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Sommario del 05/07/2009
Il Papa all'Angelus: nel mondo non scorra più sangue a causa di violenze e ingiustizie
◊ “Il sangue di Cristo è il pegno dell’amore fedele di Dio per l’umanità”. E' quanto ha affermato il Papa all'Angelus aggiungendo che “al grido per il sangue versato, che si eleva da tante parti della terra, Dio risponde con il sangue del suo Figlio”. L'ultimo grido di dolore arriva dalle Filippine dove un attentato compiuto stamani davanti alla cattedrale di Cotabato ha provocato diverse vittime. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
All’Angelus il Papa esprime “profonda deplorazione” per l’attentato compiuto stamani a Cotabato nelle Filippine, dove l’esplosione di una bomba davanti alla Cattedrale, durante la celebrazione della Messa domenicale, ha causato alcuni morti e numerosi feriti, tra cui donne e bambini.
“Mentre prego Dio per le vittime dell’ignobile gesto, elevo la mia voce per condannare ancora una volta il ricorso alla violenza, che non costituisce mai una via degna alla soluzione dei problemi esistenti”.
L’episodio avvenuto nelle Filippine è una nuova drammatica pagina che ripropone storie di sofferenza. Proprio al senso del dolore Benedetto XVI dedica l’Angelus ricordando i significati del sangue nella Sacra Scrittura. L’aspersione con il sangue degli animali – fa notare il Santo Padre - rappresentava e stabiliva nell’Antico Testamento l’alleanza tra Dio e il popolo, come si legge nel libro dell’Esodo. Nella Genesi – aggiunge il Papa - il sangue di Abele, ucciso dal fratello Caino, grida a Dio dalla terra:
“E purtroppo, oggi come ieri, questo grido non cessa, perché continua a scorrere sangue umano a causa della violenza, dell’ingiustizia e dell’odio. Quando impareranno gli uomini che la vita è sacra e appartiene a Dio solo? Quando comprenderanno che siamo tutti fratelli?”.
Queste domande – aggiunge il Papa – trovano risposte nell’amore di Dio:
“Al grido per il sangue versato, che si eleva da tante parti della terra, Dio risponde con il sangue del suo Figlio, che ha donato la vita per noi. Cristo non ha risposto al male con il male, ma con il bene, con il suo amore infinito. Il sangue di Cristo è il pegno dell’amore fedele di Dio per l’umanità”.
A partire dalla flagellazione fino alla morte in Croce – ricorda il Santo Padre – Cristo ha versato tutto il suo sangue, quale “vero Agnello immolato per la redenzione universale”. In quel sangue ogni uomo può trovare forza e speranza:
“Fissando le piaghe del Crocifisso, ogni uomo, anche in condizioni di estrema miseria morale, può dire: Dio non mi ha abbandonato, mi ama, ha dato la vita per me; e così ritrovare speranza”.
Il Papa, ricordando infine la tragedia di Viareggio, si unisce al dolore di quanti hanno perduto persone care, sono rimasti feriti o hanno subìto danni materiali anche gravi:
“Mentre elevo la mia accorata preghiera a Dio per tutte le persone coinvolte nella tragedia, auspico che simili incidenti non abbiano a ripetersi e sia garantita a tutti la sicurezza sul lavoro e nello svolgimento della vita quotidiana”.
Nell'Eucaristia si concentra tutta l'opera della Redenzione: così il Papa ieri durante i Vespri in occasione della riapertura della Cappella Paolina
◊ Sotto lo sguardo degli Apostoli Pietro e Paolo, monito perpetuo alla sequela di Cristo, Benedetto XVI ha presieduto ieri i primi Vespri in occasione della riapertura della Cappella Paolina del Palazzo apostolico, luogo di culto riservato al Papa e alla Famiglia pontificia. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:
(musica)
Sul volto dell’apostolo Paolo “il prodigio della grazia di Cristo, che trasforma e rinnova l’uomo mediante la luce della sua verità e del suo amore”. Così Benedetto XVI traduce il cuore del messaggio spirituale custodito fra le pareti della Cappella Paolina, dove gli episodi salienti della vita dei santi Paolo e Pietro, raffigurati rispettivamente nel momento della conversione e della crocifissione, incarnano “la novità della chiamata alla fede, che trova il suo compimento nel mistero della Croce”.
“Il volto di Saulo (…) rappresenta l’essere umano bisognoso di una luce superiore. E’ la luce della grazia divina, indispensabile per acquistare una vista nuova con cui percepire la realtà orientata alla 'speranza che vi attende nei cieli'. Il volto di Saulo caduto a terra (…) esprime la maturità dell’uomo interiormente illuminato da Cristo Signore (…). La grazia e la pace di Dio hanno avvolto Saulo, lo hanno conquistato e trasformato interiormente .”
Forte di una fede ormai matura – continua il Santo Padre – nei suoi innumerevoli viaggi apostolici, Paolo annuncerà quella grazia e quella pace a tutte le genti. E se il Saulo di Tarso, rinnovato dalla fede, si fa instancabile testimone della Luce, Pietro, unito a Cristo, fin nel dolore ultimo della crocifissione, diventa icona di tutte le sofferenze e le miserie umane: “la croce di Cristo, Capo della Chiesa” si rinnova nella “croce di Pietro, suo Vicario sulla terra”:
“Ecco, si realizza proprio ora il culmine della sequela: il discepolo non è da più del Maestro, e adesso sperimenta tutta l’amarezza della croce, delle conseguenze del peccato che separa da Dio, tutta l’assurdità della violenza e della menzogna”.
Nella Cappella Paolina – osserva ancora Benedetto XVI - Pietro e Paolo sono uno di fronte all’altro, come se il “volto di Pietro sia rivolto al volto di Paolo, il quale, a sua volta, non vede, ma porta in sé la luce di Cristo risorto”. Nelle pitture del Buonarroti, le miserie umane trovano il loro senso ultimo nell’amore di Dio, che è luce, salvezza e resurrezione:
“E’ come se Pietro, nell’ora della prova suprema, cercasse quella luce che ha donato la vera fede a Paolo. Ecco allora che in questo senso le due icone possono diventare i due atti di un unico dramma: il dramma del Mistero pasquale: Croce e Risurrezione, morte e vita, peccato e grazia”.
Da questa ideale disposizione – continua il Papa – “emerge il disegno della salvezza, quel disegno che lo stesso Cristo ha realizzato in se stesso portandolo a compimento”. Un disegno che nel Sacramento dell’Eucaristia trova la sua sintesi più alta:
“L’Eucaristia è il sacramento in cui si concentra tutta l’opera della Redenzione: in Gesù Eucaristia possiamo contemplare la trasformazione della morte in vita, della violenza in amore. Nascosta sotto i veli del pane e del vino, riconosciamo con gli occhi della fede la stessa gloria che si manifestò agli Apostoli dopo la Risurrezione”.
Nella Cappella Paolina – conclude il Papa - tutto “confluisce in un medesimo unico inno alla vittoria della vita e della grazia sulla morte e sul peccato, in una sinfonia di lode e di amore a Cristo redentore”.
(musica)
La Cappella Paolina è stata dunque inaugurata ieri da Benedetto XVI al termine di un lungo restauro. Un lavoro capillare, durato ben cinque anni, e i cui risultati sono stati presentati, nei giorni scorsi, in una conferenza stampa svoltasi nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, in Vaticano. C’era per noi Isabella Piro:
Un’impresa grande ed importante: così il cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato, ha definito la conclusione del restauro della Cappella Paolina. Cinque gli anni di lavoro necessari, 20 i restauratori all’opera, oltre tre i milioni di euro impiegati, interamente donati da alcuni “Patrons of the Arts”, un’istituzione nata nel 1992 per patrocinare i Musei Vaticani.
I numeri della Cappella Paolina ci dicono già la sua importanza. Voluta da Papa Paolo III alla metà del 1500, questa Cappella viene definita “parva”, cioè “piccola”, per distinguerla dalla “magna”, ovvero la più grande Cappella Sistina. Ma ad unirle è la mano dell’artista che le affrescò entrambe: Michelangelo.
La Paolina conserva due dei suoi ultimi capolavori: la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo, circondati poi da un ciclo pittorico ispirato agli Atti degli Apostoli e portato avanti – 20 anni dopo la morte del Buonarroti – da Lorenzo Sabatini e Federico Zuccari. Oggi, tutti questi dipinti brillano di luce propria grazie ad un restauro equilibrato ma anche a 6.000 piccoli led luminosi che li avvolgono in una calda luce naturale. Il professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani:
“Abbiamo riportato la Cappella Paolina ai colori e all’armonia e alla coerenza cromatica e stilistica che aveva alla fine del ‘500, quando i pittori chiamati 20 anni dopo la morte di Michelangelo, per completare la decorazione, fecero la scelta molto intelligente di adeguarsi a Michelangelo, stare sottotono, usare gli stessi colori. Questo ha dato alla Cappella Paolina una armonia, una coerenza di colori e di patina che noi abbiamo voluto fare riemergere”.
Michelangelo lavorò alla Cappella Paolina negli ultimi otto anni della sua vita; stanco, malato, spossato da un’epoca lacerata dalla Riforma, l’artista ci ha lasciato qui il suo testamento pittorico. Maurizio De Luca, capo-restauratore del Laboratorio Restauro Dipinti:
“Un Michelangelo che dipinge malcontento – come lui scrive ad un anonimo monsignore: ‘Non posso negare nulla a Papa Pagolo, ma io dipingerò malcontento e farò cose malcontente’. E non è vero! Lui raggiunge sempre dei punti di eccellenza, facendo appello a tutta la gamma di possibilità che la pittura murale offre: a fresco, mezzo fresco, a secco. Un Michelangelo nuovo nell’impeto, nell’impulso, nella composizione, nella libertà. Abbiamo scoperto le ultime pennellate di Michelangelo, che sono proprio quelle con le quali lui dipinge le Dolenti ai piedi della croce di Pietro”.
E l’affresco della Crocifissione di Pietro è particolare anche per un altro dettaglio: per lo sguardo del Primo Apostolo rivolto verso il visitatore. Ancora il professor Paolucci:
“È un messaggio preciso: Pietro, il primo Papa, nel momento stesso in cui sale sulla Croce, guarda chi entra da quella porta. Siccome questa è la Cappella papale, da quella porta entra il suo Successore, come se San Pietro dicesse: Tu es Petrus – ricorda qual è il tuo destino: può essere anche la Croce, può essere il martirio. E questo è molto bello, trovo”.
Il restauro della Cappella Paolina ha coinvolto anche la struttura del presbiterio: è stato lo stesso Benedetto XVI, durante una visita privata ai cantieri, il 25 febbraio scorso, a suggerire di ricollocare l’altare secondo la posizione originaria, ovvero girato verso il Crocifisso e non verso l’assemblea, ma distaccato dal muro, così da poter raggiungere agevolmente il tabernacolo. Il professor Arnold Nesselrath, responsabile storico del restauro:
“È stato riposizionato l’altare. Abbiamo adesso una mensa che risale al pontificato di Papa Gregorio XVI e sul retro sono state utilizzate le colonne della Basilica di San Paolo: quindi, in pratica, in questo altare qui in Vaticano c’è anche una reliquia”.
In attesa della "Caritas in veritate": cenni sul rapporto tra Chiesa, economia ed etica nel pensiero di Benedetto XVI
◊ Mancano due giorni alla pubblicazione dell'Enciclica "Caritas in veritate". Il rapporto tra Chiesa, economia ed etica è stato più volte preso in esame dal Santo Padre. Si trovano in particolare diversi riferimenti nella conferenza "Chiesa ed economia. Responsabilità per il futuro dell’economia mondiale", tenuta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger ad un convegno dell’Università Urbaniana svoltosi il 23 novembre 1985. Il testo dell'intervento è stato pubblicato su "Communio Usa" nel 1986 ed ora in uscita nell’edizione italiana di "Communio" nel mese di gennaio 2009. Di seguito alcuni passaggi della conferenza estrapolati da Luis Badilla:
Chiesa ed economia. La disparità economica tra Nord e Sud dell’emisfero terrestre costituisce una minaccia sempre più grave per la conservazione stessa della famiglia umana. (...) Per trovare soluzioni veramente progressiste occorrono nuove idee economiche, le quali tuttavia senza nuovi impulsi morali sono impossibili e soprattutto appaiono essere inattuabili. Su questo punto è possibile e necessario un dialogo tra la Chiesa e l’economia. (...) Se si parte da una concezione classica dell’economia, a prima vista non si riesce a vedere che cosa abbiano a che fare tra loro Chiesa ed economia, a meno che non si consideri il fatto che anche la Chiesa è soggetto di imprese economiche ed è quindi un fattore del mercato. Nel nostro caso però la Chiesa non deve entrare in questione per questa specificità in quanto Chiesa.
Efficienza e moralità. A questo punto ci si trova di fronte all’obiezione che proprio dopo il Concilio Vaticano II occorre avere un rispetto assoluto per l’autonomia delle competenze e quindi l’economia deve agire secondo le sue regole specifiche e non secondo considerazioni morali introdotte dall’esterno. In base alla tradizione risalente a Adam Smith, si sostiene che il mercato è incompatibile con l’etica, giacché i comportamenti volontaristicamente "morali" sono contrari alle regole del mercato e non farebbero altro che tagliar fuori dal mercato gli imprenditori "moraleggianti". Per questo l’etica economica è stata considerata per molto tempo come un "erro di legn", perché nell’economia si deve guardare solo all’efficienza e non alla moralità. La logica interna del mercato ci dispenserebbe dalla necessità di dover fare affidamento sulla moralità più o meno grande del singolo soggetto economico, in quanto il corretto gioco delle regole del mercato garantirebbe al massimo il progresso e pure l’equità della distribuzione. L’uomo non è fattore superfluo. Il grande successo che questa teoria ha goduto ha fatto trascurare per lungo tempo i suoi limiti. In una situazione mutata appaiono molto chiaramente i suoi presupposti filosofici e quindi anche i suoi problemi. Per quanto questa concezione si fondi sulla libertà del singolo soggetto economico e pertanto possa essere considerata in quanto tale liberistica, tuttavia nella sua essenza essa è deterministica. Presuppone che il libero gioco delle forze di mercato, con questi uomini e in questo modo, spinga verso una sola direzione, cioè verso l’equilibrio tra offerta e domanda, verso l’efficienza economica e il progresso. Ma in questo determinismo – nel quale l’uomo, nonostante la sua apparente libertà, in realtà opera esclusivamente secondo le costringenti regole del mercato – è insito anche un altro forse ancor più sconcertante presupposto: che le leggi naturali del mercato – se posso così esprimermi – sono essenzialmente buone e conducono necessariamente al bene, senza dipendere dalla moralità della singola persona. I due presupposti non sono completamente errati, come è dimostrato dai successi dell’economia di mercato, ma neppure applicabili senza limiti, né assolutamente giusti, come appare evidente dai problemi dell’economia mondiale attuale. Senza entrare specificamente nel problema – cosa del resto che non mi compete – vorrei ricordare solamente una frase di Peter Koslowski, perché indica il punto che ci interessa: "L’economia non è retta solo dalle leggi economiche, ma è guidata dagli uomini".
Un’ingiustizia strutturale. Se finora ho tentato di far riferimento al contrasto che viene a crearsi tra un modello economico assolutamente liberale e una problematica morale, affrontando così un primo nucleo di questioni, che certamente giocherà un ruolo in questo simposio, ora conviene che io faccia riferimento anche al contrasto opposto. Il problema riguardante il mercato e la morale oggi non è più un problema soltanto teorico. Poiché le disparità che esistono all’interno di ciascuna grande area economica mettono in pericolo il gioco del mercato, a partire dagli anni ’50 si è cercato di riequilibrare la bilancia economica con progetti di sviluppo. Ma oggi dobbiamo riconoscere che il tentativo, nella forma finora seguita, è fallito e che le differenze sono addirittura ulteriormente cresciute. La conseguenza è che vasti settori nel terzo mondo, i quali all’inizio avevano guardato con grandi speranze agli aiuti per lo sviluppo, ora considerano l’economia un sistema di sfruttamento, un peccato e un’ingiustizia divenuti strutturali. In questa prospettiva l’economia centralizzata appare essere l’alternativa morale, alla quale ci si rivolge con una fiducia quasi religiosa e la sua forma diviene addirittura contenuto della religione. Infatti, mentre l’economia di mercato prende in considerazione le inevitabili conseguenze dell’egoismo e le limita con la concorrenza tra gli egoismi, in questa sembra dominare il pensiero di una giusta guida allo scopo di offrire gli stessi diritti per tutti e l’equa distribuzione dei beni fra tutti. Certamente le esperienze finora fatte non sono molto incoraggianti, tuttavia non basta per contrastare la speranza che ciò nonostante si possa realizzare l’idea morale. Si pensa che, se si tentasse di fondare l’intero sistema su una base morale più solida, in una società non determinata dal massimo guadagno, ma dall’autoregolamentazione e dal servizio reciproco, si dovrebbe riuscire a conciliare la morale con l’efficienza.
Il 13 giugno scorso, Benedetto XVI, rivolgendosi ai partecipanti a un convegno della ‘Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice’ ha ricordato che la libertà nel settore economico deve essere una libertà responsabile, il cui centro è etico religioso. Alla vigilia della pubblicazione dell’enciclica sociale di Benedetto XVI – ‘Caritas in veritate’ – è legittimo chiedersi se l’esigenza riconosciuta dal Papa di ripensare in chiave etica i paradigmi economici-finanziari dominanti negli ultimi anni, sia avvertita anche al di fuori della Chiesa. Fabio Colagrande lo ha chiesto a Flavio Felice, docente di dottrine economiche e politiche alla Pontificia Università Lateranense e di Filosofia dell'impresa alla Luiss di Roma.
R. – Ormai saranno 30 anni, forse 40 anni, durante i quali il discorso tra etica ed economia è diventato un leitmotiv molto diffuso. Capire quale sia l'economia e quale l'etica è sempre molto difficile. Quella che è emersa in economia, almeno negli ultimi 200 anni, indubbiamente è l’etica utilitaristica. Tutto il processo economico, tutta l’analisi economica si è costruita intorno a questa idea: l’etica dell’utile come ultima misura del processo economico. Non che l’utile non sia una misura indispensabile, perché senza utile non avremmo la spinta all’agire economico. Ma quando l’utile diventa il parametro attraverso il quale costruire politiche pubbliche, entriamo nell’utilitarismo. Dal nostro punto di vista, che è quello della Dottrina sociale della Chiesa, invece, la visione antropologica è quella di un uomo creato ad immagine e somiglianza del Creatore: quindi è Gesù Redentore la figura di riferimento. Dunque, quando parliamo di etica parliamo di qualcosa di completamente diverso. In questa enciclica, la speranza è ben riposta in quanto è sempre accaduto, anche nelle precedenti encicliche, che il riferimento forte all’etica sia fatto a partire da una visione antropologica: così come Giovanni Paolo II ha posto in evidenza sia dalla “Redemptor hominis” fino alla sua prima enciclica sociale, la “Laborem exercens”, per arrivare alla “Centesimus annus”, il riferimento forte è stato sempre all’uomo, inteso come persona. In virtù di questa definizione antropologica, Giovanni Paolo II è riuscito a ridefinire il termine “capitale”, il termine “impresa, il termine “lavoro” in contrapposizione a quella battaglia che si stava combattendo nell’Est Europa – pensiamo a Solidarnosc – ed è riuscito a ri-definire il termine “sviluppo”, il termine “capitalismo”, “mercato” …
D. – Questo deficit etico nell’ambito economico-finanziario, di cui Benedetto XVI ha parlato più volte, secondo lei è riconosciuto davvero dai politici, dagli economisti, dagli operatori del settore come causa della crisi globale?
R. – Io credo che non vi sia una grande consapevolezza di tutto ciò. Temo che ci si stia di nuovo arrotolando intorno ad una pretesa razionalistica, quella di pensare che qualche algoritmo non abbia ben funzionato. E allora bisognerà rimettere a posto l’algoritmo, bisogna risistemare il modello … Invece qui è questione di pensare che l’economia è fatta di persone, che le persone agiscono sapendo di non sapere tutto; dunque il coefficiente di rischio è un elemento fondamentale,. Lo si può ridurre ma non lo si può annullare e qualora qualcuno pretenda di annullarlo, è soltanto perché lo sta trasferendo su qualcun altro, magari il più debole della catena. Mi sembra che si stia ragionando più su che cosa non sia andato bene nel giochetto, nel modellino che ci eravamo costruiti, piuttosto che nel cambiare il modello …
Nel pomeriggio cerimonia di beatificazione di suor Jeanne-Emilie de Villeneuve
◊ Si terrà nel pomeriggio a Castres, cittadina vicina ai Pirenei francesi, la solenne Messa di Beatificazione di Jeanne-Emilie de Villeneuve, la religiosa fondatrice della Congregazione dell’Immacolata Concezione, alla quale appartengono le cosiddette "Suore azzurre". Sulla nuova beata ascoltiamo al microfono di Roberto Piermarini la postulatrice della causa di beatificazione, suor Maria Luisa Ayres:
R. – Jeanne-Emilie de Villeneuve nasce a Tolosa il 9 Marzo 1811 e muore a Castres il 2 Ottobre 1854, molto giovane. Nei primi anni della sua infanzia ha vissuto in un castello perché era di famiglia nobile. I suoi genitori l’hanno formata alla vita cristiana. Quando aveva 14 anni sua mamma è morta e tre anni dopo è deceduta anche sua sorella. Questo ha influenzato molto la vocazione di Emilie perché ha capito che la vita non doveva essere vissuta come l’unica cosa su questa Terra. Lei pensava di farsi religiosa nella Congregazione delle Suore di San Vincenzo de Paoli, perché voleva andare in missione. Suo padre, però, che aveva già perso la moglie e una figlia, non voleva perdere anche Emilie. Allora le chiese di prendersi del tempo per riflettere. In questo tempo, lei ha sentito attraverso l’arcivescovo di Albi, che Dio la chiamava a fondare una Congregazione, proprio per sentire e aiutare i giovani che vivevano a Castres, in quel momento, e i bambini poveri. Il suo scopo era questo: aiutare tutti quelli che avevano bisogno.
D. – Cosa può dire all’uomo di oggi il carisma di Suor Jeanne Marie de Villeneuve?
R. – L’uomo di oggi ha bisogno di trovare Dio nella sua strada, come ha bisogno di cose materiali, di salute, di accoglienza. Emilie guardava sempre a questo, perché diceva: “Dobbiamo andare dove la voce dei poveri chiama”. Questo non solo nel senso della povertà materiale, ma anche quando le persone sono sole, soffrono e sono malate. Lei lo faceva sempre. Nei primi anni della Congregazione, ha fondato un centro per accogliere le prostitute, le ragazze che vivevano sulle strade di Castres.
D. – Altre opere che ha fatto?
R. – La scuola, gli ospedali, le parrocchie. Le suore hanno lavorato per queste opere, quando lo chiedevano parroci e vescovi. Più tardi conobbe padre Liebermann, che lavorava nelle missioni in Africa. Lei, che aveva questo desiderio di andare in missione, ha presto inviato diverse suore in Africa. Oggi le suore si trovano in quattro Paesi africani e in altri Stati del mondo.
D. – Quale eredità ha lasciato alla sua Congregazione la nuova beata?
R. – Ha lasciato un’eredità di una vita di profonda unione a Dio, perché diceva sempre: “Si deve vedere Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio e per questo si deve ascoltare la Parola di Dio, fare momenti di preghiera profondi per poter guardare il mondo con gli occhi di Gesù”. Si doveva fare tutto questo e pregare per poter vivere un’azione contemplativa, sempre cercando i più poveri, quelli che hanno più bisogno.
D. – Perché vi definiscono “le suore azzurre di Castres”?
R. – Perché quando Suor Emilie ha fondato la Congregazione, l’ha messa sotto la protezione di Maria - Suore dell’Immacolata Concezione - anche se il dogma è stato proclamato poco dopo, perché lei l’ha fondato nel 1836. Le monache di quel tempo erano sempre vestite di nero. Lei, quando le hanno chiesto quale sarebbe stato il colore dell'abito, ha risposto: “Le nostre suore saranno vestite di blu”. Allora hanno osservato: “Ma questo è un problema, perché non ci sono suore vestite di blu”. Ed Emilie ha detto: “Ma la Vergine di Hauterive - dove c’era il castello e dove lei pregava molto - vuole così”.
A Parigi, conferenza mondiale dell'Unesco sull'educazione superiore. Intervista con mons. Francesco Follo
◊ Le sfide legate all’educazione superiore sono al centro della Conferenza mondiale organizzata dall’Unesco che si apre oggi a Parigi. L’importanza dell’educazione è stata nuovamente ribadita anche da Benedetto XVI nella lettera indirizzata ieri al presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, in vista del G8 che si terrà dall’8 al 10 luglio a L’Aquila. “L’educazione – scrive il Papa - è condizione indispensabile per il funzionamento della democrazia”. All’incontro di Parigi partecipano come rappresentanti della Santa Sede mons. Bruguès Jean Louis, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica e padre Friedrich Bechina, della medesima Congregazione. Sugli obiettivi della Conferenza ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco, mons. Francesco Follo:
R. – Lo scopo della Conferenza è di vedere le tendenze attuali degli studi superiori perché c’è una crescita rapida di domanda. Si deve anche vedere quali siano le dinamiche emergenti e le implicazioni politiche. Non va poi dimenticato che l’Unesco non è un’università: è un’organizzazione governativa che lancia anche delle idee. L’importante è avere chiare le linee di tendenza perché gli Stati siano in grado di fare una legislazione adeguata. La Conferenza è dunque un’occasione per un’analisi perché i vari Stati possano avere informazioni adeguate per una buona politica nell’educazione.
D. – Un’analisi incentrata anche sulle possibilità di un accesso più ampio all’istruzione superiore, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo…
R. – C’è il problema di come promuovere l’educazione e l’istruzione nei vari Paesi, compresi ovviamente quelli in via di sviluppo. Ma si deve anche evitare che ci siano fughe di cervelli. Si deve evitare di creare dei potenziali disoccupati. La Chiesa, con 1.300 università cattoliche nel mondo, può illustrare linee di tendenza ed anche, ovviamente, presentare contenuti.
D. – La Chiesa va quindi considerata come motore fondamentale non solo per la creazione ma anche per la condivisione di saperi …
R. – Nella Chiesa c’è questa tendenza nel creare un’unità del sapere, una coerenza. Ma non si crea un sapere scientifico staccato dal sapere umanistico. Questo, secondo me, è un contributo che stiamo dando.
D. – Quali sono oggi le potenzialità e le criticità del collegamento tra l’insegnamento universitario e lo sbocco professionale?
R. – Secondo me, il vero problema – ma non è solo nelle università – è quello legato agli insegnanti. C’è un problema pratico: devono essere ben pagati. C’è poi un problema anche di riconoscimento sociale: a volte nel mondo occidentale sono percepiti come una sorta di interscambio con il computer. L’insegnante deve anche capire che propone se stesso, che insegna proponendo: sappiano che loro devono comunicare, alla fine, il loro modo di vita. Poi gli studenti dovranno essere in grado di valutare, con capacità critiche, quello che il professore comunica loro. Ma non si comunicano solo informazioni, non si educa solo “a qualcosa”: si educa “a qualcuno” …
D. – Accanto a questo, un altro problema potrebbe essere quello della percezione dell’importanza dell’educazione superiore da parte degli studenti stessi, sempre più folgorati, colpiti da una cultura dell’immagine, da una cultura materialistica che forse allontana dal vero significato della formazione …
R. – Anche perché il problema è che non c’è una proposta di vita. Ci si chiede a che cosa sia orientato l’accesso nell’educazione. Ad una cultura enciclopedica? Secondo me occorre una risposta che sia anche sostanziale. Non è sufficiente permettere l’accesso all’educazione. E’ necessario un luogo che educhi veramente alla vita …
Nelle Filippine una bomba esplode davanti ad una cattedrale. Almeno 6 i morti
◊ Nelle Filippine una bomba è esplosa davanti alla cattedrale dell'Immacolata Concezione nella città di Cotabato, nel sud del Paese. Secondo fonti della polizia, sono almeno 6 le persone morte a causa della deflagrazione. Altri 30 fedeli, che stavano partecipando alla Santa Messa, sono rimasti feriti. In base ai primi dati sembra che la responsabilità dell’attacco sia di un gruppo estremista islamico. Su questo drammatico episodio Alessandro Gisotti ha intervistato il rettore della cattedrale dell’Immacolata Concezione, padre Edwin de Gracia, raggiunto telefonicamente a Cotabato:
R. – Around 8,30 in the morning, while the archbishop of the archdiocese of Cotabato, …
Intorno alle 8.30 del mattino, l’arcivescovo di Cotabato stava celebrando la Messa; stava per terminare l’omelia quando c’è stata questa grande esplosione proprio di fronte alla cattedrale. Dopo l’esplosione, abbiamo visto grandi danni e molti corpi intorno alla cattedrale.
D. – L’arcivescovo di Cotabato ha detto che con la violenza non si ottiene nulla …
R. – That’s true, that’s true! That’s why, despite what happened this morning, …
E’ vero, è vero! Ed è proprio per questo che, nonostante quello che è accaduto questa mattina, abbiamo chiesto alla popolazione di rimanere calma e di non ricorrere alla violenza. La nostra preghiera per la città è una preghiera per la pace, affinché la gente non entri in panico per la situazione che si è venuta a creare.
D. – Lei crede che ci sia un movente religioso dietro questo attentato, problemi di rapporti tra cristiani e musulmani?
R. – We cannot speculate, but the nearest evidence is that this is part of the …
Non vogliamo lanciarci in speculazioni ma i dati più evidenti direbbero che questo è parte dell’attività terroristica di un qualche gruppo estremista come al Qaeda, perché la settimana scorsa, prima che questo accadesse, è esplosa un’altra bomba a 300 metri dalla chiesa. Da parte delle autorità c’è stato detto che questo rientra nelle cosiddette attività terroristiche di qualche gruppo estremista.
In Honduras esortazione dei vescovi al rispetto della legge e a “costruire dalla crisi”
◊ “Con lo scopo di arrivare a soluzioni costruttive è fondamentale rispettare il calendario del Tribunale supremo elettorale, che deve garantire la realizzazione delle elezioni nel prossimo mese di novembre, è necessario globalizzare la solidarietà come un sentiero che può aiutarci a superare le ingiustizie e l’iniquità”. E’ quanto affermano in un documento reso noto poche ore fa gli 11 vescovi dell’Honduras al termine di una plenaria straordinaria dopo la destituzione e l’espulsione dal Paese dell’ex presidente Manuel Zelaya. Il servizio di Luis Badilla:
Il documento, breve ma molto articolato ed intitolato “Costruire dalla crisi”, è stato letto dall’arcivescovo di Tegucigalpa, cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga. “Non più di tre settimane fa nell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale – ricordano i presuli - abbiamo detto chiaramente che la giustizia sociale, il dialogo e le consultazioni nella cornice della legge sono priorità del nostro popolo che vanno riconosciute e rispettate”. I vescovi aggiungono anche di aver raccolto informazioni e documenti ufficiali da tutti i poteri e le istituzioni dello Stato per pervenire alle loro conclusioni. “Tutti ed ognuno dei documenti – spiegano i presuli dell’Honduras - dimostrano che le istituzioni dello Stato democratico honduregno sono vigenti e che il loro operato in materia giuridico-legale si svolge in modo conforme al diritto”. “I tre poteri dello Stato, Esecutivo, Legislativo e Giudiziale – si legge nel documento - agiscono in forma legale e democratica, in accordo con la Costituzione della Repubblica dell’Honduras. La Costituzione e gli organi che amministrano le giustizia del Paese ci fanno dunque stabilire che, nel rispetto dell’articolo 239 della Costituzione stessa, chi proponga la riforma di quest’articolo cessa immediatamente nelle funzioni della carica e resta inabilitato per 10 anni nell’esercizio di ogni funzione pubblica”. “Quindi la persona in questione (il presidente deposto) quando è stata arrestata già non era il presidente della Repubblica”. D’altra parte, in applicazione dei diritti che la medesima Costituzione garantisce a tutti, i vescovi chiedono anche spiegazioni sulle ragioni in virtù delle quali Manuel Zelaya è stato espulso del Paese, misura che ritengono inappropriata. Guardando al futuro, e in particolare alla soluzione della crisi senza fare ricorso alla violenza, i vescovi honduregni ribadiscono: “Continuiamo a credere che il nostro Paese è stato e desidera continuare ad essere un popolo di fratelli per vivere unito nella giustizia e nella pace; perciò è necessario optare decisamente per l’ascolto delle opinioni degli altri per poter stabilire un dialogo fra tutti i settori della società.
La comunità internazionale, in possesso dell’informazione adeguata sulla situazione del nostro Paese, può dare un contributo a realizzare questi propositi”. “Rivolgiamo un appello speciale a coloro che hanno avuto o hanno nelle loro mani il destino del Paese invitandoli a non lasciarsi trascinare dall’egoismo, dalla vendetta, dalla persecuzione, dalla violenza e dalla corruzione”. Con riferimento alle posizioni dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) l’Episcopato poi osserva: “Se il sistema interamericano si limita a proteggere la democrazia nelle urne ma non segue l’esercizio del buon governo né la prevenzione della crisi politiche, economiche e sociali, non serve a nulla reagire fuori tempo dopo. Alla comunità internazionale ricordiamo il diritto che abbiamo di essere noi a definire il nostro destino senza pressioni unilaterali, di qualsiasi tipo, cercando le soluzioni che promuovano il bene di tutti. Rifiutiamo le minacce di fare uso della forza o dei blocchi che avrebbero come conseguenza quella di far soffrire i più poveri”. I presuli ringraziano infine le molte espressioni di solidarietà ricevute e concludono: “Lo scontro che si vive non deve portare all’acuirsi della violenza; anzi, deve essere un punto di partenza per il dialogo, il consenso e la riconciliazione che ci possono rinforzare come famiglia honduregna e, dunque, per intraprendere anche un cammino verso lo sviluppo integrale di tutti. Esortiamo il popolo di fedeli ad intensificare la preghiera e il digiuno solidale chiedendo che tra noi regni la giustizia e la pace”.
Don Nicola Bux: la fede adulta porta l'uomo a restare fedele a Cristo
◊ “La parola fede adulta negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso, lo si intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi pastori ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere. Una fede ‘fai da te’ quindi, e lo si presenta come coraggio, coraggio di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo schema del mondo contemporaneo. E’ questo non conformismo della fede che Paolo chiama una fede adulta”. Sono parole di Benedetto XVI pronunciate il 28 giugno scorso durante i Primi Vespri di San Pietro e Paolo, celebrati nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Fabio Colagrande ne ha parlato con don Nicola Bux, docente alla facoltà teologica pugliese e consultore per la congregazione per la dottrina della fede.
D. – Cos’è una fede adulta e quando è possibile definirla tale, secondo lei?
R. – Il Santo Padre lo spiega attraverso il capitolo 4 della Lettera agli Efesini. Dice che è adulta la fede che è anticonformista, cioè che non si conforma alle mode correnti, ma cresce nel desiderio di immedesimarsi con Gesù Cristo: questa è la fede adulta. Purtroppo, dobbiamo dire che, negli ultimi tempi, fede adulta è diventata sinonimo di fede intellettuale, cioè di fede di persone colte che si distinguono dal popolo generico tacciato di fede infantile, di fede rozza, di fede superstiziosa e, quindi, da cui prendere le distanze e a cui chiedere addirittura un nuovo processo iniziatico per arrivare a diventare adulti.
D. - Il Papa con queste parole ha indicato un luogo comune, cioè che la fede adulta, la fede “coraggiosa” è considerata ormai quella di coloro che hanno il “coraggio” di criticare sempre e comunque il Magistero della Chiesa. Come è nato secondo lei questo luogo comune?
R. – Questo luogo comune, che non è nuovo, è nato proprio dalla perdita diffusa, soprattutto nei livelli più consapevoli della Chiesa, dell’identità, cioè che l’essere cristiano, seguire Cristo significa come dice Paolo non conformarsi alla mentalità del secolo, non cedere alle mode dei tempi, mode che passano. Dicono i francesi che chi sposa la moda oggi, domani rimane vedovo. Purtroppo si è dimenticato questo: si ritiene che adeguare il cristianesimo al modo di pensare vigente sia l’operazione più giusta per renderlo accettabile. Non è nuova questa questione. Invece, rimanere fedeli a Cristo significa profondamente seguire e immedesimarsi in lui, nel suo stesso giudizio, come dice Paolo, il giudizio di Cristo. Questo non vuol dire non cercare le forme di aggiornamento utili, ma secondo una modalità che non sia in contrasto con il pensiero di Cristo.
D. – Don Nicola chi ha una fede chiara, chi aderisce sempre e comunque al Magistero viene poi etichettato come fondamentalista…
R. - Questo credo che sia una pena da sopportare. Anche Gesù è stato condannato come eterodosso rispetto alla religione ufficiale del suo tempo. Noi non ci dobbiamo impressionare di questo. Dovremmo impressionarci di chi all’interno della Chiesa cerca l’applauso del mondo perché ritiene che così è più “à la page”, è più aggiornato, è più attento ai problemi dell’uomo di oggi. Credo proprio che non sia così. Anzi, credo che questo sia il modo infantile, cioè il correre dietro ai venti, alle correnti del tempo, ai “venti di dottrina”, come dice San Paolo. E non è affatto un atteggiamento di fede umile e matura.
D. – Ciò nonostante porre la Rivelazione all’elaborazione critica, alla riflessione, alle discussioni, è possibile entro certo limiti?
R. – La Rivelazione va accettata con devoto ossequio come dice la Dei Verbum. Un cristiano non è che sottopone a critica la Rivelazione, la accetta con fede e nello stesso tempo indaga la sua fede con la ragione, cerca di approfondirla sempre di più perché non c’è contraddizione: una è la verità.
Al via oggi una rubrica dedicata all'Anno Sacerdotale. La testimonianza di padre Renato Chiera
◊ In occasione dell’Anno Sacerdotale, prende il via oggi una rubrica domenicale dedicata a testimonianze di sacerdoti. Iniziamo con la storia avvincente di padre Renato Chiera, sacerdote fidei donum, fondatore della “Casa do Menor” di Rio de Janeiro. Piemontese, 67 anni, da quasi 30 è “l’angelo custode” dei meninos de rua, i ragazzi di strada delle favelas brasiliane. Ora padre Chiera si trova in Mozambico dove con alcuni volontari sta cercando di dar vita ad una nuova “Casa do Menor” per gli orfani del Paese africano. Raggiunto telefonicamente nella città mozambicana di Chimoio da Alessandro Gisotti, padre Chiera racconta l’inizio della sua straordinaria missione di sacerdote in mezzo agli ultimi:
R. – Io sono figlio di contadini, sono nato in un posto molto povero del nord del Piemonte. Io dicevo:“Io vorrei costruire dei ponti grandi” e dicevo “vorrei essere prete”, ma non sapevo bene cosa fosse essere prete. Sentivo che Dio mi chiamava ad essere come don Bosco. Leggevo la storia di don Bosco, Giovannino Bosco, e nel mio cuore dicevo: “Io vorrei essere come don Bosco”. Lui è la semente della mia vocazione. Dio mi chiamava a costruire ponti tra cielo e terra fra gli uomini. Non sapevo che fossero ponti così grandi: dall’Europa al Brasile, all’Africa. Quindi, sono diventato sacerdote per questo: per essere Gesù che continua la sua opera. Ma subito non sapevo cosa fosse essere sacerdote, essere prete. Quando mi hanno detto che dovevo andare al Seminario, io ho pianto, perchè dovevo lasciare la famiglia. Però, poi, ho capito che bisogna lasciare papà e mamma, famiglia e tutti, perché Gesù è più importante, ci riempie e ci dà il centuplo di papà, di mamma e della famiglia. Sta dandomi tante famiglie, tanti figli, tante case, tanti posti e sta dandomi come eredità la terra, come ha fatto con Abramo, perché l’eredità che mi dà come sacerdote missionario è il mondo.
D. – Che cosa vuol dire essere sacerdote in mezzo agli ultimi, ai bambini che nessuno vuole, in Brasile come in Mozambico?
R. – Per me vuol dire essere la presenza di Gesù, la presenza di Dio amore. Gesù è venuto sulla terra per essere la presenza al lato dell’umanità che si sentiva orfana, abbandonata e non amata. Per me essere sacerdote vuol dire essere questa presenza che continua, la stessa presenza di Gesù che manifesta la presenza del Padre. Qui in Mozambico, come in Brasile, la gente non si sente amata. La gente si sente sola, si sente abbandonata, si sente orfana. Non solo i ragazzi, ma anche gli adulti. E di cosa hanno bisogno? Di questa presenza di Dio concreta, visibile, che noi siamo. Per me essenzialmente essere sacerdote è essere questa presenza di Gesù in mezzo agli altri. Noi diamo Gesù alla gente attraverso i sacramenti, ma anche attraverso la comunità che costruiamo attorno a noi. Gli ultimi, quelli che nessuno vuole, hanno bisogno di qualcuno che dica: “Tu non sei abbandonato, tu non sei orfano, tu sei amato, tu sei il Figlio di Dio amato, tu puoi amare”. Questo per me è essere prete.
D. – A tanti anni di distanza dall’inizio di questa missione del sacerdozio, una domanda che forse anche molti dei tuoi ragazzi ti hanno rivolto: sei felice di essere prete?
R. – Io sono molto più felice adesso che all’inizio. Quando cominci, la vocazione è come una semente che si sviluppa: non sai dove va e dove non va. E io ho avuto momenti di crisi, ho avuto tante cose, ma questo è bello, perché bisogna soffrire come Gesù ha sofferto. Il sacerdote è uno che dà la vita, è Gesù che dà la vita, che deve salire sulla croce per dare la vita. Non è solo colui che celebra la Messa. Io non ho avuto subito questa coscienza. Pensavo come prete di dover celebrare la Messa. Oggi io ho una coscienza molto più profonda, molto più gioiosa di essere questa presenza di Gesù, questa presenza di Gesù che dà la vita, anche quando non riceve ritorno, quando è in croce, e allora ama, ama infinitamente anche se non riceve amore. E questo genera vita.
Inaugurazione dell’Anno Sacerdotale in Sudafrica
◊ La diocesi di Keimoes-Upington, in Sudafrica, ha inaugurato nei giorni scorsi l’Anno Sacerdotale indetto da Benedetto XVI per celebrare i 150 dalla morte di Giovanni Maria Vianney. Religiosi, diocesani e sacerdoti si sono incontrati a Pella per partecipare alla Messa solenne di apertura dei dodici mesi dedicati al Santo Curato d’Ars. “Esistono quattro semplici modi – ha detto il vescovo della diocesi, mons. Edward Risi – per sviluppare legami più profondi tra noi e il Popolo di Dio, in modo tale da incoraggiare la nostra crescita nella santità sacerdotale che rappresenta, di fatto, l’obiettivo di questo Anno speciale”. Il presule ha elencato, quindi, i quattro metodi: “Includere un’intenzione di preghiera per i preti della diocesi in tutte le Messe; recitare la preghiera della Diocesi al termine delle celebrazioni eucaristiche; pianificare, insieme con i Consigli pastorali parrocchiali, il modo per celebrare l’Anno Sacerdotale nelle parrocchie e nelle comunità; programmare una giornata di riflessione e preghiera per il prossimo incontro del decanato, che avrà luogo alla fine dell’anno”. Per i sacerdoti, i diocesani e i religiosi della diocesi di Keimoes-Upington, l’apertura dell’Anno Sacerdotale è coincisa con la chiusura del loro ritiro spirituale, guidato da padre Frank de Gouveia, appartenente all’arcidiocesi di Cape Town. (I.P.)
Irlanda: dipendenza da Internet e crisi finanziaria cause di conflitti familiari
◊ I problemi principali delle famiglie irlandesi risultano essere la dipendenza da Internet e la crisi finanziaria: questi i dati emersi da un’indagine realizzata da Accord, la Pastorale per il Matrimonio, dipendente dalla Conferenza episcopale cattolica d’Irlanda. I dati statistici raccolti negli ultimi tre anni su un campione di 25 mila persone, infatti, dimostrano che i problemi relativi all’uso di Internet e al tempo speso a navigare nel “cyberspazio”, sono citati da un numero crescente di coppie come causa di conflitti familiari. Uno dei fattori scatenanti sembra essere il gioco di azzardo on-line, come anche il fatto che molti coniugi trascorrono troppo tempo a navigare su Internet, invece di stare insieme alla famiglia. “Il che, spesso, provoca anche casi di infedeltà”. È quanto ha affermato John Farrelly, direttore dei Consultori familiari di Accord. “L’apparente mancanza di regole – continua Farrelly – soprattutto nel campo del gioco d’azzardo on-line, può renderlo appetibile alle persone vulnerabili, che ne diventano dipendenti”. L’indagine di Accord, inoltre, evidenzia un aumento del numero di coppie che frequenta i consultori a causa dell’attuale crisi finanziaria. Nel 2007, il 3,96% dei pazienti di Accord era disoccupato. Nel 2008, la percentuale è salita al 5,5%, mentre nella prima metà del 2009 ha raggiunto l’8,5%. Inoltre, nel 2007 il 20% dei pazienti indicava la questione finanziaria come un problema per la famiglia; nel 2008, la percentuale è salita al 25% e, nella prima metà del 2009, ha sfiorato il 31%. “La recessione – commenta Farrelly – continua a colpire il matrimonio e la famiglia, poiché le persone sentono di perdere il controllo delle loro vite. Nei consultori, le coppie stanno iniziando a comprendere che la loro capacità di prendersi cura l’uno dell’altro e, quindi, della famiglia, è la cosa più importante della loro vita”. Il direttore dei Consultori familiari di Accord ha poi elencato altri problemi all’origine della crisi di coppia, come le difficoltà di comunicazione (47%), la depressione (16%), l’infedeltà (15%), i conflitti derivanti dalle famiglie allargate (14%), lo scarso impegno nella suddivisione dei compiti domestici, in particolare della cura dei bambini (11%), alcool e droga (10%). (I.P.)
India: le Figlie di San Camillo al servizio di anziani, disabili e malati
◊ Fare della cura dei malati la propria missione: è il fondamento del carisma camilliano, perseguito dalle Figlie di San Camillo, arrivate nel Kerala (Thariode), in India nel 1972: sono 2 mila i pazienti a cui, ad oggi, garantiscono cure ambulatoriali e a domicilio. Dirette inizialmente da madre Celsa Bonato, giunta dall'Italia in qualità di maestra delle novizie e Superiora, nel 1977 fondarono una seconda casa di formazione e accoglienza per donne anziane nella periferia di Kottayam, e poco più tardi un ospedale attrezzato con 100 posti letto nel piccolo villaggio di Chungakunnu. Le religiose varcarono i confini del Kerala nel 1982, quando il noviziato venne trasferito a Bangalore, nello Stato del Karnataka, mentre la casa di Thariode iniziò ad accogliere le prime bambine portatrici di handicap, trasformandosi in breve in una vera scuola di recupero ed inserimento sociale. La seconda scuola speciale - riferisce l'agenzia Fides - venne aperta nel 1988, al primo piano dell'ospedale San Camillo di Chungakunnu, e successivamente una terza nell'Orissa. Nello Stato dell’Andhra Pradesh venne portato a termine un dispensario ad Eluru e poi, a Tadepalligudem, una struttura ospedaliera all'avanguardia (Mother Vannini Hospital), dotata di attrezzature per la cura dei malati di tubercolosi, Aids e lebbra. Sempre a Tadepalligudem, nel 1998 venne istituto il Mother Vannini College and Scool of nursing, un maestoso complesso dotato di alloggi per circa 100 studentesse. Nello stesso periodo un centro di cura per donne e bambine affette da Hiv venne inaugurato a Mangalore e una quarta scuola speciale per bambini diversamente abili a Carmelaram (Swanthana, “Casa della Consolazione”). Ultima battezzata, la casa per anziani a Chennai, intitolata a Padre Luigi Tezza. L’attività delle Figlie di San Camillo vanta un totale di 14 case in 5 Stati e 212 religiose autoctone, di cui 86 impegnate all'estero. Lo Juniorato si trova nello stato del Tamil Nadu, con un'opera annessa per 80 anziani, dove le giovani in formazione fanno esperienza diretta del carisma camilliano. Nel 2008 la Delegazione è stata eretta in Provincia. (A.D.G.)
Perù: l’impegno della missione degli Agostiniani nell’Apurimac dal 1968
◊ Una popolazione di circa 80 mila persone, 27 parrocchie e diverse comunità religiose femminili, tra cui le Agostiniane del Divino Amore, le Figlie del Crocifisso, le Francescane Oblate Ospedaliere, le Missionarie di Gesù Verbo e Vittima: è il risultato dell’attività della missione agostiniana, impegnata dal 1968 nella regione Apurimac, in Perù. Dal 1998, alcuni gruppi di missionari e volontari laici agostiniani provenienti dall'Italia, hanno iniziato a collaborare con l'“Operazione Mato Grosso”, presente a Totora Oropeza per le attività educative e di catechesi. Nel 2006, a Cuzco, è stato inaugurato il Policlinico “Lucia Vannucci Maiani”, opera dell'Associazione Apurimac Onlus, che si occupa di prestare assistenza sanitaria ai poveri della Prelatura di Chuquibambilla e della periferia di Cuzco. L’attività, riferisce l'agenzia Fides, iniziò quando il vescovo peruviano di Abancay, mons. Alcides Mendoza Castro, chiese all'Ordine di Sant'gostino di stabilire una missione nel dipartimento di Apurimac. Reduce da una lunga visita pastorale nelle tre provincie del Dipartimento (Antabamba, Grau e Cotabambas), il vescovo si trovava a Roma per il Concilio Vaticano II e, in un colloquio con il Superiore generale degli agostiniani, padre Agostino Trapè, parlò delle difficoltà pastorali incontrate, della scarsità di sacerdoti nel territorio e della mancanza di istituti religiosi femminili. Il primo gruppo di missionari partì nel luglio 1968 per raggiungere la neonata Prelatura di Chuquibambilla, eretta pochi mesi prima da Paolo VI. Inizialmente i religiosi, l'amministratore apostolico padre Lorenzo Miccheli e il vicario generale padre Ettore Salimbeni, si stabilirono a Chuquibambilla, ma presto vennero fondate nuove parrocchie a Cotabambas ed Antabamba. Nell’ambito sociale, le opere di solidarietà vengono sviluppate in collaborazione con le province italiane: orfanotrofi e case di accoglienza per minori provenienti da famiglie povere (Cotabambas, Chuquibambilla, Tambobamba), dispensari e centri formativi. La creazione di una rete di seminari ha favorito la crescita del clero locale e l'inserimento nelle parrocchie precedentemente fondate e dirette dai religiosi. (A.D.G.)
Il nuovo santuario di Fatima vince il “Nobel” per l’Ingegneria Civile
◊ La chiesa della Santissima Trinità di Fatima, costruita per ospitare il sempre più alto numero di pellegrini devoti alla Madonna apparsa ai tre pastorelli portoghesi nel 1917, ha vinto il premio “Outstanding Structure” dell'Associazione Internazionale per i Ponti e le Strutture (Iabse), che riunisce 4.000 membri di 100 Paesi, considerato il Nobel dell'Ingegneria Civile. La cerimonia di consegna del premio a José Mota Freitas, docente della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Porto, e alla sua équipe avrà luogo il 9 settembre durante la cerimonia di apertura del 33.mo Congresso della Iabse a Bangkok (Thailandia), come riferisce l’agenzia Zenit. Inaugurata il 13 ottobre 2007 con un progetto dell'architetto greco Alexandros Tombazis, l'opera si distingue per la complessità, in termini di esecuzione nell'ambito dell'Ingegneria Civile. Comprende diversi materiali e cerca di rispondere ad esigenze particolari di acustica e illuminazione. L'Outstanding Structure Award riconosce le strutture più innovative, creative e stimolanti sorte negli ultimi anni. In un comunicato stampa, la Iabse ha sottolineato l'interazione della chiesa con gli elementi preesistenti, con il risultato di ottenere “uno spazio completamente funzionale per diversi scopi”. (A.D.G.)
In Indonesia le suore aiutano i poveri riciclando immondizia
◊ Aiutare i poveri e autofinanziarsi usando l’immondizia. È un’idea delle Figlie della carità di San Vincenzo de Paoli, impegnate da due anni nell’East Java, per sostenere la tutela dell’ambiente. Riciclano i rifiuti di plastica facendoli diventare ombrelli, borse, porta cellulari ed anche rosari. In Indonesia, come in altri Paesi dell’Asia, è molto diffuso il problema dell’inquinamento, anche perché l’immondizia, soprattutto la plastica, viene gettata in modo indiscriminato. Nel 2007, suor Anna Wiwik Soepraptiwi, che era superiora provinciale dell’ordine, disse a tutte le opere della congregazione – come riferisce Asianews – di iniziare a trattare i rifiuti. Le case, le scuole, gli orfanotrofi e gli ospedali gestiti dalle suore, iniziarono a seguire il programma e a promuoverlo anche tra studenti e famiglie. Successivamente nacque l’idea di riciclare la plastica. Suor Soepraptiwi ha raccontato che “anche alcune famiglie povere di Yogyakarta, nel Central Java, che vivevano nell’area in cui nel 2006 c’era stato un terremoto tremendo, hanno cominciato a coinvolgersi con il programma”. Titik Siti Aisyah Dwi Astuti, musulmana, madre di due figli che vive a Yogyakarta, ha affermato: “Sono molto contenta e piena di gratitudine verso le suore perché hanno aiutato la mia famiglia a migliorare le sue condizioni economiche, riciclando rifiuti e facendone oggetti utili”. Oggi il progetto è attivo anche nell’East Java. A Kediri, le comunità coinvolte hanno iniziato ad avere un guadagno dalla vendita degli oggetti. A Surabaya, partecipano all’iniziativa gli studenti della scuola elementare Santa Theresia. Pujianto, uno degli insegnanti, ha spiegato: “Trasformiamo l’immondizia in base al programma delle tre R: riutilizzare, ridurre, riciclare”. L’istituto incoraggia inoltre gli studenti a non usare tracolle e borse di plastica e ha chiesto alla società che gestisce la mensa di non utilizzare piatti e posate di plastica per servire il cibo. Pujianto ha affermato con orgoglio che la Santa Theresia è l’unica scuola elementare nel Paese conosciuta dalla comunità come l’istituto “anti-plastica”. (A.D.G.)
Assistere i migranti filippini, una priorità pastorale
◊ “Costruire una struttura direzionale per la cura pastorale dei migranti” per andare incontro alle loro esigenze spirituali e delle loro famiglie. Su questo tema si sono confrontati i sacerdoti e i cooperatori laici che si occupano dell’assistenza spirituale dei connazionali emigrati all’estero, durante la periodica assemblea di Tagaytay, nelle Filippine. La conferenza, che si è svolta dal 23 al 26 giugno presso il centro di spiritualità delle missionarie carmelitane, è stata organizzata dalla Commissione episcopale per la pastorale dei migranti filippini (Ecmi), che fa parte della Conferenza episcopale dei vescovi cattolici delle Filippine (Cbcp). Ad aprire i lavori dell’incontro, il messaggio di benvenuto di padre Edwin Carros, segretario esecutivo dell’Ecmi, a cui hanno fatto seguito gli interventi degli esponenti di diverse associazioni, che si occupano dell’assistenza ai milioni di emigrati filippini, che lavorano nella gran parte dei Paesi dei cinque Continenti. Nonostante la recessione globale, i lavoratori filippini risultano sempre più necessari alle economie degli Stati maggiormente sviluppati, come riporta l’Osservatore Romano. Il segretario esecutivo padre Edwin Corros ha svolto la relazione centrale del secondo giorno di lavori del convegno, sulla lettura e l’analisi del documento papale “Erga Migrantes Caritas Christi”. Edwin Ruga, coordinatore della Commissione episcopale per la pastorale dei migranti filippini a Luzon, ha esposto ai congressisti le linee guida per costruire la struttura di un programma diocesano per i migranti. Successivamente, il coordinatore dell’Ecmi Entrepreneurship Program, Ediza Pumarada, ha affrontato il tema del sostegno pastorale necessario alle famiglie dei migranti, in particolare ai bambini, che spesso crescono privi di uno o entrambi i genitori, che si spostano in nazioni lontane per lavorare. Nonostante la congiuntura economica che ha colpito i maggiori Paesi industrializzati, continuano a crescere le rimesse che i lavoratori filippini d’oltremare mandano ai loro familiari rimasti in patria. Questa considerazione emerge da un’indagine condotta dal Market Call Research of First metro Investment Corp, in collaborazione con la University of Asia. Nel testo diffuso al termine dei lavori, sono stati sottolineati gli sforzi della Chiesa cattolica delle Filippine per fornire l’assistenza spirituale ai migranti. A questo scopo, è stata avviata una serie di campagne di sensibilizzazione per i fedeli, per la costituzione di strutture diocesane per l’apostolato ai migranti secondo le istruzioni del Pontificio Consiglio per la pastorale per i migranti e gli itineranti. (A.D.G.)
Al via domani lo Junior 8 Summit, il meeting promosso dall’Unicef
◊ La città di Roma domani aprirà le porte allo Junior 8 Summit, l’evento parallelo al G8, che ospiterà 56 giovani di età compresa tra i 14 e i 17 anni, provenienti dai Paesi del G8 oltre che da Brasile, Cina, Egitto, India, Messico e Sud Africa. Domani, presso la galleria Sordi, alle ore 17 ci sarà la cerimonia ufficiale di apertura, alla presenza tra gli altri del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, del Ministro della Gioventù Giorgia Meloni e del presidente dell’Unicef Italia Vincenzo Spadafora. Il J8 affronterà le tematiche relative ai cambiamenti climatici, alla crisi finanziaria, allo sviluppo in Africa e al loro impatto sulle vite dei bambini e dei giovani. L’agenda prevede, in questi giorni, una serie di incontri e appuntamenti istituzionali, come quello di giovedì, in cui una delegazione di 14 ragazzi incontrerà, alle 14.30, i leader del G8 a L’Aquila. La manifestazione, che si concluderà il 12 luglio, è stata organizzata dall’Unicef, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Ufficio Sherpa, il Dipartimento della Protezione Civile, i ministeri dell’Interno, della Gioventù, dell’Istruzione e il Comune di Roma. (A.D.G.)
Un dvd racconta la vita di San Paolo “da Tarso al mondo”
◊ “Paolo, da Tarso al mondo”: è il titolo di un documentario in dvd di 210 minuti che rappresenta la più completa opera audiovisiva mai realizzata sull’Apostolo delle Genti, che vuole commemorare l'Anno Paolino, chiuso da Benedetto XVI il 28 giugno. Il dvd è stato girato nei luoghi in cui San Paolo esercitò la sua intensa attività missionaria: Israele, Siria, Libano, Turchia, Creta, Cipro, il sud dei Balcani, Grecia, Malta e Roma. Le Edizioni Paoline – riferisce l’agenzia Zenit – hanno spiegato che si tratta di “un’occasione per incontrare Paolo oggi, scoprendo la sua attualità spirituale e per essere catturati ancora una volta dalla sua passione nell’annunciare i Vangeli”. L'opera, presentata da HDH Communications, distributore esclusivo del Centro Televisivo Vaticano, è disponibile in italiano, inglese, portoghese, francese e tedesco. (A.D.G.)
Indonesia: un gruppo musulmano blocca la costruzione di una casa per bambini disabili
◊ Una casa per accogliere bambini autistici, con ritardo mentale e disabilità: un progetto che è stato fermato con la forza da gruppi musulmani, perché temono che essa serva per il proselitismo cristiano. L’edificio, per il quale erano stati approvati tutti i permessi, stava sorgendo a Junrejo, nella periferia di Batu, nella provincia di East Java. Il progetto era stato curato dalla Bakti Luhur Foundation (Blf), un’organizzazione no profit, gestita da un istituto secolare femminile denominato Institut Sekulir Alma. I lavori, riferisce Asianews, sono stati fermati il 19 giugno scorso, perché il sindaco della città, Eddy Rumpoko, ha revocato il permesso. Il giorno prima almeno 1000 musulmani avevano protestato accusando l’istituto e la costruzione di essere il “fronte” di una ondata di proselitismo. La protesta è stata organizzata dal Forum comunitario della fraternità musulmana (Fkui), guidato da un gruppo di leader musulmani della moschea locale An Nur. Il capo della Fkui, Soenarso Basuki, ha dichiarato che la loro opposizione è sorta perché la Blf non ha discusso il progetto con la gente locale. La Fkui esige che per far avanzare il progetto, il cantiere debba assumere gente locale e che nella casa vi debba essere una stanza apposita per i bambini musulmani con speciali necessità. Rispondendo alle accuse di proselitismo, suor Chatarina Sulasti, dell’istituto Alma, ha affermato: “Come è possibile? La nostra presenza serve a facilitare i bambini nelle loro necessità e a fargli riguadagnare una migliore qualità di vita. Nel curare i nostri pazienti noi non facciamo alcuna preferenza, qualunque sia la loro religione”. La suora, si è detta “dispiaciuta” per il fermo ai lavori, riaffermando che il suo istituto svolge attività umanitarie e di carità. Padre Heru Susanto, sacerdote locale della parrocchia di Batu, riafferma la bontà del progetto della casa: “Non vi è alcun altro scopo, se non un lavoro amorevole verso i bambini con bisogni speciali”. Il sacerdote racconta che le consacrate dell’Alma sono molto note per il loro impegno, soprattutto nella provincia di East Java. L’istituto secolare Alma conta, ad oggi, 41 case che accolgono almeno 700 bambini con speciali necessità. (A.D.G.)
Presentato il programma della XXXI Settimana di studi sulla storia religiosa d’Europa
◊ Presentato il programma della XXXI settimana di studi sulla storia religiosa d’Europa in programma dall’1 al 5 settembre a Villa Cagnola di Gazzada (Varese). L’appuntamento estivo, promosso dalla Fondazione Ambrosiana Paolo VI, in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, quest’anno è intitolato “Nel cuore dell’Europa”. Durante il convegno, riferisce l'agenzia Sir, verrà proposto “un excursus dalla prima cristianizzazione alla situazione attuale, secondo una prospettiva di storia religiosa inserita nel contesto culturale, politico e sociale, di un’area che rappresenta non solo geograficamente il cuore dell’Europa”, ha affermato Luciano Vaccaro, della Fondazione Ambrosiana Paolo VI. La settimana europea 2009 – ha continuato Vaccaro – “mette contestualmente a tema tre Paesi, Francia, Germania e Italia, che hanno costituito il motore trainante di una nuova unità del continente, avviata dopo il secondo conflitto mondiale”. Numerosi gli studiosi e i relatori che si daranno appuntamento a Gazzada per questo corso, riconosciuto come aggiornamento per gli insegnanti. Per iscrizioni e informazioni sui dieci posti gratuiti riservati a studenti meritevoli, è possibile contattare direttamente la Fondazione Ambrosiana entro il 31 luglio. (A.D.G.)
Uganda: premio internazionale alla libertà all'ospedale St. Mary's Hospital Lacor
◊ Un presidio sanitario con 595 dipendenti, che da 50 anni offre cure di qualità accessibili a tutti: curati oltre 300.000 pazienti all’anno, 41.486 ricoveri e 268.189 visite ambulatoriali nell’ultimo anno. Il St. Mary’s Hospital Lacor, in cui la metà dei pazienti ha meno di sei anni, si trova a Gulu, nell’omonimo distretto settentrionale dell’Uganda, e ha subito per 20 anni un grave conflitto interno. Nel 50.mo anniversario dalla sua nascita, che ricorrerà domani, l’istituto riceverà a Napoli il Premio internazionale alla libertà di Società Libera, giunto alla sua VII edizione. Come riferisce l’agenzia Misna, la Fondazione Piero e Lucille Corti, intitolata ai due medici che dal 1961 svilupparono il progetto del Lacor fondato dai missionari Comboniani. L’ospedale è il primo nosocomio privato dell’Uganda e il secondo ospedale dopo quello universitario della capitale Kampala. (A.D.G.)
Bulgaria al voto per il rinnovo del Parlamento. Favorito il partito conservatore
◊ Urne aperte in Bulgaria dove circa sette milioni di aventi diritto al voto, su una popolazione di meno di 8 milioni, sono chiamati a rinnovare il Parlamento nazionale da cui scaturirà anche il nuovo governo. I socialisti puntano ad ottenere un altro mandato ma i sondaggi danno un buon margine di vantaggio al nuovo partito di centro–destra del sindaco della capitale. Da Sofia Iva Mihalova:
In lizza sono in tutto 19 partiti e coalizioni. Stando agli ultimi sondaggi, le elezioni dovrebbero essere vinte dal partito conservatore Gerb del sindaco di Sofia, Boïko Borissov, con il 34%, seguito dai socialisti con il 20%, il partito turco con il 14%, i nazionalisti con il 9% e la Coalizione blu con l’8%. In ogni caso, il prossimo Parlamento bulgaro sarà composto da almeno otto soggetti e nessuno con una grande maggioranza: questo renderebbe la composizione del governo molto complicata. Comunque la maggior parte dei bulgari vorrebbe un governo di centrodestra piuttosto che di centrosinistra. Dopo una costante crescita economica negli ultimi quattro anni, il Paese già subisce gli effetti della crisi economica ed ora si trova davanti alle elezioni più incerte dalla caduta del comunismo.
Elezioni in Messico
In Messico settantasette milioni di persone sono chiamati oggi alle urne per rinnovare il Parlamento e le amministrazioni locali in un Paese scosso dalla peggiore crisi economica degli ultimi quindici anni. L'appuntamento con il voto è anche un test importante per il presidente conservatore, Felipe Calderon, arrivato a metà mandato. Gli istituti di sondaggio pronosticano un alto tasso di astensione, stimando in appena 30 milioni gli elettori che andranno a votare.
Croazia, crisi politica
L’ex vicepremier croata Jadranka Kosor, dopo aver ricevuto l’incarico a formare un nuovo governo a seguito delle dimissioni a sorpresa del primo ministro Ivo Sanader, ha ottenuto un'altra importante investitura: è stata eletta all'unanimità presidente della Comunita' democratica croata (Hdz, conservatori), il maggior partito del Paese. Ora l'ex vicepremier, il cui nome è stato proposto dallo stesso Sanader, ha 30 giorni di tempo per formare un governo e ottenere la fiducia dal Parlamento. Se dovesse fallire, il presidente Mesic dovrà indire elezioni, anticipando la fine della legislatura, che cadrebbe altrimenti nel 2011.
Albania
In Albania, il Partito socialista per l'integrazione (Lsi), ha accettato l'invito del premier albanese, Sali Berisha, ad entrare nel governo per formare una nuova maggioranza nel Paese. Il partito conservatore di Berisha, nelle elezioni di domenica scorsa, secondo i risultati ancora non ufficiali, avrebbe infatti ottenuto 70 seggi senza però aggiudicarsi la maggioranza del parlamento. I 4 seggi della formazione di sinistra garantirebbero quindi il necessario sostegno dell’assemblea al nuovo esecutivo.
Afghanistan
Non si fermano le violenze in Afghanistan. Due militari britannici sono morti a seguito dell’esplosione di un ordigno nella turbolenta provincia di Helmand. Nella stessa area è in corso la vasta offensiva di 4000 marines statunitensi contro le roccaforti talebane. Si tratta della più grande operazione dall’inizio dell’intervento in Afghanistan nel 2001. Intanto, nell'est del Paese 16 sminatori di un’agenzia affiliata alle Nazioni Unite sono stati rapiti da uomini armati. Il sequestro non è ancora stato rivendicato.
Pakistan
Almeno 5 persone sono morte nei raid aerei dell’aviazione pakistana contro le postazioni talebane nelle aree tribali al confine con l’Afghanistan. Lo hanno riferito fonti dell'intelligence di Islamabad. Nelle ultime settimane le forze armate del Pakistan hanno compiuto diversi raid aerei nella regione, per colpire obiettivi dei militanti islamici prima di lanciare una "operazione decisiva" contro il capo dei talebani locale, Baitullah Mehsud, ritenuto l’artefice dell’omicidio dell'ex primo ministro Benazir Bhutto.
Iran
In Iran non si arrende l’opposizione che continua a denunciare l’irregolarità delle elezioni presidenziali che hanno portato alla rielezione del presidente Ahmadinejad. Oggi l'ex candidato moderato Mussavi, ha presentato un nuovo rapporto di 25 pagine per denunciare i ''brogli'' e le ''irregolarita''' nel voto del 12 giugno. Nelle stesse ore anche un gruppo di religiosi riformisti, riuniti nell'Associazione degli insegnanti e ricercatori del seminario della città santa sciita di Qom, è tornato a mettere in dubbio la regolarità delle presidenziali. Intanto, secondo l’agenzia iraniana Isna, le autorità giudiziarie avrebbero ordinato un giro di vite sui dissidenti che forniscono informazioni alle televisioni satellitari che trasmettono da fuori i confini del Paese. Infine il ministro degli Esteri del Regno Unito, David Miliband, ha annunciato che sarà presto liberato uno dei due ultimi dipendenti iraniani dell’ambasciata britannica tenuti ancora in arresto per aver preso parte ai disordini seguiti alle elezioni. Secondo il capo del Foreign Office di Londra il viceministro degli Esteri iraniano ha inoltre garantito che non ci sarà un processo né un'incriminazione.
Corea del Nord
La Corea del Nord ha lanciato missili più avanzati con livelli di precisioni in aumento. È l’allarme lanciato da Seul all’indomani dei nuovi di test missilistici di Pyongyang che hanno visto il lancio sette vettori a lunga gittata. La Corea del Nord non deve "esacerbare le tensioni" e i lanci "sperimentali di missili di ieri e oggi non aiutano ad attenuarle": è stata la prima reazione del Dipartimento di Stato americano, mentre Russia e Cina, in una nota congiunta, hanno invece invitato alla calma e al ritorno al tavolo dei negoziati a sei (le due Coree, Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia) sulla crisi nucleare. Più duro il giudizio di Corea del Sud e Giappone, che parlano di grave provocazione.
Incontro Medvedev-Obama
Alla vigilia dell’arrivo a Mosca del presidente statunitense Obama per colloqui sul trattato per la riduzione delle armi strategiche, il presidente russo Medvedev ha detto, in un’intervista al Corriere della Sera, che con la nuova amministrazione americana sarà possibile trovare una soluzione sul controverso progetto dello scudo spaziale Usa nell’Europa dell’est. Medvedev ha inoltre spiegato che Mosca non è contraria a sviluppare questi mezzi di difesa, ma crede che non debba trattarsi di iniziative unilaterali.
L’Aquila verso il G8: scatta la zona rossa
Tutto è pronto a L’Aquila per il vertice del G8 che si terra dall’8 al 10 luglio prossimi. Intanto, da questa mattina e fino alla mezzanotte dell'11 luglio è off limits la ''zona rossa'' che comprende la caserma della Guardia di finanza sede del summit e un raggio di almeno tre chilometri intorno alla struttura. Anche i residenti sono sottoposti a norme di controllo e sicurezza e possono viaggiare solo se hanno un permesso e possibilmente a piedi. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 186
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