerettore dell’Università di Navarra, in Spagna; Diego Contreras, decano della Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce, Juan Vicente Boo, Direttore di Rome Réports e Luiz Paulo Horta, giornalista del brasiliano O Globo. Saranno presenti anche l’arcivescovo di San Paolo, il cardinale Odilo Pedro Scherer, e mons. Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida, Brasile, e presidente della Conferenza episcopale latinoamericana (Celam). (V.F.)
L'America commossa dalla storia della bimba liberiana, stuprata e ripudiata dalla famiglia
◊ Una bambina liberiana di otto anni, che vive a Phoenix, in Arizona, è stata stuprata da quattro minorenni, dai 9 ai 14 anni. La sua famiglia ha deciso di ripudiarla perché “disonorata”. La sua storia è rimbalzata sui media americani e ha colpito l’opinione pubblica al punto che da tutti gli Stati Uniti sono arrivate offerte di adozione per la bambina. “Da noi non si tollerano più crimini così orrendi” ha detto in un’intervista esclusiva alla Cnn il presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, che ha lanciato un appello e chiesto alla famiglia di riaccogliere la figlia senza “imprimerle un marchio che la danneggerà per tutta la vita”. (V.F.)
In preparazione l'Instrumentum laboris per l'Assemblea dei vescovi asiatici
◊ In Asia vescovi e teologi stanno lavorando alla bozza del testo dell’Instrumentum laboris per la 9a Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc), che si terrà a Manila, nelle Filippine, dal 10 al 16 agosto. Il tema dell’Assemblea, alla quale parteciperanno presuli e delegazioni da tutto il continente, sarà “Vivere l’Eucarestia in Asia”. L’Instrumentum laboris definitivo sarà alla base delle sessioni di lavoro dell’appuntamento che riunisce la Chiesa asiatica ogni quattro anni. Il documento recepisce le indicazioni espresse da Benedetto XVI a proposito dell’Eucarestia (in particolare quelle emerse dal Sinodo dei Vescovi) e nelle Encicliche come “Deus Caritas Est” e “Caritas in veritate”. “Vivere nella comunità”, “Vivere nella fede”, “Vivere nella speranza”, “Vivere nell’amore”, “Vivere nella missione” sono i capitoli del documento, annunciato dall’agenzia Fides. In preparazione dell’Assemblea, la Fabc ha organizzato anche Seminari specifici e selezionato testi di riflessione teologica e pastorale. (V.F.)
Chiede preghiere la moglie del pilota Felipe Massa, vittima di un grave incidente
◊ Felipe Massa, il pilota della scuderia Ferrari, non ha subito danni cerebrali. Questo l’esito della tac cui il brasiliano è stato sottoposto all’Ospedale Aek di Budapest in seguito all’incidente avvenuto in pista ieri durante le qualificazioni al Gran Premio di Formula1 d’Ungheria. Una molla persa dall’auto di Rubens Barrichello ad oltre 200 chilometri all’ora aveva colpito il casco di Massa, causandogli una frattura sopra l’occhio sinistro e la perdita di controllo del mezzo, finito contro la barriera protettiva. Operato per ridurre la lesione alla testa, Massa era stato trasferito in terapia intensiva e tenuto sotto osservazione in coma farmacologico. Il portavoce della scuderia ha dichiarato che i primi segnali emersi sulle condizioni di salute del pilota sono buoni, anche se la prognosi resta riservata. I medici hanno spiegato che Massa resterà sotto effetto di sedativi per altre 48 ore. Dall'aeroporto brasiliano di San Paolo, la moglie del pilota, Raffaella, incinta, ha chiesto a tutto il mondo "di pregare per lui". (V.F.)
Incendi sotto controllo ma ancora allerta in Spagna, Francia e Italia
◊ Gli incendi che nei giorni scorsi hanno devastato molte regioni dei Paesi del Mediterraneo sono ora sotto controllo grazie all’impegno dei mezzi di soccorso e al miglioramento delle condizioni meteo. In Spagna, dove sono morti sei vigili del fuoco e andati distrutti oltre 20 mila ettari di vegetazione, la situazione è stabile ma ovunque rimane la massima allerta. I principali fronti delle fiamme sono contenuti anche in Francia, mentre in Italia risultano attivi ancora otto roghi, di cui quattro in Sardegna, contro i 46 che ancora si registravano fino a ieri sera. Intanto alcune persone sospettate di avere appiccato il fuoco sono stati fermate in relazione ai roghi scoppiati in Europa. Ma quanto incidono i piromani nella diffusione degli incendi? Alessandro Guarasci lo ha chiesto ad Angelo Marciano, vicequestore aggiunto della Forestale e responsabile del Nucleo Investigativo Antincendio Boschivo:
R – Il piromane, quello che soffre di disturbo di personalità, incide per il 10 per cento o poco più. Ma dalle nostre statistiche emerge che il 60 per cento circa degli incendi che si verificano in Italia sono di natura dolosa. Viceversa, un 30 per cento sono di natura colposa. C’è una componente colposa che probabilmente va anche oltre quelle che sono le statistiche ufficiali.
D. - Perché questo?
R. – Per una ragione molto semplice, perché in questi giorni gli agricoltori, gli operatori delle aree rurali, molto frequentemente e anche irresponsabilmente bruciano materiali vegetali, residui di potature e stoppie, e purtroppo - con temperature oltre i 40 gradi e con vento, scirocco o altro - il fuoco facilmente sfugge e quindi attacca i boschi e anche le aree antropizzate, i villaggi turistici e quant’altro.
D. – La speculazione edilizia c’entra ancora qualcosa oppure è un fenomeno in calo?
R. – Io credo che attualmente non c’entri, anche perché andare a bruciare pensando di costruire è una cosa sciocca, poiché la legge ha stabilito che nelle aree boschive e da pascolo percorse dal fuoco, per 10 anni è vietata ogni costruzione; per 15 anni è vietato il cambio di destinazione d’uso, bosco era, bosco resta; per 10 anni sono vietati anche il pascolo e la caccia. Inoltre, è vietato per 5 anni, sempre nei boschi bruciati, il rimboschimento con fondi pubblici.
Afghanistan
In vista delle elezioni presidenziali del 20 agosto si intensificano gli attacchi delle milizie talebane al contingente internazionale. Un soldato britannico è stato ucciso nella turbolenta provincia meridionale di Helmand, dove è in corso la vasta operazione contro le roccaforti talebane. Raggiunge così 20 il numero di militari del Regno Unito uccisi a luglio, il mese più sanguinoso dall’inizio delle operazioni nel 2001. Sotto attacco anche le truppe italiane nell’ovest. I militari dell’esercito sono stati bersaglio di un doppio agguato e sono rimasti impegnati in una battaglia durata cinque ore vicino Farah. In tutto sono tre i soldati feriti. Alla luce dell’escalation di violenze il ministro degli Esteri italiano Frattini ha annunciato l’aumento dell’impiego degli aerei caccia tornado. Infine si registrano vittime anche tra l’esercito afghano: due soldati di Kabul e 16 talebani sono morti in combattimenti nell’Afghanistan orientale.
Iran
Commemorare i morti nelle proteste di piazza seguite alle elezioni presidenziali in Iran del 12 giugno scorso. È quanto hanno chiesto in una lettera indirizzata al ministro dell'Interno i leader dell’opposizione iraniana Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi. I due politici esprimono l'intenzione di tenere la cerimonia nella centrale piazza Grand Mosalla, a 40 giorni dagli scontri in cui ci furono i primi morti. La richiesta è arrivata proprio mentre in carcere morivano, nelle ultime 24 ore, altri due studenti arrestati il 9 luglio, nelle manifestazioni dell’opposizione. Il governo iraniano ha ammesso che almeno 20 persone sono morte e più di mille sono state arrestate nelle proteste di piazza. Intanto non si placano le critiche dei settori politici più conservatori per la gestione delle dimissioni del vicepresidente Mashaie. Mashaie, consuocero di Ahmadinejad, è stato al centro di una polemica che lo ha portato a dimettersi per aver dichiarato che l'Iran può essere amico “del popolo israeliano”. Oggi il presidente iraniano Ahmadinejad ha nominato Mashaie come consigliere e capo del suo ufficio.
Medio Oriente
Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha reso noto che gli Stati Uniti hanno sbloccato 200 milioni di dollari a favore dell’Autorità Nazionale Palestinese. Una decisione che giunge mentre al Cairo, in Egitto, stanno per concludersi gli incontri interpalestinesi. Quale il significato di questo gesto? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Maria Grazia Enardu, docente di Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze:
R. – Prepararsi alle elezioni palestinesi che avranno luogo nel 2010, rafforzando Fatah che controlla la West Bank ma ha bisogno di aiuto, e cercando di indebolire Hamas che controlla soprattutto Gaza.
D. – Dopo questo incontro del Cairo, come saranno effettivamente i rapporti tra Fatah e Hamas che, tra l’altro, si propone ora come forza moderata?
R. – I rapporti sono sicuramente in evoluzione, sia perché Hamas ha rinunciato per il momento alla campagna militare contro Israele che l’ha vista perdente, però l’ha anche vista vincente per quanto riguarda l’impatto che tutti questi eventi hanno avuto sull’opinione pubblica internazionale. E infatti, Hamas sta letteralmente lanciando una campagna di opinione pubblica per conquistare consensi all’esterno più ancora che all’interno.
D. – Qualche giorno fa, il ministro degli esteri israeliano, Lieberman, ha annunciato che il governo dello Stato ebraico è pronto ad iniziare un dialogo senza condizioni con i palestinesi. Quali le ricadute sul processo di pace?
R. – Le ricadute sarebbero eccellenti anche perché il fatto che una componente importante del governo Netanyahu, come Lieberman, dica questo è assai importante. Però, nel governo Netanyahu ci sono componenti ben più oltranziste di Lieberman, e quindi questa affermazione va messa in un contesto essenzialmente difficile.
Svezia
Sei persone, tra cui tre bambini, sono morti nell’incendio che ieri sera ha devastato un edificio alla periferia di Stoccolma, in Svezia. Secondo la polizia altre tre persone sono rimaste gravemente ferite nel rogo divampato in un palazzo di sei piani nel quartiere settentrionale di Rinkeby, abitato per lo più da immigrati. Alcuni testimoni riferiscono di un’esplosione che avrebbe causato le fiamme.
Nigeria
Nel nord della Nigeria almeno 42 persone sono morte nei violenti scontri tra la polizia e i membri di una setta islamica radicale. Lo ha riferito una fonte ospedaliera del Paese africano.
Corea del Nord
“Pyongyang risponderà con colpi inimmaginabilmente mortali contro gli imperialisti americani e i fantocci sudcoreani se questi daranno avvio ad una guerra”. Così recita l’ennesima provocazione lanciata dalla Corea del Nord attraverso le parole del ministro della Difesa, Kim Yong Chun, che ha parlato in occasione della cerimonia per il 56.mo anniversario dell'armistizio della guerra coreana.
Cina
Chen Guojun, il direttore generale di un'acciaieria cinese, è stato picchiato a morte dagli operai che protestavano contro l'acquisizione della fabbrica da parte di un'altra società che licenzierà molti di loro. I lavoratori hanno scoperto che il manager lo scorso anno aveva guadagnato circa tre milioni di yuan (poco più di 300 mila euro), mentre i dipendenti della Tonghua che andranno a casa ne prenderanno 200 al mese. Gli operai si sono poi scontrati con la polizia con un bilancio di un centinaio di feriti. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 207
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