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Sommario del 12/07/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Risposte ai problemi mondiali senza “l’assolutismo della tecnica”: così il Papa, che all’Angelus lancia un appello per l’Honduras
  • L’incontro tra il Papa e Obama sulle prime pagine dei mass media: tra i tanti spunti di riflessione, la questione dell’aborto
  • Oggi in Primo Piano

  • Sono 7000 i ragazzi coinvolti nel progetto “Esmabama” che ha portato speranza di vita in Mozambico
  • Un annuncio di speranza: è l’impegno assunto dai 2000 universitari d’Europa ricevuti ieri dal Papa in occasione del loro Primo Incontro Europeo
  • Alla guida della Caritas diocesana di Roma, mons. Enrico Feroci, che ai nostri microfoni ricorda l’emergere di nuove povertà
  • Nella nostra rubrica domenicale “Sulle orme del Curato d’Ars”, la testimonianza di don Raffaele Altieri
  • Chiesa e Società

  • In Ungheria, la Chiesa ha festeggiato i 70 anni di sacerdozio di padre Placid Olofsson, per anni nei gulag
  • Spagna: una celebrazione a Vitoria per ricordare i 14 sacerdoti baschi uccisi nel 1937
  • “Adotta on-line un sacerdote”, campagna dei Salesiani in India per l’Anno Sacerdotale
  • Appello della Caritas Kenya: agire subito per contrastare i cambiamenti climatici
  • I vescovi dell’Aceac si preparano alle Giornate Regionali della Gioventù nella Repubblica Democratica del Congo
  • La Caritas della Svizzera impegnata per la ricostruzione de L’Aquila
  • Polonia: le Pontificie Opere Missionarie organizzano campi vacanza per le famiglie più povere
  • Con l’aumento dei flussi migratori cresce il numero di sacerdoti stranieri nelle diocesi britanniche, provenienti soprattutto dall’Asia
  • 24 Ore nel Mondo

  • La soddisfazione della Santa Sede per la liberazione di Eugenio Vagni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Risposte ai problemi mondiali senza “l’assolutismo della tecnica”: così il Papa, che all’Angelus lancia un appello per l’Honduras

    ◊   Le sfide mondiali al centro del G8 e l’impegno della Chiesa sul piano sociale e in difesa della vita: al centro delle parole del Papa all’Angelus in Piazza San Pietro, insieme con un appello per la situazione in Honduras. Benedetto XVI annunciando la sua prossima vacanza in montagna, a proposito di partenze ha rivolto a tutti un appello al rispetto del codice stradale e alla prudenza nella guida. Delle riflessioni del Papa sulla parola della Chiesa di fronte ai problemi attuali dell’umanità, ci riferisce nel servizio Fausta Speranza.

    “Ci sono nel mondo sperequazioni sociali ed ingiustizie strutturali non più tollerabili, che esigono, oltre a doverosi interventi immediati, una coordinata strategia per ricercare soluzioni globali durevoli.” Questo è il punto fermo delle riflessioni del Papa che alla vigilia del vertice G8 ha pubblicato la sua terza Enciclica, intitolata “Caritas in veritate” e dedicata alla questione sociale:

    “Nel nostro tempo è diventata “radicalmente questione antropologica”, nel senso cioè che essa implica il modo stesso di concepire l’essere umano sempre più posto nelle mani dell’uomo stesso dalle moderne biotecnologie”.
     
    “Occorre una nuova progettualità economica che ridisegni lo sviluppo in maniera globale, basandosi sul fondamento etico della responsabilità davanti a Dio e all’essere umano come creatura di Dio”. Sottolinea il Papa ricordando che la Chiesa non offre soluzioni tecniche:

    “La Chiesa non possiede soluzioni tecniche da presentare, ma, esperta in umanità, offre a tutti l’insegnamento della Sacra Scrittura sulla verità dell’uomo e annuncia il Vangelo dell’Amore e della giustizia.”
     
    Benedetto XVI mette in guardia da quello che definisce “assolutismo della tecnica”:

    “Le soluzioni ai problemi attuali dell’umanità non possono essere solo tecniche, ma devono tener conto di tutte le esigenze della persona, che è dotata di anima e corpo. Potrebbe infatti disegnare foschi scenari per il futuro dell’umanità “l’assolutismo della tecnica”, che trova la sua massima espressione in talune pratiche contrarie alla vita.”

    “Gli atti che non rispettano la vera dignità della persona, - dice il Papa - anche quando sembrano motivati da una “scelta di amore”, in realtà sono il frutto di una “concezione materiale e meccanicistica della vita umana”, che riduce l’amore senza verità a “un guscio vuoto da riempire arbitrariamente” e può così comportare effetti negativi per lo sviluppo umano integrale.” Il Papa aggiunge che “per quanto sia complessa l’attuale situazione nel mondo, la Chiesa guarda al futuro con speranza e ricorda ai cristiani che “l’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo”.

     
    Poi “la viva preoccupazione per gli avvenimenti in Honduras”:

    "I responsabili della Nazione e tutti i suoi abitanti percorrano pazientemente la via del dialogo, della comprensione reciproca e della riconciliazione. Ciò è possibile se, superando le tendenze particolariste, ognuno si sforza di cercare la verità e di perseguire con tenacia il bene comune: è questa la condizione per assicurare una convivenza pacifica e un'autentica vita democratica!”

    Infine l’annuncio dell’inizio della vacanza in Valle d’Aosta, a Les Combes, “località resa celebre dai soggiorni di Giovanni Paolo II, - dice Benedetto XVI - e anche da me molto amata”. Con un appello alla preghiera:

    “La preghiera non conosce distanze e separazioni: dovunque siamo, essa fa di noi un cuore solo e un’anima sola.”

    A proposito di partenze, il Papa coglie l’occasione per “ribadire ancora una volta il dovere per tutti della prudenza nella guida e del rispetto delle norme del codice stradale”. Nei saluti in varie lingue, in francese una riflessione sulla ricchezza della Domenica, tempo di riposo e ascolto ; in inglese un pensiero ai pellegrini provenienti da Sydney, Australia, dove un anno fa si celebrava la Giornata Mondiale della Gioventù ; in polacco l’auspicio che “il riposo durante le vacanze ci porti entusiasmo e zelo”; in italiano un saluto “in particolare ai Missionari della Divina Redenzione, i fedeli di Trucco e i giovanissimi dell’Azione Cattolica di Nòvoli, come pure il gruppo “Amici della bici” di Spoltore, presso Pescara, venuto in bicicletta facendo tappa in una tendopoli delle zone terremotate d’Abruzzo”.

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    L’incontro tra il Papa e Obama sulle prime pagine dei mass media: tra i tanti spunti di riflessione, la questione dell’aborto

    ◊   Un evento particolarmente atteso che non ha deluso le aspettative: il primo incontro tra Benedetto XVI e Barack Obama, venerdì pomeriggio in Vaticano, ha calamitato, come era prevedibile, l’attenzione dei mass media internazionali. Tanti i temi affrontati dal Papa e dal presidente statunitense con una particolare attenzione al tema della difesa della vita. C’è la questione delle cellule staminali, su cui l’ex amministrazione Bush aveva una posizione più vicina a quella della Chiesa mentre Obama parla di aperture che preoccupano. C’è poi la questione dell’aborto, da anni legale nel mondo anglosassone e non solo. La Chiesa da sempre è contro l’aborto e il presidente Obama si è impegnato a ridurre il numero delle interruzioni di gravidanza negli Stati Uniti. Una promessa su cui si sofferma John Allen, vaticanista della Cnn e del National Catholic Reporter, intervistato da Fabio Colagrande:

    R. – Non è stata la prima volta che ha detto queste cose. E’ una linea che Obama ha ormai ribadito tante volte, quella di voler ridurre il numero attuale di aborti. Ovviamente, è la prima volta che l’ha detto alla presenza del Papa e questo conferisce al suo impegno un po’ più di valore morale. Tuttavia, secondo me, questo impegno di ridurre il numero di aborti per i vescovi e per le associazioni “pro life” in America non basta, perché alla fine c’è una questione di principio: se la vita umana va protetta dalla legge nazionale o no. Secondo me, rimane questa divergenza tra la linea della Chiesa che è a favore di una protezione costituzionale della vita umana, e la linea della Casa Bianca che in questo ambito non è in favore di una tutela del genere.

     
    D. – Ecco, John Allen, che significato dà al dono inatteso del Papa, il documento sulla “Dignità della persona”?

     
    R. – Secondo me, ci sono due ragioni per cui questo dono importante va sottolineato. La prima: è il modo in cui il Papa ribadisce di essere “con” i vescovi americani che stanno cercando di portare avanti il messaggio della Chiesa sulla vita, cioè un messaggio simbolico ma che vuole significare che non esiste spaccatura tra il Vaticano o il Pontefice ed i vescovi americani su questo tema. Il secondo punto è che in un certo senso è un esempio di come affrontare le divergenze tra la Chiesa e la Casa Bianca: un modo molto rispettoso. Sembra che Obama sia aperto al pensiero, al ragionamento della Chiesa, cioè c’è una fiducia implicita in questo dono e mi sembra che questo sia fondamentale, perché il dibattito sull’aborto e sulla vita, in America, è un dibattito fortemente polarizzante.

     
    D. – E’ possibile nonostante queste divergenze costruire dei cammini comuni?

     
    R. – Ovviamente, l’aborto – anche se è fondamentale – non è l’unico punto. Ci sono altri argomenti sui quali il Papa e il presidente hanno trovato un consenso più o meno totale. Per esempio, il processo di pace in Medio Oriente, alcuni punti nel campo dell’economia, sulle relazioni internazionali … mi sembra che in questi campi ci sia una possibilità di collaborazione abbastanza grande.

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    Oggi in Primo Piano



    Sono 7000 i ragazzi coinvolti nel progetto “Esmabama” che ha portato speranza di vita in Mozambico

    ◊   Quattro missioni cattoliche con scuole, convitti, centri sanitari e luoghi di lavoro: un microcosmo di sviluppo che sorge in Mozambico, uno dei Paesi più poveri del mondo. Così si può definire il progetto “Esmabama” lanciato dall’arcidiocesi di Beira, circa 8 anni fa, al termine di una sanguinosa guerra civile. A dirigere il progetto è padre Ottorino Poletto, missionario comboniano, che recentemente in Italia ha presentato un video per raccogliere fondi e così completare la possibilità di autofinanziamento delle missioni stesse. Anche con un piccolo contributo si può fare molto. Il servizio di Debora Donnini.

    Jeremias, Remigio, Rosita studiano nelle scuole delle missioni, costruite in mezzo alla savana, Mozambico centrale. Sono circa settemila i ragazzi che provengono dai villaggi della zona, un terzo di loro sono orfani di guerra o di Aids. Nelle scuole di Esmabama si formano per diventare agricoltori, allevatori di animali, meccanici. Molti di loro potevano andare a ingrossare le fila degli alcolizzati e drogati delle periferie delle grandi città, e invece oggi lavorano nelle missioni stesse, vanno all’università: un progetto dunque che valorizza il territorio. Importante poi la possibilità anche per le ragazze di studiare. Fondamentale per il progetto Esmabama, la presenza di convitti dove più di duemila 400 ragazzi provenienti dai villaggi della zona ricevono vitto e alloggio e, dunque, possono formarsi. In alcuni casi alternano due settimane di studio ad altre due in cui tornano a casa ed applicano quanto imparato con il materiale necessario. Coinvolte anche le famiglie. Non manca poi il sabato, per chi vuole, il momento della catechesi per la preparazione al battesimo. E nei dispensari di Esmabama ci sono anche trattamenti antiretrovirali per chi ha contratto l’hiv, così come ci sono vaccinazioni e analisi. Un progetto, Esmabama, costruito sulle macerie di una guerra civile che aveva distrutto il tessuto sociale, economico e umano del Mozambico. Il direttore, il missionario comboniano padre Ottorino Poletto.

     
    “Abbiamo sentito questa grande responsabilità di evangelizzazione che significa anche promozione umana, quindi si tratta di un progetto integrale perché mette insieme educazione, sanità e sviluppo, oltre naturalmente alla pastorale, ed è un progetto integrato nel senso che è un progetto concordato sia con le autorità locali, tradizionali, e sia con il governo e naturalmente con la Chiesa locale”.
     
    I problemi però non mancano: dall’attuale crisi economica alla fine dell’importante contributo all’alimentazione dei convitti da parte del Programma alimentare mondiale, Pam. L’obiettivo di Esmabama è di arrivare nel 2012 all’auto sostentamento con altre case, aule, mancanti, computer e altri mezzi per sviluppare lavoro e creare un surplus di prodotti da vendere sui mercati. Per sostenere il progetto si può visitare il sito internet www.amicimozmabico.org.

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    Un annuncio di speranza: è l’impegno assunto dai 2000 universitari d’Europa ricevuti ieri dal Papa in occasione del loro Primo Incontro Europeo

    ◊   Un annuncio di speranza verso chi non crede possibile la nascita di una nuova civiltà dell’amore. Questo è ciò che rappresentano gli oltre 2000 studenti universitari d’Europa che sono stati ricevuti ieri dal Papa, dopo essersi riuniti a Roma per il loro primo Incontro a livello europeo. Tema del meeting: “Nuovi discepoli di Emmaus. Da cristiani in Università”. Marina Tomarro ha intervistato mons. Marek Jedraszewski, presidente della sezione Università del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa che, insieme all’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, ha promosso l’evento.

    R. – L’incontro del Vangelo con la cultura, specialmente con il mondo universitario, è importantissimo per il futuro della Chiesa, soprattutto in Europa, nella nostra cultura contemporanea europea, in cui così spesso, purtroppo, si vive come se Dio non esistesse. Ognuno deve trovare la propria personale risposta: “Come devo essere cristiano, vivere da cristiano, nel mio ambiente universitario?” Questo è importante. E la gente, quella giovane, universitaria, proveniente da tanti Paesi d’Europa, si può aiutare reciprocamente. E questo per me è un vantaggio enorme.

     
    D. – Lei ha parlato molto di speranza. Quanto è importante appunto trasmettere la speranza in questi giovani?

     
    R. – Loro devono trovare la speranza per loro stessi, cioè trovare la speranza che va al di là di questo mondo, trovare la speranza di cui il fondamento è Gesù Cristo. E quando una persona, soprattutto giovane, trova questo fondamento e questa speranza per se stesso, allora la sua vita cambia, cambiano i valori. Questo è il nostro sforzo, affinché questa gente giovane proveniente da tutta l’Europa possa trovare un nuovo umanesimo, di cui il fondamento è il “Logos”, Gesù Cristo. Avendo questo fondamento loro possono vivere da cristiani nei loro ambienti domestici, familiari, ma soprattutto là dove cresce e matura l’umanismo europeo. Bisogna che loro non lo trovino, ma creino un umanesimo nuovo, cioè quello che sorge da quella fonte che è Gesù Cristo.

     
    D. – Cosa spera che in questi ragazzi rimanga di questa ‘quattro giorni’ di incontri?

     
    R. – Io penso che non sono solo questi quattro giorni, perché una gran parte di loro ha avuto la possibilità di incontrarsi con la pastorale universitaria in alcuni centri d’Italia. Io ho sentito tante belle cose su queste esperienze e questi incontri con i giovani, con i professori. Il processo di una certa maturazione dura più di quattro giorni e perciò la speranza è per noi più grande e più viva.

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    Alla guida della Caritas diocesana di Roma, mons. Enrico Feroci, che ai nostri microfoni ricorda l’emergere di nuove povertà

    ◊   Ieri pomeriggio, il cardinale vicario, Agostino Vallini, ha presieduto nella basilica di San Giovanni in Laterano la liturgia per l’ordinazione episcopale di mons. Guerino Di Tora e di mons. Giuseppe Marciante, vescovi ausiliari eletti di Roma rispettivamente per il settore Nord ed Est. A mons. Di Tora è subentrato alla guida della Caritas diocesana di Roma, con nomina in vigore dal prossimo settembre, mons. Enrico Feroci, finora parroco nella chiesa capitolina di Sant’Ippolito martire. Antonella Palermo lo ha intervistato.

    R. – Innanzitutto, è stata una sorpresa, perché non me l’aspettavo. Poi, appena il cardinale mi ha consegnato la nomina, scherzando con le persone, dicevo: “Finalmente sono riuscito ad entrare nelle stanze del potere”. Allora tutti mi guardavano meravigliati. Ma il potere io lo intendo, lo intendevo, come quello di cui ci parla Gesù: il potere sono i poveri, che ci apriranno le porte del Regno. Quindi, stare vicino a loro significa essere accreditato presso il Signore, perchè ci faccia entrare nel suo Regno.

     
    D. – Un’eredità importante quella della Caritas di Roma, che è nata con don Luigi Di Liegro e poi è stata presa in mano da don Guerino Di Tora. Adesso passa a lei. Con quale stato d’animo si appresta...

     
    R. – Intanto, con il ringraziamento per quello che hanno fatto. Speriamo che il Signore mi dia la forza e la grazia. Chiedo sempre alle persone che mi stanno vicino di pregare per questo: di essere all’altezza, di portare avanti questo impegno, che non è poi un impegno mio, è un impegno della Chiesa di Roma.

     
    D. – Roma ha bisogno di energie fresche, per affrontare le emergenze sociali. Di poveri, lo sappiamo, ce ne sono molti, se pensiamo anche ai cosiddetti ‘nuovi poveri’ e ai migranti...

     
    R. – Certo. Mi dicevano l’altro ieri che sei, settemila persone questa sera dormiranno fuori, per la strada. Il che significa che la coscienza di una città e di una Chiesa deve crescere nel sapere questo. Ho tanti contatti con persone anziane e se ci mettiamo anche il problema degli immigrati è ovvio che di lavoro da parte della comunità cristiana ce n’è veramente tanto.

     
    D. – Da dove vorrebbe cominciare?

     
    R. – Dalla sensibilizzazione delle comunità parrocchiali, perché io non mi sento il sostituto d’imposta dei cristiani, ma mi sento solamente l’animatore, il motorino di avviamento delle comunità parrocchiali.

     
    D. – “Caritas in veritate”: come ha accolto questa enciclica?

     
    R. – Può immaginarlo. Questo significa che dobbiamo rimettere al centro, vicino alla verità, soprattutto l’amore. Poi, le tensioni di Paolo: “Guai a me se io non evangelizzo” oppure “L’amore di Cristo mi spinge”. Questo credo che sia il tema centrale.

     
    D. – Cosa si impara a stare in mezzo ai poveri?

     
    R. – E’ la strada per arrivare da nostro Signore. Io credo che dovrò stare a sentire, ad ascoltare tutti, perché le storie di ogni persona sono le storie di Dio. Allora, vedere come Dio scrive nella vita di ogni persona è capire e comprendere il pensiero di Dio.

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    Nella nostra rubrica domenicale “Sulle orme del Curato d’Ars”, la testimonianza di don Raffaele Altieri

    ◊   Siamo giunti all’appuntamento domenicale con la rubrica “Sulle orme del Curato d’Ars”, che nell’Anno Sacerdotale ci porta a scoprire da vicino l’esperienza e la sensibilità di tanti sacerdoti. Quella che ascoltiamo oggi è la testimonianza di don Raffaele Altieri, 80enne, sacerdote napoletano non vedente, che nel buio della sua cecità ha saputo cogliere la luce dell’Amore di Dio che tutto rischiara. A segnare la svolta nella sua vita sarà l’incontro con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Al microfono di Claudia Di Lorenzi ripercorriamo insieme a lui la sua storia:

    R. – Avevo 15 anni e andavamo a cantare nelle chiese, nelle piazze, ed io ero felice. Un giorno vado a fare le prove ed in chiesa non trovo nessuno. Mi metto tranquillo ad aspettare e sento una voce: “Perché non ti fai prete?” A 18 anni lascio tutto e vado in seminario. Nella bisaccia ho solo un paio di lenzuola, perché eravamo poveri. Però, la sorpresa grande è una borsa di studio. Mamma mi diceva “Significa che Gesù ti ha chiamato”.

     
    D. – Il suo ministero sacerdotale sarebbe, quindi, iniziato con una grande prova: un anno prima dell’ordinazione arriva la cecità. Ci racconta cosa successe?

     
    R. – E’ stato forse il mio primo scontro con Dio. Ho continuato a studiare, ma mi stancavo gli occhi e ho creduto di impazzire. Un crollo meraviglioso per me, adesso, ma straordinariamente grave, perchè il giorno in cui sono diventato prete io arrivo all’altare, guardo i messali, ma non vedo niente. Mentre gli altri cantavano, applaudivano, il mio cuore piangeva. Pensavo al mio futuro: “Cosa sarà?” E così è cominciato questo mio calvario.

     
    D. - Come ha accettato questa condizione?

     
    R. – Un amico sacerdote mi ha parlato di amici che sperimentavano che la vita è bella. Sono stato a casa loro e ho sperimentato soprattutto una pace profonda nel cuore e poi una luce. Un giorno mi hanno invitato ad un incontro per sacerdoti. Sento applausi, con un fil di voce così delizioso che, mentre mi accarezzava l’udito, mi sollevava l’anima. Io che non vedevo, avanzo da solo e scopro che mi sono seduto in prima fila proprio davanti a Chiara Lubich, la quale mi ha fatto capire una cosa straordinariamente grande per me: con la pace e la gioia nel cuore – dicevo - posso ricominciare.

     
    D. - Cosa significa per lei essere un sacerdote “non vedente”?

     
    R. – La mia pastorale è questo dare quello che ho dentro: l’amore, il sorriso. Mi ricordo una bambina di tre anni e mezzo, che viene con la mamma e mi dice: “Perché porti gli occhiali?” E io le dico: “perché non vedo”. “Allora sei cieco?” Ed abbassa la testina quasi a dire “mi dispiace”. Poi mi saluta. “Ma tu non vedi con gli occhi, vedi con il cuore!” “E come si fa a vedere con il cuore?” Lei con il ditino sul mio petto fa: “Quando nel cuore c’è l’amore”. Io ho scoperto proprio questo, che chi ama vede, ed è stata questa la mia luce. La cecità per me non è un limite, è un orizzonte, oltre il quale io riesco a vedere cose che non avrei mai visto con gli occhi.

     
    D. - Di cosa si occupa nella sua parrocchia?

     
    R. – Soprattutto di molte confessioni. Una vecchietta una volta mi ha detto: “Vengo da te, perché tu non vedi i peccati”. Un gioco di parole, però per me è una realtà, perché essere prete significa essere amico, fratello, accogliere. Io non dico: “Che peccati hai fatto?”. Ma: “Chi sei? Da dove vieni? Che fai?” Nasce un dialogo, un rapporto, per cui poi si parla. Una volta un ragazzo mi dice: “Peccato che tu non vedi”. Ed io gli dico: “Tu stai piangendo”. E lui: “Di gioia, però, questa volta”. Ho una fiducia “cieca” in questi giovani.

     
    D. – Ha trascorso buona parte del suo ministero nei quartieri poveri e degradati di Napoli. Cosa può fare lì un prete cieco?

     
    R. – Mi avevano insegnato in seminario che il prete deve andare, deve fare. Io ho scoperto che non è il fare, ma l’essere. Quando tu sei in Dio, tu hai una luce speciale che arriva dappertutto.

     
    D. - Il prossimo anno festeggia i 50 anni di sacerdozio. E’ felice di essere diventato prete?

     
    R. – Io sono felice e se nascessi 50 volte, mi farei 100 volte prete.

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    Chiesa e Società



    In Ungheria, la Chiesa ha festeggiato i 70 anni di sacerdozio di padre Placid Olofsson, per anni nei gulag

    ◊   In Ungheria l'inizio dell'Anno Sacerdotale è stato segnato dalla celebrazione dei settant'anni di sacerdozio di padre Placid Olofsson, il "benedettino sempre giovane", come viene additato, che ha trascorsi diversi anni nei gulag. Nato nel 1916, padre Olofsson è stato insignito nel 2006 del Premio Pro Ecclesia da parte della Conferenza episcopale ungherese, "per la sua umanità esemplare e fedele, testimoniata in ogni circostanza". Nei lunghi anni trascorsi nei gulag, cui fu condannato nel 1943 dal tribunale militare sovietico, il religioso introdusse quattro "regole di vita" per sé e i suoi compagni. "Conviene non rendere la sofferenza più drammatica del necessario, perché ciò rende l'uomo più debole", la prima regola. La seconda era: "La sofferenza arriva da sola, non bisogna cercarla. Nella vita bisogna cercare la gioia, la piccola gioia". Per abituarvi i compagni organizzò "le olimpiadi della gioia": alla fine di ogni giornata i detenuti del lager gareggiavano nel raccontarsi chi avesse trovato più gioia durante il giorno. "Dobbiamo smettere di lamentarci, di dire che siamo innocenti, ma piuttosto dimostrare che siamo migliori di quelli che ci hanno condannato" è la terza regola. Infine l'ultima: "l'uomo di fede sopporta la sofferenza molto più facilmente di quello che non ne ha". Oggi 93enne, padre Olofsson tiene ancora corsi prematrimoniali e catechesi per adulti, nonché esercizi spirituali a Budapest, nelle campagne e oltreconfine. (A.M.)

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    Spagna: una celebrazione a Vitoria per ricordare i 14 sacerdoti baschi uccisi nel 1937

    ◊   Non vere e proprie esequie ma "un atto di riparazione" per le morti dimenticate di 14 sacerdoti baschi. Si sono tenute ieri nella cattedrale della città basca di Vitoria, alla presenza del vescovo della diocesi mons. Miguel José Asurmendi Aramendia e dei vescovi di Bilbao e San Sebastian. Presenti anche le autorità civili e centinaia di religiosi. I nomi dei 14 sacerdoti, vittime insieme a molte altre persone della milizia franchista durante la guerra civile spagnola (dal 1936 al 1939), sono stati letti durante la cerimonia ed è stato deciso dai vescovi che la loro identità venga conservata negli archivi diocesani. All’epoca della loro uccisone, avvenuta nel 1937 dopo processi sommari, i religiosi non ebbero esequie e i loro nomi non furono scritti negli archivi delle loro parrocchie. “Queste vittime meritavano le nostre preghiere e la nostra memoria, era necessario fare giustizia”, è stato detto durante l’omelia. (V.V.)

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    “Adotta on-line un sacerdote”, campagna dei Salesiani in India per l’Anno Sacerdotale

    ◊   È un esempio di come i moderni mezzi di comunicazione possano essere messi fruttuosamente a servizio della fede, in particolare nell’Anno Sacerdotale: la campagna “Adotta on-line un sacerdote”, lanciata dai Salesiani del “Vishwadeep Centre” di Bangalore, in Inida, sta riscuotendo successo grazie ai contatti, alle adesioni e alle donazioni giunte via web dalle più svariate località nel mondo, in diversi continenti. Secondo una felice intuizione del Direttore del Centro, il Salesiano p. T.C. George, l’adozione on-line di un sacerdote locale, permette di coinvolgere persone desiderose di sostenere le vocazioni in Paesi dove la Chiesa rappresenta una piccola minoranza. Si tratta di un’iniziativa che ha trovato terreno fertile nell’annuncio dell’Anno Sacerdotale, proclamato da Papa Benedetto XVI. “È un’iniziativa che responsabilizza i laici a occuparsi, interessarsi, pregare per i sacerdoti”, dichiara p. George alll'agenzia Fides. Le nuove tecnologie hanno dato l’opportunità di estendere la campagna in tutto il mondo. I Salesiani sperano che questa idea sia accolta e duplicata in tante altre realtà ecclesiali, così da creare una rete universale di sostegno materiale e spirituale ai sacerdoti in tutto il pianeta. (V.V.)

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    Appello della Caritas Kenya: agire subito per contrastare i cambiamenti climatici

    ◊   Agire subito per contrastare i cambiamenti climatici che sono già in atto e che colpiscono soprattutto i poveri. È il forte appello lanciato dai coordinatori della Caritas Kenya al termine di una riunione nei giorni scorsi a Nairobi dedicata al riscaldamento globale e alla difesa del Creato. Nel comunicato finale i responsabili dell’organizzazione sottolineano come il mutamento del clima, conseguenza dei gas serra emessi in larghissima parte dai Paesi sviluppati, è un fatto ormai accertato e costituisca una reale minaccia allo sviluppo e alla pace. Tra gli effetti già in atto il documento segnala: la perdita dei mezzi di sostentamento provocata dall’alternarsi di fenomeni estremi come siccità e alluvioni e dallo sfasamento delle stagioni; l’accresciuta conflittualità e insicurezza dovuta alla minore disponibilità di risorse; l’ulteriore degrado dell’ambiente causato dal ricorso delle popolazioni impoverite a pratiche e risorse inquinanti; il diffondersi di nuovi parassiti e malattie che distruggono i raccolti; la riduzione delle risorse idriche. Dopo avere ricordato che i cambiamenti climatici sono una questione di giustizia e di sviluppo che perpetua la povertà, la Caritas Kenya propone una serie di misure: una maggiore sensibilizzazione della popolazione sul tema dei cambiamenti climatici, la creazione da parte del governo di una piattaforma tecnica in grado di decidere strategie di adattamento ai cambiamenti climatici; maggiori investimenti in colture agricole che richiedono meno acqua, interventi sistematici di rimboschimento e per proteggere le foreste esistenti e la promozione dell’uso di energia e tecnologie pulite tra le comunità locali. (L.Z.)

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    I vescovi dell’Aceac si preparano alle Giornate Regionali della Gioventù nella Repubblica Democratica del Congo

    ◊   Fervono i preparativi, a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, per le Giornate Regionali della Gioventù. Gli eventi avranno luogo dal 29 luglio al 3 agosto e vedranno la partecipazione di migliaia di ragazzi provenienti da Rwanda, da Burundi e dalla stessa Repubblica Democratica del Congo. I tre Paesi fanno parte dell’Aceac, l’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa Centrale. “Le Giornate – ha detto mons. Simon Ntamwana, presidente dell’Aceac – saranno un’occasione per invitare i giovani ad essere testimoni del Vangelo, della giustizia, della pace e della riconciliazione”. Ma gli eventi non si fermano qui: dal 30 novembre al 6 dicembre, infatti, sempre a Kinshasa, si terranno i festeggiamenti per il 25.mo anniversario dell’istituzione dell’Aceac e per i 50 anni dall’erezione della gerarchia ecclesiastica locale per le Chiese di Rwanda, Burundi e Repubblica Democratica del Congo. Per l’occasione, presso l’Università Cattolica di Kinshasa, si terrà un incontro sul tema dell’autonomia delle Chiese nella regione. (I.P)

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    La Caritas della Svizzera impegnata per la ricostruzione de L’Aquila

    ◊   La Caritas svizzera si impegna in prima linea per la ricostruzione de L’Aquila, la città abruzzese distrutta dal terremoto del 6 aprile scorso. L’organizzazione umanitaria ha donato, infatti, circa 2,5 milioni di franchi per la ricostruzione di un centro comunitario e di una scuola. Il primo edificio sarà collocato a Poggio di Roio e si svilupperà su due piani: il primo, suddiviso in alloggi, sarà destinato alle persone anziane e sole che hanno difficoltà ad adattarsi negli alloggi temporanei dei terremotati. Successivamente, il centro verrà destinato agli emarginati dalla società oppure agli studenti. In un secondo momento, la Caritas Svizzera costruirà un edificio scolastico, di cui non si conosce ancora la collocazione esatta. La struttura comprenderà una scuola materna, un asilo ed una scuola primaria. “La situazione nella regione de L’Aquila è preoccupante – afferma in una nota Erich Ruppen, responsabile di Caritas Svizzera per la ricostruzione in Italia – e le necessità, negli alloggi provvisori dei terremotati, sono enormi. In vista dell’inverno, rimane poco tempo per trovare un alloggio definitivo ai senza-tetto che vivono ancora nelle tendopoli”. Intanto, il governo italiano ha stabilito che, durante il mese di novembre, verranno messe a disposizione dei terremotati circa 13mila abitazioni prefabbricate. (I. P.)

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    Polonia: le Pontificie Opere Missionarie organizzano campi vacanza per le famiglie più povere

    ◊   “Le vacanze con Dio” sono un’iniziativa organizzata dalle Pontificie Opere Missionarie, dalla Caritas e dall'Azione Cattolica per circa 1800 bambini delle famiglie povere di tutta l’Arcidiocesi di Czestochowa, in Polonia. I bambini e giovani di famiglie che versano in una difficile situazione economica o sono nella fascia più povera della popolazione, potranno godere di un periodo di vacanza e di riposo durante il periodo estivo di luglio e agosto. “La nostra iniziativa ha non soltanto un valore caritatevole ma anche formativo, sociale e cristiano. Le vacanze organizzate da noi sono infatti anche un’occasione per la formazione cristiana”, spiega a Fides mons. Stanislaw Ilczyk, direttore della Caritas dell’Arcidiocesi di Czestochowa. “Le vacanze organizzate per i bambini meno fortunati hanno anche un valore missionario. Specialmente in questo Anno Sacerdotale vogliamo essere vicini come sacerdoti ai bambini e ai giovani che sperimentano ogni giorno la povertà e vogliamo offrire loro qualche momento di gioia e un sorriso”, aggiunge don Jacek Gancarek, direttore delle Pontificie Opere Missionarie dell’Arcidiocesi. (V.V.)

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    Con l’aumento dei flussi migratori cresce il numero di sacerdoti stranieri nelle diocesi britanniche, provenienti soprattutto dall’Asia

    ◊   Il massiccio arrivo di immigrati stranieri registrato in particolare in questi ultimi due decenni nel Regno Unito sta cambiando anche il volto della Chiesa locale. Assieme all’accresciuto numero di fedeli provenienti da Paesi cattolici come il Brasile, le Filippine e la Polonia, diverse diocesi stanno vedendo aumentare anche il numero di sacerdoti originari di queste nazioni. Nell’arcidiocesi di Southwark, uno dei quartieri più multietnici e multiculturali di Londra, attualmente se ne contano 17 contro i quattro di appena 10 anni fa. Molti sono di origine asiatica, in particolare dalle Filippine, dalla Corea del Sud e dal Myanmar. Questo non significa che la Chiesa inglese stia importando sacerdoti, precisa all’agenzia asiatica Ucan un responsabile dell’ufficio per le vocazioni della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles. La maggior parte di questi sacerdoti, infatti, viene per un periodo di studio, o nell’ambito di programmi di scambio tra diocesi britanniche e di altri Paesi e durante il proprio soggiorno offre generosamente la propria disponibilità alle diocesi, spiega la fonte della Conferenza episcopale. Un contributo tanto più necessario in quartieri come quello di Southwark che ospita grandi comunità immigrate dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina, come conferma all’Ucan padre Roy Tabizo, sacerdote filippino di 38 anni arrivato nel Regno Unito nel 2003 . Tra le principali difficoltà incontrate dai sacerdoti stranieri vi è naturalmente l’adattamento a una cultura diversa, ha detto padre Tabizo raccontando la sua esperienza personale. Se la maggior parte dei sacerdoti dall’estero tornano prima o poi nei loro Paesi di origine, in alcune parti del Regno Unito sono in aumento gli immigrati di seconda generazione che intraprendono il sacerdozio. È il caso, ad esempio, della diocesi di Birmigham dove c’è una forte comunità vietnamita dalla quale provengono diversi nuovi sacerdoti e seminaristi. (L.Z.)

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    24 Ore nel Mondo



    La soddisfazione della Santa Sede per la liberazione di Eugenio Vagni

    ◊   Con “particolare soddisfazione e sollievo” è stata appresa in Vaticano la notizia della liberazione di Eugenio Vagni, il collaboratore della Croce Rossa internazionale rapito a gennaio da ribelli musulmani nelle Filippine. Lo ha detto ai giornalisti il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che ha anche ricordato i due appelli lanciati dal Papa, il 30 marzo e il 24 giugno scorsi.

    Somalia
    Violento contrattacco dell’esercito somalo nell’area nord di Mogadiscio. Almeno 40 le vittime fra gli insorti, contrastati anche grazie all’intervento dei soldati e dei carri armati della missione di pace panafricana (AMISOM) che per la prima volta ha preso parte attiva ad un’azione di attacco. Si tratta inoltre della prima avanzata delle forze regolari che controllano solo pochi quartieri della capitale. I combattimenti con i ribelli, ritenuti legati ad al Qaeda, proseguono senza sosta dallo scorso mese di maggio. Pesante il bilancio. Si parla di 350 morti, almeno 1.400 feriti e più di 200.000 profughi.

    Obama-Ghana
    In Afghanistan i combattimenti si faranno più aspri in vista elle elezioni di agosto, ma l’impegno nel Paese è essenziale per la sicurezza regionale e internazionale. E’ quanto affermato dal presidente USA Barack Obama prima di lasciare il Ghana. Nel suo storico discorso al parlamento di Accra, il capo della Casa Bianca ha detto che il futuro dell’Africa appartiene agli africani e ha quindi esortato tutto il continente a seguire la strada del buon governo e a combattere corruzione e tirannia. Obama ha poi citato i casi del Darfur e della Somalia invocando l’intervento della comunità internazionale.

    G8
    La tappa di Obama nel Paese Subsahariano è avvenuta all’indomani della conclusione del G8 de L’Aquila che ha destinato 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni proprio per l’Africa. Diverse voci dal mondo della cooperazione internazionale hanno sottolineato la necessità di accompagnare gli aiuti finanziari con politiche di medio-lungo periodo. A Vichi de Marchi, portavoce per l’Italia del PAM-Programma Alimentare Mondiale, Silvia Koch ha chiesto una valutazione sulle misure adottate dal vertice per far fronte alla crisi alimentare:

    R. – Io credo che quella de L’Aquila sia stata una decisione molto importante: destinare 20 miliardi di dollari al sostegno dell’agricoltura nei Paesi in via di sviluppo e porre al centro del dibattito il tema dell’Africa e delle sue prospettive. Ci sono 100 milioni e più di persone che rischiano di entrare nel novero dei nuovi affamati proprio per la crisi finanziaria e quella recentissima dei prezzi dei prodotti agricoli. Anch’essi hanno bisogno di sostegni immediati. Quindi, io penso che oltre a queste misure, il mondo debba porre attenzione complessivamente.

     
    D. – Quali sono le strategie indicate dalle agenzie dello sviluppo legate alle Nazioni Unite per uscire dalla crisi alimentare?

     
    R. – Noi come Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite da tempo insistiamo sulla necessità di un approccio doppio: l’attenzione alle prospettive, allo sviluppo, agli investimenti in agricoltura, nelle infrastrutture, nella tecnologia, quindi nella prospettiva del medio e lungo periodo, e un secondo approccio, che è parallelo a quello di dare un sostegno immediato a chi soffre la fame e quindi garantire anche ai ragazzi, ai bambini, la possibilità di poter studiare, nonostante le difficili condizioni di vita.

     
    D. – Una delle decisioni prese dal G8 è stata quella di concludere entro il 2010 i negoziati di Doha Round. Questi accordi di liberalizzazione saranno di sostegno ai mercati locali dei Paesi in via di sviluppo?

     
    R. Sì, io credo non basti la semplice liberalizzazione dei commerci, se non si aiutano i contadini, le piccole economie locali, che sono prevalentemente agricole, a poter raggiungere i mercati. Perché questo è un problema. Spesso il contadino produce, ma poi non sa dove vendere, come vendere; mancano le strade, mancano le possibilità dei trasporti, mancano le informazioni di un sistema commerciale. Quindi, senza tutto questo, credo che anche la liberalizzazione abbia meno effetti. Di nuovo, quindi, si ritorna alla necessità di investimenti per aiutare i contadini a produrre, ma anche ad avere accesso al mercato, per facilitare l’incontro tra chi lavora nell’agricoltura e i mercati.

     
    D. – Come valuta le misure prese dal G8 per far fronte al cambiamento climatico?

     
    R. – Anche qui credo ci sia un’inversione di tendenza importante, nell’affrontare di petto la questione climatica, anche per gli effetti che ha di nuovo sulle condizioni di vita: sono quadruplicate le emergenze dove noi interveniamo per cause climatiche.

     
    Honduras
    Nuove manifestazioni di protesta in Honduras da parte dei sostenitori del deposto presidente Manuel Zelaya. Sono state indette per oggi e i prossimi giorni a Tegucigalpa dove ieri è stato ricordato il giovane di 19 anni ucciso dalla polizia durante i disordini della settimana scorsa. Zelaya, intanto, si trova a Washington per colloqui.

    Cina- Xinjiang
    Ancora tensione nella provincia cinese dello Xinjiang. Vietata qualsiasi tipo di manifestazione, in occasione del giorno di lutto per la comunità Han, dopo le stragi di domenica scorsa. In strada ci sono migliaia di poliziotti in assetto antisommossa. Gli uiguri - la minoranza musulmana e turcofona - hanno ricevuto l’ordine di restare nelle proprie case. Pechino ha fornito un nuovo bilancio delle violenze: 184 le vittime e non 156 come detto in precedenza. Gli esuli degli uiguri hanno tuttavia denunciato un migliaio di morti. Chiesto inoltre l’invio di osservatori europei nella regione.

    Cina-inondazioni
    Sette turisti sono morti e altri dieci sono dispersi nella regione cinese del Sichuan, dove sono in corso violenti nubifragi e inondazioni che hanno già distrutto migliaia di abitazioni e lasciato senza tetto almeno 100.000 persone. I turisti, di cui non è stata ancora precisata la nazionalità, sono stati sorpresi da un’improvvisa ondata di piena mentre facevano rafting.

    Elezioni-Congo Brazaville
    Elezioni presidenziali oggi nel Congo Brazaville. Il favorito è il presidente uscente, Denis Sassou Nguesso. Tuttavia almeno 6 dei 13 candidati in lizza hanno annunciato che non andranno alle urne e hanno invitato a disertare i seggi denunciando irregolarità di varia natura. Anche l’Osservatorio congolese per i diritti umani (OCDH) e la commissione inviata dall'Unione Europea temono che il numero degli aventi diritto al voto sia stato gonfiato.

    Medio Oriente
    Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha chiesto pubblicamente un incontro al più presto con il presidente dell’ANP, Abu Mazen, con l’obiettivo di far ripartire i negoziati di pace. Il consigliere del leader palestinese ha fatto sapere che valuterà con attenzione l’offerta odierna. L’ANP ha sempre chiesto la fine degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e impegni maggiori sulla formula dei ‘due Stati per i due popoli’.

    Gaza
    A Gaza le Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas, hanno salutato il prossimo ritiro delle forze statunitensi dalle città dell’Iraq come il “trionfo della resistenza”. In un comunicato i miliziani sostengono che i progetti neocolonialisti degli Stati Uniti sono destinati a fallire in tutta la regione mediorientale.

    Iraq
    Ancora sangue in Iraq. Almeno 8 vittime e decine di feriti per una serie di attentati che si sono verificati nelle ultime ore. L’episodio più grave nel quartiere sciita di Mosul, dove l’esplosione di un’autobomba ha provocato la morte di 4 civili. A Kirkuk invece, in un quartiere a maggioranza cristiana, un funzionario locale è stato brutalmente sotto gli occhi della figlia.

    Mali
    Liberato in Mali un cittadino svizzero, Werner Greiner, tenuto in ostaggio per sei mesi dal gruppo terrorista "al Qaeda nel Magreb". Lo riferisce il sito della Bbc. L’uomo era stato rapito in Niger assieme ad altri cinque occidentali. Il gruppo ha annunciato l’uccisione di uno di loro. Gli alti 4 invece sono stati liberati in primavera.

    Lituania
    L’ex commissaria europea al Bilancio Dalia Grybauskaite ha prestato giuramento stamani davanti al parlamento di Vilnius, insediandosi come prima presidente donna della Lituania. Eletta lo scorso 17 maggio con quasi il 70% dei voti come candidata indipendente, la Grybauskaite è il quarto capo di Stato da quando la Lituania divenne indipendente dall'Unione sovietica nel 1991 assieme alle altre due repubbliche baltiche di Lettonia ed Estonia.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 193
     

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