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Sommario del 19/07/2009
Grande folla attorno al Papa per l'Angelus a Romano Canavese. Benedetto XVI ringrazia per la solidarietà ricevuta dopo l'infortunio
◊ Una folla di diverse migliaia di persone ha accolto questa mattina Benedetto XVI a Romano Canavese, cittadina piemontese in provincia di Ivrea, dove il Papa ha presieduto il primo dei due Angelus domenicali che caratterizzano il suo periodo di riposo estivo in montagna. Dopo aver ringraziato i medici e tutti coloro che nei giorni passati lo hanno aiutato, con le cure e la solidarietà, a superare l’infortunio al polso occorsogli venerdì scorso, il Pontefice ha dedicato la riflessione dell’Angelus ai temi della sua ultima Enciclica, Caritas in veritate, invitando a lavorare per un futuro nel quale la società e l’economia siano permeate di “spirito evangelico”. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:
Incoraggiamenti e applausi, tanti, a scrosci in qualche momento, quando il braccio destro levato in alto in segno di saluto, e anche a mo' di scherzo, scopriva maggiormente la porzione di gesso che da due giorni gli protegge la frattura al polso. E’ accaduto così, poco prima delle 12, quando Benedetto XVI è giunto a Romano Canavese ed è entrato nella chiesa monumentale che dal 1843 domina Piazza Ruggia, oggi affollata come le vie circostanti da migliaia di persone. Quel sorriso con il quale il Papa si era congedato due giorni fa dall’ospedale di Aosta ha preceduto e accompagnato tutta la recita dell’Angelus, soprattutto le prime parole spontanee, dedicate a tutti coloro che, ha detto, lo hanno circondato di affetto e di cure in questi ultimi due giorni:
“Come vedete, a causa del mio infortunio, sono un po’ limitato nella mia agilità, ma la presenza del cuore è piena, e sono con voi con grande gioia! (applausi) Vorrei in questo momento dire grazie con tutto il mio cuore a tutti: sono stati tanti che hanno mostrato, in questo momento, la loro vicinanza, la loro simpatia, il loro affetto per me e hanno pregato per me, e così si è rafforzata la rete della preghiera che ci unisce in tutte le parti del mondo. Innanzitutto, vorrei dire grazie ai medici e al personale medico di Aosta che mi ha trattato con tanta diligenza, con tanta competenza ed amicizia (… ) E vorrei dire grazie anche alle autorità di Stato, della Chiesa e a tutti i semplici che mi hanno scritto o mi hanno fatto vedere il loro affetto e la loro vicinanza”.
Benedetto XVI è giunto in auto nella cittadina piemontese un quarto d’ora prima delle 12, dopo essere atterrato verso le 11.30 a Scarmagno, in elicottero, proveniente da Les Combes. Dopo una breve sosta in preghiera all’interno della chiesa dedicata ai all’Apostolo Pietro e a San Solutore martire, e un saluto festoso ai fedeli che erano radunati all’interno, il Pontefice ha subito sottolineato come la visita alla città fosse un “omaggio” al suo “più stretto collaboratore”, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che a Romano Canavese è nato il 2 dicembre del 1934 e dove questa mattina ha presieduto la Santa Messa. Quindi, in risposta al vescovo di Ivrea, Arrigo Miglio, che lo ringraziava in particolare per il dono della Caritas in veritate, il Papa è subito entrato in argomento affermando che anche una terra che conosce bene il valore del lavoro - perché ha vissuto epoche in cui la sua gente è stata costretta ad emigrare per trovarlo - non deve mai dimenticare che, specie in tempi critici come quelli attuali, la chiave della convivenza sta nella solidarietà e non in una economia di solo profitto:
“Attualmente, però, so che anche qui, nella zona di Ivrea, molte famiglie sperimentano una situazione di difficoltà economiche a causa della carenza di occupazioni lavorative (…) Cari amici, non scoraggiatevi! La Provvidenza aiuta sempre chi opera il bene e si impegna per la giustizia; aiuta quanti non pensano solo a sé, ma anche a chi sta peggio di loro”.
Lungo i secoli, ha proseguito, la “vostra vera forza” sono stati “i valori fondamentali della famiglia e del rispetto della vita umana, la sensibilità per la giustizia sociale, la capacità di affrontare la fatica e il sacrificio, il forte legame con la fede cristiana attraverso la vita parrocchiale e specialmente la partecipazione alla santa Messa”. Ora, ha soggiunto:
“Saranno questi stessi valori a permettere alle generazioni di oggi di costruire con speranza il proprio futuro, dando vita a una società veramente solidale e fraterna, dove tutti i vari ambiti, le istituzioni e l’economia siano permeati di spirito evangelico”.
Auspicando che il contributo della Caritas in veritate “spossa mobilitare le forze positive per rinnovare il mondo”, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero particolare ai giovani, ma soprattutto agli adulti che ne hanno la responsabilità educativa:
“Qui, come dappertutto, bisogna domandarsi quale tipo di cultura viene loro proposta; quali esempi e modelli vengano ad essi proposti, e valutare se siano tali da incoraggiarli a seguire le vie del Vangelo e della libertà autentica. La gioventù è piena di risorse, ma va aiutata a vincere la tentazione di vie facili e illusorie, per trovare la strada della Vita vera e piena”.
Nella parte conclusiva della sua riflessione, prima della recita dell’Angelus, Benedetto XVI è tornato, come in parte all’inizio, sulla ricchezza di tradizioni cristiane e di valori umani del Canavese, testimoniate - ha messo in risalto - “dalle numerose vocazioni maschili e femminili”, specie della Famiglia salesiana alla quale appartiene il cardinale Bertone. La vostra terra fu “ben presto bagnata dal sangue dei martiri, tra i quali San Solutore”, ha ricordato il Papa, che ha concluso esortando la comunità diocesana “ad impegnarsi sempre più nel campo dell’educazione e dell’accompagnamento vocazionale”, sotto l’ausilio della Madonna della Stella che veglia dal Monte omonimo che sovrasta Ivrea. Infine, dopo l’Angelus, come previsto Benedetto XVI si è recato a pranzo nella casa natale del cardinale Bertone, dove all’esterno i familiari del porporato, che lo hanno accolto, hanno fatto apporre una targa nella quale si ringrazia con gioia il Papa per la sua visita.
Il Papa, la Luna e la tecnica: a 40 anni dallo storico sbarco sul satellite, padre Lombardi ricorda le parole dedicate da Paolo VI all'impresa
◊ Quarant'anni fa, oltre 600 milioni di persone, di ogni latitudine del globo, rimasero incollate per ore agli schermi televisivi tra il 20 e il 21 luglio 1969 per assistere in diretta ad un evento fino a poco prima ritenuto fantascientifico: lo sbarco dell'uomo sulla luna. L'impresa che compirono i tre astronauti americani Armstrong, Aldrin e Collins fu non solo una straordinaria vittoria per gli Stati Uniti - impegnati nella conquista dello spazio insieme con l'allora Unione Sovietica - ma più ancora una vittoria dell'ingegno umano, capace di aprire una nuova frontiera al progresso dell'umanità. Con questi sentimenti celebrò quell'avvenimento Paolo VI e in questo editoriale il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, ricorda le parole che Papa Montini dedicò all'"audacissimo volo":
Quarant'anni fa, l’uomo metteva per la prima volta il piede sulla Luna. L’impresa fu seguita con grandissimo interesse ed emozione dalla maggior parte dell’umanità. Papa Paolo VI dedicò numerosi interventi a quel fantastico volo, già nel corso della preparazione, poi durante il viaggio e infine dopo il ritorno trionfale degli astronauti. “Oggi - disse dopo l’Angelus del 20 luglio - è un giorno grande, un giorno storico per l’umanità, se davvero questa sera due uomini metteranno piede sulla Luna, come Noi con tutto il mondo trepidante, esultante e orante auguriamo possa felicemente avvenire!”. Colpisce la partecipazione umana e spirituale del Papa alla grande impresa, la sua ammirazione per l’ingegno e il coraggio dell’uomo. Allo stesso tempo la sua meditazione torna ripetutamente a rivolgersi ai grandi problemi non risolti dell’umanità - la fame, le guerre - e nello stesso Angelus conclude: “Dov’è l’umanità vera, dov’è la fratellanza, la pace? Possa invece il progresso, di cui oggi festeggiamo una sublime vittoria, rivolgersi al vero bene, temporale e morale dell’umanità”.
Paolo VI aveva pubblicato da poco l’enciclica Populorum progressio. Quanta speranza che l’intelligenza umana e la capacità prodigiosa della scienza e della tecnica venissero messe al servizio del bene! Anche la nuova enciclica di Benedetto XVI, tutta dedicata al vero sviluppo dell’umanità, si conclude ricordandoci che l’uomo non deve diventare schiavo di una nuova ideologia dell’onnipotenza della tecnica, ma perseguire con responsabilità quello sviluppo integrale che ha nella carità e nella verità la sua forza propulsiva. Possiamo volare nello spazio e intervenire nelle sorgenti della vita, ma come e perché? La sfida è sempre davanti a noi.
Lo storico Andrea Riccardi sulla crisi in Honduras: non c'è alternativa al dialogo per restituire la stabilità al Paese
◊ E’ in programma per oggi, a San José, la ripresa dei colloqui tra i rappresentanti del presidente deposto dell'Honduras, Manuel Zelaya, e di quello de facto, Roberto Micheletti, dopo la presentazione di un piano in sette punti da parte del capo dello stato del Costa Rica e mediatore nella crisi honduregna, Oscar Arias. Un piano nella sostanza accettato da Zelaya ma respinto da Micheletti, il quale ne ritiene non negoziabile il punto-chiave: ovvero, il ritorno al potere del presidente deposto dal golpe del 28 giugno scorso. Sulla vicenda, la collega Patricia Ynestroza, della redazione spagnola della nostra emittente, ha sentito il parere dello storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che è presente con alcune strutture in Honduras ed è esperta di negoziati di pace, come dimostrano i successi ottenuti in passato nelle crisi in Mozambico e Guatemala:
R. - L’Honduras è un Paese che ha diritto ad un futuro migliore per tutta la sua gente. Io penso che la risposta alla situazione in Honduras non debba essere la contrapposizione, perché la contrapposizione porta sempre alla violenza, perché chi semina odio raccoglie tempesta. Bisogna che tutte le parti siano prudenti, abbiano la capacità anche di rinunciare a qualcosa attraverso il dialogo: con il dialogo niente è perduto! E bisogna costruire il vero dialogo! Il presidente Arias, che è un uomo che ho incontrato recentemente in Salvador, è un uomo di grande livello, io credo stia facendo un lavoro meraviglioso: bisogna favorire il dialogo in tutti i modi. Ma non un dialogo tra sordi, non il dialogo di chi vuole avere ragione, ma un dialogo vero. E la società deve dialogare. Quuelli che hanno posizioni diverse, si debbono incontrare e non si debbono contrapporre, perché riprenda a funzionare il meccanismo democratico in Honduras. E poi, saranno gli honduregni attraverso delle elezioni libere, chiare e pulite - "free and fair" - a dire chi vogliono che li governi. Allora: il dialogo, non per rimettere una pecetta, non per rimettere una toppa sulla situazione, ma il dialogo per andare poi alle elezioni democratiche e ristabilire il funzionamento della democrazia.
D. - Questa situazione sta creando unità tra classi politiche e sociali e confessioni religiose: tutti insieme per la pace. Ma d’altro canto, sta deludendo il popolo e stanno nascendo atteggiamenti egoistici: come si può ottenere un cambio di atteggiamento orientato alla solidarietà, in questi momenti?
R. - La gente, qualche volta, rischia di nausearsi della politica e allora dice: penso alla mia famiglia, penso ai miei affari, ai miei problemi… E poi, la gente spesso ha la sensazione di non contare niente. Mi hanno detto di questo atteggiamento di alcuni, e io capisco che gli honduregni, davanti alla violenza e alle contrapposizioni, facciano un passo indietro. Ma io penso che questo passo indietro non lo debbano fare solo gli honduregni: lo debbono fare i politici, per favorire il dialogo. Io credo che nell’animo di ogni honduregno ci sia un po’ di rassegnazione, ma ci sia anche una grande voglia di dialogo. Gli honduregni, il popolo, deve imporre il dialogo. Ma ho molta fiducia nel popolo honduregno, che si è sempre dimostrato un popolo forte nel sopportare le difficoltà. Un popolo paziente, ma anche un popolo che vede chiaramente il proprio futuro.
Trentacinque anni fa la Turchia invadeva l'isola di Cipro. Il prof. Paniccia: l'Ue deve puntare a una soluzione confederata con la Grecia
◊ Il 20 luglio del 1974, la Turchia invadeva l’isola di Cipro, mettendo fortemente in crisi i rapporti con la Grecia che, in seguito ad un precedente colpo di Stato, aveva una forte influenza sul Paese. Da quel giorno, Cipro è rimasta divisa in due zone: il nord annesso da Ankara ed il sud che dal 2004 fa parte dell’Unione Europea e che orbita nella sfera di Atene. Si tratta di un fatto che all’epoca mise in gioco i rapporti all’interno della Nato e che oggi crea una situazione sulla quale Bruxelles sta cercando di agire in modo efficace con l’obiettivo della riunificazione. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all’Università di Trieste:
R. - All’epoca, sembrò che la vicenda dell’invasione dovesse spaccare la Nato, l’Europa, riportare addirittura alcuni Paesi dentro un possibile conflitto. Se posso usare questo termine, la situazione 35 anni dopo mi sembra assolutamente "congelata". Per fortuna, non è successo ciò che si temeva di peggio. Dobbiamo anche dire che non è successo, però, neanche il meglio. Di tanto in tanto, appare possibile riuscire a trovare una soluzione vera, ma poi questo non accade.
D. - Che cosa rappresentava all’epoca Cipro per la Turchia?
R. - Era considerata molto importante, perchè la Turchia vedeva nell’isola, all’interno del Mediterraneo, una sua propaggine e temeva che se non avesse messo dei "paletti", il rischio era che l’Europa - che in quel momento sembrava in una grande marcia inarrestabile - finisse per non rispettare il rapporto con la Turchia e, sostanzialmente, non lasciare alla Turchia nessuno spazio, anche all’interno del Mediterraneo orientale. Questo poi non è accaduto, ma il muro e i paletti sono rimasti e non sono bastati decenni per buttarli giù.
D. - Prevedendo in un futuro più o meno lontano una riunificazione dell’isola, come si può fare ad amalgamare due realtà economico-sociali che, per forza di cose, si sono poi sviluppate in modo completamente diverso?
R. - Credo non si possa fare altro che trovare una soluzione confederata, di coalizione. Questa è l’unica soluzione possibile, se l’Unione Europea veramente facesse molto di più. E questa soluzione è il preludio alla soluzione del rapporto con la Turchia.
D. - Come può l’Unione Europea superare queste difficoltà in un negoziato? Come si può ottimizzare quella che è un’azione mediatrice che forse finora è un po’ mancata?
R. - E’ mancata sicuramente. L’Unione Europea deve capire che perde di credibilità se gira nel mondo a fare da mediatore e poi non è riesce a mediare su una posizione interna come quella di Cipro. E secondo me, bisogna anche guardare alle nuove situaizoni che stanno avvenendo sulla sponda del Mediterraneo: alcune sembravano disperate, come la situazione libanese, ma essa dimostra che, pian piano, si può riuscire a trovare - soprattutto se si parte dai principi di sovranità che trova una sua limitazione - un’unificazione ad un livello superiore, cioè un qualcosa che salvaguardi entrambe le parti. Questo è chiarissimo. Cipro non può essere né tutta turca, ovviamente, né tutta greca.
Il caso del farmacista che a Roma ha negato la pillola del giorno dopo a una donna munita di ricetta. L'opinione di Carlo Casini
◊ Ha fatto discutere il farmacista-obiettore di coscienza che nei giorni scorsi, a Roma, ha negato la pillola del giorno dopo ad una donna munita di ricetta medica. Critiche si sono levate dalle associazioni radicali, secondo le quali la pillola non sarebbe un farmaco abortivo. Il senatore del Pd, Marino, ha parlato invece di interruzione del servizio pubblico a danno dei cittadini e ha chiesto l’intervento del Ministero della salute. Difendono invece la decisione del farmacista l’Associazione Scienza e vita e il Movimento per la Vita, sottolineando che la pillola non è un farmaco salvavita, né curativo. Paolo Ondarza ha intervistato Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita:
R. - Sono assolutamente convinto di questo diritto del farmacista di fare l’obiezione di coscienza e quindi rifiutarsi di dare la pillola. Ma il problema di fondo è stabilire se questa pillola ha soltanto una funzione sempre ed esclusivamente contraccettiva, oppure se può impedire l’annidamento dell’embrione nell’utero, cioè farlo morire, perché non trova casa, non trova calore, non trova cibo. Ora, su questo punto è sicuro che ci sono scienziati che dicono una cosa e scienziati, in pari numero, che dicono l’opposto. Dunque, quantomeno un dubbio c’è. Allora: se uno butta una bomba a mano in una stanza dove non sa se c’è o non c’è una persona, non è che resta immune dalla responsabilità.
D. - C’è chi ha ricordato la posizione dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, che ritiene che la contraccezione d’emergenza non si possa ritenere - dal punto di vista scientifico - un aborto…
R. - Dietro c’è un presupposto ideologico falso, dal punto di vista scientifico, secondo cui la vita umana non comincerebbe dal momento della fecondazione, ma comincerebbe dal momento dell’annidamento, cioè circa - qualcuno dice - 14 giorni dopo. Secondo queste teorie, l’uomo comincerebbe nel momento in cui trova casa. Se non ha trovato la casa, e quindi muore di freddo e di fame, allora non è un essere umano. Se noi applicassimo questo concetto a tutti gli esseri umani, anche a quelli già nati, ci si rende conto di quale discriminazione selvaggia introdurremmo: cioè, tutti coloro che non hanno casa - come ad esempio i nomadi - sarebbero "meno" persone e dunque meno meritevoli di vivere.
D. - E c’è anche chi ha gridato al pericolo che ci si possa trovare di fronte al farmcista che, per motivi personali, decidesse di non vendere un farmaco salvavita: ma il paragone non è appropriato…
R. - Ma certo che non è appropriato. Un conto è salvare la vita, un conto è sopprimere la vita: mi sembra assolutamente diverso. Se si ritiene che di mezzo alle questioni dell’aborto ci sia soltanto la donna - la donna e basta, con la sua libera scelta - e che l’aborto sia come levarsi un dente, capisco che noi abbiamo torto. Ma se c’è di mezzo una vita, cambia assolutamente tutto. Come i neri sono uguali ai bianchi, le donne sono uguali agli uomini, come gli stranieri sono uguali ai cittadini, così gli esseri umani sono sempre uguali. Il bambino non ancora nato, anche se piccolo, anche se invisibile, è un essere umano. Chi è chiamato come terzo, come il farmacista, a collaborare alla soppressione di questo bambino, che sia libero almeno - almeno! - di non farlo.
La rubrica "Sulle orme del Curato d'Ars" dedicata all'Anno Sacerdotale: la testimonianza di fra Luca Beato
◊ Testimoniare il Vangelo fra i più poveri e i malati: questo ha spinto fra Luca Beato, religioso dei Fatebenefratelli, a scegliere il sacerdozio. Oggi si occupa, in particolare, dei pazienti dell’Istituto di ricovero e cura per la riabilitazione psichiatrica e l’Alzheimer di Brescia e organizza corsi e conferenze sulla pastorale sanitaria. La voglia di aiutare gli ultimi lo ha spinto oltre 10 anni fa a fondare un’associazione missionaria per far giungere aiuti a due ospedali in Africa: per l'esattezza, in Togo e nel Benin. La storia del religioso è al centro della puntata odierna della nostra rubrica "Sulle orme del Curato d'Ars", dedicata all'Anno Sacerdotale. L'intervista è di Tiziana Campisi:
R. - Sono stato ordinato sacerdote nel 1963, essendo laureato in Teologia mi hanno incaricato sin da subito d’insegnare agli scolastici, nella Provincia lombardo-veneta del mio Istituto, a Milano. Poi ho avuto degli incarichi per quanto riguarda la rivista dei Fatebenefratelli che allora si chiamava “Res Medicae”. Ho fatto anche una parentesi d’insegnamento in una scuola superiore e questa è stata per me una bellissima esperienza di 14 anni, che mi ha costretto a rivedere anche la teologia e ad aggiornarmi per dare un messaggio nuovo, comprensibile ed accettabile anche per i giovani.
D. - In quali attività si è impegnato nel corso degli anni?
R. - Ho sempre avuto un debole per i poveri e allora mi sono dato da fare, 13 anni fa - appoggiato da tanti miei amici che condividevano le mie idee - per la fondazione di un’Associazione missionaria che si chiama “U.T.A.”, cioè “Uniti per Tanguieta e Afagnan”. Tanguieta e Afagnan sono due ospedali - il primo nel Togo e il secondo nel Benin - fondati dai Fatebenefratelli e oggi sono sorretti dagli aiuti che arrivano. Devo dire che sono molto soddisfatto dell’Associazione, perché oggi possiamo fare a meno di dare un sostegno significativo a questi due ospedali. Quello che m’interessava di più era essere vicino alla gente, quindi quando sono andato nella Casa di riposo di Romano d‘Ezzelino, dove non ero molto impegnato come sacerdote, mi sono impegnato nell’insegnamento della scuola. Adesso il tempo maggiore viene impiegato dalle missioni, dall’Associazione missionaria.
D. - Che cosa ha trovato nella spiritualità dei Fatebenefratelli?
R. - Ho trovato il cuore del Vangelo, perché il Vangelo parla sostanzialmente di amore, solidarietà, aiuto ai poveri, ai malati e ai bisognosi. Studiando anche la storia della Chiesa, mi sono anche accorto che la sua diffusione, nell’Impero romano, è avvenuta con la testimonianza della famiglie cristiane che si amavano molto tra di loro e che aiutavano anche i membri che avevano un qualche disagio. Questo mi ha fatto capire che l’Ordine religioso nel quale sono entrato era la cosa più significativa per rivivere il Vangelo in maniera radicale.
D. - Ci sono stati dei momenti difficili che l’hanno provata?
R. - Certo. Ho avuto dei periodi di crisi e di debolezze. Ma dopo ho ripreso, maggiormente convinto e oggi sono contentissimo di essere sacerdote e religioso dei Fatebenefratelli.
Cina: celebrato l’inizio dell’Anno Sacerdotale nello “spirito paolino”
◊ Le diverse comunità cattoliche della Cina continentale stanno vivendo l’inizio dell’Anno Sacerdotale in comunione con il Santo Padre e la Chiesa Universale, connotandolo con una più intensa vita spirituale, la formazione continua e alcune ordinazioni sacerdotali, senza perdere lo “spirito paolino” che ha caratterizzato l’Anno giubilare, appena concluso, dedicato a San Paolo. A riferirlo è l’Agenzia Fides. Pregare molto, leggere molto la Sacra Scrittura sono le raccomandazioni di mons. Giuseppe Li Shan, vescovo della diocesi di Pechino, indirizzate alla quarantina di sacerdoti concelebranti e a tutti i sacerdoti diocesani, in occasione della solenne apertura dell’Anno Sacerdotale svoltasi l’11 luglio scorso. Nella parrocchia di Lin He, nella Mongolia interna, i religiosi hanno sottolineato la celebrazione da parte di tutta la comunità dell’Anno Sacerdotale. Dalla diocesi di Han Dan, il sacerdote della parrocchia di Cheng An ha esortato i confratelli, nell’Anno Sacerdotale, a “uscire dalla chiesa, dalla propria stanza” perché “ci sono tantissime persone che hanno bisogno di noi per conoscere Cristo”. La diocesi di Zhou Zhi, della provincia di Shaan Xi, ha invece dato inizio all’Anno Sacerdotale accogliendo ben sei nuovi sacerdoti. Per la cattedrale della diocesi di Feng Xiang, l’Anno Sacerdotale è stata l’occasione per lanciare un appello generale affinchè tutti preghino per i sacerdoti sparsi nel mondo. Oltre tremila fedeli hanno infine partecipato alla solenne liturgia di consacrazione che si è svolta il 4 luglio, presieduta da mons. Dang Ming Yan, vescovo di Xi An, e concelebrata da una ottantina di sacerdoti. Nella circostanza, il vescovo ha invitato in modo particolare tutti i presenti a pregare per le vocazioni. (R.R.)
Sudafrica: conclusa la fase diocesana della Causa di beatificazione di Benedict Daswa
◊ Un cattolico sudafricano, ucciso 19 anni fa per avere combattuto contro le credenze superstiziose nel suo Paese, potrebbe diventare il primo Santo del Sudafrica. Si tratta del Servo di Dio Benedict Daswa, del quale la diocesi di Tzaneen ha da poco completato la fase diocesana della causa di beatificazione. Frutto di cinque anni di ricerche condotte interrogando testimoni ritenuti attendibili dalle autorità diocesane, la documentazione – riferisce l’agenzia africana Cisa - è ora pronta per essere esaminata dalla Congregazione per le Cause dei Santi. In attesa della fase successiva del processo, la Conferenza episcopale sudafricana (Sacbc) ha previsto la pubblicazione di una breve biografia e un DVD per diffondere la vita e l’opera del Servo di Dio Benedict Daswa come un modello per tutti e un grande testimone della fede. Nato in una famiglia di religione tradizionale, Benedict si convertì alla religione cattolica mentre studiava per diventare maestro di scuola. Resosi ben presto conto che la stregoneria era incompatibile con la fede cattolica, assunse una posizione molto netta contro questa e altre credenze superstiziose. Proprio questa battaglia lo portò alla morte. Il 2 febbraio 1990, pochi giorni dopo essersi rifiutato di pagare un’offerta per un rito per cacciare alcune “streghe”, fu aggredito e colpito a morte con sassi e bastoni, quattro mesi prima di compiere 44 anni. (L.Z.)
Ucraina: Acs dona una nuova cappella al convento delle Suore basiliane di Zhytomyr
◊ A Zhytomyr, nell’Ucraina settentrionale, quattro suore basiliane avranno presto una nuova cappella nel loro convento. L’ampliamento di quella precedente sarà possibile grazie ad una donazione di 20 mila euro da parte dell’Opera Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs). Le religiose vivono e lavorano da quattro anni a Zhytomyr, capoluogo con 300 mila abitanti dell’omonima provincia. Per molte persone, spiega un comunicato di Acs, “la loro presenza è stata una grande benedizione”. Presso il convento esiste una “scuola domenicale” per bambini che combina educazione catechistica e artistica (lezioni di musica, teatro e arte); c'è un gruppo scout e viene offerto sostegno ai ragazzi disabili e alle loro famiglie, mentre un gruppo di donne si riunisce in preghiera e si prende cura dei bambini di strada. Le suore sono impegnate anche nell'assistenza agli alcolizzati e alle loro famiglie, e prestano il loro aiuto nella parrocchia centrale di San Basilio. Le persone che desiderano pregare con le religiose aumentano di giorno in giorno, ma l’attuale cappella è troppo piccola e molti sono costretti a rimanere fuori. Per questo le Suore di San Basilio vogliono costruire una cappella più grande dove pregare, partecipare alla Messa e ospitare i fedeli. Per i fedeli di rito bizantino, Zhytomyr è una regione della diaspora e la chiesa parrocchiale più vicina è molto lontana: così i fedeli preferiscono frequentare il convento delle Suore basiliane. (A.M.)
Le Figlie di San Paolo dell'Africa orientale pubblicano la nuova edizione de "La Liturgia delle Ore"
◊ Dopo il successo della Bibbia Africana, pubblicata nel 1999 in lingua inglese e nel 2004 in portoghese, le Paoline dell'East Africa presentano ora la "Liturgia delle Ore" in quattro volumi. La pubblicazione coincide con la celebrazione del secondo Sinodo dei vescovi per l’Africa (ottobre 2009) e con l’Anno dedicato ai sacerdoti. Basata sulla seconda edizione del 1985, questa versione della "Liturgia delle Ore" è aggiornata e arricchita su quella latina pubblicata nel 2000. Richiesta dai vescovi delle Conferenze episcopali dell’Africa Orientale e incoraggiata dalla Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti, quest’edizione è stata resa possibile grazie alla collaborazione di padre Rinaldo Ronzani, Comboniano, che ha assunto l’incarico di direttore dell’opera, e all’impegno di numerosi collaboratori. Accanto a questa versione, sono prevista altre due pubblicazioni: "The Prayer of the Church", in volume unico con tutti i testi dei quattro volumi ad eccezione dell’Ufficio delle Letture, "Christian Prayer", che offre la Preghiera del mattino e della sera, più la Compieta a servizio delle parrocchie che desiderano introdurre i fedeli alla recita del Breviario. (R.R.)
India: al via “Radio Sarang”, emittente del "college" gesuita di St. Aloysius
◊ Prove tecniche di trasmissione per “Radio Sarang”, emittente radiofonica del "college" gesuita di St. Aloysius, a Mangalore, nello stato indiano del Karnataka. L’emittente già trasmette sulle frequenze locali di 107.8 FM per due ore al giorno (dalle 18 alle 20), ma è pronta a prolungare le sue trasmissioni. L’avvio ufficiale è stato fissato per la fine della stagione monsonica. Salute, igiene, agricoltura, allevamento sono alcune delle tematiche di cui si occupano i programmi del palinsesto. Le trasmissioni sono in quattro lingue: konkani, tulu, kannada e inglese e si sta pensando a sviluppare programmi anche in beary, la lingua madre della comunità musulmana locale. (R.R.)
Bangladesh: l’opera dei missionari nello sviluppo del popolo bengalese
◊ I missionari hanno dato e continuano a dare un contributo determinante per l’evangelizzazione del Bangladesh e per lo sviluppo umano e sociale del popolo bengalese. A darne notizia è l’Agenzia Fides. Da un lato ci sono i missionari, come padre Adolfo L’Imperio, del Pontificio istituto missioni estere (Pime), della diocesi italiana di Gaeta, che hanno dedicato tutta la loro vita al Bangladesh. Dall’altro, lo Spirito Santo continua a suscitare nuove vocazioni missionarie anche fra i giovani laici. “Non è il singolo individuo ad essere missionario - ricorda padre L’Imperio – ma la Chiesa intera”. Padre Adolfo L’Imperio era già missionario quando il Bangladesh si chiamava “Pakistan orientale” e non esisteva ancora come Repubblica autonoma. In quarant’anni, è stato testimone di eventi storici e drammatici, lotte sanguinose che hanno sconvolto il Paese. Quando è iniziata la guerra di liberazione, è diventato direttore della Caritas per amministrare gli aiuti che venivano da vari Paesi di tutto il mondo. Ha progettato e realizzato chiese e santuari, ma anche ospedali, ostelli, case per i poveri. Oggi, ricorda il notiziario “Banglanews”, è impegnato nel sostegno allo studio: in Bangladesh l’analfabetismo è presente ancora nel 50% della popolazione. Il suo instancabile lavoro permette ad oltre 310 ragazzi dai 10 ai 16 anni di frequentare le scuole secondarie e superiori. Tra i meriti maggiori di padre L’Imperio, quello di aver contribuito al sostegno e alla formazione di molti sacerdoti della giovane Chiesa locale e di aver trasmesso la sua eredità anche a giovani laici che si accostano alla vita missionaria. (R.R.)
Thailandia: seminario della Fabc-Oiea su “La chiamata della Chiesa al dialogo: il ruolo speciale dei Vescovi”
◊ Si terrà a Bangkok, dal 21 al 25 luglio, il seminario “La chiamata della Chiesa al dialogo: il ruolo speciale dei Vescovi”, organizzato dall’Ufficio per gli affari interreligiosi della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (Fabc-Oiea). Rivolto ai vescovi presidenti delle Commissioni episcopali asiatiche per il dialogo interreligioso, nonché a vescovi interessati a lavorare per la causa del dialogo, il seminario si colloca all’interno di un percorso di colloqui con fedeli cristiani e non cristiani, iniziato dall’Ufficio nel 1979. A ispirare i contenuti del convegno, l’Enciclica di Papa Giovanni Paolo II Redemptoris Missio, che afferma all’inizio del n.55: “Il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa (...) Occorre che questi due elementi mantengano il loro legame intimo e, al tempo stesso, la loro distinzione, per cui non vanno né confusi, né strumentalizzati, né giudicati equivalenti come se fossero intercambiabili”. Obiettivo del Seminario è mettere in evidenza la pluralità religiosa e culturale delle nazioni asiatiche e incoraggiare la collaborazione con altre fedi religiose ai fini della comprensione reciproca. Nelle riflessioni e nelle liturgie, i vescovi si metteranno in ascolto delle sollecitazioni dello Spirito, che è il primo Riconciliatore e il più efficace “costruttore di ponti”. A introdurre i lavori del convegno sarà mons. Fernando Capalla, vescovo di Davao e presidente della Conferenza episcopale filippina. Le relazioni di fondo saranno tenute dal gesuita, padre Francis Xavier D’Sa, che metterà in rilievo i fondamenti del magistero ecclesiale sul dialogo, a partire dall'Enciclica citata, per esporre quindi le implicazioni pastorali del dialogo, con particolare riferimento al contributo dei vescovi in molteplici ambiti: dalla comprensione della pluralità culturale e religiosa alla sinergia con altre tradizioni religiose fino alla creazione di progetti interreligiosi nei rispettivi Paesi. Nei contributi conclusivi verranno tracciate le linee portanti per una spiritualità del dialogo aperta all’insegnamento offerto dalle religioni dell’Asia e pronta ad interagire con esse. (L.Z.)
A Rimini una mostra racconta l'incontro in Paraguay tra il cristianesimo e gli indios guaranì
◊ Dalla fine del 1500 fino alla metà del 1700, l'incontro tra i gesuiti e gli indios guaranì del Paraguay ha dato vita a un sistema giudiziario, sanitario, urbano ed economico senza precedenti. Da questa esperienza, ebbero origine anche opere d'arte di ottima fattura, nate sotto la guida di artisti europei famosi, come Brassanelli o Primoli, così come imponenti basiliche i cui resti sono conservati a Trinidad e Jesus, in Paraguay, o a San Ignazio Minì, in Argentina. Molte di queste opere - informa l’Agenzia Zenit - saranno raccolte in una mostra dal titolo “Una vita felice per Dio e per il Re”, allestita in occasione della 30.ma edizione del Meeting per l’Amicizia fra i popoli, in programma a Rimini dal 23 al 29 agosto prossimi. Attraverso pannelli e video, ma anche grazie all’ascolto della musica, l’esposizione ripercorre la storia dell’incontro tra il cristianesimo e gli indios guaranì intorno alla fine del 1500. La prima opera della Compagnia di Gesù dovuta a San Ignacio Guazú, a sud dell’attuale Asunción, sorse infatti nel Natale del 1609. Molte altre se ne aggiunsero in seguito, tanto da arrivare a costituire un sistema produttivo capace di sostenere più di 140 mila persone in 30 riduzioni. (R.R.)
Francia: l’arcivescovo di Canterbury in visita a Taizé
◊ L'arcivescovo di Canterbury, Rowan Douglas Williams, capo della Chiesa Anglicana, visiterà la comunità di Taizé dal 6 al 9 agosto prossimi. Accompagnato dalla sua famiglia e da numerosi collaboratori, avrà colloqui personali con frère Alois, priore di Taizé, e altri fratelli della comunità e incontrerà anche i giovani di numerosi Paesi presenti in quei giorni a Taizé. È il quarto arcivescovo di Canterbury che si reca a Taizé, dalla visita dell'arcivescovo Michael Ramsay nel 1973. L'attuale arcivescovo ha ricevuto personalmente frère Alois a Londra il 18 novembre 2006 e in quello stesso giorno ha partecipato a una preghiera animata dai fratelli di Taizé nell'abbazia di Westminster. (A.M.)
Emilia Romagna: al via la 29.ma Marcia francescana "Da' parola ai tuoi passi"
◊ “Da’ parola ai tuoi passi” è il tema della XXIX Marcia francescana che si svolgerà dal 25 luglio al 4 agosto tra Bolzano, Cavalese ed Assisi, promossa dai Frati minori dell'Emilia Romagna che quest'anno marceranno con i confratelli della provincia di Trento. Lo rende noto l'Agenzia Sir. “Non si tratta di una gara fisica, ma di un pellegrinaggio che ha come meta la festa del Perdono d’Assisi”, spiegano gli organizzatori ai giovani tra i 18 e i 35 anni, invitandoli a partecipare “per incontrare il Vangelo” che - scrivono - “potrà offrire anche a te”, come avvenuto a San Francesco, “parole nuove per i passi della tua esistenza”. I Frati minori dell’Emilia Romagna offrono suggerimenti preziosi ai giovani pronti a mettersi in marcia: “Prepara il tuo cuore con un cammino interiore che liberi dalle sicurezza conquistate per sentirti straniero e pellegrino”; “prepara i tuoi piedi cominciando ad allenarti per essere pronto ad una marcia giornaliera di alcune ore”. Questo il programma del cammino: appuntamento il 25 luglio a Madonna di Senale (Bolzano) dove avverrà la consegna del Tau. Il primo agosto partenza in pullman da Cavalese per Rivotorto. Il 2 agosto, alle ore 15, è previsto l’ingresso dei marciatori nella Porziuncola. A seguire una festa sul piazzale. Il 3 agosto, dopo la visita di Assisi, si terrà in serata una veglia di preghiera nella basilica superiore di San Francesco. (R.R.)
Allarme maltempo in Europa: nelle ultime 48 ore piogge torrenziali e trombe d'aria hanno causato numerose vittime
◊ Un'ondata di maltempo ha travolto l’Europa nelle ultime 48 ore. Piogge torrenziali, trombe d'aria e smottamenti hanno provocato ingenti danni e alcune vittime in Italia e in altri Paesi, dall'Austria alla Germania, dalla Slovacchia alla Francia. Il servizio di Virginia Volpe:
In Italia, due persone sono morte per una frana a Borca di Cadore in Veneto, un pescatore è deceduto a Lerici, trascinato via da un'onda mentre si trovava su un molo, un anziano è annegato al largo di Viareggio, dopo che la barca a vela su cui viaggiava è affondata. Un pensionato è affogato in un torrente a Civate, in provincia di Lecco, mentre è in gravi condizioni un uomo sbalzato fuori dalla sua auto dopo l'impatto contro un albero caduto in seguito a un violento nubifragio nel milanese. È questo il bilancio delle vittime del maltempo nella Penisola. Raffiche di maestrale hanno superato i cento chilometri orari in varie località, dalla Sardegna alla Valle d'Aosta. Ma il maltempo ha causato danni e vittime anche in Austria, Germania, Slovacchia e Francia. Il numero più alto di morti si è avuto in Germania dove, a causa delle intense piogge, un edificio bifamiliare è sprofondato in un laghetto artificiale: si ritiene che tre persone che si trovavano all'interno, una coppia sui 50 anni e un amico, siano morti, anche se ufficialmente le forze dell'ordine continuano a parlare di dispersi. Lo smottamento è avvenuto in un piccolo centro della regione orientale della Sassonia-Anhalt.
Nessuna vittima ma stato di calamità naturale dichiarato in Austria per la città di Graz: pioggia e vento hanno causato inondazioni di enorme portata, tutti i Vigili del fuoco sono stati richiamati in servizio e tutti gli abitanti sono stati invitati a tenere bambini e animali domestici nelle case. Da giorni piove senza tregua e il terreno non riesce ad assorbire l'acqua, mentre numerosi corsi d'acqua hanno rotto gli argini: molte strade non sono transitabili e numerosi quartieri della città sono senza energia elettrica. Un altro disastro è stato segnalato nell'ovest della Slovacchia, dove una tempesta di pioggia e vento si è abbattuta su un tendone allestito per l'annuale seguitissimo Festival di musica rock e techno di Pohoda, a Trencin, facendolo crollare sugli spettatori: l'enorme tenda è stata risucchiata verso l'alto ed è poi ricaduta sulla gente, uccidendo un ragazzo e ferendo 38 persone. Tutte sono state ricoverate in ospedale e quindici sono in gravi condizioni. Il Festival è stato annullato. Infine, la Francia: sono ancora in corso le ricerche di una barca con quattro persone a bordo - alla loro partenza le condizioni meteorologiche erano ''difficili'' con vento a 40 nodi e mare forza 5 - al largo del Var, costa francese del Mediterraneo.
Afghanistan
La Tv satellitare araba Al Jazira ha trasmesso le immagini del soldato americano catturato dai talebani a fine giugno scorso, in Afghanistan. Gli integralisti minacciano di ucciderlo se gli Usa non cambieranno tattica. E secondo il presidente afghano, Hamid Karzai, citato oggi dal domenicale britannico Sunday Times, inviare più truppe nel suo Paese non migliorerà la sicurezza: piuttosto, dice, sarebbe opportuno trattare con i talebani. Oggi, intanto, almeno 16 persone sono morte nello schianto di un elicottero civile in una base aerea della Nato a Kandahar.
Mauritania
L'autore del colpo di Stato militare del 6 agosto 2008, il generale Mohammed Ould Abdel Aziz, ha ottenuto il 51,6 % dei voti nelle elezioni presidenziali svoltesi ieri in Mauritania quando un terzo delle schede sono state scrutinate. Lo hanno detto fonti del Ministero dell'interno, che hanno chiesto l'anonimato. I quattro principali candidati dell'opposizione hanno definito una “farsa” le elezioni, chiedendo agli organi costituzionalmente preposti di invalidarli e alla comunità internazionale di condurre un'inchiesta indipendente sui presunti brogli denunciati.
La liberazione Eugenio Vagni, volontario della Croce Rossa
“Finalmente a casa. Vi amo tutti”. Sono queste le prime parole pronunciate da Eugenio Vagni, l’operatore della Croce Rossa internazionale, rapito il 15 gennaio scorso nel sud delle Filippine, dal gruppo fondamentalista islamico, Abu Sayaff. Atterrato a Bologna, visibilmente provato ma sereno, Vagni è sceso dall’aereo, insieme alla moglie alla figlia e ad alcuni membri della Croce Rossa e si è poi recato a Montevarchi la sua città d’origine, dove è stato accolto dagli applausi dei suoi concittadini. Il servizio di Cecilia Seppia:
E’ tornato a casa Eugenio Vagni, finalmente, dopo sei mesi di estenuante prigionia nelle mani dei miliziani di Abu Sayaff. Una vacanza dura e terribile, come lui stesso l’ha definita. A Bologna, dove è atterrato il suo volo, Vagni è sceso dall’aereo zoppicando, provato, dimagrito ma sereno, accompagnato dalla moglie, dalla piccola Leticia, ha subito ringraziato tutti. Poi ha espresso il desiderio di rientrare a casa anche per pochi istanti, prima della conferenza stampa prevista per le 17. Ai giornalisti ha raccontato ancora una volta le dinamiche del suo rapimento: “Non so bene cosa sia successo, perché eravamo completamente isolati. Ma quando i miei sequestratori mi hanno comunicato che ero libero, subito non ci ho creduto”. Sentiamo le parole di Vagni:
“Mi avevano detto altre volte che sarei stato libero, però questo non è mai avvenuto. Poi, quando me l’hanno detto, io ho detto: ‘ Ma, non vi credo!’. Loro invece hanno detto: ‘No, questa volta è vero. Vai!’. E’ stato come se stessi compiendo all'inverso il percorso che avevo fatto quando mi hanno rapito: è stata una cosa bellissima!”.
“Il momento più brutto - racconta ancora, commosso - è stato quando i rapitori ci hanno detto che uno di noi prigionieri doveva morire. Io non sapevo se gli altri venissero rilasciati o meno: li vedevo andar via e basta. Poi, sono rimasto solo e avevo paura. Inoltre, le mie condizioni di salute si erano aggravate”. Il volontario della Croce Rossa Internazionale ha ribadito di non sapere se per il suo rilascio sia stato o meno pagato un riscatto.
Somalia
Lo scenario in Somalia si fa sempre più drammatico: la scorsa notte a Mandera, nel nordest del Kenya, sono stati rapiti tre volontari che operano per un'organizzazione umanitaria francese. Uno dello Zimbabwe, uno del Pakistan ed il terzo (ormai appare certo, anche se non ci sono conferme ufficiali) statunitense. I tre sono stati trascinati nella vicina Somalia. Il sequestro sembra sia opera degli Shabaab, il gruppo collegato ad al Qaida, che è alla testa dell'insurrezione integralista islamica. Secondo la presidenza francese, c'è ancora qualche contatto con il gruppo in Somalia che ha rapito martedì due agenti dell'intelligence francese, anche se ''per essere precisi, non sono in corso trattative'', ha detto alla radio il segretario generale dell'Eliseo, Claude Gueant.
Nuova influenza
Gli addetti ai check-in di British Airways e Virgin Atlantic possono rifiutarsi di imbarcare passeggeri con i sintomi della nuova influenza. Le due compagnie aeree hanno disposto che i propri addetti si rivolgano ad un medico prima di ammettere a bordo sospetti malati. Intanto, altri quattro studenti inglesi giunti in Cina sono stati ricoverati. L'influenza AH1N1 ha colpito anche sei ballerini del Royal Ballet britannico, in tour a Cuba. In Italia, ma anche negli altri Paesi europei, la preoccupazione maggiore è legata alla riapertura delle scuole in settembre, che potrebb rappresentare il “volano” per una impennata dell'epidemia. In Gran Bretagna, le autorità hanno già fatto sapere che la riapertura delle scuole è a rischio. E nel tentativo di non congestionare ospedali e ambulatori, le autorità britanniche stanno anche attrezzando in tutto il Paese luoghi per la distribuzione del Tamiflu, il medicinale utilizzato nella terapia contro la nuova influenza.
India
Nella seconda giornata della sua visita in India, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che ieri aveva concentrato l'attenzione sul tema del terrorismo, si dedica alla questione ambientale, sulla quale tra Washington e New Delhi esiste una notevole discrepanza di opinioni. Ieri, la Clinton era stata a Bombay e aveva partecipato a una cerimonia per le 166 vittime degli attentati del novembre scorso. Washington spera di trovare un qualche punto di contatto con l'India, in vista della conferenza dell'Onu sul riscaldamento del pianeta prevista per dicembre a Copenaghen. Il viaggio mira a rafforzare i rapporti economici, politici e militari tra Stati Uniti e India.
Indonesia
Le autorità di Giakarta hanno comunicato che sono quattro gli stranieri uccisi negli attentati di ieri, quando due kamikaze si sono fatti esplodere in altrettanti alberghi di lusso della capitale indonesiana, causando otto morti e almeno 60 feriti. Tra le vittime due australiani, un neozelandese e un cittadino di Singapore. Gli attacchi sono stati attribuiti a una cellula dissidente della Jemaah Islamiya, guidata dal malaysiano Noordin Mohammad Top, ricercato da tempo. Il gruppo, legato ad Al Qaeda, è lo stesso che nel 2004 ha compiuto la strage di Bali, con 202 morti. (Panoramica internazionale a cura di Virginia Volpe)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 200
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