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Sommario del 20/07/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Padre Lombardi: la soluzione migliore per il Papa l'intervento deciso dai medici ad Aosta
  • L'incoraggiamento del Papa ai disoccupati: il commento del presidente delle Acli
  • Il cardinale Tonini compie 95 anni: la vita, il dono più bello di Dio!
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • 40 anni fa l'uomo sulla Luna. Le parole di Paolo VI
  • Nuova influenza. Il direttore sanitario del Vaticano: niente allarmismi
  • Chiesa e Società

  • Celebrazioni per il 50.mo anniversario della Conferenza delle Chiese d’Europa
  • Cracovia: incontro interreligioso a 70 anni dallo scoppio della II Guerra Mondiale
  • Mons. Warduni esorta i cristiani iracheni a non avere paura
  • Il Sudafrica ospita la quinta conferenza mondiale sull’Aids
  • Zambia: i vescovi chiedono al governo fondi per la sanità
  • Africa: messaggio dei vescovi congolesi per l’Anno Sacerdotale
  • Dai mondiali di nuoto il progetto per l’Africa “65 pozzi per 65 medaglie”
  • Solidarietà delle Chiese centroamericane ai vescovi dell’Honduras
  • I vescovi Usa chiedono a Hillary Clinton sforzi per risolvere la crisi in Honduras
  • Messico: i vescovi di Morelia denunciano la violenza in Michoacán
  • Seminario a Bangkok sul ruolo dei vescovi dell'Asia nel dialogo interreligioso
  • Lettera dei vescovi delle Filippine in vista delle elezioni
  • Sri Lanka: i giornalisti chiedono al governo di poter accedere ai campi profughi
  • Mindanao: musulmani condannano gli attacchi e pregano per le vittime
  • A Bogotá primo incontro di animazione biblica della pastorale
  • Colombia: sostegno alle Suore della Visitazione di Bogotá
  • Usa: a fine luglio il Congresso biblico ispanico "Strada per Emmaus"
  • Francia: il 25 e 26 luglio in Bretagna il “Gran perdono di Sant'Anna d’Auray”
  • Il cardinale francese Vingt-Trois: la 'Caritas in veritate' stimola al giudizio morale
  • Al via domani a Roma il Convegno sull'enciclica 'Caritas in veritate'
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iran: i riformisti chiedono un referendum sulla leggittimità delle elezioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Padre Lombardi: la soluzione migliore per il Papa l'intervento deciso dai medici ad Aosta

    ◊   Il Papa ha iniziato la seconda settimana del suo soggiorno a Les Combes in Valle d’Aosta. Ma come sta proseguendo questo periodo di riposo? Ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – Prosegue molto bene. Oggi è una giornata tranquilla, il tempo è veramente splendido e tra l’altro il Papa, rientrando in elicottero ieri da Romano Canavese, ha potuto avere una vista sulle Alpi della Val d’Aosta assolutamente straordinaria. Naturalmente questa è una giornata di riposo dopo una giornata impegnativa come quella di ieri, che è andata veramente molto bene e di cui anche il Papa è stato veramente molto soddisfatto.

     
    D. – Quali sono le previsioni per i prossimi giorni?

     
    R. – Sono quelle di un soggiorno molto tranquillo, senza particolari impegni o movimenti all’esterno. E’ prevista questa celebrazione dei Vespri nella cattedrale di Aosta venerdì pomeriggio alle 17.30, insieme ai sacerdoti della diocesi ed anche ai rappresentanti delle diverse parrocchie; sono previste circa 400 persone e sarà un momento di preghiera molto bello. Poi, domenica, c’è l’appuntamento per l’Angelus proprio qui, vicino al luogo della residenza del Papa.

     
    D. – Abbiamo visto sulla stampa alcune interviste a medici che hanno espresso perplessità riguardo all’intervento subìto dal Papa…

     
    R. – Direi che il tipo d’intervento attuato e le sue modalità sono state decise dopo una riflessione attenta di persone competenti, tenuto conto – com’è naturale e giusto – della conoscenza diretta del paziente e delle circostanze concrete. Bisogna osservare che le diverse opinioni, manifestate dai medici, sono di carattere un po’ teorico, nel senso che non possono tener conto degli elementi determinanti della conoscenza diretta del paziente, della sua situazione e delle circostanze in cui si trova, che sono elementi decisivi in caso d’intervento come quello che si è realizzato. Credo che si può avere pienamente fiducia che, nella situazione concreta, è la soluzione più ragionevole e la migliore che si poteva prendere e non vi è nessun motivo di coltivare preoccupazioni.

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    L'incoraggiamento del Papa ai disoccupati: il commento del presidente delle Acli

    ◊   Vasta eco hanno avuto le parole del Papa ieri all'Angelus a Romano Canavese. In particolare ha suscitato commenti l'incoraggiamento di Benedetto XVI a quanti a causa della crisi si ritrovano senza lavoro. Ma qual è la situazione della disoccupazione in Italia? Sergio Centofanti lo ha chiesto ad Andrea Olivero, presidente delle Acli:

    R. – La situazione è difficile, complessa perché in alcune parti del Paese, in particolare quelle più sviluppate e che quindi tradizionalmente non avevano un problema così rilevante di disoccupazione, si stanno perdendo decine di migliaia di posti di lavoro e non c’è una prospettiva immediata alla possibilità di andare a recuperare, perché c’è ancora una situazione di stagnazione perdurante. Questo porta appunto moltissime persone – noi ne incontriamo ogni giorno – a perdere il lavoro ma soprattutto a non aver fiducia nella prospettiva di ritrovarne un altro. Ed è per questo che le parole del Pontefice sono state quanto mai opportune.

     
    D. – Il Papa ha auspicato che l’enciclica “Caritas in veritate” possa mobilitare le forze positive per contribuire a rivedere modelli di sviluppo...

     
    R. – Sì, in particolare è molto importante questo riferimento che lui ha fatto su una civilizzazione dell’economia, su un’economia che deve convertirsi e che deve riscoprire effettivamente il suo servizio all’uomo, ed è molto opportuno che il Papa richiami tutti gli uomini di buona volontà a leggere, a guardare questa sua riflessione perché è una riflessione che fa osare, che in qualche modo ci sprona a non trovare soluzioni di comodo ma, invece, a guardare effettivamente a ciò che è il bene comune.

     
    D. – Ha ricordato anche i valori fondamentali su cui basare questo sviluppo: famiglia, rispetto della vita, giustizia, solidarietà, capacità di sacrificio …

     
    R. – E’ importante questo raccordo profondo che lui ha fatto sulla questione antropologica come grande questione sociale. Credo che le cose che sono state dette in questi anni – molto opportunamente – sui temi della vita, non siano in nessun modo e non possano essere slegate rispetto ai temi del lavoro, rispetto ai temi dell’immigrazione, anche rispetto alle grandi scelte tradizionalmente sociali. Oggi si deve scommettere su tutto insieme!

     
    D. – Infine, si è domandato quale cultura venga proposta oggi ai giovani, esortandoli a vincere la tentazione di vie facili e illusorie …

     
    R. – Sì. Anche qui, è indubbio che stiamo attraversando una fase critica, perché i modelli culturali che abbiamo prospettato ai giovani sono entrati in crisi. Non è tanto la generazione dei giovani, come talvolta si dice, che sta attraversando la crisi: la crisi la attraversiamo tutti! Anzi, forse sono più i genitori, sono più le figure degli adulti che sono entrate profondamente in crisi e che non riescono quindi poi a dare di se stesse un’immagine e una prospettiva per i più giovani, una prospettiva allettante che, insomma, dia motivazione per una scelta di vita. Credo che bene faccia il Pontefice a richiamarci a questo dovere, ad identificare gli scopi di una vita. Non è un caso che poi nell’enciclica si parli con molta forza del tema della gratuità, del dono! Se noi non abbiamo il coraggio ad andare a chiedere ai giovani di rischiare nella propria vita mettendosi anche al servizio degli altri, andando a vedere la propria vita non con egoismo ma con dedizione ad un progetto più grande, difficilmente instilleremo in loro anche il desiderio di crescere o il desiderio di mettersi in gioco, il desiderio – in fondo – di avere una vita piena, di avere una vita che valga la pena di essere vissuta!

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    Il cardinale Tonini compie 95 anni: la vita, il dono più bello di Dio!

    ◊   Il cardinale Ersilio Tonini, arcivescovo emerito di Ravenna-Cervia, compie oggi 95 anni. Figlio di una povera famiglia contadina di Centovera di Sangiorgio Piacentino, è entrato in seminario a 11 anni: è stato ordinato sacerdote a 22 anni e vescovo a 54. Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale quando ormai aveva già 80 anni. Sergio Centofanti gli ha chiesto di fare un bilancio di questi 95 anni:

    R. – Sì, sono molto contento: sono molto contento, sì. Perché, quegli 11 anni, erano anni ancora di ingenuità ma anche di slancio, eh? Mi diceva sempre mia madre: “Preparati, ragazzo, perché il Signore ha del bene da farti fare!”. Io ho vissuto la mia infanzia, fino ai 9, 10, 11 anni, proprio in attesa di ciò che il Signore mi facesse capire che desiderava da me. Di qui avevo una gran voglia di studiare, di essere pronto con gli studi e poi addirittura di incominciare a conoscere qualche lingua perché capivo che c’erano dei disegni Dio in vista del mio futuro. Ma io devo ringraziare il Signore perché mi ha fatto vivere un po’ nel futuro, quando ero ragazzetto, e mi è servito parecchio, perché quando questi grandi desideri di bene afferrano un ragazzo all’inizio della sua vita, ebbene, allora tutti i sentimenti si muovono in quella direzione. E questa è una cosa molto bella. Secondo me, la fortuna di un ragazzo sono i desideri che gli nascono dentro, quello che noi chiamiamo la vocazione. Cioè, nei ragazzi non sono i comandi che contano: sono i desideri che si riesce ad accendere in loro. Il bene non deve essere comandato, ma deve diventare un’attrazione, il bene!

     
    D. – Se lei dovesse andare all’origine della sua vocazione, che cosa ci potrebbe dire?

     
    R. – Fin da piccolo ho goduto dell’armonia della famiglia. Io non ho mai sentito mio padre alzare la voce su mia madre! Diceva mio padre: “Ascoltate vostra madre!”. Questa armonia, questa intesa, questo clima di benevolenza, di pace, di aiuto fraterno hanno lasciato un’impronta forte!

     
    D. – Chi è per lei Gesù?

     
    R. – E’ veramente il “Salvatore”! Per me Gesù è il mio gusto, il mio sapore, i miei desideri, insomma … è una vera e propria attrazione dell’anima!

     
    D. – Come vede i giovani di oggi, lei?

     
    R. – C’è un po’ più di consapevolezza … Quando noi pensiamo, ad esempio, al fatto che i nostri ragazzi conoscono il francese, l’inglese, il tedesco... questa capacità che hanno i nostri ragazzi di entrare in colloquio con il resto del mondo: sa che è un grande dono? E’ difficile, domani, che scoppino le guerre quando i cittadini delle singole nazioni sono in contatto direttamente, conoscendosi, ciascuno conoscendo l’altro e impara quanto ci sia di simile, quanto ci sia di bene nell’altro, quanto possa dare e ricevere …

     
    D. – Essere cristiani oggi: come testimoniare la fede nel mondo contemporaneo?

     
    R. – Non c’è bisogno di un grande sforzo, basta essere quello che si è! Credo che la cosa più efficace sia quella di voler bene, non è quella della superiorità, non è quella del comando, non è quella del lusso. Ma il modo migliore è quello della fraternità: quando l’uomo che tu incontri, incontrando te capisce che incontra un suo fratello, che tu ci sei per apprezzarlo e sei a sua disposizione, sei lì per incoraggiarlo: quando c’è questo allora l’uomo è già salvo in anticipo …

     
    D. – Qual è la parola del Vangelo che più le rimane nel cuore?

     
    R. – La bella notizia, cioè che Dio ha del bene da farti fare, perché tu sei necessario ai disegni di Dio.

     
    D. – Eminenza, cosa ci può dire dall’alto dei suoi 95 anni?

     
    R. – Bisogna che ci rendiamo conto che la vita è un dono enorme, un regalo … un regalo! La vita umana è la cosa più grande che Dio ha inventato …

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All'Angelus, a Romano Canavese, il Papa torna a chiedere maggiore impegno a sostegno di poveri e disoccupati.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'economia: stanno riprendendo vigore i mercati finanziari statunitensi.

    Quarant'anni fa, l'uomo sulla Luna: in cultura, le parole di Paolo VI, all'Angelus, in attesa dell'avvenimento; la dichiarazione fatta subito dopo la missione dell'Apollo 11; la riflessione del Pontefice dopo lo storico allunaggio, durante l'udienza del mercoledì, e il discorso all'incontro con i tre astronauti statunitensi Armstrong, Aldrin e Collins. Con un articolo di Maria Maggi e una curiosità dal titolo "Ma il primo fu Tintin": all'inizio degli anni '50, infatti,George Remi, in arte Hergé, pubblicò due album dedicati alla conquista della Luna. Impressionante la preveggenza delle immagini, si vede Tintin e si potrebbe pensare di scorgere Aldrin.

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    Oggi in Primo Piano



    40 anni fa l'uomo sulla Luna. Le parole di Paolo VI

    ◊   “La più grande avventura umana di tutti i tempi, così grande che ogni tentativo di magnificarla ci sembrerebbe retorico e vuoto”. Con queste parole 40 anni fa Indro Montanelli giornalista e scrittore, commentava lo sbarco sulla luna. “Touchdown perfetto” titolarono i giornali di tutto il pianeta quando, nel luglio del 1969, la navicella Apollo 11 portò gli astronauti statunitensi a toccare il suolo lunare. Da allora una febbre cosmica simile a quella dell’oro colpì gli americani e non solo. Ripercorriamo la storia dell’allunaggio nel servizio di Cecilia Seppia.
     
    Le 4.57 (ora italiana) del 21 luglio 1969, Neil Armstrong lascia la prima impronta umana sulla superficie lunare, il secondo passo, poi un altro, poi una camminata di circa due ore, rimbalzando senza rumore tra i carboni spenti milioni di anni fa. E’ il trionfo del programma spaziale Apollo, una svolta per l’umanità intera che in un attimo sposta in avanti le lancette della scienza e della storia. Il mondo intero incollato al piccolo schermo o ad una radio è lì con lui, a seguire il primo show dell’era globalizzata in una diretta lunga più di 28 ore. Con Armstrong anche Edwin Aldrin, mentre in orbita attorno alla luna, a bordo della navicella Apollo 11, il terzo astronauta Michael Collins. Dopo un viaggio di 110 ore e 39 secondi di ritardo sui piani, l’allunaggio del Lem Eagle cambia il volto della storia, così come la percezione del tempo e dello spazio. Come spiega Giovanni Caprara, responsabile scientifico del Corriere della Sera:

     
    “Ha cambiato la prospettiva, perché prima di allora l’uomo era chiuso nel suo pianeta e da quel momento ha dimostrato a se stesso che poteva uscire e quindi l’evoluzione continuava. C’è poi, all’interno dell’identità dell’essere umano, un istinto ad esplorare, ad andare oltre”.
     
    I due astronauti si muovono lungo un tragitto di 60 metri, raccolgono campioni del suolo, scattano foto, installano un apparato per l’analisi del vento solare, un riflettore laser, un laboratorio per misure sismiche, poi l’asta della bandiera statunitense buca la superficie lunare, simbolo della conquista appena avvenuta. Quattro giorni dopo l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico nei pressi delle Hawaii. Quarant’anni anni fa toccare il suolo del nostro satellite era l’obiettivo della sfida tra Stati Uniti e Unione Sovietica, oggi non c’è più la contrapposizione tra due blocchi ma una gara fra nazioni, in primis la Cina e l’India, pronte ad affermare la loro importanza a livello tecnologico. Eppure dopo gli sbarchi del programma Apollo conclusi nel 1972, nessun essere umano ha più camminato sulla luna. Per quale motivo? Ancora Giovanni Caprara:

     
    “E’ cambiata la storia, nel senso che la luna non attraeva più; le missioni cominciavano ad essere ripetitive, ma c’era anche un cambiamento sociale: si guardava di più alla terra. Quindi, istintivamente, si chiedeva un’evoluzione di quest’impiego tecnologico, bisognava ripensare a come continuare questa grande avventura. E proprio adesso, a 40 anni dal primo sbarco sulla luna, si sta rivitalizzando e riaccendendo e si guarda alla luna come ad un luogo in cui costruire una colonia, nella quale l’uomo-scienziato, l’uomo-esploratore – non l’uomo qualsiasi – possa vivere stabilmente, senza problemi”.

     
    La benedizione di Paolo VI, 40 anni fa, accompagnava lo sbarco sulla Luna dei tre astronauti statunitensi Neil Armstrong, Edwin Aldrin e Michael Collins,a bordo dell’Apollo 11. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Gloria a Dio! E onore a voi uomini artefici della grande impresa spaziale!”.
     
    Con gioia e soddisfazione Paolo VI salutava la straordinaria avventura, che rendeva il globo terrestre “non più invalicabile confine dell’umana esistenza, ma soglia aperta all’ampiezza di spazi sconfinati e di nuovi destini”. Il Papa parlava da Castelgandolfo, dove con trepidazione aveva seguito in Televisione lo storico evento nella storia dell’umanità:
     
    “Onore a tutti coloro che hanno reso possibile l’audacissimo volo! A voi tutti onore, che vi siete in qualche modo impegnati! Onore a voi, che, seduti dietro i vostri prodigiosi apparecchi, governate, a voi, che notificate al mondo l’opera e l’ora, la quale allarga alle profondità celesti il dominio sapiente e audace dell’uomo”.
     
    Poi le parole rivolte direttamente agli “eroici protagonisti della spedizione”:

     
    “Honour, greetings and blessings to You, conquerors of the Moon…
    Onore, saluto e benedizione a voi, conquistatori della Luna, pallida luce delle nostri notti e dei nostri sogni! Portate ad essa, con la vostra presenza, la voce dello Spirito, l’inno a Dio, nostro Creatore e nostro Padre”.
     
    Se Cristo è il principio e la fine del Cosmo “non temiamo” – rifletteva Paolo XVI – all’indomani de “l’impresa audacissima” – “che la nostra fede non sappia comprendere le esplorazioni e le conquiste che l’uomo va facendo del creato, e che noi seguaci di Cristo siamo esclusi dalla contemplazione della terra e del cielo, e dalla gioia della loro progressiva e meravigliosa scoperta. Se saremo con Cristo saremo nella via, saremo nella verità, saremo nella vita”.

     
    Del resto – ricordava Paolo VI – “il bisogno di Dio è insito nella natura umana, e quanto più essa progredisce tanto più essa avverte, fino al tormento, fino a certa drammatica esperienza, il bisogno di Dio”. Per questo – aggiungeva Papa Montini - la fede cattolica, non solo non teme questo poderoso confronto della sua umile dottrina con le meravigliose ricchezze del pensiero scientifico moderno, ma lo desidera. Lo desidera perché la verità, anche se si diversifica in ordini differenti e si appoggia a titoli diversi, è concorde con se stessa, è unica; e perché è reciproco il vantaggio che da tale confronto può risultare alla fede, alla ricerca e allo studio d’ogni campo conoscibile.”
     

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    Nuova influenza. Il direttore sanitario del Vaticano: niente allarmismi

    ◊   In India, diciassette persone sono state trovate positive al virus H1N1, portando così a 285 il numero dei contagiati nel Paese. Il più giovane è un bambino di 11 mesi. In Italia, secondo la Farnesina, la decisione della British Airways e della Virgin di controllare i propri passeggeri ed, eventualmente, di bloccare gli imbarchi negli aeroporti inglesi per coloro che presentano i sintomi del virus è giusta ed in linea con i suggerimenti dell’Oms. Ma per quanto riguarda la situazione in Italia il ministro del Welfare Sacconi ha definito ingiustificati gli allarmismi. Intanto, gli esperti invitano ad evitare la corsa ai farmaci antivirali in farmacia, anche perché la Nuova Influenza non sembra più pericolosa di qualsiasi altra influenza invernale. D’accordo il direttore di Sanità ed Igiene del Vaticano, professor Giovanni Rocchi, al microfono di Alessandro Guarasci:

    R. - Siamo di fronte un po’ alla sorpresa, che è una sorpresa relativa perché ha molti precedenti, del fatto che la comparsa di un nuovo ceppo, può determinare ondate epidemiche anche al di fuori della stagione abituale, che è quella invernale.

     
    D. – Professore, ogni anno in Italia mediamente quante persone muoiono per complicanze di influenza?

     
    R. – Si stima sui 3000/5000 casi venuti a morte, ma naturalmente su milioni di persone colpite. Quindi la mortalità specifica è piuttosto bassa, anzi, è considerata molto bassa. Certo, la morbosità, ovvero la diffusione della malattia, è tale che poi si verifichino eventi luttuosi in maniera significativa.

     
    D. – Nei giorni scorsi si è detto: “Ritardiamo l’apertura delle scuole”. Ha qualche senso secondo lei?

     
    R. – Questa è una notizia che probabilmente è rimbalzata da altri Paesi, che nel nord Europa, hanno l’inizio dell’attività scolastica all’inizio del mese di settembre. Quindi, se sono in piena attività epidemica, come può essere attualmente in Inghilterra, ecco che lì può avere qualche giustificazione ipotizzare dei ritardi nell’apertura delle scuole per evitare che la popolazione più suscettibile, ma non per questo a maggior rischio, cioè la popolazione infantile poi riporti a casa e rilanci con l’aggregazione scolastica il ritmo della epidemia. In Italia questo è meno temibile, intanto perché non abbiamo una situazione epidemica in atto e poi perché le nostre scuole aprono più tardi rispetto alle scuole del Nord Europa. D. – E’ possibile aspettarsi un picco dell’influenza già verso fine agosto?

     
    R. – Non ci sono elementi in questo senso e in questo momento la nostra popolazione fortunatamente si disperde in località di villeggiatura. La probabilità è minore e in genere la stagione estiva non favorisce la circolazione del virus influenzale.

     
    D. – Comunque, niente allarmismi e nessuna rincorsa al vaccino?

     
    R. – La rincorsa al vaccino è del tutto velleitaria, perché tanto fino a che non è pronto e non è saggiato per efficacia e sicurezza – cioè minimizzazione degli effetti collaterali – non sarà in circolazione. Quindi, è inutile correre a procurarsi il vaccino che non c’è. Quando ci sarà, vediamo come il Ministero della Sanità, le autorità sanitarie, decideranno di distribuirlo: se tramite le unità sanitarie locali o anche in libera vendita nelle farmacie.

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    Chiesa e Società



    Celebrazioni per il 50.mo anniversario della Conferenza delle Chiese d’Europa

    ◊   Una grande nave in mezzo al mare. Con questa immagine si è aperta ieri pomeriggio a Lione la celebrazione del 50.mo anniversario della Conferenza delle Chiese d’Europa. 50 anni di storia - ha detto il presidente uscente della Kek, il pastore Jean-Arnold De Clermont dando il via alle celebrazioni - permettono oggi alle Chiese di volgere “uno sguardo critico sulle nostre debolezze. E’ un tempo per pentirci ma anche un tempo di speranza, perché con la grazia di Dio siamo pronti a ripartire”. La celebrazione si è svolta durante la XIII Assemblea Generale della Conferenza delle Chiese d’Europa (Kek) che si conclude questa mattina a Lione. Al centro dei lavori, c’è stata anche l’elezione di gruppo di lavoro che fino al 2011 avrà il compito di elaborare una proposta di revisione strutturale della Kek. Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I durante l’assemblea ha affrontato il tema del futuro del movimento ecumenico in Europa. “A questo proposito - ha detto - noi vorremmo sottolineare che la cooperazione tra la Kek e il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa è stata necessaria e costruttiva. Per migliorare questo impegno ecumenico, noi proponiamo di mettere in atto una cooperazione meglio organizzata e strutturata tra questi due organismi”. La Chiesa cattolica non fa parte della Kek sebbene intrattiene con essa un rapporto stretto. Prevedere una entrata del Ccee nella Kek - ha ammesso lo stesso Patriarca - implicherebbe “lavori preliminari ed emendamenti ai regolamenti relativi”. Il Patriarca ha anche sottolineato come solo mettendo in atto una più stretta collaborazione tra le Chiese “sarà possibile promuovere più efficacemente il dialogo tra le Chiese d’Europa con le istituzioni europee e l’Unione europea”. “Il futuro della nuova Europa che si sta costruendo, senza i valori spirituali cristiani”, ha detto il Patriarca, si prospetta “triste e incerto”. Il cardinale Philippe Barbarin presente durante l’appello lanciato da Bartolomeo I, ha deciso di scrivere direttamente al Papa per informarlo. “Il Patriarca - ha detto il porporato - ha espresso la speranza che si intensifichino i rapporti con la Chiesa cattolica e a questa affermazione è andato oltre”. Interpellato dai giornalisti, Jean Arnold de Clemornt, presidente della Kek, ha spiegato: “Noi riteniamo che sia possibile avere un Consiglio di tutte le Chiese cristiane in Europa, un luogo attorno al quale si incontrano tutti i cristiani d’Europa per elaborare un messaggio comune da portare alle società europee”. Padre Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali d'Europa, ha dichiarato al Sir: “Anch’io credo che le Chiese cristiane in Europa siano chiamate all’unità secondo il comandamento del Signore "perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17,21) così da servire meglio l’uomo contemporaneo confrontato sempre più ad una molteplicità di sfide complesse anche di carattere etico e sociale”. (A cura di Virginia Volpe)

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    Cracovia: incontro interreligioso a 70 anni dallo scoppio della II Guerra Mondiale

    ◊   Leader delle grandi religioni mondiali, capi di stato e uomini e donne di cultura saranno a Cracovia dal 6 all’8 settembre su invito della Comunità di Sant’Egidio e del cardinale Stanislao Dziwisz. Lo “spirito di Assisi” torna in Polonia e questa volta nella città di Giovanni Paolo II, dove il compianto Pontefice si è formato culturalmente, umanamente e spiritualmente. I leader delle grandi religioni si danno appuntamento a un crocevia della storia europea e daranno vita a un pellegrinaggio inedito per dimensioni e rappresentanza al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, come segno di riconciliazione e di pace, per sottolineare un radicale rifiuto della violenza e della guerra come strumento per la soluzione dei conflitti internazionali. Sarà anche un’occasione speciale per ripercorrere oltre vent’anni di dialogo inaugurati da Giovanni Paolo II, nei luoghi in cui ha vissuto gli anni drammatici della guerra e l’esperienza del dialogo attraverso la conoscenza con un amico ebreo. Probabilmente proprio negli anni di Cracovia si è andata formando in lui l’intuizione da sogno realizzatasi ad Assisi e la storica Giornata Mondiale di Preghiera e Digiuno per la Pace del 27 ottobre 1986: l’invocazione a Dio di tutte le religioni del pianeta perché doni la pace ad un mondo segnato dalle profonde ferite di divisioni e guerre. Più di dieci i cardinali presenti, e sono attesi anche due testimoni delle sofferenze del Medio Oriente e dell’Africa: Sua Santità Karekin II Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni e Sua Santità Abuna Paulos, Patriarca della Chiesa Ortodossa di Etiopia, che ha vissuto sette anni in prigione. Sarà presente anche il testimone dell’ultimo incontro interreligioso, Sua Beatitudine Chrysostomos II, arcivescovo di Nuova Giustiniana e di Tutta Cipro. Sostenuta e ricca anche la partecipazione da molte aree del mondo dei rappresentanti delle Comunioni cristiane mondiali, delle Organizzazioni cristiane internazionali e delle grandi religioni mondiali. Infine, saranno presenti anche molte autorità internazionali e capi di stato: da Cipro al Costarica, dall’Albania a Timor Est, dalla Polonia all’Uganda. (V.V.)

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    Mons. Warduni esorta i cristiani iracheni a non avere paura

    ◊   La comunità cristiana irakena “ha partecipato regolarmente alle funzioni domenicali”, pur in un “clima di paura per possibili nuovi attacchi”. Ai fedeli “ho chiesto di avere coraggio”, ma resta il “timore” per una possibile “nuova fuga dei cristiani dall’Iraq”. È quanto ha detto mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, a una settimana dagli attacchi che hanno colpito diverse chiese del Paese, a Baghdad e Mosul. “È andata bene” commenta mons. Warduni. “Vi è stata molta partecipazione tra i fedeli, sia alle funzioni del mattino, sia a quelle della sera, che hanno registrato solo un lieve calo”. Il prelato ha esortato la comunità cristiana “a venire alla messa” e i fedeli “hanno risposto con coraggio”. Mons. Warduni non nasconde il pericolo di “una nuova fuga dei cristiani dall’Iraq” e spiega che “è normale questo sentimento di paura, alimentato da morti, feriti e distruzione”. “Ho chiesto ai fedeli di rimanere – sottolinea – però dobbiamo anche dare loro garanzie di sicurezza, possibilità di lavoro, di un futuro. Senza questi presupposti, cosa possiamo dire loro?”. A Mosul, la comunità cristiana denuncia la mancanza di una presa di posizione forte dopo l’attacco alla chiesa della Madonna di Fatima del 13 luglio scorso. Fonti di AsiaNews a Mosul confermano lo spiegamento di forze nei pressi delle chiese; la polizia ha allestito diversi punti di controllo per garantire lo svolgimento regolare delle celebrazioni domenicali. Il clima di sfiducia e insicurezza generale fa tornare d’attualità il progetto legato alla piana di Ninive, la creazione di un’enclave cristiana nel nord del Paese. Essa diverrebbe una zona cuscinetto fra curdi e arabi ed è osteggiata, pur con qualche distinguo, dalla maggioranza dei leader cristiani. Basandosi su ragioni umanitarie e di sicurezza, essi affermano che l'idea nasconde in realtà interessi economici e un giro di affari per la costruzione di case e alloggi che fa gola a molti. E il reverendo Samuel Kobia segretario del World council of Churches (Wcc) ha manifestato la sua solidarietà ai cristiani iracheni: “Anche in mezzo all’odio e all’aggressione continuate a rendere testimonianza dell’amore e della pace in Gesù Cristo”, questo il contenuto di una lettera inviata dal segretario dell’organismo ecumenico. Il reverendo Samuel Kobia ha inoltre annunciato che il World council of Churches sta organizzando una visita in Iraq. È probabile che i rappresentanti del Wcc facciano tappa nei luoghi degli attentati per dimostrare “solidarietà e sostegno”. (V.V.)

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    Il Sudafrica ospita la quinta conferenza mondiale sull’Aids

    ◊   Dopo quasi dieci anni dal meeting di Durban, che aveva puntato l’indice, per la prima volta sul tremendo impatto del virus Hiv nei Paesi in via di sviluppo, si torna a parlare di Aids nel continente maggiormente colpito dalla malattia. A Città del Capo, è iniziata ieri la quinta conferenza mondiale dell’International Aids Society, che intende fare un bilancio e ha obiettivi ambiziosi: eliminare la trasmissione materno – infantile del virus, raggiungere l’accesso universale alle cure entro il 2010, dimezzare il numero dei contagi entro il 2011, garantire assistenza sanitaria e terapie all’80% dei sieropositivi. Intanto si sta procedendo a testare due vaccini, messi a punto in collaborazione con gli Stati Uniti. Al summit partecipano i maggiori esponenti mondiali, tra cui il premio Nobel per la medicina 2008, Francoise Barre-Sinoussi, e il presidente sudafricano, Kgalema Motlanthe. Medici senza Frontiere intanto ha denunciato l’alto costo dei farmaci, che pone a rischio la vita di migliaia di pazienti. Nel mondo sono ben 33 milioni le persone malate, 22 milioni delle quali nell'Africa subsahariana. Ogni anno si registrano 2,7 milioni di nuove infezioni. Soltanto nel 2007 l'Aids ha ucciso due milioni di persone nel mondo. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha lanciato, meno di un mese fa a Venezia, un appello per favorire la formazione di medici e infermieri, invitando le grandi organizzazioni impegnate nel Sud del mondo a destinare parte dei fondi al potenziamento dei singoli sistemi sanitari, a fianco dei governi. (A.D.G.)

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    Zambia: i vescovi chiedono al governo fondi per la sanità

    ◊   Un forte appello al governo dello Zambia perché trovi i fondi necessari per sostenere le strutture sanitarie del Paese, ormai al collasso e con il personale spesso in sciopero: è stato lanciato dai vescovi zambiani in una lettera pastorale firmata ieri a Lusaka, a conclusione dell’assemblea plenaria svoltasi dal 13 al 18 luglio. “Nel nostro contatto quotidiano con la popolazione rurale e con i poveri delle periferie cittadine – osservano i vescovi nel documento pervenuto al Sir – possiamo testimoniare in prima persona la sofferenza della nostra gente, che muore a causa dell’impossibilità di accedere a cure mediche adeguate”. I vescovi si dicono “preoccupati” perché dal febbraio 2009 “il governo non ha regolarmente distribuito fondi alla maggior parte delle strutture sanitarie” o, quando lo ha fatto, “sono stati scarsi o troppo in ritardo”. Anche le strutture cattoliche hanno dovuto chiudere o interrompere alcuni programmi per la mancanza di risorse, “a discapito dei poveri”. “Scoraggiante”, per i vescovi zambiani, è anche “l’indifferenza” del governo nei confronti di “recenti scioperi del personale sanitario, degli insegnanti e di altri dipendenti di servizi pubblici”, “demotivati” per le tante difficoltà. Perciò chiedono al governo di “trovare altre fonti di finanziamento” per destinare risorse “a tutte le strutture sanitarie”, suggerendo anche alcune modalità possibili. I vescovi zambiani implorano anche la fine della “violenza contro i media”, con “molestie, persecuzioni e incriminazione di giornalisti, testate giornalistiche e cittadini che manifestano una opinione diversa da quella del governo”. Piuttosto, sottolineano, “il governo si dovrebbe impegnare di più nella lotta alla corruzione; nella ricerca di soluzione per il settore minerario, per l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari”, ecc.. I vescovi chiedono anche il sostegno dei partner della cooperazione non governativa, e si rivolgono ai dipendenti pubblici perché “nonostante lavorino in condizioni molto difficili, riscoprano lo spirito di servizio richiesto dal loro nobile compito”. I tredici vescovi dello Zambia, guidati da mons. George Zumaile Lungu, vescovo di Chipata e presidente della Conferenza episcopale, avevano già scritto una lettera pastorale nel marzo scorso (“Appello all’integrità”). Richiamano ancora una volta i fedeli e l’intera popolazione ad impegnarsi per “sradicare la povertà, lavorare per il bene comune, intensificare la lotta contro la corruzione e combattere le malattie, specialmente il virus Hiv e l’Aids”. (R.P.)

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    Africa: messaggio dei vescovi congolesi per l’Anno Sacerdotale

    ◊   “Insieme al Santo Padre, vogliamo che l’Anno Sacerdotale contribuisca a promuovere l’impegno per il vostro rinnovamento interiore al fine di rendere più incisiva e più vigorosa la vostra testimonianza nel nostro Paese e nel mondo”: così scrivono i vescovi della Repubblica Democratica del Congo ai sacerdoti nel loro messaggio per l’Anno Sacerdotale. Nel testo, riferisce l’agenzia Fides, si sottolinea la necessità che i sacerdoti siano in primo luogo dei testimoni autentici della fede perché, come affermava Papa Paolo VI, “l’uomo contemporaneo ascolta più i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni”. Una testimonianza tanto più difficile nella complessa società congolese, come sottolinea il messaggio: “Cari fratelli nel sacerdozio, siamo coscienti del fatto che esercitate il vostro ministero in un mondo caratterizzato da: la perdita del sacro; l’invasione crescente delle sette; il pluralismo religioso; lo sfaldamento dei valori morali e l’inclinazione a seguire degli antivalori quali: la menzogna, la divisione, il tribalismo, la xenofobia, il non rispetto della parola data e del bene comune, la perdita del senso dell’onore e della dignità, la disonestà, il permissivismo, la cattiva gestione. Inoltre, questo contesto è segnato, da qualche anno, da alcune situazioni drammatiche di conflitti armati che provocano sofferenze, da una miseria e da una povertà indescrivibili, dalla perdita di potere d’acquisto della popolazione, così come dalla distruzione delle principali infrastrutture di base”. Accanto ai sacerdoti che con coraggio, fanno ogni giorno il loro dovere, i presuli riconoscono che “esistono purtroppo delle situazioni mai abbastanza deplorate dove la Chiesa stessa soffre per l’infedeltà di alcuni dei suoi ministri”. “Per questo - proseguono i vescovi- vi esortiamo a scoprire prima di tutto e a vivere sempre meglio la vostra identità sacerdotale che è radicata nella stessa persona di Gesù Cristo. Il Cristo deve dunque rimanere il referente nella vostra vita di tutti i giorni. In altri termini, siete chiamati a essere testimoni autentici di Cristo”. Per questo i sacerdoti sono invitati a intensificare la preghiera e a vivere in pienezza la comunione gerarchica. “La riuscita del vostro ministero dipende dalla vostra relazione intima con Cristo. Possa essere questo Anno Sacerdotale, per voi, un anno di preghiera, di penitenza e di mortificazione sull’esempio di San Giovanni Maria Vianney. In questo cammino, la Santa Vergine Maria, Madre dei sacerdoti, e i Beati Marie Clémentine Anuarite e Isidore Bakanja ci mostrino che è l’amore che conduce alla fedeltà. Vi affidiamo allo loro intercessione” conclude il messaggio. (A.D.G.)

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    Dai mondiali di nuoto il progetto per l’Africa “65 pozzi per 65 medaglie”

    ◊   “Una festa dell’acqua anche per chi è senz’acqua”, questo lo slogan dei XIII Campionati mondiali di nuoto iniziati sabato scorso e in programma fino al 2 agosto. Un’iniziativa, a cui partecipano atleti di 180 Paesi, uniti per favorire la costruzione di 65 pozzi in Africa, tanti quanti sono i titoli mondiali assegnati in gara. Ad ogni pozzo, riferisce l’agenzia Sir, verrà dato il nome di un campione. L’evento è stato realizzato grazie al Comitato Organizzatore Roma09 e al Comune di Roma. A beneficiare dell’iniziativa sarà Amref, organizzazione no profit africana che lavora da più di mezzo secolo per la salute del continente. “Più di un miliardo di persone in tutto il mondo – spiega l’associazione - sono costrette a utilizzare acqua contaminata, veicolo principale delle malattie. L’assenza di acqua potabile è una delle cause fondamentali del circolo vizioso fame, malattia, povertà”, mentre “l’acqua pulita e l’igiene sono tra le medicine preventive più efficaci a disposizione dei governi per ridurre le malattie infettive”. Ogni anno, prosegue l’Amref, “circa 1,8 milioni di bambini muoiono a causa di tifo, colera, dissenteria, gastroenterite e diarrea. L’accesso ad acqua pulita può ridurre i tassi di mortalità infantile di oltre il 20%”. L’organizzazione ha già individuato le aree di intervento in Kenya e in Tanzania. (A.D.G.)

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    Solidarietà delle Chiese centroamericane ai vescovi dell’Honduras

    ◊   L’arcivescovo di Managua, in Nicaragua, mons. Leopoldo Brenes, attuale Presidente del Segretariato episcopale dell’America centrale (Sedac), ieri, nel corso di una conferenza stampa in San Salvador, dove si trova per preparare il prossimo incontro dell’organismo di coordinamento ecclesiale, ha espresso “ampia e totale solidarietà ai vescovi dell’Honduras da parte di tutte le Chiese particolari dell’area centroamericana”. Il presule ha ribadito che nel caso della grave crisi istituzionale che colpisce questa nazione da diversi mesi “solo la via del dialogo può consentire di individuare le migliori soluzioni”. Ricordando, tra l’altro i numerosi gravi conflitti che in questi anni hanno vissuto diversi Paesi centroamericani, come il suo Nicaragua, ma anche El Salvador e il Guatemala, mons. Brenes ha rilevato che sono proprio queste tragiche esperienze quelle che insegnano che alla “fine la soluzione si trova quando le parti si siedono e parlano tra loro”. “Occorre dunque far ricorso a tutte le vie possibili che si basano sul dialogo e sul negoziato”, ha osservato. L’arcivescovo non ha nascosto le difficoltà che si presentano quando si sceglie questa strada, ma ha ribadito che “resta la via migliore per camminare verso la soluzione dei problemi”. Nel contesto di queste riflessioni, condivise anche da parte dell’arcivescovo di San Salvador, mons. José Luis Escobar, presente all’incontro con i giornalisti, dopo aver concelebrato la Messa nella cattedrale assieme con mons. Brenes, presidente del Sedac, in rappresentanza dei vescovi centroamericani, ha rinnovato l’auspicio “che in Honduras sia trovato uno sbocco pacifico alla crisi e non si registrino altre vittime” e al tempo stesso ha rivolto una appello “a tutti i gruppi sociali dei Paesi della regione affinché ciascuna dia il proprio contributo al ristabilimento della pace, della riconciliazione e della fratellanza”. Da ricordare che l’attuale Sedac, Segretariato episcopale dell’America Centrale, nato nel 1965, raggruppa gli episcopati di 7 Paesi dell’area: Guatemala, Belize, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica e Panamá. Nel 1970 quest’organismo di coordinamento ecclesiale, che era nato come una conferenza regionale, ma per volere della Santa Sede, divenne un segretariato. Ogni anno si tiene un’assemblea plenaria: la prossima sarà in Guatemala. (A cura di Luis Badilla)

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    I vescovi Usa chiedono a Hillary Clinton sforzi per risolvere la crisi in Honduras

    ◊   La Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (Usccb) ha chiesto a Hillary Clinton, Segretario di Stato, di continuare gli sforzi per risolvere la crisi politica dell’Honduras. Questo il contenuto di una lettera firmata dal vescovo di Albany (New York), mons. Howard James Hubbard, presidente del Comitato “Giustizia e Pace” Internazionale dell'Usccb. Mons. Hubbard, rende noto l'agenzia Fides, menziona una lettera di solidarietà inviata dall’arcivescovo di Chicago, cardinale Francis George, presidente della Conferenza episcopale statunitense, al cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga e alla Conferenza episcopale dell’Honduras. Afferma poi che i vescovi degli Stati Uniti sono vicini a quelli dell’Honduras nel loro "appello al dialogo ed alla riconciliazione tra gli honduregni" e ad un "appoggio esterno senza pressioni unilaterali per ottenere una risoluzione giusta e pacifica" del conflitto. Mons. Hubbard precisa che la Chiesa cattolica degli Stati Uniti si è sentita incoraggiata dall'appoggio al processo di mediazione iniziato dal presidente del Costa Rica, Oscar Arias. “Lo sollecitiamo a mantenere l'appoggio a questo sforzo ed a prendere tutte le misure appropriate per aiutare l’Honduras a risolvere l'attuale crisi in pace e nella giustizia e, secondo le parole del Santo Padre, a creare le condizioni di coesistenza pacifica e di autentica vita democratica" conclude il comunicato. (V.V.)

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    Messico: i vescovi di Morelia denunciano la violenza in Michoacán

    ◊   I vescovi della provincia ecclesiastica di Morelia hanno emesso un comunicato - ripreso dall'agenzia Fides - nel quale manifestano il loro dolore e la profonda preoccupazione "davanti all'inusitata ondata di violenza criminale che è venuta ad insanguinare la nostra terra" in questi giorni. I vescovi denunciano il “clima di terrore e di incertezza" perché sono molti “quelli che hanno ricevuto minacce e sono oggetto di estorsione e sequestro”. Inoltre "la popolazione vive l'angoscia di sentirsi indifesa e le famiglie rimangono terribilmente traumatizzate quando qualcuno dei loro membri viene oltraggiato. Ci sono paesi che davanti all'insicurezza sono rimasti disabitati". "Come discepoli di Gesù Cristo e come Pastori del popolo di Dio non possiamo tacere né rimanere indifferenti" affermano i presuli, i quali con forza annunciano: "è tempo di alzare la voce e chiedere a nome di Dio: basta con la morte! Nessuno potrà scampare dal giudizio divino ed ognuno dovrà rendere conto delle sue azioni". Perciò lanciano un appello a tutti coloro che sono coinvolti nella violenza, "affinché ascoltino la voce di Dio che ci richiama alla vita e alla pace". I vescovi ricordano di seguito le parole pronunciate da Benedetto XVI, nel suo discorso al nuovo ambasciatore del Messico presso la Santa Sede, il quale riconosceva che si sono realizzati molti passi "per fomentare un ordine sociale più giusto e solidale e superare le contrarietà che continuano ad attanagliare il Paese" e specialmente "l'attenzione e l'impegno con i quali le autorità della vostra Patria stanno affrontando questioni tanto gravi come la violenza, il narcotraffico, le disuguaglianze e la povertà, che sono campo fertile per la delinquenza". Ma contemporaneamente notava che "per una soluzione efficace e duratura di quei problemi, non sono sufficienti tecniche mirate o di sicurezza". Si richiede "una larghezza di mire e l'efficiente unione degli sforzi, oltre a propiziare un necessario rinnovamento morale, l'educazione delle coscienze e la costruzione di una vera cultura della vita". Per i vescovi la prima misura importante è "implorare con umiltà ed insistenza da Dio misericordioso che ci compatisca e ci conceda di vedere tempi di pace". In effetti "con la forza della preghiera lottiamo per vincere il male a forza di bene. Con integrità, serenità e prudente discrezione, cerchiamo, autorità e cittadini, di contribuire al ristabilimento dell'ordine pubblico nella pace e nella giustizia". Perciò i Vescovi invitano tutte le parrocchie e comunità a promuovere un triduo di preghiera da giovedì 23 a sabato 25 luglio, organizzando ogni giorno un'Ora Santa, una Via Crucis ed un Rosario. Inoltre chiedono a tutte le famiglie di elevare al Signore, alle 3 del pomeriggio, una preghiera per la pace. (R.P.)

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    Seminario a Bangkok sul ruolo dei vescovi dell'Asia nel dialogo interreligioso

    ◊   “La chiamata della Chiesa al dialogo: il ruolo speciale dei vescovi”: è il titolo del Seminario in programma a Bangkok (Thailandia) da domani al 25 luglio, su iniziativa della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (FABC) attraverso l’Ufficio per gli affari ecumenici e interreligiosi (OEIA).L’incontro è rivolto ai vescovi presidenti delle Commissioni episcopali asiatiche per il Dialogo Interreligioso, nonché a vescovi interessati a lavorare per la causa del dialogo e si colloca all’interno di un percorso di colloqui con fedeli cristiani e non cristiani iniziato dall’Ufficio nel 1979. In un momento di minacce globali all’unità e alla collaborazione tra credenti, si è ritenuto opportuno promuovere un nuovo incontro, al fine di preservare e rafforzare gli esiti degli appuntamenti passati e trasmetterne il significato ai vescovi di nuova nomina. Ad ispirare i contenuti del convegno è in particolare l’enciclica di Giovanni Paolo II “Redemptoris Missio”, che afferma all’inizio del n.55: “Il dialogo inter-religioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. Occorre che questi due elementi mantengano il loro legame intimo e, al tempo stesso, la loro distinzione, per cui non vanno né confusi, né strumentalizzati, né giudicati equivalenti come se fossero intercambiabili. La conoscenza e l’apprezzamento di altre fedi religiose “non diminuisce il dovere e la determinazione della Chiesa a proclamare senza esitazioni Gesù Cristo, che è ‘la via, la verità e la vita’". Obiettivo del Seminario è in particolare quello di porre in evidenza la ricca pluralità religiosa e culturale delle Nazioni asiatiche, promuovere atteggiamenti positivi verso altre tradizioni religiose ed esaltare i loro contenuti di bontà, verità e bellezza; si desidera inoltre incoraggiare la collaborazione con altre fedi religiose ai fini della comprensione reciproca e della condivisione di preoccupazioni comuni. Nelle riflessioni e nelle liturgie i vescovi si porranno in ascolto delle sollecitazioni dello Spirito, che è il primo Riconciliatore e il più efficace “costruttore di ponti”. Ad introdurre i lavori del convegno sarà mons. Fernando Capalla, Vescovo di Davao, nelle Filippine e presidente dell’OEIA. Le relazioni di fondo saranno tenute dal gesuita P. Francis Xavier D’Sa, che metterà dapprima in rilievo i fondamenti del magistero ecclesiale sul dialogo, a partire dall'enciclica citata, per esporre quindi le implicazioni pastorali del dialogo, con particolare riferimento al contributo dei vescovi in ambiti quali la comprensione della pluralità culturale e religiosa, la sinergia con altre tradizioni religiose a favore dell’armonia intercomunitaria, la collaborazione in attività di interesse comune, la creazione di progetti interreligiosi nei rispettivi Paesi. Nei contributi conclusivi verranno infine tracciate le linee portanti per una spiritualità del dialogo aperta all’insegnamento offerto dalle religioni dell’Asia e pronta ad interagire con esse. (M.V.)

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    Lettera dei vescovi delle Filippine in vista delle elezioni

    ◊   I laici cattolici devono essere protagonisti della pastorale della Chiesa e del rinnovamento sociale, con una “presenza evangelicamente feconda” nelle istituzioni, nella politica, nelle strutture della società, per il bene comune della nazione: è quanto afferma la nuova lettera pastorale della Conferenza episcopale delle Filippine, a firma del presidente, mons. Angel Lagdameo. La lettera si inserisce nel percorso di sensibilizzazione e di formazione alla politica e alla presenza attiva nella società che la Chiesa filippina ha intenzione di portare avanti da oggi fino a giugno 2010, quando il popolo sarà chiamato alle urne per le elezioni presidenziali. Il periodo giugno 2009-giugno 2010 è stato proclamato “anno di preghiera e impegno per la costruzione della pace” e per promuovere la “partecipazione dei laici al cambiamento della società”. I fedeli cattolici sono stati invitati a recitare ogni domenica una preghiera con la speciale intenzione rivolta al futuro della società e al passaggio elettorale del 2010. Il documento, ripreso dal Sir, ribadisce l’urgenza di restituire una moralità alla politica, inquinata dalla ricerca del tornaconto personale, da cinismo, apatia, corruzione, disonestà e “strutture di peccato” che pregiudicano il bene della nazione e la realizzazione del Regno di Dio. (V.V.)

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    Sri Lanka: i giornalisti chiedono al governo di poter accedere ai campi profughi

    ◊   Libero accesso della stampa nei campi profughi e sicurezza per i giornalisti nella regione del nord, dove ad agosto si svolgeranno le prime elezioni amministrative dopo la fine dei 30 anni di dominio delle Tigri tamil. Sono due delle 11 richieste che le principali associazioni internazionali dell’informazione rivolgono a Mahinda Rajapaksa, presidente dello Sri Lanka. Con una lettera aperta, ripresa dall’agenzia AsiaNews, lamentano che “il deterioramento della situazione della libertà di stampa nel Paese continua nonostante la vittoria militare sul Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte)”. I giornalisti locali sostengono che il governo di Colombo ha spesso utilizzato lo spauracchio della guerra contro le Tigri tamil e la difesa della sicurezza nazionale per tenere sotto controllo i media dello Sri Lanka. Le autorità hanno imprigionato anche alcuni giornalisti accusandoli di collusione con i ribelli tamil, e sono molti i casi di minacce e assassini tra operatori dei media che nei loro articoli hanno criticato la politica del governo. A firmare la lettera aperta a Rajapaksa sono associazioni come la Federazione internazionale dei giornalisti, il Comitato mondiale per la libertà di stampa e Reporter senza frontiere. Esse affermano che “molto deve essere fatto nell’immediato per assicurare che i giornalisti dello Sri Lanka e i media indipendenti in singalese, tamil ed inglese posano godere della sicurezza e della libertà che è propria di una democrazia”. Le associazioni chiedono dunque al presidente dello Sri Lanka anche la creazione di un ufficio per le indagini sui crimini contro i media e la pubblicazione dei risultati dell’inchiesta sull’omicidio di Lasantha Wickramathunga, direttore del Sunday Leader assassinato l’8 gennaio scorso. Tra gli undici punti contenuti nella lettera ci sono anche le richieste di liberazione dei giornalisti J.S. Tissainayagam, B. Jasiharan e V. Vallarmathy in carcere dal marzo 2008. (V.V.)

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    Mindanao: musulmani condannano gli attacchi e pregano per le vittime

    ◊   “Questo non è un conflitto fra musulmani e cristiani. Noi abbiamo intenzione di risolverlo senza permettere gli atti ignobili che lo sostengano”. Così si esprime il gruppo di associazioni musulmane Consortium of Bangsamoro Civil Society (CBCS), in merito agli attentati di inizio luglio che hanno colpito 5 città del Mindanao e causato 12 morti. I rappresentanti del CBCS chiedono al governo di chiarire l’accaduto attraverso indagini realizzate da un corpo “credibile e indipendente”. Il rischio di speculazioni è alto, riferisce l’agenzia Asianews, e potrebbe causare una frattura nei dialoghi tra cristiani e musulmani. Questi ultimi affermano che “molte delle notizie riportate dopo l’attacco a Cotabato sono ambigue, perché collocano la bomba all’interno della cattedrale, mentre l’esplosione è avvenuta nelle vicinanze dell’edificio”. I leader musulmani proseguono dicendo che “la gente di Mindanao non può permettere il ritorno allo scontro tra cristiani e musulmani, che negli anni 70’ ha insanguinato l’isola”. I membri dell’associazione musulmana condannano gli attentati e affermano di essere "uniti nel consolare e confortare le famiglie delle vittime” e che le loro “preghiere sono per il raggiungimento di una pace genuina”. Nell’ottobre 2008, il CBCS ha organizzato un “raduno” per la pace nella città di Marawi. In tale occasione l’associazione ha sollecitato l’Onu e la Conferenza delle organizzazioni islamiche a un intervento immediato per la risoluzione pacifica del conflitto. Ciò ha permesso la ripresa del dialogo tra il Moro Islamic Liberation Front e il governo di Manila, ancora in corso.  Il Consortium of Bangsamoro Civil Society è un gruppo di organizzazioni che raccoglie al suo interno 168 Ong musulmane e diverse associazioni; da diversi anni, è attivo nel processo di pace tra il Milf e l’esercito filippino. (A.D.G.)

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    A Bogotá primo incontro di animazione biblica della pastorale

    ◊   “La Parola di vita, fonte di discepolato e missione”. Questo, il tema del primo incontro latino-americano, per riflettere e progettare l’animazione biblica della pastorale, che si è svolto a Bogotá dal 9 al 12 luglio scorso. Il meeting, organizzato dal Centro Biblico per la Pastorale dell'America Latina (CEBIPAL), dipendente dal Consiglio Episcopale latinoamericano (CELAM), ha riunito vescovi e direttori di animazione biblica della pastorale (sacerdoti, religiose e laici) delle Conferenze Episcopali di Messico, Costa Rica, Panama, Cuba, Repubblica Dominicana, Venezuela, Ecuador, Perù, Brasile, Paraguay, Uruguay, Argentina, Cile e Colombia. “Abbiamo voluto condividere con il popolo di Dio, che peregrina in queste terre, le nostre riflessioni e conclusioni”, affermano in un messaggio i partecipanti al congresso. I firmatari si dicono ispirati dai documenti del Magistero della Chiesa: la Dei Verbum del Concilio Vaticano II e il Documento di Aparecida, così come le esperienze dei precedenti incontri regionali di Pastorale Biblica. Negli ultimi anni, affermano i partecipanti, in un messaggio diffuso al termine del congresso “si è verificato un salto qualitativo nella comprensione del processo di animazione biblica della vita pastorale della Chiesa, nel senso che la Parola di Dio è la fonte o l'anima della vita della Chiesa, come lo è l'Eucaristia (Dv21)”. “La Bibbia è quindi una mediazione tra l'autore sacro, attraverso il quale ci giunge la Parola di Dio, e il lettore cristiano. Queste – riferisce l’agenzia Asianews – le prossime sfide: “riportare il popolo di Dio all'ascolto, alla meditazione, alla preghiera, alla messa in pratica della Parola, all'esperienza della "lectio divina". Ai sacerdoti, è stato chiesto un maggiore interesse nel preparare le omelie, che dovrebbero essere più centrate sulla Parola di Dio, secondo l'invito rivolto ad Aparecida. “Nel nostro cammino – hanno concluso i partecipanti – ci accompagna la Vergine Maria, prima discepola di Gesù, l'ascoltatrice che ha messo in pratica fedelmente la Parola”. (A.D.G.)


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    Colombia: sostegno alle Suore della Visitazione di Bogotá

    ◊   Un investimento per sostenere l’ordine delle Suore della Visitazione di Bogotá, assicurare il futuro del convento e delle iniziative pastorali e caritatevoli in una delle zone più povere e più densamente popolate. Questo, l’intento dell’Acs, Aiuto alla Chiesa che Soffre, come risposta ad una lettera della superiora, suor Rosa de Maria in cui precisava: “Noi siamo l’unico convento nella parte sud della città, dove la gente vive in condizione di estrema privazione e violenza”. Oggi, riferisce l’agenzia Sir, Bogotá conta circa 7 milioni di abitanti, molti dei quali in catapecchie ai margini della città, come ad esempio Bosa nel quartiere a sud-ovest. Proprio qui si trova il monastero de la Visitaciòn de Bosa: 38 suore di clausura che seguono la Regola di San Francesco di Sales in una vita di preghiera e contemplazione. “Attualmente – prosegue la religiosa - circa 120 famiglie bisognose e senza tetto vengono da noi, e noi le aiutiamo con cibo, vestiti, medicine”. Le suore, che si mantengono a fatica preparando ostie e cucendo tessuti da altare e paramenti, offrono anche supporto morale: “Ci diamo da fare per insegnare la fede e fornire gli insegnamenti per il Battesimo e la Cresima, e apriamo le porte del convento ai fedeli del luogo affinché possano partecipare alla Santa Messa”. (A.D.G.)

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    Usa: a fine luglio il Congresso biblico ispanico "Strada per Emmaus"

    ◊   “Strada per Emmaus”. Così si intitola il Congresso biblico ispanico, organizzato dalla Società biblica americana in collaborazione con l'università di Notre Dame, nell'Indiana, dal 30 luglio al 1° agosto. “La Parola di Dio e i cattolici latino-americani” sarà il tema che riunirà numerosi biblisti, al fine di approfondire lo studio e l'esperienza della Bibbia nel contesto ispanico. Il congresso è rivolto al mondo ispano-cattolico, ma è aperto alle altre confessioni cristiane, riferisce l’agenzia Sir. Il cardinale Francis George, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, inaugurerà i lavori il 30 luglio, con una riflessione sul Sinodo della Parola, svoltosi nell'ottobre 2008 a Roma. Durante l'incontro, che avrà luogo presso il Centro Cushwa per lo studio del cattolicesimo americano, interverranno esegeti e docenti di teologia di diverse facoltà degli Stati Uniti d'America e del Messico. Inoltre, parteciperanno personaggi del mondo della spiritualità e della musica come suor Glenda, cantautrice cilena. L'arcivescovo Nicola Eterović, Segretario generale del Sinodo, pronuncerà una relazione sul pensiero di Benedetto XVI sulla Bibbia alla luce del Sinodo. Durante il congresso sarà inoltre possibile visitare una mostra intitolata “La Bibbia nel nuovo mondo”, con esemplari preziosi di Bibbie in spagnolo, portoghese, inglese e nelle lingue native dell'America. (A.D.G.)

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    Francia: il 25 e 26 luglio in Bretagna il “Gran perdono di Sant'Anna d’Auray”

    ◊   Veglie di preghiera, processioni aux flambeaux, confessioni, liturgie eucaristiche e celebrazioni dei vespri sotto la guida di mons. Pierre d’Ornellas. È il programma della due-giorni, dedicata all’incontro “Gran perdono di Sant’Anna d’Auray”, che si svolgerà in Bretagna dal pomeriggio del 25 luglio alla sera del 26. Il santuario dedicato alla patrona dei bretoni riunirà circa 20mila pellegrini intorno all’arcivescovo di Rennes, mons. d’Ornellas. “Da quattro secoli – spiega il rettore del santuario, padre André Guillevic – i bretoni hanno un attaccamento viscerale per la loro patrona” e il santuario “è il vero cuore spirituale della Bretagna”. Saranno presenti tutti i presuli bretoni o originari della Bretagna. All’organizzazione dell’evento, prosegue il rettore, “hanno contribuito il Comune, la parrocchia, il santuario, ed anche gli agricoltori mettendo a disposizione i propri terreni per trasformarli in campeggi”. All’origine del culto e del Gran perdono, riferisce l’agenzia Sir, vi sono le apparizioni che Sant’Anna fece nel 1623 ad un contadino che stava arando, Yves Nicolazic, chiedendogli di far ricostruire la cappella un tempo a lei dedicata su un campo chiamato Bocenno. Nel 1625 Nicolazic scoprì l’antica statua della Santa: lì, luogo della primitiva cappella, è stata costruita la nuova. L’attuale basilica, della fine del XIX secolo, la sostituisce perché troppo piccola per il grande flusso dei pellegrini. (A.D.G.)

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    Il cardinale francese Vingt-Trois: la 'Caritas in veritate' stimola al giudizio morale

    ◊   “Un messaggio di speranza rivolto a tutti gli uomini di buona volontà”. Così il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese ha definito, in sintesi, l’enciclica “Caritas in veritate”, nel corso di un incontro al Collège des Bernardins. Presenti 500 persone, tra cui parlamentari, ex ministri, diplomatici, responsabili di imprese, sindacati e associazioni. Tra il pubblico, riferisce l’agenzia Sir, anche Michel Camdessus, già direttore del Fondo monetario internazionale. Insistendo sulla necessità che “ognuno si impegni nella vita economica e sociale”, il porporato ha spiegato che il Papa non ha inteso “offrire un catalogo di soluzioni alla crisi economica e finanziaria” né “alle conseguenze della globalizzazione”, ma piuttosto “proporre ad ognuno uno stimolo ad esercitare un giudizio morale”. “Nonostante la mole e la molteplicità dei temi affrontati – ha sottolineato il presidente dei vescovi francesi – questa enciclica è unificata dalla prospettiva generale sulla responsabilità nell’azione economica e sociale” e costituisce “un commento della legge fondamentale della dottrina sociale della Chiesa: criterio ultimo e definitivo del progetto sociale è l’uomo”, da intendersi secondo “i modelli di umanità” proposti dalla fede cristiana. (A.D.G.)

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    Al via domani a Roma il Convegno sull'enciclica 'Caritas in veritate'

    ◊   “Oltre l’ideologia della crisi. Lo sviluppo, l’etica e il mercato nell’enciclica 'Caritas in veritate'”. Questo il titolo del convegno che si aprirà domani alle ore 10.30, nella Chiesa di Santa Marta, in piazza del Collegio Romano. Il meeting intende riflettere sulla crisi finanziaria ed economica, che da oltre un anno ha interessato il pianeta. A tale proposito, l’enciclica 'Caritas in veritate', affronterà, con ottimismo, temi di estremo interesse come il mercato, l'impresa, la globalizzazione, spesso al centro di critiche feroci. La Fondazione Magna Carta, organizzatrice del convegno, metterà in rilievo la necessità di acquisire maggior consapevolezza sul fatto che l’indebolimento del profilo etico della nostra società, ha inevitabilmente coinvolto anche la sfera della produzione economica e imprenditoriale. All’incontro, interverranno il presidente della fondazione Gaetano Quagliariello, mons. Giampaolo Crepaldi, nuovo vescovo di Trieste, Raffaele Bonanni, segretario nazionale della Cisl, Alberto Mingardi, presidente dell’Istituto Bruno Leoni, Giampaolo Galli, di Confindustria e il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. L’idea ricorrente del meeting, si legge in un comunicato, riguarderà la crisi finanziaria, direttamente imputabile al mercato e al sistema capitalistico; l’auspicio finale sarà il recupero, da parte degli Stati, di quel ruolo di guida dei processi economici, che si è sempre più indebolito dopo il crollo dei regimi collettivisti e l’esplodere della globalizzazione. (L.Z.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iran: i riformisti chiedono un referendum sulla leggittimità delle elezioni

    ◊   Un gruppo di riformisti religiosi iraniani guidati dall'ex presidente Mohammad Khatami ha chiesto l'indizione di un referendum riguardante le recenti elezioni e i contestatissimi risultati, sottolineando che “milioni di iraniani hanno perso la fiducia nel processo elettorale”. L'associazione che ha chiesto l'intervento di organismi indipendenti, ha anche dato il proprio appoggio all’ex presidente Rafsanjani. In base alla Costituzione iraniana solamente la guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, può ordinare l'organizzazione di un referendum. E proprio Khamenei ha accusato oggi i nemici stranieri della Repubblica islamica di fomentare le proteste e i disordini seguiti alle elezioni presidenziali del 12 giugno. Qual è dunque la possibilità di un referendum sul processo elettorale? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica  e di Cultura e civiltà del Medio Oriente all'Università Cattolica del S. Cuore di Milano:

    R. – Al momento sembra scarsa. Non so neppure se il referendum su un risultato elettorale sia effettivamente ammissibile. E’ interessante vedere che c’è una parte crescente del clero sciita che vede con estremo disagio la piega che ha preso la Repubblica islamica dell’Iran e soprattutto che critica con sempre maggior decisione l’operato del Rahbar, della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Una guida che aveva anche una funzione di arbitro, di mediatore delle dispute e che ha tradito il proprio compito schierandosi senza riserve con Ahmadinejad.

     
    D. – L’ayatollah Ali Khamenei non ha usato eufemismi, accusando nuovamente i nemici stranieri di fomentare le proteste di piazza…

     
    R. – L’accusa delle interferenze, dei complotti esterni sono uno dei temi preferiti da Ali Khamenei e dagli ultra radicali. Gli ultra radicali conservatori hanno distrutto il movimento riformista in Iran, che è stato alla guida della presidenza della Repubblica dal 1998 al 2005, fomentando proprio le paure dell’interferenza esterna. Va però detto che – a parte l’opinione pubblica internazionale – c’è una fortissima attenzione, a volte perfino esagerata, su tutto quello che avviene sull’Iran, proprio perché si lega al ruolo che ha l’Iran nel Medio Oriente e si lega anche con il nucleare; gli iraniani stanno facendo passi avanti molto netti e c’è il rischio che vi possa essere un programma nucleare clandestino. Tutto questo rende la comunità internazionale molto attenta, però questo offre il fianco ai conservatori che accusano i riformisti e tutti quelli che si oppongono ai clamorosi brogli elettorali di essere dei “mandanti dell’Occidente”, dei nemici della Repubblica islamica.

     
    Iraq
    Almeno cinque uomini sono morti e altre dieci persone sono state ferite nell'esplosione di un'autobomba a Ramadi, nell’Iraq occidentale a 110 km a ovest di Baghdad. L’ordigno scoppiato nei pressi della sede provinciale del governo, nel centro cittadino, ha ferito anche due bambini. Ieri sera è stato ucciso il leader della Consiglio del Risveglio, una milizia che si oppone ad Al Qaida, in un distretto alle porte di Baghdad. Dopo l'accordo raggiunto con il governo iracheno e le forze Usa, i consigli del Risveglio hanno preso l’impegno, in cambio di finanziamenti, armi, e la promessa dell'ingresso nelle forze di sicurezza regolari, di ridurre le violenze nei quartieri da loro controllati.
     
    Afghanistan
    Scuote il mondo il video del soldato americano catturato dai Talebani in Afghanistan. L’ostaggio ha fatto appello per la sua liberazione e per l’allontanamento delle truppe militari dal Paese. Secondo Washington, il messaggio sarebbe stato dettato dai Talebani e si tratterebbe di azione propagandistica. E intanto sul terreno si continua a morire. Il servizio di Marco Guerra:

    Ad un mese dalle elezioni presidenziali del 20 agosto l’Afghanistan è quanto mai lontano dall’auspicata pacificazione. Oggi è morto un altro soldato britannico, il 17.mo dall’inizio di luglio, il mese più sanguinoso in assoluto in quasi otto anni di intervento militare internazionale. Il soldato è stato investito dallo scoppio di un ordigno mentre era in missione di pattuglia nella provincia meridionale di Helmand, teatro della vasta offensiva di 4.000 truppe Usa e 3.000 britanniche contro le roccaforti talebane. Vittime anche tra la popolazione civile: si tratta di 11 persone rimaste uccise nell'esplosione di una bomba al passaggio del minibus sul quale viaggiavano nella provincia di Farah. Si registra infine lo schianto di un aereo della Nato per problemi tecnici. Illesi i due piloti. Ma a coinvolgere tutta la comunità internazionale è la diffusione del video che mostra un soldato americano prigioniero dei Talebani. Le immagini mostrano Bowe Bergdahl, catturato dai miliziani alla fine di giugno, lanciare un appello agli americani perché facciano pressioni sull'amministrazione Obama per un ritiro delle truppe dall’Afghanistan. A tutto questo si aggiunge il monito del presidente Hamid Karzai, secondo cui l’invio di un maggior numero di truppe non servirà necessariamente a rafforzare la sicurezza. Karzai ha poi auspicato che vengano avviati negoziati con quei Talebani che sono disposti a fare un passo indietro.

     
    Hillary Clinton in India
    Continua la visita del Segretario di Stato americano Hillary Clinton in India. Stamattina prima del colloquio con il primo ministro indiano Manmohan Singh a New Delhi, la Clinton ha incontrato gli studenti della Delhi University ai quali ha annunciato che gli Stati Uniti continueranno ad aiutare il Pakistan nella lotta al terrorismo. Secondo fonti diplomatiche, al termine del pranzo di lavoro, i due Paesi dovrebbero annunciare la firma di un accordo sulla vendita di armi americane allo Stato indiano, compreso l'acquisto di 126 aerei da guerra. Ieri il capo della diplomazia americana aveva auspicato che dal viaggio in India si giunga ad una partnership globale che partendo dalla sfida del clima e dalla lotta al terrorismo arrivi a rinsaldare gli scambi bilaterali.

    Maltempo in India
    Sale a 36 il numero delle vittime delle inondazioni provocate dalle forti piogge monsoniche che la scorsa settimana hanno colpito l'Orissa. Lo hanno reso noto le autorità locali e i testimoni. Intanto continua l’allarme pioggia anche per le prossime 48 ore. Mezzo milione, le abitazioni che sono state sommerse, e molti villaggi. Danneggiati migliaia di ettari coltivati a riso, in almeno otto dei 30 distretti dello stato; migliaia, le persone rimaste senza tetto.

    Terrorista sopravvissuto confessa attentato di Mumbai
    Mohammad Ajmal Kasab, unico terrorista pachistano sopravvissuto agli attacchi di Mumbai del 26 novembre scorso, si dichiara colpevole al processo in corso nella città indiana. Dopo aver negato ogni responsabilità nella prima udienza a maggio, Kasab ha raccontato oggi alla Corte la dinamica degli attentati costati la vita ad oltre 170 persone.

    Gaza
    Torna alta la tensione al confine tra la Striscia di Gaza ed Israele dopo che ieri miliziani palestinesi hanno sparato un razzo contro una pattuglia militare israeliana in prossimità del valico di Nahal-Oz. I soldati israeliani hanno risposto con un colpo di cannone. Non si registrano vittime. Nella notte invece due palestinesi sono morti e altri quattro sono rimasti feriti a causa di un’esplosione in uno dei tunnel clandestini dove passano i rifornimenti per Gaza. Si tratta di un incidente provocato da una perdita di combustibile che essi stavano cercando di introdurre nella Striscia.

    Mauritania
    “Combattere il terrorismo sotto tutte le forme, rinforzando gli strumenti dell’esercito”. Sono le parole del neo presidente eletto della Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz. Secondo i risultati ancora parziali, il generale, autore del golpe militare del 6 agosto dello scorso anno, ha ottenuto il 52,58% dei voti, passando dunque al primo turno delle presidenziali svoltesi sabato.

    Honduras
    Ultimi febbrili tentativi di mediazione per risolvere la crisi politica in Honduras da parte del presidente della Costa Rica, Oscar Arias. Dopo gli ultimi fallimenti, il capo dello Stato proverà ancora una volta a mettere d’accordo il presidente deposto, Manuel Zelaya, e quello de facto, Roberto Micheletti. Il servizio di Francesca Ambrogetti:

    Settantadue ore per tentare di evitare una guerra civile in Honduras: le ha chieste il mediatore Oscar Arias dopo il fallimento del secondo tentativo di raggiungere un accordo tra il presidente deposto, Manuel Zelaya, e Roberto Micheletti. Il presidente del Costa Rica ha ricordato che in Honduras molti sono armati e che il rischio di una guerra civile e di uno spargimento di sangue è grande: “Il popolo honduregno non lo merita per questo chiedo ancora tre giorni per fare un nuovo sforzo”. Il mediatore aveva proposto un piano in sette punti accettato dalla delegazione Zelaya, ma respinto da quella di Micheletti. Il ministro degli Esteri del nuovo governo, Carlos Lopez, ha definito inaccettabile il primo punto, e cioè quello che prevede la restituzione del governo al presidente deposto. Gli altri punti erano relativi alla formazione di un governo di unità nazionale, amnistia e anticipo delle elezioni all’ultima domenica di ottobre. Era prevista anche da parte di Zelaya la rinuncia al referendum per riformare la Costituzione, all’origine della grave crisi attuale.

     
    Nicaragua
    Il presidente del Nicaragua Daniel Ortega, in occasione delle celebrazioni di ieri per il trentesimo anniversario della rivoluzione sandinista, ha annunciato di aver valutato la possibilità di un referendum per modificare la Costituzione riguardo ai mandati presidenziali. La Costituzione del 1995 vieta la rielezione presidenziale per due mandati consecutivi e dunque il presidente Ortega non potrebbe candidarsi nuovamente nelle elezioni in programma per il 2011. Secondo Ortega in Nicaragua non ci sarebbero i timori che l'esercito o la polizia possa reprimere tale iniziativa com’è invece avvenuto in Honduras.

    Campagna Onu sul clima
    Si chiama “Seal the Deal” la campagna dell’Onu che sta raccogliendo firme su Internet per una petizione che sarà consegnata ai leader mondiali in occasione della Conferenza sul clima di Copenaghen a dicembre. L’obiettivo dell'iniziativa che sostituirà il Protocollo di Kyoto dopo il 2012 è di sollecitare un nuovo accordo per la riduzione dei gas serra. La campagna punta a raggiungere target vincolanti per il taglio delle emissioni entro il 2020 e ad aiutare i Paesi più vulnerabili a fare fronte all'emergenza dei cambiamenti climatici.

    Scontri tra i guerriglieri delle Farc e l’esercito colombiano
    Violento scontro in Colombia tra una sessantina di guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie (Farc) e i militari dell’esercito nel villaggio di Corinto, nella regione sud occidentale del Paese. Tra gli abitanti della zona tre persone sono morte e almeno altre 18 sono rimaste ferite; gli indigeni di Corinto al momento dello scontro si trovavano nel mercato del villaggio. L’agguato dei ribelli delle Farc, travestiti da militari dell’esercito, aveva come obiettivo la conquista del villaggio ma la loro identità è stata scoperta a un posto di controllo. Anche durante la serata di ieri gli scontri sono proseguiti e l'esercito regolare ha richiesto l’aiuto dell’aviazione nazionale. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Mariella Puglesi)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 201

     
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