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Sommario del 11/07/2009
Il Papa ai partecipanti al primo Incontro europeo degli studenti universitari: insostituibile il servizio della fede alla conoscenza
◊ Vocazione alla conoscenza e incontro con Cristo al centro delle parole che il Papa ha pronunciato nell’incontro, stamani, con i giovani di 31 nazioni che hanno partecipato in questi giorni al primo Incontro europeo degli studenti universitari. “Nuovi discepoli di Emmaus. Da cristiani in università” è stato il tema dell’incontro promosso dalla Commissione Catechesi-Scuola-Università del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee). Il servizio di Fausta Speranza:
“Siate sempre consapevoli delle vostre potenzialità e, al tempo stesso, delle vostre responsabilità”. Così il Papa incoraggia i giovani a proseguire il cammino di elaborazione culturale che “San Benedetto intuì come necessario per la maturazione umana e cristiana dei popoli dell’Europa”. L’obiettivo - indica il Papa - è diventare “fermento e lievito di una società vivificata dall’amore evangelico”. E Benedetto XVI sottolinea chiaramente che c’è una sola via da percorrere: “Questo può avvenire - dice - se voi, come i discepoli di Emmaus, incontrate il Signore risorto nella concreta esperienza ecclesiale, ed in particolare nella celebrazione eucaristica”. “Lavorare per lo sviluppo della conoscenza è la vocazione specifica dell’Università”, ricorda Benedetto XVI per poi sottolineare che tutto ciò richiede “qualità morali e spirituali sempre più elevate, di fronte alla vastità e alla complessità del sapere che l’umanità ha a sua disposizione”. C’è bisogno - dice - di intellettuali capaci di parlare di Dio:
“Come è facile comprendere, anche l’azione pastorale universitaria deve allora esprimersi in tutta la sua valenza teologica e spirituale, aiutando i giovani a far sì che la comunione con Cristo li conduca a percepire il mistero più profondo dell’uomo e della storia”.
“Nell’Università la presenza cristiana si fa sempre più esigente e nello stesso tempo affascinante” - sottolinea il Papa - perché la fede è chiamata, come nei secoli passati, ad offrire il suo insostituibile servizio alla conoscenza, che, nella società contemporanea, è il vero motore dello sviluppo”.
“Dalla conoscenza, arricchita con l’apporto della fede dipende la capacità di un popolo di saper guardare al futuro con speranza, superando le tentazioni di una visione puramente materialistica dell’esistenza e della storia”.
In udienza dal Papa il premier canadese, Harper. I temi del G8 alla luce della "Caritas in veritate" al centro dei colloqui
◊ I principali argomenti dell'attualità internazionale, in particolare i risultati del recente G8, sono stati affrontati nell’udienza in Vaticano concessa questa mattina da Benedetto XVI al primo ministro del Canada, Stephen Harper, poi intrattenutosi a colloquio con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.
“Nei cordiali colloqui - informa un comunicato ufficiale - sono state trattate alcune questioni di politica internazionale discusse al G8 ed i risultati del vertice, anche alla luce della nuova Enciclica Caritas in veritate, in particolare la crisi economico-finanziaria e le sue implicazioni etiche, l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo, soprattutto all’Africa, i cambiamenti climatici, il disarmo e la non proliferazione nucleare”. Attenzione, si legge ancora, è stata dedicata anche “al Medio Oriente ed alle prospettive di pace in quella regione ed è stato affrontato il tema della libertà religiosa in alcuni Paesi”. In riferimento al Canada, conclude il comunicato, “ci si è soffermati sui valori etici, sulla difesa e la promozione della vita, sul matrimonio e la famiglia”.
Rinuncia e nomine
◊ In Canada, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Charlottetown presentata da mons. Joseph Vernon Fougère, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha nominato a succedergli mons. Richard John Grecco, finora vescovo titolare di Uccula e ausiliare dell’arcidiocesi di Toronto.
In Liberia, il Papa ha nominato arcivescovo coadiutore dell’arcidiocesi di Monrovia mons. Lewis Zeigler, finora vescovo di Gbarnga.
Pace, sviluppo e difesa della vita al centro del primo incontro tra Benedetto XVI e Obama, in Vaticano. Il commento di padre Lombardi
◊ La difesa della vita, la pace in Medio Oriente, la crisi economica e il dialogo interreligioso: sono alcuni dei temi affrontati nel primo atteso incontro tra Benedetto XVI e il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ricevuto ieri pomeriggio in Vaticano assieme alla First Lady, Michelle, alle figlie e al seguito. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“It’s a great honour for me”, “E’ un grande onore per me”: sono state queste le prime parole del presidente Barack Obama al momento della stretta di mano con Benedetto XVI. Quindi, rispondendo ad una domanda del Papa, il presidente americano ha affermato che il G8 dell’Aquila è stato “molto produttivo”. Il Papa e il presidente americano si sono poi intrattenuti, per circa 40 minuti, a colloquio a porte chiuse nello studio privato del Santo Padre. Colloqui cordiali, sottolinea una nota della Sala Stampa vaticana, nei quali “ci si è soffermati innanzitutto su questioni che sono nell’interesse di tutti e costituiscono la grande sfida per il futuro di ogni Nazione e per il vero progresso dei popoli, quali la difesa e la promozione della vita ed il diritto all’obiezione di coscienza”. Durante l’udienza, si legge ancora nella nota, “si è anche accennato all’immigrazione, con particolare attenzione all’aspetto del ricongiungimento familiare”. “Al centro dell’incontro - prosegue il comunicato - sono stati pure temi di politica internazionale, alla luce anche dei risultati del Vertice dei G8” e “ci si è soffermati sulle prospettive di pace in Medio Oriente, su cui si registrano convergenze, e su altre situazioni regionali”. Sono stati poi affrontati alcuni “argomenti di maggiore attualità come il dialogo tra culture e religioni, la crisi economico-finanziaria a livello globale e le sue implicazioni etiche, la sicurezza alimentare, l’aiuto allo sviluppo soprattutto all’Africa e all’America Latina, ed il problema del narcotraffico”. Infine, conclude la nota, “si è sottolineata l’importanza dell’educazione alla tolleranza in ogni Paese”.
Per il protocollo quella di ieri è stata una visita privata, ma quando si tratta del presidente degli Stati Uniti non può essere un’udienza come le altre. Il corteo presidenziale è giunto in Vaticano poco dopo le 16, accompagnato in Via della Conciliazione dagli applausi di turisti e romani che si erano assiepati ai bordi della strada. Il 44.mo presidente statunitense è stato accolto in Vaticano dal prefetto della Casa Pontificia, mons. James Harvey. Quindi, si è intrattenuto a colloquio con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, per circa un quarto d’ora. Momento conclusivo dell’udienza con il Papa, la tradizionale cerimonia dello scambio dei regali. Il presidente Obama ha donato a Benedetto XVI una stola, che dal 1988 al 2007 è stata sulle spoglie di John Neumann, primo vescovo statunitense diventato Santo. Obama ha inoltre consegnato al Pontefice una lettera del senatore Ted Kennedy, gravemente malato. Da parte sua, Benedetto XVI ha regalato ad Obama una copia autografata dell’Enciclica Caritas in veritate, l’Istruzione sulla bioetica Dignitas Personae e un mosaico raffigurante Piazza San Pietro. Prima del congedo, il Papa ha assicurato al presidente che pregherà per lui e gli ha augurato buon lavoro. Dal canto suo, il presidente si è detto sicuro che quelli tra la Santa Sede e la sua amministrazione saranno “rapporti molti forti”.
Sul clima e i contenuti di questo atteso incontro tra Benedetto XVI e il presidente americano, Barack Obama, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:
R. - Si è respirato un clima di cordialità, la soddisfazione dei due interlocutori per essersi potuti conoscere di persona, quindi essersi potuti incontrare, con una possibilità di dialogo, di espressione e di ascolto reciproco. Questo è sempre un passo avanti nelle relazioni fra le persone e, in questo caso, tra persone che hanno una grande autorità ed una grande importanza nel cammino dell’umanità.
D. - I doni, in queste occasioni, dicono tanto; il Papa ha regalato ad Obama l’Enciclica Caritas in veritate e il documento Dignitas personae…
R. - Certamente. L’Enciclica invita a ripensare il progetto culturale di vero sviluppo dell’umanità e quindi il Papa ha dato il suo contributo. Allo stesso tempo, come sappiamo, nell’America di oggi vi è un grande dibattito sui valori fondamentali della tutela della vita ed in questo la prospettiva della Chiesa e la politica del presidente Obama mostrano delle differenze anche piuttosto significative. Il fatto che il Papa abbia offerto il documento Dignitas personae - che è una delle espressioni recenti più complete ed approfondite della prospettiva cattolica sull’etica della vita - è molto significativo. Il Papa ha fatto delle proposte al presidente Obama, in modo molto chiaro e leale, ottenendone un’accoglienza rispettosa, anche se poi bisognerà vedere e valutare come queste esigenze vengano o meno rispettate.
D. - Il presidente un impegno l’ha preso in difesa della vita…
R. - Sì, ha ribadito quello che aveva già detto: che ha tutta l’intenzione, con l’impegno del governo, di ridurre il più possibile il numero degli aborti. Questo è un impegno apprezzabile. Non è tutto dal punto di vista della morale della Chiesa, però certamente - data la realtà della gravità dell’aborto - è indubbiamente un impegno positivo che egli ha anche voluto riaffermare davanti al Santo Padre, il quale gli faceva presente le preoccupazioni della Chiesa per la vita umana.
D. - Che bilancio si può fare di un evento così importante?
R. - Un bilancio certamente positivo. E’ quello che potevamo attenderci e sperare, cioè mostrare la possibilità, la capacità d’iniziare un dialogo responsabile nei confronti dei grandi problemi dell’umanità di oggi e di domani, e il presidente Obama ha dimostrato di poter offrire una creatività ed una personalità capaci di suscitare speranze e di attirare consenso per la ricerca di nuove soluzioni, rispetto ai grandi problemi che abbiamo dinanzi.
La Congregazione per la Dottrina della Fede sul caso della bambina brasiliana: ogni aborto viola il sacro diritto alla vita di ogni essere umano
◊ Privare un essere umano del diritto “inalienabile” alla vita o all’integrità fisica è contrario alla legge naturale. L’aborto, in quanto “soppressione deliberata di un essere umano innocente”, è e resta per la Chiesa un “atto gravemente contrario alla legge morale”. Sono le affermazioni contenute in una “Chiarificazione” della Congregazione per la Dottrina della fede, che è intervenuta sul caso della bambina brasiliana sottoposta ad aborto di due gemelli e soprattutto in reazione alle polemiche sorte dopo la pubblicazione sull’Osservatore Romano del 15 marzo scorso di un articolo dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente per la Pontificia Accademia per la Vita, che ribadiva i principi della Chiesa in materia, insieme con la solidarietà verso la giovane. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Manipolazione e strumentalizzazione”. E’ recisa la nota del dicastero vaticano nello stigmatizzare la “confusione” generatasi sulla “triste vicenda” di Carmen, la piccola brasiliana rimasta incinta a nove anni di due gemelli in seguito alle ripetute violenze subite dal patrigno e sottoposta ad aborto. Ad essere strumentalizzato, spiega la nota pubblicata sull'Osservatore Romano di oggi, è stato l’articolo di mons. Fisichella nel quale quattro mesi fa veniva ribadita la dottrina della Chiesa in tema di aborto assieme alla partecipazione per il dramma patito dalla bambina: partecipazione - sottolinea la nota - testimoniata anche dalla “delicatezza pastorale” con la quale la bambina è stata “accompagnata” dall’arcivescovo di Olinda e Recife, José Cardoso Sobrinho.
“La Congregazione per la Dottrina della Fede - si legge nella Chiarificazione - ribadisce che la dottrina della Chiesa sull’aborto provocato non è cambiata né può cambiare”, come d'altro canto asserisce il Catechismo della Chiesa Cattolica, secondo il quale “la vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento”. Del resto, si rileva, “fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale”. La nota - che cita numerosi punti del magistero ecclesiale e pontificio, dal Vaticano II all’Evangeliem Vitae - ricorda che per la Chiesa anche la “la cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave” e chi lo procura, “se consegue l’effetto, incorre nella scomunica latae sententiae”. Con questo, assicura la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Chiesa non intende “restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all’innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società”.
La Chiarificazione affronta poi la questione dell’aborto “procurato in situazioni difficili e complesse”, citando l’insegnamento di Giovanni Paolo II. “E’ vero - si afferma nell’Evangelium Vitae - che molte volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere drammatico e doloroso, in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della famiglia (...) Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente”. Né lo può il cosiddetto “aborto terapeutico”, che provocando la morte diretta del feto si configura - ripete la nota del dicastero pontificio - come un atto “illecito”. Diverso la possibilità di un “un intervento in sé non abortivo, a salvaguardia della salute materna, che può avere, come conseguenza collaterale, la morte del figlio”: in questo caso - si afferma sulla base di un insegnamento di Pio XII - “non potrebbe più dirsi un diretto attentato alla vita innocente”.
Sul ruolo dei medici in questi casi, il documento mette nuovamente in luce l’“intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già riconosceva l'antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità”.
L'Enciclica del Papa e la logica del dono come via per risolvere gli squilibri della terra: una riflessione di padre Lombardi
◊ Ha avuto una risonanza mondiale la recente pubblicazione dell'Enciclica sociale di Benedetto XVI Caritas in veritate, le cui affermazioni sono state ulteriormente amplificate dalle questioni affrontate durante il G8 dell'Aquila, terminato ieri. Fermo restando l'importanza e la novità degli insegnamenti magisteriali contenuti nell'Enciclica, rispetto a precedenti e analoghi documenti, la sua comprensione sarebbe incompleta e fuorviante se l'attenzione andasse solo agli aspetti più "pratici" affrontati dalla Caritas in veritate e non si tenesse conto del respiro di fede che la attraversa e la illumina. Lo spiega in questa riflessione il direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi:
Ritrovare il coraggio per progettare il futuro dell'umanità, non con le illusioni delle ideologie tramontate, ma con la libertà di raccogliere in un'ampia sintesi dinamica tutti gli elementi offerti dall'esperienza negativa e positiva dei popoli, dalle riflessioni delle diverse discipline, dalla fatica della ragione. Questa è una parte del messaggio della nuova Enciclica, ma tutto ciò resterebbe velleitario e sterile senza il soffio vivo che le offre l'ispirazione delle fede.
"La carità nella verità pone l'uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono - dice il Papa - La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme… L'essere umano è fatto per il dono, che ne esprime e attua la dimensione di trascendenza"(n.34). E' un'affermazione centrale. La logica del dono e della gratuità è la chiave di quella "fraternità" in cui il Papa vede profilarsi le vere soluzioni dei drammatici problemi della famiglia umana al tempo della globalizzazione: il persistere degli squilibri e della fame, ma anche il degrado culturale e spirituale che attenta alla dignità della persona umana vittima di dinamiche economiche esclusivamente utilitaristiche o di una ideologia del potere illimitato della tecnica.
La crisi per cui giustamente oggi si affannano con noi i potenti della terra, e di cui i poveri portano gli effetti più duri, deve essere occasione per guardare più profondamente chi siamo e dobbiamo essere - fratelli chiamati ad amare e donare - e dove dobbiamo andare, al di là dell'orizzonte chiuso e cieco della materia. Se no, la globalizzazione non diventerà una opportunità di vita, ma una spirale e un intreccio di schiavitù sempre più drammatiche.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Un incontro molto cordiale e franco; difesa e promozione della vita, sfida per il futuro di ogni Nazione: l’udienza di Benedetto XVI al presidente statunitense.
Anche Machiavelli sarebbe d’accordo con il Papa: in prima pagina. Ettore Gotti Tedeschi sulla “Caritas in veritate”.
Sulle conclusioni del vertice del G8, nell’informazione internazionale, Luca M. Possati e Stefania Schipani.
Il confine oltrepassato non ha scalfito il mistero: in cultura, l’intervento dell’arcivescovo Rino Fisichella al festival di letteratura, musica e scienza “La Milanesiana” dedicato, quest’anno, al tema dell’“Invisibile”.
Un articolo di Emilio Ranzato dal titolo “Nel 1939 il cinema sognava a occhi aperti”: in “Via col vento” e “Il mago di Oz” lo specchio della società americana.
Un viaggio in cerca della parola che racchiude tutto: Claudio Toscani recensisce il volume di Giuseppe Savoca “Leopardi. Profilo e studi”.
Serve un nuovo inizio per la musica sacra: Marcello Filotei intervista l’arcivescovo Gianfranco Ravasi che – a Spoleto per il Festival dei due mondi – ha sintetizzato il testo biblico dell’Apocalisse per l’oratorio del compositore Marcello Panni.
Un articolo sulla mostra “Il tempo del sacro”, al museo d’arte e cultura sacra di Romano di Lombardia, in provincia di Bergamo.
Obama visita il Ghana, "modello positivo per l'Africa". Intervista con Dennis Redmont
◊ “Il Ghana è uno straordinario modello positivo per l'Africa e la visita in questo Paese incoraggia Accra a sostenere le conquiste democratiche”. Così il presidente americano, Barack Obama, ha esordito nella sua prima visita africana da capo della Casa Bianca, incontrando stamani il suo omologo del Ghana, John Atta-Mills. “Sono venuto qui dopo il G8 - ha detto ancora Obama, che più tardi parlerà al parlamento di Accra - per mostrare che l'Africa non è separata dagli affari internazionali. Gli Stati Uniti hanno un interesse costante nei confronti dell'economia e dello sviluppo di tutto il continente africano”. E sui significati del viaggio di Obama in Ghana, Giancarlo La Vella ha intervistato il giornalista americano, Dennis Redmont, responsabile comunicazione del Consiglio Italia-Stati Uniti.
R. - Tutti i viaggi di Obama sono organizzati con degli appuntamenti simbolici ed è molto significativo che lui sia andato, subito dopo il G8, in Ghana. Questo Paese, nell’inconscio americano, è anche il primo che ha raggiunto l’indipendenza dal colonialismo, è una nazione che da un punto di vista democratico va abbastanza bene e dove si sono recati molti americani. E’ anche un Paese che inizia ad avere delle risorse petrolifere, e nel quale gli Stati Uniti vorrebbero avviare dei rapporti commerciali. In più, c’è una popolazione fiera di accogliere il presidente Obama, del quale ha sempre apprezzato da lontano le gesta in America. Ed è perciò molto significativo che lui si sia recato lì dopo il G8.
D. - Obama potrebbe aprire una nuova strada nei rapporti tra l’Occidente e il continente africano?
R. - Sicuramente, perché per prima cosa gli americani si sono resi conto che l’Africa può essere una nuova frontiera, anche con i cambiamenti che sono in corso nel continente, dove è avvenuta una transizione verso una società multirazziale e dove diversi Paesi hanno fatto delle scelte democratiche. Ma anche per gli americani, e soprattutto per gli afroamericani, c’è un importante collegamento con l’epoca della schiavitù. Tante famiglie si trovano a riscoprire le loro radici in tutti quei territori che hanno contribuito a creare quella grande comunità afroamericana, che inizia a brillare nella società multietnica degli Stati Uniti.
D. - Questi impegni ufficiali del presidente Obama che riscontro hanno a livello di popolarità all’interno degli Stati Uniti?
R. - Diciamo che Obama presta molta attenzione a questo aspetto, ma sa anche che non tutte le decisioni saranno popolari. Obama ha sempre detto che lui punta a rimanere in carica per otto anni e quindi la popolarità avrà necessariamente un andamento diversificato.
D. - Sicuramente, Obama è stato uno dei protagonisti del G8: gli impegni presi dalla comunità internazionale potranno, grazie anche agli Stati Uniti di Obama, essere finalmente rispettati concretamente?
R. - Credo che Obama vorrà dimostrare che gli Stati Uniti possono portare avanti questi impegni. Il tema del clima, ad esempio, è molto spinoso a livello nazionale, perché gli Stati Uniti, anche sotto Bush, non hanno mai tentato di ratificare il protocollo Kyoto sulla diminuzione dei gas nocivi al clima, perché il Congresso americano non lo avrebbe mai approvato. Tocca perciò ad Obama convincere la sua maggioranza a votare in massa per le misure sul clima. inoltre, si può dire che sull’Iran la comunità internazionale è stata convinta ad assumere una posizione comune, e non si deve dimenticare che anche la Russia ha firmato lo “statement” sul nucleare: questo Obama - lo ha detto in conferenza stampa - lo considera una vittoria. E ha anche detto, molto chiaramente: "Ci vediamo al G20, con un popolazione allargata di nazioni, per vedere se possiamo fare un passo avanti sul nucleare. Se non lo faremo, allora potremo considerare un altro tipo di atteggiamento. Noi abbiamo aperto la mano e non vogliamo ricevere un pugno in cambio".
Proclami anticristiani nelle violenze in Somalia. Intervista con Mario Mauro
◊ Violenti combattimenti tra insorti e truppe governative hanno interessato oggi il distretto di Abdal Asis, nell’area nord di Mogadiscio. Impreciso per ora il bilancio delle vittime: fino a qualche giorno fa, nella sola capitale - in seguito agli scontri iniziati il 7 maggio - si contavano 350 morti, ma si combatte anche nel centro-sud del Paese. Dall’Alto commissario Onu per i Diritti umani, è giunta ieri la denuncia di gravi violazioni alle leggi internazionali umanitarie, di violenze perpetrate a danno di donne e bambini, in particolare con proclami anticristiani. Maggiori responsabili sarebbero i fondamentalisti islamici del gruppo degli Shabaab, secondo gli Usa legati ad al Qaeda. L’Unione Europea condanna l'escalation di violenza e spinge per la ripresa del processo di pace di Gibuti, ''che altrimenti rischia di scomparire''. In particolare, il vicepresidente dell’Europarlamento, Mario Mauro, nell’intervista di Fausta Speranza, parla di un disegno di persecuzione:
R. - Innanzitutto, rientrano nella strategia - che è un vero e proprio progetto di potere - della rete di Al Qaeda a farsi Stato anzi, secondo la ideologia qaedista, a farsi in qualche modo "califfato" di una crisi islamista e quindi a creare delle zone franche in cui non valga l’autorevolezza della comunità internazionale, ma il diktat dei terroristi. Questo è un fatto di una pericolosità enorme, perché passa attraverso una strategia che cerca di annientare l’uomo che ha una fede diversa da quella che si possiede, che ha diverse convinzioni. Ma ancor più, tutto ciò è strumentale, perché attraverso questa logica si attua invece la prepotenza di reti che non sono differenti dalle nostre reti mafiose.
D. - Vicepresidente, lei ha parlato proprio di ipotesi di un’ingerenza umanitaria. Che cosa intende e che cosa aspettarsi?
R. - Intendo un intervento in armi della comunità internazionale che sia capace di riportare su quel territorio i dettami minimi di rispetto dei diritti umani e soprattutto convinca gli Stati africani, attraverso l’Unione Africana, ad assumersi una responsabilità. Perché un’Africa preda del fondamentalismo è la più grande disgrazia che possa capitare al ventunesimo secolo.
D. - Le più recenti violenze in Somalia in realtà, purtroppo, fanno eco a tante altre simili violazioni della persona, della vita, in altre zone del mondo. Rimanendo in Somalia, esse rispecchiano la precarietà somala, mentre il potere degli estremisti islamici è cresciuto a dismisura. La situazione è sfuggita di mano alla comunità internazionale, in questo caso?
R. - Sì, noi abbiamo responsabilità gravissime nei confronti di un Paese come la Somalia che, non dimentichiamo, abbiamo cercato di ricondurre a un equilibrio sensato e poi abbiamo vergognosamente abbandonato nel momento del bisogno. Questo si è tradotto in una instabilità che ha fatto comodo a tantissimi, perché destabilizzare quell’area vuol dire destabilizzare un’area in cui è basilare la geostrategicità dei luoghi: pensiamo al controllo del passaggio verso il Mar Rosso, all’interlocuzione con i fenomeni di portata mondiale che avvengono nel Golfo, punto di riferimento del Corno d’Africa e più in basso dei Grandi Laghi. Tutto ciò significa, in qualche modo, mantenere innescata una polveriera che finisce per avere ripercussioni sugli equilibri non solo del continente africano, ma di quella stranissima partita a "scacchi" che da moltissimi anni si combatte prendendo in ostaggio l’Africa e a dispetto dell’Africa stessa. Più che di una comunità internazionale che si è distratta, parlerei di intrecci nella comunità internazionale che hanno gravissime conseguenze per la vita della gente di quest’area. E le ripercussioni di queste logiche geostrategiche finiscono per essere poi scontate dagli ultimi poveri e, tra questi, gli ultimi degli ultimi, che in questo caso sono i cristiani.
La Giornata mondiale della popolazione dedicata al progresso delle donne in contesti di povertà
◊ “Combattere la povertà. Educare le ragazze”. È il tema della Giornata mondiale della popolazione che si celebra oggi in tutto il mondo. Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione intende richiamare l’attenzione della comunità internazionale sugli effetti della crisi economica sulle donne e sui bambini dei Paesi in via di sviluppo. Quanto la crisi globale ha inciso sulla riduzione in povertà delle donne? Mariella Pugliesi lo ha chiesto a Massimo Zortea, presidente del Volontariato Internazionale per lo Sviluppo:
R. - Tantissimo, perché come sempre, quando le crisi colpiscono, colpiscono innanzitutto i gruppi più vulnerabili e sappiamo che - come nel caso delle etnie marginalizzate e dei bambini, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo - anche quella delle donne è una categoria fortemente a rischio, in particolare in quei Paesi in cui alle donne non vengono riconosciuti i diritti umani inalienabili importanti, come quello dell’accesso ad un’adeguata formazione, anche professionale, che le emargina e le mette in fondo alla lista delle priorità, o anche nel welfare e nelle questioni di attenzione alla popolazione marginalizzata ed oppressa dalla crisi.
D. - Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, parla della necessità d’investire nelle donne. Quali sono, secondo lei, le politiche sociali indispensabili per lo sviluppo della salute e dei diritti delle donne?
R. - Primo, bisogna puntare molto sull’accesso all’educazione, a favore delle donne, che è una strategia chiave che consente poi alle donne di decidere del loro futuro e di non farsi marginalizzare. Secondo, bisogna dare delle opportunità andando oltre quello che è il classico approccio di genere, nel quale le donne, in qualche modo, vengono messe su un piano veramente statistico del tipo: più quote di accesso al parlamento e ai posti di lavoro. Le donne si devono conquistare un ruolo, dando loro la dignità delle capacità che hanno e non soltanto il semplice riconoscimento di “categoria speciale”. Questo significa anche dar loro la possibilità di diventare protagoniste come imprenditrici, come politiche e come “decision makers”, non soltanto come artefici del pilastro fondamentale della famiglia, che è comunque un ruolo importante per le donne.
D. - Nell’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, si parla della concezione dei diritti e dei doveri nello sviluppo dei popoli e delle problematiche connesse con la crescita demografica. La solidarietà universale è un fatto, un beneficio e un dovere: in che modo il Volontariato Internazionale per lo Sviluppo risponde a tale missione?
R. - Innanzitutto, sotto un profilo educativo: un approccio che non è fatto di beneficenza ma di riconoscimento della dignità della persona come portatrice di diritti ed anche di doveri. In secondo luogo, come testimonial di quest’approccio, quindi il protagonismo nei diritti.
Il commento del teologo don Massimo Serretti al Vangelo della domenica
◊ Nella 15.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia presenta il brano del Vangelo nel quale Gesù invia i suoi discepoli due a due ad annunciare la Buona Novella, invitandoli ad essere sobri e a viaggiare senza cose superflue, e aggiungendo:
"Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro".
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:
Gesù li invia ed essi vanno. C’è già una congruenza organica, c’è già una unità forte tra i discepoli e il Signore. Non solo Gesù li invia, ma ordina loro di non prendere nulla per il viaggio. Qualcosa che però essi non avevano e che non si sarebbero potuti procurare da soli lo fornisce Gesù stesso di sua iniziativa: il potere di scacciare i demoni. Li invia a due a due. Così essi vanno, senza nulla, ma con tre punti fermi. Uno, il compito che il Signore ha a loro assegnato, l’invio e quindi la comunione con lui nell’esecuzione del suo mandato. Due, la comunione tra di loro a due a due, che è inizio di un mondo nuovo. Tre, il potere sugli spiriti immondi; di lì inizia, infatti, l’opera di Dio, la liberazione dalle potenze avverse. Queste tre certezze sono legate tra loro. La comunione con Gesù e la comunione tra loro costituiscono un baluardo di santità, di unità, di purezza, contro il quale nulla possono gli spiriti impuri. Precisamente questo, noi cristiani, portiamo ogni giorno nel mondo: la possibilità per tutti del legame vero e non illusorio, o immaginario, o presunto, con Cristo, la partecipazione ad una umanità nuova, la liberazione dalle catene delle forze maligne che soggiogano l’uomo e lo avviano a morte sicura.
USA: sondaggio dei “Cavalieri di Colombo” sull’aborto nell’opinione pubblica americana
◊ L’86% degli americani pensa che l’aborto andrebbe limitato in modo significativo. Una percentuale che include anche il 60% di coloro che non ammettono l’interruzione di gravidanza in alcuna circostanza o soltanto in caso di stupro, incesto e pericolo di vita per la madre. Questi alcuni dei dati principali che emergono da un sondaggio telefonico compiuto su 1.223 statunitensi dal 28 al 31 maggio scorso. L’indagine è stata realizzata dalla confraternita cattolica dei “Cavalieri di Colombo”, insieme all’Istituto per l’Opinione Pubblica del Marist College di Poughkeepsie, New York. Dal sondaggio emerge anche che sei americani su dieci, pari al 42% della popolazione, credono che l’aborto dovrebbe essere considerato illegale o legale solo in pochissime circostanze. Interessante poi l’orientamento dell’opinione pubblica sulla possibilità che la legge tuteli la vita della madre e del nascituro: l’80% degli americani, infatti, ritiene che le normative dovrebbero difendere l’esistenza di entrambi. Un’opinione condivisa anche dal 68% dei favorevoli all’aborto, sostenitori del movimento “pro-scelta”. Il sondaggio si sofferma, quindi, sulla questione dell’obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari: secondo quanto emerge dai dati, il 79% degli statunitensi crede che i medici non dovrebbero essere costretti a praticare l’aborto se esso risulta in conflitto con le loro convinzioni personali. Ed è interessante notare che anche il 64% degli appartenenti allo schieramento “pro-scelta” la pensa allo stesso modo. Quanto alle conseguenze dell’interruzione volontaria di gravidanza sulla vita delle donne, il 53% degli statunitensi ritiene che, a lungo termine, essa sia un danno piuttosto che un bene, contro il 26% che reputa l’aborto come un miglioramento della vita femminile. E ancora: l’indagine ha cercato di capire l’orientamento dell’opinione pubblica a proposito del ruolo dei leader religiosi in materia. Ebbene: i dati dicono che il 69% degli americani ritiene che sia giusto che i leader religiosi parlino dell’aborto. E molti statunitensi, rispettivamente il 61% e il 59%, credono che i diritti civili e l’aborto siano temi di discussione appropriati per i leader religiosi. Infine, da sottolineare che il sondaggio mette anche a confronto i dati raccolti nel 2009 con quelli dell’ottobre 2008. Dal paragone, emerge che oggi gli americani “pro-life” sono aumentati del 5% rispetto al 2008 (49% invece di 44%), mentre gli schierati “pro-choice” sono scesi dal 50% al 48%. In calo anche gli incerti, passati dal 6% al 3%. Se si va a guardare nello specifico, inoltre, si nota che i cattolici praticanti “pro-vita” sono cresciuti dal 59% al 67%, mentre i non praticanti sono diminuiti dal 29% al 23%. Quasi uguale le percentuali sia per gli uomini che per le donne (salite, rispettivamente, al 49% e al 48%, rispetto al 44% e 45%), mentre in netto aumento il dato riferito agli afro-americani: i “pro-vita”, infatti, sono passati dal 41% al 54%, salendo di 13 punti. I bianchi, invece, sono aumentati del 2% (dal 47 al 49%), mentre i latino-americani sono saliti dal 39 al 43%. Se poi si incrociano i dati sulla scelta “pro-vita” con quelli sullo schieramento politico, emerge che i repubblicani “pro-life” sono cresciuti dal 70% al 72%, i democratici sono scesi dal 31% al 30% e gli indipendenti sono passati dal 36% al 47%, con un aumento di 11 punti. (I.P.)
Honduras: per il cardinale Maradiaga il dialogo è la via giusta
◊ “Per uscire dalla crisi politica in Honduras, la via giusta è il dialogo, ma non credo che il presidente Zelaya possa tornare”: lo afferma il cardinale Óscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo Tegucicalpa. In un’intervista rilasciata alla testata on line spagnola www.paginasdigitale.es, il porporato ha commentato l’attuale situazione politica del Paese, dopo il colpo di Stato del 28 giugno scorso. Quel giorno, infatti, i militari hanno arrestato il capo di Stato, conducendolo di forza in Costa Rica. All’origine del golpe, la decisione di Zelaya di indire un referendum illegale per modificare la Costituzione. “L’11 giugno – rivela nell’intervista il cardinale Rodriguez Maradiaga - la Conferenza episcopale dell’Honduras ha avuto un colloquio di tre ore e mezza con il presidente”. I presuli erano sicuri di aver convinto il capo di Stato a non realizzare il referendum, fissato per il 28 giugno. “Non è facile uscire da questa situazione – continua il cardinale Rodriguez Maradiaga – il dialogo è la via giusta, ma non crediamo che Zelaya possa tornare e ricoprire un ruolo governativo, tanto più che restano alcuni interrogativi: quale governabilità può esserci in un Paese che viene diviso, diffondendo la lotta di classe?”. Quindi, il porporato sottolinea che “c’è ancora molta violenza nelle strade, seminata dai sostenitori di Zelaya, che danneggiano le proprietà private e scrivono frasi ingiuriose sui muri”. Quanto alla formazione di un nuovo governo, il cardinale Rodriguez Maradiaga si domanda: “Con chi potrebbe governare Zelaya? È stato dimostrato che molti dei suoi ministri sono corrotti e alcuni di loro hanno procedimenti penali in corso”. “Esiste l’autorità giuridica e l’autorità morale – continua l’arcivescovo honduregno – La prima è stata violata più volte da Zelaya, come hanno riscontrato i Tribunali. La seconda è stata messa a rischio da tutte le bugie riportate sui mass media internazionali”. Poi, il cardinale si sofferma sulla mediazione portata avanti in Costa Rica per aiutare l’Honduras ad uscire dalla crisi politica: “Mi sembrano negoziati saggi – afferma il porporato – Non era conveniente mettere a confronto sin da subito le parti in causa. Chiediamo tutti a Dio che si possa andare avanti, cercando il bene dell’Honduras”. Più critico, invece, il giudizio sul comportamento degli Stati Uniti e dell’OSA, l’Organizzazione degli Stati Americani: “Credo – dice il cardinale Rodriguez Maradiaga – che alcuni senatori e rappresentanti del Congresso abbiano sfumato le loro opinioni originali. Lo stesso si è visto all’interno della Segreteria di Stato americana. L’OSA, invece, è stata molto precipitosa”. Infine, rispondendo alla domanda sulla costruzione del bene comune, il porporato, sottolinea che “esaminando la legge finanziaria per il 2009, mai presentata al Congresso, l’opinione pubblica è stata informata sulle spese esorbitanti effettuate per promuovere il referendum illegale. Negli ultimi mesi dello scorso anno e nei primi del 2009, alla popolazione sono state promesse molte cose che sarà impossibile realizzare e che potranno scatenare ulteriori violenze”. “Il fatto più preoccupante – conclude l’arcivescovo honduregno – è l’intromissione del Venezuela che, senza alcun rispetto per l’Honduras, vorrebbe imporre il suo progetto totalitario a tutta la zona costiera”. (I.P.)
Venezuela: preoccupazione dei vescovi al termine dell'Assemblea plenaria
◊ I vescovi del Venezuela, ieri, a conclusione della loro Assemblea plenaria hanno pubblicato, oltre all’Esortazione (“Vivere nella verità e nell’amore di Cristo”), altri tre importanti documenti su materie specifiche e di grande attualità nel dibattito nazionale: sull’educazione, “compito di tutti”; sul progetto di legge riguardo la parità e uguaglianza di genere e, infine, sulle nuove misure annunciate dalle autorità per regolamentare i mezzi di comunicazione sociale. Nell’Esortazione, i presuli hanno ricordato, commossi e grati, il loro recente incontro personale e collettivo con il Santo Padre, nella cornice della visita ad Limina Apostolurum, realizzata il mese scorso. Il Papa, hanno scritto, “ ci ha animato ad una più stretta comunione e a prestare sempre la massima attenzione pastorale nei confronti dei sacerdoti, dei seminaristi, dei laici e soprattutto dei poveri, incrementando ogni iniziativa in loro favore”. Ricordando l’importanza dell’Anno Sacerdotale, i vescovi hanno rilevato che “la diffusione dei più genuini valori cristiani, invita a favorire la ricerca permanente del bene comune, la convivenza armonica e la stabilità sociale”. Nel capitolo dedicato alla realtà nazionale, ma anche latinoamericana, la dichiarazione esprime ampia solidarietà al popolo dell’Honduras e alla sua Chiesa, e ha invitato tutti a chiedere al Signore di concedere a quest’amato popolo, il dono “della riconciliazione attraverso il dialogo, la guarigione delle ferite e il progresso democratico. Senza pressioni unilaterali di qualsiasi tipo”, hanno sottolineato i presuli. Sulla realtà del Venezuela, la Conferenza episcopale ha lamentato che, dopo il referendum dello scorso 15 febbraio, si sia “accelerata l’imposizione arbitraria ed unilaterale del socialismo del XXI secolo, che non rispetta la volontà popolare, ciò che sta scritto sulla Costituzione bolivariana e sulla partecipazione libera ed effettiva dei cittadini”. D’altra parte, i vescovi hanno osservato che molte delle autorità elette lo scorso anno, che non si riconoscono nel partito e nell’ideologia al governo, oggi vedono “limitati e tagliati i loro poteri tramite cambiamenti legali che violano il testo costituzionale”. Nella parte conclusiva dell’Esortazione, i vescovi venezuelani hanno lanciato un “richiamo e un’allerta, affinché tutti seguano con attenzione la discussione di leggi che riguardano ampiamente l’esercizio responsabile della libertà cittadina, delle loro famiglie, del loro corretto impegno sociale”. In particolare, i presuli hanno citato alcune materie, sulle quali poi hanno emesso pronunciamenti specifici, come già ricordato: da un lato il sistema educativo e dall’altro la cosiddetta parità di genere. Il documento episcopale inoltre ha ricordato altre questioni ugualmente importanti, come la proprietà sociale e la proprietà privata e, al riguardo, hanno ammonito che lo Stato non può disciplinare questi diritti in un modo unilaterale. Infine, è stata ricordata l’importanza e la delicatezza dei mezzi di comunicazione sociale, di fronte agli annunci governativi secondo i quali si preparano nuove discipline legali. Nel documento specifico su quest’argomento, i vescovi del Venezuela hanno sottolineato il fatto che, “in uno Stato democratico, i diversi gruppi e le istituzioni, devono trovare spazi per offrire i propri orientamenti e proposte, dando così un contributo alla formazione dell’opinione pubblica. Lo Stato, hanno affermato i presuli, deve essere un garante di questo diritto fondamentale”. (A cura di Luis Badilla)
I vescovi dell'Africa centrale chiedono un impegno più forte nella regione dei Grandi Laghi
◊ Un invito ai capi di Stato e di governo dell’Africa che hanno firmato il patto sulla sicurezza, la stabilità e lo sviluppo nella regione dei Grandi Laghi entrato in vigore nel giugno dello scorso anno ad organizzarsi efficacemente perché il documento abbaia forza di legge nei Paesi che l’hanno ratificato. Lo rivolge in un messaggio presentato alla stampa il 2 luglio scorso mons. Simon Ntamwana, arcivescovo di Gitega, in Burundi, e presidente dell’Associazione delle conferenze cpiscopali dell’Africa centrale (Aceac). “Contributo dell’Aceac al comitato regionale interministeriale della Conferenza internazionale della Regione dei grandi laghi (Cirgl)”, questo il titolo del messaggio che chiede anche ai Paesi elencati nel patto di Nairobi di dichiarare ufficialmente la fine della guerra nell’est della Repubblica Democratica del Congo, di applicare scrupolosamente il protocollo di non aggressione e di difesa e che le confessioni religiose e specialmente la Chiesa cattolica s’impegnino nel processo di disarmo e smobilitazione. Il documento dell’Aceac sottolinea inoltre l’impegno della Chiesa cattolica nel processo di pace nella regione dei Grandi Laghi ed esorta gli uomini di Dio ad impegnarsi ad essere i primi e grandi artigiani della pace e della riconciliazione, ad educare i fedeli cristiani alla cultura della pace e a pregare per la solidarietà, la giustizia e la pace. Mons. Ntamwana raccomanda poi di evitare qualunque atto che favorisca l’esclusione e l’etnocentrismo, poiché tra i fattori che suscitano inquietudine di fronte all’insicurezza nei Paesi dei Grandi Laghi vi è, principalmente, la manipolazione politica di stampo etnico, la circolazione delle armi e lo sfruttamento fraudolento delle risorse naturali. (T.C.)
Le Chiese dell’Africa occidentale chiedono il rispetto degli accordi commerciali
◊ “Nella loro forma attuale, gli accordi commerciali che l’Unione Europea (UE) sta negoziando con i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (ACP) non risultano vantaggiosi e non consentiranno all’Africa occidentale di avere sufficienti margini di manovra sul piano politico ed economico per migliorare la produzione di manufatti di base”: lo sostiene l’Associazione dei Consigli Cristiani e delle Chiese dell’Africa occidentale, dopo una riunione svoltasi a Monrovia, in Liberia, sul tema degli Accordi di partenariato economico (Ape/Epa). Nel comunicato diffuso al termine dell’incontro, riferisce l’agenzia Misna, i responsabili ecclesiali hanno invitato i paesi dell’Africa occidentale a mettere in pratica l’indicazione espressa durante il vertice dell’Unione Africana di Maputo nel 2001, di investire almeno il 10% dei bilanci nazionali nello sviluppo delle regioni rurali. Nella nota, viene anche rivolto un invito all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) a introdurre norme, regolamenti e accordi commerciali internazionali, che promuovano la creazione di mercati capaci di garantire la partecipazione dei piccoli agricoltori e scoraggiare la vendita sottocosto di prodotti di scarsa qualità provenienti dai paesi industrializzati. Ai paesi membri della Comunità economica dell’Africa occidentale (Cedeao), si chiede inoltre di migliorare l'accesso all’acqua potabile e di rafforzare i sistemi di protezione sociale per i piccoli agricoltori. (A.D.G.)
Pakistan: dopodomani i primi rimpatri per gli sfollati
◊ Dopodomani inizieranno i primi rimpatri degli sfollati pakistani, costretti ad abbandonare le proprie abitazioni all’inizio di maggio, in seguito al conflitto tra forze governative e militanti nei distretti di Swat, Buner e Lower Dir, nella provincia della Frontiera di Nord Ovest. Circa 260.000 sfollati pakistani sono alloggiati nei campi dei distretti Mardan, Swabi, Nowshera, Peshawar e Charsadda, mentre la maggior parte delle persone è ospitata da altre famiglie, oppure in case in affitto o in edifici scolastici. I primi che saranno ricondotti nelle loro case saranno quelli alloggiati nei campi. Il governo, si legge in un comunicato, ha confermato che i rimpatri si svolgeranno in conformità alle recenti linee guida sviluppate da governo, ONU e agenzie partner, che si basano sul principio di rimpatri volontari, sicuri e dignitosi. Prima di decidere volontariamente per il ritorno, gli sfollati interni dovranno verificare la situazione di sicurezza nelle loro zone d’origine; l’entità della distruzione verificatasi, e la disponibilità di servizi e infrastrutture di base. In alcune aree del conflitto, i danni sono stati ingenti. Un’altra questione importante riguarda la presenza di mine e ordigni inesplosi, che costituiscono una minaccia reale per la popolazione, soprattutto per i bambini. Gli accertamenti congiunti effettuati nelle aree colpite saranno utilizzati per confermare le condizioni per un ritorno sostenibile. Dal 4 giugno scorso, l’UNHCR ha dato assistenza a 34.000 famiglie (221.000 persone) nei distretti di Nowshera, Charsadda e Mardan. La distribuzione di aiuti è quasi completa a Charsadda e Nowshera. A Mardan l’UNHCR prevede di dare assistenza a 62.000 famiglie (4.200 ne hanno già ricevuta), che sono alloggiate fuori dai campi, mentre altre agenzie umanitarie forniranno articoli d’emergenza ad altre 42.000 famiglie. (A.D.G.)
Stati Uniti: gli immigrati ispanici e la religione
◊ È in aumento la percentuale dei nuovi cittadini immigrati ispanici che arrivano negli Stati Uniti con vivi legami alla Chiesa cattolica, mentre è in forte calo il numero ospiti di più antica immigrazione, che abbandonano il loro retroterra religioso e culturale, stabilendo nuovi legami con le Chiese protestanti. È quanto emerge da un’indagine statistica condotta recentemente da Barna Group, come riferisce l’Osservatore Romano. Secondo il sondaggio, condotto attraverso più di novemila interviste telefoniche, gli immigrati negli Stati uniti dai Paesi latino-americani mostrano di conservare a lungo i sani principi religiosi: tengono in considerazione, infatti, gli insegnamenti ricevuti dai testi sacri, sentono un forte senso di responsabilità nel condividere la propria fede con gli altri; credono che il fine principale dell’esistenza umana sia amare pienamente Dio; affermano di leggere la Bibbia almeno una volta alla settimana e di avere un rapporto personale con Gesù. Con il trascorrere delle generazioni, però, i sentimenti religiosi degli ispanici negli Stati Uniti tendono ad allinearsi a quelli del cittadino americano medio. Spesso il cambiamento di professione religiosa avviene per il desiderio di sentirsi maggiormente integrati nella nuova società di accoglienza. (A.D.G.)
L’arcidiocesi di Sydney stanzia 60 mila euro per la ricerca sulle staminali adulte
◊ Centomila dollari australiani (circa sessantamila euro) sono stati messi a disposizione dall’arcidiocesi di Sydney, per supportare le ricerche sul potenziale terapeutico delle cellule staminali adulte. Il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, ha ricordato che le cellule staminali adulte vengono già utilizzate nel trattamento di malattie cardiache ed epatiche. "La Chiesa cattolica - si legge sull’Osservatore Romano - promuove e incoraggia la ricerca medica, ha sottolineato il porporato, e sostiene pienamente la ricerca con cellule staminali e altre forme di biotecnologia, purché sia rispettata la dignità di ogni vita umana". Il cardinale ha affermato che i progressi conseguiti nella ricerca sulle cellule staminali adulte sono "entusiasmanti e imponenti". "I risultati ottenuti finora in quest'area - ha specificato il cardinale - sorpassano di molto tutto quello che è stato ottenuto nell'area della ricerca sulle cellule embrionali". "La Chiesa cattolica - ha aggiunto - ha sempre sostenuto il lavoro della scienza basato su buone basi etiche e la nostra arcidiocesi è felice di poter contribuire a ricerche che conseguono progressi in quest'area di vitale importanza”. La possibilità di utilizzare il finanziamento, che ha cadenza annuale, è strettamente legata al rispetto di precisi parametri, stabiliti nel Code of Ethical Standards for Catholic Health and Aged Care Services in Australia. Tra i punti: rispettare la dignità delle persone, servire il bene comune. Nel testo è anche evidenziato che "la ricerca medica che coinvolge gli embrioni o i feti vivi può essere svolta solo “in vivo” e quando vi è una certezza morale di non causare danni alla vita o all’integrità dell’embrione o del feto”. Il Parlamento australiano ha invece approvato nel 2002 leggi che permettono l'uso degli embrioni in eccedenza dei programmi di fecondazione assistita, per lo svolgimento di ricerche sulle cellule staminali. Proprio in quell'anno il Governo federale fra l'altro decise di concedere al Centre for stem cells and tissue repair del Monash Institute di Victoria, quarantasei milioni di dollari per la creazione di un centro di coordinamento e sviluppo di progetti di ricerca sulle cellule staminali embrionali. Per la Chiesa l'uso di embrioni in eccedenza per ricerche scientifiche costituisce un atto orientato alla distruzione della vita. (A.D.G.)
In corso in Ucraina l'incontro dei segretari generali delle Conferenze episcopali europee
◊ “Il buon Dio ci ha chiesto di essere sale non miele”. Con questa frase del santo Curato d’Ars, il gesuita portoghese Manuel Morujao, ha sintetizzato al Sir il suo intervento al 37.mo incontro dei segretari generali delle 36 Conferenze episcopali europee (Ccee), che si è aperto giovedì a Leopoli, in Ucraina. Padre Morujao ha ricordato che una riflessione sull’Anno Sacerdotale, voluto da Benedetto XVI, può prendere spunto anche dalle parole di Giovanni Paolo II, il quale affermava che “un pericolo frequente degli operai evangelici è che i loro lavori per il Signore facciano dimenticare il Signore negli stessi lavori”. La definizione di un sacerdote è infatti il suo sacerdozio, non l’occupazione, il lavoro e i titoli…”. L’essenziale, ha ancora affermato il gesuita, è “essere sacerdoti 24 ore al giorno ed esperti nell’arte di incontrare Dio”. A questo proposito, ieri il cardinale Lubomyr Husar, presidente del Sinodo dei vescovi greco-cattolici, e mons. Mieczysław Mokrzycki, presidente della Conferenza episcopale latino-cattolica, hanno affrontato il tema della “rinascita di una Chiesa che, in un Paese che si sente europeo, intende rispondere con il linguaggio del Vangelo alle difficoltà e alle attese della gente”. Il meeting ha voluto anche ricordare “la sofferenza vissuta sotto l’oppressione del regime comunista che, oltre alla deportazione nei gulag siberiani dei sacerdoti e vescovi, non esitò a chiudere i granai per affamare e piegare ai propri disegni un popolo che non intendeva rinunciare alla fede cristiana”. L’evento ha voluto anche ripercorrere la storia e l’esperienza della Chiesa cattolica in Ucraina, nei due riti bizantino e latino. Un altro tema di confronto è stato in questi giorni il documento “Caritas in veritate”, presentato dal segretario della Conferenza episcopale tedesca, mons. Hans Langerdörfer. I segretari hanno celebrato ieri a Leopoli una messa nella chiesa di rito latino cattolico e domani in quella di rito greco-cattolico. (A.D.G.)
Polonia: i vescovi invitano a ritornare ai valori e all’etica
◊ Ritornare ai valori e ai principi fondamentali dell'etica che regolano sia la vita economica, che quella politica. Questo, l’auspicio del vescovi, alla conclusione della riunione del Consiglio permanente della Conferenza episcopale polacca (Kep), allargata ai vescovi diocesani. L’evento si è svolto in occasione della solennità della Madre di Dio Regina della Polonia, nel santuario di Jasna Gora. Ospite d'onore il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone. Come si legge nel comunicato pubblicato alla fine dell'incontro, il tema principale è stato il servizio sacerdotale, affrontato nella prospettiva dell'Anno del sacerdozio indetto dal Papa, anche in considerazione dei dati che rilevano un costante calo delle vocazioni in Polonia. Il segretario della Kep, mons. Stanislaw Budzik, è convinto della necessità di una riflessione approfondita soprattutto sul contesto nel quale nascono le vocazioni sacerdotali e cioè scuola e famiglia. Mons. Zbigniew Kiernikowski, vescovo della diocesi di Siedlce, ha affermato che "senza la formazione e la catechesi in famiglia, la religione rimane solo il rito, e il matrimonio in Chiesa spesso appare come una caricatura tra persone non credenti le quali, di fatto, dopo un breve tempo affermano di non voler stare più insieme", rileva il presule. Ci sono delle persone che vanno in Chiesa solo per compiere il loro dovere, per avere la coscienza a posto. Così come capita anche che alcuni sacerdoti guardano i fedeli solo in relazione all'ammontare delle loro offerte. Quindi la differenziazione tra fede e religiosità riguarda anche i sacerdoti”. (A.D.G.)
Uruguay: dichiarazione finale dell’Incontro nazionale della Pastorale penitenziaria
◊ I delegati delle diverse diocesi impegnati nella Pastorale Penitenziaria dell’Uruguay hanno tenuto, nei giorni scorsi a Montevideo, un incontro nazionale. Al termine dei lavori, i partecipanti hanno diffuso una dichiarazione finale indirizzata ai vescovi, alle autorità nazionali, alle comunità di fedeli in tutto il Paese, ai carcerati, alle vittime di violenza, ai secondini, a tutte le famiglie dei detenuti ed alla società in generale. “Siamo consapevoli del fatto – si legge nel documento – che la situazione delle carceri dell’Uruguay rappresenta una violazione della dignità umana e, con rincrescimento, confermiamo che le denunce presentate dagli organismi internazionali, come la Commissione ONU per i diritti umani, sono reali”. “La nostra Pastorale Penitenziaria – continua la dichiarazione – non deve, né vuole restare al di fuori dalla ricerca di soluzioni per le problematiche carcerarie. Sebbene la legge sull’umanizzazione del carcere abbia portato qualche miglioramento temporaneo, per esempio nella questione del sovraffollamento, dell’igiene e dell’alimentazione, tuttavia non sono state ancora risolte le cause all’origine della violenza e non si offrono i necessari strumenti di protezione per coloro che escono di prigione”. Quindi, la Pastorale Penitenziaria ribadisce il proprio obiettivo, ovvero “amare senza condannare, promuovere l’incontro e la riconciliazione come fratelli e figli dello stesso Padre”. Di qui, l’invito finale a tutti gli agenti pastorali perché continuino ad accompagnare “i nostri fratelli privati della libertà, coloro che subiscono le violenze e le loro famiglie, affinché si realizzi la riconciliazione ed il dialogo. E per questo, confermiamo l’impegno di diffondere la Buona Novella che ci libera da tutte le catene”. (I.P.)
Brasile: a Rio Grande do Sul l'opera dei Cappuccini per i sieropositivi
◊ Un momento centrale nel cammino di conversione di San Francesco d’Assisi fu l’episodio dell’incontro con il lebbroso. Da quel momento Francesco visse in profonda comunione con le persone più emarginate del suo tempo. Per rendere attuale questo aspetto della vocazione francescana, dal 1996 i frati cappuccini della Provincia brasiliana del Rio Grande do Sul, lavorano con i sieropositivi a Porto Alegre. Si tratta della fraternità di “Fonte Colombo” composta di cinque frati che svolgono questo particolare servizio nel “Centro di promozione della persona sieropositiva” . Come riporta il Notiziario dei frati Cappuccini ripreso dall’agenzia Fides, il Centro si prende cura dei portatori del virus Hiv di ogni età e condizione. Tra i servizi offerti: alfabetizzazione, promozione della donna, corsi di formazione e sostegno per superare i pregiudizi. I corsi sono gratuiti e vengono offerti sia ai sieropositivi che ai loro familiari per aiutarli ad affrontare con dignità la malattia e lo stigma che la circonda. Il centro è finanziato dalla Provincia cappuccina di Rio Grande do Sul, ma riceve anche altri aiuti e può contare sulla collaborazione di 50 professionisti volontari, oltre che su alimenti, vestiti e altri contributi individuali. Ogni anno la fraternità accoglie un gruppo di post-novizi per un periodo d’impegno pastorale. (L.Z.)
Spagna: messaggio dell’Apostolato del Mare per la festa della Vergine del Carmelo
◊ “Il mare chiede il tuo amore”: si intitola così il messaggio dei vescovi spagnoli promotori dell’Apostolato del Mare. Un documento pubblicato in vista della Festa della Beata Vergine del Carmelo, Patrona dei marinai, che la Chiesa ricorda il 16 luglio. “Il tema scelto – scrivono i presuli – è particolarmente bello, perché l’amore è la virtù più importante. È una virtù teologale, che fa riferimento direttamente a Dio. Dio è amore e la sua opera è la Misericordia”. Quindi, il messaggio ricorda che “l’amore di Dio include l’amore per il creato. E ciò che si ama, si protegge. Bisogna far affiorare questo amore profondo, e a volte nascosto, che i marinai provano per l’elemento naturale che li nutre e dona loro benessere. Questo sentimento ci esorta ad impegnarci nel rispetto dell’ambiente, nella sua tutela e nel suo miglioramento. Anche in queste attività, infatti, si vede il riflesso della luce del Vangelo”. Poi, l’Apostolato del Mare ricorda che “in mare tante persone lavorano e trascorrono molti giorni e molte notti. Quando tornano a casa, queste stesse persone hanno bisogno di un affetto e di un’attenzione molto speciali. Per questo, noi vescovi chiediamo a tutti, specialmente ai parroci del litorale, di accogliere ed accompagnare i marinai quando sbarcano e di occuparsi dei loro problemi e delle loro necessità”. Di qui, l’invito dell’Apostolato perché si istituisca “una pastorale per il mondo del mare che comprenda anche modelli di solidarietà con la realtà dell’immigrazione dei marinai”. Inoltre, i vescovi spagnoli chiedono “a tutta la società di essere solidale con le famiglie marinaie, in modo particolare con le mogli che, nella solitudine della casa, devono fare da madre e da padre quando il marito trascorre molto tempo in mare”. Nel messaggio, poi, si ricorda l’importanza di “testimoniare con coraggio e senza timori il messaggio cristiano, perché la forza dell’evangelizzazione si trasformi, nei marinai, in uno stimolo a manifestare la fede”. Ma i vescovi non dimenticano i problemi che affliggono il mondo marino, come “la sicurezza giuridica delle barche nei porti, la pirateria, la paura di essere abbordati e sequestrati in mezzo alle acque”. Per questo, l’Apostolato del Mare “desidera manifestare la propria vicinanza alle famiglie che, in questo ultimo anno, hanno sofferto per la morte in mare dei loro cari”. Citando poi la seconda Enciclica di Benedetto XVI, Spe Salvi, i vescovi spagnoli rivolgono una preghiera a Maria, Stella Maris, invocando la sua protezione ed il suo aiuto per ogni “singola vita, specialmente quelle in mare”. (I.P.)
Tarso: i cristiani attendono il permesso di pregare nella Chiesa di San Paolo
◊ Record di pellegrini cristiani per la Chiesa dell’Apostolo delle genti nell’Anno Paolino: sono stati 416 i gruppi di fedeli, provenienti da 30 Paesi, che hanno visitato la città natale dell'Apostolo di Tarso. Per l’occasione, le autorità turche hanno assicurato una speciale licenza, perché nel tempio del VI secolo si potessero svolgere la Messa e altri servizi. Questo, perché il luogo di culto era stato trasformato in museo nel 1943 dal Governo, che si era impadronito del luogo. Tra l’altro, chi voleva partecipare alla Messa, doveva pagare il biglietto d'ingresso per assistere alle celebrazioni liturgiche. Adesso i cristiani turchi sono in attesa dell’estensione del permesso, senza restrizioni, per pregare nella Chiesa. "Sono fiducioso che la Chiesa di Tarso possa presto passare da museo a centro di pellegrinaggio spirituale", ha confessato il vescovo Luigi Padovese, vicario apostolico per l'Anatolia. "Per la prima volta i musulmani turchi hanno visto i cristiani non come turisti, ma come pellegrini in preghiera", ha detto il vescovo all'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che si occupa dei cristiani perseguitati e sofferenti, aggiungendo che la devozione di quanti si sono recati nei luoghi paolini ha colpito molto il popolo turco. "È ormai chiaro che San Paolo sarà venerato a Tarso e che il luogo in cui è nato non sarà considerato solo un museo dai cristiani". Le difficoltà riguardanti i servizi nella chiesa di San Paolo fanno parte di problemi più complessi che la minoranza cristiana in Turchia si trova a dover affrontare. I 500mila cristiani turchi, che rappresentano meno dell'1% della popolazione, subiscono spesso discriminazioni e vessazioni, un problema aggravato dal fatto che la loro religione appare sulla carta d'identità. Il vescovo Padovese ha chiesto ai cristiani europei di continuare a esercitare pressioni affinché in Turchia ci sia una maggiore libertà religiosa, affermando che nel Paese "si può spesso ottenere di più dal di fuori, che dal di dentro". Le richieste per la fine delle restrizioni al culto cristiano sono giunte da figure di spicco come il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia. Per mons. Padovese "una certa pressione pubblica è utile, ma solo se nasce dall'amore per la Turchia e da un autentico desiderio che la libertà religiosa possa aumentare nel Paese". (A.D.G.)
L’arcivescovo di Milano in Francia, in pellegrinaggio con le famiglie sulle orme dei Santi
◊ L’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, guida da ieri e fino al 14 luglio il pellegrinaggio diocesano in Francia dal titolo “Percorsi di santità per l’oggi”. Questo pellegrinaggio accade significativamente al termine del Percorso pastorale diocesano dedicato alla famiglia e nasce dall’invito rivolto dalla diocesi francese di Bayeux al cardinale Tettamanzi per celebrare la prima festa liturgica dei beati Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino, elevati agli onori degli altari il 19 ottobre 2008. Domani, a Lisieux l’arcivescovo di Milano presiederà la Messa per la prima memoria liturgica dei beati Martin. Sempre a Lisieux ci sarà una testimonianza dei genitori di Pietro Schilirò, il bambino di Monza affetto dalla nascita da una grave insufficienza respiratoria e con pochissime possibilità di vita e poi guarito in modo prodigioso e inspiegabile. Il miracolo è stato riconosciuto dalla Chiesa e attribuito proprio ai beati coniugi Martin. In questo viaggio il cardinale Tettamanzi sarà accompagnato dai responsabili del Servizio diocesano per la famiglia e da un gruppo significativo di famiglie e di sacerdoti. Nevers, Alençon, Lisieux e Ars sono le mete dell’itinerario che aiuterà a fare memoria di Santa Bernadette, di Santa Teresa di Gesù Bambino e dei suoi genitori e del Santo Curato d’Ars, “patrono” dei sacerdoti. Quest’ultima tappa sarà l’occasione per la diocesi di Milano per sottolineare l’importanza dell’Anno Sacerdotale voluto da papa Benedetto XVI. (A.M.)
Iran: riprende vigore l’opposizione, ma il governo conferma la linea dura
◊ Se dal G8 giungono possibili nuove sanzioni per fronteggiare la minaccia nucleare, nella Repubblica Islamica iraniana riprende vigore l’opposizione. Dopo le manifestazioni contro l’esito delle recenti elezioni, che hanno riconfermato alla presidenza il conservatore Ahmadinejad, l'ayatollah Rafsanjani ha riaperto il suo sito Internet per contestare quella che viene definita una palese manipolazione del voto. Sugli obiettivi dell’opposizione iraniana, Giancarlo La Vella ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di geopolitica all’Università Cattolica di Milano:
R. – Se si intende uno scontro armato, non mi sembra ancora che in Iran vi siano dei leader disposti ad affrontare questa possibilità. Però è scattato qualcosa. La palese manipolazione dei risultati ha provocato una rottura nel sistema iraniano e ha provocato una rabbia che in Iran era assopita. Gli iraniani, soprattutto i giovani, avevano creduto di poter modificare la situazione. Non vi sono riusciti e sembrano come rassegnati.
D. - L’azione dell’opposizione è comunque all’interno delle istituzioni islamiche o è possibile paventare un cambiamento di più ampia portata?
R. – Io ho sempre sostenuto che la Repubblica Islamica avesse una forte capacità di resistenza proprio perché permetteva un certo grado di dissenso. Le varie fazioni all’interno del sistema di potere avevano valori, idee abbastanza diversificate; si tollerava la diversità politica, cosa che in molte dittature non era più permesso. Ora il sistema di potere è più rigido, però questo è anche un pericolo per la Repubblica Islamica, anche se io non mi immagino capovolgimenti brutali o straordinari nel breve periodo. E’ vero che l’Iran è per definizione imprevedibile, ma credo che il sistema di potere della Repubblica Islamica continuerà, anche se è interessante vedere l’evoluzione di questa opposizione più rigida, dall’interno.
Iran
I media iraniani fanno sapere che Abbas Mirza Abu Talebi, vice capo del quartier generale dell'ex candidato alle presidenziali, Moussavi, è stato arrestato. E il procuratore della provincia del Sistan-Balucistan ha annunciato che presto saranno impiccati 12 membri di un gruppo ribelle sunnita, condannati a morte come “nemici di Dio” per aver compiuto attentati che hanno provocato vittime civili.
Cina
La Cina ha annunciato oggi un nuovo bilancio delle vittime delle violenze interetniche dei giorni scorsi a Urumqi, nella provincia del Xinjiang. I morti sarebbero stati 184 e non 156 come affermato in precedenza. Di questi 137 sono cinesi e 46 sono dell'etnia musulmana e turcofona degli uighuri. L'esule uighura Rebiya Kadeer ha affermato a Washington che secondo “informazioni non confermate” provenienti dallo Xinjiang i decessi potrebbero essere stati mille o forse più.
Afghanistan
Sono 8 i militari britannici che hanno perso la vita nelle ultime 24 ore in diverse esplosioni avvenute nel sud dell’Afghanistan. Il Ministero britannico della Difesa ha annunciato che il numero complessivo di soldati inglesi morti nel mese di luglio sale a 15, la più grave perdita da quando le truppe britanniche sono nel Paese asiatico. Inoltre altri quattro uomini delle forze di sicurezza sono deceduti oggi a causa di un missile che ha colpito il convoglio sul quale viaggiavano. Intanto, l'organizzazione umanitaria americana “Physicians for Human Rights” ha chiesto al Dipartimento di Giustizia Usa l'apertura di un’inchiesta dopo le rivelazioni del "New York Times" sulla strage dei prigionieri talebani avvenuta nel 2001 a Shibergan, nel nord dell’Afghanistan.
Algeria
L'esplosione di tre bombe in due giorni ha provocato in Algeria un morto e otto feriti, tutti militari. Le deflagrazioni sono avvenute giovedì e venerdì, nella regione berbera della Cabila, nell’est del Paese. La zona è considerata il covo di Al Qaida per il Maghreb islamico (ex-Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento). La notizia è stata riferita oggi dalla stampa algerina, ma al momento non ci sono conferme da fonti ufficiali. Un ordigno posizionato sulla strada è esploso giovedì al passaggio di un convoglio dell'esercito impegnato in un'operazione di rastrellamento tra le montagne di Azzefoun, vicino a Tizi Ouzou. Venerdì altre due bombe azionate a distanza hanno colpito una pattuglia vicino alla foresta di Yakouren, 45 km ad est del capoluogo della Cabilia.
Grecia
Disordini in Grecia. Guerriglia urbana marxista e movimento anarchico greci hanno proseguito i loro attacchi, apparentemente congiunti, facendo esplodere un ordigno ad Atene davanti alla casa dell'ex viceministro dell'Interno greco Panayiotis Hinofotis e sparando colpi contro un gruppo di agenti. Non vi è stata nessuna vittima. Hinofotis, ex ammiraglio e attuale deputato del partito di maggioranza, era il numero due del Ministero dell'Interno responsabile della polizia durante l'uccisione di un quindicenne da parte di due agenti il 6 dicembre scorso, episodio che provocò una grande ondata di disordini. L'attentato odierno non è stato per ora rivendicato.
Italia: muore la 24.ma vittima della strage di Viareggio
Continua ad aumentare il bilancio dei morti della strage ferroviaria di Viareggio. Alle prime ore di questa mattina è deceduto Alessandro Farnocchia, quarantacinque anni, ricoverato all'ospedale Villa Scassi di Sampierdarena, a Genova per ustioni sul 90% del corpo. Nello stesso reparto era morta l'altro ieri la 24enne Sara Orsi, che aveva riportato ustioni sull'80% del corpo. Continuano, intanto, le ricerche dell’uomo ancora disperso.
Honduras
Se Manuel Zelaya non tornerà al suo posto, ci sarà un'ondata di colpi di Stato in America Latina. È l'ammonimento lanciato oggi dall'ex presidente cubano Fidel Castro, il quale ha consigliato al presidente deposto dell’Honduras di non accettare “manovre dilatorie”. Secondo Castro, l’Honduras oggi è “non soltanto un Paese occupato dai golpisti, ma anche un Paese occupato dalle forze armate degli Stati Uniti”. “L'autorità di molti governi non militari nel centro e nel Sudamerica resterà debole”, ha continuato. “Zelaya sa – ha aggiunto Castro - che è in gioco non soltanto la Costituzione dell'Honduras, ma anche il diritto dei popoli dell'America Latina a scegliere i propri governanti”. E all’interno del governo golpista non mancano le polemiche: si è dimesso il ministro degli Affari Esteri, Enrique Ortez Colindres, che aveva usato espressioni offensive e razziste nei confronti del presidente americano Barack Obama. Lo ha annunciato il presidente de facto dell'Honduras, Roberto Micheletti.
Bosnia: giornata della memoria del genocidio di Srebrenica
Migliaia di persone provenienti da Sarajevo si sono riunite oggi a Srebrenica, nell'est della Bosnia, per commemorare il massacro di circa 8000 musulmani compiuto dalle forze serbo bosniache nel 1995. La cerimonia si è svolta nel cimitero di Potocari nel quale si seppelliranno i resti di 534 vittime identificate nelle fosse comuni. Il genocidio di Srebrenica è stato definito da una risoluzione del Parlamento Europeo come il maggior crimine di guerra perpetrato in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. L'anniversario del crimine di guerra è commemorato oggi anche negli altri Paesi dell'Unione Europea in seguito a una risoluzione del Parlamento di Strasburgo che ha proclamato l’11 luglio Giornata della memoria delle vittime del genocidio di Srebrenica. (Panoramica internazionale a cura di Virginia Volpe e Mariella Pugliesi)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 192
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