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Sommario del 23/07/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il riposo del Papa in montagna tra riflessioni e incontri con gli abitanti di Les Combes. Domani i Vespri ad Aosta, sabato controllo radiologico al polso
  • La vicinanza del Papa a Corazon Aquino ricoverata in ospedale per un cancro
  • Il Papa nomina mons. Becciu nuovo nunzio a Cuba
  • Padre van Ruijven nominato vicario apostolico di Nekemte in Etiopia
  • Mons. Migliore: la comunità internazionale protegga le popolazioni colpite da gravi violazioni dei diritti umani
  • Dare una risposta globalizzata alle emergenze umanitarie del mondo: così mons. Tomasi all'Onu
  • Domani straordinaria apertura in notturna dei Musei Vaticani. Il direttore Paolucci: restituire il museo ai cittadini
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Russia: reintrodotta dopo 92 anni l'ora di religione. Intervista con mons. Pezzi
  • Usa. Obama presenta la riforma sanitaria
  • Mons. Menegazzo: dubbi sugli accordi per il Sudan
  • Convegno a Roma sulla Caritas in veritate con il ministro Tremonti e mons. Fisichella
  • La Chiesa celebra la memoria di Santa Brigida, Patrona d'Europa
  • Chiesa e Società

  • America Latina: convegni e incontri sull'Enciclica "Caritas in veritate"
  • Ventimila migranti rapiti ogni anno in Messico
  • Orissa: si costituiscono due maoisti per l'omicidio del leader indù, origine delle violenze anti-cristiane
  • Epidemia di colera nello Zimbabwe: tragedia consumata nel silenzio
  • Nepal: più di 200 morti per un'epidemia di diarrea
  • Drammatica la situazione dei bambini Tamil nei campi profughi dello Sri Lanka
  • Malaysia: cristiani preoccupati per possibili modifiche alla legge sulla conversione
  • L’arcivescovo di Dublino chiede una strategia contro la povertà in Irlanda
  • I vescovi canadesi si complimentano con la Commissione nazionale per gli autoctoni
  • Tre-giorni per la “riconciliazione nazionale” in Zimbabwe
  • Il Malawi ha ricordato il 20.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II
  • Unire le forze per aiutare oltre 7 milioni di malati di Alzheimer in Europa
  • L'arcivescovo di Valencia contrario al nuovo disegno di legge sull'aborto
  • Il cardinale Bozanic: missione delle Chiese dell’Europa centrale è salvare l’anima del continente
  • Perù: apertura dell’Anno giubilare per i 400 anni della diocesi di Arequipa
  • Lettera pastorale dei vescovi venezuelani per i 50 anni dei “Cursillos de Cristiandad”
  • Restano in carcere in Cina i sei blogger che hanno denunciato uno stupro
  • Al via il 26 luglio le Settimane teologiche di Camaldoli organizzate dalla Fuci
  • Italia: studenti universitari in aiuto dei terremotati d'Abruzzo
  • A Chianciano Terme sessione di formazione ecumenica sulla "Parola della Croce"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Gli Usa confermano il sostegno alla Georgia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il riposo del Papa in montagna tra riflessioni e incontri con gli abitanti di Les Combes. Domani i Vespri ad Aosta, sabato controllo radiologico al polso

    ◊   Ad Aosta, c’è fermento e clima di vigilia per la visita che nel pomeriggio di domani Benedetto XVI farà alla città, per la recita dei Vespri in programma nella cattedrale. Intanto, nello chalet di Les Combes e nei dintorni il Papa vive ore di distensione, di tanto in tanto caratterizzate - come accaduto ieri - da qualche occasionale incontro con alcuni degli abitanti della piccola frazione di Introd. E si profila anche un nuovo controllo al polso fratturato del Pontefice, da parte dei sanitari dell’Ospedale Parini e dello staff medico vaticano. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, raggiunto telefonicamente a Les Combes:

    R. - Ieri sera, nel corso della sua passeggiata abituale, il Papa - giunto praticamente fino all'abitato di Les Combes - ha incontrato un gruppetto di bambini, accompagnati dalle mamme, e si è intrattenuto con loro. E' stato un momento simpatico e anche curioso, perché uno dei bimbi ha raccontato che nella vicina Val di Rem, dove lui si trova d’inverno, ci sono sei metri di neve e il Papa ha reagito con un’evidente e naturale stupore: come si fa a vivere con sei metri di neve? E’ stato un piacevole momento di incontro. Oggi, poi, il Papa ha avuto una mattinata normale, mentre ieri il cardinale Bertone gli ha portato diversi dossier ruguardanti attuali problemi nel governo della Chiesa, che il Papa sta studiando, leggendo e sui quali sta riflettendo in questo periodo.

     
    D. – Come è stato detto più volte, il Papa sta imparando a modificare qualcuna delle sue abitudini a causa dell’infortunio, infortunio che viene tenuto costantemente sotto controllo dai sanitari di Aosta. E’ previsto un nuovo controllo a breve?

     
    R. - Sì, oggi viene portato dall’ospedale di Aosta alla residenza del Papa un apparato radiologico portatile, leggero, che permetterà di compiere, sabato mattina, un esame radiologico di controllo, che è normale in queste situazioni. Oltre ai medici vaticani - il dott. Polisca e il dott. Berti - che sono qui, normalmente, durante le vacanze del Papa, parteciperà a questo esame il dott. Manuel Mancini, il primario che ha operato il Santo Padre. Inoltre, giungerà qui anche il prof. Vincenzo Sessa, che è il primario ortopedico del Fatebenefratelli di Roma: è un collaboratore abituale, specialistico, dei Servizi sanitari vaticani e sarà colui che, dal punto di vista ortopedico, seguirà il Santo Padre dopo il suo ritorno a Castel Gandolfo e a Roma. In questo modo, si garantisce la continuità dell’assistenza medica.

     
    D. - Ad Aosta, intanto, è clima di vigilia per l’arrivo di Benedetto XVI, domani…

     
    R. - Sì, i preparativi sono in corso: sono state montate le telecamere, sono stati approntati gli ambienti in modo tale che tutto si possa svolgere nel modo migliore. E’ molto bello il fatto che il Papa potrà attraversare - speriamo che il tempo sia buono - le vie storiche centrali della città con grande presenza di popolo. In questo modo la città potrà accogliere Benedetto XVI, anche se solo 400 persone potranno essere presenti direttamente alla celebrazione dei Vespri. Ma la trasmissione sia radiofonica sia televisiva permetterà a molti, che desiderano farsi vicini e pregare per il Papa in questa circostanza, di essere anch’essi presenti.

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    La vicinanza del Papa a Corazon Aquino ricoverata in ospedale per un cancro

    ◊   Benedetto XVI ha espresso la sua “spirituale vicinanza” all’ex presidente delle Filippine Corazon Aquino, attualmente ricoverata in ospedale a Manila a causa di un cancro al colon. Il Papa, attraverso la nunziatura nelle Filippine, ha assicurato la sua preghiera per l’ex capo di Stato sulle cui condizioni di salute è stato informato dal cardinale Bertone. La signora Aquino si è detta “profondamente confortata” dalle parole del Pontefice. Cory Aquino, 76 anni, ha ricoperto dall’86 al ’92 la massima carica dello Stato diventando la prima presidente donna del continente asiatico e riportando la democrazia nel suo Paese.

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    Il Papa nomina mons. Becciu nuovo nunzio a Cuba

    ◊   Il Papa ha nominato nunzio apostolico a Cuba mons. Giovanni Angelo Becciu, arcivescovo titolare di Roselle, finora nunzio in Angola e São Tomé e Principe. Nel marzo scorso ha accolto a Luanda Benedetto XVI per il suo viaggio apostolico in Angola.

    Laureato in Diritto Canonico, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1984: è stato consigliere della nunziatura apostolica negli Stati Uniti e ha lavorato presso le rappresentanze pontificie nella Repubblica Centroafricana, Sudan, Nuova Zelanda, Liberia, Gran Bretagna e Francia. Mons. Becciu succede nella rappresentanza pontificia dell’Avana all’arcivescovo Luigi Bonazzi, nominato il 14 marzo scorso nunzio apostolico in Lituania ed Estonia.

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    Padre van Ruijven nominato vicario apostolico di Nekemte in Etiopia

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vicario apostolico di Nekemte (Etiopia) padre Theodorus van Ruijven, della Congregazione della Missione, finora prefetto apostolico di Jimma-Bonga ed amministratore apostolico di Nekemte. Gli è stata assegnata la sede titolare vescovile di Utimma. Padre Theodorus van Ruijven è nato a Rijswijk, nella diocesi di Rotterdam (Olanda) il 22 maggio 1938. Entrato nella Congregazione dei Padri Lazzaristi (Congregazione della Missione) il 2 settembre 1957 a Panningen (Olanda), è stato ordinato sacerdote il 19 marzo 1964. Dopo l’ordinazione ha svolto le seguenti mansioni: 1965-1986: missionario in Etiopia, residente nelle Case di Addis Abeba e Bonga; 1986-1992: consultore della provincia religiosa Lazzarista di Etiopia; 1990-1993: rettore del Seminario Minore di Ambo; 1994-1998 ha svolto le funzioni di visitatore supplente; 1998-2002: rieletto consultore della provincia religiosa Lazzarista in Etiopia; dal 1998: prefetto apostolico di Jimma-Bonga; dal 2008 è amministratore apostolico di Nekemte.

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    Mons. Migliore: la comunità internazionale protegga le popolazioni colpite da gravi violazioni dei diritti umani

    ◊   La comunità internazionale ha la responsabilità, attraverso le Nazioni Unite, di proteggere le popolazioni degli Stati teatro di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani: su questa tematica è incentrato il dibattito previsto oggi e domani all’Onu. Sul significato di questo incontro Amedeo Lomonaco ha intervistato mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite:

    R. – Il dibattito interviene soprattutto dopo episodi di mancata protezione delle popolazioni verificatisi nell’arco di un anno in Georgia, Ossezia, Repubblica Democratica del Congo e Sri Lanka. La responsabilità di proteggere è diventata ormai un principio del diritto internazionale, ma alla prova dei fatti – quelli appena citati – non sembra aver prodotto ancora precise norme di condotta internazionale in materia.

     
    D. – Si parla di sicurezza umana, d’intervento umanitario, di responsabilità di proteggere. C’è un’evoluzione, una differenza tra questi concetti?

     
    R. – Sin dallo smantellamento dei regimi comunisti in Europa, il concetto di sicurezza mondiale si è gradualmente spostato dalle tradizionali preoccupazioni geopolitiche e strategiche verso nuove preoccupazioni aventi per oggetto l’individuo e la società. Sono così affiorati i concetti di sicurezza umana, d’intervento umanitario e di responsabilità di proteggere collegati da un comun denominatore: quello della protezione, che ha però una diversa valenza, umanitaria e giuridica. La responsabilità di proteggere va al di là della protezione dei civili in guerra, contemplata nel diritto internazionale umanitario. Tale responsabilità riguarda primariamente le popolazioni alle prese con atrocità di massa – quali il genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità – e proteggere i cittadini da queste tipologie di crimini spetta in primo luogo ai singoli Stati. Qualora un determinato Stato non dimostrasse la volontà e/o la capacità di assicurare tale protezione, la comunità internazionale deve sussidiariamente farsene carico, percorrendo le modalità pacifiche predisposte dal diritto internazionale. In casi estremi, poi, può avvalersi dell’uso della forza attraverso forme e dettami del capitolo 7 della carta dell’Onu.

     
    D. – Oggi, poi, si parla sempre più spesso anche di “guerra di scelta” e di “guerra di necessità”…

     
    R. – Queste sono le categorie che prendono piede nel discorrere sull’uso della forza per assicurare il rispetto dei diritti dell’uomo, ovvero sull’uso della forza intrapresa come scelta tra altre opzioni percorribili o come risposta necessaria, obbligata, che non ammette alternative. La terminologia suona un po’ troppo pragmatica, quasi cinica: la categoria della responsabilità di proteggere è ben più umana e si muove in un quadro valoriale molto più rassicurante. L’uso della forza non dovrebbe mai essere considerato al di fuori della primaria responsabilità dei governanti di assicurare la protezione di ogni loro cittadino.

     
    D. – Il documento di lavoro è preparato dal presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e per questo dibattito dedica anche un paragrafo al discorso che il Papa ha tenuto all’Onu nel 2008. Il Santo Padre come ha affrontato, in quell’occasione, il tema della responsabilità di proteggere?

     
    R. – La prospettiva nella quale si è posto il Papa nei suoi interventi all’Onu è essenzialmente quella del rapporto sovranità-responsabilità: la responsabilità di proteggere – ha detto il Papa - è la base morale per il diritto di un governo ad esercitare l’autorità. La sovranità, vista nell’ottica della protezione, ha aggiunto il Papa, esplicita meglio la duplice responsabilità che incombe su ogni Stato: la responsabilità esterna di rispettare la sovranità degli altri Stati ed una interna di garantire la dignità e i diritti di tutti gli individui nello Stato. Il rispetto della sovranità degli altri Stati – ha affermato Benedetto XVI - non consiste solo nel principio della non ingerenza ma, in positivo, rientra anche nel contesto delle categorie politiche della sussidiarietà, solidarietà e fraternità. E questa – ha spiegato - è anche una caratteristica che, per natura, appartiene alla famiglia, dove i membri più forti si prendono cura di quelli più deboli. L’Onu, sorvegliando in quale misura i governi corrispondono alla loro responsabilità di proteggere i loro cittadini, esercita quindi un servizio importante in nome della comunità internazionale.

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    Dare una risposta globalizzata alle emergenze umanitarie del mondo: così mons. Tomasi all'Onu

    ◊   Il tema dellla responsabilità di proteggere i civili in caso di violazioni dei diritti umani, di conflitti armati o di calamità naturali è stato al centro anche dall’intervento dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi all'Ecosoc, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite. “Il diritto umanitario internazionale – ha affermato lunedì scorso l’osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio Onu di Ginevra – dovrebbe essere attuato in ogni circostanza e senza alcuna condizione”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

     
    I conflitti armati, i disastri naturali e quelli provocati dall’uomo colpiscono milioni di persone. Oltre 10 milioni di uomini, donne e bambini – ricorda mons. Silvano Maria Tomasi – vivono ancora in campi profughi e almeno 26 milioni continuano ad essere sfollati a causa di conflitti. Si tratta di “situazioni insostenibili”, spesso “lontane dai riflettori dei media”, che portano alla “lacerazione del tessuto sociale” e alla distruzione di famiglie e comunità. La Santa Sede – sottolinea l’arcivescovo – ribadisce quindi “l’esigenza di una risposta globalizzata efficace e coerente, guidata da direttive politiche” come la solidarietà e la promozione della dignità di ogni persona. In caso di guerre – aggiunge mons. Silvano Maria Tomasi - la responsabilità di proteggere i civili spetta anzitutto alle autorità nazionali e alle parti coinvolte. Si devono pienamente rispettare – spiega l’arcivescovo – le norme e i principi del diritto internazionale, tra cui quelle riguardanti “la protezione del personale umanitario” e la possibilità di raggiungere “senza impedimenti le persone bisognose”. Nelle aree colpite da disastri naturali, gli Stati devono inoltre adoperarsi per promuovere e permettere l’accesso a misure in grado di salvare la vita, senza usarle “per un controllo politico o per ottenere una garanzia d’impunità”. La comunità internazionale è chiamata poi “a fornire accesso agli attori regionali e internazionali che operano nelle emergenze”. Si deve mettere in atto – conclude mons. Silvano Maria Tomasi - una “strategia umanitaria” che raggiunga le persone più bisognose.

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    Domani straordinaria apertura in notturna dei Musei Vaticani. Il direttore Paolucci: restituire il museo ai cittadini

    ◊   Apertura straordinaria domani sera per i Musei Vaticani: il pubblico potrà visitare la Cappella Sistina, le Stanze di Raffaello e le altre meraviglie dei Musei dalle 19.00 alle 23.00. Per questo evento speciale è obbligatoria la prenotazione online tramite il sito ufficiale dei Musei Vaticani. Quale lo scopo di questa apertura straordinaria? Fabio Colagrande lo ha chiesto al direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci:

    R. – Restituire il Museo ai suoi legittimi proprietari, cioè i cittadini della città dove il museo è nato e ha preso forma. Perché i musei che attirano le moltitudini di popolazioni da ogni angolo del mondo - gli Uffizi di Firenze come il Louvre di Parigi - sono musei che i cittadini di quella città non sentono più loro, sono stati in qualche modo espropriati, portati via, occupati dai turisti. Tutto questo rende in termini di reddito, di occupazione, di notorietà, e quindi la gente tutto sommato è contenta però è anche consapevole che quello che era suo ora non lo è più. Per questa ragione, come fatto simbolico, per la durata di una sera, di un giorno di luglio dell’estate del 2009, vogliamo che i romani entrino nel Museo che i Papi hanno voluto per l’ecumene cristiano naturalmente, per la gloria della Città eterna e quindi anche per i cittadini di Roma.

     
    D. - Quindi, domani dalle 19 alle 23 con ultimo ingresso alle 21.30 voi non vi aspettate le comitive dei viaggi organizzati…

     
    R. – No, perché quelle hanno tempi rigorosamente prescritti. Il giapponese o l’americano che viene a Roma, in Italia, in un “all inclusive tour” ha il suo tempo misurato e calibrato al minuto; perché arrivino le comitive di questo genere bisognava dare la comunicazione di un’apertura notturna un anno fa specificando il giorno preciso, ecc., e quindi non mi aspetto che arrivi quel tipo di turismo organizzato. Mi aspetto che arrivi il turismo individuale, soprattutto mi aspetto che arrivi la gente di Roma, il popolo di Roma.

     
    D. – Possiamo parlare di un’iniziativa sperimentale, in questo senso?

     
    R. – Sì, lo è sicuramente perché la mia speranza e il mio orgoglio è che possa essere replicata già in questa estate, già in settembre, e poi messa a regime con giorni certi nell’anno prossimo. Ma questo è tutto da verificare.

     
    D. – In un articolo apparso recentemente su L’Osservatore Romano lei dava un consiglio ai possibili visitatori di questa serata ai Musei Vaticani…

     
    R. – Mi piaceva soprattutto ricordare che esiste un posto magico nel percorso dei Musei Vaticani, il cosiddetto Cortile Ottagono. Il Cortile ottagono sta sul Colle del Belvedere, sta nel cuore dei Musei Vaticani, è come un perno intorno al quale si dislocano le varie gallerie, le collezioni e quant’altro. Cosa c’è in questo spazio museale straordinariamente geniale? Fu un Papa di fine settecento a inventarlo, si chiamava Clemente XIV. Ci sono i capolavori assoluti della grande statuaria antica. C’è il Laocoonte, c’è l’Apollo del Belvedere e ci sono i capolavori dell’arte che allora era moderna: c’è Antonio Canova, per esempio. C’è soprattutto questa idea straordinaria che non c’è il tetto, c’è il cielo di Roma sopra il Cortile Ottagono, e le sculture e i capolavori della statuaria di ogni epoca stanno dislocate in nicchie e in alloggiamenti che stanno nel portico. Uno può girare questo cortile porticato, sa di avere sopra di sé il cielo di Roma e tutto intorno a lui sente quasi il respiro di questo immenso museo che noi nominiamo al plurale: i Musei Vaticani. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La crisi del dono: in prima pagina, Lucetta Scaraffia su aborto e futuro.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il rifiuto della Corea del Nord a partecipare ai negoziati sul programma nucleare.

    Il mondo è globale, deve esserlo anche il pensiero; etica non è una parola magica, ma indica la strada: in cultura, l'intervento del ministro Giulio Tremonti (sintetizzato in un articolo di Gabriele Nicolò) e quello dell'arcivescovo Rino Fisichella all'incontro sulla "Caritas in veritate".

    Il segreto degli Stati Uniti è tutto in un trattino: Giulia Galeotti ricorda lo scrittore Frank McCourt.

    Diplomazia vestita di sacco: Giuseppe Buffon sulla plurisecolare presenza della Custodia di Terra Santa nel Medio Oriente.

    Un articolo di Marcello Filotei dal titolo "Per una nuova acustica dell'esistenza": dopo trent'anni è ancora attuale il saggio di Raymond Schafer "Il paesaggio sonoro".

    Il Papa e la popolazione valdostana: nell'informazione religiosa, Mario Ponzi intervista don Aldo Armellin, incaricato dalla diocesi di Aosta di tenere i contatti con la residenza di Les Combes.

    Nicola Gori a colloquio con Anna Maria De Strobel, responsabile del laboratorio di restauro arazzi e tessuti dei Musei Vaticani.

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    Oggi in Primo Piano



    Russia: reintrodotta dopo 92 anni l'ora di religione. Intervista con mons. Pezzi

    ◊   Nelle scuole della Federazione Russa è stata reintrodotta come materia di studio l’ora di religione dopo 92 anni di esilio didattico, 70 dei quali sotto il comunismo. Lo studio della materia sarà inizialmente previsto in 18 regioni e 12 mila istituti e avverrà su base volontaria. Gli alunni potranno scegliere in alternativa l’insegnamento di “etica della cultura laica”. Su questa decisione del governo russo di reintrodurre l’insegnamento della religione Amedeo Lomonaco ha intervistato l’arcivescovo della “Madre di Dio” a Mosca, mons. Paolo Pezzi:

    R. – Il primo commento è innanzitutto di un’accoglienza positiva di questa nuova legge. Una legge che tiene conto del fatto che dove ci siano determinate maggioranze religiose – quindi non necessariamente quella ortodossa – ci sia la possibilità dell’insegnamento di queste altre religioni. Questo riguarda, soprattutto in alcune regioni, l’insegnamento della religione islamica e del buddismo.

     
    D. – E per quanto riguarda la religione cattolica?

     
    R. – Di fatto, in quanto minoranza, non rientriamo in un piano di insegnamento ufficiale della religione cattolica. Se in alcune scuole la presenza di alunni cattolici fosse tale da giustificare la formazione di un gruppo, stiamo valutando di chiedere, eventualmente, questa possibilità.

     
    D. – Quali sono le condizioni che hanno portato a questa decisione? C’è un’emergenza educativa, una volontà da parte del governo di rispondere a delle lacune sotto il profilo della formazione?

     
    R. – Penso che questa sia la ragione principale, cioè l’accorgersi della necessità di tornare ad educare i giovani, tornare a dar loro una proposta convincente per la vita.

     
    D. – Nella terra dove hanno attecchito per decenni le teorie di Marx, si riconosce che la religione non è l’oppio dei popoli...

     
    R. – Questo, ormai, è acquisito da tempo. Non è più una posizione ideologica diffusa. Oggi c’è un anelito, un desiderio di cercare, anche nella religione, un senso alla vita, a mio parere molto forte. In questa direzione mi auguro che possa andare anche la reintroduzione dell’insegnamento religioso.

     
    D. – Questo può essere, quindi, un primo passo importante anche per tutta la comunità cattolica russa?

     
    R. – Lo ritengo comunque un fatto importante. Anche se noi non ne siamo coinvolti direttamente, ci sono due livelli da sottolineare: uno è quello di dare il nostro contributo con quella che è la nostra esperienza nell’ambito dell’insegnamento della religione cattolica in altri Paesi per poter arrivare ad avere degli istituti, delle scuole che siano autenticamente cristiane, aperte alla formazione integrale dell’uomo. Oggi non c’è una posizione generalmente pregiudiziale nei confronti della Chiesa cattolica e può essere questo un momento adatto per portare avanti questo discorso.

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    Usa. Obama presenta la riforma sanitaria

    ◊   Varare la riforma sanitaria entro quest’anno. Questo l’obiettivo del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che ieri sera, in un’affollata conferenza stampa, ha delineato i punti essenziali del cambiamento al quale sottoporrà la sanità americana. Sarà una sanità – ha detto il capo della Casa Bianca – alla portata di tutti e dai costi più bassi, grazie anche ad una tassazione straordinaria nei confronti dei redditi più elevati. Da New York, ci riferisce Elena Molinari:

    Obama ha investito tutto il suo prestigio politico nella riforma che sta incontrando resistenza da parte della maggior parte dei repubblicani e di alcuni democratici. Il timore più diffuso nel Congresso è che garantire la copertura sanitaria ai 46 milioni di americani che ne sono privi e abbassare i costi per tutti gli altri scaverà un buco più profondo nelle finanze americane. Ieri, però, Obama ha assicurato il contrario: “La riforma della sanità – ha detto – è essenziale anche per salvare l’economia”. Il presidente americano ha anche sottolineato i costi umani del non far nulla per cambiare lo status quo. “Ho fretta – ha spiegato – perché ricevo lettere ogni giorno da famiglie oberate dai costi per la salute e che mi chiedono di aiutarle”. “Il dibattito in corso – ha quindi ammonito Obama – non è un gioco; la riforma – ha promesso – arriverà entro l’anno”. Il capo della Casa Bianca prevede un vasto accordo sulle linee della riforma e solo qualche nodo ancora da sciogliere.

     
    Da parte loro i vescovi americani hanno appoggiato la parte della riforma che allarga l'assistenza sanitaria alle fasce più deboli; nello stesso tempo hanno espresso i loro timori per la possibile introduzione di fondi federali per l’aborto. Si tratta, comunque, di una riforma epocale di un sistema basato sinora soprattutto sull’iniziativa privata. Quanto sarà possibile per il capo della Casa Bianca operare questo cambiamento? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Alberto Quadrio Curzio, docente di Economia all’Università Cattolica di Milano:

    R. – Credo che la risposta debba essere tentata sotto tre profili: un profilo di tipo finanziario, perché è chiaro che acquisire risorse adeguate per dare corso a questa riforma comporterà o di attuare risparmi su altre tipologie di spesa pubblica, oppure aumentare la tassazione sui redditi alti, e questo non è così semplice in un contesto come quello americano – ed è questo il secondo profilo – che da sempre ha privilegiato le forme assicurative private rispetto all’assistenza sanitaria di tipo pubblico. Ci saranno perciò anche delle forti resistenze di tipo politico a questo passaggio. Infine, terzo e non irrilevante aspetto, per far funzionare una macchina sanitaria improntata ad un intervento pubblicistico, bisogna attuare una serie di riforme: in altre parole, non si potrà più avere dei centri di supereccellenza che erogano determinati servizi e centri sanitari di minor rilevanza che erogano servizi inferiori. Ogni servizio sanitario nazionale ha una certa uniformità al suo interno, cosa che non mi pare sia oggi caratterizzante il sistema sanitario americano che è molto differenziato al suo interno.
     
    D. – E’ difficile, dunque, realizzare una sanità basata su criteri solidaristici?
     
    R. – Non c’è dubbio che il profilo della sostenibilità finanziaria di una misura del genere sia un profilo tutto da indagare. Dobbiamo renderci conto che la spesa pubblica già effettuata ad oggi è stata gigantesca, e questo prefigura nel tempo dei problemi molto seri di rientro e di sostenibilità di quella spesa pubblica. Perciò, è difficile dare una risposta immediata al quesito: “ce la farà l’America a sostenere una spesa sanitaria estesa a tutta la platea dei cittadini a titolo pressoché gratuito?”.

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    Mons. Menegazzo: dubbi sugli accordi per il Sudan

    ◊   Un importante passo avanti verso la pace in Sudan. Così è stato salutato a livello internazionale l’accordo intervenuto tra i rappresentanti del Sud Sudan e il governo centrale di Khartoum sulla regione petrolifera contesa dell’Abyei. Dopo vent’anni di conflitto e quattro anni di ‘pace armata’, dopo gli accordi del 2005, le due anime del Sudan hanno cancellato l’ultimo grande contenzioso che solo un anno fa aveva provocato un rigurgito delle violenze. Adesso bisognerà attendere l’esito degli importanti appuntamenti elettorali nel 2010 con le elezioni legislative e nel 2011 con il referendum sull’indipendenza del Sud per considerare concluso il lungo processo di pace. Resta tuttavia ancora aperto il drammatico conflitto nel Darfur. Stefano Leszczynski ha intervistato mons. Antonio Menegazzo, amministratore apostolico nella diocesi sudanese di El Obeid.

    R. – Senz’altro è stato un passo in avanti anche perchè le due parti hanno accettato la sentenza dell’Aja, però ci sono alcuni punti ancora, secondo me, un po’ oscuri. Prima di tutto penso che non tutti saranno soddisfatti della decisione del Tribunale perché gran parte della zona che apparteneva ad Abyei è passata al Nord, soprattutto la parte nord e anche la parte est dove c’è molto petrolio. Questo potrà facilmente creare dei malumori in seguito. La sentenza del Tribunale dell’Aja, però, è stata provvidenziale perché penso che abbia messo il cuore in pace a tanta gente che la aspettava con molta ansia e anche con paura.

     
    D. – Ci sono tanti importanti appuntamenti nei prossimi anni per il Sudan in generale. Si riuscirà ad avere una serena consultazione popolare per risolvere le ultime questioni?

     
    R. - Riguardo alle elezioni politiche che dovevano essere quest’anno in giugno e che poi sono state trasferite in aprile del 2010, questo rimandare mi dà un po’ di dubbio e di paura. Veramente sono sinceri, avverranno queste elezioni politiche o no? Questo mi fa un po’ pensare perché il rimandare continuamente la data delle elezioni mi fa un po’ dubitare sulla sincerità delle parti. Per quello che riguarda il referendum del 2011, che riguarda appunto la separazione del sud dal nord oppure l’unione, io penso che verranno ad una soluzione abbastanza pacifica. Naturalmente, il Nord cercherà di spingere per la scelta dell’unità del Paese e non per la separazione.

     
    D. – Eccellenza, gli accordi di pace sono sempre stati considerati abbastanza fragili. Come è la situazione negli ultimi tempi?

     
    R. – Possiamo dire che non ci sono stati scontri tra Nord e Sud. Qualche scaramuccia c’è stata soprattutto nella zona di Malakal. Nel Sud adesso ci sono piuttosto lotte tribali, non tanto il Sud contro il Nord. Però, un punto di domanda sul trattato di pace tra il Nord e il Sud è la questione del Darfur, perché naturalmente per avere una pace globale in tutto il Sudan ci vuole un'intesa per la questione del Darfur.

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    Convegno a Roma sulla Caritas in veritate con il ministro Tremonti e mons. Fisichella

    ◊   Coniugare teologia e globalizzazione, ripensare lo sviluppo mettendo al centro la persona, conciliare nel concreto del vivere sociale le ragioni del profitto e la logica del dono. Sono queste alcune delle sfide che l’Enciclica di Benedetto XVI, “Caritas in veritate” lancia alla cultura del nostro tempo, per affrontare la crisi del presente e gettare le basi del futuro. Su questi temi si sono confrontati ieri, presso l’Auditorium San Pio X a Roma, mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e rettore della Pontificia Università Lateranense, e il ministro dell’Economia e delle Finanza Giulio Tremonti. Il servizio di Cecilia Seppia:

     
    Un documento coraggioso, attento e complesso, fatto di progettualità e dal profondo valore propositivo. Così mons. Rino Fisichella, ha commentato le parole di Benedetto XVI affidate alle pagine dell'Enciclica ''Caritas in veritate'', che lungi dall’imporre una serie di divieti propongono invece una rilettura positiva e audace dell’economia e dello sviluppo, cercando di coniugare logica del dono e ragioni del profitto, come sottolinea lo stesso mons. Fisichella:

     
    “Penso che l’Enciclica dica molti sì: dice sì ad un mercato che abbia delle regole, ad un’imprenditoria che sia capace di essere progettuale anche nei confronti della società, ad investimenti internazionali purché essi non siano un puro atto formale ma siano invece la capacità di poter, ancora una volta, rivedere la dimensione non solo economica ma anche umana che sta alla base di tutto. E’ insomma un’enciclica che invita a guardare avanti e a non fermarsi davanti agli ostacoli”.

    Alla luce dell'attuale crisi finanziaria ma anche antropologica spiega mons. Fisichella si fa sempre più urgente il bisogno di ripensare le regole economiche, ripristinando la centralità dell’essere umano e la sua inalienabile dignità, ma anche sollecitando la piena collaborazione della famiglia umana per concorrere al progresso comune. Per questo ciascuno di noi è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità. Ancora mons. Fisichella:

     
    “L’economia non è soltanto un atto tecnico, essa coinvolge direttamente la vita delle singole persone e delle società. Ognuno di noi è certamente protagonista; il problema è se siamo capaci, da protagonisti, di lavorare anche insieme e quindi di cercare di fare un polifonia e non un canto da solista”.

     
    "L'Enciclica, afferma quindi il ministro dell’economia Giulio Tremonti, è il primo grande documento di analisi e riflessione sul nuovo mondo. Una guida per la politica che ci insegna che l'interesse non e' solo quello del tasso di sconto ma anche quello generale della comunità, che non basta l'illusione dell'autosufficienza, ma e' necessario l'impegno nella coscienza per il bene comune nella società umana". Sentiamo lo stesso Tremonti:

    “In un mondo che si configura come una nuova 'tabula mundi' da scrivere, credo che un criterio e una traccia fondamentale sia questo. E’ il documento più importante, più straordinario che sta sulla tavola della politica ed è una fase in cui la politica è tutta in 'experimentum' e credo che nell’esperimento, alla ricerca di un sistema di governo del mondo, un documento di questo tipo sia fondamentale”.

     
    Per concepire un nuovo sviluppo, una nuova economia, la carità nella verità – afferma mons. Fisichella - è fondamentale. Così come l’etica, perché l’agire sociale non cada in balia di interessi privati e di logiche del potere, con effetti disgregatori sulla società. L’etica della vita coniugata all’etica sociale evita il sopruso del più forte sul più debole: solo attraverso di essa si possono fronteggiare problemi come l'immigrazione, la disoccupazione, o gli investimenti internazionali, in modo che l'immigrato non sia trattato come merce e che il lavoratore sia tutelato da politiche che garantiscano la sicurezza e il giusto salario.

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    La Chiesa celebra la memoria di Santa Brigida, Patrona d'Europa

    ◊   Moglie e madre, nobile dedita agli ultimi, mistica della Passione di Cristo, Santa e Patrona d’Europa: tutto questo è Santa Brigida di Svezia, di cui la Chiesa celebra oggi la memoria liturgica. Ce ne parla Isabella Piro:

    “La mistica del Nord", la "portavoce di Dio": con queste espressioni Santa Brigida si impone agli occhi dei fedeli. Nata in Svezia da famiglia aristocratica nel 1303, diventa sposa e madre di otto figli. Assieme al marito, fonda un ospedale e cura i malati personalmente. Colta e saggia, dispensa consigli ai sovrani senza trascurare mai i poveri, ai quali si dedica senza sosta. Dopo la morte del marito, Brigida fonda l’Ordine del Santissimo Salvatore. Nel 1349, lascia la Svezia e si trasferisce a Roma. Visita molti luoghi sacri italiani, come Assisi, Bari e il Santuario di San Michele Arcangelo. L'ultimo pellegrinaggio la porta in Terra Santa. Ma qual è il carisma di questa mistica? Ascoltiamo mons. Michele Giulio Masciarelli, teologo e autore di numerosi libri su Brigida di Svezia:

     
    “Il carisma di Brigida è un carisma complesso; è un esempio tra carisma e vocazione. E’ una donna che è stata madre di otto figli, è una laica, una mistica, una religiosa, una diplomatica e dunque il suo è un carisma di sintesi. Lei ispira sia una spiritualità monacale ma anche un impegno nel mondo. L’altra cosa, poi, su cui insisteva l'allora cardinale Ratzinger nel congresso del 1991 sull’attualità di Brigida, è che lei rappresenta sia la donna che la santa della normalità, perché vive il cristianesimo in modo normale. Le grandi vocazioni di Brigida – la Croce e la devozione mariana - sono la prova di questa grande normalità”.

    Il 23 luglio del 1373 Brigida muore; diciotto anni più tardi, nel 1391, Papa Bonifacio IX la eleva agli onori degli altari. Il primo ottobre 1999, con un Motu Proprio, Giovanni Paolo II la proclama Patrona d’Europa, insieme a Santa Caterina da Siena e Santa Teresa Benedetta dalla Croce. Brigida diventa, quindi, un modello da seguire per il Vecchio Continente, colei che sa indicare all’Europa la via da intraprendere. Ancora mons. Masciarelli:

    “Brigida indica, ad esempio, la via femminile. Lei è una donna che dimostra quanto il genio femminile – per il cristianesimo ma anche per la società civile e politica – sia una risorsa ancora da sperimentare. C’è poi la via della famiglia: Brigida è feconda di figli come anche di educazione. Un’educazione forte e tenera insieme. E’ una donna lungimirante: all’Europa propone, infatti, che se vuole uscire dal guado, deve imboccare la lunga via dell’educazione e della carità, perché lei è una donna di grande carità. A seguire c’è la via del pellegrinaggio: camminare a piedi, questo richiamo alla lentezza e non il mito olimpico della velocità, l’arrivar prima, ma arrivare insieme. Infine la via estetica: lei riesce a contemplare il Crocifisso, non subendo la repellenza di un volto sfigurato, perché lo ama. Riesce a far diventare bello ciò che ama”.

     
    Nel corso della sua vita, la mistica svedese si adopera incessantemente per il ritorno del Papa da Avignone, ma non riesce a vedere realizzato il suo sogno. Importanti, poi, le rivelazioni mistiche che riceve e che la portano a parlare con Gesù. In quest’ottica, Brigida si mette al servizio dell’unità dei cristiani:

     
    “Lei indica piuttosto la via del dialogo. Il che significa guardare ciò che unisce e poi la cosa importante è trovare il centro dell’ecumenismo nella croce. Un ecumenismo serio deve mirare alla Croce. La Croce è la stele ecumenica, è il punto di raduno dell’ecumenista: Cristo al centro e, al centro del centro, c’è la Croce. Un albero senza radici che porta frutti”.

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    Chiesa e Società



    America Latina: convegni e incontri sull'Enciclica "Caritas in veritate"

    ◊   La presentazione oggi, a Santiago del Cile, presso la Pontificia Università Cattolica, da parte di mons. Alejandro Goic, presidente dell’episcopato locale dell’Enciclica “Caritas in Veritate”, è l’ultimo evento di una serie di incontri e convegni, iniziati diversi giorni fa, per illustrare il documento pontificio in tutti i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi. A 17 giorni dalla sua pubblicazione, l'Enciclica di Benedetto XVI continua ad attirare l’interesse della stampa spagnola e portoghese, le principali lingue della regione. Interesse registrato anche nel caso di Portogallo e Spagna. Articoli, commenti, riflessioni e critiche - per la verità poche e spesso marginali - pubblicati in queste settimane sono centinaia. Dal Messico all’Argentina, dal Perù al Brasile, da giorni si susseguono conferenze e dibattitI sui principali contenuti dell’enciclica da parte degli episcopati, delle Università cattoliche, dell’associazionismo ecclesiale, e soprattutto di gruppi di laici, credenti e non credenti, con lo scopo di far conoscere il testo e avviare le prime riflessioni inquadrandole nel contesto nell’odierna realtà latinoamericana. Cosa emerge da questi incontri? Da un lato il complesso, necessario e urgente rapporto fra processi economici e coscienza etica e dall’altro la natura del mercato e le sue relazioni con il profitto. E’ vero che sono aspetti che interessano quasi tutti i popoli nel loro cammino storico di crescita materiale, umana e spirituale, ma nel caso dell’area latinoamericana si tratta di questione nei confronti delle quali esiste una grande sensibilità e non solo per le condizioni di povertà e a volte miseria estrema in cui vivono milioni di latinoamericani. Nel caso specifico, in tutti gli incontri emerge che l’Enciclica offre un grande contributo per affrontare due piaghe regionali gravissime che a volte sembrano incancrenite: la corruzione e l’ingiustizia sociale. In questo contesto, in diversi incontri (Lima, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Quito e Bogotà) è stato anche sottolineano il ruolo a cui sono chiamate le classi dirigenti ed i governanti dell’America Latina, che in maggioranza si definiscono cattolici, e che, in quanto laici impegnati, non dovrebbero disattendere i doveri richiamati dalla dottrina sociale della Chiesa. Infine viene evidenziato lo stretto rapporto tra la “Caritas in veritate” e la “Populorum progressio” di Paolo VI - alla quale Benedetto XVI si riallaccia con forza - che venne accolta con grande entusiasmo in America Latina poiché nella regione il documento di Papa Montini venne pubblicato proprio alla vigilia del sul viaggio a Bogotà per aprire i lavori della Seconda conferenza generale degli episcopati latinoamericani di Medellìn. Il riferimento a ciò che Paolo VI chiamò “indirizzo sociale” nel discorso di apertura dell’incontro, e che inquadrò nel contesto della Dottrina sociale, resta nella memoria storica delle chiese e dei popoli della regione, come uno dei momenti più alti dell’impegno ecclesiale in favore della promozione umana. Oggi, “alla luce della ‘Caritas in veritate’ quest’eredità si rinnova dando slancio all’impegno delle nostre Chiese al servizio della vita, punto di partenza di qualsiasi società veramente umana”, ha ricordato l’arcivescovo di Lima, il cardinale Juan Luis Cipriani. (A cura di Luis Badilla)

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    Ventimila migranti rapiti ogni anno in Messico

    ◊   Ogni mese in Messico spariscono più di 1.600 persone dirette irregolarmente negli Stati Uniti. Arrivano da ogni paese dell’America centrale, più della metà dall’Honduras. Le cifre sui rapimenti dei migranti sono l’esito di un’inchiesta della Commissione nazionale dei Diritti umani messicana durata da settembre 2008 al febbraio di quest’anno, diffusa dall’Osservatorio pastorale della Conferenza episcopale dell’America Latina e ora all’esame dell’Istituto nazionale della Migrazione. Nei sei mesi esaminati dal rapporto i sequestri hanno raggiunto quasi quota diecimila e la cifra potrebbe verosimilmente rispecchiare la media annuale, ventimila sparizioni. Di solito i migranti sono catturati a bordo dei treni che li portano oltreconfine, oppure mentre si nascondono nelle stazioni in attesa di partire, sempre in gruppo, per lo più nel sud del paese. Dopo averli maltrattati, i rapitori chiedono ai prigionieri un riscatto dai 1.500 ai 5.000 dollari a persona. Cifre alla mano, il traffico potrebbe aver fatto guadagnare ai malviventi almeno 25 milioni di dollari in soli sei mesi. I rapitori sono ben organizzati, ma soprattutto ben protetti dai membri corrotti delle autorità statali. Agiscono in bande armate con la complicità delle forze dell’ordine: quasi tutte le vittime hanno raccontato di essere state fermate, con la promessa di cibo o di un passaggio per gli Stati Uniti, da uomini in uniforme, a volte in pattuglia. Molti hanno raccontato che gli agenti della polizia si facevano vivi anche durante i giorni di prigionia, portavano denaro o alcol ai sequestratori, altre volte aiutavano persino a sorvegliare i luoghi di detenzione. A causa della collusione con le autorità, i rapimenti restano normalmente impuniti. Sempre che le vittime scelgano di sporgere denuncia: per paura di ritorsioni violente, la maggior parte dei sequestrati sceglie di tornare al proprio paese di origine senza rivolgersi alle autorità. Il commissario dell’Inm, Cecilia Romero, ha riconosciuto le responsabilità dello Stato nei confronti di un fenomeno in crescita continua: “per molto tempo – ha detto – le istituzioni non lo hanno affrontato con sufficiente serietà”. Sulla frontiera messicana è stato rapito anche un soldato statunitense, James Gonzales, 24 anni. Di lui non si hanno notizie dall'11 luglio, quando aveva detto alla famiglia di essere diretto a Laredo, una città texana di confine. Il suo telefonino è spento, la sua Bmw è sparita nel nulla. Il 13 non si è presentato in servizio, ma al comando militare è arrivata la richiesta di un riscatto di 100mila dollari e del ritiro delle truppe schierate lungo il confine. (V.F.)

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    Orissa: si costituiscono due maoisti per l'omicidio del leader indù, origine delle violenze anti-cristiane

    ◊   A undici mesi di distanza dall’assassinio del leader fondamentalista indù Swami Laxamananda Swaraswati – avvenuto il 23 agosto 2008 – che aveva scatenato il pogrom anti-cristiano in Orissa, un’altra coppia di giovani maoisti si è costituita alla polizia confessando di essere coinvolta nell'omicidio. Si tratta di Surendra Brekedda, 20 anni, e di sua moglie diciannovenne Jaya Ruppy. Ieri i due giovani, entrambi membri del Partito comunista-maoista, bandito nel Paese, si sono consegnati agli agenti del distretto meridionale di Rayagada. Per quell’assassinio dello Swami Laxamananda, i fondamentalisti indù puntarono il dito contro la comunità cristiana, perpetrando omicidi, stupri e violenze di ogni tipo. I maoisti avevano intimato allo Swami di fermare la “campagna di scontri sociali” e di “tensione”, alimentata nel distretto; egli è stato ucciso perché “non ha voluto seguire l’avvertimento”. Il fatto è stato confermato dallo stesso leader dei maoisti, Sabyasachi Panda, che fin dall’ottobre 2008 ha ammesso le “responsabilità del movimento” nella morte dell’estremista indù. Sajan K George, presidente di Global council of Indian Christians (Gcic), spiega ad AsiaNews che “il regno del terrore, dopo 11 mesi, continua nella regione, con i protagonisti delle violenze che lanciano ancora oggi minacce di morte ai testimoni”. “La realtà a Kandhamal – prosegue l’attivista cristiano – rivela il tentativo di un segmento della società di promuovere divisioni politiche, a discapito dell’armonia e della convivenza pacifica in Orissa”. Il presidente di Gcic, insieme ad altre organizzazioni a tutela dei diritti umani, invita i leader fondamentalisti indù a smetterla di lanciare “false accuse” sul coinvolgimento dei cristiani nella morte dello Swami. “I cristiani sono una minoranza microscopica – prosegue – e credono nella pace e nello sviluppo di un sistema per il bene di tutta la comunità. Di oltre 750 fascicoli di indagine aperti da diversi distretti di polizia a Kandhamal e Gajapati, solo uno si è concluso con la condanna e gli estremisti minacciano di uccidere i testimoni”. Per questo il Gcic lancia un appello a tutte le componenti della società perché diano “una possibilità alla pace” e trasformino “l’Orissa in uno Stato prospero, dove nessuno soffra la fame”. Dall’agosto 2008 sino al febbraio scorso, le violenze contro i cristiani in Orissa hanno distrutto 315 villaggi, 4640 case, 252 chiese e 13 scuole. Le persone rimaste uccise sono 120, ma alcune cifre governative parlano di 500 morti; tra essi 10 religiosi. (R.P.)

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    Epidemia di colera nello Zimbabwe: tragedia consumata nel silenzio

    ◊   Quasi 4.500 morti e 100 mila persone contagiate in un anno è il drammatico bilancio, ancora provvisorio, dall’emergenza colera nello Zimbabwe, cui la rivista “Africa” dei Missionari d’Africa dei Padri Bianchi dedica uno speciale. Il racconto di questa tragedia, iniziata alla fine del 2008 e “passata sotto silenzio”, è affidato ad un fotoreportage di Giovanni Diffidenti, che ha visitato le aree più colpite, documentando in particolare l’impegno dell’organizzazione umanitaria Cesvi, a supporto delle cliniche locali nei distretti di Bindura e di Mazowe. “La prevenzione del contagio – spiega l’associazione - è legata alla distribuzione di kit composti da un secchio e pastiglie per la purificazione dell’acqua e sapone, abbinati ad interventi di educazione igienico-sanitaria nei villaggi e nelle scuole. L’accesso all’acqua viene garantito grazie alla costruzione di pozzi e alla messa in sicurezza di quelli già esistenti”. I Missionari d’Africa lavorano nel continente africano in parrocchie, scuole, ospedali, centri di formazione umana, spirituale e professionale, nei mass media, campi profughi e carceri. (R.G.)

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    Nepal: più di 200 morti per un'epidemia di diarrea

    ◊   Sono più di duecento i morti per l’epidemia di diarrea che da mesi sta colpendo la parte occidentale del Nepal, la più remota e povera del Paese. Rukum, Rolpa, Surkhet, Jajarkot sono i distretti più colpiti dall’epidemia. In queste zone la mancanza di strade adeguate e ospedali sta rendendo ancora più rapido il propagarsi della malattia. Sono infatti decine le persone infettate ogni giorno nei villaggi. In molti casi i corpi dei morti giacciono nei campi contaminando le falde acquifere. Tale situazione - riferisce l'agenzia Asianews - fa prevedere un considerevole aumento delle vittime nei prossimi mesi. Nonostante i primi decessi siano avvenuti circa tre mesi fà, il governo è intervenuto solo ora per fermare il propagarsi dell’epidemia nel resto del Paese. Dopo un primo sopraluogo, lunedì 20 scorso il primo ministro Madhav Kumar ha rassicurato la popolazione dichiarando di aver preso speciali misure per combattere in modo rapido l’epidemia. Egli ha ammesso le responsabilità delle istituzioni affermando che “questa situazione è dovuta a una mancata coordinazione delle autorità competenti”. In seguito alle dichiarazioni, Kumar ha reso nota l’intenzione di creare un fondo di soccorso che prevede una spesa di 100 euro per ogni famiglia colpita dalla malattia. Da parte sua, il segretario del Ministero della salute Dirgha Singh Bum ha detto che “l’intero ministero sta monitorando l’area ma ci vorranno diversi giorni per controllare il diffondersi dell'epidemia a causa delle pessime condizioni igieniche in cui vivono gli abitanti”. Intanto la popolazione più giovane fugge dai distretti colpiti per paura del contagio, lasciando nei villaggi i più anziani. (R.P.)

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    Drammatica la situazione dei bambini Tamil nei campi profughi dello Sri Lanka

    ◊   Le vere vittime del conflitto fra l’esercito nazionale cingalese e i guerriglieri delle Tigri Tamil - finito più di due mesi fa con l’uccisione del leader del Fronte di Liberazione Tamil - sono i bambini. Nei campi profughi la situazione igienico-sanitaria è drammatica: “I bambini sono traumatizzati, malnutriti e soffrono di diarrea”, hanno raccontato fonti anonime della zona 4 del campo di Vanni ad AsiaNews. Nessuno di loro vive assieme ai propri genitori, in molti li hanno persino visti morire. A tenere sotto stretta sorveglianza i minori nei campi sono i militari, nel timore che i miliziani li reclutino per combattere. Quasi quotidianamente si registrano morti sospette e sparizioni. Secondo l’esercito, gli ex bambini soldato individuati nei campi profughi sono almeno 300. Ma rieducarli è un’impresa ancora più difficile che per gli altri ragazzi: “I militari non consentono agli operatori di condurre questi ragazzi presso gli istituti dedicati alla loro riabilitazione. – ha spiegato la fonte – Infatti non è permesso il loro allontanamento per più di venti chilometri dall’area del campo. Di fatto sono detenuti all’interno di Vanni”. (V.F.)

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    Malaysia: cristiani preoccupati per possibili modifiche alla legge sulla conversione

    ◊   Le Chiese cristiane in Malaysia hanno espresso preoccupazione e perplessità per i possibili cambiamenti annunciati dal governo a leggi che regolano i rapporti fra sfera civile e sfera religiosa nel paese, in particolare con la religione islamica, professata dal 60% dei 28 milioni di cittadini malaysiani. L’amministrazione del premier Najib Razak si è infatti pronunciata favorevolmente su alcuni emendamenti alla legge costituzionale che regola conversioni, matrimoni e divorzi. I cristiani chiedono che, nelle variazioni che saranno eventualmente operate, si tengano tre punti fermi: in un matrimonio celebrato civilmente,nel caso di conversione di uno dei due coniugi all’Islam, la giurisdizione esclusiva per questioni e dispute, deve restare appannaggio dei tribunali civili; la religione di bambini e ragazzi inferiori a 18 anni non deve poter essere variata da uno dei due genitori, senza il consenso dell’altro coniuge; il coniuge convertito all’islam non deve abdicare ai doveri previsti dalla legge civile. Larghi segmenti della società civile malaysiana – notano i cristiani – credono e sostengono con forza la bontà di questi tre principi che tutelano anche le minoranze non musulmane e i rapporti fra le diverse comunità religiose, quando inseriti nel quadro dei rapporti civili. Il pericolo è che eventuali cambiamenti sbilancino la legislazione in favore delle prescrizioni islamiche. Attualmente in Malaysia esiste un sistema giuridico a doppio binario: i tribunali islamici, che applicano la sharia, regolano le questioni di diritto civile per i cittadini musulmani; i tribunali civili statali valgono invece per i cittadini non musulmani, appartenenti alle minoranze religiose che, sommate, compongono il 40% della popolazione. (R.P.)

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    L’arcivescovo di Dublino chiede una strategia contro la povertà in Irlanda

    ◊   L’Irlanda ha urgentemente bisogno di una strategia contro la povertà, ha detto l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin nel suo intervento a un incontro alla MacGill Summer School ripreso dall’Osservatore Romano. La crisi partita dalla vicina Gran Bretagna ha colpito duramente l’Irlanda, che si ritrova in condizioni economiche e finanziarie precarie e con una disoccupazione in aumento. Così l’arcivescovo ha scelto di spiegare la necessità di un intervento ampio e lungimirante attraverso le parole dell’enciclica “Caritas in veritate”. “Una strategia per la povertà – ha detto – non è soltanto un lusso in tempi di prosperità, ma un’esigenza essenziale in quelli di difficoltà”. La strategia di cui parla mons. Martin va ben oltre gli interventi tampone per la sicurezza sociale, mira a sostenere il potenziale umano e i talenti, deve “guardare agli investimenti nel campo educativo e alla lotta alle disuguaglianze sociali”. Basta quindi occuparsi della “sola emergenza”: è ora di “uno di quei salti quantitativi e qualitativi occasionali, che hanno caratterizzato la storia della politica in Irlanda”. Alla base di tutto, ha spiegato l’arcivescovo, c’è il degrado dei principi morali. “La sfida oggi – ha detto – non è solo quella di affrontare l’emergenza, ma di cambiare il nostro modo di occuparsi di politica e di cambiare noi stessi, come persone e come società. Un clima di onestà può essere generato solo da persone oneste”. Come ha scritto il Papa nell’enciclica, “lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune”. La crisi economica è una gran sfida per le istituzioni governative e finanziarie, nazionali e internazionali, le stesse che, ha ricordato l’arcivescovo, “sono rimaste a guardare, senza preoccuparsi quando i segni evidenti dell’egoismo sono fioriti e cresciuti”. In occasione della presentazione dell’enciclica anche la Conferenza episcopale d’Irlanda aveva specificato che “le misure adottate dai governi per incrementare la competitività non possono andare contro i più deboli”. La salvezza degli irlandesi, ha raccontato l’arcivescovo Martin, è stata e ancora sarà la solidarietà, anch’essa tutt’altro che un lusso in tempo di ristrettezze, una rete comunitaria indispensabile al di là dell’andamento politico del Paese che ha mantenuto unita la società e ha permesso “alle persone di sperare”. E “questo senso di autentica solidarietà comunitaria continuerà a essere necessaria, anzi ancor più necessaria in futuro”. (V.F.)


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    I vescovi canadesi si complimentano con la Commissione nazionale per gli autoctoni

    ◊   In una lettera al Presidente della Commissione Verità e Riconciliazione, Murray Sinclair, la Conferenza episcopale canadese si è complimentata per il lavoro svolto dall’organismo e ha assicurato preghiere e collaborazione. L’arcivescovo di Winnipeg, James Weisgerber, presidente della Conferenza, ha detto che i vescovi considerano “estremamente importante” l’operato della Commissione nel processo di risanamento e rinnovamento dei rapporti fra i canadesi autoctoni e non, così come fra i canadesi e la Chiesa cattolica nel Paese. “Crediamo – scrive Weisgerber – che la Commissione sarà aiutata e ispirata dall’udienza di Papa Benedetto XVI del 29 aprile 2009 ai leader canadesi cattolici e autoctoni, che ha segnato a suo modo una pietra miliare nel percorso verso nuove forme di cooperazione e partnership con le popolazioni originarie”. L’arcivescovo ha ribadito il messaggio della Conferenza episcopale contenuto in un documento pubblicato il primo maggio del 2008: la Commissione rappresenta “un’opportunità per la salvezza e la speranza”. (V.F.)

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    Tre-giorni per la “riconciliazione nazionale” in Zimbabwe

    ◊   Inizia domani in Zimbabwe una tre-giorni per la “riconciliazione”, un tentativo del governo di unità nazionale di segnare la fine di un lungo periodo di conflitti interni. Una serie di preghiere e incontri pubblici, che si svolgeranno nelle chiese ma non solo. L’iniziativa, riporta l’agenzia Misna, è stata annunciata ad Harare dal ministro responsabile in materia, Sekai Holland, membro dell’ex partito di opposizione Mdc e attivista politica contro il regime di Robert Mugabe. Dopo mesi di lotte politiche feroci, a marzo del 2008 Robert Mugabe, a capo dello Zimbabwe da oltre vent’anni, è stato riconfermato presidente dello Zimbabwe, mentre il governo di unità nazionale è stato affidato al suo storico oppositore, Morgan Tsvangirai, leader del Mdc. L’esecutivo tenta disperatamente di fermare l’inflazione nel paese, fra le più alte al mondo, prima scintilla delle rivolte fra i cittadini e persino fra le forze dell’ordine. (V.F.)

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    Il Malawi ha ricordato il 20.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II

    ◊   Il 18 luglio scorso, la Chiesa del Malawi ha festeggiato con una grande cerimonia al Kamuzu Stadium di Blantyre ben quattro avvenimenti: 50 anni dell'arcidiocesi di Blantyre; i 20 anni dalla visita in Malawi di Papa Giovanni Paolo II; la conclusione dell'Anno Paolino; l’ordinazione sacerdotale di 3 diaconi, 2 diocesani ed uno dell’ordine dei missionari Monfortani. “Nonostante il freddo (è l’inverno australe), lo stadio si è riempito quasi come il giorno della visita di Giovanni Paolo II. La celebrazione, iniziata subito dopo le nove di mattino, è terminata alle quattro e mezza del pomeriggio” dice all’Agenzia Fides, padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano che da decenni opera nel Malawi. Erano presenti gli 8 vescovi del Paese e il nunzio apostolico di Zambia e Malawi, mons. Nicola Girasoli. Particolarmente significativo per la storia del Malawi è stato il ricordo della visita effettuata nel Paese da Giovanni Paolo nel maggio del1989. “Il Papa aveva effettuato un viaggio in Africa, in Madagascar e Zambia, concludendolo proprio in Malawi” ricorda padre Gamba. “20 anni in Africa sono più di una generazione, eppure il ricordo di quella visita rimane fortemente impresso nella memoria fino a diventare storia. Erano gli anni della dittatura e del grande silenzio. La presenza di Giovanni Paolo II era riuscita a far prendere coscienza delle proprie responsabilità sociali ad una comunità cristiana molto numerosa, ma silenziosa; molto presente nel campo sociale ma incapace di rendere vivo l'insegnamento sociale del Vangelo. I vescovi in particolare si erano lasciati coinvolgere da questa ventata dello Spirito e nel 1992 avevano alzato forte la voce in difesa degli ultimi in quella, che all'inizio della Quaresima, è diventata la lettera pastorale più letta dalla gente del Malawi, “Living our Faith”. È stata la fine della dittatura e il trapasso pacifico alla democrazia”. “Cosa è rimasto di quella visita?” si chiede il missionario. “La riconquista della dignità di essere cristiano, la lettura del Vangelo nel vissuto, la coscienza che si può cambiare anche una situazione di oppressione.” (R.P.)

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    Unire le forze per aiutare oltre 7 milioni di malati di Alzheimer in Europa

    ◊   Un coordinamento di tutti gli Stati membri dell'Ue per migliorare la lotta al morbo di Alzheimer e ad altre malattie neurodegenerative: a sollecitarlo è la Commissione Europea. "Questi problemi sanitari e sociali comuni a tutta l'Europa - si legge in una nota diffusa oggi a Bruxelles - richiedono un coordinamento per garantire interventi efficaci di prevenzione, diagnosi, trattamento e cura per le persone che ne sono colpite". Per questo, "i Paesi europei sono anche invitati a condividere le proprie risorse”, “programmando per la prima volta insieme gli investimenti nella ricerca invece di farlo individualmente". "La popolazione europea invecchia - ha rimarcato il commissario alla Sanità, Androulla Vassiliou - e per questo dobbiamo unirci per capire meglio queste condizioni e prevenirle. Dobbiamo dimostrare la nostra solidarietà nei confronti delle persone affette da demenza mettendo in comune le buone prassi per curarle e rispettando i loro diritti e la loro dignità". Oggi in Europa sono più di 7 milioni le persone colpite dal morbo di Alzheimer e da altre patologie correlate e nei prossimi 20 anni si prevede che questo numero raddoppierà. Quattro le aree di azione proposte dalla Commissione: interventi tempestivi per diagnosticare la demenza e ridurne il rischio; migliore coordinamento delle attività di ricerca tra i Paesi dell'Ue; condivisione delle buone prassi e creazione di un forum di riflessione sui diritti, l'autonomia e la dignità dei pazienti. (R.G.)

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    L'arcivescovo di Valencia contrario al nuovo disegno di legge sull'aborto

    ◊   “Il disegno di legge (ddl) che liberalizzerà ancora di più l'aborto appartiene alla cultura di morte e così rappresenta il massimo contrario dell'antropologia cristiana”. Lo ha detto l'arcivescovo di Valencia, mons. Carlos Osoro, intervenendo ai corsi estivi dell'Università “Rey Juan Carlos” ad Aranjuez. “La Chiesa – ha chiarito il presule – non fa campagna contro l'aborto, ma propone una maniera di intendere la vita”. Questa forma di vita, proposta dalla Chiesa, no è altro che la continuazione del messaggio che ci ha lasciato Gesù: “la difesa della vita, dal concepimento alla morte”. “Gesù Cristo – ha ribadito l'arcivescovo – è venuto a questo mondo per darci e regalarci la vita. Perciò è di incredibile modernità presentare la concezione cristiana della vita”. Secondo mons. Osoro, “pensare e vivere come se Dio non esistesse, prima o poi ci porterà a vivere come se l'uomo non esistesse”. Dell'antropologia cristiana, ha continuato il presule ripreso dall'agenzia Sir, si parla nelle encicliche del Papa, “Deus caritas est” e “Caritas in Veritate”, e si tratta di una “antropologia dell'amore”. Precisamente, assumere come fondamento l'amore è una “pedagogia che sconvolge tutti i ragionamenti umani e tutte le logiche di questo mondo”, ha sottolineato l'arcivescovo. (R.P.)

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    Il cardinale Bozanic: missione delle Chiese dell’Europa centrale è salvare l’anima del continente

    ◊   Le Chiese dell’Europa centrale hanno “il compito di salvare l’anima del nostro continente”. Lo ha detto il cardinale Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria e vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) in un’intervista al settimanale della diocesi di Gorizia, “Voce Isontina”, pubblicata dall’agenzia stampa Sir. Per il cardinale “la missione speciale” di queste Chiese è “impegnarsi in prima persona” e gli europei devono “saper alzare di più la voce” per compierla. L’anima europea, ha spiegato Bozanic, “ha radici cristiane”, “ha sempre saputo aprirsi alle diverse culture con cui è entrata in contatto”, facendole diventare un’occasione di arricchimento reciproco. Per questo l’arcivescovo di Zagabria è convinto del “valore aggiunto” che la Croazia potrebbe portare all’Unione Europea con la sua adesione, portando “le sue specificità in campo culturale e sociale ma anche quei fondamenti su cui si è costruita la nostra nazione. Fondamenti che vanno ricercati nella fede in Dio, nell’attaccamento alla Chiesa, in una forte devozione mariana senza dimenticare che da sempre fondamento del popolo croato è proprio la famiglia”. Proprio per salvaguardare la famiglia il cardinale chiede ai cristiani e “a tutti gli uomini di buona volontà” un impegno particolare: “Se si distrugge questa istituzione – ha detto – allora tutti, ma principalmente bambini e giovani, saranno lasciati in balia di coloro che li vogliono manipolare e la società sarà inevitabilmente destinata alla rovina. Non dimentichiamo che è la famiglia a offrire sicurezza e stabilità per tutta la vita all’uomo”. (V.F.)

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    Perù: apertura dell’Anno giubilare per i 400 anni della diocesi di Arequipa

    ◊   Si è aperto l’Anno giubilare per i 400 anni della diocesi di Arequipa in Perù. Ad inaugurare l’evento domenica scorsa una Messa, presieduta dal vescovo della città mons. Javier Del Río Alba e concelebrata da cento sacerdoti nello stadio dell’Università nazionale di San Agustín, che ha accolto oltre 30 mila fedeli. Nella sua omelia il vescovo - riferisce l’agenzia Zenit - ha ripercorso la storia di Arequipa, a partire dalla sua fondazione il 20 luglio nel 1609, ringraziando i primi Ordini religiosi che evangelizzarono questa zona del Paese, i Domenicani, i Francescani, i Mercedari, gli Agostiniani ed i Gesuiti. Mons. Del Río Alba ha poi spiegato che il senso di questo Anno giubilare prende ispirazione dalla Lettera “Tertio Millennio Ineunte” di Giovanni Paolo II, traendone tre idee fondamentali affinché questo tempo sia vissuto dai fedeli nella grazia, nella riconciliazione e nella giustizia sociale. In particolare ha annunciato l’intenzione in questo anno giubilare di istituire le Caritas parrocchiali ed avviare un Centro di studi e sviluppo umano integrale, diretto a giovani e madri di famiglia povere, ispirato alla terza enciclica di Benedetto XVI, “Caritas in Veritate”. Prima di concludere la celebrazione, mons. Del Río ha benedetto 10 giovani artisti che si dedicheranno all’arte sacra dell’iconografia abbellendo le chiese della città. “Desideriamo recuperare la preghiera del cuore – ha sottolineato - attraverso l’arte religiosa che è patrimonio della Chiesa Universale”. In chiusura della celebrazione si è svolta la processione delle immagini della “Vergine di Chapi” e del “Cristo della Carità”. (R.G.)

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    Lettera pastorale dei vescovi venezuelani per i 50 anni dei “Cursillos de Cristiandad”

    ◊   “L’ora che vive la nostra nazione è l’ora dei coraggiosi, di coloro che sono disposti a dare ragione della loro speranza e della loro fede, nella consapevolezza che queste sono basate sull’esigenza dell’amore a Dio e ai fratelli”. Lo scrivono i vescovi del Venezuela in “Una pioggia di grazie di 50 anni”, la Lettera pastorale in occasione del mezzo secolo dal primo “Cursillo de Cristiandad” nel Paese, che si celebrerà il 20 agosto. Ricordando la fondazione del movimento in Spagna, i vescovi spiegano che “il Movimento dei Cursillos nacque con un carisma profondamente impegnato verso il mondo, perché lanciava coloro che lo realizzavano, dopo che questi avessero sperimentato una profonda conversione, ad essere ognuno fermento del Vangelo nei loro ambienti, incominciando dal più naturale, quello della propria famiglia”. In tal modo “i cursillos devono sentirsi davvero impegnati con la loro realtà. Devono fuggire dal conformismo, dalla paralisi sociale e dallo spiritualismo. E devono sentirsi strumenti della Grazia di Dio per estendere il suo Regno nella nostra patria”. Nel testo della lettera, ripreso dall’agenzia Fides, i presuli ricordano i Cursillos sono serviti al Paese “per rendere i laici venezuelani, uomini e donne, più attivi nella costruzione del Regno di Dio nella nostra società, convertendosi, così, in apostoli di Gesù Cristo nella realtà quotidiana”. Dal contatto con il movimento i laici iniziarono “a comprendere che il loro impegno di fede non poteva essere paralizzante di fronte ad una realtà che esigeva loro sempre di più un’azione apostolica integrata con ciò che quotidianamente ciascuno viveva, allontanando così uno spiritualismo sterile e pericoloso”. I vescovi descrivono il carisma dei Cursillos (che "dopo sessanta anni dalla nascita nel mondo e cinquanta in Venezuela, ha piena validità”) secondo i loro due obiettivi principali: la conversione della persona e il fermento evangelico degli ambienti. Oggi c’è ancor più bisogno di vivere la propria fede con responsabilità e arditezza, scrivono, “di coloro che hanno già frequentato un Cursillo di Cristianità; che vivono il loro contatto frequente e familiare con Dio attraverso la preghiera; che hanno compreso che la fede deve essere illustrata con i criteri solidi dati dalla stessa Parola di Dio e dal Magistero della Chiesa; che si riconoscono apostoli del Vangelo dell’amore in ognuno dei loro ambienti”. In questo modo il Venezuela potrà vivere “effettivamente la ri-cristianizzazione di cui ha tanto bisogno e si ripristinerà il vissuto dei valori e dei principi umani e cristiani che sono andati sfumando”. Per questo i Cursillos devono continuare nella loro missione di formare leader cristiani. Inoltre, secondo i vescovi, “il Movimento dei Cursillos è chiamato nelle attuali circostanze a realizzare coraggiosamente un’apertura pastorale alle situazioni concrete che si vivono nel Paese”, soprattutto a quella della famiglia. (V.F.)

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    Restano in carcere in Cina i sei blogger che hanno denunciato uno stupro

    ◊   Sono ancora in carcere – denuncia l’associazione Reporter senza frontiere - i sei blogger (You Jingyou, Fan Yanqiong, Wu Huaying, Guo Baofeng, Qun Huanhui e sua moglie), arrestati in Cina, a fine giugno 2009, dalle autorità della provincia di  Fujian, nel sud-est del Paese, con l'accusa di "diffamazione" e "alto tradimento". I blogger avevano pubblicato degli articoli su una ragazza, Yan Xiaoling, che sarebbe morta, l'11 febbraio 2008, a seguito di uno stupro collettivo. I blogger arrestati avevano, nei loro articoli, riportato le prime dichiarazioni degli infermieri che avevano soccorso la vittima e che parlavano di morte per forte emorragia dovuta allo stupro di almeno cinque o sei persone. Dati contestati dalle autorità locali che avevano subito dichiarato che nessuna violenza era stata inflitta a Yan Xiaoling. Affermazioni che avevano chiuso un'inchiesta mai aperta. Nessuno risulta imputato. Ai sei blogger imprigionati è stata recentemente vietata una visita de i loro avvocati in base all'articolo 96 della seconda sezione del Codice penale cinese, secondo il quale le autorità possono impedire l'incontro tra l'avvocato e il suo cliente, se si tratta di un caso che può riguardare un segreto di Stato. (R.G.)

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    Al via il 26 luglio le Settimane teologiche di Camaldoli organizzate dalla Fuci

    ◊   Al via da domenica prossima 26 luglio, le Settimane teologiche di Camaldoli, tradizionale appuntamento estivo della Fuci, la Federazione universitaria cattolica italiana. Giovani universitari e monaci della Comunità di Camaldoli si ritroveranno in amicizia e fede. La prima settimana dal 26 luglio all’1 agosto – riferisce l’agenzia Zenit – avrà per tema: “Atti degli apostoli, cittadini del mondo, cittadini del Regno”, per esplorare il rapporto tra vita civile e tensione alla vita eterna. I giovani saranno guidati da padre Paolo Bizzeti, biblista e dal prof. Franco Riva, docente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La seconda settimana dal 2 all’8 agosto avrà per titolo: “Le sfide della bioetica e la questione antropologica”. Anche per questa settimana saranno due i relatori: mons. Cataldo Zuccaro, rettore della Pontificia Università Urbaniana e assistente nazionale del MEIC, e mons. Nunzio Galantino, responsabile del Servizio nazionale della CEI per gli Studi superiori di teologia e di Scienze religiose e docente presso la sezione S. Luigi della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Come da tradizione, lo sviluppo dei temi prevederà una serie di lezioni unite a momenti di dibattito e di confronto in laboratori di gruppo. Le giornate saranno scandite, nella cornice del monastero e della foresta casentinese, dai ritmi della preghiera della comunità monastica con cui gli universitari condivideranno la Liturgia delle ore, la Veglia notturna all’eremo, la Liturgia penitenziale e momenti di meditazione. Non mancheranno poi, fedeli alla lunga tradizione fucina, serate di divertimento arricchite dalla fantasia e dall’entusiasmo dei giovani provenienti da tutta Italia. (R.G.)

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    Italia: studenti universitari in aiuto dei terremotati d'Abruzzo

    ◊   Un centinaio di studenti universitari provenienti da tutta Italia si ritroveranno per una settimana in Abruzzo, a studiare gli aspetti etici dell’economia e a lavorare come volontari nelle tendopoli che accolgono gli sfollati a causa del terremoto, dando vita alla 51° edizione della Summer School “College of Humanities and Science”, promossa dalla Fondazione Rui, da oggi al 31 luglio. La cerimonia di apertura si terrà sabato 25 luglio a L’Aquila, alle ore 10, presso l’Aula Magna della Scuola Superiore Reiss Romoli. Sarà Guido Bertolaso, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Commissario straordinario per l’emergenza in Abruzzo, a inaugurare ufficialmente i lavori della Summer School. I partecipanti all’iniziativa - riferisce l'agenzia Fides - sono studenti universitari provenienti da tutta Italia, in particolare Sicilia, Calabria, Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Veneto e Abruzzo: molti di loro frequentano centri culturali e collegi universitari in cui le attività spirituali sono affidate alla Prelatura dell’Opus Dei. Gli studenti hanno scelto quest’anno di svolgere in Abruzzo il loro incontro annuale per stare vicino ai loro colleghi e condividere le difficoltà che il terremoto ha provocato, approfittando del periodo estivo per dedicarsi allo studio e all’approfondimento di tematiche d’attualità, unendolo all’azione concreta di supporto alle popolazioni colpite dal sisma. La formula della Summer School prevede al mattino seminari e lavori di gruppo, e al pomeriggio attività di volontariato rivolte agli anziani e ai giovanissimi, con programmi di recupero didattico per i ragazzi che dal 6 aprile hanno interrotto la scuola. I giovani universitari si dedicheranno in particolare agli anziani delle RSA di Fontecchio (strutture residenziali extra ospedaliere che ospitano 110 persone con patologie diverse, in una situazione di solitudine difficile, aggravata da problemi di salute) e ai bambini di San Felice D’Ocre, con un programma di recupero didattico. (R.P.)

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    A Chianciano Terme sessione di formazione ecumenica sulla "Parola della Croce"

    ◊   Alla base della 46ª sessione di formazione ecumenica, promossa dal Segretariato attività ecumeniche (Sae) dal 26 luglio al 1° agosto a Chianciano Terme, c'è “il desiderio di trovare davanti alla Croce e alla parola della croce una spinta ad uscire dalle secche in cui da un po' di anni sembra essersi incagliato il movimento ecumenico”. Lo dice Meo Gnocchi, presidente del Sae, in un'intervista all'agenzia Sir, nella quale spiega la scelta del tema di quest'anno: “La Parola della Croce. Interrogativi e speranze per l’ecumenismo e il dialogo”. “Di fronte alla croce, al Dio della croce che è il Dio dell'Amore che si spoglia, si abbassa, si dona – prosegue Gnocchi - si spera che anche i credenti, i cristiani, le Chiese possano imparare a spogliarsi un po' delle loro presunzioni, delle loro pretese di potere, delle loro arroganze o delle loro chiusure dentro immagini di sé e formulazioni della propria esperienze che non consentono di superare certi steccati”. Per il responsabile del segretariato ecumenico “ha agito, dunque, questo desiderio di trovare alla radice e di fronte alla sconcertante e scandalosa evidenza della Croce una spinta a ritrovare un'ispirazione in senso ecumenico. Con questo tema vogliamo tornare alle fonti del proprio credere, del proprio essere, della propria esperienza di fede e di vita ecclesiale”. Il tema sarà sviluppato a partire dalle diverse letture della croce date nelle prime comunità cristiane e riflesse negli scritti neotestamentari. Per poi passare ai grandi filoni teologici occidentali e orientali. “Accanto a questi percorsi tradizionali – sottolinea Gnocchi - abbiamo chiesto l'intervento della teologa cattolica Cristina Simonelli, che ci parlerà delle teologie femministe a proposito della Croce, che hanno riflettuto soprattutto sull'idea del sacrificio e hanno alcune piste di ricerca interessanti”. Quest'anno la sessione sarà caratterizzata, oltre che dalle tradizionali relazioni, da momenti di riflessione attraverso la narrazione. Come giovedì 30 luglio, quando la serata sarà dedicata al 50° anniversario dell'annuncio del Concilio, attraverso lo spettacolo 'Il Papa, la luna e la carezza' messo in scena da Marco Capedelli e dal gruppo “Il Nardo”. Nel corso della sessione sarà ricordato anche il 500° dalla nascita di Giovanni Calvino. E durante i vari incontri prenderanno la parola anche autorevoli esponenti di ebraismo e islam. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Gli Usa confermano il sostegno alla Georgia

    ◊   Confermare il sostegno di Washington alla Georgia, a quasi un anno dalla guerra con la Russia. Questo lo scopo del viaggio del vicepresidente americano, Joe Biden, a Tblisi. Dopo la tappa in Ucraina, il numero due della Casa Bianca è arrivato ieri nella Repubblica georgiana per consegnare al presidente, Mikhail Saakashvili, un messaggio di "sostegno alla democrazia" e un appello per accelerare il processo di riforme nel Paese. Il servizio di Marco Guerra:

    “La ragione per cui sono qui è mostrare che siamo con voi'': le parole del vicepresidente americano Joe Biden confermano il sostegno alla sovranità della Georgia e rilanciano l’impegno degli Stati Uniti per favorire la crescita dell'economia, il rafforzamento della sicurezza e lo sviluppo della democrazia nel Paese caucasico. Il colloquio a porte chiuse con presidente georgiano, Mikhail Saakashvili, conclude il viaggio del numero due della Casa Bianca in Ucraina e Georgia, le due Repubbliche ex sovietiche più vicine a Washington che aspirano ad entrare nella Nato. Biden, dicono gli osservatori, controbilancerà il suo discorso di sostegno con l'invito al governo georgiano a consolidare con le riforme la “Rivoluzione delle rose”, che nel 2003 portò al potere Saakashvili. Ma il principale dei temi in agenda, come conferma un ministro di Tbilisi, resta la sicurezza nella turbolenta regione caucasica, dove si è rinforzata l’influenza russa. E di questo è consapevole anche Mosca che, attraverso il viceministro degli esteri Karasin, si è detta “profondamente preoccupata per le attività di rimilitarizzazione della leadership georgiana”. ''Continueremo a impedire il riarmo del regime di Saakashvili - ha poi detto l’esponente della diplomazia russa - e prenderemo misure concrete per questo”.

     
    Pakistan
    Saad bin Laden, terzogenito di Osama bin Laden, potrebbe essere morto in un raid aereo statunitense nelle zone tribali del Pakistan, all’inizio dell’anno. A riferirlo è stato un funzionario del controspionaggio Usa alla National Public Radio americana. Nel gennaio del 2009, il Dipartimento del Tesoro americano aveva congelato i beni di Saad bin Laden sulla base del sospetto di appartenere alla rete terroristica di al Qaida. Tuttavia, il figlio del leader di al Qaida non avrebbe un ruolo significativo all'interno dell'organizzazione terroristica. Da un portavoce dei ribelli, giunge invece la smentita della morte di un comandante dei talebani nella valle dello Swat, dove è in corso l’offensiva dell’esercito pakistano.

    Elezioni presidenziali in Kirghizistan
    È molto alta l’affluenza alle urne a poche ore dalla chiusura dei seggi elettorali per le elezioni presidenziali in Kirghizistan. Uno fra i Paesi attualmente più poveri e instabili dell'Asia centrale, conteso tra Mosca e Washington per la sua posizione strategica vicino all'Afghanistan, deciderà chi sarà il capo di Stato per i prossimi cinque anni di governo. Il servizio di Mariella Pugliesi:

    Sarebbe il premier uscente, Kurmanbek Bakiev, il grande favorito dai sondaggi elettorali della Repubblica asiatica del Kirghizistan. Il presidente ha mobilitato circa 5000 uomini nella capitale per garantire l'ordine pubblico, dopo che l'opposizione aveva annunciato manifestazioni di piazza contro un voto considerato illegittimo per presunti abusi nella campagna elettorale. Lo sfidante principale è Almazbek Atambaiev, ex premier, candidato del Movimento del popolo unito. Perché il voto sia considerato valido, deve recarsi alle urne oltre il 50 per cento dei 2,7 milioni di aventi diritto. Dopo i moti del 2005, che hanno rovesciato il regime autocratico del presidente Askar Akayev, il Paese si muove sulla via della democrazia. Ma la Repubblica asiatica del Kirghizistan - nata dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991 e con una popolazione in gran parte musulmana - presenta gravi problemi sociali e sanitari. L'elevato debito estero e la mancanza di risorse naturali provocano forti migrazioni di popolazione sia all'interno del Paese sia verso la Russia. Oltre metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà e un quarto in condizioni di miseria estrema. Di recente, il parlamento del Kirghizistan ha deciso di rinnovare il milionario contratto d'affitto della base aerea di Manas agli Stati Uniti, scalo fondamentale per le operazioni statunitensi in Afghanistan.

     
    Stati Uniti – Iraq
    Nuova fase nei rapporti tra Stati Uniti e Iraq. Il capo della Casa Bianca, Obama, ha ricevuto ieri il primo ministro iracheno, al-Maliki. “Il futuro è di chi costruisce”, hanno concordato i due leader. Barack Obama ha confermato il ritiro delle truppe americane dall’Iraq entro il 2011, mentre al-Maliki ha auspicato una cooperazione più forte tra le parti e la lotta ad al-Qaida.

    Vertice Asean: scontro tra Usa e Corea del Nord Non accenna ad attenuarsi il contrasto tra Stati Uniti e Corea del Nord sul programma nucleare di Pyongyang. Una nuova impasse sui colloqui per il disarmo si è registrata in occasione del vertice dell’Asean, in corso in Thailandia, dove erano presenti le delegazioni di entrambi i Paesi. Il servizio di Marco Guerra:

    “Gli Usa non trascureranno alcun mezzo che possa convincere la Corea del Nord a rinunciare al suo programma nucleare e a normalizzare le sue relazioni con la comunità internazionale”. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, apre ad ogni possibilità di intervento su Pyongyang e fornisce assicurazioni ai Paesi del Sudest asiatico circa l'impegno di Washington a esercitare pressioni in modo che rinunci al suo programma nucleare militare. Nel suo intervento al vertice Asean di Puket, la Clinton non ha poi escluso nuove sanzioni da parte delle Nazioni Unite. “La Corea del Nord - ha detto ancora il segretario di stato Usa - non ha amici che la proteggano nella comunità internazionale”. Eppure, poche ore prima, ad alzare la voce era stata proprio la delegazione nordcoreana, dicendosi non disposta a proseguire i colloqui a sei sul disarmo. Gli incontri con Usa, Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud potranno riprendere, ha detto l’ambasciatore di Pyongyang, solo quando cesserà "l'atteggiamento ostile" degli Stati Uniti. E mentre va in scena l’ennesimo braccio di ferro tra le parti, Seul rivela che si stanno vagliando degli incentivi per far tornare la Corea del Nord al tavolo delle trattative, “una volta che la fase punitiva sarà conclusa”.

     
    Manuel Zelaya tenterà di rientrare in Honduras
    L’ex presidente dell'Honduras, Manuel Zelaya, in esilio forzato dopo quasi un mese dal golpe che lo ha obbligato a lasciare il suo Paese, ha annunciato che oggi si trasferirà da Managua verso una zona al confine col suo Paese, in modo da tentare il rientro in patria. Zelaya ha dichiarato, inoltre, che la mediazione voluta dagli Usa e portata avanti da Oscar Arias, in Costa Rica, è fallita.

    Somalia
    Sono almeno 25 le vittime della battaglia in corso a Mogadiscio tra gli insorti islamici e le truppe governative appoggiate dall'Amisom, la missione di pace panafricana per la Somalia. Si tratta di uno dei più violenti combattimenti dall’inizio dell’offensiva degli insorti, iniziata il 7 maggio scorso. Pesantissimo, finora, il bilancio. Oltre 350 morti e 1.500 feriti, 230 mila sfollati in fuga disperata. Nelle ultime settimane, le truppe regolari hanno avuto una serie di successi importanti, tuttavia si registrano continui rovesci della situazione e i miliziani integralisti controllano ancora buona parte della città.

    Influenza A-H1N1
    Crescono i casi di contagio dell’influenza A-H1N1 che si sta propagando in molti Paesi del mondo. Le autorità sanitarie della Nuova Zelanda hanno comunicato di aver confermato 14 decessi correlati alla nuova influenza, aggiungendo che altre 11 morti sono attualmente in corso di valutazione. I ministri della Sanità arabi per la prima volta hanno fissato una serie di restrizioni al tradizionale pellegrinaggio alla Mecca, in Arabia Saudita, a causa della diffusione del virus nei Paesi della regione. I responsabili della Sanità degli Stati arabi hanno deciso di escludere dai pellegrinaggi chi ha più di 65 anni e i ragazzi al di sotto dei 12 anni. In Italia, durante il question time alla Camera, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha comunicato che è in atto un aumento dei casi di nuova influenza. Le misure di sorveglianza e di controllo avrebbero limitato il numero di casi nel Paese a 320.

    Aiuti europei per l’Abruzzo
    La Commissione europea ha proposto lo stanziamento di 494 milioni di euro per far fronte all'emergenza determinata dal terremoto a l'Aquila. "Si tratta", ha spiegato un portavoce della Commissione, "del più consistente stanziamento dalla creazione del fondo di solidarietà, che nacque nel 2002". La Commissione, ha aggiunto il portavoce, "si aspetta un incremento della cifra in autunno". La proposta deve passare ora al vaglio del parlamento europeo. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Mariella Pugliesi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 203

     
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