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Sommario del 10/07/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all’ambasciatore messicano: la libertà religiosa è la roccia su cui si fondano i diritti umani
  • Altre udienze e nomine. Nel pomeriggio, l'udienza di Benedetto XVI al presidente degli Stati Uniti, Barak Obama
  • Lunga agenda di lavori nel dialogo tra Santa Sede e Stato d'Israele
  • Pio XII e la Shoah tra i temi di dibattito al primo Seminario internazionale di storici sull’Olocausto. Intervista con don Giovanni Caputa
  • Mons. Tomasi all'Ecosoc di Ginevra: sostenere programmi di salute pubblica nelle nazioni povere è un imperativo etico prima che pratico
  • Il Comitato intergovernativo di bioetica definisce "obsoleta" la tecnica della clonazione. L’opinione di mons. Francesco Follo
  • L'Apocalisse di San Giovanni messa in musica al Festival dei due mondi di Spoleto, con la collaborazione di mons. Gianfranco Ravasi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il G8 a L'Aquila chiude con la promessa di 20 miliardi di dollari per la sicurezza alimentare
  • Duemila giovani all'Incontro europeo degli studenti universitari in corso a Roma
  • Chiesa e Società

  • Honduras: i vescovi difendono il cardinale Rodriguez Maradiaga dagli attacchi di alcuni settori della stampa
  • La violenza contro le donne è impunita in Afghanistan: lo denuncia un rapporto Onu
  • Siccità in Africa: tre milioni di persone in difficoltà
  • Migliaia di sfollati in Africa centro-occidentale a causa delle forti piogge
  • Repubblica Democratica del Congo: attacchi contro i cattolici
  • Congo-Brazzaville: alle presidenziali di domenica prossima i vescovi chiedono elezioni libere
  • Per i vescovi sudcoreani “morte dignitosa” eufemismo per legalizzare l’eutanasia
  • Il governo srilankese invita le agenzie internazionali a ridurre le attività nei campi profughi
  • Nasce in Perù la “Commissione della verità” per indagare sulle violenze in Amazzonia
  • Panama: documento di Aparecida e questione sociale tra i temi discussi alla Plenaria dei vescovi
  • Filippine: domani a Manila si apre la plenaria dei vescovi
  • La Caritas: serve una globalizzazione etica per guidare lo sviluppo
  • Stati Uniti: reazioni positive alla “Caritas in veritate”
  • Costantinopoli e Mosca procedono sulla strada del dialogo
  • Al via il Sinodo anglicano a York, in Inghilterra
  • Una delegazione ecumenica internazionale in visita in Africa e in America Latina
  • Il Codice Sinaitico risalente al IV secolo consultabile su Internet
  • Dal progetto Farmacia Solidale oltre 9 mila euro raccolti per l’asilo nido interetnico di Milano
  • Gli scout testimoni di speranza nelle tendopoli in Abruzzo
  • Lumsa: il professor Dalla Torre riconfermato rettore
  • 24 Ore nel Mondo

  • Non si ferma la violenza in Afghanistan dove prosegue l’offensiva contro i talebani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all’ambasciatore messicano: la libertà religiosa è la roccia su cui si fondano i diritti umani

    ◊   La libertà religiosa, la difesa della vita, la promozione della famiglia e della solidarietà sono stati i punti salienti toccati da Benedetto XVI nel suo discorso all’ambasciatore del Messico, Héctor Federico Ling Altamirano, ricevuto stamani in Vaticano per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il Papa ha lodato la decisione del Messico di eliminare la pena capitale dalla sua legislazione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il miglior servizio che i cristiani possono offrire alla società “è la proclamazione del Vangelo che illumina una genuina cultura democratica e orienta la ricerca del bene comune”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, che nel discorso all’ambasciatore messicano ha messo l’accento sull’importanza della fede nella vita sociale:

     
    “En efecto, la libertad religiosa no es un derecho más…”
    “In effetti - ha detto - la libertà religiosa non è un diritto in più o un privilegio che la Chiesa reclama”. Invero, ha avvertito, “è la roccia” su cui si fondando i diritti umani giacché in questa libertà “si manifesta in modo particolare la dimensione trascendente della persona umana e l’assoluta inviolabilità della sua dignità”. Per questo, non si può ridurre la libertà religiosa “ad una mera convivenza di cittadini che praticano privatamente la propria religione” o “restringerla all’esercizio del culto”:

     
    “A este respecto, la Iglesia católica, a la vez que sostiene e impulsa…”
    “A tal riguardo - ha specificato il Papa - la Chiesa cattolica, nel momento in cui sostiene e promuove questa visione” del ruolo positivo della religione nella società, “non desidera interferire nella dovuta autonomia delle istituzioni civili”. D’altro canto, ha aggiunto, “la Chiesa e la comunità politica sono e devono sentirsi, ognuno a diverso titolo, al servizio della vocazione personale e sociale” dei cittadini. Benedetto XVI ha poi lodato il clima di “reciproca autonomia e sana collaborazione”, ancor più considerando il posto rilevante che la religione occupa nella storia del Paese. Il Papa non ha poi mancato di enumerare quei gravi problemi che tuttora affliggono il Messico: dalla violenza al narcotraffico, dalla disuguaglianza alla povertà. Per affrontare queste sfide, ha assicurato, la società messicana potrà sempre contare sulla “leale cooperazione e solidarietà della Chiesa cattolica”. E ha ribadito che non sono sufficienti “mezzi tecnici o di sicurezza” per trovare soluzioni efficaci e durature. E’ invece necessario, ha affermato, “un rinnovamento morale” e “l’educazione delle coscienze” come anche “la costruzione di una vera cultura della vita”:

     
    “Nunca se insistirá bastante en que el derecho a la vida…”
    “Non si insisterà mai abbastanza - è stato il suo richiamo - che il diritto alla vita deve essere riconosciuto in tutta la sua ampiezza”. La persona, ha detto ancora, “merita rispetto e solidarietà” dal concepimento alla morte naturale. Ed ha auspicato che questo sforzo per la vita sia sostenuto dalla “promozione di leggi giuste e politiche” che tengano conto dell’altissimo valore dell’essere umano in ogni suo momento. Benedetto XVI ha inoltre ribadito che l’identità messicana si è forgiata nel corso dei secoli con il messaggio di salvezza proclamato dalla Chiesa cattolica:

     
    “La fe en Jesucristo ha engendrado en México…”
    “La fede in Gesù Cristo - ha ricordato - ha generato in Messico una cultura” di speranza che dà vita a dei principi per lo sviluppo della società, la promozione della giustizia, il lavoro per la pace e, ancora, la lotta contro la violenza, la corruzione e la criminalità e la costante tutela della vita umana e della sua dignità. Il Papa ha anche ricordato il recente Incontro mondiale delle Famiglie a Città del Messico, ribadendo la centralità della famiglia fondata sul matrimonio, cellula base di tutto il tessuto sociale.

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    Altre udienze e nomine. Nel pomeriggio, l'udienza di Benedetto XVI al presidente degli Stati Uniti, Barak Obama

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, il cardinale Agostino Vallini, vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, e mons. Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, arcivescovo di Colombo nello Sri Lanka.

    Nel pomeriggio, è in programma l'udienza di Benedetto XVI al presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama, con la consorte e il seguito. Prima di incontrare il Papa, il presidente americano si intratterrà a colloquio con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, nella Sala d'Angolo del Palazzo Apostolico.

    In Messico, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Cuernavaca, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Florencio Olvera Ochoa. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Alfonso Cortés Contreras, finora ausiliare di Monterrey. Mons. Cortés Contreras, 61 anni, dopo aver svolto il ministero parrocchiale ed aver ricoperto l’incarico di formatore e professore nel Seminario vescovile di Zamora e di docente di antropologia teologica presso la Pontificia Università di México, è stato chiamato a Roma per assumere gli uffici di Padre Spirituale, prima, poi di economo ed infine di rettore del Pontificio Collegio Messicano. Durante gli anni del ministero romano è stato eletto Presidente dell’Associazione dei Rettori dei Collegi Ecclesiastici di Roma. E’ stato nominato vescovo ausiliare di Monterrrey il 24 giugno 2005.

    In Corea, l Pontefice ha nominato arcivescovo coadiutore dell’Arcidiocesi di Kwangju mons. Hyginus Kim Hee-joong, finora ausiliare della medesima Sede metropolitana.

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    Lunga agenda di lavori nel dialogo tra Santa Sede e Stato d'Israele

    ◊   La Commissione bilaterale di lavoro tra Stato di Israele-Santa Sede si è riunita ieri a Gerusalemme, presso il Ministero degli Esteri israeliano, per continuare i negoziati sull’“Accordo economico”. Al termine è stato diffuso un comunicato congiunto in cui si legge che “i colloqui sono avvenuti in un’atmosfera di grande cordialità e le delegazioni credono di aver contribuito a portare avanti i colloqui verso l’accordo desiderato. I prossimi incontri della Commissione avranno luogo il 26 agosto, il 15 e 16 settembre, il 14 e 15 ottobre, l’11 e 12 novembre, e come già annunciato, la prossima Commissione plenaria si riunirà il 10 dicembre 2009 in Vaticano”. Le date annunciate dei prossimi incontri rappresentano una novità rispetto al passato e farebbero ben sperare per un raggiungimento dell’Accordo economico entro l’anno.

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    Pio XII e la Shoah tra i temi di dibattito al primo Seminario internazionale di storici sull’Olocausto. Intervista con don Giovanni Caputa

    ◊   Le radici filosofiche, la condizioni di vita nei ghetti, il ruolo di Papa Pio XII e della Chiesa negli anni della Seconda Guerra mondiale sono stati al centro del Seminario internazionale di formazione per docenti sulla Shoah. Al seminario - tenutosi dal 28 giugno all’8 luglio scorso - è intervenuto anche don Giovanni Caputa, segretario della delegazione vaticana nella Commissione bilaterale di negoziati tra Santa Sede e Stato di Israele, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. - Questo è il primo Seminario internazionale per professori di storia contemporanea che la Scuola internazionale di studi per l’Olocausto ha organizzato a Gerusalemme. Naturalmente, durante il seminario sono stati presi in esame tutti gli aspetti dell’Olocausto, sullo sfondo di un amplissimo excursus dedicato alla storia dell’antisemitismo. Sono stati esplorati vari campi interconnessi tra loro: le radici filosofiche dell’antisemitismo, le condizioni di vita nei ghetti, la resistenza morale ed armata, gli esperimenti medici. Ampio spazio è stata anche dedicato a Papa Pio XII.

     
    D. - Qual è stato il ruolo della Chiesa cattolica e di Papa Pio XII durante gli anni drammatici della Seconda Guerra mondiale?

     
    R. - Ho messo di fronte agli uditori una lista d’interventi di Papa Pacelli. Da tutta questa documentazione, risulta che gli interventi di Pio XII sono stati numerosi, espliciti e intesi in maniera diretta da coloro che dovevano intenderli. I nazisti reagivano in maniera seccata, nervosa a queste prese di posizione di Pio XII. C’è anche la testimonianza molto importante di Albert Einstein, che nel 1940 afferma: “Soltanto la Chiesa cattolica si era chiaramente pronunciata e aveva cercato di sbarrare il sentiero a Hitler. Sono obbligato a confessare che quello che fino ad adesso disprezzavo, ora ho iniziato ad ammirare senza riserve”.

     
    D. - Questi documenti, queste importanti testimonianze ed anche la recente visita del Papa in Israele possono portare ad una nuova valutazione da parte di storici ebraici sul Pontificato di Pio XII, sul suo impegno in favore delle vittime dell'Olocausto?

     
    R. - Ci vorrà del tempo, perché “spezzare l’atomo”, diceva Einstein, “è più facile che spezzare un pregiudizio”. La storia, però, alla fine, farà risaltare la grandezza di Pio XII e di tutti coloro che hanno collaborato con lui, seguendo le sue direttive, in maniera evidentemente segreta. Era chiaro che non si potesse riferire ai quattro venti tutto quello che si stava facendo.

     
    D. - Un altro capitolo è quello dei possibili risvolti diplomatici tra Santa Sede e Stato ebraico. Dai primi anni Novanta, Santa Sede e Israele hanno avviato trattative per stabilire un tipo di “Concordato a tappe”. Verso quale meta si procede?

     
    R. - L’obiettivo finale è quello di stabilizzare la situazione della Chiesa cattolica in Terra Santa, che fino al 1992 non aveva neanche un riconoscimento legale. Evidentemente, come tutti comprendono, questo è un terreno talmente complesso e complicato che non è facile procedere.

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    Mons. Tomasi all'Ecosoc di Ginevra: sostenere programmi di salute pubblica nelle nazioni povere è un imperativo etico prima che pratico

    ◊   Garantire, nell’era della crisi economica globale, l’accesso a un’assistenza sanitaria di base alle popolazioni dei Paesi poveri è un imperativo etico oltre che una lungimirante scelta pratica. E’ una delle considerazioni dell’intervento che l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi ha tenuto ieri a Ginevra durante l’incontro del Consiglio economico e sociale (Ecosoc) delle Nazioni Unite. Il rappresentante della Santa Sede all'Onu di Ginevra ha fatto un quadro dell’attuale situazione di emergenza delle nazioni meno sviluppate, sollecitando gli Stati ricchi ad intervenire in modo mirato. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Mentre gli analisti discutono le cause della crisi, le conseguenze sociali delle nuove povertà, la perdita di posti di lavoro, la malnutrizione e uno sviluppo soffocato si abbattono sui gruppi più vulnerabili della popolazione e pertanto chiedono a risposte efficaci e tempestive”. E’ un esordio senza giri di parole quello di mons. Tomasi all’Ecosoc di Ginevra. Il presule, riecheggiando l’ultima Enciclica di Benedetto XVI, attribuisce la crisi finanziaria ed economica che imperversa sul pianeta all’avidità” e alla “mancanza di responsabilità etica”. In particolare, l’appuntamento gli esperti dell’Onu si sono concentrati sulla questione della salute pubblica, in particolare nelle aree povere del globo. La crisi globale che “continua senza sosta”, e che “si è esacerbata” - afferma mons. Tomasi - per l’imperversare di pandemie, come quella provocata dal virus A-H1N1, come pure per i problemi crescenti della sicurezza alimentare, dimostra - ha osservato il presule - quanto sia stretto “il legame tra povertà e salute”. La Delegazione della Santa Sede, ha proseguito, “prende atto con profonda preoccupazione” delle previsioni della Banca Mondiale, secondo la quale nel corso del 2009 aumenterà da 53 a 65 milioni il numero delle persone “in condizioni di estrema povertà”, mentre supererà il miliardo quello delle persone colpite da fame cronica, 800 milioni delle quali concentrate - ha sottolineato mons. Tomasi - “nelle zone rurali dove la salute pubblica è debole e dove sono urgenti iniziative innovative di assistenza sanitaria”.

     
    “Affrontare questo problema - ha insistito - più ancora che una espressione di solidarietà, è una questione di giustizia per superare la tentazione di ridurre i servizi pubblici per un beneficio a breve termine contro un costo umano a lungo termine”. In particolare, va risolto il problema delle donne che “continuano in molte regioni a ricevere un'assistenza sanitaria di bassa qualità”. E qui, il rappresentante vaticano a Ginevra ha ricordato l’impegno vasto e articolato della Chiesa in campo sanitario: essa, ha enumerato, gestisce 5.378 ospedali, 18.088 cliniche, 15.448 case per anziani e disabili, e altri programmi di assistenza sanitaria in tutto il mondo, ma soprattutto nelle aree più isolate ed emarginate, specie “tra le persone che raramente hanno accesso alle cure sanitarie fornite a livello nazionale, a livello provinciale o di distretto governativo”, come sovente accade in Africa.
     
    Ma, ha lamentato mons. Tomasi, il lavoro, molto spesso riconosciuto di eccellente qualità, svolto dalle strutture sanitarie ecclesiali non riceve - come del resto accade per altre strutture di tipo confessionale - una “quota equa delle risorse designate per sostenere a livello mondiale, nazionale e locale, le iniziative sulla salute”. “In un mondo sempre più interdipendente, dove anche malattie e virus non hanno confini, una maggiore cooperazione globale - ha sostenuto il presule - diventa non solo una necessità pratica, ma - ancora più importante - un imperativo etico di solidarietà". Dobbiamo essere "guidati dalla migliore tradizione di assistenza sanitaria, che - ha concluso - rispetta e promuove il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale per tutti, indipendentemente da razza, disabilità, nazionalità, religione, sesso e stato socioeconomico”.

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    Il Comitato intergovernativo di bioetica definisce "obsoleta" la tecnica della clonazione. L’opinione di mons. Francesco Follo

    ◊   La nuova tecnica delle cellule staminali pluripotenti indotte, conosciuta con il nome di “iPs”, è destinata a rendere obsoleta la clonazione. E’ quanto hanno sottolineato i partecipanti alla sesta sessione del Comitato intergovernativo di bioetica, tenutasi a Parigi. All’incontro partecipa anche l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco, mons. Francesco Follo, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. - Questo nuovo metodo, "iPS", rende obsoleta la clonazione. Con questa scoperta delle cellule iPS, il problema non esiste più a livello morale. E’ emersa la tendenza a dare prevalenza a questo metodo e a lasciar cadere la questione della clonazione. Il professor Helmut - lo stesso che ha clonato la prima pecora - dice che la clonazione è un metodo obsoleto ed infatti lo ha abbandonato. Prima di tutto, c’è un dibattito scientifico e poi la questione della dimensione etica.

     
    D. - A proposito di metodi, possiamo dire che la clonazione è solo un’imitazione e che il “copyright” sulla creazione è sempre di Dio?

     
    R. - Certamente. Secondo un'antica locuzione, "creatio ex nihilo sui et subiecti”: "Dio crea dal nulla la forma e la materia". Bisogna poi capire se lo scopo è di trovare medicine per la salute delle persone. Ma si deve anche sottolineare che il fine non giustifica i mezzi. La distinzione tra clonazione terapeutica e clonazione pre-produttiva alla fine non è corretta perché si incide già sull’embrione.

     
    D. - Un suo commento sulla recente notizia della clonazione di spermatozoi da parte di un gruppo di ricercatori britannici?

     
    R. - La clonazione per noi non è accettabile sia per motivi morali, sia scientifici. Vorrei anche capire quale sia lo scopo. La libertà di ricerca non vuol dire poter fare tutto quello che il ricercatore ritiene fattibile. Se non si riflette sul senso di quello che si fa, allora quello che si fa diventa il senso della vita. Prima di tutto bisogna vedere qual è lo scopo, e se l’obiettivo è quello di guarire si può procedere nella ricerca. Ma se lo scopo è quello di clonare gli spermatozoi, passa l’idea che tutto ciò che è tecnicamente fattibile sia morale. C’è poi anche un altro salto: quello che è legale diventa morale. Non possono queste essere equazioni valide. Si dimentica anche un’altra cosa: nel passato erano i teologi o il clero che davano le norme morali. Poi è stata la volta dei filosofi. Si è quindi passati agli scienziati. Adesso non sono più neanche gli scienziati, ma i tecnici e la tecnologia. Così si banalizza la dimensione etica, perché c’è un corto circuito pratico e concettuale.

     
    D. - Di fronte a quest’epoca del tecnicismo, quali sono le responsabilità della Chiesa per arginare possibili derive della scienza?

     
    R. - La via migliore è l’idea che ha lanciato da tempo Benedetto XVI di uno studio approfondito della legge naturale. Noi, poi, dovremmo avere una capacità di formulazione, perché se siamo cattolici la nostra morale deve essere universale.

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    L'Apocalisse di San Giovanni messa in musica al Festival dei due mondi di Spoleto, con la collaborazione di mons. Gianfranco Ravasi

    ◊   Al Festival dei due mondi di Spoleto, la giornata di oggi vede la prima esecuzione assoluta dell’Oratorio "Apokàlipsis" di Marcello Panni. Un'opera che ha visto il prezioso contributo esegetico di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il servizio di Silvia Mendicino.

    Attesissima al Festival di Spoleto la prima esecuzione assoluta dell’Oratorio "Apokàlipsis" del Maestro Panni, basato su estratti dal libro dell’Apocalisse di Giovanni. E’ stato mons. Gianfranco Ravasi a suggerire per il lavoro i versetti dell’ultimo libro della Bibbia. Presenti nell’opera anche commenti dello stesso mons. Ravasi, che così si è espresso riguardo al motivo per cui l’Apocalisse di Giovanni ha sollecitato l’immaginario di scrittori, musicisti e poeti di ogni tempo e cultura:

     
    R. - La ragione è abbastanza semplice anche agli occhi del fruitore più semplice dell’Apocalisse. Il lettore cioè, anche sprovveduto, che apre magari per la prima volta quelle pagine, subito ha un’impressione folgorante, che è quella dell’apparato simbolico, che l’autore usa con un vero e proprio scialo di immagini. E’ come se fosse un’esperienza in una notte d’estate di un gioco pirotecnico, di fuochi d’artificio. Sono immagini che continuamente mutano tra di loro, s’intrecciano, hanno percorsi che al lettore immediato sembrano quasi surreali, non avere una loro grammatica, un loro senso. Mentre, in realtà, lo studioso sa che l’autore, attraverso questa simbolica - che riceve la definizione di “apocalittica”, perché appartiene ad un genere letterario ben preciso - costruisce un vero e proprio messaggio. Direi perciò che l’influsso è stato prima di tutto a questo livello, ma non solo a questo livello. E questo sarà il compito di ogni approfondimento nei confronti dell’Apocalisse.

     
    D. - Lei, mons. Ravasi, ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’Oratorio "Apokàlipsis" di Marcello Panni...

     
    R. - Sì, io ho dato il testo, sostanzialmente, che però non è un mio testo ma è il testo dell’Apocalisse, sia pure selezionato in una sorta di antologia. Il libro è costituito da 22 capitoli ed ha una struttura sghemba, perché da un lato ben 20 capitoli sono tutti dedicati alla tragedia della storia, all’oscurità, al trionfo della bestia, della prostituta, del male, i grandi simboli maligni. Gli ultimi due capitoli sono tuttavia quelli decisivi, e sono quelli mirabili, dolcissimi, affascinanti, della nuova Gerusalemme, cioè della nuova creazione. Un libro quindi di speranza.

     
    D. - Ci saranno anche alcuni suoi commenti nella performance dell’opera?

     
    R. - La performance dell’opera suppone, naturalmente, la lettura del testo. Ci sarà una presenza di attori - due attori - ai quali è affidata prima di tutto la parola. La mia presenza è quasi soltanto a sipario chiuso, e a metà del percorso, la voce di Giovanni, il quale dice semplicemente: “Badate che ora sta per aprirsi una “Apokàlipsis”, cioè una "rivelazione”. C’è un segreto da scoprire.

     
    “E vidi e udii voci di molti angeli, attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano: Amen!”

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Se il calcio diventa un circolo esclusivo: in prima pagina, Gaetano Vallini sullo sport al tempo della crisi.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il vertice del G8, che raccoglie la sfida dell'Africa.

    I veri maestri hanno il coraggio di mettersi in gioco; nella pedagogia di Cristo un modello per gli educatori; in cultura, l'intervento dell'arcivescovo Jean-Louis Bruguès alla conferenza internazionale per l'educazione cattolica, della quale sono stati pubblicati gli atti.

    Un articolo di Sandro Barbagallo dal titolo "Collaudi all'italiana": un testo di Marinetti ispira le opere del padiglione dell'Arsenale alla Biennale di Venezia.

    Progresso universale, contraddizioni particolari: Giulia Galeotti su razze e generi nella storia vista dagli illuministi scozzesi.

    E se il cinico doctor House in fondo fosse buono?: l'introduzione al libro di Carlo Bellieni e Andrea Bechi che offre un'originale lettura di una delle più seguite serie televisive.

    La prefazione al volume di Fiorenzo Facchini "Popoli dello yurta. Kazakhstan tra le origini e la modernità".

    Nell’informazione religiosa, in occasione Della festa liturgica di San Benedetto, anticipazione Della prefazione del cardinale Franc Rodè a un libro del monaco Massimo Lapponi sull’incidenza Della Regola benedettina nella vita quotidiana delle famiglie.

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    Oggi in Primo Piano



    Il G8 a L'Aquila chiude con la promessa di 20 miliardi di dollari per la sicurezza alimentare

    ◊   Si è concluso nella tarda mattinata il vertice del G8 a L’Aquila, con la promessa di 20 miliardi di dollari in nuovi aiuti in favore dell’Africa e una dichiarazione sulle principali emergenze internazionali. Scoperta dai leader una targa di solidarietà nei riguardi delle popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto dello scorso aprile, accompagnata dall’impegno di partecipare alla ricostruzione delle zone disastrate. Per il premier italiano, Silvio Berlusconi, visibilmente soddisfatto, dal vertice giunge un forte messaggio di speranza per il mondo. Sentiamo il nostro inviato Stefano Leszczynski:

    Il vertice del G8 allargato ha infine preso ufficialmente un nuovo impegno nei confronti dei Paesi africani destinando 20 miliardi di dollari - dei quali almeno 4 da parte degli Stati Uniti - all’Africa, distribuiti su un periodo di tre anni. I nuovi aiuti destinati alla sicurezza alimentare, quindi allo sviluppo del sistema produttivo di cibo nei Paesi più poveri, si vanno ad aggiungere alle misure già decise in precedenti vertici e riconfermate qui, a L’Aquila, dai leader dei Paesi più ricchi. Un risultato che non è piaciuto alla coalizione delle organizzazioni non governative internazionali presenti al summit, a causa della sua esiguità finanziaria e della mancanza di indicazioni precise sulla gestione - provvisoriamente affidata alla Banca Mondiale - e sull’utilizzo finale dei nuovi fondi. L’intesa tuttavia ha avuto il risultato di rafforzare i legami tra i Paesi del G8 e quelli africani presenti al vertice - Algeria, Angola, Egitto, Etiopia, Libia, Nigeria, Senegal, Sud Africa e Unione Africana - con il rilancio del partenariato sull’accesso all’acqua e lo sviluppo dei sistemi sanitari.
     
    Soddisfazione è stata espressa dai leader degli Stati presenti al vertice sull’intesa raggiunta in materia di emergenza climatica, che vedrà ulteriori sviluppi al prossimo vertice di Copenhagen. Sul commercio mondiale, è stata decisa la conclusione dei negoziati di Doha entro il 2010, con grande rilievo al rifiuto di ogni forma di protezionismo. I leader del G8, inoltre, hanno sottolineano “l’importanza centrale del regime stabilito dal Trattato di non proliferazione e l’impegno a creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari”. A questo scopo, gli Stati Uniti convocheranno una conferenza nella primavera 2010. Grande rilevanza inoltre hanno avuto le crisi internazionali in corso, quale quella mediorientale, con l’intesa di tutti gli Stati membri sulla soluzione dei "due Stati per due popoli" e la preoccupazione dei leader del G8 per i recenti sviluppi della crisi in Iran. Infine, si amplia di fatto la formula del G8, che per il futuro vedrà vertici più ampi con l’inclusione delle economie emergenti.

     
    Per un primo bilancio sui risultati raggiunti dal G8 dell'Aquila, Stefano Leszczynski ha raccolto il commento di Staffan de Mistura, direttore esecutivo del Pam, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite:

    R. - Il summit mi sembra sia sulla giusta direzione. Siamo partiti da una crisi finanziaria che ha preoccupato tutti e che potrebbe, come tutte le crisi, produrre un senso di egoismo, quello che porta cioè ad occuparsi solo dei problemi casa propria. Invece, abbiamo un inizio di 15 miliardi di dollari dedicati a combattere la fame nel mondo, tramite sostegni all’agricoltura e, come ci auguriamo, anche a chi attualmente non è capace di sfamarsi. Anche l’Enciclica di Sua Santità ha dato un messaggio in questa direzione e mi pare che sia stata ascoltata. In conclusione, questo summit mi sembra particolarmente positivo, proprio perché partiamo da un retroterra in cui ci si aspettava egoismo.

     
    D. - Ci sono molte buone intenzioni da parte dei Paesi più ricchi. E' positiva la partecipazione dei Paesi più poveri al vertice, però, allo stesso tempo, i Paesi che discutono questi problemi sono anche quelli che ad esempio innalzano barriere insormontabili contro i flussi migratori. Questo come si conciliano con questi due aspetti?

     
    R. - Nessuno ama emigrare o andar via dal proprio Paese se a casa propria dispone di una situazione alimentare e finanziaria sufficiente per la propria dignità. In questo senso, i 15 miliardi - per i quali mi pare abbia fatto pressioni il presidente Obama - vanno proprio nella direzione di assistere quei Paesi nei quali l’agricoltura è diventata la chiave per la sopravvivenza alimentare, per fare in modo che il Paese stesso possa rilanciarsi da solo. Il nostro compito, in poche parole, è quello di insegnare a pescare - che è cruciale - ma anche quello di continuare a mantenere in vita il pescatore.

     
    Di tenore diverso il giudizio di Sergio Marelli, direttore della Focsiv, che al microfono di Stefano Leszczynski dà voce alle perplessità delle Ong sul G8:
     
    R. - La sintesi che faccio mi porta a dire che si tratta di un vertice che ha un anno di ritardo: poteva essere il G8 de L’Aquila del 2008. Mi spiego: a parte riconfermare gli stanziamenti di Gleneagles e questa iniziativa sulla sicurezza alimentare - della quale bisognerà verificare quanti di questi 15 o più miliardi promessi sono dei miliardi effettivamente nuovi e non riciclati da vecchi finanziamenti e vecchie erogazioni - si tratta di un vertice appunto che non tiene conto del fatto che, in questi ultimi mesi, una crisi globale - senza precedenti, finanziaria, economica - si è abbattuta in particolare sui Paesi poveri. Un G8 così è un G8 inefficace. Un G8 che accusa le Nazioni Unite di inefficienza e giustifica la sua permanenza ed esistenza proprio in nome di una maggiore efficacia, per le decisioni che riguardano il mondo, si autodefinisce come un G8 che non riesce a trovare quelle soluzioni concrete e urgenti che bisognerebbe mettere in atto dopo uno "tsunami" come quello che si è abbattuto negli ultimi mesi sulle borse, sui mercati e sulle economie mondiali.

     
    D. - Un aspetto positivo, forse, è l’allargamento del G8: da G8 a G14, con l’inclusione dei Paesi delle principali economie emergenti. Potrebbe diventare un vertice più efficace in questo modo?

     
    R. - Non sono mai stato precluso anche a delle formule più ristrette per trovare dei consensi. Ad una sola condizione però: che tutte le decisioni, le dichiarazioni che vengono assunte in questi vertici, nel G8, nel G14 - a settembre ci sarà il G20 - devono convergere verso la costruzione di un consenso che può essere assunto nell’unico luogo internazionale, legittimamente deputato a definire le regole mondiali, che è l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. E’ per questo che come Focsiv sosterremo - poiché saremo presenti all’Assemblea generale del prossimo settembre - la proposta che il professor Stiglitz ha consegnato al segretario generale delle Nazioni Unite, ovvero la costituzione di un Global economic council, cioè di un Consiglio di sicurezza, che possa avere potere dirimente e decisionale sulle grandi questioni economiche e sociali: quelle che stanno vivendo soprattutto i Paesi poveri, ma delle quali stiamo subendo le conseguenze anche qui nei nostri Paesi ricchi.

     
    D. - Una riflessione sul ruolo delle organizzazioni non governative, qui al vertice. Si sono presentate compatte, sono riuscite a fare passare il proprio messaggio. Una presenza più partecipativa forse e meno di opposizione?

     
    R. - Quando ci si mette insieme si ottengono anche risultati. Lo abbiamo dimostrato, quando nel 2000 insieme abbiamo potuto far crollare il muro di un problema intoccabile come quello del debito estero, del debito internazionale. Lo abbiamo dimostrato di nuovo qui, in questi giorni, a L’Aquila: quando ci si unisce si ottengono più risultati. Ne cito uno per tutti: giovedì 2 luglio, abbiamo incontrato il presidente del Consiglio, Berlusconi, gli abbiamo presentato un nostro documento contenente le critiche, le richieste, ma anche le proposte su come trovare delle soluzioni in favore delle popolazioni più povere del mondo. Il presidente del Consiglio si era impegnato a consegnare questo documento agli otto Grandi della terra e ciò è avvenuto ieri mattina. Adesso, è nelle loro mani la possibilità di attuarle, per consegnare un futuro più giusto, più equo, più sostenibile e più vivibile, anche per noi, a tutti gli abitanti del pianeta.

     
    D. - Le parole di Benedetto XVI con la sua Enciclica, ma anche le molte parole spese nell'appello ai Grandi, ha avuto secondo te un effetto quanto meno etico, morale, su questi lavori?

     
    R. - Un’Enciclica che tutti aspettavamo e che è stata presentata proprio il giorno prima dell’apertura del vertice de L’Aquila: penso che già la scelta della data sia un segnale e un messaggio chiaro, che richiama a delle responsabilità, alla necessità di ritornare ad un’etica del bene comune. I Grandi della terra oggi stanno assumendo delle decisioni che non sono prese dal governo del mondo, ma sappiamo tutti che avranno degli impatti notevoli e significativi su tutto il mondo.

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    Duemila giovani all'Incontro europeo degli studenti universitari in corso a Roma

    ◊   “Nuovi discepoli di Emmaus. Da cristiani in Università” è il tema del primo Incontro europeo degli studenti universitari, organizzato dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa e dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, che si è aperto ieri sera a Roma nella Basilica di S. Giovanni in Laterano. Il meeting, che si concluderà domenica, vede la presenza di oltre 2000 giovani provenienti dal Vecchio continente, a confronto sul modo di portare il Vangelo nella vita quotidiana degli atenei. Il servizio di Marina Tomarro:

    “Anche i discepoli hanno vissuto momenti di scoraggiamento dopo la morte di Cristo, ma il Signore è apparso loro per riaccendere nel cuore la forza della speranza, e farli suoi testimoni nelle strade del mondo” Con queste parole, mons. Marek Jedraszewski, vescovo ausiliare di Poznam, in Polonia e presidente della sezione "Università" del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, ha aperto ieri sera l’Incontro europeo degli studenti universitari. “Questo incontro - ha continuato il presule, rivolgendosi agli oltre 2000 ragazzi presenti - deve essere per voi un annuncio di speranza da portare poi ai vostri amici quando tornerete a casa".

     
    "La nostra - ha affermato il presule polacco - è una fede reale che si concretizza con l’incontro con Cristo, e si oppone a una visione individualistica e astratta di Dio, che molti vi possono proporre”. Nel pomeriggio, il meeting universitario entrerà nel vivo dei lavori, con i giovani che si confronteranno su tre importanti tematiche: la speranza, la vita nuova e la carità intellettuale in Europa. La giornata si concluderà con una veglia di preghiera dei partecipanti nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, in preparazione all’atteso incontro di domani mattina in Vaticano con Benedetto XVI.

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    Chiesa e Società



    Honduras: i vescovi difendono il cardinale Rodriguez Maradiaga dagli attacchi di alcuni settori della stampa

    ◊   Mons. Darwin Andino, vescovo ausiliare di Tegucigalpa, in alcune dichiarazioni al quotidiano di Tegucigalpa “La Tribuna” smentisce categoricamente alcune articoli apparsi soprattutto sul web che parlano di “gravi disaccordi” tra alcuni vescovi dell’Honduras e l’arcivescovo della capitale cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga. Alcuni di questi testi si spingono addirittura ad affermare gratuitamente, e dunque senza nessun fondamento, che anche “il Vaticano sarebbe in disaccordo” con l’opera del porporato in questi giorni difficili per il Paese. Si tratta ovviamente di falsità il cui scopo resta oscuro anche perché il cardinale, giorni fa, ha letto e illustrato un documento degli 11 vescovi honduregni mai smentito da nessuno. Appare chiaro che ad alcuni settori danno fastidio le posizioni dei vescovi honduregni impegnati, da molti mesi, in un’opera di riconciliazione interna allo scopo di portare le parti in conflitto al dialogo e alla ricerca del consenso necessario per far prevalere su ogni cosa il bene comune. Già nella dichiarazione episcopale del febbraio scorso, i presuli, e il cardinale Rodriguez Maradiaga in prima persona, avevano richiamato l’attenzione della nazione e dell’opinione pubblica internazionale sui rischi che correva il Paese sotto il dominio di una polarizzazione politica estrema. In questi mesi l’opera dei vescovi, e con loro quella del porporato, è stata tutta improntata, come viene riconosciuto da più parti, ad avvicinare le parti con lo scopo soprattutto di far rientrare la polemica politica non solo nella “ragionevolezza, ma anche nell’alveo della legalità”. Agli uni e altri è stato ricordato sempre da parte dei vescovi che “non si risolve un’illegalità con un’altra illegalità”. In queste ore, la Conferenza episcopale dell’Honduras così come il popolo honduregno hanno ricevuto espressioni di affetto e solidarietà da parte di numerosi episcopati latinoamericani, come ad esempio del Costa Rica - il cui Presidente della Repubblica Oscar Arias è impegnato in una mediazione delicatissima - del Brasile, del Venezuela, de El Salvador e dell’Argentina. (A cura di Luis Badilla)

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    La violenza contro le donne è impunita in Afghanistan: lo denuncia un rapporto Onu

    ◊   La violenza contro le donne, compreso lo stupro, è un fenomeno di vaste proporzioni in Afghanistan, secondo il nuovo rapporto delle Nazioni Unite, che descrive in dettaglio la vastità del problema. “Questo rapporto fornisce un quadro dettagliato e profondamente sconvolgente della situazione che molte donne afgane si trovano oggi ad affrontare”, ha dichiarato l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, Navi Pillay, a proposito del rapporto di 32 pagine rilasciato congiuntamente dal suo ufficio (Ohchr) e dalla Missione di Assistenza Onu in Afghanistan. “Lo spazio limitato che si è aperto per le donne afgane alla fine del regime talebano nel 2001 è sotto continuo attacco, non solo da parte degli stessi talebani, ma anche a causa di pratiche e costumi culturali profondamente radicati". Il rapporto, diffuso oggi a Kabul dalle Nazioni Unite e dall’attrice indiana e attivista sociale Shabana Azmi, tocca vari aspetti di questo flagello, inclusi i cosiddetti delitti “d’onore” e lo scambio di donne e fanciulle come forma di risoluzione delle dispute. Le donne afgane che partecipano a quasi tutti i settori della vita pubblica “sono state prese di mira da elementi anti-governativi, da soggetti che detengono il potere religioso, dalle loro stesse famiglie e comunità e in alcuni casi da autorità governative”, afferma il rapporto. Nonostante la Costituzione afgana imponga una quota pari al 25% di membri di sesso femminile nel parlamento – una delle più alte al mondo – il rapporto constata che “un certo numero di parlamentari donne hanno già indicato che a causa della mancanza di sicurezza e delle minacce di morte che hanno ricevuto ripetutamente, non si candideranno alle prossime elezioni per l’assemblea nazionale che si svolgeranno nel 2010”. Quando si parla della violenza sessuale, il rapporto afferma che lo stupro è tanto diffuso quanto considerato un tabù, e che è più probabile che siano punite le vittime  più che i colpevoli. “Solo in pochi casi isolati le istituzioni pubbliche hanno intrapreso azioni appropriate. In numerosi casi, le vittime che cercano aiuto e giustizia sono ulteriormente perseguitate”. L’Alto Commissario ha sottolineato che il governo ha il dovere di sradicare queste pratiche, educando la popolazione e dimostrando la volontà e l’impegno nel salvaguardare i diritti di tutte le donne e ragazze afgane. (V.V.)

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    Siccità in Africa: tre milioni di persone in difficoltà

    ◊   Allarme siccità in Uganda. Cinquantuno distretti del Paese su ottanta hanno chiesto al governo centrale aiuti alimentari urgenti per soccorrere la popolazione affamata a causa della siccità: lo ha detto il ministro per la Gestione delle emergenze e dei rifugiati, Tarsis Kabwegyre, secondo il quale le persone in difficoltà sono almeno tre milioni. Il ministro ha detto che per rispondere alle richieste il suo dicastero ha bisogno di 85 miliardi di scellini (60 milioni di euro) oltre ai 170 miliardi già spesi, ma ha aggiunto che le casse pubbliche al momento non hanno queste risorse. La Karamoja, regione nel nordest del Paese, soffre la situazione più grave a causa di una prolungata siccità; un milione di abitanti dipendono per sopravvivere dagli aiuti del Programma Alimentare Mondiale. Notizie di decessi causati dalla malnutrizione o come conseguenza della fame, riferisce l’agenzia Minsa, giungono anche da altre zone. Nella regione di West Nile sarebbero almeno 15 i decessi solo negli ultimi giorni; altre aree in cui ci sarebbero stati decessi sono Ayivu, Katrini, Uriama, Yivu, Acholi e Amuria, per un totale presunto di 35 morti da maggio. Molte delle vittime sono bambini, deceduti per complicazioni legate alla malnutrizione o perché hanno mangiato frutti velenosi o cassava selvatica tossica. (V.V.)

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    Migliaia di sfollati in Africa centro-occidentale a causa delle forti piogge

    ◊   Le intense piogge che stanno interessando i paesi dell’Africa centro-occidentale hanno causato alcune migliaia di sfollati e isolato diverse aree. Secondo fonti dell’agenzia Misna le situazioni più difficili sono in Centrafrica e Benin. Nella capitale centrafricana Bangui, dalla metà di giugno ad oggi circa 11.000 persone hanno perso le rispettive abitazioni; la Croce Rossa, che si sta occupando dei senzatetto, ha sottolineato che la causa vera del problema è da ricercare nell’urbanizzazione rapida e senza regole che ha fatto crescere negli ultimi anni interi quartieri privi di servizi e al di fuori di qualunque piano regolatore; a Bangui sono stati contati diversi feriti e almeno un morto. In Benin, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza e chiesto l’aiuto della comunità internazionale per far fronte a una situazione difficile soprattutto nelle regioni meridionali. Due mesi di piogge torrenziali hanno avuto gravi conseguenze anche nella capitale Cotonou, in particolare nelle zone più popolari dove da giorni mancano acqua potabile e luce. Diverse le città sotto l’acqua anche in Togo dove le autorità hanno organizzato l’evacuazione di alcuni quartieri di Lomé. Ponti distrutti e abitati parzialmente inondati dall’acqua in Ghana: particolarmente colpite le località di Winneba e Apam. (V.V.)

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    Repubblica Democratica del Congo: attacchi contro i cattolici

    ◊   La Repubblica Democratica del Congo è ancora teatro di violenze. Dopo le incursioni nella zona di Dakwa (diocesi di Bondo), i ribelli nordugandesi dell'esercito di resistenza del Signore (Lord's resistance army, Lra) si sono diretti verso ovest attaccando il centro abitato di Bayule: lo riferisce la rete missionaria congolese Ademis (Amis de la mission), aggiungendo che i ribelli, giunti ieri nella località, hanno saccheggiato la chiesa cattolica e catturato una trentina di persone, tra cui tre catechisti; sempre secondo la stessa fonte, avrebbero anche stabilito una sorta di quartier generale in una base militare. Un mese fa la zona di Dakwa, distante trentadue chilometri da Bayule, era stata colpita dai combattenti di Joseph Kony: tra il 2 e il 3 giugno, i ribelli avevano attaccato il centro abitato, saccheggiato una chiesa e costretto alla fuga gli abitanti, prendendo inoltre in ostaggio un centinaio di persone. Al momento, sempre secondo fonti missionarie, una colonna dello Lra sarebbe diretta verso la località di Ango, cinquantacinque chilometri da Bayule. Quella della Repubblica Democratica del Congo è stata definita dai vescovi del Paese, riuniti in assemblea plenaria, "una situazione preoccupante" Al centro dell'incontro dei presuli c'è una riflessione sul ministero ordinato alla luce dell'Anno sacerdotale indetto dal Papa e un'analisi su un dossier sulla stregoneria e sulla pratica delle guarigioni. L'episcopato sta approntando un messaggio sul tribalismo nella vita consacrata. I presuli stanno anche preparando la loro partecipazione al Sinodo speciale per l'Africa che si terrà in ottobre a Roma. Due ministri del Governo della Repubblica Democratica del Congo (della Giustizia e dell'Istruzione) stanno collaborando con i vescovi su alcuni temi di rilevanza sociale. Un primo passo per una collaborazione più stabile tra Chiesa e Stato. (V.V.)

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    Congo-Brazzaville: alle presidenziali di domenica prossima i vescovi chiedono elezioni libere

    ◊   Vigilia elettorale in Congo Brazzaville, dove domenica prossima si tengono le elezioni presidenziali. Il presidente uscente, Denis Sassou Nguesso, è dato vincente. Se dovesse essere rieletto governerà il Paese per un altro settennato, l’ultimo a norma della Costituzione. La Chiesa cattolica - riferisce l'agenzia Fides - si era già pronunciata su questa consultazione, quando a febbraio, la Conferenza episcopale congolese ha pubblicato una Lettera Pastorale intitolata “Non abbiate paura”. I vescovi hanno voluto, infatti, richiamarsi esplicitamente “all’invito con il quale i Sommi Pontefici, Giovanni Paolo II, prima, e Papa Benedetto XVI poi, in seguito, hanno inaugurato il loro Ministero” per invitare gli elettori congolesi a “partecipare attivamente ad un processo elettorale per un voto cosciente, chiaro e libero”. I vescovi chiedono “elezioni che siano veramente libere, giuste e trasparenti e che l’Organo incaricato di prepararle, di organizzarle e di pubblicarne i risultati, sia a sua volta veramente libero, giusto e indipendente”. I presuli ribadiscono, citando l’enciclica di Giovanni Paolo II "Sollicitudo Rei Socialis", che la “Chiesa non ha soluzioni tecniche e non manifesta delle preferenze per gli uni e per gli altri”, per cui non danno indicazioni di voto. Invitano però i fedeli “a valutare le capacità dei candidati, ciascuno secondo il suo programma sociale, in virtù della loro attitudine al buon governo, della loro onestà morale nella gestione dei beni pubblici e del loro rispetto del carattere sacro e inviolabile della vita umana”. “Di fronte ai diversi programmi sociali, il nostro voto deve essere preceduto da una riflessione che ci permetta di definire la società che vogliamo per gli anni a venire: una società più giusta e più fraterna”. I vescovi richiamano la responsabilità di tutti i congolesi “di far sì che la campagna elettorale possa svolgersi in un vero clima pacifico, senza alcuna forma di violenza fisica o psicologica”, e quella dei candidati “di rispettare i valori della verità, del realismo, della tolleranza e della pace, prima, durante e dopo le elezioni”. (R.P.)

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    Per i vescovi sudcoreani “morte dignitosa” eufemismo per legalizzare l’eutanasia

    ◊   Il concetto di “morte dignitosa” ha spinto il popolo coreano ad accettare “in maniera inconsapevole l’eutanasia”. Qualsiasi atto che provoca “la morte diretta” di una persona “non è mai giustificabile né legalizzabile”. È la dura presa di posizione di mons. Gabriel Chang Bong-hun, presidente del Comitato di bioetica della Conferenza dei vescovi sud-coreani, che conferma la strenua opposizione dei cattolici all’introduzione della “morte dolce” nel Paese. La battaglia etica sul diritto a “morire in maniera dignitosa” – un eufemismo per l’eutanasia, secondo il vescovo – è divampato nel maggio scorso. La Corte suprema sud-coreana ha autorizzato il distacco del respiratore artificiale e dell’alimentatore a una donna di 77 anni, in coma in seguito a un’emorragia interna per un intervento di endoscopia malriuscito. Il 23 giugno i medici hanno staccato la spina, ma dopo 17 giorni Kim Ok-kyung è ancora viva. Il 7 luglio un secondo ospedale di Seoul ha deciso di adottare le linee guida stabilite dai giudici, per permettere il distacco del respiratore artificiale. Un ulteriore segnale che indica l’apertura della Corea del Sud alla nozione di “morte dignitosa”. Un portavoce del Seoul National University Hospital spiega che essa verrà applicata ai pazienti malati di cancro, Aids, morte cerebrale e ai malati cronici gravi. Nelle scorse settimane esponenti del mondo cattolico avevano denunciato una errata interpretazione della sentenza dei giudici. Per il presidente del Comitato di bioetica dei vescovi, il vero significato di “morte dignitosa” è “l’accettazione della morte in maniera naturale e chiudere gli occhi in pace”; il prelato sconfessa “la cultura della morte” che sembra trionfare nel Paese. “Il centro di gravità del termine ‘morire con dignità’ – dichiara il vescovo ad AsiaNews – si è spostato verso il concetto di morte; per deviare il vero significato della questione si è aggiunta la parola ‘dignità’. Ma questo altro non è che un eufemismo per l’eutanasia”. (V.V.)

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    Il governo srilankese invita le agenzie internazionali a ridurre le attività nei campi profughi

    ◊   A più di un mese di distanza dalla fine del conflitto in Sri Lanka tra governo e ribelli Tamil nel Nord del Paese, sono 300 mila i profughi nei campi. Ieri la Croce Rossa e altre agenzie internazionali presenti nel Paese hanno ricevuto dal governo l’invito a ridurre sensibilmente le loro attività. Il Ministero dei Diritti umani ha dichiarato che di loro “non c’è più bisogno, visto che ormai nell’isola regna la pace”. I rapporti tra il governo singalese, guidato dal presidente Mahinda Rajapaksa e le agenzie straniere sono ormai tesi. La Croce Rossa ha dichiarato di aver iniziato a ridurre la sue postazioni nell’isola, in particolare nell’Est, tornato sotto il controllo del governo già prima dell’offensiva finale. Gli oppositori tamil e gli operatori umanitari sul posto ieri hanno dichiarato: “Se la Croce Rossa se ne andrà non resteranno più osservatori indipendenti a monitorare cosa succede davvero nei campi profughi”. (V.V.)

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    Nasce in Perù la “Commissione della verità” per indagare sulle violenze in Amazzonia

    ◊   Il “tavolo del dialogo” tra le popolazioni indigene dell’Amazzonia e il governo di Lima si è accordato per istituire una “Commissione della verità” che indagherà sugli scontri avvenuti tra il 5 e il 6 giugno scorsi a Bagua, in Perù, conclusi con 34 morti - 24 poliziotti e 10 nativi - secondo il bilancio ufficiale. Istituito dopo la crisi seguita alla mobilitazione delle comunità autoctone della foresta vergine contro una serie di decreti legislativi considerati lesivi dei loro diritti, il cosiddetto Gruppo nazionale di coordinamento per lo sviluppo dei popoli indigeni ha così raggiunto una prima intesa concreta. Secondo l’agenzia Misna, della commissione faranno parte giuristi, esponenti religiosi e psicologi, oltre all’ex-ministro degli Interni Pilar Mazetti. Il ministro dell’Agricoltura, Carlos Leyton, presidente del “tavolo del dialogo” fornirà la composizione completa entro il 20 luglio. Il Gruppo nazionale di coordinamento per lo sviluppo dei popoli indigeni è composto da delegati del Governo, rappresentanti di diverse comunità amazzoniche e dell’Associazione interetnica per lo sviluppo della selva peruviana (Aidesep), il cui presidente, Alberto Pizango, ricercato con altri quattro dirigenti dalla magistratura per “ribellione”, ha recentemente ottenuto asilo politico in Nicaragua. Quattro i gruppi di lavoro, dedicati, rispettivamente, a indagare sugli scontri di Bagua, studiare i decreti legislativi contestati dai nativi, formalizzare la consultazione preliminare delle popolazioni locali su decisioni che le riguardano direttamente e promuovere il loro sviluppo. (V.V.)

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    Panama: documento di Aparecida e questione sociale tra i temi discussi alla Plenaria dei vescovi

    ◊   La Conferenza episcopale del Panama ha diffuso un comunicato al termine della 187ma Assemblea plenaria ordinaria, celebrata dal 6 al 10 luglio, alla quale ha partecipato per la prima volta il nuovo nunzio apostolico nel Paese, mons. Andrés Carrascosa Coso. Nel testo i vescovi affrontano due questioni: da una parte l’ambito ecclesiale e dall’altra la realtà sociale nazionale. Relativamente al primo aspetto, - riferisce l'agenzia Fides - sottolineano tre elementi fondamentali: la divulgazione, la conoscenza e la messa in atto del documento di Aparecida e della Missione Continentale, la chiusura dell’Anno Paolino e l’apertura dell’Anno Sacerdotale. I vescovi ricordano in particolare che “la Missione Continentale è un processo che si sviluppa per tappe entro una cornice spazio-temporale, in maniera tale che la nostra Chiesa abbia cristiani non solo di nome, con devozioni, oggetti religiosi e processioni, ma veri discepoli che trasformino le loro vite secondo il Vangelo e diventino fermento della società”. La Conferenza episcopale esprime il suo ringraziamento al Santo Padre per “la felice iniziativa di indire un Anno Sacerdotale”, incoraggiando tutti ad “accogliere e a promuovere questa iniziativa, affinché produca frutti di santità nei sacerdoti, di stima tra di loro, di preghiera e moltiplicazione delle vocazioni sacerdotali”. Infine i vescovi fanno riferimento alla terza enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, “nella quale approfondisce la riflessione ecclesiale su importanti questioni sociali”. In merito alla realtà nazionale, i presuli evidenziano l’inizio di una nuova tappa con l’insediamento di un nuovo governo. Tuttavia affermano che persistono “ancora nel processo elettorale, sfide da superare come il clientelismo politico, una maggiore trasparenza nel finanziamento privato delle campagne, il lungo periodo delle stesse e l’aggressività nella propaganda”. Inoltre ribadiscono l’esistenza di ulteriori e gravi problemi come “la violenza, l’insicurezza, l’impunità, l’assenza di equità, il deterioramento del sistema educativo, l’aumento del costo della vita, oltre ai derivati della crisi economica mondiale”. Per questo ricordano che “è l’ora della responsabilità, dell’impegno, dello sforzo unitario, senza pensare a spazi politici né a ripartizioni di prebende. È l’ora di pensare al Paese al di sopra di gruppi e partiti”. Per i vescovi è fondamentale “fortificare la governabilità con politiche pubbliche chiare ed il consenso tra i settori governativi, tra le organizzazioni sociali ed i cittadini, basato su modelli economici che mettano in risalto il carattere distributivo delle risorse. Infine i presuli ricordano le rivendicazioni dei popoli indigeni degli ultimi mesi, tra i Naso, preoccupati di far rispettare le loro terre nella Regione, e nei paesi Ngöbe e Buglé, interessate da progetti idroelettrici, legati all’allevamento e al turismo. Per questo chiedono al Governo nazionale di “affrontare questa problematica con carattere di urgenza per evitare situazioni di violenza a scapito della vita e della dignità di questi Paesi che hanno i più alti indici di povertà”. (R.P.)

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    Filippine: domani a Manila si apre la plenaria dei vescovi

    ◊   I vescovi filippini si riuniranno questo fine settimana a Manila per la loro 99.ma assemblea plenaria. L’assemblea – riferisce l’agenzia Ucan - dovrà eleggere i nuovi organi direttivi della Conferenza episcopale (CBCP), il tra cui il nuovo presidente chiamato a succedere a mons. Angel Lagdameo, arcivescovo di Jaro. Tra gli argomenti in primo piano all’esame dei vescovi la crisi a Mindanao, entrata in una nuova fase dopo gli attentati nei giorni scorsi a Cotabato. Ma all’attenzione dell’assemblea, in programma fino a domenica, sarà anche la definizione di una linea unitaria dei vescovi su alcune questioni delicate e segnatamente sui rapporti tra Chiesa, governo e società nell’attuale congiuntura politica. Alcune recenti prese di posizione del presidente uscente sull’operato del governo hanno infatti creato qualche malumore nell’episcopato. Diversi vescovi hanno espresso in questi giorni l’auspicio che il nuovo presidente della CBCP sappia ricomporre le divisioni ed essere un ponte tra il governo, i vescovi e l’opinione pubblica. Alla vigilia della plenaria mons. Jose Colin Bagaforo, vescovo ausiliario di Cotobato, ha espresso la sua preoccupazione perchè la paura di nuovi attacchi a Mindanao dopo l'attentato di domenica alla cattedrale, sta spingendo i cristiani a organizzare gruppi armati con il compito di difendere le proprie famiglie. “Non dobbiamo utilizzare la violenza per risolvere i nostri problemi. - ha detto mons. Bagaforo ripreso dall'agenzia AsiaNews - La violenza non è mai la risposta”. Secondo il prelato la reazione armata farebbe il gioco degli attentatori - non ancora identificati - i quali mirano al mantenimento di un clima di tensione. Oltre a Cotobato, in questa settimana altri tre nuovi attentati si sono verificati nell’isola di Mindanao, colpendo le città di Lanao del Norte, Iligan City e Jolo. In quest’ultima l’esplosione è avvenuta il 7 luglio in prossimità della chiesa del Monte Carmelo causando sei morti e 40 feriti. Per ristabilire la pace, i vescovi di Mindanao confidano nella ripresa del dialogo tra il governo delle Filippine e il Moro Islamic Liberation Front (MILF), principale sospettato per gli attentati. Da parte sua il MILF ha finora rifiutato le accuse, compiendo un’indagine parallela a quella del governo. (L.Z.)

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    La Caritas: serve una globalizzazione etica per guidare lo sviluppo

    ◊   L'enfasi sulla giustizia e sul bene comune nella nuova Enciclica di Benedetto XVI "Caritas in veritate" offre una nuova visione dell'economia, della politica e della società basata su un dovere condiviso di prendersi cura dell'umanità e dell'ambiente. È quanto sostiene Caritas Internationalis. L'Enciclica papale, ricorda un comunicato ripreso all’agenzia Zenit, riflette la "Populorum progressio" di Papa Paolo VI più di 40 anni dopo la sua pubblicazione alla luce della globalizzazione e del collasso dell'economia di libero mercato nel 2008. Il segretario generale di Caritas Internationalis Lesley-Anne Knight ha affermato che “la “Caritas in veritate” sottolinea come una ricerca cieca del profitto sull'etica sia diventata dannosa per le popolazioni e il pianeta. L'Enciclica arriva in un momento chiave per lo sviluppo, con decenni di progresso a rischio. Il numero di persone affamate è aumentato di 100 milioni, arrivando l'anno scorso a oltre un miliardo”. “La crisi ha mostrato fallimenti del sistema generati da speculazioni per il beneficio di una manciata di persone e a spese di milioni di famiglie povere, ma la crisi offre un'occasione unica di rimodellare la globalizzazione perché lavori per la maggioranza”, ha aggiunto Lesley-Anne Knight. “L'Enciclica offre passi concreti che i policy makers dovrebbero compiere per riportarci sulla via del vero sviluppo - ha osservato -. Ci ricorda che la finanza e lo sviluppo possono lavorare per tutta l'umanità e non solo per gli azionisti. Il ritorno a un modello più equo basato su un dovere collettivo è fondamentale per ridurre il divario tra i ricchi e i poveri”. La Caritas, ha proseguito il segretario generale, “loda il fatto che Benedetto XVI abbia sottolineato la necessità di aumentare gli aiuti”. La Caritas ricorda anche come il Papa parli del dovere di difendere l'ambiente. “Speriamo che i leader del mondo ascoltino il suo appello a un consenso internazionale e che chi inquina debba pagare i costi”. “Il messaggio ai lavoratori umanitari e ai cooperatori per lo sviluppo in tutto il mondo è che nel nostro amore per l'umanità lottiamo per la giustizia e per il bene comune - ha concluso Lesley-Anne Knight -. La Caritas loda l'affermazione per cui la vera carità guarda alle cause della povertà e ai mezzi per sconfiggerla". (V.V.)

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    Stati Uniti: reazioni positive alla “Caritas in veritate”

    ◊   Anche negli Stati Uniti la prima Enciclica sociale di Benedetto XVI “Caritas in veritate” è stata accolta con generale apprezzamento e interesse. Il card. Francis E. George arcivescovo di Chicago e Presidente della Conferenza episcopale statunitense (USCCB), ha dichiarato che il documento papale aiuta “a trovare risposte agli interrogativi sociali, economici e morali del mondo contemporaneo in cerca di verità” e “propone una sana riflessione sulla vocazione dello sviluppo umano e sui principi morali sui quali l’economia globale deve fondarsi”. Secondo l’arcivescovo di Washington Donald W. Wuerl, esso “giunge in un momento particolarmente opportuno in cui i leader politici ed economici sono impegnati ad affrontare la devastante crisi economica mondiale”. Anche per mons. Michael P. Driscoll, vescovo di Boise nell’Idaho l’enciclica è “particolarmente utile in questi tempi per i poveri in tutte le parti del mondo”. Sulla stessa linea l’arcivescovo di Detroit Allen E. Vigneron che parla di “uno strumento importante” che pone le fondamenta su cui costruire un futuro migliore per le future generazioni. Apprezzamento per l’enciclica è stata espressa anche dal mondo accademico cattolico del Paese. Per Kirk Hanson, professore di Etica nell’economia al Santa Clara University della California, essa rappresenta “un richiamo ai più ricchi del pianeta a investire le loro ricchezze nello sviluppo dei popoli”. Padre Bryan Massingale, presidente della “Catholic Theological Society of America” parla di “un contributo apprezzabile al dibattito su come i cristiani dovrebbero pensare ed agire nell’economia globale”. Secondo il teologo, la parte più stimolante del documento papale “sono le ripetute critiche a un certo modo di pensare a breve termine centrato sul profitto che ha dominato i nostri mercati finanziari e i dibattiti politici sull’economia”. Allan C. Carlson, presidente della “Howard Center for Family, Religion and Society” di Rockford, apprezza l'attenzione riservata dal testo ai temi della bioetica e la sottolineatura della loro dimensione “sociale”. Unica voce dissonante quella dell’autore e pensatore George Weigel. In un commento pubblicato sulla rivista “National Review”, l’autore della celebre biografia di Papa Giovanni Paolo II “Testimone della Speranza”, afferma che l’enciclica si concentra molto più sulla ridistribuzione che sulla creazione della ricchezza. (L.Z.)

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    Costantinopoli e Mosca procedono sulla strada del dialogo

    ◊   Si è appena conclusa la visita ufficiale, effettuata dal 4 al 6 luglio, del Patriarca di Mosca, Cirillo, al Fanar di Istanbul, sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. L’incontro ha fatto registrare un significativo passo in avanti nelle relazione tra le due comunità ortodosse. Il bilancio della visita è stato fatto da Hilarion Alfeyev, arcivescovo di Volokolamsk e presidente del dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, il quale ha detto che la visita si è svolta in maniera molto positiva e ha aperto una nuova pagina nei rapporti tra i due Patriarcati. Nell’incontro tra Cirillo e Bartolomeo sono state affrontate numerose questioni con “spirito fraterno e costruttivo”, dal problema della pastorale presso gli immigrati russi in Turchia, alla preparazione del futuro concilio pan-ortodosso. È stato soprattutto ribadito l’impegno a rafforzare l’unità, evitando – sono le parole di Bartolomeo – scismi, divisioni, egoismi, “tanto al livello della cristianità in generale tanto a livello ortodosso”. “Non mancano i punti di divergenza – ha sottolineato Hilarion – ma è stato deciso che d’ora in poi saranno trattati nel quadro di un dialogo franco, tenendo conto delle posizioni di ciascuno”. (V.V.)

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    Al via il Sinodo anglicano a York, in Inghilterra

    ◊   Crisi economica, possibile riduzione del numero di sacerdoti e vescovi, stato dei rapporti con la Chiesa Cattolica, situazione dell’infanzia in Gran Bretagna. Questi alcuni degli argomenti che verranno discussi dal Sinodo della “Chiesa di Inghilterra” che si è riunito oggi e terminerà il 13, presso l’università di York. Per la comunione anglicana che comprende, oltre alla Chiesa inglese, milioni di fedeli in tutto il mondo, si tratta di un momento delicato a causa delle divisioni interne sull’ordinazione delle donne vescovo e dei pastori gay. Tra i temi in agenda, di legge in una nota del Sir, anche la necessità di incoraggiare i fedeli ad essere più generosi con le loro offerte. Nel 1978 venne suggerito agli anglicani di donare il 5% delle loro entrate alla Chiesa. Da allora, secondo uno studio del “National Stewardship Committee”, le offerte sono aumentate, dall’1% del reddito medio di un cittadino a circa il 3,2%. Benché i membri della chiesa garantiscano 600 milioni di sterline all’anno, il rapporto suggerisce che, se la percentuale salisse al 5%, altri 300 milioni di sterline sarebbero disponibili per altri progetti. Il Sinodo discuterà anche il rapporto “A good childhood”, pubblicato lo scorso febbraio, che denuncia le difficili condizioni dell’infanzia oggi in Gran Bretagna a causa dell’alto tasso di divorzi e dell’edonismo prevalente nella società. (V.V.)

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    Una delegazione ecumenica internazionale in visita in Africa e in America Latina

    ◊   Una delegazione ecumenica, in rappresentanza delle Chiese d’Europa, dell’America Latina e dell’Africa, è in visita, da ieri al 16 luglio, in Uruguay, Bolivia e Repubblica Democratica del Congo. L’iniziativa è stata organizzata dal Consiglio ecumenico delle Chiese (COE) e, nel caso dell’Africa, anche dalla Conferenza delle Chiese di tutto il continente (AACC). L’obiettivo primario della visita, informa una nota, è la solidarietà, ovvero ”ascoltare, imparare, condividere i punti di vista ed offrire l’aiuto necessario per combattere la violenza e promuovere la pace”. La visita, infatti, rientra nell’ambito delle iniziative promosse dal COE per il Decennale di lotta alla violenza e in vista della Convocazione ecumenica internazionale per la pace, fissata per il 2011. Questo, in sintesi, il programma del viaggio: in Uruguay, la delegazione ecumenica si tratterrà fino all’11 luglio ed avrà incontri con i movimenti femminili, riflettendo sull’importanza di fermare le violenze domestiche e gli abusi sulle donne. In questo contesto, i membri del COE visiteranno due sobborghi di Montevideo, Barrio Borro e El Cerro, dove si verificano la maggior parte delle violenze. In Bolivia, invece, dal 13 al 16 luglio, la delegazione si recherà presso il sobborgo Plan 3000, vicino Santa Cruz, e a La Paz, la cui popolazione è formata prevalentemente da indigeni. Più articolata la visita nella Repubblica Democratica del Congo, in cui si recherà lo stesso Segretario generale uscente del COE, il Rev. Samuel Kobia. La delegazione ecumenica, infatti, sarà divisa in cinque gruppi che visiteranno diverse zone del Paese per poi convergere, tutti insieme, il 12 luglio, a Kishasa. Qui, fino al 15, il COE e la AACC incontreranno i movimenti femminili, i teologi e i leaders delle Chiese locali. (I.P.)

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    Il Codice Sinaitico risalente al IV secolo consultabile su Internet

    ◊   Il Codex Sinaiticus, uno dei più antichi codici esistenti dell'Antico e Nuovo Testamento, finalmente ricomposto anche se solo sul web. Conservato per secoli nel monastero ortodosso di Santa Caterina sul Monte Sinai, ma diviso in molte parti poco meno di un secolo fa, ora lo si potrà sfogliare sul sito www.codexsinaiticus.net. Una notizia eccezionale - si legge su terrasanta.net - che è stata celebrata con un convegno il 6 e 7 luglio scorsi a Londra, alla British Library. Sul sito è possibile leggere dai più piccoli frammenti agli oltre 400 fogli in ottimo stato del volume. Il Codex Sinaiticus, assieme al Codice Vaticano, è tra i più antichi e importanti esemplari della Bibbia cristiana. Si tratta di un manoscritto, composto da centinaia di grandi fogli di pergamena (38 x 35 cm) e risalente alla metà del IV secolo, con una versione completa della traduzione dei Settanta (l'Antico Testamento nella versione adottata dalla prima comunità cristiana di lingua greca) e del Nuovo Testamento. Si tratta, tra l'altro, di un testo ricco di correzioni, apportate dai copisti dal IV al XII secolo. Nella versione dei Settanta copiata nel Codex Sinaiticus, poi, sono presenti anche testi che non si trovano nella Bibbia ebraica e che sono considerati apocrifi dai protestanti; come i libri di Tobia, Giuditta, Sapienza e Siracide o il primo e il quarto dei Maccabei, ma anche la Lettera di Barnaba, che non è entrata nel canone del Nuovo Testamento. Il Codex è stato scomposto nel 1933, quando l'Unione Sovietica ha acquistò 347 fogli, che oggi sono conservati presso la British Library di Londra, 43 fogli invece, sono finiti alla Biblioteca dell'Università di Lipsia, in Germania, 6 alla Biblioteca nazionale di San Pietroburgo, in Russia. Infine i residui 12 fogli e altri 40 frammenti sono rimasti nell'originario monastero di Santa Caterina. Oggi, si spera che la sua ritrovata unità “telematica” possa facilitarne lo studio. Si è arrivati a costituire il sito web in seguito a un accordo, firmato nel marzo del 2005, tra le quattro istituzioni che conservano parti del Codex Sinaiticus in vista della conservazione, trascrizione, fotografia e riproduzione delle pagine superstiti del manoscritto. (T.C.)

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    Dal progetto Farmacia Solidale oltre 9 mila euro raccolti per l’asilo nido interetnico di Milano

    ◊   Si è appena concluso il progetto Farmacia Solidale, l’iniziativa promossa dalla Fondazione “aiutare i bambini” e da Guna (azienda italiana di farmaci omeopatici) per sostenere l’asilo nido multietnico “Sogno di bimbi” di Milano. In tutte le farmacie d’Italia, nei mesi di maggio e giugno, per ogni confezione di “Resource Remedy Guna” da 20 ml acquistata, l’azienda ha devoluto 1 euro all’asilo, per sostenerne la ristrutturazione e la gestione. Nei due mesi sono state vendute nelle farmacie italiane oltre 9.000 confezioni di Resource Remedy. L’asilo “Sogni di bimbi”, al cui funzionamento contribuisce da anni la Fondazione "Aiutare i bambini", accoglie bambini dai 12 mesi ai 3 anni, figli di mamme sole, con basso reddito, che per potersi recare a lavoro necessitano dell’aiuto di strutture specializzate dove i piccoli possano trascorrere la giornata. Presso “Sogno di Bimbi” i bambini vengono seguiti da qualificate educatrici, ricevono pasti elaborati da nutrizionisti dell’infanzia, e sono visitati gratuitamente da personale medico. (V.V.)

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    Gli scout testimoni di speranza nelle tendopoli in Abruzzo

    ◊   “Formare i giovani scout ad essere testimoni di speranza nelle tendopoli d’Abruzzo”. Alessandra Bizzarri, responsabile abruzzese dell’Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani) ha riassunto così il senso del progetto “Ju Ziré” che a partire da oggi, per tutta l’estate, vedrà transitare dal convento di Mosciano Sant’Angelo, in provincia di Teramo, migliaia di giovani provenienti da tutta Italia, appartenenti alle branche “Rover” e “Scolte” (dai 16 ai 21 anni). “Quello che i giovani scout vivranno nelle tendopoli non sarà un campo scuola, un campeggio o un’esperienza estiva come le altre, ma un modo per educare i giovani a vivere un’esperienza di riflessione personale di fronte a una popolazione segnata dalla sofferenza”. È questa la convinzione che ha spinto mons. Michele Seccia, vescovo di Teramo, a sostenere il progetto “Ju Ziré”, che prende il nome da un gioco tradizionale aquilano, non solo mettendo a disposizione il convento di Mosciano ma garantendo la propria presenza “ogni venerdì sera per guidare il momento di formazione dei gruppi”. Spunti di riflessione verranno tratti anche dal sussidio “Il Dio Vicino – Vivere con fede il tempo del terremoto” della Conferenza episcopale abruzzese-molisana, che mons. Seccia ha distribuito in questi giorni a tutti i sacerdoti della diocesi. I ragazzi, riferisce il Sir, arriveranno a Mosciano ogni venerdì, a gruppi di 300 a settimana, e rimarranno nel convento fino al sabato quando partiranno per le tendopoli dove incontreranno, per un piccolo confronto, chi sta finendo l’esperienza. “L’obiettivo fondamentale della nostra presenza – ha spiegato don Francesco Marconato, assistente ecclesiastico generale dell’Agesci – sarà essere di supporto alla popolazione dell’Abruzzo e, in particolar modo, a chi si trova più solo e abbandonato a se stesso: bambini e anziani. I ragazzi potranno vivere questa settimana di servizio con l’atteggiamento del fare insieme, per spronare e riattivare la voglia degli abitanti delle tendopoli alla speranza.” (V.V.)

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    Lumsa: il professor Dalla Torre riconfermato rettore

    ◊   Il professor Giuseppe Dalla Torre è stato oggi riconfermato Rettore Magnifico della Libera Università Maria Ss. Assunta (Lumsa). Dalla Torre, nato a Roma nel 1943, si è laureato in giurisprudenza presso l'Università Sapienza di Roma e in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense. Prima della Lumsa, ha insegnato per molti anni nella facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bologna, dove ha tenuto corsi di Diritto ecclesiastico e Diritto costituzionale. È stato componente del Consiglio Universitario Nazionale dal 1997 al 2006 e vicepresidente della Conferenza dei Rettori (Crui). Attualmente è vicepresidente del Coordinamento Regionale delle Università del Lazio. Tra le sue opere, circa quattrocento pubblicazioni, ci sono monografie, saggi e articoli, in materia di Diritto canonico, Diritto ecclesiastico e Diritto costituzionale. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Non si ferma la violenza in Afghanistan dove prosegue l’offensiva contro i talebani

    ◊   Ancora violenze in Afghanistan. Dopo il gravissimo attentato di ieri nella provincia di Logar, costato la vita a 25 persone, tra cui quattro poliziotti e alcuni bambini, è stata resa nota la morte di due soldati britannici, uccisi ieri nel corso di due distinte operazioni contro la guerriglia nel sud. Sulla situazione nel Paese, che si avvicina alle elezioni presidenziali del 20 agosto prossimo, Giancarlo La Vella ha raccolto l’analisi di Alberto Negri, inviato speciale del quotidiano Il Sole 24 Ore, raggiunto telefonicamente a Kabul:

    R. - Soltanto pochi giorni fa gli americani avevano lanciato quella che nei loro comunicati era la più grande operazione aviotrasportata dai tempi della guerra del Vietnam. Vedremo se sarà effettivamente così. Se andiamo a vedere poi sul terreno quello che sta succedendo, in realtà, nella valle di Helmand, notiamo che gli americani stanno entrando in alcune zone dove non erano stati. Ma non trovano i talebani a contrastarli, se non dei piccoli gruppi distaccati. Si tratta di un’operazione che viene fatta per l’elezione del 20 agosto, nel tentativo di far riaprire i seggi anche lì, ma non è un’operazione che porta a colpire in maniera forse significativa la guerriglia. Tant'è vero che questa guerriglia entra continuamente in azione in varie zone del Paese. Questo dà la misura di che difficoltà ci siano, in effetti, nel controllo di questo Paese.

     
    D. – Oltre all’avvicinarsi delle elezioni, secondo te, si è voluto in qualche modo lanciare un messaggio ai grandi del mondo riuniti a L’Aquila per il G8?

     
    R. – L’impressione è che i grandi del mondo non abbiano una grande visione di quello che sta accadendo in Afghanistan, che peraltro è una situazione molto complessa. La realtà è che, in questo momento, la maggior parte delle truppe internazionali sono sotto pressione per cercare di preparare il terreno a queste elezioni, in una situazione in cui la guerriglia controlla più o meno il 50% del territorio. La realtà è che questa offensiva è stata lanciata dagli americani, con l’intenzione di proteggere la popolazione e di far capire che c’è uno Stato afghano e che, in qualche modo, le truppe internazionali sono lì anche per portare uno sviluppo economico. Bisognerà vedere se quest’operazione avrà successo.

     
    Pakistan
    Nel nordovest del Pakistan proseguono le operazioni dell’esercito contro le roccaforti talebane. Almeno 24 miliziani sono morti a seguito di un raid aereo su alcune postazioni dei ribelli nell'Orakzai, un distretto che fino a quest'attacco non era stato direttamente coinvolto nelle operazioni che l'esercito sta conducendo nelle aree tribali. Vittime anche tra le forze regolari: quattro poliziotti sono stati uccisi in un attacco ad un posto di blocco.

    Iran
    Riesplode la protesta in Iran. Ieri migliaia di manifestanti sono tornati in piazza a Teheran, in occasione dell’anniversario della rivolta studentesca del 1999. Durissima ancora una volta la repressione delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa, che hanno caricato i dimostranti ed eseguito decine di arresti. Secondo i messaggi pubblicati da manifestanti su Internet, almeno due persone sarebbero morte negli scontri e la repressione sarebbe proseguita nella notte con un raid dei paramilitari alla casa dello studente. Ci riferisce Marco Guerra:
     
    Torna alta la tensione a Theran dove ieri migliaia di giovani sono tornati a sfidare il divieto di manifestare nel decimo anniversario della protesta degli studenti contro la ayatollah che fu soffocata nella cosiddetta “strage dell’università”. Il raduno è partito chiedendo la liberazione dei detenuti politici ma poi si è subito trasformato in una dimostrazione di sostegno per il candidato riformista Moussavi. Anche questa volta però la polizia è intervenuta a reprimere la protesta lanciando lacrimogeni e arrestando moltissimi dimostranti. Secondo i centinaia di messaggi che i giovani iraniani si scambiano sui social network per eludere la censura, ci sarebbero anche due morti e una trentina di feriti. Ulteriori ombre vengo poi gettate dalla denuncia di un medico iraniano raccolta dal quotidiano britannico The Guardian, secondo cui le persone uccise nel corso delle manifestazioni anti-governative sono molte di più delle 20 annunciate dai bilanci ufficiali. Quella di ieri, tuttavia, era una repressione attesa, dopo che il governatore di Teheran aveva minacciato: “Chiunque risponderà ad appelli di emittenti antirivoluzionarie sarà schiacciato sotto i piedi del nostro popolo”. Sempre ieri un monito agli oppositori del regime è giunto anche dal presidente rieletto Ajmadinejad che ha detto: "I nemici" saranno "obbligati a trattare con il mio governo”.

     
    Cina violenze nello Xinjang
    Migliaia di persone stanno fuggendo da Urumqi, capitale dello Stato cinese nord-occidentale dello Xinjang, dove da giorni si susseguono gli scontri tra l’etnia locale “uighura”, di fede musulmana, e gli immigrati cinesi “han”. Secondo cifre ufficiali, sono almeno 156 i morti a causa degli scontri. Dalla principale stazione degli autobus sono già partite circa 10 mila persone. Intanto le più importanti moschee di Urumqi sono state chiuse nel giorno delle preghiere del venerdì per prevenire ulteriori disordini. Un massiccio schieramento di polizia presidia ancora le strade della città.

    Cina: sisma nella provincia dello Yunnan, 18 mila case distrutte
    Un morto, oltre 350 feriti, di cui 30 gravi, e 18 mila case distrutte. È il bilancio del terremoto, di magnitudo 5.7 della scala Richter, che ieri sera, alle 19.19 locali (le 13.19 italiane), ha colpito la provincia dello Yunnan, nel sud-ovest della Cina. Secondo i media cinesi, il sisma avrebbe causato danni anche in altre 30 mila case. Almeno 400 mila persone sono state messe in sicurezza dalle squadre di soccorso. Il dipartimento degli affari civili dello Yunnan ha messo a disposizione 20 milioni di yen (2,9 milioni di dollari) per gli aiuti di emergenza e 4.500 tende per gli sfollati. Dopo la prima scossa, ne sono state registrate altre otto di assestamento.

    Birmania: ripreso oggi il processo contro Aung San Suu Kyi
    Riprende oggi il processo contro la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace, una settimana dopo la negazione, da parte della giunta militare, di concedere al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, il permesso di visitarla in carcere. Suu Kyi è accusata di aver violato i termini degli arresti domiciliari, permettendo ad un cittadino americano di entrare nella sua abitazione. L’avvocato, Khin Moe, membro della Lega nazionale per la democrazia, è stato chiamato a testimoniare nell’aula del carcere di massima sicurezza di Insein, alla periferia di Rangoon, dove si tiene il processo.

    Honduras
    Difficile avvio della mediazione per risolvere la crisi politica in Honduras causata dal colpo di Stato che ha deposto il presidente Manuel Zelaya. Nessun risultato apprezzabile sinora dopo i contatti avviati ieri dal presidente del Costa Rica, Oscar Arias, che ha incontrato Zelaya e la nuova guida dell’Honduras, Roberto Micheletti. Secondo Arias, che ha assunto il ruolo da mediatore, le posizioni tra il presidente deposto Manuel Zelaya ed il nuovo capo di Stato sono molto diverse e ci vorrà “tempo e pazienza per arrivare ad un accordo”. Micheletti ha incaricato una commissione di quattro persone dicontinuare i negoziati e ha fatto ritorno in Honduras. Zelaya è invece diretto a Santo Domingo, dove incontrerà il presidente Leonel Fernández.

    Febbre suina: nuova vittima in Spagna, allerta pandemia in Grecia
    Secondo caso di decesso in Spagna per influenza H1N1 di un uomo di 41 anni. Lo ha reso noto ieri il ministro della sanità di Madrid. Il 30 giugno scorso era morta nel capoluogo iberico una donna marocchina di 20 anni. Intanto il virus si è diffuso anche in Grecia, dove è scattato l’allerta per l’arrivo di una fase di pandemia. Lo ha annunciato il ministro della sanità Dimitri Avramopoulos, rassicurando che il vaccino sarà disponibile da ottobre. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Oms, i casi accertati dall'inizio del contagio sono 94.512, 429 i decessi.

    Francia: terza notte di scontri dopo la morte di un detenuto
    Terza notte di violenze a Firminy, banlieue di Saint-Etienne nel sud-est della Francia, dopo la morte di un ragazzo immigrato, che ha tentato il suicidio lunedì scorso, nel commissariato dove si trovava in stato di fermo. I dimostranti accusano la polizia di essere responsabile della sua morte. Intanto l'ispettorato di polizia ha aperto un’inchiesta ufficiale sul caso per chiarire i dubbi sul fatto che l’impianto di video-sorveglianza fosse fuori uso. I disordini sono scoppiati lunedì in tarda serata dopo un sit-in davanti alla casa della famiglia del ragazzo: circa 200 persone hanno marciato verso il centro incendiando almeno cinque negozi e diverse auto.

    Spagna: uno morto alla corsa dei tori di Pamplona
    È finita in tragedia la tradizionale corsa di tori nella città spagnola di Pamplona per la Festa di San Firmìn nota in tutto il mondo. Un uomo è morto questa mattina per i colpi ricevuti da un toro. L'identità della vittima non è ancora stata resa nota. La corsa dei tori è nata per celebrare San Fermìn, patrono della città. Dopo aver festeggiato tutta la notte, la gente corre davanti ai tori dal Corral di Santo Domingo fino alla Plaza de Toros. Dal 1911 a oggi, le persone morte durante la corsa sono 14. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Alessandra De Gaetano)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 191

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