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Sommario del 21/07/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI al Tour de France che transita vicino a Les Combes: lo sport rispetti i valori educativi e morali. Intervista con padre Lombardi
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Dal Sudafrica, Msf denuncia: pochi fondi e farmaci cari per i malati di Aids
  • Al Tribunale dell'Aja il processo a Karadzic, accusato di crimini contro l'umanità in Bosnia
  • Incidenti e pirati della strada, oltre al Codice va spiegata l'etica delle norme. L'opinione di don Mario Lusek
  • L'escursione tra la natura delle Dolomiti, occasione per riscoprire la propria interiorità. Intervista con padre Diego Soravia
  • Chiesa e Società

  • Messaggio della Kek al termine della 13.ma plenaria: "In quanto cristiani osiamo sperare"
  • Africa: documento finale della Commissione Dialogo interreligioso ed ecumenismo
  • Vietnam: percosse e arresti per sacerdoti e fedeli nella storica chiesa di Tam Toa
  • Uganda: la Chiesa cattolica aiuta gli sfollati a reinserirsi nella vita sociale
  • I vescovi messicani chiedono un nuovo sforzo per combattere la violenza che sta minando il Paese
  • Il commento del presidente dei vescovi brasiliani all’enciclica "Caritas in veritate"
  • Pelleggrinaggio in Terra Santa per 1.700 universitari francesi
  • Il Patriarcato ortodosso russo denuncia il degrado della televisione
  • Ortodossi e cattolici a Corinto sulle orme dell’Apostolo Paolo
  • Numerosi i fedeli anglicani che studiano la tradizione cattolica
  • Compie 10 anni il progetto della Fondazione BMS per l'Africa subsahariana
  • La diocesi di Macerata accoglie pellegrini cinesi sulle orme di padre Matteo Ricci
  • Visita in Africa del Preposito dei gesuiti padre Adolfo Nicolás
  • Ad agosto torna "Tonalestate 2009", la rassegna sul tema Scienza e Fede
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan: scia di attentati suicidi contro le forze governative. Almeno una decina i morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI al Tour de France che transita vicino a Les Combes: lo sport rispetti i valori educativi e morali. Intervista con padre Lombardi

    ◊   Sarà un primo pomeriggio piuttosto particolare quello che oggi avrà per teatro la località valdostana di Introd, nella cui frazione di Les Combes Benedetto XVI ha iniziato ieri la sua seconda settimana di soggiorno montano. In questa zona, a pochi metri dallo chalet che ospita il Papa, transiterà la carovana ciclistica del Tour de France. Per l’occasione, Benedetto XVI rivolge un messaggio alla corsa affinché, in questo periodo estivo di competizioni, lo sport “contribuisca - scrive - alla crescita integrale della persona” e “non sia mai separato dal rispetto dei valori morali e sia attento ai valori educativi”. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, raggiunto telefonicamente a Les Combes:

    R. - Ho visto che, qui, questo evento è considerato molto importante, anche per alcune circostanze: sono circa 60 anni che il Tour non passa in Val d’Aosta, e quindi è considerato un avvenimento eccezionale. Inoltre, mi hanno detto che il primo vincitore del Tour de France era un valdostano. Quindi, loro avvertono questo passaggio come un qualcosa di molto speciale. Naturalmente, è anche un momento di richiamo e di attenzione sulla Valle, e quindi per motivi turistici si tratta di un’occasione che le autorità, i responsabili del turismo della Valle cercano di utilizzare al meglio. Ma, effettivamente, c’è anche la circostanza simpatica di un itinerario che passa proprio sotto, nella Valle, ma molto vicino ad Introd e quindi anche alla residenza del Santo Padre, che si trova più elevata ma comunque vicinissima al passaggio. Per questo motivo, è stato suggerito questo messaggio e ben volentieri il Papa è stato disponibile per un saluto che, naturalmente, è molto semplice ma significativo. Tra l’altro, mi sembra che questa sia una stagione, un periodo in cui ci sono tanti eventi, tante manifestazioni sportive - pensiamo anche solo ai Mondiali di nuoto in corso a Roma - e quindi il fatto di salutare una manifestazione sportiva, incoraggiare ai valori positivi che ci sono nell’attività sportiva per la crescita della persona, è una cosa che certamente rientra nello spirito dell’amicizia, dell’incoraggiamento per tutto ciò che di buon c’è nell’attività umana e che, in particolare, in questo tempo estivo trova un suo spazio particolarmente favorevole. C’è da dire che oggi pomeriggio si prevede che, quando il Tour passerà proprio qui in Valle d’Aosta, l’elicottero che accompagna sempre la corsa per le riprese aeree sorvoli la residenza del Papa e ne riprenda delle immagini. C’è, quindi, tutta un’attesa, una simpatica atmosfera di eccitazione intorno a questo evento sportivo.

     
    D. - Questo evento, in qualche modo, riporta in un binario più di riposo, di svago, un soggiorno che per il Papa è iniziato con una intensità imprevista a causa dell’infortunio. Come ha ripreso, il Santo Padre, il suo soggiorno?

     
    R. - Mi sembra che l’infortunio sia stato assorbito in tempi molto brevi e che non abbia inciso tantissimo, perché l’appuntamento importante di Romano Canavese è stato rispettato pienamente e anche l’altro appuntamento importante, previsto con il clero di Aosta venerdì sera, non subisce nessun condizionamento come pure l’Angelus di domenica prossima. Naturalmente, il condizionamento maggiore è quello nell’uso della mano che modifica il tipo di attività personale del Santo Padre nel suo lavoro di scrittura. Questo, certamente, ha qualche conseguenza sul programma di lavoro personale del Papa. Ma sono le evenienze con cui bisogna fare i conti e mi pare che si portino con grande serenità e pazienza.

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    Nomina

    ◊   Nelle Filippine, Benedetto XVI ha nominato vescovo di San José de Antique mons. José Romeo Orquejo Lazo, finora vescovo di Kalibo. Originario della medesima città, mons. Orquejo Lazo, 60 anni ha svolto gli studi filosofici presso il seminario di "St. Peter" e quelli teologici presso il Seminario Maggiore "St. Vincent Ferrer" di Jaro. Li ha poi perfezionati presso l'"East Asian Pastoral Institute" e l "Institute of Pastoral Theology" di Berkeley, negli Usa. Ordinato sacerdote, è stato più volte parroco e rettore del Seminario di San Pietro a San José de Buenavista, vicario generale della diocesi e rettore della cattedrale. Nel 1997 è diventato membro dell'équipe del programma Assist organizzato dall'episcopato filippino per la formazione permanente del clero locale. Nel 2003, è stato eletto e consacrato vescovo di Kalibo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In apertura una foto di Benedetto XVI durante una passeggiata nel primo pomeriggio di oggi, martedì 21 luglio, a Les Combes, in Valle d’Aosta. Il messaggio del Papa al Tour de France.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’accordo tra Stati Uniti e India su difesa e nucleare.

    In cultura, gli interventi di Gaetano Quagliarello e Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, al convegno - organizzato dalla fondazione Magna Carta – “Oltre l'ideologia della crisi. Lo sviluppo, l’etica e il mercato nell’enciclica ‘Caritas in veritate’”.

    Quando i pittori uscirono allo scoperto: Nicoletta Pietravalle recensisce la mostra “Corot to Monet” alla National Gallery di Londra.

    Tra “bandlands” e terra promessa in scena l’essenza del rock: Gaetano Vallini sul concerto di Bruce Springsteen a Roma.

    A proposito di motori di ricerca, Ernesto D’Avanzo e Tsvi Kuflik sottolineano la difficoltà di nuotare nel mare della Rete.

    Un articolo di Maria Maggi dal titolo “Macchie solari all’ombra della Luna”: l’attività della stella in un’inusuale fase di quiete alla  vigilia dell’eclisse più lunga del XXI secolo.

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    Oggi in Primo Piano



    Dal Sudafrica, Msf denuncia: pochi fondi e farmaci cari per i malati di Aids

    ◊   Se c’è crisi economica nel mondo, non si può abbassare la guardia nella lotta al virus Hiv: con questo appello si è aperta la quinta Conferenza mondiale sull’Aids in corso a Città del Capo. Servizio di Roberta Gisotti:

    Cinquemila scienziati, leader politici, operatori sanitari riuniti fino a domani in Sud Africa, nel Paese che registra il maggior numero di casi di Aids: malattia che - sono i dati più recenti - ha ucciso nel 2007 due milioni di persone nel mondo, dove in totale sono 33 milioni le persone infettate dal virus Hiv, delle quali 22 milioni concentrate nell’Africa subsahariana. Sono invece due milioni e 700 mila le nuove infezioni ogni anno, sebbene in calo rispetto ai tre milioni del 2001, ma ancora in crescita in Africa, in Cina, in India e nell’est Europa. Intanto, la ricerca va avanti perché un vaccino ancora non c’è, ma i fondi per la prima volta dal 2000 sono diminuiti. Tante le questioni spinose in agenda a Città del Capo: sotto accusa i Paesi del G8, che a L’Aquila - si sottolinea - hanno dimenticato i finanziamenti per l’Aids e l’impegno di cure per tutti entro il 2010. Tra le Ong presenti alla Conferenza sudafricana vi è Medici senza frontiere (Msf), organizzazione in prima linea accanto ai malati di Aids, che denuncia l’inerzia dei governi, dei Paesi donatori e dei loro partner, come ci spiega Andrea Pontiroli:

     
    R. - Innazitutto, a livello generale, possiamo dire che oggi - sebbene abbiamo raggiunto un buon risultato, cioè che tre milioni di persone colpite dell'Hiv hanno accesso ai trapianti retrovirali - ci sono ancora sette milioni di persone che non li hanno ancora avuti. Inoltre, da un lato c'è questa riduzione dei fondi per l'Hiv-Aids, e dall'altro l'alto costo dei nuovi farmaci. Queste due cose, messe insieme, formano una combinazione letale, perché significa che quei pazienti che in questo momento sono in terapia in alcuni Paesi africani rischiano di vederla sospesa e questo è un rischio assolutamente mortale. In secondo luogo, continua ad esistere il problema del passaggio dalla "prima" alla "seconda" linea, relativo a quelle persone che iniziano la terapia antiretrovirale e dopo alcuni anni rischiano di diventare resistenti ai farmaci, cioè alla prima linea. Il problema qual è? E' che i farmaci di seconda linea, cioè quelli più moderni ed efficaci, hanno ancora dei prezzi assolutamente irraggiungibili.

     
    D. - A questo proposito, a che punto è la liberalizzazione dei brevetti di questi farmaci salvavita per i malati di Aids?

     
    R. - Gli unici farmaci che non sono più protetti dal brevetto e dei quali esistono quindi versioni generiche, producibili ovunque, sono quelli di prima linea. Tuttavia, esistono dei nuovi farmaci di prima linea che sono più efficaci e che rallentano anche il passaggio alla seconda linea. Sono farmaci ai quali i pazienti diventano resistenti dopo più tempo e che hanno anche minori effetti collaterali, ma che sono però protetti da brevetti perchè sono appunto più recenti, senza contare poi i farmaci di seconda e terza linea anch'essi protetti dai brevetti. Esistono, in verità, delle norme internazionali che permettono la concessione di licenze obbligatorie: in altre parole, i governi del Sud del mondo possono concedere una licenza obbligatoria e quindi permettere alle industrie farmaceutiche di produrre farmaci generici anche per quelli protetti da brevetto.

     
    D. - Quanti sono questi Paesi?

     
    R. - Purtroppo, questo non sta ancora accadendo per il semplice motivo che, da un lato, è richiesta al Paese produttore una grande capacità tecnica - che è raramente presente - e dall'altro esistono tutta una serie di difficoltà legali e burocratiche che rallentano questo processo. La Thailandia è un raro esempio di Paese che è riuscito, qualche anno fa, a concedere una licenza obbligatoria.

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    Al Tribunale dell'Aja il processo a Karadzic, accusato di crimini contro l'umanità in Bosnia

    ◊   Udienza preliminare, oggi al Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi), del processo all’ex leader serbo-bosniaco, Radovan Karadzic. La Corte lo ritiene responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante il conflitto in Bosnia, negli Anni Novanta, tra i quali lo spaventoso massacro di Srebrenica ed altri atti di pulizia etnica nei confronti della popolazione musulmana. Quale ruolo ebbe Karadzic in quella sanguinosa guerra civile, che portò alla dissoluzione della Jugoslavia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al giornalista Alessandro Marzomagno che seguì da vicino quegli eventi:

    R. - Un ruolo fondamentale: Karadzic era il presidente dell’autoproclamata Repubblica serba di Bosnia, in coppia con il generale Ratko Mladic, che era invece il capo militare. La responsabilità politica di tutto quello che successe in quel periodo va senz’altro attribuita a lui. Karadzic e Mladic agivano di concerto e pensavano ad un territorio bosniaco ripulito dai musulmani, abitato soltanto da serbi, dove potessero continuare con questa loro utopia di uno “Stato serbo di Bosnia”. Ricordo che assediarono Sarayevo per mille giorni, sparando con le artiglierie e con i cecchini sulla popolazione inerme, e poi l’atto conclusivo fu il massacro di Srebrenica nel luglio del 1995.

     
    D. - All'epoca, la comunità internazionale come guardò a questo evento così drammatico?

     
    R. - Srebrenica fu il peggior massacro avvenuto in Europa dopo la Seconda Guerra mondiale: vi sono stati dai 6 mila ai 7 mila morti, fu l’atto conclusivo perché scatenò la reazione della comunità internazionale. Successivamente, si viene a definire la situazione tra Croazia, Bosnia e Serbia che porta poi agli accordi di Dayton, firmati nel dicembre dello stesso anno.

     
    D. - Possiamo dire oggi che Karadzic operò - diciamo - a stretto contatto con le autorità serbe?

     
    R. - Tutto ci fa dire che questa affermazione è corretta. Le direttive ai serbi di Bosnia venivano da Belgrado, e lo stesso generale Mladic ha preso lo stipendio dell’Armata federale iugoslava per tutto il periodo in cui era comandante dei serbi di Bosnia. Dunque, che ci fosse un rapporto stretto tra Belgrado e Pale la capitale dell’autoproclamata Repubblica serba di Bosnia, è un dato di fatto.

     
    D. - Può la giustizia internazionale cancellare quelle frizioni etniche che scatenarono la guerra civile e che forse ancora oggi sono sopite all’interno di tutte le etnie dell’ex-Jugoslavia?

     
    R. - La presenza di truppe internazionali nella ex-Jugoslavia fa sì che non si riscatenino i conflitti. La giustizia, senza dubbio, aiuta a creare una camera di compensazione e a far sì che le tensioni si stemperino. Se poi questo sarà determinante per pacificare i Balcani, penso che la risposta si potrà avere solo fra qualche anno.

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    Incidenti e pirati della strada, oltre al Codice va spiegata l'etica delle norme. L'opinione di don Mario Lusek

    ◊   Nel 2008, sono stati oltre 39 mila i morti sulle strade in Europa. Si registra un miglioramento progressivo dal 2001 ma ancora resta da fare. I Paesi che con più progressi: Lussemburgo, Francia e Portogallo. Bene anche l’Italia, con circa un 30% di decessi in meno. E' di ieri però la notizia secpndo la quale, sempre in Italia, sono aumentati gli incidenti dovuti ai pirati della strada. La necessità di educare alla responsabilità stradale, più volte sottolineata anche da Benedetto XVI, è sempre stata considerata con molta attenzione dalla Chiesa. A don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio della Cei per il turismo, lo sport e il tempo libero, che si occupa anche di sicurezza stradale, Debora Donnini ha chiesto quale sia in merito il punto messo in risalto dall'insegnamento cristiano:

    R. - Sicuramente, quello delle virtù. La virtù della prudenza è una virtù che ci mette proprio nella logica dell’alterità, ma anche la virtù della giustizia che rimanda a una conoscenza dei codici e dei regolamenti.

     
    D. - Secondo lei, servono pene più severe?

     
    R. - Noi puntiamo sempre, come Chiesa, sull’educazione. Se però, qualche volta, la trasgressione prende il sopravvento su quella che è la responsabilità, è necessaria anche una forma di repressione.

     
    D. - I dati in Italia segnalano che sul fronte della pirateria stradale i casi sono aumentati, quest’anno, del 57%: pirateria causata soprattutto da chi assume alcol e droghe. Cosa si può fare?

     
    R. - Innanzitutto, non sentirsi padroni della strada, ma favorire l’educazione stradale. Nelle scuole guida c’è la conoscenza del Codice stradale, ma questo va di certo accompagnato da un insegnamento etico e dalle motivazioni che stanno dietro quelle regole, perché altrimenti la persona si sente in dovere di fare come vuole. E questo, ovviamente, questo non aiuta: gli incidenti sono una forma di violenza e a volte sono causati non solo dall’imperizia o dalla fatalità, ma proprio da questa voglia di trasgredire a tutti i costi.

     
    D. - C’è anche una particolare catechesi che fate proprio sulla strada…

     
    R. - Ciò si avvale anche di quella rete di presenza, anche religiosa, che si trova lungo le strade e le autostrade: penso alle cappellanie fisse e mobili e alle uscite dei caselli autostradali, dove ci sono santuari. Questi sono luoghi in cui è possibile fare un annuncio che porta anche ad una responsabilizzazione dell’automobilista e lo porta anche ad essere protagonista non solo del valore della vita, ma anche della fede. Fede che incarna proprio nella responsabilità nei confronti degli latri. Guidare vuol dire prima di tutto convivere. Ogni azione, ogni gesto ed ogni atto che viene compiuto mentre si guida ha inevitabilmente risvolti sulle altre persone.

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    L'escursione tra la natura delle Dolomiti, occasione per riscoprire la propria interiorità. Intervista con padre Diego Soravia

    ◊   Nel periodo estivo, vivere momenti di preghiera è anche un’occasione per arricchire la propria fede. Ci sono luoghi, come le Dolomiti, dove la contemplazione della natura e l’intima meditazione portano a porsi domande su Dio e l’uomo. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Diego Soravia, parroco di Santo Stefano di Cadore, che da oltre 20 anni organizza ritiri spirituali itineranti sulle Dolomiti per turisti e fedeli:

    R. - L’esperienza che stiamo facendo è un’opportunità che viene offerta sia ai parrocchiani sia agli ospiti. Si può vivere una giornata a contatto con la natura. Si possono fare le passeggiate, passare accanto ad un capitello, ad un crocifisso o a un’icona, accompagnati alle volte con un brano, con una riflessione, ma anche con dei momenti di silenzio. Questa esperienza mette insieme l’opportunità del pregare col camminare in mezzo alla natura che in questi luoghi, fortunatamente, è un dono grande.

     
    D. - Un’opportunità per sottolineare anche che la fede non va in vacanza e che bisogna dedicare del tempo al ristoro dell’anima…

     
    R. - Infatti, molti si inseriscono volentieri in questa realtà di meditazione, riflessione, preghiera, di meraviglia e di stupore di fronte alla natura, dove un Salmo diventa un qualcosa d’immediato e di condivisibile. E’ una fede che non va in vacanza e che invece trova un’opportunità d’essere vissuta, espressa e condivisa anche con delle persone che più facilmente riescono a trovare Dio salendo la montagna, piuttosto che andando in Chiesa: anche se l’obiettivo è quello di creare delle opportunità per incontrarsi il giorno dopo in Chiesa per lodare il Signore. Quindi, l’espressione “la fede non va in vacanza” si inserisce all’interno di questo cammino che anche la diocesi ha voluto fare come espressione concreta di un Sinodo locale, creando l'opportunità di alcuni tratti di strada da percorrere in mezzo alla natura sulle Dolomiti. Così, questa esperienza diventa un servizio di crescita nella propria fede, con l’aiuto forte della natura ma anche attraverso il camminare insieme, il condividere la fatica e magari anche ciò che abbiamo nello zaino.

     
    D. - L’immensità della montagna aiuta anche a far risplendere ciò che è dentro di sé, nell’intimo, attraverso il silenzio, il ritmo dei passi, nella condivisione…

     
    R. - In montagna bisogna salire in alto e il paradosso è che, mentre sali in alto, entri nel basso, entri dentro te stesso. La natura ti offre l’opportunità non solo di ammirare, di guardare e di stupirti, ma anche di porti la domanda: “Chi è l’uomo?” Quando ci si trova ad essere davanti ad un ghiacciaio, un nevaio, ti senti piccolo, percepisci più forte l'amore del Signore. Salendo in montagna, si ha quindi l’opportunità di rinfrancare le proprie convinzioni e motivazioni, tornare a casa più sereni. E' un arricchimento personale ma anche comunitario, a contatto con la natura. Una natura che è per noi un gran dono del Signore. Giovanni Paolo II parlava della natura come di un “libro aperto”. Un libro aperto che siamo chiamati a leggere nella semplicità e con occhi di fede.

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    Chiesa e Società



    Messaggio della Kek al termine della 13.ma plenaria: "In quanto cristiani osiamo sperare"

    ◊   “In quanto cristiani, osiamo sperare”. E’ il messaggio che i delegati e le delegate di diverse chiese d’Europa, ortodossi, protestanti, anglicani e vetero-cattolici, riuniti dal 15 ad oggi a Lione per la XIII Assemblea generale della Conferenza delle chiese europee (KEK), rivolgono all’Europa. “La speranza – si legge nel testo finale che è stato votato ieri sera e ripreso dall'agenzia Sir - ci dà la gioia, la pace, il coraggio, l’audacia e la libertà. Ci libera dalla paura, apre i nostri cuori e rafforza la nostra testimonianza del Signore risorto. Noi cristiani siamo chiamati ad un’unica speranza in Cristo, fonte di amore, di perdono e di riconciliazione”. Nel messaggio, le Chiese manifestano una serie di preoccupazioni. “Mentre ci impegniamo con passione per un’Europa unita e riconciliata, che aspettiamo impazienti – scrivono -, deploriamo il fatto che si stiano alzando nuovi muri di separazione tra nazioni, culture e religioni. Vediamo apparire nuove divisioni – tra cittadini permanenti e migranti, tra ricchi e poveri, tra attivi e disoccupati, tra chi vede i propri diritti rispettati e chi li vede lesi”. Il messaggio fa anche riferimento al cambiamento climatico e alla “grave crisi finanziaria” ed aggiunge: “Malgrado tutto, siamo fermamente convinti che in quanto cristiani abbiamo una speranza speciale da condividere proprio in situazioni che sembrano invece disperate”. “Affermiamo – prosegue il messaggio - che vi è una speranza, mentre perseveriamo nella nostra lotta in favore della verità e della giustizia. Vi è speranza quando resistiamo ad ogni forma di violenza e di razzismo, quando difendiamo la dignità di ogni persona. Vi è speranza quando insistiamo sull’imperativo di una solidarietà disinteressata tra individui e tra popoli, quando lottiamo per il rispetto sincero della creazione”. “La sfida lanciata dall’Assemblea generale a tutte le chiese membro – scrivono i delegati dell’Assemblea Kek - è l’audace messaggio della speranza. Una speranza che non si esprime attraverso dichiarazioni vuote, ma attraverso atti concreti e fede viva. Affermiamo che le chiese devono lavorare a favore della giustizia e dire la verità ai potenti. Questo significa abbattere i muri tra persone, culture e religioni, per imparare a distinguere l’immagine di Dio nel volto dell’altro. Questo significa rispettare, e non solamente tollerare, gli altri esseri umani. Sopra ogni cosa però, questo significa trovare nuovi modi per esprimere la nostra solidarietà con i poveri, a noi lontani e vicini”. (R.P.)

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    Africa: documento finale della Commissione Dialogo interreligioso ed ecumenismo

    ◊   “Il rafforzamento della democrazia in Africa occidentale: il ruolo del dialogo interreligioso e dell’ecumenismo”. Questo, il tema della riunione della Commissione Dialogo interreligioso ed ecumenismo dell'Associazione delle Conferenze episcopali dell'Africa dell'Ovest anglofona (IRDEC-AECAWA), che si è svolta ad Accra, in Ghana, dal 13 al 16 luglio scorso. Nella dichiarazione pubblicata al termine dell’incontro, si legge in un comunicato, i membri della Commissione hanno evidenziato che la democrazia potrà svilupparsi in modo efficace in Africa Occidentale, solo se tutti i popoli, indipendentemente dalle loro differenze religiose e politiche, lavoreranno insieme per una buona “governance della cosa pubblica”. I delegati si dicono consapevoli delle insidie alla fragile democrazia in Africa Occidentale: frodi elettorali, iniqua distribuzione delle risorse, povertà, analfabetismo, ignoranza, strumentalizzazione politica della religione. Per fare fronte a queste difficoltà essi chiedono quindi ai leader di tutte le confessioni religiose di svolgere un ruolo “profetico”, levandosi contro l’ingiustizia e a favore della verità. La dichiarazione sottolinea, tra le altre cose, l’importanza centrale dell’educazione civica per la formazione di cittadini “responsabili e patrioti”. Oltre ai delegati dei Paesi membri dell’AECAWA (Nigeria, Ghana, Sierra Leone, Liberia e Gambia), hanno preso parte al meeting, esperti di islamistica, cristianesimo e di religioni tradizionali africane. (L.Z.)

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    Vietnam: percosse e arresti per sacerdoti e fedeli nella storica chiesa di Tam Toa

    ◊   E’ divenuta motivo di scontro tra cattolici e governo ciò che resta della storica chiesa di Tam Toa, costruita alla fine del 1800 e colpita dai bombardamenti americani nel 1968. Ieri la polizia ha caricato e picchiato centinaia di cattolici della diocesi di Vinh (334 chilometri a sud di Hanoi) che avevano eretto una croce e un altare sul terreno della chiesa. “La polizia – racconta padre Le Thanh Hong, pastore della parrocchia all'agenzia Asianews – ha attaccato e percosso decine di persone e molte di loro sono state caricate sui mezzi della sicurezza e ancora non si sa dove siano stati portati”. La chiesa di Tam Toa, per i cattolici vietnamiti ha un valore del tutto particolare. Di essa si hanno notizia fin dal 1631 e nel XVII secolo era la più grande della regione, allora chiamata Sao Bun, con 1200 fedeli. L’attuale edificio, costruito in stile portoghese, con un tipico grande campanile, fu inaugurato nel 1887 ed era ritenuto una delle più belle chiese del Paese. Durante la guerra fu colpita dai bombardamenti americani, ma ne sono rimasti in piedi la facciata e il campanile. Finiti i bombardamenti, i parrocchiani erano così impoveriti che non poterono restaurare la loro chiesa. Ciò malgrado, le cerimonie religiose si svolgevano con regolarità sul suo terreno. Fino al 1996, quando il Comitato del popolo della provincia di Quang Binh l’ha confiscata, stabilendo che sarebbe divenuta “sito di un memoriale” e che doveva essere “preservata e protetta per le future generazioni, a ricordo dei crimini di guerra degli americani”. L’arcidiocesi di Hue protestò contro la decisione, ma invano. Nel maggio 2006 la parrocchia fu trasferita alla diocesi di Vinh, il cui vescovo mons. Paul Maria Cao Dinh Thuyen, ha più volte chiesto, inutilmente, la restituzione della chiesa. Il 2 febbraio di quest’anno, malgrado le minacce delle autorità, il vescovo e 14 sacerdoti si sono recati a Tam Toa e vi hanno celebrato la messa, alla presenza di migliaia di cattolici. A dare nuova linfa alle tensioni, hanno contribuito le voci diffusesi ultimamente di un progetto che mira a trasformare la chiesa in un resort turistico. Tam Toa oggi è “la parrocchia” di un migliaio di fedeli, molti di loro vorrebbero darle nuova vita per i loro bisogni spirituali e per coinvolgere più persone nelle attività religiose. (R.P.)

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    Uganda: la Chiesa cattolica aiuta gli sfollati a reinserirsi nella vita sociale

    ◊   Il campo di sfollati, nato durante la guerra civile intorno al seminario maggiore di Alokolum, nel nord dell'Uganda, si sta svuotando, perché circa l'80% dei rifugiati è già tornato nei luoghi d'origine. Lo ha riferito il rettore del seminario monsignor Cosmas Alule, all'associazione cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). Il vescovo, riferisce l’agenzia Zenit, ha sottolineato il fatto che la Chiesa continui a sostenere gli sfollati, anche dopo il loro reinserimento nei villaggi. La Chiesa, in Uganda, ha continuato il prelato, è “l'unica istituzione a godere ancora di fiducia tra la popolazione”, perché anche nei momenti più difficili è rimasta al lato di quanti soffrivano. Secondo il presule, nonostante si debba ancora firmare l'accordo di pace definitivo tra il Governo ugandese e i ribelli dell'Esercito di Resistenza del Signore (LRA), la guerra civile iniziata nel 1988 è finalmente terminata e la situazione è sempre più stabile. I futuri sacerdoti del seminario di Alokolum, che durante la guerra civile hanno convissuto a stretto contatto con gli sfollati, assistendoli a livello umano e sociale, continuano ad occuparsene, recandosi nei villaggi e aiutando quanti ci sono appena tornati a cominciare una nuova vita, ad esempio insegnando nelle scuole. Monsignor Alule ha spiegato che molti alunni sono cresciuti nei campi di sfollati, senza conoscere altri tipi di vita, e per questo hanno problemi di condotta e non hanno imparato ciò che significano sforzo, disciplina e rispetto del prossimo e delle cose altrui. Anche gli adulti devono affrontare molti problemi: nei campi hanno dimenticato come guadagnarsi da vivere, e tutta una generazione è cresciuta senza sapere ciò che vuol dire avere una vita normale. Il rettore ha segnalato che, in questo contesto, gli anziani svolgono un ruolo molto importante, perché hanno mantenuto i valori tradizionali e possono trasmetterli ai giovani. Un altro problema è il trauma che continua a ossessionare molti che hanno visto violentare le proprie madri, sorelle e donne, sequestrare i bambini o compiere stragi. Per aiutarli, gli evangelizzatori ricevono una formazione speciale in un centro creato a questo scopo dalla diocesi di Gulu. Il fatto di mantenere il seminario maggiore ad Alokolum anziché trasferirlo, in una zona più sicura, è stato frutto di una decisione consapevole, che il rettore ha definito “profetica”, perché altrimenti i fedeli avrebbero potuto avere l'impressione che la Chiesa abbandonava i bisognosi per mettersi in salvo. “Il fatto che la Chiesa abbia condiviso gioie e pene con la gente è stato un segno importante per il futuro”, ha concluso il vescovo. Il numero delle vocazioni, ha spiegato il rettore, è in aumento, motivo per il quale il seminario maggiore sta diventando troppo piccolo per accogliere tutti i giovani. Nell'ultimo anno accademico i futuri sacerdoti erano 163, nel nuovo saranno 206. (A.D.G.)

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    I vescovi messicani chiedono un nuovo sforzo per combattere la violenza che sta minando il Paese

    ◊   La Commissione per la pastorale della comunicazione dell’episcopato messicano, con una nota resa pubblica ieri, ha lanciato un accorato appello affinché sia fermata la violenza che colpisce in modo sempre più crescente e preoccupante il Paese. Rivolgendosi “agli uomini e alle donne che seminano il male”, i vescovi messicani scrivono: “Basta con la morte, gli assassini, l’odio e le paure!”. La nota sottolinea il dolore e l’angoscia che provoca in tutti i cittadini “vivere in un Paese insanguinato dove cresce la violenza” e perciò cresce anche “la sfiducia”. Sono troppi i messicani vittime di minacce, estorsioni, sequestri e omicidi, assicura la Commissione episcopale, che chiede a tutti di “superare le differenze politiche o religiose per opporsi come un solo corpo al flagello della violenza”. Quest’ultima infatti avvilisce tutti i cittadini, costretti a vivere in “un clima di terrore e di incertezza”. D’altra parte si ricorda che in alcuni casi diversi abitanti hanno dovuto abbandonare i loro villaggi e le loro comunità perchè colpite da un’insicurezza crescente. Il documento chiede a tutti di unire la propria voce a quella della Chiesa e a tutto il popolo del Messico per chiedere, a nome di Dio, la fine di questo stato di cose. Quanto è stato denunciato, non è una cosa nuova. Da qualche anno, in diversi documenti, l’episcopato messicano ha richiamato l’attenzione sulla ‘escalation’ di delinquenza, macro criminalità, narcotraffico e traffico di essere umani. In queste ore, il governo federale ha deciso di inviare altri soldati a sostegno di quelli già operanti in alcune regioni del Paese, come per esempio a Michoacan, per contrastare lo strapotere delle bande di narcotrafficanti; secondo la stampa locale infatti, dal 2006 le vittime del traffico di droga sono almeno 11mila. Il 10 luglio scorso, Benedetto XVI, nel corso della presentazione delle Lettere credenziali del nuovo ambasciatore del Messico presso la Santa Sede, aveva rilevato: “Molti sono i passi che, a partire da diverse istanze della vostra nazione, si stanno compiendo per promuovere un ordine sociale più giusto e solidale e per superare le contrarietà che continuano ad attanagliare il Paese. In tal senso, vale la pena sottolineare l'attenzione e l'impegno con cui le Autorità del suo Paese stanno affrontando questioni tanto gravi come la violenza, il narcotraffico, le disuguaglianze e la povertà, che sono terreno fertile per la delinquenza. È risaputo che, per una soluzione efficace e duratura di questi problemi, non sono sufficienti misure tecniche o di sicurezza. È necessaria una visione ampia e l'efficiente unione degli sforzi, oltre alla promozione di un rinnovamento morale, dell'educazione delle coscienze e della costruzione di una vera cultura della vita. In questo contesto, le Autorità e le diverse forze della società messicana troveranno sempre la leale collaborazione e la solidarietà della Chiesa cattolica”. (A cura di Luis Badilla)

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    Il commento del presidente dei vescovi brasiliani all’enciclica "Caritas in veritate"

    ◊   “Sagge, opportune e illuminanti le parole del Santo Padre, che riafferma lo sviluppo come una vocazione dell'uomo, che tuttavia si potrà raggiungere pienamente solo se si rispettano i principi che considerano l'essere umano una creatura prediletta di Dio, rivestita di una dignità che non può essere sacrificata dalle leggi economiche destituite dall'etica e dalla carità nella verità”. È quanto afferma mons. Geraldo Lyrio Rocha, presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB), che sostiene che la nuova enciclica di Benedetto XVI, "Caritas in veritate", apporta parole “illuminanti”, che la mentalità laicista non può oscurare. La Chiesa, ha aggiunto il presule, è “votata al servizio all'umanità, e richiama l'attenzione sulle deviazioni di uno sviluppo centrato su se stesso e orientato all'uomo come se egli, autosufficiente, fosse un fine in sé. In questo senso, Papa Benedetto XVI ricorda il ruolo imprescindibile dello Stato per garantire la libertà religiosa come condizione anche per lo sviluppo”. Il porporato, come riferisce l'agenzia Zenit, ha anche ricordato che non spetta alla Chiesa proporre soluzioni tecniche per i problemi economici. Infatti, essa ha il diritto di illuminare con la sapienza del Vangelo le vie di quanti cercano queste soluzioni. “Per questo il Papa insiste ancora una volta sull'etica, anche per l'economia, come condizione ‘sine qua non’ per uno sviluppo che voglia essere umano”. Secondo il presidente della CNBB, con il Papa “possiamo dire che abbiamo una grande sfida, che è mostrare che i principi tradizionali dell'etica sociale come la giustizia, la trasparenza, l'onestà e la responsabilità 'possono e devono trovare posto entro la normale attività economica'”. Mons. Geraldo Lyrio spera quindi che l'Enciclica “ispiri le Nazioni nella loro irrinunciabie ricerca di vie per il superamento della crisi in vista di uno sviluppo che ponga al centro la persona umana, soprattutto i poveri, difenda la vita in tutte le sue forme di manifestazione ed elimini le disuguaglianze che offendono il Creatore che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza”. (A.D.G.)

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    Pelleggrinaggio in Terra Santa per 1.700 universitari francesi

    ◊   Gli studenti francesi iniziano oggi un pellegrinaggio di dieci giorni nei luoghi del Signore, all’insegna del motto “Alle sorgenti: Terra Santa 2009”. Nello spirito delle Giornate Mondiali della Gioventù, l’iniziativa è aperta agli universitari francesi e stranieri residenti in Francia, che hanno risposto con entusiasmo all’invito di vescovi e parroci: ben 1.700 i giovani partecipanti, accompagnati da 80 sacerdoti e da una ventina di vescovi. L’incontro personale con il Cristo, un’esperienza comunitaria di preghiera e di riflessione, una testimonianza di solidarietà verso i cristiani di Terra Santa: queste le motivazioni fondamentali del pellegrinaggio, che vuole essere anche un tempo di conoscenza e di scambio dei giovani con il loro vescovo; in tale ottica, la maggior parte delle attività si svolgerà a livello diocesano, anche se non mancheranno alcuni grandi raduni comuni. Il primo, una liturgia della Parola, sarà presieduto il 24 luglio, sulle rive del Lago di Tiberiade, dal cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione. A seguire, la celebrazione della Santa Messa di Natale, a Betlemme, con il Patriarca Latino di Gerusalemme, Fouad Twal e la celebrazione della Passione, il 28 luglio, presieduta da mons. Benoit Rivière, vescovo di Autun e presidente del Consiglio per l’evangelizzazione dei giovani. Culmine del pellegrinaggio sarà la Santa Messa della Risurrezione, presieduta il 29 luglio a Gerusalemme dal cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente dell’episcopato francese. In ogni tappa del viaggio verrà dunque celebrata la liturgia dell’evento evocato dal luogo stesso, al fine di manifestare attraverso la celebrazione, l’origine e il significato delle grandi feste cristiane. Lo svolgimento del pellegrinaggio è stato preceduto da un’accurata preparazione mediante sussidi elaborati da un’apposita Commissione, che ha trasmesso ai diversi gruppi schede di riflessione spirituale e un’ampia documentazione di carattere archeologico, politico e storico. (M.V.)

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    Il Patriarcato ortodosso russo denuncia il degrado della televisione

    ◊   La "televisione-spazzatura" raggiunge anche Mosca: questo l’allarme del Patriarcato ortodosso che ha commentato un sondaggio svolto dalla società "Tsyrkon" su un campione di milleseicento persone di età adulta. Secondo la ricerca, si legge sull’Osservatore Romano, quasi il 70% degli intervistati si è detto d'accordo per l'istituzione di un consiglio o organismo di controllo sulla moralità dei programmi televisivi russi. Il 32,9% ha risposto in maniera inequivocabile, mentre il 35,4% è "piuttosto" d'accordo. Sempre secondo il sondaggio, il 52% degli intervistati sostiene che gli utenti della televisione pubblica dovrebbero partecipare alla programmazione dei palinsesti e non pensare che ciò sia solo una competenza riservata agli "addetti ai lavori". Inoltre, più del 70% ritiene che lo Stato dovrebbe essere più attivo e partecipe nel regolamentare il lavoro dei canali televisivi nazionali e vietare, quindi, tutti quei programmi che possano essere pericolosi per la morale della società russa. In base ai risultati della ricerca, il 38,6% degli intervistati si è detto pronto alla realizzazione di una lista di programmi ritenuta dannosa, immorale e pericolosa per gli ascoltatori e ritiene che le autorità dovrebbero impedire la loro messa in onda. Inoltre, il 35,3% degli intervistati ritiene che tali programmi dovrebbero rientrare tra quelli a pagamento. Dal sondaggio emerge che il 65,2% cerca di evitare la visione di programmi o di film che contengono scene di violenza o di orrore, mentre il 55% evita di guardare film a sfondo sessuale o erotico. "I russi non sono contenti di ciò che guardano in televisione. Invece di fruire programmi intelligenti, di approfondimento e di morale, sono costretti a vedere scene di ordinaria violenza e di depravazione", ha riferito l'arciprete Vsevolod Chaplin, capo del dipartimento del Patriarcato di Mosca per le relazioni tra Chiesa e società, che ha anche aggiunto "la gente è stanca e nauseata dalla mancanza di profondità, di dibattito e di riflessione offerto dai programmi di intrattenimento in Russia. Per quanto riguarda il livello di informazioni e di ricchezza di contenuti i canali di Stato, purtroppo, spesso sono molto indietro rispetto alle tv satellitari. Le famiglie russe - ha proseguito l'arciprete - non ce la fanno più ad assistere a programmi depravati e a continue scene di violenza. Il popolo desidera sempre più una televisione intelligente con una morale che li stimoli a pensare e ad agire per una vita migliore". Il sacerdote ha ribadito che "il ristagno dell'industria televisiva in Russia è più che evidente. Purtroppo, sono solo i canali a pagamento quelli in grado di offrire programmi dai forti contenuti e di un certo spessore culturale. Solo quattro canali principali mandano in onda cose interessanti come talk show, programmi di approfondimento e di analisi e film ben fatti, ma solo nel 10-20% dei casi vengono trasmessi in prima serata. Il resto del tempo - ha aggiunto il capo del dipartimento del Patriarcato di Mosca per le relazioni tra Chiesa e società - viene dedicato a cose che interrompono l'abitudine di pensare e perfino di agire". Padre Vsevolod è convinto che questa situazione abbia bisogno di correzione, "se i leader dei canali televisivi principali non miglioreranno i palinsesti, sarà la vita stessa ad apportare le correzioni alla televisione. Quando la gente in tutto il Paese avrà il diritto reale di scegliere tra cento, duecento e più canali - ha concluso il sacerdote - certamente eviterà di guardare e, quindi spegnere, i programmi di intrattenimento stupidi che non hanno intrattenuto, né fatto divertire nessuno negli ultimi quindici anni". (A.D.G.)

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    Ortodossi e cattolici a Corinto sulle orme dell’Apostolo Paolo

    ◊   Nella splendida cornice del Collegio Teologico di Atene nei pressi del Santuario di Santa Barbara, è in corso in questi giorni un corso estivo, organizzato nell’ambito della promozione e del consolidamento delle relazioni bilaterali tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa di Grecia. Questa iniziativa, riferisce l’agenzia Zenit, è il frutto della collaborazione tra l’Apostoliki Diakonia e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. I seminaristi e gli studenti cattolici, provenienti da ogni parte del mondo, hanno la possibilità di immergersi nella ricchezza della tradizione religiosa orientale e di apprendere il greco moderno divenendo testimoni di un dialogo vivo e vivificante. A fortificare questi legami già solidi, è la condivisione della preghiera e dell’esempio degli apostoli in un cammino che la storia recente ha reso ancora più intenso e carico di significati. Il Metropolita di Corinto, Dionisios, ha invitato gli studenti a visitare i luoghi della sua sede episcopale e a ripercorrere insieme i passi dell’Apostolo delle Genti nella città che ricevette la sua predicazione e lo vide giudicato e assolto dal proconsole Lucio Giunio Anneo Gallione, fratello del filosofo Seneca, tra il 51 e il 52 d.C. Gli studenti sono stati ricevuti nella Cattedrale di San Paolo dove il Metropolita, con sincero affetto e cordialità, ha salutato i presenti ricordando l’importanza di questa città per il cristianesimo e incoraggiando tutti nel cammino verso l’unità con l’ausilio della preghiera e l’illuminazione dello Spirito Santo. Al termine di un breve momento di convivialità, gli studenti hanno ricevuto in dono un libro sulla storia della Chiesa di Corinto dai tempi di Saulo sino ai nostri giorni e un’icona raffigurante S. Paolo. In un secondo momento, il vescovo e i suoi collaboratori hanno accompagnato l’intero gruppo nell’area archeologica, dove sorgeva l’antica Corinto e dove oggi si erge la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano. (A.D.G.)

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    Numerosi i fedeli anglicani che studiano la tradizione cattolica

    ◊   "Catholic and Evangelical - two sides of the same coin?" ("Cattolico ed evangelico:  due facce della stessa medaglia?"). È il titolo dell’intervento, tenuto dall’ arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che ha partecipato all'incontro organizzato nella cattedrale di Bristol da "Affirming Catholicism", un movimento che, sotto la guida del presidente Jonathan Clark e del pastore Angela Tilby si è fatto promotore di una serie d'incontri per sensibilizzare i fedeli anglicani sul valore che la tradizione cattolica riveste nell'ambito della fede e dell'insegnamento dottrinale della Chiesa. È in costante aumento, si legge sull’Osservatore Romano, il numero dei fedeli anglicani inglesi e irlandesi che desiderano approfondire lo studio delle radici della loro fede cristiana alla luce degli insegnamenti del cattolicesimo. Il presidente di "Affirming Catholicism" ha messo in evidenza che "c'è sicuramente molto da apprendere dalle diverse tradizioni nell'ambito della Chiesa". Jonathan Clarck ha ringraziato il primate della Comunione anglicana, per il suo apporto a un argomento che diventa sempre più attuale. Il movimento "Affirming Catholicism" è nato nel 1990 per opera di un gruppo di laici e religiosi della Comunione anglicana fortemente interessati a riscoprire i valori della tradizione cattolica. Questa associazione ha organizzato il suo primo seminario a York nel 1991 e si è costituita come gruppo caritativo nel dicembre dello stesso anno. Gli aderenti di “Affirming Catholicism” hanno sottolineato che questa associazione non vuole assolutamente porsi su posizioni separatiste nell'ambito della Comunione anglicana. Al contrario, essa aspira a svolgere un ruolo di stimolo e di speranza per tutti i fedeli che desiderano approfondire le radici della loro fede e intendono promuovere lo studio della tradizione cattolica tra i fedeli delle parrocchie anglicane in Inghilterra e in Irlanda. L'azione caritativa degli associati di "Affirming Catholicism" consiste nella produzione e distribuzione gratuita di pubblicazioni e di opuscoli informativi ai fedeli. La maggior parte degli aderenti opera nelle parrocchie delle diocesi anglicane di Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda. Tuttavia sono in crescita il numero di affiliati negli altri Paesi dove la Comunione anglicana ha una significativa presenza. I temi delle conferenze organizzate ciclicamente da "Affirming Catholicism" riguardano argomenti quali Eucaristia, Creazione, Evangelizzazione, Giustizia sociale. I vescovi della Comunione anglicana che aderiscono al movimento sono attualmente un centinaio ma il loro numero è in costante crescita. Negli ultimi anni "Affirming Catholicism" ha anche organizzato per i fedeli anglicani alcuni pellegrinaggi per visitare i principali luoghi di culto della tradizione cattolica, a cui di solito partecipano anche pastori che spiegano il significato delle tradizioni cattoliche. (A.D.G.)

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    Compie 10 anni il progetto della Fondazione BMS per l'Africa subsahariana

    ◊   In questi giorni compie 10 anni il progetto “Secure the Future”, promosso dalla Fondazione Bristol Myers Squibb (BMS), con l’obiettivo di realizzare iniziative in favore di bambini e donne dell’Africa subsahariana colpite dal flagello dell’Aids. Fino ad oggi sono stati stanziati più di 150 milioni di dollari in 20 Paesi africani e sono stati realizzati oltre 240 progetti. “I numeri di questo progetto – afferma John Damonti, presidente della Fondazione Bristol- Myers Squibb – dicono molto, ma non possono raccontare fino in fondo l’impatto che ha avuto e sta avendo sulla vita di migliaia di persone”. Sono molteplici, poi, le iniziative previste in futuro. Tra i vari progetti che verranno implementati, uno sarà realizzato con la “Caritas Development Congo” e sarà rivolto a bambini anemici e donne in gravidanza e a rischio di trasfusione e trasmissione del virus dell’Hiv. Un altro verrà realizzato con la “Marocco Association to fight Hiv and Aids” per sostenere un programma di assistenza ai bambini negli ospedali di Casablanca, Agadir e Marrakech. Nell’Africa subsahariana sono più di 22 milioni le persone colpite dall’Aids. In questa regione si concentra un terzo di tutti i casi di Hiv registrati nel mondo. (A.L.)

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    La diocesi di Macerata accoglie pellegrini cinesi sulle orme di padre Matteo Ricci

    ◊   La diocesi di Macerata ha accolto oggi 45 pellegrini cinesi, provenienti da Hong Kong. Accompagnati da padre Franco Cumbo, superiore della comunità del Pime in Hong Kong, esploreranno i santuari d’Europa, passando anche per Macerata, Loreto e Medjugorie. Il pellegrinaggio, riferisce l’agenzia Sir, è frutto dell’intensificazione dei contatti tra il capoluogo marchigiano e i cinesi, in particolare le comunità cattoliche, sull’esempio di padre Matteo Ricci, il gesuita marchigiano di cui, nel 2010, ricorrerà il IV centenario della morte. “Macerata – spiega una nota dell’Ufficio stampa diocesano – sta diventando una meta sempre più apprezzata da pellegrini e turisti cinesi che, con sempre maggiore frequenza, includono la città natale di Matteo Ricci tra le tappe dei loro viaggi in Italia”. Il gruppo di cinesi, domani sarà accolto dalla Commissione diocesana padre Matteo Ricci nella Cattedrale di Macerata per un saluto di benvenuto; i pellegrini visiteranno poi il museo diocesano, il Santuario “Mater Misericordiae” e le altre bellezze della città. Da segnalare, rileva la diocesi, “la frequenza con cui i gruppi cinesi scelgono Macerata come punto di riferimento in onore del grande missionario Ricci, riconoscendola come tappa imprescindibile dei propri viaggi”. (A.D.G.)

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    Visita in Africa del Preposito dei gesuiti padre Adolfo Nicolás

    ◊   Sarà di nuovo in Africa il Preposito della Compagnia di Gesù padre Adolfo Nicolás, da venerdì, fino al 30 luglio. L'occasione del viaggio è il Congresso Mondiale degli ex-alunni dei gesuiti, che si aprirà domani a Bujumbura, in Burundi, e si concluderà lunedì. La giornata di sabato, si legge in un comunicato, sarà dedicata all'incontro con le autorità civili e religiose del Burundi e alla visita al Yezu Mwiza, un servizio per sieropositivi e malati di AIDS; domenica il padre Nicolás parteciperà al Congresso degli ex-alunni e all'incontro con i gesuiti presenti a Bujumbura. Negli altri giorni, visiterà le principali opere della Compagnia di Gesù in Burundi, in particolare il Centro spirituale di Kiriri. Da Bujumbura si sposterà a Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo, quasi al confine con il Rwanda, per visitare le opere che la Compagnia dirige in questa città: la Casa di esercizi Amani, la parrocchia, e soprattutto il grande collegio Alfajiri, dove incontrerà i gesuiti della regione, i professori, i collaboratori e gli amici della Compagnia. Sarà poi la volta del Rwanda, a cominciare da Cyangugu, non lontano da Bukavu, sede del noviziato, e quindi a Kigali, la capitale, dove la Compagnia è presente con numerose attività ed opere: in primo luogo, il Centro Christus, un importante centro di spiritualità che ospita anche gli esercizi spirituali. Al suo interno, il 6 aprile 1994, vennero massacrate 17 persone: otto giovani donne del Movimento Vita ed Pax, che stavano facendo il loro ritiro spirituale, quattro sacerdoti diocesani, un volontario impegnato nel lavoro sociale, il cuoco e tre gesuiti. Tra questi ultimi anche il padre Mahame, 67 anni, primo gesuita rwandese. Da poco più di un anno è stata aperta anche la scuola elementare Saint Ignace, che negli anni prossimi diventerà anche scuola secondaria e, forse, con il tempo, anche collegio universitario. A Kigali c'è anche la sede del Superiore della Regione Rwanda-Burundi. Mercoledì 29 luglio inoltre, presso il Centro Christus, è in programma anche una riunione di tutti i gesuiti, compresi quelli della comunità di Butare, al Sud del Paese. Il rientro è previsto per giovedì 30 luglio. (L.Z.)

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    Ad agosto torna "Tonalestate 2009", la rassegna sul tema Scienza e Fede

    ◊   "Come l'uom s'etterna?", è il titolo della rassegna "Tonalestate 2009", in programma dal 4 al 7 agosto prossimi, che sarà ospitata nelle località di Passo del Tonale, in provincia di Trento, e di Ponte di Legno, in provincia di Brescia. Ci saranno le testimonianze di uomini di scienza e di religione, umanisti e artisti, per affrontare la problematica dell’evoluzione dell’uomo da entrambi i punti di vista. In apertura, si legge in un comunicato, il 4 agosto ci sarà l’intervento del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, e di Julio Hubart, scrittore messicano e critico letterario. A seguire, si entrerà nel vivo del tema del rapporto tra scienza e fede: sono attesi gli interventi di Marc Leclerc s.j (Università Gregoriana), Ludovico Galleni (Università di Pisa), Marcello Buiatti (Università di Firenze) e Javier Sicilia, proveniente da Città del Messico. La giornata del 5 agosto si aprirà con una sessione interamente dedicata al "dialogo tra le fedi". Tra i rappresentanti delle diverse confessioni religiose per la promozione del dialogo, ci sarà il saluto del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e gli interventi di Dalil Boubakeur della Moschea di Parigi), Daniel Rossing, del "Jerusalm Center for Jewish-Christian Relation", e dell'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Il dialogo con il pubblico, che anche quest'anno, vede la partecipazione di studenti provenienti dalle Università del Giappone, dell'America Latina, dell'Europa, assieme ai turisti del luogo, "vuole essere - si legge in una nota - costruttivo e rispettoso, capace di valorizzare tutti gli aspetti dell'esistere umano, dalla filosofia alla religione, alla politica, dal pluralismo culturale alla pace, alla solidarietà, all'economia e al lavoro". (A.D.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan: scia di attentati suicidi contro le forze governative. Almeno una decina i morti

    ◊   Negli ultimi due giorni una serie di attentati contro le forze governative locali e contro i militari americani sta sconvolgendo l’Afghanistan. L’ultimo attacco è stato compiuto, questa mattina, a Gerdez, nell’est del Paese, compiuto da un gruppo di kamikaze talebani contro gli edifici governativi della città. Il bilancio è di almeno 8 morti. Vittime di altri due attentati, ieri, anche quattro militari statunitensi e un soldato inglese. Il servizio di Roberta Rizzo:

    Ancora sangue e morte hanno colpito l’Afghanistan ad un mese esatto dalle elezioni. Il Paese si è svegliato questa mattina nel terrore: una serie di attentati, condotti contemporaneamente da kamikaze contro edifici governativi, ha provocato la morte di almeno cinque persone oggi a Gardez, capoluogo della provincia orientale afghana di Patkia. Secondo quanto ricostruito dalla polizia locale, il gruppo di attentatori kamikaze ha tentato di fare irruzione negli edifici di una base militare, ma non è riuscito a raggiungere l’obiettivo. La polizia ha aperto il fuoco e i tre attentatori sono rimasti uccisi. Nelle esplosioni sono morti almeno cinque agenti di sicurezza. E sempre nell’Est dell’Afghanistan, ieri quattro militari della forza di assistenza alla sicurezza della Nato sono morti in seguito allo scoppio di un ordigno artigianale. I soldati erano tutti di nazionalità americana. Anche un soldato inglese del corpo degli artificieri è rimasto ucciso da un’esplosione nell’Afghanistan meridionale. Il soldato era di pattuglia nella provincia di Helmand, nel sud del Paese. Intanto, oggi in Afghanistan è giunto l’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea, Javier Solana, per ribadire il forte e duraturo sostegno dell’Unione Europea agli sforzi per la stabilità e la ricostruzione del Paese in vista delle presidenziali del 20 agosto prossimo.

    Nuova Influenza
    L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha diffuso una nuova stima sui decessi causati dal nuovo virus della nuova influenza in tutto il mondo. Il bilancio dei morti sale ora a più di 700. Ad affermarlo, oggi a Ginevra, una portavoce dell'Oms. Nell'ultima stima, resa nota il 6 luglio scorso, i decessi erano 429 per un totale di 94.512 casi nel mondo. L’incremento, dall'inizio del mese, è dunque pari a più di 300. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha ormai smesso di chiedere dettagliate stime ai singoli Paesi. Si continuano a studiare diverse misure da prendere per contenere la pandemia. Tra queste, la chiusura o la riapertura posticipata delle scuole.

    Iraq
    Dopo l'uccisione di tre civili e il ferimento di altri 30 in un attentato dinamitardo stamattina a Sadr City, quartiere sciita di Baghdad, altre quattro persone sono state uccise e oltre 20 sono rimaste ferite in cinque diversi episodi di violenza compiuti nelle ultime ore nella capitale e in altre zone del Paese. Gli ordigni sono scoppiati a Ramadi, capoluogo della turbolenta provincia orientale di Al Anbar, nella provincia di Babel e a Baghdad, dove una bomba è esplosa al passaggio di una pattuglia statunitense che ha ferito un numero imprecisato di persone.

    Libano
    I servizi di sicurezza dell'esercito libanese hanno smantellato una cellula terroristica che preparava attentati contro i caschi blu dell’Onu, dispiegati nel sud del Libano. A riferirlo è un comunicato dell'esercito libanese che ha annunciato l'arresto di 10 persone sospettate di appartenere alla ''rete terroristica''.

    Pakistan
    Le forze di sicurezza pakistane hanno ucciso oltre 50 militanti islamici nei combattimenti tra domenica e lunedì nel distretto di Lower Dir, nel nord est del Pakistan. Secondo quanto reso noto da un portavoce delle forze paramilitari di frontiera, decine di insorti sarebbero rimasti feriti negli scontri costati la vita anche a 3 militari. Le forze di Islamabad affermano di essere sul punto di concludere l'offensiva, iniziata tre mesi fa, nella valle dello Swat durante la quale, secondo i dati forniti dalla Difesa pakistana, sono stati uccisi 1700 guerriglieri talebani.

    Iran
    Non ha intenzione di chiedere le dimissioni di vice presidente dell’Iran Rahim Mashai, l’uomo scelto da Mahmoud Ahmadinejad dopo le elezioni del 12 giugno scorso. L’ex presidente iraniano, Mohammad Khatami, e gli altri riformisti hanno proposto ieri un referendum sulla legittimità della rielezione alla presidenza di Ahmadinejad. Intanto la guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ha nuovamente accusato l’Occidente di essere nemico della Repubblica islamica perché avrebbe alimentato i disordini scoppiati nel Paese dopo il voto presidenziale. L'ambasciatore di Teheran a Brasilia, Mohsen Shaterzadeh ha annunciato poi che il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva sarà il primo capo di Stato estero a ricevere una visita ufficiale di Ahmadinejad.

    Israele
    Le forze di sicurezza israeliane avrebbero definito un piano per lo sgombero in un solo giorno di 23 avamposti illegali in Cisgiordania. E' quanto si legge oggi sull'edizione online del quotidiano israeliano Ha'aretz, secondo cui il progetto sarebbe stato definito dall'apparato della sicurezza con il beneplacito del premier Benjamin Netanyahu. Il movimento dei coloni ha già fatto sapere che opporrà resistenza a ogni tentativo di sgombero forzato degli avamposti. Ieri gli agenti della polizia israeliana hanno provveduto allo smantellamento di tre strutture costruite illegalmente in diversi campi.

    Stati Uniti
    Offensiva diplomatica in corso per la nuova amministrazione statunitense impegnata a rinsaldare i legami con i vecchi alleati e a stringere nuove intese con le potenze emergenti. Si inquadrano così le missioni in corso del vice presidente americano Joe Biden in Ucraina e Georgia, sia quelle della segretario di Stato Hillary Clinton in India e in Thailandia, dove è in corso il vertice dell’Asean. Il summit riunisce le Nazioni dell’Asia Sud-orientale con lo scopo di garantire stabilità economica e politica all’intera regione. Sugli obiettivi perseguiti dalla politica estera americana, Stefano Leszczynski ha intervistato Massimo Teodori, docente di Storia Americana all’Università di Perugia:

    R. – L’India è strategica perché in una certa misura fa da contrappeso da una parte alla Cina e dall’altra all’intero mondo islamico. In più c’è qualcosa che è abbastanza vicino alle corde americane: l’India è un grande Paese democratico e quindi il Paese asiatico è una soluzione nella nuova strategia del dialogo planetario.

     
    D. – Il viaggio del vice presidente Biden in Ucraina e poi in Georgia rischia di rinnovare delle tensioni già molto forti …

     
    R. – Le due questioni aperte tra Stati Uniti e Russia sono quelle dello scudo stellare e dell’entrata della Georgia e dell’Ucraina nella Nato. Entrambi i problemi non sono risolti e gli Stati Uniti sono pronti a compromessi se la Russia – soprattutto – concede la facilità del passaggio dei rifornimenti militari per l’Afghanistan.

     
    D. – Si può leggere nella politica estera della nuova amministrazione una certa continuità con quella precedente?

     
    R. – C’è continuità e cambiamento. Continuità nel senso che Obama persegue ancora, come nella storia degli Stati Uniti e nella sua posizione economica e militare, una strategia di guida internazionale come potenza egemone. In questo c’è una continuità con Bush. Gli strumenti di questa strategia sono tuttavia diversi perché se Bush pensava soprattutto ad una politica unilaterale, Obama – al contrario – cerca di perseguire i propri interessi nazionali di potenza egemone con una maggiore enfasi sugli strumenti politici e diplomatici piuttosto che su quelli militari.

     
    India
    Si è dichiarato colpevole l’imputato pachistano accusato di aver preso parte agli attentati dello scorso 26 novembre a Mumbai, in cui persero la vita 174 persone. Il giovane di 21 anni, unico sopravvissuto al commando terroristico autore delle stragi, ha ammesso a sorpresa di aver partecipato ai massacri nella capitale economica indiana.

    Somalia
    Il saccheggio di tutto il materiale di comunicazione d'urgenza da parte degli islamisti e l'assenza di vigilanza rendono impossibile continuare la missione dell'Onu in Somalia. Sono i motivi che hanno portato alla chiusura temporanea delle attività di tre centri delle Nazioni Unite nella città di Baidoa, nel centro del Paese. La decisione è avvenuta poche ore dopo che miliziani islamisti del gruppo degli Shabaab, movimento vicino ad Al Qaeda, hanno fatto irruzione negli uffici di tre agenzie Onu, a Baidoa e a Wajad, ritenute sostenitrici delle attività del governo transitorio somalo. Gli organismi dell'Onu proseguiranno il loro lavoro a Wajid, dove è garantito il minimo di sicurezza richiesta. Non si hanno ancora notizie, intanto, degli operatori umanitari, né dei 2 agenti francesi sequestrati nei giorni scorsi dagli Shaabab.

    Nigeria
    È stato reso noto ieri il rapporto di Human Right Watch sulla situazione dei diritti umani in Nigeria. L’organizzazione punta il dito sul comportamento della polizia nigeriana in occasione dei disordini scoppiati lo scorso anno tra musulmani e cristiani dopo una disputa elettorale locale nello stato di Plateau. Secondo il rapporto, le forze dell’ordine avrebbero sparato contro i dimostranti uccidendo decine di civili inermi. Si parla di almeno 130 morti. Negli ultimi anni sono migliaia i nigeriani, sia cristiani sia musulmani, che hanno perso la vita nelle violenze interreligiose.

    Mauritania
    Momenti di tensione in Mauritania dopo le elezioni presidenziali di sabato scorso. L’opposizione annuncia un ricorso per contestare i dati che hanno assegnato la vittoria al generale Mohamed Ould Abdel Aziz. “Una frode massiccia”, come denuncia il partito del Fronte Nazionale di Difesa della Democrazia.

    Giappone
    Il Governo giapponese ha approvato la proposta del premier Taro Aso di sciogliere la Camera Bassa aprendo la strada alle elezioni anticipate per il prossimo 30 agosto. Il presidente Aso, entrato in carica lo scorso settembre come quarto primo ministro dopo le elezioni del 2005, ha convocato il voto dopo che il suo partito Liberal democratico ha perso lo scorso 12 luglio le elezioni amministrative di Tokyo. Il partito di Taro Aso ha subito la quinta pesante sconfitta elettorale in elezioni locali e ha un tasso di popolarità a minimi storici.

    Honduras
    Sempre più complicata la situazione in Honduras. Il presidente de facto Roberto Micheletti ha ribadito che non permetterà il ritorno al deposto Manuel Zelaya. Quest’ultimo, intanto, ha chiesto alla comunità internazionale, inclusi l'Onu e gli Stati Uniti, di aiutarlo a tornare al potere. Nessuno spiraglio di luce è giunto ieri dal tentativo di mediazione del presidente del Costa Rica, Oscar Arias. L’Unione Europea ha deciso di bloccare i fondi destinati al Paese latino-americano mentre il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha già avvertito Micheletti che rischia tagli agli aiuti economici se non si appresta a trovare un accordo con il presidente deposto dal golpe militare.

    Perù
    L'ex presidente peruviano, Alberto Fujimori, è stato condannato dalla Corte suprema di giustizia a sette anni e sei mesi di carcere. Fujimori, presidente del Perù dal 1990 al 2000, è stato riconosciuto colpevole di aver dato fondi pubblici pari a 15 milioni di dollari all'ex capo dei servizi segreti, Vladimiro Montesinos, per il timore che il suo braccio destro progettasse un colpo di Stato contro di lui. L’ex premier Fujimori ha già subito una condanna a 25 anni di carcere per la morte di 25 persone, uccise da uno squadrone della morte e una seconda a sei anni per usurpazione di funzioni.

    Tragedia sui monti in Pakistan
    Tragedia sul catena montuosa del Karakoum, in Pakistan. Cristina Castagna, la trentunenne alpinista vicentina esperta degli 8mila metri, è morta nella discesa dal Broad Peak, il cosiddetto K3. L'alpinista è scivolata in un crepaccio davanti agli occhi del suo compagno di cordata, Giampaolo Casarotto. Impossibile finora recuperare il corpo. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Rizzo e Mariella Pugliesi)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 202

     
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