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Sommario del 17/07/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa sottoposto a intervento per la riduzione della frattura al polso destro, accusata dopo una caduta nello chalet di Les Combes. Le sue condizioni sono buone
  • Si è spento il cardinale Jean Margéot: aveva 93 anni. Il cordoglio del Papa
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Bombe contro due hotel a Giacarta: 9 morti
  • Denuncia dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo: imperversa la corruzione
  • Attentati contro le chiese in Iraq. Mons. Sleiman: i cristiani vincano la paura e restino nel Paese
  • Rapporto Unctad: la crisi sia lo stimolo per un nuovo modello economico
  • Oms: la nuova influenza si diffonde ad una velocità senza precedenti
  • Al via in Puglia il tour del Musical “Non abbiate paura. Giovanni Paolo II il Grande”
  • La Chiesa ricorda le 16 Carmelitane Scalze di Compiègne morte ghigliottinate durante la Rivoluzione francese
  • Chiesa e Società

  • Cuba: arrestato il presunto assassino di padre Arroyo
  • Dopo gli attentati l’Onu chiede più protezione per i cristiani in Iraq
  • Allarme Onu: in Somalia gravi violazioni dei diritti umani
  • Bangladesh: Msf denuncia violenze contro i rifugiati Rohingya
  • I vescovi del Venezuela chiedono ai media di informare con obiettività
  • Amnesty: in aumento la popolazione 'invisibile' degli sfollati colombiani
  • Fondazione Populorum progressio: incontro in Germania
  • Appello dei vescovi per i congolesi respinti dai territori angolani
  • Namibia: lettera dei vescovi in vista delle elezioni generali
  • Assemblea Kek: domani l'arrivo del Patriarca Bartolomeo I
  • Rapporti difficili tra Chiesa episcopale americana e Comunione anglicana
  • I vescovi francesi promuovono il dialogo con l’islam
  • Incontri missionari in Spagna e Marocco per giovani, adulti e sacerdoti
  • Scuola cattolica canadese si appella contro l’insegnamento obbligatorio di etica
  • Australia: una finestra sull’Asia nel servizio informativo della comunità cattolica
  • Francia: nuovo responsabile della Comunità dell’Emmanuele
  • Il cardinale Tettamanzi sul decreto sicurezza: "Costruire ponti e non muri"
  • Riaperto a Roma l'asilo notturno intitolato a Leone XIII
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuove manifestazioni in Iran: la polizia carica gli studenti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa sottoposto a intervento per la riduzione della frattura al polso destro, accusata dopo una caduta nello chalet di Les Combes. Le sue condizioni sono buone

    ◊   Ha suscitato dispiacere e un’immediata ondata di solidarietà la notizia dell’infortunio occorso questa mattina a Benedetto XVI, durante il suo periodo di riposo estivo a Les Combes, in Valle d’Aosta. In seguito a una caduta "accidentale" nello chalet che ne ospita il soggiorno in montagna, il Papa ha riportato una frattura al polso destro che in tarda mattinata è stata sottoposta, dopo gli esami radiologici del caso, a una riduzione da parte dei sanitari dell’ospedale di Aosta. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

     
    E’ stata una caduta "accidentale" e non dovuta a un malore, avvenuta questa notte nella sua camera, a causare la frattura al polso destro che ha costretto Benedetto XVI a interrompere il suo soggiorno in montagna e a trasferirsi, verso le 9.45, all’ospedale “Umberto Parini” di Aosta. I sanitari lo hanno sottoposto agli accertamenti clinici del caso e, successivamente, a un intervento di ricomposizione, condotto in anestesia locale dall'equipe guidata dal primario ortopedico dell'Umberto Parini, il dott. Manuel Mancini. Accanto al Papa, anche il suo medico personale di fresca nomina, il dott. Patrizio Polisca, che ha emesso al termine dell'intervento un comunicato definendo "buone" le condizioni generali del Pontefice e ribadendo che a breve potrà "tornare alla sua residenza". Il dott. Polisca è entrato anche nel merito, spiegando che Benedetto XVI è stato sottoposto "ad intervento di riduzione e osteosintesi in anestesia loco-regionale, con applicazione di tutore gessato".
     
    La notizia dell’infortunio - subito diffusa dai media in un continuo rimbalzare di voci - era stata confermata in mattinata dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, il quale ha precisato che Benedetto XVI prima di raggiungere l’ospedale di Aosta ha comunque potuto celebrare Messa e fare colazione. Quindi, successivamente, aveva aggiunto:

     
    “L’intervento compiuto per la riduzione della frattura è andato bene e nel pomeriggio si può prevedere che il Papa rientri a Les Combes. Poi ciò che riguarda il programma successivo, si spera possa essere conservato”.

    A seguire ora per ora il corso degli eventi è stato, fra gli altri giornalisti presenti ad Aosta, l’inviato del quotidiano Avvenire, Salvatore Mazza, che descrive al microfono di Luca Collodi la reazione degli abitanti del capoluogo:
     
    “Si è raccolta parecchia gente qui, fuori dell’ospedale, e appena si è sparsa la notizia ha cercato di capire come stesse il Papa. Sono ancora qui fuori in attesa. Per una volta, la preoccupazione per il Papa ha avuto il sopravvento sulla discrezione che ha sempre accompagnato i soggiorni del Papa in Valle d’Aosta. Diciamo che c’è stato un moto di affetto molto evidente e molto spontaneo”.

     
    Da esponenti istituzionali italiani, al presidente della Regione Valle d'Aosta, Augusto Rollandin, al sindaco di Roma, Gianni Alemanno, la mattinata ha visto anche l’intrecciarsi di dichiarazioni di auguri all’indirizzo del Papa per una sua pronta ripresa. Tra i più colpiti è stato il vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, che cinque giorni fa aveva dato affettuosamente al Pontefice il suo benvenuto a Les Combes. Ecco le sue parole al nostro microfono:

    R. - Ho un sacerdote che è incaricato di seguire le vacanze del Papa. Mi ha avvertito con quella sofferenza che colpisce le persone amiche. Quando noi diciamo di voler bene al Papa, è una cosa che sentiamo profondamente, soprattutto avendo l’ospite qua come un parente.

     
    D. - Da parte sua e da parte anche della diocesi che lei guida, qual è l’augurio che rivolgete in questo momento a Benedetto XVI?

     
    R. - Soprattutto di guarire. Le vacanze sono forse anche un buon momento per affrontare una piccola difficoltà di salute, ma lui sappia che noi gli siamo vicini nel più grande rispetto per il modo con cui lui vorrà occupare il suo tempo a disposizione.

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    Si è spento il cardinale Jean Margéot: aveva 93 anni. Il cordoglio del Papa

    ◊   Si è spento oggi il cardinale Jean Margéot, vescovo emerito di Port-Louis, capitale delle Isole Maurizio: aveva 93 anni. Il Papa ha espresso in un telegramma il suo profondo cordoglio per la scomparsa del porporato, di cui ricorda il ministero di “pastore ardente” e il suo richiamare tutti a Dio: “ha speso tutta la sua vita per i mauriziani – ha sottolineato Benedetto XVI – come sacerdote diocesano e come vescovo di Port-Louis, dando il meglio di se stesso per l’annuncio di Cristo, particolarmente attraverso un impegno generoso al servizio della difesa e la promozione della famiglia”.

    Il cardinale Jean Margéot era originario di Quatre-Bornes, nella diocesi di Port-Louis. Compiuti gli studi di filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, era stato ordinato sacerdote a 22 anni. Rientrato in Patria, ricopre numerosi incarichi pastorali nell'ambito della sua diocesi: è animatore della Legione di Maria e fondatore delle "Equipes Notre Dame", assistente generale degli Scout cattolici e promotore dell'Action familiale. Nel 1969 è consacrato vescovo di Port-Louis: si dedica in particolare alla formazione del clero nativo dando un grande impulso alla comunità ecclesiale locale.

    Tra le sue opere pastorali, il centro di formazione Thabor per la gioventù e i catechisti, e poi l'assistenza spirituale alle due grandi comunità cinese e indiana presenti nel territorio diocesano. Va segnalato anche l'impegno nella lotta contro la droga attraverso un centro terapeutico che segue il metodo del Ce.I.S di don Picchi.

    Già presidente dell'Episcopato dell'Oceano Indiano accolse Giovanni Paolo II nelle Seychelles nel 1986 e nelle Isole Maurizio nel 1989. Papa Wojtyla lo creò cardinale nel 1988, col Titolo di San Gabriele Arcangelo all’Acqua Traversa.

    Con la sua scomparsa il Collegio cardinalizio risulta ora composto da 185 porporati, dei quali 114 elettori e 71 non elettori.

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    Nomina

    ◊   Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di De Aar (Sud Africa), presentata da mons. Joseph James Potocnak, Dehoniano, per raggiunti limiti di età. Gli succede padre Adam Leszek Musialek, anch’egli Dehoniano, parroco a Pietermaritzburg, nell’arcidiocesi di Durban. Padre Adam Leszek Musialek è nato il 9 maggio 1957 a Wieruszów, in Polonia, diocesi di Kalisz. Ha emesso i primi voti nell’Istituto dei Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani) l’11 settembre 1977 e successivamente la professione perpetua, il 6 dicembre 1981. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 9 giugno 1983.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, la notizia della lieve frattura al polso destro del Papa in seguito a una caduta.
    Nuove regole per la libertà di ricerca: nell’informazione internazionale, Marco Bellizi intervista Eugenia Roccella, sottosegretario al ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, impegnata nell’elaborazione delle linee guida per l’applicazione della legge 40, che regola la procreazione medicalmente assistita e il trattamento degli embrioni.

    Il confessore che non ti guardava teoreticamente: in cultura, la relazione del cardinale James Francis-Stafford sulla figura del curato d’Ars.

    La verità sul mercato: l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi su interpretazioni e fraintendimenti della “Caritas in veritate”.

    Le polemiche sul restauro della “Crocifissione di San Pietro” nella Cappella Paolina: Antonio Paolucci e un’intervista di Maurizio Fontana a Louis Godard, consigliere del presidente della Repubblica italiana per la conservazione del patrimonio artistico, respingono le critiche pubblicate dal “Venerdì di Repubblica”.

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    Oggi in Primo Piano



    Bombe contro due hotel a Giacarta: 9 morti

    ◊   Il terrorismo riprende a colpire in Indonesia. Stamani a Giacarta un duplice attentato dinamitardo ha colpito due grandi alberghi, con un bilancio di 9 morti ed almeno 50 feriti. Unanime la condanna internazionale per quanto avvenuto: un duro monito è stato espresso dalla presidenza di turno svedese dell'Ue. “Un atto di violenza senza senso”, ha stigmatizzato il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, oggi in visita a Praga. Il duplice atto di terrorismo non è stato ancora rivendicato. Per un’ipotesi sugli autori di questi episodi Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Stefano Vecchia, esperto dell’area orientale:

    R. – Il pensiero va immediatamente all’estremismo islamista che, seppure da qualche tempo non ha attuato delle azioni clamorose, di fatto è certamente attivo e non a caso un rapporto di ieri dell’Istituto Intelligence australiano prospettava nuovi attentati a breve termine.

     
    D. – Il neopresidente Yudhoyono ha detto che esistono alcune forze che vogliono destabilizzare la realtà sociale e politica indonesiana, anche se al momento della sua elezione aveva parlato di un Paese che aveva praticamente vinto l’emergenza terrorismo. Ci sono dei legami tra questi episodi e queste dichiarazioni?

     
    R. – Questo è assolutamente possibile in quanto è stato reso chiaro dalle elezioni politiche di maggio e dalle presidenziali di pochi giorni fa che l’estremismo islamista e anche i movimenti politici che si richiamano ad una certa realtà fondamentalista sono in assoluta minoranza nel Paese. L’Indonesia è in stragrande maggioranza un Paese musulmano, il più grande al mondo, ma è anche un Paese laico, dove l’uguaglianza e la convivenza sono assolutamente radicate. Un certo islamismo radicale, che in questi ultimi anni è in gran parte “alla macchia” o in carcere non accetta il gioco democratico e probabilmente ha deciso di far sentire nuovamente la propria presenza.

     
    D. – In Indonesia c’è il terreno ideale perché prenda piede il fondamentalismo?

     
    R. – Questo rischio c’è e prolifera tra le pieghe di una società di un Paese immenso, dalle grandi disparità e che vede grosse differenze regionali e grossi contrasti etnici sui quali, a volte s’innestano anche contrasti religiosi, come per esempio hanno dimostrato gli scontri tra cristiani e musulmani, per diversi anni, nel Molucche. Questo è il problema: finché l’Indonesia non avrà raggiunto un’uguaglianza di fatto e un benessere ben distribuito, il terrorismo potrà sempre trovare delle ragioni per emergere in modo violento.

     
    D. – Tutto questo condiziona i rapporti tra Indonesia e comunità internazionale, nel senso che un’Indonesia stabile farebbe da traino per la pacificazione in tutta l’area orientale...

     
    R. – Certamente sì, e questo per due ragioni: la prima perché l’Indonesia è un grande Paese al centro di un’area di grande interesse, è un Paese ricchissimo di risorse ma è anche, come dicevo, il maggior Paese musulmano al mondo con i suoi 240 milioni di abitanti. Quindi, un’Indonesia dove l’islam non mostra il suo volto più repressivo, ma quello più tollerante e democratico, evidentemente può essere di grande esempio anche per altri Paesi islamici.

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    Denuncia dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo: imperversa la corruzione

    ◊   I vescovi della Repubblica Democratica del Congo denunciano la corruzione che, come un cancro, ha aggredito tutte le istituzioni. In un lungo documento reso noto recentemente in occasione del cinquantesimo anniversario dell’indipendenza, si dipinge un quadro fosco della situazione: le infrastrutture sociali si dissolvono, la popolazione si impoverisce, il malcontento aumenta e ci sono forze esterne che ne approfittano per tentare di mettere le mani sulle ricchezze del Paese. Secondo la Conferenza episcopale del Congo, è chiamata in causa la responsabilità del governo: è urgente - affermano - operare scelte sagge e coraggiose. Mons. Nicolas Djomo Lola, vescovo di Tshumbe e presidente dei vescovi congolesi, ha accettato di rispondere alle domande di Romilda Ferrauto, della nostra redazione francese:

    R. – Effectivement, la situation est particulièrement grave et tout le monde qui …
    Effettivamente, la situazione è molto grave e tutti se ne lamentano, dal governo alla gente; se non arginiamo questo male, saranno in pericolo il Paese stesso e la democrazia nascente.

     
    D. – Dunque la corruzione imperversa nel Paese …

     
    R. – Oui, avec son corollaire qui est l’impunité. …
    Esattamente, con il suo corollario, che è l’impunità. La gente si è data alla corruzione a tutti i livelli, e quando la giustizia stessa viene toccata dalla corruzione, non c’è più scampo. Ed è per questo che noi abbiamo suonato il campanello d’allarme.

     
    D. – Voi non avete esitato ad interpellare direttamente le autorità dello Stato: sono loro, secondo voi, i principali responsabili?

     
    R. – Elles sont les premières concernées parce que à eux a été confié …
    Loro sono le prime ad essere chiamate in causa, perché è a loro che è stata affidata la guida dello Stato; questo significa che quando la corruzione ha messo radici fino ad arrivare alle autorità dello Stato, è ancora più grave. Noi affermiamo però che tutti sono coinvolti, compreso il semplice cittadino; per questo il nostro appello, rivolto a tutti, è che si inizi dalle autorità.

     
    D. – La pubblicazione di un messaggio così chiaro, così netto da parte vostra, è una prova di coraggio da parte dei vescovi, di audacia, quasi. C’è stato un accordo unanime tra i vescovi? E avete qualche timore adesso?

     
    R. – Non, nous n’avons pas des craintes et le message a été adopté par l’ensemble …
    No, non abbiamo nessun timore e il messaggio è stato approvato da tutti i vescovi. Quando abbiamo affrontato questo argomento, che veramente riguarda l’interesse della Nazione, i vescovi si sono ritrovati tutti uniti perché sappiamo che il nostro messaggio può contribuire al progresso del Paese. Non abbiamo timore perché di questo male della corruzione, il capo dello Stato stesso ne ha parlato a Goma, e ne è consapevole. La parola della Chiesa è attesa da tutti …

     
    D. – Mons. Djomo, nel vostro messaggio parlate anche della proliferazione di fondazioni e di ong che si stabiliscono dove vogliono e che fanno quello che vogliono. C’è un riferimento a fatti specifici?

     
    R. – Effectivement, il y a une prolifération de ong, nous disons aussi fondées par les …
    In effetti, assistiamo ad una proliferazione di ong, spesso fondate – come diciamo nel messaggio – dagli stessi congolesi. Quando ci si trova di fronte ad uno Stato indebolito, come lo è il nostro, esso non ha più l’autorità che dovrebbe avere per tenere sotto controllo queste organizzazioni, e quindi questo avviene in maniera anarchica, e poi la gente se ne approfitta, in un senso come nell’altro.

     
    D. – Ma ci sono anche cause esterne, poteri occulti?

     
    R. – Oui. Nous nous pensons en particulier aux multinationales...
    Sì. Pensiamo in particolare alle multinazionali, che hanno preso di mira le risorse naturali: sono, queste, forze reali che sono all’origine di certe guerre, strumentalizzando le comunità etniche per creare lotte intestine. Ecco, dietro ci sono le grandi multinazionali perché le ricchezze naturali del Congo sono una manna per loro e sono purtroppo la disgrazia dei legittimi proprietari, ovvero la popolazione congolese!

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    Attentati contro le chiese in Iraq. Mons. Sleiman: i cristiani vincano la paura e restino nel Paese

    ◊   Dopo il ritiro delle truppe americane dall’Iraq le violenze non sembrano fermarsi. Le ultime la settimana scorsa, quando una catena di attentati contro le chiese cattoliche a Baghdad e Mossul ha provocato morti e feriti. La situazione della comunità cristiana si fa sempre più critica: in molti hanno già scelto di abbandonare il Paese. Ma cosa c’e effettivamente dietro le violenze contro la Chiesa cattolica? Roberta Rizzo lo ha chiesto a mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini.

    R. – Questi atti non sono stati rivendicati e vuol dire che l’importante è incutere paura soprattutto ai cristiani, perché vadano altrove. Certe politiche di pulizia etnica o confessionale, che hanno avuto luogo negli anni passati, tendevano a creare zone più o meno omogenee e autonome. Non è un problema di conversione forzata dei cristiani in un’altra religione, è un problema molto politico.

     
    D. – Quali sono adesso le prospettive che si aprono, dopo il ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq?

     
    R. – I risultati sono più politici che concreti, perché concretamente non penso che ci siano grandi cambiamenti nella vita della gente. La sicurezza continua ad essere assicurata dalle forze irachene, ma nessuno può pretendere di avere una sicurezza definitiva al cento per cento.

     
    D. – Lei ha detto, infatti, che bisogna prendere coscienza del fatto che le conseguenze di questi attacchi non riguardano più solo il Medio Oriente, ma tutta l’Europa...

     
    R. – Quando c’è un problema in Medio Oriente, la gente che fugge dove va? Li troverete sempre a Lampedusa, ad Atene, in attesa di entrare nell’Unione Europea o in altre zone del Mediterraneo. Quindi, l’Europa è la più vicina, ha molte relazioni con il Medio Oriente, e non può non risentirne.

     
    D. – Gli attacchi e le violenze contro la comunità cristiana stanno provocando un esodo sempre più massiccio dei cristiani dall’Iraq...

     
    R. – L’effetto delle bombe di domenica scorsa è questo. I mandanti forse non riusciranno al cento per cento nei loro propositi, ma la paura per i cristiani è una realtà. La paura li spingerà ad andare altrove. E quando si comincia a superare la paura avvengono questi atti di violenza per cancellare tutto quello che di positivo è stato costruito. Avremo mesi pieni di turbolenze di questo genere.

     
    D. – Qual è la sfida per la comunità cristiana e per la Chiesa cattolica adesso in Iraq?

     
    R. – Penso che se i cristiani potessero trionfare sulla loro paura e ritrovare la loro identità si potrebbero attraversare anche queste sofferenze, nella speranza di un avvenire migliore.

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    Rapporto Unctad: la crisi sia lo stimolo per un nuovo modello economico

    ◊   La situazione economica globale, gravemente colpita dall'attuale crisi, è al centro del rapporto presentato ieri a Ginevra dall’Unctad, agenzia dell’Onu che si occupa di temi legati al commercio internazionale e allo sviluppo. Nello studio si auspica un maggiore ruolo, nei Paesi poveri, dell’apparato dello Stato. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La crisi economica mondiale, che ha pesantemente colpito i Paesi meno sviluppati, dovrebbe essere un punto di partenza per un nuovo modello economico. Nello studio si sottolinea, in particolare, l’urgenza di un nuovo approccio allo sviluppo in cui i Paesi poveri siano in grado di ridurre la loro dipendenza da aiuti esterni. L’economista Alberto Quadrio Curzio:

    “Per quanto riguarda l’esigenza che i Paesi meno sviluppati si diano un sistema produttivo interno molto più bilanciato, con una forte attenzione per l’agricoltura e anche per la manifattura, è del tutto condivisibile: senza questa tipologia di sistema economico, neanche la risorsa umana nella sua capacità di autosostentamento va a formarsi. Per quanto riguarda l’affermata rilevanza del ruolo dello Stato bisogna intendersi meglio: in molti Paesi in via di sviluppo lo Stato non è un’espressione democratica, come noi la intendiamo. Spesso è l’espressione di forme oligarchiche e anche autoritarie. Quindi la misura dell’intervento dello Stato deve andare di pari passo con una riformulazione dell’apparato statale. Un sistema che non dico debba diventare subito come nei Paesi sviluppati una democrazia avanzata, ma quantomeno una forma più partecipata di democrazia”.
     
    La crisi - si sottolinea nel rapporto intitolato “Lo Stato e la governance per lo sviluppo” - evidenzia le carenze strutturali di 49 Paesi poveri e la loro incapacità di promuovere una crescita a lungo termine. Per questi Stati le priorità indicate dall’agenzia dell’Onu sono di rinnovare il sistema economico e di promuovere un incremento degli investimenti. Nel rapporto si ribadisce, inoltre, che si devono trovare nuove forme di “governance” all'interno di un modello di economia mista per valorizzare le imprese private attraverso l’azione pubblica. E' questo un modello esportabile nei Paesi in via di sviluppo? Quadrio Curzio:

    “Ci sono, con riferimento per esempio al contesto europeo, modelli di imprese che hanno una struttura di tipo cooperativistico in cui il fenomeno partecipativo è assolutamente cruciale per far sì che l’impresa stessa sia una forma comunitaria di attività economica. Tutto ciò che appartiene alla cosiddetta impronta cooperativistica è certamente un modello esportabile e largamente utilizzabile in quei Paesi. Quindi, non tanto l’impresa come si definisce di tipo capitalistico, ma l’impresa di tipo cooperativistico”.

    Nell’enciclica “Caritas in veritate” Benedetto XVI si sofferma più volte sull'urgenza di un nuovo modello economico e di uno sviluppo che promuova la dignità della persona. Sono oggi traducibili nell’attuale contesto mondiale i principi contenuti nell’enciclica? Ancora il professor Alberto Quadrio Curzio:

    “La sua traduzione nella pratica richiede, anno dopo anno, un impegno che Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus affermava essere di tutti i responsabili, di tutti coloro che nelle concrete situazioni si trovano ad affrontare problemi di natura politica, economica e sociale”.

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    Oms: la nuova influenza si diffonde ad una velocità senza precedenti

    ◊   Per l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) la nuova influenza A-H1N1 si sta diffondendo con una rapidità mai registrata prima: “In sole sei settimane – si legge in una nota - ha fatto tanti contagi quanti le passate pandemie hanno fatto in sei mesi”. Negli Stati Uniti, intanto, il presidente Barack Obama ha annunciato lo stanziamento di 1,8 miliardi di dollari per contrastare la pandemia. Sull’allarme dell’Oms ascoltiamo il prof. Roberto Cauda, direttore dell'Istituto di clinica delle malattie infettive al Policinico Agostino Gemelli di Roma. L’intervista è di Eliana Astorri:

    R. – Ci sono state delle avvisaglie verso la fine di aprile quando sono arrivate le prime segnalazioni: un qualche cosa di collegato ad una nuova influenza, che allora si chiamava influenza suina, era avvenuto in Messico. Successivamente, da quel momento, abbiamo avuto una serie di dati aggiuntivi e abbiamo preso coscienza sempre più che non ci trovavamo davanti ad un banale allarme. Ci trovavamo di fronte a quella che pochi giorni orsono è stata definita una nuova pandemia. Una pandemia che non ci coglie impreparati. Cerchiamo di capire un po’ meglio cosa sta avvenendo. Siamo in una fase pandemica, nel senso che in più parti del mondo si verificano un numero significativo di casi. In questo momento, i Paesi più colpiti sono Stati Uniti, Messico e Gran Bretagna. C’è un numero di casi presenti anche in Italia, circa 200. Si tratta di casi di importazione.

     
    D. – Cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi?

     
    R. – Ci dobbiamo aspettare che il numero di casi tenderà ad aumentare. Oggi, questa malattia – e speriamo non modifichi questa sua tendenza – è assolutamente benigna. Personalmente ho visto alcuni casi di nuova influenza e posso dire che questi pazienti hanno avuto un decorso estremamente rapido, migliore rispetto all'influenza di stagione. Non si può dire oggi se questo trend continuerà. Credo che non dobbiamo essere superficiali nel prendere sotto gamba una pandemia: la pandemia è sicuramente un evento importantissimo, che può avere dei risvolti sia sanitari, sia economici nella vita delle singole nazioni e del mondo. Rispetto al passato abbiamo però molte più armi, in particolare il vaccino, per ridurre gli effetti di questa pandemia.

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    Al via in Puglia il tour del Musical “Non abbiate paura. Giovanni Paolo II il Grande”

    ◊   Riparte questa sera alle 21.30 a Novoli, vicino Lecce, la stagione teatrale del Musical “Non abbiate paura. Giovanni Paolo II il Grande”: quattordici brani, due ore di musica e circa 50 i ragazzi che ci hanno lavorato. Cifre che raccontano l’esperienza dei giovani del gruppo di Elaborazione Teatrale “San Francesco d’Assisi”, nato nel febbraio del 2002, dalle parrocchie di Sant’Antonio Abate e Maria SS. del Pane di Novoli. L’intento è quello di avvicinare la Chiesa alle nuove generazioni e viceversa. Angela Ambrogetti ha parlato di questo gruppo di elaborazione teatrale con il regista don Giuseppe Spedicato e con l’autore delle musiche don Biagio Madorino:

    (musica)

    R. – Il nostro gruppo è innanzitutto un gruppo che cresce in parrocchia, nel suo cammino di formazione caratterizzato dall’Azione Cattolica. Quindi, sono già ormai sette, otto anni che fanno questo cammino di formazione. Abbiamo cercato con i collaboratori, con gli animatori di dare loro degli input. Ad un certo punto, il motivo più grande è quello di andare nei palcoscenici e rappresentare questi grandi testimoni della fede. E’ nato il sogno, il sogno di porre la nostra attenzione su un grande personaggio. E quale grande personaggio poteva avere peso sui giovani, se non Giovanni Paolo II! Innanzitutto, per le Giornate mondiali dei giovani, alle quali qualcuno di loro ha anche partecipato e, poi, soprattutto, per la grande testimonianza che ha saputo dare, non soltanto negli ultimi istanti della vita, negli ultimi anni, ma proprio a livello di pastorale. Questo ha immediatamente enfatizzato l’entusiasmo dei giovani e oggi sono loro i principali protagonisti.

     
    D. – Don Biagio, come ha fatto ad entrare nello spirito del musical per comporre questi brani?

     
    R. – E’ stato difficile entrare nello spirito di questo musical, perché i testi ispirati ai discorsi e alle preghiere di Giovanni Paolo II erano di una profondità inaudita, per cui bisognava cercare di sposarli con delle musiche che rispecchiassero il più possibile il senso dei testi. Quindi, bisognava, da una parte creare delle musiche che fossero sinfoniche e artisticamente di un certo livello - che non fosse la solita canzonetta - e che dall’altro lato, potessero essere accattivanti subito sul pubblico, potessero far presa sul pubblico. La musica è per la maggior parte dei brani classica e, quindi, è un impegno gravoso per il corpo di ballo.

     
    D. – Abbiamo parlato di chi produce, di chi fa questi spettacoli, ma chi li segue? I ragazzi che vengono a vedere questi spettacoli, poi, che tipo di feedback, cosa portano a casa?

     
    R. – Devo dire che la forza che ci ha incoraggiato ad andare avanti su questo progetto è proprio la testimonianza che noi riceviamo dagli altri. Noi abbiamo avuto delle testimonianze stupende. Quando loro hanno percepito che non siamo dei professionisti, ma che siamo dei giovani che ad un certo punto fanno un cammino di fede, vengono presi davvero dall’entusiasmo di questi ragazzi, che riescono a tradurre sul palcoscenico quello in cui loro credono.

     
    (musica)

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    La Chiesa ricorda le 16 Carmelitane Scalze di Compiègne morte ghigliottinate durante la Rivoluzione francese

    ◊   La Chiesa ricorda oggi il martirio delle sedici Carmelitane Scalze del monastero dell'Incarnazione di Compiègne, ghigliottinate a Parigi 215 anni fa, il 17 luglio 1794, durante la Rivoluzione francese. Le religiose, beatificate nel 1906 da San Pio X, si rifiutarono di aderire alla Costituzione civile del clero, voluta dai rivoluzionari per separare i cattolici francesi dal Papa. Rinchiuse nel terribile carcere della Conciergerie, già pieno di sacerdoti e religiosi, furono condannate a morte dal tribunale rivoluzionario per la loro fedeltà alla vita consacrata, per il "fanatismo", come veniva definita la devozione ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria, e per l'attaccamento all'autorità pontificia. I loro corpi furono poi gettati in modo sprezzante in una fossa comune. Ma sulle ultime ore vissute dalle religiose ascoltiamo il padre carmelitano Bruno Secondin, al microfono di Sergio Centofanti:

     
    R. – E’ molto bella la descrizione che ne fa Bernanos nei “Dialoghi delle Carmelitane” o Gertrude von Le Fort: descrivono anche il travaglio di alcune di loro di fronte alla morte e il coraggio della superiora – che si chiamava madre Teresa di Sant’Agostino – che le sosteneva e riceveva da loro – poco prima di essere ghigliottinate – la professione rinnovata della loro vita religiosa. Ricordano poi come queste donne si avviassero al martirio cantando. Questa è un’espressione molto bella di fede che appartiene alla tradizione carmelitana: ricordo infatti quando i Carmelitani fuggirono dal Monte Carmelo a causa dei saraceni che li avevano cacciati: molti di loro furono massacrati e si dice che mentre venivano uccisi cantavano la “Salve Regina”.

     
    D. – Altri carmelitani sono stati ghigliottinati in quel periodo?

     
    R. – Sì, si tratta di diversi carmelitani e carmelitane, monache e frati, come anche i terziari che, come i religiosi di tutti gli altri Ordini, vennero ugualmente incarcerati. E dato che le prigioni non bastavano, avevano inventato un metodo particolare: li mettevano cioè su delle navi-prigioni e lì li lasciavano fino alla morte, che poteva avvenire per pestilenza e malattie di varia specie.

     
    D. – Quale messaggio è per noi, oggi, quel martirio?

     
    R. – Prima di tutto la loro testimonianza così forte e compatta pur nelle tribolazioni di qualcuna di loro; il coraggio di affrontare, anche con le tribolazioni nel cuore, quest’ultimo atto della vita anche con il sostegno delle altre, specialmente di madre Teresa di Sant’Agostino. Seconda cosa: ci vuole sempre, dentro il cuore, una passione stabile se si vogliono affrontare i passaggi difficili della vita e loro, con la preghiera, il reciproco sostegno e con il coraggio che si son date l’un l’altra, hanno saputo avvicinarsi a questa tragica fine della ghigliottina. Ultima cosa: oggi abbiamo tanti testimoni simili, persone singole o qualche piccolo gruppo e comunità che si trovano in situazioni di sofferenza, di emarginazione e corrono anche il rischio di perdere la vita e la perdono proprio per il Vangelo, per la fedeltà alla libertà, alla verità e alla carità. Quindi questa memoria ci dà un’indicazione di quanto sia importante affidarci al Signore e al suo sostegno per attraversare questi momenti difficili e queste situazioni di morte e di rischio che oggi tutti possiamo trovarci a dover affrontare.

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    Chiesa e Società



    Cuba: arrestato il presunto assassino di padre Arroyo

    ◊   Proprio nel giorno dei funerali del sacerdote spagnolo Mariano Arroyo, parroco del Santuario della Madonna "de la Regla", ucciso lunedì scorso nella sua residenza dell'Avana, le agenzie di stampa riportano un comunicato dell'arcivescovado nel quale si annuncia che il presunto colpevole dell'omicidio è stato arrestato e insieme a lui altre persone che potrebbero essere i suoi complici. L'arcivescovo della capitale cubana, cardinale Jaime Ortega, spiega che "le indagini portate avanti in queste ore da parte degli esperti hanno permesso la localizzazione e l’arresto del presunto responsabile di questo crimine esecrabile e dei suoi possibili complici. Oltre alle prove che lo incastrano, le autorità della polizia hanno anche una sua confessione. In ogni caso - afferma il porporato - le indagini continuano". Le stesse autorità hanno confermato all'arcivescovo che le indagini riguardo all'uccisione di un altro sacerdote missionario spagnolo, padre Eduardo de la Fuente nel febbraio scorso, continuano anche se "sino ad oggi una persona arrestata ha confessato la sua colpa e le sue responsabilità". Su questo delitto è la prima volta, da cinque mesi, che viene detto che ci sarebbe un presunto assassino e che sarebbe sotto custodia carceraria. Sino a oggi c'era la convinzione che le autorità non fossero riuscite ancora a identificare un colpevole. In questo contesto la nota dell’arcivescovado, smentendo alcune notizia pubblicate sulla stampa latinoamericana, precisa che “non esiste nessun legame fra i due casi”, inoltre “rifiuta qualsiasi tentativo di conferire a questi fatti un carattere religioso o politico, cose totalmente lontane dalla realtà di un semplice atto criminoso”. Oggi intanto, nella cattedrale dell’Avana, il cardinale Jaime Ortega presiederà la Messa esequiale per padre Mariano Arroyo la cui salma sarà trasferita in aereo in Spagna per essere tumulata nella sua terra di origine (Cantabria), in accordo con le volontà dei parenti. Nel caso dell'altro missionario spagnolo ucciso, l'omicidio è avvenuto il 14 febbraio scorso, nel quartiere di Lawton. Padre Eduardo de la Fuente, 61 anni, era parroco di Santa Chiara. (A cura di Luis Badilla)

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    Dopo gli attentati l’Onu chiede più protezione per i cristiani in Iraq

    ◊   “Rafforzate le misure per preservare in Iraq la diversità culturale, etnica e religiosa delle minoranze”. È la richiesta, riportata dall’Osservatore Romano, dell'inviato speciale a Baghdad dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, Ad Melkert, dopo la serie di attentati che nei giorni scorsi hanno coinvolto alcune Chiese cristiane. Intanto a Baghdad sono stati celebrati i funerali, presieduti dal vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei, Shlemon Warduni, di due cristiani vittime dell'attentato che ha coinvolto la chiesa di Santa Maria. L'arcivescovo di Kirkuk dei Caldei, mons. Louis Sako, ha evidenziato il miglioramento della situazione in Iraq anche se permangono episodi di violenza che ostacolano la stabilità del Paese e alimentano un clima di paura. Un deputato cristiano del Parlamento iracheno, Younadem Kana, ha spiegato che si tratta di attacchi sistematici e organizzati da gruppi di militanti che vogliono colpire gli iracheni e i cristiani in particolare. A difesa delle libertà religiose anche l'interrogazione al Parlamento italiano del deputato Mario Mauro, il quale chiede alla Commissione e al Consiglio europeo, in che modo intendono sollecitare la comunità internazionale riguardo a una “ingerenza umanitaria negli Stati dove la libertà religiosa è sistematicamente calpestata". (M.P.)

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    Allarme Onu: in Somalia gravi violazioni dei diritti umani

    ◊   “Gravi violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto internazionale umanitario sono in atto in Somalia, e potrebbero essere considerate crimini di guerra”. È questo l’allarme dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti Umani, Navi Pillay. “In questa nuova serie di attacchi sono i civili, soprattutto donne e bambini, a subire maggiormente l'ondata di violenza” - afferma. Da Mogadiscio, capitale posta sotto assedio, secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), dall'inizio di maggio, quando è scoppiata la lotta tra il governo e i gruppi d'opposizione Al-Shabab e Hisb-ul-Islam, sono fuggite oltre 200mila persone. “Nonostante le misure restrittive messe in atto dalle forze armate somale e da altri, continuano gli attacchi nei confronti delle istituzioni governative e di civili innocenti, con diffuse violazioni dei diritti umani e uccisioni di massa”, aggiunge Ahmedou Ould-Abdallah, rappresentante speciale del segretario generale Onu. Intanto, rende noto il Sir, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) fa sapere che i feriti negli scontri hanno accesso molto limitato al sistema sanitario; i tre maggiori ospedali di Mogadiscio ricevono più richieste di quante ne possono sostenere ed hanno urgente bisogno di medicinali e altra attrezzatura medica. (V.V.)

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    Bangladesh: Msf denuncia violenze contro i rifugiati Rohingya

    ◊   Le equipe di Medici Senza Frontiere (Msf) nei giorni scorsi sono state testimoni dell’azione di un gruppo di 30 poliziotti e funzionari locali che hanno distrutto 259 abitazioni e derubato i beni dei civili, all’interno del campo di Kutupalong di Cox’s Bazar, in Bangladesh, in cui vivono i rifugiati Rohingya. Lo rende noto un comunicato di Msf. I resti delle case distrutte sono poi stati trasportati nel vicino campo ufficiale per rifugiati dell’Unhcr (Agenzia dell’Onu per i Rifugiati). Agli altri sfollati rimasti nel campo di fortuna è stato detto di sgombrare le abitazioni entro 48 ore altrimenti sarebbero state date alle fiamme. L’incidente si colloca all’interno di una serie di azioni di violenza e aggressioni da parte delle autorità governative ai danni degli occupanti del campo. A fine giugno migliaia di persone sono state cacciate dalle proprie abitazioni, alcune di loro anche con violenza. “L’utilizzo sistematico di intimidazioni, violenza e spostamenti forzati nei confronti dei Rohingya che vivono nel campo è del tutto inaccettabile", afferma Paul Critchley, capo missione delle attività di Msf in Bangladesh, “Queste persone vulnerabili sono fuggite dalla persecuzione  e dalla discriminazione del Myanmar e ora non sono né riconosciute né assistite in Bangladesh. Si sono riunite nel campo di Kutupalong, uno dei maggiori campi nati negli ultimi anni, per cercare riparo e in cambio hanno trovato solo paura e violenza”. I funzionari chiedono che una zona del campo venga ripulita per creare uno spiazzo aperto di 30 metri che possa fungere da zona cuscinetto tra il campo ufficiale per rifugiati dell’Unhcr e il campo di fortuna. Questa zona è già aumentata minacciando lo spazio vitale di altre migliaia di persone. Non potendo spostarsi nel vicino terreno del Forestry Department, gli sfollati sono rimasti senza alcun posto in cui andare. E’ necessario trovare una soluzione duratura e dignitosa per i Rohingya, non solo nei Paesi in cui chiedono asilo, ma anche nella loro terra d’origine in Myanmar. Una situazione così disperata non rappresenta niente di nuovo per i Rohingya, minoranza etnica musulmana originaria del Myanmar, a cui viene negata la cittadinanza e che subisce persecuzioni e discriminazioni. Negli ultimi vent’anni, centinaia di migliaia di persone sono fuggite dalle proprie abitazioni per cercare rifugio all’estero, tuttavia, a poche di queste è stato garantito lo status di rifugiati. (V.V.)

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    I vescovi del Venezuela chiedono ai media di informare con obiettività

    ◊   “I mezzi di comunicazione sociale devono prestare un prezioso servizio, informando sui fatti in maniera obiettiva; promuovendo la verità e la giustizia, la pace e la libertà, la solidarietà, le buone abitudini, la convivenza sociale, le esigenze della vita; difendendo la dignità della persona umana ed i suoi diritti; orientando le menti ed i cuori con una visione etica”. È quanto affermano i vescovi del Venezuela in un comunicato diffuso al termine dell’Assemblea Plenaria, con il quale mostrano la loro preoccupazione davanti alle ultime informazioni secondo le quali distinti poteri pubblici annunciano decreti e norme in materia di mezzi di comunicazione sociale. “In uno Stato democratico - ricordano i presuli - i differenti gruppi ed istituzioni devono trovare spazi per offrire i loro progetti ed orientamenti in vista della formazione dell’opinione pubblica. Lo Stato deve essere garante di questo diritto fondamentale”. Affermano inoltre che “la libertà di espressione è uno dei diritti umani fondamentali che permette lo sviluppo integrale dell’uomo, lo conduce alla ricerca della verità e costituisce un mezzo per la partecipazione e la difesa della democrazia”. Tuttavia i vescovi lamentano che a volte le stesse “istituzioni che detengono il potere, per motivi politici o economici, tra gli altri, coartano la libertà di espressione, spaventando, intervenendo, manipolando le comunicazioni politiche, stabilendo norme e regolamenti limitanti, controllando i mezzi e creando legislazioni coercitive che soffocano la libertà di espressione e violano il diritto all’informazione”. Mettono anche in guardia dal pericolo dell’ “uso irresponsabile della libertà che porta al libertinaggio dell’espressione e lede i diritti umani, senza tenere conto dei suoi limiti che gli sono dati dalla dignità della persona umana e dal bene comune”. Di fronte a questa situazione, la Chiesa nazionale mostra la sua preoccupazione per il fatto che “certi decreti e legislazioni senza sufficiente consultazione e senza consenso in questa materia, pretendono di imporre egemonicamente una determinata visione della vita e della società”. “Non c’è libertà quando i mezzi sono in mani private o nelle mani del governo, informano solo su ciò che interessa loro, occultando notizie, tergiversando sugli eventi e non permettendo l’accesso all’opinione pubblica a quanti non sono allineati con loro” conclude il testo. (V.V.)

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    Amnesty: in aumento la popolazione 'invisibile' degli sfollati colombiani

    ◊   È una popolazione invisibile quella dei “desplazados” della Colombia, migliaia di civili sfollati a causa della guerra e vittime della seconda crisi umanitaria al mondo, dopo quella del Sudan. Secondo dati forniti dall’organizzazione a tutela dei diritti umani colombiana “Codhes” (Consultoría para los Derechos Humanos y el Desplazamiento), riportati dall’agenzia Misna, solo nel 2008 c’è stato un aumento di oltre il 27% di sfollati rispetto all’anno precedente. Amnesty International ha diffuso un nuovo rapporto dal titolo “Tutto resta indietro. Sfollamento interno in Colombia”, nel quale si descrive la situazione dei “desplazados” come una delle più grandi tragedie nascoste di oggi. Marcelo Pollack, il vice-direttore del programma per le Americhe di Amnesty ha parlato di una realtà differente da quella mostrata dal governo del presidente Alvaro Uribe; pur ammettendo alcuni progressi positivi come il calo dei sequestri e degli omicidi, Pollack ha posto l’accento sull’esistenza di un’altra Colombia. Una Colombia invisibile dove la guerra continua e i civili, principalmente indigeni, afro-colombiani e contadini restano le principali vittime dei combattimenti tra la guerriglia, la forza pubblica e i paramilitari. La situazione dello Stato sudamericano è percorsa, infatti, dagli squadroni della morte di estrema destra che hanno acquisito enormi ricchezze appropriandosi illegalmente delle terre appartenenti ai “campesinos”, i contadini poveri cacciati con la forza. Il governo è stato chiamato ad agire per la restituzione delle terre ma secondo Pollack finché l’esecutivo colombiano non riconosce l’esistenza di un conflitto armato sarà impossibile applicare il diritto internazionale umanitario agli sfollati. (M.P.)

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    Fondazione Populorum progressio: incontro in Germania

    ◊   Moltissimi progetti - 231 in 20 Paesi - in favore delle comunità indigene, meticce ed afroamericane dell’America Latina, nei settori sanitari e produttivi, di formazione professionale, di educazione scolastica e d’avviamento di attività agricole. È ciò che è stato presentato quest’anno alla Fondazione Populorum progressio, che terrà la riunione annuale del consiglio d’amministrazione nell’Arcidiocesi di Paderborn (Germania), all’Accademia cattolica Schwerte, dal 27 al 31 luglio. Ne dà notizia il Sir. Tra i Paesi che hanno presentato un maggior numero di progetti vi sono Colombia, Brasile e Perù. La Fondazione, con l’aiuto e le offerte di benefattori di tutto il mondo, offre un finanziamento a progetti che si concentrano sulla formazione integrale della persona. Membri del consiglio di amministrazione della Fondazione sono, tra gli altri il cardinale Juan Sandoval Iñiguez, arcivescovo di Guadalajara, mons. Alberto Taveira Corrêa, arcivescovo di Palmas, e mons. Antonio Arregui Yarza, arcivescovo di Guayaquil. Di solito gli incontri si svolgono a rotazione nei Paesi latinoamericani di provenienza dei membri del Cda, stavolta è stata scelta la Germania per dare visibilità alle iniziative della Fondazione. (V.V.)

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    Appello dei vescovi per i congolesi respinti dai territori angolani

    ◊   I vescovi dell’assemblea episcopale provinciale di Kananga riuniti in questi giorni a Kinshasa denunciano le condizioni degradanti dei congolesi respinti in Angola. A margine della 45.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO) che si è svolta dal 6 al 10 luglio al Centro Interdiocesano, i presuli lanciano un grido d’allarme ed esprimono indignazione per quanto sta accadendo nelle diocesi di Luebo e Lwiza. Secondo quanto riferisce la Caritas diocesana migliaia di congolesi sono stati obbligati a lasciare i territori angolani e adesso, molti di loro, stabilitisi regolarmente in Angola da diversi anni, sono disorientati. Attualmente queste persone si trovano ammassate a Tshikapa, Kamako, Luilu, Lwiza, Wikong e Luambo. Di fronte a queste operazioni di respingimento i vescovi sottolineano come la loro missione profetica li obblighi “a denunciare qualunque comportamento che violi i diritti fondamentali della persona umana ed attenti alla dignità e ai diritti dei respinti attualmente ammassati, senza una assistenza adeguata, nei territori delle due nostre diocesi”. Quello dei vescovi è anche un appello pressante a tutti i cattolici, agli uomini e alle donne di buona volontà e alle organizzazioni umanitarie ad aiutare i congolesi che si trovano in Angola privi del minimo vitale. (T.C.)

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    Namibia: lettera dei vescovi in vista delle elezioni generali

    ◊   I partiti diano prova di maturità democratica e politica, evitando gli attacchi personali e i toni rabbiosi nel corso della campagna elettorale: questo, in sintesi, l’appello lanciato dalla Conferenza episcopale della Namibia al termine della Plenaria annuale ed in vista delle elezioni politiche generali, fissate per il prossimo novembre. In una lettera, a firma del presidente dei vescovi, mons. Liborius Ndumbukuti Nashenda, la Conferenza episcopale chiede ai “leader dei partiti politici di dimostrare la loro maturità democratica agendo con prudenza durante la campagna elettorale. Si dovrebbe quindi evitare di seminare odio durante i comizi”. Poi, i presuli chiedono a tutti i cittadini “di rimanere vigili e di proteggere la democrazia, guadagnata ed ottenuta così faticosamente, attraverso il sacrificio di molte vite”. “Ci congratuliamo con il governo – scrivono i vescovi della Namibia – perché porta lo sviluppo nel Paese e mantiene la pace e la stabilità, ma ci sono ancora molte sfide che la nazione deve affrontare e spetta ad ogni singolo individuo stabilire quale partito politico ha la strategia e la volontà di far fronte ad esse in modo efficace”. Quindi, la Conferenza episcopale della Namibia si dice convinta che “è importante sia giudicare un partito dalla sua politica complessiva nei confronti della ‘governance’ di fronte a tali sfide e sia guardare ai singoli punti del suo programma. Mentre noi ci auguriamo che la scelta elettorale avvenga sulla basi di dati oggettivi, la realtà ci dice che molti cittadini votano ancora sulla base di una lealtà radicata profondamente. Troppo spesso, i fattori di identificazione sono la tribù, la razza, il ceto, la lingua o semplicemente un’affiliazione di lunga data, ormai immutabile”. In un passo successivo, la lettera della Conferenza episcopale della Namibia sottolinea che la Costituzione permette la libertà di associazione, la quale include la possibilità di formare partiti politici. Per questo, scrivono i vescovi, “è inopportuno l’atteggiamento di alcuni partiti politici che ritengono impossibili la nascita o l’esistenza di altri schieramenti”. Ribadendo l’importanza del Codice di Comportamento per le elezioni, i presuli “incoraggiano la libertà di diffusione dell’informazione a tutti i cittadini riguardo al registro elettorale. Un’informazione che dovrebbe essere corretta, imparziale, veritiera e completa così da dare la possibilità agli stessi cittadini di prendere le proprie decisioni, ognuno secondo coscienza”. Gli schieramenti vengono poi esortati ad accettare i risultati elettorali, elezioni che, continuano i presuli, dovrebbero essere dichiarate “libere e prive di brogli dall’autorità competente”. Infine, i vescovi affermano che “la Chiesa cattolica è pronta a porsi al servizio come osservatrice delle votazioni, così da permettere l’espletamento delle operazioni elettorali”. La lettera si conclude con il forte incoraggiamento “ai sacerdoti, ai diaconi e ai leader religiosi perché promuovano lo spirito di unità, riconciliazione, tolleranza e pace”. “Anche se apparteniamo a partiti politici differenti – si legge nell’ultima parte della lettera - nella Chiesa siamo uno”. (I.P.)

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    Assemblea Kek: domani l'arrivo del Patriarca Bartolomeo I

    ◊   Grande attesa domani a Lione per l’arrivo del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I alla XIII Assemblea Generale della Conferenza delle Chiese europee (Kek) che si sta riunendo in questi giorni nella città francese (fino al 21 luglio). Presenti 750 delegati di oltre 120 chiese cristiane europee appartenenti della Kek (ortodossi, protestanti, anglicani e vetero-cattolici). Ad accogliere il Patriarca all’aeroporto di Lione, oltre alle autorità civili della città, ci sarà l’arcivescovo cattolico di Lione, cardinale Philippe Barbarin. Nel pomeriggio di domani, si legge in una nota del Sir, il patriarca e il cardinale Barbarin celebreranno insieme i vespri nella basilica di Saint Jean dove Bartolomeo I terrà un'omelia. Domenica, invece, il Patriarca raggiungerà l’Assemblea della Kek al Centro Congressi per la celebrazione del 50.mo anniversario della Conferenza dove terrà un discorso. Questa mattina il vescovo Wolfgang Huber, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica di Germania ha dichiarato: “In quanto cristiani dobbiamo stabilire legami nuovi e reciproci tra la molteplicità delle nostre tradizioni e il carattere comune della nostra fede”. La sfida cui devono rispondere i cristiani se desiderano dare un contributo efficace alla costruzione dell’Europa è dunque “Unità nella molteplicità”. Le Chiese, secondo il vescovo Huber, sono chiamate oggi a un ecumenismo “dinamico” che venendo dal basso dà spazio alla diversità e non all’uniformità della Chiesa. La comunità ecumenica deve essere un processo vivente, conclude il vescovo Huber, e la sfida ecumenica in Europa si gioca “sulla capacità delle Chiese di non disperdere il loro colore quando si incontrano per rendere visibile il fondamento sul quale tutti ci ritroviamo: un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo”. (M.P.)

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    Rapporti difficili tra Chiesa episcopale americana e Comunione anglicana

    ◊   Le decisioni prese dai vescovi e dai rappresentanti della Chiesa episcopale degli Stati Uniti ignorano i più recenti richiami pronunciati dal primate della Comunione anglicana, Rowan Williams. "A walk apart", un cammino separato: è il giudizio del vescovo anglicano di Durham, Tom Wright per le gravi scelte riguardanti le ordinazioni episcopali di persone appartenenti a entrambi i sessi che intrattengono relazioni anche omosessuali. In un’intervista al Times, riportata dall’Osservatore Romano, il vescovo Wright ha parlato di uno scisma di fatto della Chiesa episcopale degli Stati Uniti dalla Comunione anglicana. Tale scisma avrebbe preso le mosse nel 2003 quando fu conferita la consacrazione episcopale a Gene Robinson, un pastore divorziato e convivente con una persona dello stesso sesso. Le decisioni, continua il vescovo Wright, vanno contro le linee guida contenute nel "Windsor Report" del 2004 e la proposta di un "Covenant", un patto ufficiale per stabilire un modus operandi comune alle quarantaquattro provincie che formano la Comunione anglicana. Intanto, il Sinodo Generale della Chiesa d'Inghilterra si accinge a esprimere il suo giudizio sui nuovi legami di comunione con la Anglican Church of North America (Acna). Si tratta di una Chiesa appena fondata dai membri fuoriusciti dalla Chiesa episcopale con cui non condividono più le decisioni in merito alle benedizioni di coppie omosessuali. (M.P.)

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    I vescovi francesi promuovono il dialogo con l’islam

    ◊   Il Servizio nazionale per le relazioni con l'islam (organismo della Conferenza dei vescovi di Francia) ha organizzato, come avviene da più di 20 anni, una sessione di formazione per i cristiani. Non dei semplici corsi sull'islam ma intere giornate dedicate alla “formazione all'incontro” che si sono tenute dal 2 al 9 luglio, nel convento francescano di Orsay, in Essonne. Presenti religiosi e laici impegnati quotidianamente nel dialogo islamo-cristiano: fra essi il vescovo di Creteil, mons. Michel Santier, presidente del Consiglio episcopale per le relazioni interreligiose e le nuove correnti religiose, otto sacerdoti, nove delegati diocesani, cappellani nelle carceri e negli ospedali, ma anche laici desiderosi di approfondire le loro conoscenze. Le otto giornate della sessione, dal tema “Conoscere e incontrare i musulmani”, prevedevano al mattino lezioni sull'islam, al pomeriggio dibattiti in piccoli gruppi dove i partecipanti hanno potuto condividere le loro esperienze, e alla sera incontri con testimoni diretti del mondo musulmano, come due coppie miste, composte cioè da coniugi cristiani e musulmani. Fra i docenti, padre Henri de La Hougue, teologo e islamologo all'Istituto cattolico di Parigi. Lunedì 6, si legge sulle pagine de L’Osservatore Romano, è stato il giorno della visita alla Grande moschea di Parigi: i partecipanti alla sessione sono stati ricevuti dal rettore, Dalil Boubakeur. “L'incontro con l'altro — ha detto mons. Santier — consente di costruirsi una vera personalità. Andare verso colui che è diverso fa paura e provoca un ripiegarsi su se stessi. Ma riuscire a superare questo riflesso naturale significa arricchirsi sul piano umano, spirituale e della fede”. (V.V.)

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    Incontri missionari in Spagna e Marocco per giovani, adulti e sacerdoti

    ◊   Dal 19 al 26 luglio, per il secondo anno consecutivo, si terrà in Marocco una convivenza con studenti della Guinea, organizzata dalla Delegazione episcopale delle missioni di Madrid. Si tratta di un incontro rivolto a giovani spagnoli e giovani della Guinea che frequentano i loro corsi di studi in Marocco e che si celebrerà nella località di Mohamedia, vicino alla città di Casablanca. Sarà una settimana di formazione cristiana e allo stesso tempo di condivisione della vita tra cristiani di due continenti (Europa e Africa), di due modi di porsi rispetto alla vita di fede (in un Paese cristiano e in uno musulmano), di due culture ed esperienze diverse. Incontri missionari, ma stavolta in Spagna e per l'esattezza a Silos si stanno tenendo dal 15 luglio fino alla fine del mese. Lo riferisce il Sir. La “Scuola di animatori missionari”, rivolta a giovani, adulti e coppie sposate, ma anche sacerdoti e religiosi, ha l'obiettivo di approfondire la missionarietà nei sacramenti e iniziare un'animazione con i giovani della comunità. Il tutto in vista della Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Madrid nel 2011. (V.V.)

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    Scuola cattolica canadese si appella contro l’insegnamento obbligatorio di etica

    ◊   Insegnamento obbligatorio di etica e cultura delle religioni; è la legge imposta dal settembre 2008 in Canada contro la quale la Loyola High School, una scuola cattolica privata gestita da gesuiti a Montréal nel Quebec, ha fatto ricorso alla Corte Suprema. La nuova legge, come spiega l'agenzia Sir, rimpiazzerebbe i vecchi programmi d’istruzione religiosa cattolica e protestante nelle scuole. Il corso dovrebbe servire a introdurre gli studenti alle grandi questioni etiche. Nella sua contestazione, il collegio gesuita rivendica la possibilità di offrire un corso che affronti le principali questioni controverse come l'aborto e l'eutanasia e che allo stesso tempo preservi i valori cattolici. Il governo del Quebec ha deciso di astenersi da ogni commento durante i procedimenti giudiziari, i vescovi invece, in attesa del giudizio delle Corte Suprema, hanno esortato i familiari degli studenti della Loyola High School a interessarsi della questione; i genitori non potranno più decidere l’educazione religiosa dei loro figli. (M.P.)

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    Australia: una finestra sull’Asia nel servizio informativo della comunità cattolica

    ◊   Le interazioni e la stretta connessione a livello politico, culturale, sociale e religioso fra l’Asia orientale e l’Oceania sono note. E sono sempre più ampi i flussi migratori che interessano i due continenti, ponendo una serie di sfide che la comunità cattolica non può ignorare: per questo CathNews, il principale servizio informativo della comunità cattolica australiana (http://www.cathnews.com), sostenuto anche dalla Conferenza episcopale, dedicato alla Chiesa in Oceania, apre una finestra sull’Asia. La decisione è stata presa dal gesuita padre australiano Michael Kelly, consulente speciale di CathNews, e da alcuni mesi anche direttore dell'agenzia cattolica asiatica Ucanews. Il servizio CathNews Asia fornirà giornalmente notizie e articoli sulla Chiesa cattolica del continente asiatico e sarà realizzato grazie alla collaborazione con Ucanews, realtà radicata nel continente. “Le più grandi opportunità per la Chiesa del mondo intero sono in Asia – ha dichiarato padre Kelly – non solo in termini delle necessità umane di questi Paesi, ma anche nell'incontro con tante tradizioni, credenze e culture più antiche dello stesso cristianesimo. Il compito dei mezzi di comunicazione è di riflettere su questo incontro e darne comunicazione per l'arricchimento di tutta la Chiesa”. I vescovi australiani, tramite l’Ufficio Comunicazioni Sociali della Conferenza episcopale, hanno, negli anni, potenziato la presenza della Chiesa nei nuovi mass media. Molto diffusa è “Catholic Australia”, la newsletter elettronica mensile della Chiesa australiana, che presenta articoli, contributi e interventi di esperti che consentono al lettore di farsi un’idea sulla situazione della Chiesa australiana. La newsletter rappresenta oggi un prezioso mezzo a servizio di parrocchie, scuole, comunità, associazioni cattoliche, contemplando sezioni dedicate alle novità, alla storia della Chiesa, alla spiritualità e alla teologia. Vi sono inoltre pagine dedicate ai giovani e al laicato, all’istruzione, alla catechesi, in cui si cerca di trattare argomenti di interesse attuale. (R.P.)

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    Francia: nuovo responsabile della Comunità dell’Emmanuele

    ◊   Padre di sei figli e infermiere a Bordeaux, Laurent Landete è il nuovo “moderatore” della Comunità dell'Emmanuele. E' stato scelto, il 12 luglio, dal consiglio internazionale della Comunità per un periodo di tre anni. Landete era finora delegato del moderatore in Francia e responsabile delle sessioni estive a Paray le Monial, alle quali partecipano decine di migliaia di persone. Egli succede nell'incarico a Dominique Vermersch, docente di Economia e di Etica ad Agrocampus Est (Francia), che aveva terminato i tre mandati consecutivi possibili. Laurent Landete è stato eletto dai 17 membri del consiglio internazionale con la maggioranza dei due terzi. L'elezione deve essere confermata dal Pontificio Consiglio per i Laici. Il moderatore della Comunità dell'Emmanuele - riferisce l'agenzia Zenit - ha la funzione di assicurare il corretto andamento della Comunità, esortare alla santificazione e coordinare la vita e l'evangelizzazione. Rappresenta la Comunità di fronte alle autorità religiose e civili e presiede il consiglio internazionale, con il quale supervisiona le province. “Vi esorto ad essere sempre più radicati in Cristo; questa è la fonte della nostra gioia, quella gioia che siamo chiamati a trasmettere al mondo”, ha dichiarato il nuovo moderatore dopo la sua elezione a Parigi. Il cambiamento del moderatore avviene a pochi giorni dall'erezione della Comunità dell'Emmanuele ad associazione pubblica internazionale di fedeli, per decisione del Pontificio Consiglio per i Laici, il 20 giugno scorso. Fino ad allora, la Comunità era un'associazione privata di fedeli di diritto pontificio. Ricordiamo che la Comunità dell'Emmanuele è nata a Parigi su iniziativa di Pierre Goursat (1914-1991) e Martine Laffitte-Catta sulla base dell'esperienza di un gruppo di preghiera del Rinnovamento Carismatico. Originariamente costituita solo da laici, sposati o meno, conta oggi tra i suoi membri sacerdoti e laici consacrati che hanno maturato la propria vocazione grazie all'esperienza vissuta nella Comunità. Una tappa importante della sua storia e l’inizio della diffusione la Comunità li vive nel 1975 quandò si impiantò a Paray le Monial, luogo delle apparizioni di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), e vi tenne la sua prima sessione con 700 delegati. Dagli anni Novanta, sono sempre di più i Vescovi che affidano alla Comunità missioni popolari e l'animazione delle parrocchie. Oggi il santuario di Paray le Monial accoglie circa 300 mila persone all'anno. (A.M.)

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    Il cardinale Tettamanzi sul decreto sicurezza: "Costruire ponti e non muri"

    ◊   “Una vera accoglienza implica un’apertura verso l’altro, richiede un’apertura, una disponibilità a conoscerlo, ad ascoltarlo, a leggere in profondità le istanze della sua vita”: è questo uno dei passaggi più significativi di un’intervista al cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, pubblicata dal quotidiano ‘La Stampa’ nella quale vengono affrontati i temi sollevati dall’approvazione in parlamento del cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ che introduce una serie di norme in materia di immigrazione. “Tutti vogliamo la sicurezza - dice il cardinale al suo intervistatore - ma c’è necessità di una sicurezza che sia umana e umanizzante, altrimenti ne escono enormemente penalizzate e sminuite le dimensioni della solidarietà e dell’accoglienza. L’importante è non mettere mai in discussione l’uguale valore di ogni persona”. Per il cardinale Tettamanzi - riferisce l'agenzia Misna - è arrivato il momento di comprendere che non c’è futuro senza solidarietà: “Servono maggiore senso della misura e più accoglienza verso chi è bisognoso, malato, straniero. Accogliere l’altro richiede la disponibilità ad ascoltare, ad interpretare le esigenze vere, profonde, a fare passi avanti insieme. Insomma, costruire ponti invece di alzare muri”. Rifiutare l’accoglienza - continua il cardinale - significa ritirarsi in se stessi: “Riconoscere e mettere al centro la dignità umana consente di equilibrare le istanze della sicurezza e quelle dell’accoglienza. La vera integrazione – è la conclusione – passa dal riconoscimento dell’uguaglianza degli esseri umani”. (R.P.)

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    Riaperto a Roma l'asilo notturno intitolato a Leone XIII

    ◊   È stato riaperto mercoledì, nel cuore di Trastevere, a Roma, l'asilo notturno intitolato a Papa Leone XIII. Presente all’inaugurazione il cardinale Agostino Vallini, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, che ha ringraziato il Circolo San Pietro per l'opera caritativa svolta nell'Urbe, dichiarando: "In questi 140 anni avete anticipato la dottrina sociale della Chiesa, agendo concretamente per testimoniare come l'attenzione all'uomo e a chi ha bisogno è l'elemento che caratterizza i cristiani ". Per il porporato, l'antico sodalizio con la sua azione testimonia "che non bisogna chiudere gli occhi nei confronti di chi è povero. Se l'amore reciproco, la carità che dona e la gioia nel condividere fossero alla base delle relazioni sociali, questa sarebbe una sfida affascinante". Inaugurato il 1° luglio 1880 con la benedizione apostolica impartita da Papa Pecci, il ricovero notturno che ne porta il nome è stato sottoposto a lavori di ristrutturazione protrattisi per due anni. Riaprirà al pubblico a settembre e ospiterà in ventinove stanze singole, indigenti della capitale, senza fissa dimora, anziani con la pensione minima e immigrati. Nel corso dell'inaugurazione - durante la quale è giunto anche il ringraziamento del sindaco di Roma - il cardinale Vallini ha guidato un momento di preghiera e ha benedetto i locali. È stata anche scoperta la targa commemorativa collocata nell'atrio, si legge sulle pagine de L'Osservatore Romano. Dopo la proclamazione di un passo del Vangelo di Matteo, il cardinale vicario ha offerto una breve riflessione ai presenti. "È la terza volta - ha detto - che visito il Circolo San Pietro: ho celebrato per loro una Messa, ho visitato l'hospice Sacro Cuore e ora sono qui a inaugurare un ostello notturno per i fratelli in difficoltà. Ho quindi modo di ringraziare pubblicamente il Circolo per l'attenzione visibile alla carità del Papa, carità che in tutto il mondo scorre come un fiume. I soci - ha aggiunto - sono padri di famiglia, professionisti occupati in vari lavori ma tutti sono in seno al loro sodalizio la longa manus del Pontefice". Dalla "Rerum novarum" di Leone XIII all'enciclica di Benedetto XVI "Caritas in veritate" la Chiesa ha sempre mostrato grande attenzione alle questioni sociali. Lo stesso - ha proseguito il cardinale Vallini - ha fatto il Circolo San Pietro. "La vostra attività - ha evidenziato - testimonia come l'attenzione all'uomo e a chi ha bisogno è l'elemento che caratterizza i cristiani. La Chiesa non sarebbe completamente Chiesa di Gesù se si riunisse solo per pregare o per iniziative di cultura". Per questo il sodalizio ha il merito di portare avanti questo aspetto sociale in modo concreto "aiutando a superare le difficoltà delle persone più povere. La carità - del resto - non è solo un'azione liberante ma anche un dovere". (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuove manifestazioni in Iran: la polizia carica gli studenti

    ◊   In Iran migliaia di sostenitori del leader Mussavi sono tornati a manifestare di fronte all'università di Teheran dove l'ex presidente Rafsanjani ha tenuto il sermone per la preghiera del venerdì. E mentre fuori è scattata la repressione della polizia, all’interno della moschea dell’Ateneo le parole dell’ayatollah Rafsanjani hanno scaldato la platea dei fedeli. Il servizio di Marco Guerra:
     
    L’ex presidente Rafsanjani, dopo due mesi di assenza sulla scena pubblica, ha lanciato messaggi molto forti e inequivocabili parlando di “situazione amara” per la maggior parte dei cittadini iraniani che esprimono dubbi sui risultati elettorali. Rafsanjani ha poi aggiunto che deve essere creata "un'atmosfera di libertà in cui ognuno abbia il diritto di esprimere le sue critiche". E ancora: vanno liberati immediatamente i manifestanti e gli intellettuali arrestati nell'ultimo mese. "Per governare è necessario il consenso popolare, senza di esso il governo non ha legittimità", ha proseguito l'ex presidente, proponendo che sia l'Assemblea degli Esperti a trovare la soluzione alla crisi politica. Quanto al Consiglio dei Guardiani – ha detto - "è stato fatto cattivo uso dei cinque giorni extra concessi dalla Guida Suprema per accertare il risultato delle elezioni". Di certo, ha concluso l’ayatollah, “è necessario uscire da questa situazione solo con le vie legali”. La lettura del sermone è stata interrotta a più riprese dai fedeli vicini alla corrente conservatrice. Fuori dall’università si è invece ripetuto il copione delle proteste post elettorali: decine di migliaia di giovani con fasce verdi sono stati caricati dalla polizia con lacrimogeni e bastoni. Un primo bilancio parla di 15 arresti. Gli scontri sono proseguiti anche al termine della preghiera.

     
    Afghanistan
    Ancora violenza in Afghanistan: almeno 11 civili, fra cui cinque bambini, hanno perso la vita in seguito all’esplosione del camion sul quale viaggiavano. Il gruppo, secondo la polizia, stava recandosi al mausoleo a Spin Boldak. Non c'è stata alcuna rivendicazione ufficiale. Gli inquirenti si dicono certi che dietro l’attacco ci siano i talebani.

    Pakistan
    Sono stati ascoltati a Islamabad, in Pakistan, il marito di Benazir Bhutto e il presidente Zardari nell’ambito dell’inchiesta Onu sull’omicidio dell’ex premier. In sei mesi di tempo, il Palazzo di Vetro dovrà fare luce sull'omicidio della Bhutto, avvenuto a Rawalpindi, al termine di un comizio elettorale il 27 dicembre 2007.

    Caucaso violenze
    Due giorni dopo l'uccisione dell'attivista per i diritti civili Natalaya Estemirova, resta altissima la tensione nel Caucaso russo. Il ministro dello sport dell’Inguscezia, Ruslan Balayev, è stato assassinato a colpi di pistola insieme con il suo autista. Si tratta dell’ennesimo attacco contro funzionari pubblici: il mese scorso è scampato ad un agguato il presidente della piccola Repubblica della feraderazione russa, Yunus-Bek Yevkurov. E il corpo della Estemirova era stato trovato mercoledì proprio in Inguscezia, poche ore dopo che l'attivista era stata sequestrata in Cecenia. Il presidente russo Medvedev ha espresso tutta la sua “indignazione” per l’accaduto e ha ordinato l’apertura di un’inchiesta “ad alto livello”. Anche la cancelliera tedesca, Angela Merkel, incontrando a Monaco di Baviera il presidente russo, ha auspicato un’inchiesta approfondita sull'omicidio.

    Honduras
    Torna a salire la tensione anche in Hoduras dopo due giorni di relativa calma. I sostenitori dell’opposizione honduregna sono scesi nuovamente in piazza per chiedere il ritorno in carica di Manuel Zelaya, il presidente deposto lo scorso 28 giugno. Bloccate le principali strade del Paese e le frontiere con El Salvador, Guatemala e Nicaragua. Da canto suo, il capo di Stato de facto Micheletti ha ribadito che sulla destituzione del presidente eletto, Manuel Zelaya, ''non si torna indietro''. Il suo governo non tollererà ingerenze straniere nelle sue vicende politiche.

    Corea del Nord
    La Corea del Nord è ancora in tempo per tornare al tavolo dei negoziati a sei. Così l'emissario americano per l'Asia e il Pacifico, Kurt Campbell. L’esponente di Washington, per la prima volta a Tokyo in veste ufficiale dopo l'assunzione dell'incarico in giugno, ha incontrato i responsabili nipponici, incluso il negoziatore al tavolo dei colloqui a sei Akitaka Saiki: le parti hanno concordato sulla necessità di implementare pienamente la nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, approvata dopo l'esperimento nucleare di maggio da parte di Pyongyang.

    Somalia ostaggi francesi
    I due agenti dei servizi francesi rapiti a Mogadiscio il 14 luglio sono ora nelle mani degli Shabaab, gruppo ritenuto direttamente collegato ad al Qaeda. Uomini del gruppo hanno circondato all'alba la casa dove esponenti di Isbul Islam, il secondo principale gruppo integralista somalo che combatte contro il governo legittimo, detenevano l'altro ostaggio, e lo hanno portato via con la forza. Si tratta di una situazione molto preoccupante, poiché è noto che le posizioni del gruppo Shabaab sono molto più intransigenti di quelle di Isbul Islam. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 198

     
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