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Sommario del 13/07/2009
Il Papa a Les Combes in Valle d'Aosta. Affetto, fiori e poesie per salutare l'arrivo di Benedetto XVI: "Sarà un periodo di riposo e lavoro"
◊ Un’ora di aereo e mezz’ora circa di elicottero hanno proiettato questa mattina Benedetto XVI dal panorama vaticano a quello, superbo, del massiccio del Monte Bianco, che domina sulla piccola località montana di Les Combes. Qui, il Papa trascorrerà un soggiorno di riposo di due settimane, che si concluderà il 29 luglio. Dopo una sosta di mezz’ora all’aeroporto di Torino-Caselle, il Papa ha fatto il suo arrivo in elicottero verso le 12.40, accolto dal vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, e da Osvaldo Naudin, sindaco di Introd, nel cui territorio comunale si trova la frazione di Les Combes. Grande festa della popolazione locale e consueto, nutrito, contorno di giornalisti hanno fatto da cornice al primo contatto di Benedetto XVI con i valligiani, dopo due anni di assenza. Salvatore Mazza, inviato a Les Combes del quotidiano Avvenire, racconta questi primi istanti al microfono di Alessandro De Carolis:
R. – E’ stata un’accoglienza molto calorosa: c’erano, come sempre, tutti i vicini di casa del Papa ad aspettarlo ed è stato anche salutato dai bambini dell’asilo comunale di Introd con una poesia e con un mazzo di fiori. Insomma, c’era un’atmosfera di grandissima festa e contentezza. Poi una persona, non appena è atterrato, gli ha chiesto: “è contento di essere tornato?”. E lui ha risposto: “certamente, è sempre tutto molto bello, altrimenti non sarei tornato”.
D. – Il soggiorno in montagna è un fatto privato del Pontefice ma è anche, inevitabilmente, un evento mediatico. Non sono mancate, neanche quest’anno, all’arrivo del Papa, le domande dei giornalisti anche sull’attualità internazionale più stretta…
R. - Gli è stato chiesto cosa pensasse del G8 che si è concluso qualche giorno fa ed il Papa ha detto: “mi sembra che sia andato tutto molto bene” e non ha aggiunto altro. Poi gli è stato chiesto come saranno queste vacanze e lui ha risposto dicendo che “saranno vacanze di riposo e anche un po’ di lavoro, ma soprattutto riposo”. E’ un po’ il senso di questi soggiorni estivi, che ormai dal 1987 scandiscono le estati dei Pontefici.
D. – Quanti giornalisti sono presenti in questo momento a Les Combes?
R. – Mi sembra ci fossero una quarantina di testate tra carta stampata e televisioni locali e nazionali. Sicuramente ne arriveranno poi altri in occasione dei momenti pubblici, quali le visite, l’Angelus a Romano Canavese e quello del 26 che celebrerà qui a Les Combes.
D. – Ci sono novità nella zona rispetto all’ultima vacanza che il Papa ha fatto a Les Combes?
R. – Direi di no. Il posto è sempre lo stesso: in questa casetta immersa in mezzo ad un parco naturale, a due passi dalla colonia dei Salesiani, dove il Papa conduce queste sue giornate in maniera molto privata e ritirata. Il paesino di Les Combes è a circa 500 metri ed è sempre tutto molto bello.
D. – Com’è stata organizzata la vigilanza nell’area dello chalet che ospiterà Benedetto XVI?
R. – La vigilanza è sempre molto intensa ma anche molto discreta, nel senso che da fuori non si vede nulla. Si sa che sono impegnate circa 300 persone tra polizia, carabinieri, guardie forestali ed altri corpi. Ma ripeto, è una cosa comunque molto discreta, praticamente invisibile dall’esterno ed anche questo è un modo per proteggere la privacy del Papa senza farne una cosa invadente o invasiva per il territorio.
“E’ un posto bellissimo”, ha detto questa mattina al suo arrivo Benedetto XVI, che ritrova dunque dopo due anni la splendida cornice naturale dello chalet di pietra e legno tra i boschi di Les Combes. Ma è anche la comunità della piccola frazione valdostana che ritrova il Papa, per circondarlo con la consueta discrezione di chi per ben 13 volte ha avuto il privilegio di custodire il soggiorno di un Pontefice romano. Un’attitudine, quasi, secondo il pensiero del vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, intervistato da Alessandro De Carolis:
R. - E’ molto semplice: il nostro popolo è un popolo che non corre e non si affanna e neppure va a disturbare. Credo che l’atteggiamento fondamentale sia questo: se il Papa gradisce venire da noi - e in un certo senso lo sceglie perché sa che qui trova il riposo e delle condizioni molto favorevoli - ben venga. Da parte mia, ho chiesto che ci fosse una grande partecipazione il giorno dell’Angelus e che ci fosse poi negli altri tempi un grandissimo rispetto nei suoi confronti. Questo è l’atteggiamento, credo, fondamentale di non approfittare della sua presenza. L’aspetto spirituale e misterico dovrebbe prevalere.
D. - A questo proposito, eccellenza, ieri congedandosi da Roma, da Piazza San Pietro, il Papa ha detto che raggiungeva Les Combes con nel cuore un desiderio di preghiera. Le sue parole sono state: “La preghiera non conosce distanze e separazioni: dovunque siamo, essa fa di noi un cuore solo e un anima sola”. Che eco hanno avuto in lei queste parole?
R. - Molto positiva, perché nel messaggio che io ho dato alla mia diocesi mettevo in evidenza che lo sguardo del credente è molto preciso, va al livello interiore dei problemi, delle persone, non fa politica, e dunque la preghiera con cui noi l’avremmo accompagnato era la più evidente reazione che noi potevamo attenderci. Però, poi, ho detto che certo anche la persona è importante: sia la figura umana del Santo Padre, sia la sua delicatezza nel rapporto umano. Per esempio, con me lui è molto delicato. Quando lo rividi la seconda volta, mi chiese notizie sulla salute della mia mamma: dopo un anno, non so proprio riuscire a capire come potesse conservare questa memoria. Inoltre, se vogliamo dire della sua statura, in modo particolare di pensatore, l’ultima Enciclica lo dimostra: il livello è molto alto. Anche le sue attenzioni sia all’Africa che ad Israele lo dimostrano. Mi sembra che guardare alla sua statura sia fondamentale per conservare stima e fiducia.
D. - Dalle sue parole è ben chiara la stima, ma anche, direi, l’affetto che lei porta al Santo Padre, che immagino sia il riflesso di tutta la popolazione della valle. In quella unica occasione, l’Angelus, in cui avrete modo di abbracciarlo, diciamo idealmente, avete preparato qualcosa?
R. - Nulla di particolare, perché saremo lì ad ascoltarlo. Io dirò delle parole di accoglienza, ma è un po’ una caratteristica di noi valdostani di non inventare delle iniziative che lo distolgano dal suo raccoglimento e dal suo riposo.
Con parole analoghe anche il sindaco di Introd, Osvaldo Naudin, dà il suo benvenuto al Papa ai microfoni della Radio Vaticana. Le sue parole sono state raccolte dalla collega della nostra redazione francese, Helene Destombes:
R. - Aspettiamo questo illustre ospite qua da noi a Les Combes, ma penso di interpretare non solo gli abitanti di Les Combes e di Introd, ma della intera Valle D’Aosta. Quello che possiamo offrire è questo: la tranquillità e la discrezione. Penso che un grosso contributo è quello che può fornire l’ambiente e la natura, e quindi faccio i nostri auguri di buon riposo a Benedetto XVI.
Pubblicato l'ultimo libro del cardinale Comastri “Gesù…e se fosse tutto vero?”. Intervista col porporato
◊ Un libro per riordinare le proprie conoscenze sulla vicenda di Cristo e per provare a credere: stiamo parlando dell'ultima opera del cardinale Angelo Comastri dal titolo: “Gesù…e se fosse tutto vero?”. In questo volume, edito dalla San Paolo, l'arciprete della Basilica di San Pietro e vicario generale del Papa per la Città del Vaticano attira l’attenzione del lettore verso il cuore del messaggio cristiano. In questa intervista di Benedetta Rinaldi, il cardinale Angelo Comastri si sofferma sull’origine del suo amore per Gesù:
R. - E’ nato guardando soprattutto la mia mamma, che è stata per me la prima creatura che mi ha incarnato la fede. Da bambino, come tutti i bambini, osservavo: io notavo che la mia mamma, al mattino, alle cinque e trenta - estate o inverno - si alzava e correva in Chiesa al suono della campana. Soprattutto d’inverno mi chiedevo: ma perché la mia mamma si alza così presto? Perché mi lascia solo, con mia sorella che dorme nell’altra stanza, e va alla Messa? Ma se la mia mamma fa questo sacrificio allora Dio è importante. Se per la mia mamma Gesù è importante, Gesù allora è veramente importante anche per me e mi devo interrogare allora: “chi è Gesù?”. Tante volte ho detto alla mia mamma: “è guardando il tuo esempio che mi sono domandato: cosa significa credere? Chi è Dio? Chi è Gesù?”. L’esperienza della famiglia è fondamentale, perché attraverso la famiglia, noi abbiamo come un filtro attraverso il quale vediamo un po’ tutta la vita.
D. – Chi è Gesù per lei?
R. – Nella ricerca di Dio viene fuori chi è Dio, e ci sono mille risposte. Chi è Dio allora? Io la domanda me la sono portata durante gli anni del liceo, in una maniera lacerante. Mi sono proprio domandato: “Ma qual è il volto di Dio? A quale Dio devo credere?”. La mia ricerca nei confronti di Gesù Cristo è diventata una passione e posso dire di essermi sentito appagato quando ho scoperto che Gesù Cristo ci ha svelato la più bella e la più grande verità: che l’onnipotenza di Dio non è l’onnipotenza del potere. Se fosse l’onnipotenza del potere, con tutto quello che abbiamo fatto contro Dio, ci avrebbe già schiacciati. L’onnipotenza di Dio è l’onnipotenza dell’amore e questo è il volto che Gesù ci ha svelato; e ha scandalizzato quando ce l’ha svelato ed ancora oggi scandalizza e affascina, perché è la novità assoluta entrata nella storia. Il potere di Dio è il potere dell’amore, per questo la croce non è una sconfitta di Dio, ma è la vittoria dell’amore.
D. – Se Gesù ha detto: “Beati coloro che crederanno senza aver visto” perché la gente ha bisogno di apparizioni e miracoli anche oggi?
R. – Certamente le apparizioni sono un aiuto, ma non sono l’indispensabile per la fede. L’indispensabile per la fede è un atteggiamento di umiltà; è l’orgoglio che impedisce di vedere, il vero ostacolo per la fede è l’orgoglio, quando c’è l’orgoglio puoi fare i miracoli che vuoi, il miracolo non ti convince. L’atteggiamento fondamentale per poter fare un cammino di fede è uscire dall’orgoglio, farci piccoli, capire che siamo tutti mendicanti, che abbiamo bisogno di luce e desiderare la luce: finchè non si desidera la luce non si aprono gli occhi e se non si aprono gli occhi la luce non si vede. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Contro le ingiustizie e l’assolutismo della tecnica: l’Angelus del Papa alla vigilia della partenza per la Valle d’Aosta; all’interno, intervista di Mario Ponzi al vescovo Giuseppe Anfossi.
In prima pagina, le violenze contro i cristiani in Iraq, con attacchi alle chiese.
Passa per Parigi il nuovo dialogo tra Siria e Libano: in rilievo, nell’informazione internazionale, la missione del ministro degli Esteri francese a Damasco.
Una città mediterranea nel cuore del deserto: in cultura, un estratto dal saggio introduttivo del curatore della mostra, Guido Vannini, sul tema “Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera”.
Fiducia, gratuità e dono: l’economista Leonardo Becchetti a un incontro romano sull’enciclica “Caritas in veritate”.
La magia non è più un semplice passatempo: Gaetano Vallini recensisce il film “Harry Potter e il principe mezzosangue”.
La prefazione di Dario Edoardo Viganò al libro di Vincenzo Grienti “Chiesa e Web 2.0”.
Tutti in scena a casa dell’ambasciatore nell’inverno 1782: Claudio Ceresa su una rappresentazione romana dell’“Antigone” di Vittorio Alfieri.
Iraq: attacchi contro le chiese per far sparire i cristiani
◊ Proseguono gli attacchi in Iraq contro i luoghi di culto cristiani: colpite sei chiese a Baghdad, una stamane a Mosul, nel nord del Paese, dove è scattato il coprifuoco. Intanto ci si interroga sui perché di questa nuova ondata di violenza. Il servizio di Roberta Gisotti:
Sono 4 i morti e almeno 34 i feriti nei sei attentati - e non 5 come riferito in precedenza - contro chiese cristiane di Baghdad, avvenuti tra sabato e domenica, in tutte le aree della città, l’ultimo attacco ieri sera intorno alle 23 locali contro la chiesa di San Giuseppe nel quartiere occidentale. Tra le chiese colpite anche quella di Santa Maria, dove officia mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare caldeo nella capitale irachena. Nella serata di ieri anche l’agguato mortale contro Aziz Razqo Nisan, esponente di spicco della comunità cristiana di Domiz, nei pressi di Kirkuk. E stamane la notizia di un’autobomba esplosa a Mosul, nel quartiere di Faisalia, cha ha colpito sia la chiesa cristiana della Madonna di Fatima, che l’adiacente moschea sciita, senza fortunatamente provocare vittime. Da registrare poi un ordigno piazzato sul ciglio di una strada nella provincia di Dhi Qar, nel sud dell’Iraq, che ha mancato di poco l’auto sulla quale viaggiava ieri l’ambasciatore statunitense Christopher Hill. Azione che arriva a due settimane dal ritiro delle truppe Usa dalle città irachene. Ci si interroga intanto - senza certezze - sui perché di questa recrudescenza di attentati. C’è chi ipotizza la mano esterna di Al Qaeda e chi avanza un legame con le prossime elezioni provinciali nel Kurdistan irakeno, come dire un avvertimento lanciato agli elettori cristiani.
Gli attentati contro i cristiani sono attacchi perpetrati contro l’intero popolo iracheno: ne è convinto il corepiscopo Philip Najim, visitatore apostolico per i fedeli caldei in Europa, intervistato dal collega Christopher Altieri del programma inglese della nostra emittente:
R. – E’ un attacco disumano fatto per rallentare il processo di pace e la stabilità del Paese; cercano di creare questa grande paura, dentro i cristiani, affinchè lascino il Paese. Gli attacchi, però, sono stati fatti anche a Mosul: una moschea, che si trovava vicino alla chiesa, è stata danneggiata insieme alla chiesa stessa. E’ chiaro che questi attacchi vengono fatti proprio contro le etnie che compongono il popolo iracheno; perciò è un attacco contro l’Iraq e contro il suo popolo che un giorno potrebbe reinserirsi di nuovo nel consesso della comunità internazionale.
D. – Da poco le truppe americane si sono ritirate dalle strade delle principali città irachene; questo potrebbe far sembrare questi recenti episodi come crimini compiuti da gruppi la cui forza è ormai spenta. Lei ha quest’impressione o teme ancora una nuova ondata di violenza?
R. – Hanno certamente usufruito di questo ritiro delle truppe americane dalle città. Sono di certo delle ‘forze oscure’: questi bombardamenti, questi attacchi non sono mai fatti dallo stesso popolo iracheno, perché i musulmani e i cristiani hanno vissuto sempre in un clima di tolleranza in Iraq, sono sempre stati un popolo unito ed hanno costruito insieme il Paese. I cristiani sono anche iracheni.
D. – Lei in passato ha parlato del fatto che attacchi di questo tipo spesso hanno obiettivi di tipo religioso, ma ha detto anche che forse talora sono più mirati contro l’intellighenzia dell’Iraq…
R. – Certamente, perché abbiamo visto che tantissimi iracheni, professionisti del mondo culturale e scientifico hanno lasciato il Paese; sono stati attaccati professori universitari, medici, ingegneri ed addirittura sono state attaccate le università stesse, le scuole, per colpire anche quei giovani che vogliono continuare la loro vita seguendo una strada normale per poter avere un futuro migliore. Si riconosce perciò la natura di questi attacchi, che mirano proprio alla comunità irachena. Ecco quindi che queste ‘forze oscure’ non fanno altro che rallentare il futuro di questo Paese, perché se andiamo avanti così ci si ferma. Ci sono migliaia e migliaia di persone che lasciano l’Iraq perché hanno perso qualsiasi opportunità ed ogni speranza di poter ancora vivere qui. Purtroppo, anche qui la comunità internazionale deve intervenire per porre fine a questi attacchi che sta subendo il popolo iracheno, che è innocente e che sta soffrendo ormai questa situazione da molti anni.
Somalia: i fondamentalisti islamici perdono terreno
◊ In Somalia le truppe governative hanno sferrato un violento contrattacco ieri nell'area settentrionale di Mogadiscio, guadagnando terreno e infliggendo dure perdite agli insorti islamici, una quarantina dei quali sarebbero stati uccisi. E per la prima volta, accanto ai soldati regolari, sono scesi in campo i militari dell’Amisom, la forza di pace panafricana schierata in Somalia. Il rappresentante speciale dell'Onu per il Paese del Corno d’Africa, Ahmedou Ould-Abdallah, ha espresso la speranza che le vittorie militari ottenute dalle truppe governative possano consentire il ritorno di una qualche forma di stabilità nella capitale. Ma come interpretare l’intervento della forza di pace? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Enrico Casale, africanista del mensile dei Gesuiti “Popoli”:
R. – Queste truppe erano state inviate perché avrebbero dovuto sostituire le truppe etiopi che erano intervenute contro le corti islamiche verso la fine del 2006 e l’inizio del 2007. In realtà, queste truppe dell’Unione Africana sono sempre state in numero ridottissimo e con scarsissimi mezzi; infatti non erano mai intervenute, anche perché le regole d’ingaggio che avevano erano molto restrittive. Perchè sono intervenute? Le ragioni specifiche non si conoscono ancora. Probabilmente l’intervento è dovuto al fatto che le posizioni dell’Unione Africana erano minacciate direttamente dagli shebab e quindi, per evitare di farsi accerchiare e di essere sopraffatte, hanno reagito al fianco delle truppe governative.
D. –C’è chi collega anche questo atteggiamento interventista della forza di pace panafricana al discorso pronunciato da Obama in Africa. Discorso nel quale, lo ricordiamo, ha detto che “il terrorismo in Somalia è un problema internazionale che richiede una risposta globale”...
R. – Molto probabilmente è stata una reazione a queste parole di Obama, il fatto che queste truppe siano intervenute per contenere l’avanzata degli shebab che – ricordiamolo – sono dei fondamentalisti islamici e si possono in qualche modo associare ai talebani afghani, cioè sono i giovani studenti delle scuole coraniche che hanno iniziato a combattere prima contro l’Etiopia e poi contro il governo di transizione nazionale.
D. – C’è la possibilità che in Somalia venga ristabilito un ordine politico tale da rimettere il potere nelle mani del governo centrale?
R. – Se la Comunità internazionale deciderà di sostenere il governo sia dal punto di vista politico, colpendo attraverso sanzioni quei Paesi e movimenti che sostengono gli shebab e, dal punto di vista militare, attraverso l’invio di nuove truppe meglio organizzate di quelle attuali, probabilmente sì, ci sarà un ristabilimento dell’ordine da parte del governo di transizione nazionale. Però, in questo momento, è prematuro dirlo.
La liberazione di Vagni nelle Filippine: attesa per il suo rientro in Italia
◊ Eugenio Vagni potrebbe tornare a casa nel fine settimana. E’ quanto dicono da Montevarchi, in provincia di Arezzo, i parenti dell’operatore della Croce Rossa Internazionale, liberato sabato sera dopo 178 giorni dai ribelli islamici di Abu Sayyaf nelle Filippine. In un’intervista Vagni ha detto di essere scampato al colera e di essere stato trattato bene, sebbene minacciato di decapitazione. La Farnesina ha fatto sapere che per la liberazione non è stato pagato alcun riscatto, né c’è stato un blitz. Il governo delle Filippine inoltre ha spiegato che la trattativa è stata aperta dopo che Manila si è detta pronta a rilasciare le due mogli del leader dei sequestratori, arrestate per concorso nel sequestro. Soddisfazione e sollievo sono stati espressi dalla Croce Rossa Internazionale. Ascoltiamo al microfono di Paolo Ondarza il vicepresidente Massimo Barra.
R. - Innanzitutto, la grande soddisfazione per questa liberazione e poi bisogna pensare a quanta gente, quotidianamente, rischia la vita, senza che l’opinione pubblica lo sappia. Sono centinaia e centinaia gli operatori umanitari che lavorano in silenzio. Pensi che lui stava andando a favorire l’accesso dell’acqua in una prigione.
D. – Come mai hanno colpito proprio un operatore della Croce Rossa Internazionale?
R. – E’ capitato. E’ capitata l’occasione e non guardano in faccia a nessuno. Oggi, queste bande di guerriglieri non obbediscono a nessuna regola e a nessuna logica, se non quella del loro clan.
D. – Sono stati sei mesi molto lunghi, molto sofferti. Avete temuto per l’incolumità di Eugenio Vagni?
R. – Sicuramente, in questi contesti bisogna pensare anche alla stanchezza fisica. Per una persona di 62 anni come Vagni, già stare sei mesi lontani da casa è uno stress, e immaginate di stare nella giungla... Poi c’erano questi tentativi di liberazione da parte del governo, che hanno impaurito lo stesso Vagni, perché ad un certo momento c’è stato un attacco a fuoco, per cui lui stesso si era raccomandato estrema prudenza, cosa che è stata ripetuta anche dal nostro governo e anche dalle autorità della Croce Rossa. Devo dire che i rapporti tra i sequestratori e i sequestrati erano buoni: li hanno trattati con molto rispetto.
D. – Poi è stato fondamentale l’arresto delle due mogli del leader dei sequestratori. E oltre a questo, che cosa ha contribuito alla liberazione di Vagni?
R. – La mobilitazione anche dell’opinione pubblica. Insomma, tutto serve. Questi rapitori, ovunque nel mondo, sono molto sensibili ai media, alle pressioni politiche.
D. – C’è ancora chi parla di un riscatto pagato...
R. – No, non mi risulta. Questa è anche la politica della Croce Rossa Internazionale che è molto esposta, in tutte le parti calde del mondo. Quindi, se noi accettiamo l’ipotesi dei riscatti è una reazione a catena.
D. – Quanto tornerà Eugenio Vagni a casa?
R. – Io penso presto.
D. – Le sue condizioni di salute adesso quali sono?
R. – Accettabili, compatibilmente con la lunga prigionia e l’ernia.
D. – E il colera?
R. - Sa, il colera è endemico in certe parti del mondo.
D. – Chi opera a sostegno delle popolazioni meno sviluppate ha paura dopo questi episodi?
R. – Chiunque va in missione su un terreno conosce benissimo i rischi a cui si espone, anche se è un rischio che noi cerchiamo di diminuire al massimo, perché non dobbiamo immolare la nostra gente.
Concluso a Roma l'Incontro degli studenti universitari europei
◊ Si è concluso ieri a Roma il primo incontro Europeo degli studenti universitari sul tema “Nuovi discepoli di Emmaus. Da cristiani nelle università” organizzato dall’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma e dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. Al meeting hanno partecipato 2000 giovani europei e una delegazione di studenti universitari della Terra Santa. Il servizio di Marina Tomarro.
Diventare nuovi discepoli di Emmaus pronti non solo ad annunciare ma anche a vivere il Vangelo nella vita quotidiana degli atenei, aiutandosi reciprocamente attraverso un lavoro di rete tra le cappellanie europee. E’ uno degli obiettivi con cui si è concluso a Roma il primo incontro Europeo degli studenti universitari. Ascoltiamo mons. Lorenzo Leuzzi direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria:
“I giovani sono partiti con l’idea di potersi ritrovare insieme, all’università, anche con il desiderio di creare dei legami non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo e creare soprattutto rapporti tra studenti della stessa disciplina accademica. Questo mi sembra molto importante perché permette una presenza sempre più concreta, meno astratta e meno generica, che consente di mirare ai veri problemi della ricerca scientifica”.
Ma ascoltiamo delle testimonianze di alcuni giovani che hanno partecipato all’evento:
R. - La cosa che più mi ha colpito in questi giorni è, da una parte, l'incontro col Santo Padre e le parole che ci ha detto, ma dall’altra soprattutto il livello di gioia e felicità che si poteva respirare tra gli studenti: il modo in cui scherzavamo tra di noi, persone della Lituania e della Russia, spagnoli ed italiani. Questo è bellissimo ed è stata la cosa che più mi ha colpito, perché mi ha fatto capire che quando Cristo è al centro della convivenza l’amore nasce spontaneamente.
R. - L’esperienza che ho vissuto qui, a Roma, è veramente una cosa che mi dà molta gioia perché sappiamo che nel mondo di oggi i valori del Vangelo stanno scomparendo. I giovani sono la speranza del mondo.
R. - Mi ha permesso di aprire gli occhi su quella che è la realtà universitaria fuori dall’Italia e di trovare un punto di unione con tanti altri ragazzi che vivono le mie stesse difficoltà. E’ quindi un ottimo modo per farci coraggio a vicenda e per trarre spunto dalle diverse iniziative che svolgiamo nei nostri Paesi.
Camerun: in ventimila alla marcia contro l’aborto
◊ Più di ventimila persone hanno aderito alla marcia di protesta contro la legalizzazione dell’aborto, guidata dal cardinale Christian Tumi, arcivescovo di Douala. La marcia si è tenuta nella città del Camerun meridionale, l’11 luglio, anniversario dell’approvazione del Protocollo di Maputo. Il “Protocollo della Carta dei diritti dell’uomo e dei popoli relativo ai diritti della donna” è stato infatti adottato dalla seconda Sessione ordinaria dell’Unione Africana a Maputo (inMozambico) l’11 luglio 2003. La Chiesa cattolica - riferisce l'agenzia Fides - ha sempre espresso la sua opposizione al paragrafo c dell’articolo 14 del Protocollo, che stabilisce di proteggere i diritti riproduttivi delle donne autorizzando l’aborto medico nei casi di stupro, incesto, e quando la continuazione della gravidanza mette in pericolo la salute fisica e mentale della madre o la vita della madre o del feto. Di recente la Conferenza episcopale del Camerun ha pubblicato una dichiarazione nella quale esprime la sua contrarietà alla legalizzazione dell’aborto previsto dal Protocollo. La posizione della Chiesa è stata ribadita da mons. Samuel Kleda, vescovo coadiutore di Douala, che nella omelia della Messa che ha concluso la marcia, ha affermato: “Noi aderiamo a questo lodevole progetto, di proteggere la donna. Chi resterebbe insensibile alle sofferenze della donna? Allo stesso tempo, non si può pretendere di difendere la donna proponendole di provocare l’aborto e di utilizzare mezzi di contraccezione che minacciano la sua dignità e il suo nucleo familiare. Nessuna ragione può essere invocata per provocare l’aborto o l’infanticidio”. In seguito, una delegazione composta da rappresentanti cattolici, protestanti e musulmani ha consegnato al Governatore una lettera per il Presidente della Repubblica e una petizione, per la quale sono state finora raccolta circa 30mila firme. Altre ne seguiranno perché all’appello della Chiesa cattolica hanno aderito anche fedeli di altre confessioni cristiane e religioni, musulmani compresi. (R.P.)
Congo: i vescovi proclamano un Anno giubilare per curare i mali del Paese
◊ “Un anno di grazia per il nostro Paese, un anno di rinnovamento e di gioia, un anno di riconciliazione con Dio, per mettere fine alle pratiche della corruzione e alla venalità che distruggono la nazione e costruire con Dio nella giustizia, un Congo solidale, prospero e unito”. Così i vescovi della Repubblica Democratica del Congo hanno proclamato l’anno pastorale 2009-2010, Anno giubilare per la Chiesa congolese. L’Anno giubilare è stato affidato all’intercessione della Vergine Maria, Nostra Signore del Congo e Madre del Perpetuo Soccorso, e ai beati Isidoro Bakanja e Marie-Clémentine Anuarite. L’annuncio è contenuto nel Messaggio della Conferenza episcopale congolese pubblicato per il 49esimo anniversario dell’indipendenza nazionale. Il Messaggio, intitolato “La justice grandit une nation”, inviato all’agenzia Fides, traccia un bilancio della storia del Congo indipendente. I vescovi ricordano che la Chiesa aveva salutato con gioia l’indipendenza del Paese, auspicando che con “la fedele e generosa collaborazione di tutti, il nostro Paese può diventare prospero e felice”. “Quali sono dopo 49 anni, le sorti del nostro Paese?” si chiedono i presuli. La risposta presenta aspetti positivi e negativi. I primi sono: la coscienza di appartenere alla stessa nazione, la coesione sociale “che ha permesso di resistere alle velleità di balcanizzazione”, la creazione di istituzioni democratiche, la comparsa di una elite autoctona di reputazione incontestabile. Ma allo stesso tempo, notano i vescovi, “il Paese ha fatto diversi passi indietro. Nel corso degli anni, diversi antivalori hanno debilitato il tessuto etico della nostra società. Guerre continue hanno provocato migliaia di morti. Le infrastrutture sociali stanno crollando in modo inquietante. Il popolo si sta riducendo alla condizione di barbone ed è condannato a vivere di espedienti”. “Tutti, dai vertici alla base, si lamentano delle condizioni di vita che diventano di giorno in giorno più difficili per la maggioranza della popolazione. Nel suo dolersi, il popolo punta il dito in particolare contro la corruzione che è divenuta il quadro generale della vita e dell’azione politica in Congo”. Nessuna istituzione è risparmiata da questa piaga, denunciano i vescovi. La corruzione ha inoltre conseguenze deleterie sull’economia nazionale perché causa il degrado delle infrastrutture di base, lo scoraggiamento degli operatori economici, il disprezzo delle norme, l’impoverimento e l’indebolimento dello Stato”. Per far fronte ai mali del Paese - tra i quali vi sono le guerre, favorite da forze esterne -, i vescovi ribadiscono il loro impegno per la formazione della popolazione. “La Chiesa accetta la sfida dell’educazione sia spirituale e morale che civile, al fine di formare il nuovo uomo congolese capace di resistere alla dittatura del guadagno facile e dell’avere. Si impegna a proseguire il suo programma di educazione civica incentrato sulla partecipazione dei cittadini al governo locale e alla lotta alla corruzione”. La proclamazione dell’Anno giubilare vuole dare quindi nuovo impulso all’opera di formazione cristiana e umana della Chiesa congolese. (R.P.)
Ucraina: concluso l'incontro dei segretari generali degli episcopati europei
◊ Si è concluso questa mattina a Leopoli, in Ucraina, il 37.mo incontro dei segretari generali delle 36 Conferenze episcopali europee (Ccee), che si era aperto giovedì scorso. Durante i lavori è stata presentata, da padre Hans Langendörfer, segretario generale della Conferenza episcopale tedesca, anche l’enciclica “Caritas in veritate”. Lo rende noto il Sir. Langendölfer, nella conferenza stampa nel corso dei lavori, ha evidenziato tre priorità contenute nel nuovo documento: “La centralità dell’uomo, la dimensione sociale dell’economia e il tema della globalizzazione e dell’interdipendenza dei ‘policentri’, luoghi decisionali con più compiti e poteri”. La dimensione sociale dell’economia che il Papa definisce è “una dimensione che non tollera esclusioni e scarti. Ogni uomo ha il diritto di partecipare al mondo del mercato e del lavoro”. E’ necessario quindi uno Stato che deve essere aperto ad una maggiore partecipazione della società civile. Dei sindacati, innanzitutto, ha sottolineato Langendöfer, in particolare per “la tutela dei sistemi di previdenza sociale e professionale, ma anche di altre istanze sociali, come la Chiesa. Con questa crisi economico-finanziaria, abbiamo capito come il mercato non può contare solo su se stesso ma deve attingere energie morali da altri soggetti”, ha evidenziato il gesuita. I segretari generali delle Conferenze episcopali europee, ha riferito il portavoce del Ccee, hanno parlato di un'“enciclica di teologia sociale” e della “chiarezza” con la quale Benedetto XVI “è riuscito a individuare le urgenze attuali” e a ribadire allo stesso tempo il messaggio centrale dell’insegnamento sociale della Chiesa: “la centralità dell’uomo”. I Segretari generali auspicano ora che si rafforzi “l’impegno della Chiesa a organizzare il proprio pensiero ed aprire un dibattito sul tema dello sviluppo sociale che in definitiva è dell’amore sociale”. “Con questa enciclica, ottimista e realista allo stesso tempo – hanno aggiunto -, il Papa ha avuto il coraggio di chiamare alla conversione dello sviluppo e del modo di pensare l’uomo. Ma anche altri temi sono stati trattati durante l’incontro, come eutanasia, Chiesa e media e la Giornata mondiale della Gioventù 2011. “In Europa – hanno concluso - si stanno diffondendo alcuni fenomeni che feriscono la dignità della persona e che preoccupano la Chiesa per il modello antropologico che veicolano piuttosto lontano dalla cultura della vita e il modello naturale della famiglia”. (V.V.)
Australia: la Chiesa ricorda la GMG di Sydney
◊ Il 15 luglio 2008, insieme a centinaia di giovani nel molo di Barangaroo, nella baia di Sydney, il cardinale George Pell celebrava la Messa di apertura della XXIII edizione della Giornata Mondiale della Gioventù targata Australia dal tema “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”. Un evento che fece confluire migliaia di giovani fedeli da tutto il mondo in terra australiana per vivere una settimana nel segno dello Spirito Santo. Giorni colmi di fraternità culminati nella Messa finale, in cui ben 350mila persone, arrivate da ogni parte del mondo affollarono lo stadio di Randwich per incontrare Benedetto XVI. Se allora gli australiani rimasero sorpresi e piacevolmente travolti dalla gioia dei pellegrini, tanto da ricredersi da un’ipotetica invasione, ora ad un anno di distanza, è tempo di commemorazioni e di tracciare bilanci. “Ricordare quei giorni per noi è doveroso- ci ha raccontato mons. Julian Charles Porteous vescovo ausiliare di Sydney - dopo un anno la differenza lampante è che i fedeli vivono con maggior partecipazione la vita della Chiesa e al tempo stesso sono aumentate le conversioni”. E proprio in Sydney, teatro principale della Gmg, si terrà dal 19 al 26 di luglio il congresso “The new evangelisation. Abbracciamo la nuova evangelizzazione”. “In questa settimana - ci spiega Porteous - i giovani potranno esprimere la loro fede, proprio come un anno fa attraverso momenti ricreativi, ma sopratutto di preghiera e forum di discussioni ”. Parole di apprezzamento arrivano anche da mons. Joseph Angelo Grech, vescovo della diocesi di Sandhurst nello Stato del Victoria, che afferma: “L’arrivo del Papa è stato un segnale positivo, i nostri fedeli hanno acquistato la consapevolezza della fede. Sono tante le iniziative in programma nelle nostre parrocchie, celebreremo il ricordo di quei momenti attraverso strumenti come l’adorazione eucaristica e le catechesi. Quest’ultime sono state una vera e propria sorpresa e oggi sono molto apprezzate dai giovani, che nella mia parrocchia tutte le domeniche, prima della Messa gli concedono un’ora”. Anche mons. Anthony Colin Fisher, vescovo ausiliare di Sydney e responsabile della Gmg afferma: “La reazione è stata inaspettata, ma questo ci riempie di gioia. Molti giovani mi hanno detto, che questo evento gli ha cambiato la vita e non se lo dimenticheranno mai più”. Festeggiamenti che continueranno anche oltre questa settimana con i giorni diocesani dei giovani, che si svolgeranno dal 11 al 13 di Settembre nella diocesi di Darwin, nei Territori del Nord. E dopo aver passato il testimone ai coetanei spagnoli, i giovani australiani si preparano già per Madrid 2011 e continuare così a testimoniare il loro cammino di fede. (A cura di Francesca Baldini)
Colombia: nuovo appello dei vescovi in favore della vita
◊ Ieri, al termine della loro 80.ma Assemblea plenaria i vescovi della Colombia hanno ribadito la loro permanente preoccupazione “affinché il Paese trovi il cammino che porta alla riconciliazione e alla pace”. E' per questo che in questi giorni “abbiamo riflettuto - scrivono - sul Vangelo della Vita che il Signore ha proclamato”. I presuli spiegano di aver analizzato “molti fatti che preoccupano i colombiani con lo scopo di precisare tutti gli aspetti negativi che occorre superare, e al medesimo tempo individuare le opportunità per promuovere decisamente una cultura della vita”. I vescovi della Colombia, citando la Costituzione conciliare "Gaudium et spes" osservano che la vita è insidiata da molti pericoli oltre all’aborto, all’eutanasia o agli omicidi, e al riguardo ricordano la schiavitù, la prostituzione e le condizioni ignominiose di lavoro. “Noi riteniamo - ribadiscono - che attentino ugualmente contro la vita l’incremento della criminalità, i conflitti armati, i sequestri, gli esodi forzati, la tossicodipendenza, il narcotraffico, il deterioramento dell’ambiente e la corruzione”. I vescovi ribadiscono l’importanza dell’articolo 11 della Costituzione che consacra la vita “come un diritto inviolabile” al punto tale che vieta espressamente la possibilità di introdurre nell’ordinamento giuridico la pena capitale. Purtroppo la realtà nel Paese è ben diversa e ciò, secondo parole di Giovanni Paolo, II ha una sola spiegazione, rilevano i presuli: “L’eclisse del valore della vita”. La dichiarazione episcopale che porta la firma dell’arcivescovo di Barranquilla mons. Rubén Salazar Gómez, presidente dell’episcopato, sottolinea che “la vita, in particolare la vita umana, non può essere capita pienamente se non si è consapevoli sul fatto che nella sua origine, nel suo sviluppo e nel suo destino finale c’è Dio, l’unico Signore”. D’altra parte i presuli, come già hanno fatto in passato, insistono sul fatto che secondo una visione cristiana, il futuro personale e collettivo non è concepibile senza un tributo al Vangelo della Vita e quindi senza riconoscere che nel Cristo Risorto abbiamo vinto il male con il bene, il peccato e la morte, trovando in Lui la vita eterna. “Per fortuna, proseguano i vescovi, in Colombia ci sono donne e uomini così come gruppi e associazioni che lavorano, con fermezza e spiritualità, senza senso del lucro” in favore della vita “occupandosi di centri educativi” per difendere l’ambiente e soprattutto i diritti umani. A loro i vescovi colombiani rivolgono un ringraziamento affettuoso per l’opera svolta, e in particolare perché con la loro testimonianza “dimostrano la consapevolezza che la vita è un bene incommensurabile e il più grande dono di Dio”. Prima di concludere i presuli ricordano di aver lanciato giorni fa la Missione continentale in Colombia, riuniti in preghiera ai piedi di Nostra Signora di Chiquinquirà, rinnovando l’impegno fatto davanti a Benedetto XVI nel maggio 2007 nel corso della V Conferenza generale degli episcopati latinoamericani (Aparecida, Brasile), e di lavorare senza sosta per adempiere integralmente la missione dell’Annuncio. Infine, ribadendo con l’Evangelium Vitae che la vita è il centro del messaggio di Gesù, i vescovi della Colombia esortano i professionisti della salute, della giustizia nonché i membri della Forze armate, gli educatori e i genitori, a rispettare in ogni momento la sacralità della vita consapevoli che essa va tutelata dal suo concepimento sino alla fine naturale. (A cura di Luis Badilla)
La presenza di mons. Faley al Sinodo della Chiesa d'Inghilterra
◊ “E’ stato un Sinodo dedicato quasi interamente a problemi interni di struttura e riorganizzazione della “Chiesa di Inghilterra” che ha considerato le sfide che la società moderna porta a chi vuole vivere il Vangelo”. Così mons. Andrew Faley, assistente segretario generale della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles per l’ecumenismo commenta per il “Sir” i lavori del Sinodo Generale della Chiesa di Inghilterra, l’organo di controllo della Chiesa anglicana inglese, che si sono aperti il 10 luglio e si concludono domani a York. Mons. Faley ha partecipato ai lavori di gruppo su “Life of Christ. Morals, Communion and the Church”, un documento pubblicato nel 1993 dalla Commissione per il dialogo anglicano-cattolico Arcic. Il documento affronta e riassume le posizioni che le due Chiese cristiane hanno di fronte a questioni di ordine etico: divorzio, contraccezione, aborto ed inizio della vita umana, omosessualità. “I lavori di gruppo sul documento “Life in Christ” – ha sottolineato il vescovo cattolico - hanno consentito uno spazio di riflessione privilegiato molto importante. Purtroppo i partecipanti al Sinodo si sono concentrati sulle divergenze tra le due chiese anziché sui punti in comune. Questo è successo perché manca una adeguata conoscenza teologica delle questioni più importanti”. “Ci vorrebbero – ha aggiunto mons. Faley - più momenti di studio e approfondimento a livello diocesano delle questioni dottrinali più importanti”. Il portavoce sull’ecumenismo della Conferenza Episcopale cattolica ha spiegato che “i rapporti tra cattolici e anglicani sono in ottima condizione considerate le difficoltà che la Chiesa anglicana sta attraversando sui problemi dell’ordinazione dei pastori gay e delle donne vescovo”. (R.P.)
L'intervento di mons. Fisichella al festival della Milanesiana
◊ "Tommaso, beati coloro che crederanno senza aver visto...". (Giovanni, 20, 29). Inizia così l’intervento dell’arcivescovo Rino Fisichella, riportato dall’Osservatore Romano, al festival di letteratura musica e scienza "La Milanesiana”, quest'anno dedicato al tema dell'"Invisibile". Mons. Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e rettore della Pontificia Università Lateranense, ha evidenziato “il paradosso della fede: vedere, toccare, sentire”. La fede ha bisogno dei sensi, sono per lei come un fatto determinante senza il quale mancherebbe qualcosa di fondamentale, di unico come la possibilità di abbandonare tutto se stessi al mistero che ci viene incontro. Nel credere senza vedere si è rimandati a qualcosa di straordinariamente grande eppure semplice. “Invisibile - continua l’arcivescovo Fisichella - non per questo è impercettibile; ciò che non si vede lo si può toccare, sentire e nella misura in cui questo avviene si aprono altri occhi ugualmente degni di essere analizzati, quelli della fede. “Habet namque fides oculos suos diceva giustamente Agostino – ha continuato - gli occhi della fede che fissano il mistero dell'amore sanno percepire l'amore come reale e vero, lo vedono all'azione come fecondo e ne consentono di esprimere in pienezza la realtà”. L’aricvescovo riporta anche l’esempio di un noto autore francese, Antoine de Saint-Exupéry che sedici secoli dopo Agostino esprimerà lo stesso concetto nel libro Le pétit Princ: “On ne voit bien qu'avec le coeur. L'essentiel est invisible pour les yeux. "Si vede bene solo con il cuore..." ma anche il cuore, comunque, per riprendere il pensiero di Pascal ha des raisons que la raison ne connait pas”. Si devono trovare pertanto ragioni, sottolinea mons. Fisichella, che differiscono da quelle che la mente produce per scoprire di quale natura si tratta e quale logica perseguono. Il cristianesimo si caratterizza all'interno della storia delle religioni come il superamento di un confine che nessuno prima aveva osato oltrepassare. In (Giovanni, 1, 18); "Dio mai nessuno lo ha visto, il Figlio lo ha rivelato", Giovanni aveva vissuto in prima persona il Figlio del Padre che rendeva visibile il vero volto dell'invisibile Dio. Nel cristianesimo si spezza l'invisibilità: ora Dio ha un volto e con esso esprime la sua natura e afferma la sua identità. Gli occhi della fede sono chiamati a cogliere i suoi tratti, le ragioni del cuore sono provocate a trovare la logica del suo amore che si fa misericordia, che arriva quindi fino al perdono per l'offesa e il tradimento ricevuto. Eppure, aver oltrepassato il confine non ha scalfito il mistero, secondo l’arcivescovo. Ciò che gli occhi vedono dell'Invisibile è un rimandare sempre oltre perché una volta immersi nel mistero dell'amore diventa arduo esprimerlo in parole. L'Invisibile che viene visto fa sfociare nel silenzio della contemplazione. “Qui le parole non servono - conclude il presule - non solo perché ne manca la forza, ma soprattutto perché si scopre il valore del silenzio come la più espressiva forma del linguaggio personale. Da questo silenzio scaturisce l'arte, la poesia, la musica e tutto ciò che serve per dare voce a quanto si è colto per essere stati immersi nella profondità del mistero di un Dio che si fa uomo, muore e risorge per svelare la grandezza dell'amore con cui chiama alla condivisione”. (M.P.)
Caritas in veritate: per il cardinale Martino "il cristianesimo ha diritto di cittadinanza"
◊ “Il più grande aiuto che la Chiesa può dare allo sviluppo è l’annuncio di Cristo”, ed è proprio in forza di questo annuncio che ”il cristianesimo ha un proprio diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico”. A ribadirlo è stato - riferisce l'agenzia Sir - il card. Renato Raffaele Marino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace”, intervenuto oggi all’incontro di docenti di economia degli atenei romani sulla terza enciclica di Benedetto XVI, organizzato dall’Ufficio di pastorale universitaria del Vicariato di Roma sul tema: “Itinerari di ricerca per la cultura universitaria”. “La società ha bisogno di elementi ricevuti, non prodotti da noi”, ha affermato il porporato soffermandosi in particolare sul n. 34 della “Caritas in veritate”, in cui Benedetto XVI conferisce alla “Populorum progressio” di Paolo VI “lo stesso onore dato alla Rerum novarum”, definendola “la nuova Rerum novarum della famiglia umana globalizzata”. In particolare, il Papa afferma con forza che il magistero di Paolo VI non ha comportato “nessun arretramento nei confronti della dottrina sociale della Chiesa”, tanto che Benedetto XVI ne fa proprie tre prospettive: “l’idea che il mondo soffre per mancanza di pensiero, l’idea che non vi è umanesimo vero se non aperto verso un assoluto, l’idea che all’origine del sottosviluppo c’è una mancanza di fraternità”. (R.P.)
Caritas australiana: dall'Enciclica del Papa la via per centrare gli obiettivi del Millennio
◊ Le indicazioni sociali ed economiche di “Caritas in veritate” tracciano “la strada maestra su cui l’umanità deve avviarsi per conseguire gli Obiettivi del Millennio”: è l’opinione della Caritas Australia, in relazione alla situazione della povertà e delle disuguaglianze globali. Secondo la Caritas, - riferisce l'agenzia Sir - gli Obiettivi del Millennio, tra cui il debellare la povertà, l’ineguaglianza di genere, l’analfabetismo, “sono sulla soglia del fallimento”, a causa della crisi economica globale. Sembra che “le nazioni ricche abbiano voltato le spalle a quelle povere”, sottolinea la Caritas. E’ necessario, dunque, mettere la lotta alla povertà come punto prioritario dell’agenda internazionale. La crisi economica, infatti, colpisce in special modo i più poveri fra i poveri, quel miliardo di persone che già vive con meno di un dollaro al giorno”. Secondo stime delle Nazioni Unite, nel 2009 quanti lottano ogni giorno per la sopravvivenza sono aumentati tra 55 e 90 milioni di persone. In questo quadro, afferma la Caritas Australia l’enciclica di Benedetto XVI, riportando l’attenzione sulla centralità dell’uomo, offre l’indicazione chiave: quella di agire “nell’amore”, sorgente dell’impegno sociale, civile e politico, per la costruzione di un mondo più giusto e fraterno. (R.P.)
Un ventennio di crescita per la Chiesa in Cambogia
◊ “Vent’anni di evangelizzazione: 1989-2009”. È questo il titolo dell’indagine condotta tra la piccola comunità cattolica della capitale cambogiana Phnom-Penh. I risultati della ricerca, presentata durante le celebrazioni per la chiusura dell’Anno Paolino hanno messo in evidenza che in un ventennio sono nate 38 nuove comunità ed è cresciuta sensibilmente la formazione spirituale e missionaria dei fedeli. Anche per la Cambogia il 1989 rappresenta una data molto importante. Coincide con la nuova vita per la comunità cattolica, dopo i tempi bui della repressione sotto i khmer rossi. A maggio di 20 anni fa potè fare rientro nel Paese mons. Yves Ramousse, già vicario apostolico di Phnom-Penh. Da allora a piccoli passi la comunità cattolica, composta oggi da circa 20 mila fedeli, ha potuto riacquistare nuovi spazi di libertà, con la riapertura del seminario maggiore e nuove ordinazioni sacerdotali. Alle celebrazioni per la chiusura dell’Anno dedicato a San Paolo ha partecipato anche il nunzio apostolico in Cambogia, arcivescovo Salvatore Pennacchio. Il presule, parlando a oltre mille fedeli ha affermato “San Paolo ricorda alla Chiesa la varietà dei carismi, che vanno messi tutti a servizio della comunità”. L’Anno Paolino è stato un’occasione per lanciare molte iniziative per divulgare la vita e la spiritualità dell’apostolo delle genti tra i fedeli cambogiani. Il vicario apostolico della capitale, mons. Emile Destombes, ha diffuso una lettera con aspetti fondamentali per la vita della comunità cristiana: essere uniti in umiltà, avere uno spirito missionario nella carità e continuare nella formazione per accrescere la conoscenza della Parola di Dio. (V.V.)
Aiuti della Cei alla Caritas dello Sri Lanka
◊ È stato l’intervento della Conferenza episcopale italiana a rendere possibile la donazione di 9 mila euro, pari a 1,5 milioni di rupie alla Caritas-Sri Lanka per l’acquisto di attrezzature mediche e protesi per i mutilati e invalidi di guerra dell’esercito. Monsignor Harold Anthony Perera, presidente della commissione giustizia, pace e sviluppo umano della Chiesa dello Sri Lanka ha consegnato la donazione il 10 luglio scorso ed ha ricordato come “questo aiuto testimonia il costante impegno dell’organizzazione cattolica nei tanti disastri che hanno colpito il Paese, secondo l’insegnamento di Gesù”. Erano presenti, riferisce l'agenzia AsiaNews, anche Sarath Gunarathna, politico cattolico e vice ministro dell’aviazione e padre Damian Fernando, direttore della Caritas Sri Lanka. Dopo gli aiuti alle vittime dello tsunami, la Caritas è impegnata nei soccorsi dei rifugiati della guerra, raccolti nei campi profughi dei distretti di Vavuniya e Jaffna, nel nord dello Sri Lanka. (M.P.)
Taiwan: dopo 46 anni di missione padre Papa lascia la diocesi di San Min
◊ La mostra sulla vita missionaria del “Tesoro della Contea di Fu Xing”, la festa di ringraziamento e il congedo alla presenza del vescovo della diocesi di Hsin Chu e di tantissimi fedeli: queste le iniziative che la parrocchia indigena di San Min di Tao Yuan ha voluto dedicare al suo parroco, padre Alberto Papa (Ba Yi Ci è il suo nome cinese), missionario francescano italiano che ha dedicato 46 anni di servizio ai più poveri degli indigeni di Taiwan. Giunto ora all’età della pensione, rientrerà in Italia portando con sé l’affetto, la commozione, la gratitudine e la nostalgia delle popolazioni indigene taiwanesi. Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, dal 4 luglio la parrocchia ha iniziato una serie di iniziative in occasione del congedo di padre Alberto, che si sono accompagnate alla celebrazione di inizio dell’Anno Sacerdotale, prendendo il religioso come modello missionario del sacerdozio. Autorità civili, la comunità buddista e i fedeli tutti hanno reso omaggio a questo missionario molto amato, tanto che addirittura lo hanno nominato “Padre del popolo di Tai Ya” (indigeno). Il sindaco locale ha raccontato: “quando ero piccolo già vedevo padre Ba (il suo cognome cinese) distribuire aiuti ai più bisogni tra i poveri. Sono cresciuto e lui continua ancora la sua missione, non si è mai fermato”. Nell’ormai lontano 1963, l’allora venticinquenne francescano padre Papa, nato in una famiglia modesta di operai, venne mandato in missione nell’isola di Taiwan. Il giovane religioso chiese ai suoi superiori di andare nei posti più sperduti, tra la gente più povera, a svolgere la sua missione. Quindi da quasi mezzo secolo si è messo al servizio del popolo indigeno Tai Ya della Contea di Fu Xing, conquistandosi il soprannome di “Tesoro della Contea di Fu Xing”. Non solo ha imparato perfettamente la lingua cinese mandarino, ma anche il dialetto indigeno dei Tai Ya, aiutandoli a conservare la propria cultura e tradizione. Ha fatto capire loro che “senza la scrittura è impossibile conservare la cultura”. Ha redatto con le proprie mani tantissimi testi, trasformando la lingua-dialetto in alfabeto romano; ha composto anche tanti brani di musica sacra e brani di Vangelo in dialetto indigeno. Grazie alla sua opera, nella zona sono state costruite 12 chiese, inoltre ha pubblicato 12 testi di lingua Tai Ya. Ha promesso alla sua gente che ritornerà tra loro, per continuare la trasmissione del Vangelo e della cultura di Tai Ya. (R.P.)
Il Patriarca ortodosso romeno in visita a Parigi
◊ Libertà e responsabilità sono le basi della comunione fra i cristiani. Sono le parole del Patriarca Daniel, primate della Chiesa ortodossa di Romania in occasione della laurea honoris causa a lui conferitagli dall’Istituto di teologia ortodossa Saint-Serge di Parigi. In Francia per la prima volta, ricorda l’Osservatore Romano, il Primate ortodosso ha posto l’accento in che modo “la secolarizzazione della società contemporanea che si manifesta, sia come ostilità alla Chiesa sia come indifferenza al Vangelo, ci obbliga a rispondere al senso profondo della libertà e della responsabilità cristiane”. Il Patriarca Daniel ha anche presentato il suo ultimo libro, La Joie de la fidélité, e ha tenuto una conferenza sulla teologia accademica e la spiritualità ecclesiale. Un capitolo del suo discorso è stato dedicato all’unità nella fede e alla libertà nella missione pastorale a livello panortodosso: “l’ortodossia si compone oggi di molteplici Chiese autocefale sorelle, eguali fra loro. Il riconoscimento dell’autocefalia deve essere la conferma di una libertà ottenuta non attraverso la rottura ma attraverso l’accordo, che non spezza la comunione sacramentale eucaristica”. Nella ricerca dell’unità visibile dei cristiani, è importante - afferma il primate ortodosso romeno - “considerare un’ecclesiologia di comunione dove l’esigenza di unità deve essere legata a quella di una libertà che esprima una vera comunione fraterna”. È in questo senso, insiste il Patriarca Daniel che deve andare avanti il dialogo dell’ortodossia con le altre Chiese “per una comunione dove si affermano la responsabilità e la libertà delle Chiese-sorelle, affinché il mondo creda che viviamo della divina comunione trinitaria”. (M.P.)
Russia: Chiesa ortodossa e Stato insieme contro la crisi
◊ “L’ordine mondiale deve essere basato su valori di giustizia, capacità e solidarietà sociale”, è la posizione del Patriarcato di Mosca contenuta in un documento riguardante una serie di proposte da sottoporre allo Stato russo. La collaborazione fra Stato e Chiesa ortodossa, specifica l’Osservatore Romano, avverrà nell’ambito della “Strategia di sviluppo sociale ed economico della Russia fino al 2020”. A tali iniziative, dichiara Pavel Shashkin responsabile del Patriarcato di Mosca, hanno partecipato personaggi pubblici e scienziati. L’ottima qualità del dialogo fra Stato e Chiesa è stata confermata anche dall’incontro, avvenuto giovedì scorso, tra il Patriarca di Mosca Kirill e il primo ministro Vladimir Putin. I rappresentanti di Chiesa ortodossa e Stato concordano sul fatto che dalla crisi del sistema si esce insieme. Il Patriarca di Mosca ha parlato, inoltre, della funzione della Chiesa nell’ambito dello sviluppo sociale ed economico: “la Chiesa ha solo il ruolo di campanello d’allarme, di custode delle coscienze, ma non ha potere”. La collaborazione rappresenta un punto di partenza per consultazioni ecclesiali e politiche più ampie. (M.P.)
Londra: preghiere e riflessioni per i giovani al Brightlights Festival
◊ Si è appena chiuso a Londra “Brightlights”, il festival della fede che coinvolge migliaia di giovani. Fino a domenica il Saint Joseph’s Pastoral centre a Hendon, nella zona Nord della città è stato il punto di aggregazione per i partecipanti all’incontro, dedicato quest’anno al tema della felicità. “Happy are you” è infatti il titolo della manifestazione, ispirato dal Discorso della montagna (Matteo,5). Gli organizzatori sottolineano che il tema è scaturito dalla constatazione del bisogno di rinvigorire la fiducia nelle nuove generazioni. A caratterizzare l’edizione 2009 del Festival c’è anche la presenza dei giovani della comunità Taizè, che hanno avviato uno scambio culturale con i loro coetanei inglesi. Londra, si legge su L'Osservatore Romano, da alcuni anni ospita eventi spirituali analoghi che coinvolgono sempre i giovani. Ad esempio, alcuni anni fa le parrocchie del West end hanno organizzato lo “Spirit of the City”, una festa durata quattro giorni nel cuore della città. (V.V.)
Belgio: un francobollo per padre Damien, Apostolo dei lebbrosi
◊ In occasione della canonizzazione, l’11 ottobre, di padre Damien, missionario belga nelle Hawaii morto di lebbra dopo 15 anni di servizio ai lebbrosi confinati nell'isola di Molokai e beatificato da Giovanni Paolo II nel 1995 , le Poste del Belgio hanno deciso di emettere il 5 ottobre un francobollo speciale. Il francobollo, raffigurante in primo piano "l'Apostolo dei lebbrosi" con alle spalle i suoi malati – riferisce l’agenzia Sir - è stata presentata nei giorni scorsi dall'amministratore delegato delle Poste Johnny Thijsha all'arcivescovo di Bruxelles, card. Godfried Danneels, e al vice-primo ministro belga Steven Vanackere. "Siamo fieri di padre Damien - ha affermato Thijsha -. Attraverso questo francobollo le Poste rendono omaggio ad uno dei più grandi belgi di tutti i tempi". Il francobollo verrà emesso in 327mila esemplari su fogli da cinque pezzi e sarà disponibile dal 5 ottobre in tutti gli uffici postali. Varrà come affrancatura per lettera ordinaria verso tutti i Paesi europei (0,90 euro). Nato in Belgio nel 1840 e giunto a Honolulu nel 1865, dove venne ordinato sacerdote nella Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, padre Damien – al secolo Jozef de Veuster – morì di lebbra nell'isola di Molokai nel 1889 dopo avere assistito i malati colpiti dalla malattia ivi confinati. Durante il suo ministero pastorale istituì una parrocchia, fondò scuole e ridiede vita alla convivenza sociale nella “colonia della morte”, dove i malati lottavano per sopravvivere. La pubblicazione del decreto per la sua canonizzazione è avvenuta il 3 luglio 2008. (L.Z.)
Una delegazione della Chiesa ortodossa russa nella Basilica di San Paolo
◊ Molte decine di fedeli russo ortodossi della parrocchia romana del Patriarcato di Mosca sono giunti ieri come pellegrini nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per la venerazione del Sepolcro dell’Apostolo a conclusione dell’Anno Paolino. La preghiera, guidata dall’egumeno Filippo Vasiltsev e accompagnata dalla corale, ha concluso le celebrazioni della solennità dei Santi Pietro e Paolo secondo il calendario giuliano che in mattinata erano state caratterizzate nella chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, al Gianicolo, dalla Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, alla quale avevano assistito due personalità della Segreteria di Stato della Santa Sede, mons. Gabriele Giordano Caccia, Assessore per gli Affari generali e mons. Pietro Parolin, Sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. Intanto l’Associazione Italiana Santa Cecilia ha edito in Dvd l’Oratorio paolino Vita Mea del compositore don Valentino Donella eseguito il 22 novembre 2008, nella festività liturgica della sua patrona, nella basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. Interpreti il soprano Loredana Putzolu, il baritono Andrea Zaupa, il violino solista Marco Fasoli, la Cappella Musicale di Santa Maria Maggiore di Bergamo, il coro Lorenzo Perosi di Verona e l’orchestra delle “Abendmusiken” di Verona, diretti dal maestro Paolo De Zan. Protagonisti dell’evento furono più di cinquemila membri delle Scholae Cantorum di quasi tutte le diocesi italiane, pellegrini dell’Anno Paolino. (A cura di Graziano Motta)
Parte ad agosto il meeting dei giovani di Villaregia
◊ Oltre 1.500 giovani provenienti da varie parti del mondo, dal 6 al 9 agosto, raggiungeranno Villaregia di Porto Viro (Rovigo) per vivere insieme un'esperienza di fraternità universale, di comunione con i poveri della terra e di incontro con Dio. “Scatena la vita” è lo slogan del MeetinGiovani, un evento che vede protagonisti i giovani del GimVi (Gruppi d'impegno missionario di Villaregia), sparsi in tutte le 15 sedi dell'Associazione nel mondo. La Comunità missionaria di Villaregia, dal 2002 opera di diritto pontificio, è nata nel 1981, grazie a padre Luigi Prandin e Maria Luigia Corona, e conta oggi più di 550 consacrati e 15.000 membri aggregati. Il MeetinGiovani, alla sua terza edizione, è rivolto a giovani dai 18 ai 30 anni ed un’occasione di scambio, di approfondimento e di integrazione tra culture, lingue, tradizioni diverse. “Il Meeting – ha dichiarato padre Prandin al Sir - vuole dare ai giovani la possibilità di costruire nuove amicizie, di conoscere le ricchezze di altri popoli, di aderire ai valori della solidarietà universale”. Per maggiori informazioni collegarsi al sito: www.meetingcmv.org.(V.V.)
Nasce in una tendopoli dell’Abruzzo il quindicinale diocesano “Vola”
◊ Viene distribuito in questi giorni il “Numero 0” del quindicinale “Vola” che la diocesi di L’Aquila ha pensato come un filo per tenere in contatto le molte comunità frammentate dal terremoto. Il gruppo che pensa e realizza “Vola” si riunisce in una tenda nel campo di Lucoli ed è affiancato dall’agenzia Sir e dalla Fisc, la Federazione dei settimanali cattolici italiani. Dodici pagine a colori “Un giornale che senza troppa ambizione - afferma don Claudio Tracanna, direttore dell’ufficio diocesano comunicazioni sociali - vuole raccontare la vita dei cristiani mettendo in luce il legame profondo tra la fede e la vita quotidiana delle persone che sono messe così a dura prova dal sisma”. Una riflessione che l’arcivescovo mons. Giuseppe Molinari riprende nella nota pubblicata in questo stesso numero. “Non possiamo dimenticare - scrive l’arcivescovo - che, come cristiani siamo felicemente condannati ad essere gli uomini e le donne della speranza. Il che non significa che siamo dei poveri sognatori, non significa che siamo degli inguaribili venditori di favole terribilmente lontane dalla realtà. Anzi noi siamo più radicati nella realtà di questo mondo e nella sua storia”. Tra gli articoli nel numero “O” c’è anche un intervento sulla ripresa dell’attività pastorale, che ha bisogno della riapertura di quelle chiese e di quegli spazi senza lesioni pericolose. In un servizio viene presentato il sussidio dei vescovi di Abruzzo-Molise, “Il Dio vicino. La fede nel tempo del terremoto”, mentre la Caritas diocesana è presente in più pagine con la sua esperienza sul territorio. Numerose sono le testimonianze e le esperienze a partire dalla notte del 6 aprile. Tra queste, il racconto di Giustino, giornalista de “Il Centro”, che in quella “terribile notte” ha perso i due figli di 18 e 16 anni e il padre. “E’ come se i tuoi 50 anni fossero finiti nel buco nero della disperazione – scrive -. E non c’era nulla che potessi fare”, osservando più avanti “che la vita può andare avanti solo alla luce della fede”: “Pensa se non ci fosse quel mistero – conclude – cosa sarebbe la vita dell’uomo”. Il quindicinale è consultabile anche sul sito www.diocesilaquila.it. (V.V.)
Xinjiang: uccisi due uighuri dalla polizia cinese
◊ Resta altissima la tensione nella provincia cinese dello Xinjiang, ad una settimana dall’inizio delle violenze interetniche fra gli uiguri di religione musulmana e i cinesi han. Stamani, la polizia ha ucciso a colpi d'arma da fuoco due uighuri in nuovi disordini scoppiati Urumqi, capoluogo della provincia del nordovest della Cina. Secondo la radio statale, le forze dell’ordine sono intervenute per disperdere un assembramento di duecento persone. Il bilancio delle vittime sale così a 186 morti ed oltre 1600 feriti.
Giappone
All’indomani della secca sconfitta alle elezioni amministrative di Tokyo del partito liberaldemocratico al governo, il premier giapponese, Taro Aso, si appresta sciogliere le Camere entro la prossima settimana e a indire nuove elezioni generali per il 30 agosto prossimo. Lo hanno riferito stamani fonti parlamentari vicine alla maggioranza. Intanto, le opposizioni, guidate dal Partito democratico, hanno trovato un'intesa per presentare entro questa sera una mozione di sfiducia contro l’esecutivo. L’eventuale vittoria dei Democratici metterebbe fine a mezzo secolo di potere quasi ininterrotto del partito liberaldemocratico.
Corea del Nord
Il leader nordcoreano, Kim jong-il, è malato di un cancro al pancreas e le sue aspettative di vita non superano i cinque anni. Lo ha riferito la tv sudcoreana Ytn, senza precisare la fonte della sua informazione. Alcuni giorni fa Kim jong-il, in una rara apparizione ripresa dalla tv di stato, era apparso ancora più magro e provato rispetto ad immagini risalenti all'aprile scorso.
Pakistan
È di nove morti, fra cui sette bambini, e 70 feriti il bilancio dell’esplosione che ha devastato una scuola coranica nel distretto pakistano del Punjab. La polizia ha riferito che oltre 25 case sono state danneggiate dalla potente deflagrazione. Al momento, non si registra nessuna rivendicazione. Il premier pakistano, Yusuf Raza Gilani, ha condannato l'attentato e avviato un’inchiesta.
Afghanistan
In un’intervista alla Cnn, il presidente americano, Barak Obama, ha annunciato l’apertura di un’inchiesta relativa alla strage di numerosi detenuti talebani, avvenuta in Afghanistan nel 2001. Intanto, nell’est del Paese asiatico un altro soldato della Nato è morto in seguito a un attacco dei ribelli. Le vittime militari sono aumentate notevolmente nelle ultime settimane in concomitanza con la vasta offensiva britannica e americana contro i talebani, iniziata tre settimane fa. E sugli sviluppi della missione in Afghanistan, che hanno portato alla morte di otto soldati britannici in pochi giorni, riferirà oggi alla Camera dei Comuni il ministro della Difesa del governo Brown, Bob Ainsworth.
Medio Oriente
Un incontro per iniziare un dialogo reale sul futuro del processo israelo-palestinese. Questo l’invito del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, al presidente palestinese, Abu Mazen, il quale ha però escluso la possibilità di un incontro se prima non ci sarà stato un chiaro impegno di Israele a congelare completamente tutti i progetti edilizi negli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Nell’ambito del processo di pacificazione regionale, oggi si terrà l’incontro tra il premier israeliano Netanyahu, il ministro della Difesa, Ehud ,Barak e un emissario statunitense che presenterà un progetto che potrebbe avvicinare le posizioni di Israele e Siria in merito alla disputa sulle alture del Golan.
Honduras
In Honduras, a due settimane dopo il colpo di Stato, non si intravede ancora alcuna soluzione per uscire dall’empasse istituzionale. Il governo ad interim di Roberto Micheletti continua a resistere alle pressioni internazionali, che chiedono il reinsediamento di Manuel Zelaya, il presidente deposto dai militari. Il servizio di Francesca Ambrogetti:
Per la prima volta, il presidente de facto ha accennato alla possibilità di un’amnistia a favore di Manuel Zelaya, deposto perché accusato dai golpisti di vari delitti. Il dialogo tra le due parti è sospeso e non è stata ancora fissata la data del prossimo incontro. Le nuove autorità hanno intanto revocato il coprifuoco. Il Fronte nazionale per la resistenza contro il golpe ha annunciato che due militanti sono state uccise sabato scorso e che i detenuti sono numerosi. L’appello del Papa a favore del dialogo e della ricerca del bene comune ha avuto grande ripercussione, mentre molti settori e la Chiesa honduregna si sono schierati per difendere il cardinale Oscar Andrès Rodriguez Maradiaga, accusato di avere appoggiato il golpe. Il vescovo ausiliario di Tegucigalpa, Darwin Rudy Andino Ramìrez, ha parlato di una "campagna sporca" contro il cardinale. “Abbiamo solo spiegato quello che è successo non abbiamo legittimato nessuno”, ha detto Maradiaga, in un’intervista ieri al quotidiano argentino Clarin, e ha ricordato che Zelaya era stato suo allievo quando era adolescente e pensava di entrare in un seminario.
Turchia: firmato accordo per gasdotto
Circa 3.300 chilometri di tubi porteranno il gas dall’Asia centrale all’Europa senza passare dalla Russia. È quanto prevede l’accordo per la realizzazione del gasdotto Nabucco, firmato oggi ad Ankara tra Turchia, Austria, Bulgaria, Ungheria e Romania. I primi ministri dei cinque Paesi hanno così consentito all’infrastruttura di attraversare i propri territori. Il Nabucco è stato progettato principalmente per diversificare i fornitori dell’Europa, in modo da attenuare la dipendenza dai rifornimenti russi.
Cecenia
Non si placa la violenza nella turbolenta area del Caucaso russo. Cinque presunti guerriglieri islamici sono stati uccisi stamani in Cecenia, in due distinti conflitti a fuoco con la polizia. Tra venerdì e domenica scorsi, in differenti scontri armati, sono stati uccisi altri 20 ribelli nel Caucaso del nord, tra Daghestan, Inguscezia e Cecenia. Nelle ultime settimane, si è registrata un’escalation degli attacchi alle forze di sicurezza nei quali hanno perso la vita diversi agenti.
Congo-Brazzaville
Astensione pari al 90% in Congo Brazzaville per le elezioni presidenziali di ieri. A renderlo noto 6 dei 13 candidati che avevano chiesto di boicottare il voto e di convocare nuove consultazioni. L’opposizione al presidente uscente, Denis Sassou Nguesso, in corsa per un nuovo mandato, ha parlato di un’astensione legata al rifiuto di “un regime corrotto”.
Viareggio
Continua a salire il bilancio dei morti nel disastro ferroviario di Viareggio. A due settimane di distanza si registra la 25.ma vittima della strage provocata dall'esplosione di un carro contenente gas dopo un deragliamento. Si tratta di un giovane di 32 anni, spentosi stamani presso all'ospedale di Pisa per le ustioni riportate. Anche la moglie dell'uomo era rimasta uccisa dall'esplosione. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 194
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