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Sommario del 02/07/2009
Per il mese di luglio il Papa chiede di pregare perchè i cristiani del Medio Oriente possano vivere la loro fede in piena libertà ed essere strumenti di pace
◊ “Perché i cristiani del Medio Oriente possano vivere la loro fede in piena libertà ed essere strumento di riconciliazione e di pace”: è l’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di luglio. Sull’esortazione del Santo Padre, Amedeo Lomonaco ha intervistato padre Najib Ibrahim, francescano libanese e guardiano del Convento della Flagellazione di Gerusalemme:
R. – In questa situazione, la preghiera è importante perché i cristiani, in Medio Oriente, hanno bisogno di vivere la fede in libertà. Nei Paesi mediorientali la situazione passa dall’impedimento totale di praticare la fede alla piena libertà. Quindi, è molto importante pregare secondo quest’intenzione del Santo Padre.
D. – Quale ruolo hanno avuto finora i cristiani nel processo di pace in Medio Oriente?
R. – I cristiani non hanno un grande ruolo politico, ma la voce della Chiesa locale è sempre in favore della pace in tutti quei Paesi dove la Chiesa è presente. In quelle terre dove ha un ruolo pubblico, almeno a livello religioso. Tutti gli interventi vanno in questo senso. I cristiani, normalmente, favoriscono il processo di pace perché non contribuiscono alla guerra con la violenza ma si impegnano piuttosto, a livello civile, per la pace.
D. – Come far comprendere a tutte le popolazioni del Medio Oriente la forza di autentici strumenti di pace come la Croce, il Vangelo?
R. – Penso che la cosa più importante, per i cristiani, sia di poter contribuire alla pace e alla libertà religiosa e di vivere la propria fede, la propria identità cristiana, coscienti che niente potrà separarci dall’amore di Cristo. Essere uniti a Cristo e non aver paura di vivere la propria fede nel rispetto del prossimo.
D. – Le comunità cristiane potranno, un giorno, vivere in piena libertà la loro fede?
R. – Non sappiamo quando potrà esserci questa possibilità. Bisogna pregare, proprio come vuole il Santo Padre e cercare anche di avere sempre la speranza di poter vivere, con pieno diritto, la libertà religiosa in questi Paesi del Medio Oriente. Bisogna lavorare per questo, affinché ciò sia possibile, con i mezzi adatti, per poter arrivare a quelle norme che consentano di vivere la propria libertà religiosa.
D. – Il Medio Oriente e la Terra Santa in particolare sono un incrocio di cultura, storia e religioni. La pace può essere, in questi luoghi, solo il risultato del rispetto reciproco oppure ci sono anche altre condizioni imprescindibili?
R. – Ci saranno certamente altre condizioni, soprattutto a livello politico, ma il ruolo dei cristiani e della Chiesa è sempre quello di proporre dei mezzi pacifici per arrivare alla giustizia. Senza giustizia non si può avere la pace. Preghiamo perché ci sia un risveglio di fede autentica nei cristiani e perché possiamo vivere uniti a Cristo nella carità. Questa è la cosa più importante per i cristiani.
Il Papa nomina mons. Martinelli vescovo di Frascati. Per 30 anni al servizio della Congregazione per la Dottrina della Fede
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Frascati, presentata da mons. Giuseppe Matarrese, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di Frascati mons. Raffaello Martinelli del clero della diocesi di Bergamo, finora capo ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede. Nato nel 1948, mons. Martinelli è stato ordinato sacerdote nel 1972. Dal 1980 è a servizio della Santa Sede presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. In tale dicastero è stato coordinatore dei lavori per la preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e, successivamente, ha ricevuto l'incarico di redattore e coordinatore della segreteria nella elaborazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Dal 1999 è Prelato d'onore di Sua Santità.
Udienza
◊ Nel pomeriggio di ieri, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia.
Presentata la nuova edizione dei documenti vaticani del Processo Galilei
◊ Presentata questa mattina, nella Sala Stampa della Santa Sede, la nuova edizione dei documenti vaticani del processo di Galileo Galilei, curata da mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano. Il servizio di Fausta Speranza:
Un rigorosissimo criterio filologico, nuova documentazione e curate introduzioni per ogni testo: queste le caratteristiche di questa edizione 2009 dei documenti del Processo a Galileo Galilei curata da mons. Pagano. Mons. Sergio Pagano aveva già firmato l’ultima edizione del 1984, che precedeva il pronunciamento di Giovanni Paolo II su Galileo del 1992. E per completezza va detto che prima ancora tra il 1877 e il 1910 si contano 4 edizioni. Mons. Pagano la definisce “un’edizione completa e fidata” proprio perché estremamente fedele ai testi originali fino al rispetto di maiuscole o minuscole. Qualcuno ritiene che sarebbe stata più “leggibile” con qualche fedeltà in meno, sottolinea mons. Pagano che però poi spiega quanto sia importante qualunque dettaglio e quanto sia rischioso cambiarlo:
“Mi sono reso conto nel mio lavoro che ognuno rende i testi come gli pare. Dire “cielo” e scrivere “cielo” o “terra” o “cosmo” o “sole” in minuscolo o in maiuscolo, nel 1633, ha una portata enorme. Io non mi prendo l’arbitrio di rendere cielo, terra, cosmo, sole minuscolo, quando lo trovo maiuscolo”.
A proposito dei nuovi documenti spiega che si tratta di richieste negate di lettura degli atti da parte di ecclesiastici e dominicani nel ‘700, prima del via libera dato nel 1741 alla pubblicazione. In ogni caso – è stato ribadito - resta una “pagina dolorosa” della Chiesa. A questo proposito dopo la riflessione di mons. Pagano che rispondendo a domande dei giornalisti ha riconosciuto che la vicenda può insegnare qualcosa nel rapporto tra Chiesa e scienza, dalla Sala Stampa vaticana viene riassunto il tutto con queste parole: “Il caso Galileo insegna alla scienza a non presumere di far da maestra alla Chiesa in materia di fede e di Sacra Scrittura e insegna contemporaneamente alla Chiesa ad accostarsi ai problemi scientifici – fossero anche quelli legati alla più moderna ricerca sulle staminali, per esempio – con molta umiltà e circospezione”. Va detto che mons. Pagano, dopo aver accennato ai limiti da parte della Chiesa di allora, come peraltro già riconosciuti da tempo, ha spiegato - meglio di quanto si possa riassumere giornalisticamente – che ciò che ha irrigidito la Chiesa di allora e in particolare Papa Urbano VIII è stato il fatto che Galileo non ha accettato, come suggeritogli, di presentare semplicemente i suoi studi come ipotesi scientifiche ma abbia nel Dialogo invitato direttamente la Chiesa a rivedere le sue interpretazioni della Bibbia.
Mons Pagano ha voluto ribadire che da tutta la documentazione viene confermato che Galileo è stato ed è rimasto un cattolico, seppure penitente per decisione di Urbano VIII. Infine a conclusione della conferenza stampa, mons. Pagano, sollecitato dai giornalisti, ha confermato un impegno di studio da parte dell’Archivio su documentazioni relative a opere di carità di Pio XII, parlando di 20 archivisti a disposizione e di 5-6 anni di lavoro da fare su archivi di Nunziature e su documenti della Segreteria di Stato, quando il Papa deciderà di renderli disponibili allo studio.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Svolta nel disarmo per garantire la pace: in prima pagina, Giuseppe M. Petrone sul vertice a Mosca tra Obama e Medvedev.
Il Woody Allen della filosofia: in cultura, Oddone Camerana recensisce "Insetti senza frontiere" di Guido Ceronetti.
Quando leggere insegna a curare: Giulia Galeotti analizza il rapporto fra medicina e letteratura.
Ilenia Bellini su una mostra itinerante dedicata all'arcangelo Michele.
Fede, iconoclastia, predestinazione: Alain Besancon presenta le opere di Calvino uscite per la Pleiade.
Andrea Possieri recensisce il libro di Giampaolo Pansa "Il revisionista".
La tomba di San Paolo fra storia e fede: nell'informazione religiosa, Mario Ponzi intervista il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arcivescovo della Basilica di San Paolo fuori le Mura.
Le proposte dell'associazionismo cattolico per il G8 dell'Aquila. Il commento di Sergio Marelli, direttore Focsiv
◊ L’associazionismo cattolico scende in campo con l’appello “Per un’Agenda di Speranza” con proposte ai leader dei Paesi che parteciperanno al G8, dall’8 al 10 luglio prossimi all’Aquila. Ai governanti si chiede in particolare l’adozione di “concrete scelte politiche”. L’appello sarà consegnato domani da una delegazione di vescovi e rappresentanti di organizzazioni cattoliche ai ministri italiani Giulio Tremonti, Franco Frattini e Maurizio Sacconi. L’iniziativa è promossa da "Volontari nel mondo" Focsiv e da Retinopera, associazione che riunisce diverse realtà del mondo cattolico e sociale. Sulle priorità politiche ed economiche in questo tempo segnato dalla crisi, il commento del direttore generale della Focsiv, Sergio Marelli, intervistato da Luca Collodi:
R. – Il messaggio innanzitutto sarà quello di sostenere che la crisi economica, ancor che un fatto importante, non può essere la giustificazione per il disimpegno dei governi ricchi rispetto agli aiuti ai Paesi poveri. E poi quello di indicare anche, come sempre facciamo, costruttivamente, che le soluzioni rispondono proprio al fatto che per risolvere una crisi di così ampia portata e così globalizzata non si può pensare di trovare delle soluzioni escludendo dalla definizione di queste i Paesi del Sud del mondo. Non si può escludere la società civile, la Chiesa, in qualche modo tutte le organizzazioni, come diremmo noi “gli uomini di buona volontà”, che si stanno facendo carico dei grandi impatti, delle grandi conseguenze, che soprattutto sulle persone più povere e più vulnerabili sta proiettando questa crisi finanziaria ed economica.
D. – In sostanza, voi proponete ai grandi del mondo una sorta di “Agenda di speranza” con l’uomo al centro...
R. – Questo è il titolo dell'appello che presenteremo domani negli incontri istituzionali che avremo e che poi anche diffonderemo in questa grande celebrazione, presieduta dal cardinale Tettamanzi, che alle 17.30 di sabato 4 luglio si terrà nel Duomo di Milano. “Per un’agenda di speranza” è un appello per dire che la situazione è grave, ma che ci sono tutte le potenzialità. Perché se i governi, in particolare il G8, si assumeranno le loro responsabilità, si possono risolvere i grandi problemi, che non dimentichiamo oggi affliggono ancora miliardi di persone nei Paesi in via di sviluppo.
D. – Marelli, tre, quattro punti di questa “Agenda di speranza” che voi presenterete alle autorità italiane per essere poi discussa a L’Aquila...
R. – Più aiuti per i Paesi poveri, perché aiutando loro si garantisce anche un futuro economico sostenibile ai nostri Paesi; risorse e determinazione per affrontare i cambiamenti climatici; cancellazione del debito e soprattutto regole trasparenti, democratiche per la gestione della finanza internazionale.
D. – I potenti saranno in grado di ricevere queste sollecitazioni o saranno impotenti?
R. – Devo riconoscere che il segnale che viene da questo nostro governo è un segnale appunto di grande speranza. Speriamo anche poi che il G8, la prossima settimana, sappia trasformare questa speranza in segni concreti e quindi in prospettive reali per salvare la vita di milioni di persone.
Presentato il rapporto di Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani a Gaza
◊ E' stato presentato questa mattina il rapporto di Amnesty International sui 22 giorni di guerra condotti dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Nel dossier vengono denunciati crimini di guerra compiuti sia dalle forze militari di Israele sia dai guerriglieri palestinesi di Hamas. Immediata la reazione dei militari israeliani che parlano di un “rapporto squilibrato, prova che Amnesty è stata vittima delle manipolazione di Hamas, un'organizzazione terroristica''. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
E’ un giudizio durissimo quello di Amnesty International, espresso attraverso il rapporto sull’operazione "Piombo Fuso", lanciata in dicembre dall’esercito israeliano contro Hamas e la Striscia di Gaza. 117 pagine che a chiare lettere parlano di 22 giorni in cui le forze israeliane hanno ucciso centinaia di civili palestinesi disarmati e distrutto migliaia di abitazioni, mediante attacchi che hanno violato le leggi di guerra. Il rapporto si basa su prove raccolte dai delegati di Amnesty in gennaio e febbraio, documentando l'uso da parte di Israele di armi da campo aperto contro la popolazione civile intrappolata e senza possibilità di fuga. L'intensità degli attacchi – si legge inoltre nel documento – è stata senza precedenti: il totale di 1.400 palestinesi uccisi dalle forze israeliane comprende circa 300 bambini e altre centinaia di civili che non stavano minimamente prendendo parte al conflitto. Molte distruzioni, inoltre, sono state indiscriminate e non motivate da alcuna necessità militare. Nel rapporto, inoltre, anche le accuse di mancata collaborazione da parte dei vertici militari ed istituzionali israeliani, chiedendo alla comunità internazionale, a partire dal Consiglio di Sicurezza, di esercitare tutta la sua influenza per ottenere che Israele cooperi pienamente con l'inchiesta dell’Onu, che – secondo Donatella Rovera, capo-missione di Amnesty a Gaza - risulta attualmente lo strumento migliore per stabilire la verità. Nel rapporto di Amnesty anche un invito chiaro allo Stato ebraico, affinché si impegni a non condurre attacchi contro i civili e a porre fine al blocco nei confronti della Striscia di Gaza che rappresenta una punizione collettiva contro l'intera popolazione. Non manca, infine, un monito ad Hamas: “Che fermi – si legge - il lancio di razzi contro i centri abitati israeliani”.
Sul rapporto di Amnesty International e sulle reazioni di Israele, Roberta Rizzo ha intervistato Giorgio Bernardelli, giornalista ed esperto di Medio Oriente.
R. – Si citano violazioni molto gravi anche del diritto internazionale sull’uso delle bombe al fosforo e soprattutto sull’uso di armi che non possono avere una capacità di colpire obiettivi molto precisi, come l’artiglieria, e che creano molte vittime tra le popolazioni civili. Il rapporto di Amnesty parla di 300 bambini morti durante i combattimenti. Questo rapporto aiuta a non dimenticare. Oggi si parla pochissimo di quello che è successo solo cinque mesi fa.
D. – Nel rapporto Amnesty accusa apertamente Israele di crimini di guerra contro i civili palestinesi…
R. - Amnesty accusa entrambi, accusa anche Hamas per il lancio di missili contro le cittadine israeliane che si trovano intorno al confine. Certo, le accuse nei confronti di Israele sono altrettanto forti e soprattutto giungono dopo che un’inchiesta interna, sollecitata anche da alcune voci all’interno della società israeliana, aveva invece escluso violazioni del diritto internazionale.
D. – Israele parla di rapporto squilibrato e distorto perché ignora gli sforzi compiuti dalle forze armate per evitare le vittime civili…
R. – In un’offensiva come quella portata avanti nella guerra di Gaza le vittime civili erano nel conto. Adesso, questo rapporto e le risposte sono semplicemente tentativi di presentare politicamente questo risultato nella maniera migliore possibile per ciascuna delle parti, ma la realtà è quella che tutti abbiamo visto fin dai primissimi giorni della guerra e che nessuna dichiarazione può cambiare, sostanzialmente. L’importante è che si ritorni a parlare di Gaza perché il dramma ancora più grosso di queste morti civili di cui il rapporto di Amnesty International parla è che il risultato di questa guerra è stato di lasciare la situazione esattamente com’era prima. Oggi come ieri Gaza è in mano ad Hamas. Quindi, la vera domanda è a che cosa è servito tutto questo?
D. – Recentemente Papa Benedetto XVI si è soffermato sulla drammatica situazione umanitaria della Striscia di Gaza e ha lanciato un appello affinché la situazione venga affrontata con competenza e solidarietà…
R. Certo, è un appello importante, un appello che ricorda chi sono le vittime di questa situazione: è la popolazione civile che soffre a causa dell’estremismo di Hamas e di questo blocco che va avanti in maniera infinita. La chiave per risolvere questa situazione è aprire Gaza, non lasciarla nell’isolamento e trovare il modo appunto di far sì che il mondo sia presente a Gaza. Solo da qui è pensabile che si arrivi a un cambiamento politico che aiuti a uscire da questo vicolo cieco in cui da troppo tempo Gaza sembra essersi cacciata.
"Scienza e Vita" critica l'ordinanza del tribunale di Bologna che autorizza la diagnosi preimpianto anche per coppie non sterili
◊ Sconcerto dall’’Associazione "Scienza e Vita" dopo l’ordinanza del Tribunale di Bologna che prevede la diagnosi genetica di preimpianto su un embrione che rischia di ereditare una grave malattia genetica e legittima la fecondazione assistita anche per le coppie non sterili. "Scienza e Vita" denuncia una piena contraddizione con la legge 40 e con il recente pronunciamento della Corte Costituzionale. Alla base dell’ordinanza - afferma l’associazione - c'è la volontà di ratificare, per via giudiziaria, una cultura eugenetica. Paolo Ondarza ha intervistato il presidente di "Scienza e Vita", Bruno Dallapiccola:
R. – L’idea che una coppia che non ha problemi di fertilità possa usufruire di certe regole, che sono state fissate dalla legge 40, è un controsenso. Mi pare che smantellare una legge come la legge 40 a colpi di sentenze di alcuni giudici debba farci riflettere. Io ritengo che si deve avere il coraggio, se la maggioranza degli italiani ce l’ha, di tornare a ridiscutere tutto il problema della legge 40, non attaccarla da tutte le parti in questo modo.
D. – In che cosa viene vanificata la legge 40 con quest’ordinanza?
R. – La legge 40 aveva un principio: nell’articolo 1 c’era la tutela della madre e dell’embrione, del nascituro e vietava poi la selezione degli embrioni. Qui invece si parla di autorizzare la diagnosi preimpianto, la selezione degli embrioni, la crioconservazione degli embrioni e quant’altro non sia consentito dalla legge 40. E' impensabile che questa possa essere una legge dello Stato, sottoscritta e votata dal Parlamento e dallo Stato; passata per gli uffici legali dello Stato, e poi un giudice "mette ko" tutto quanto.
D. – Perché tanto clamore sul tema della fecondazione in vitro; la gente sa veramente di cosa si tratta?
R. - Viene fuori continuamente: questo risulta essere il problema della fecondazione in vitro e dell’associata diagnosi preimpianto, senza tener conto di alcune informazioni fondamentali che dovrebbero essere fornite a quelle coppie che si sottopongono a questo tipo d’intervento. Innanzitutto sul successo della diagnosi – che è del 6% -, il rischio relativo di malformazioni congenite – che è di 30, 40 volte superiore rispetto al concepimento naturale – e dell’alto tasso di errori citogenetici cromosomici, del 30%, che vengono fatti in queste procedure. Quello che manca sempre, alla fine, è anche l’informazione corretta, perché credo che se le persone che decidono di fare certe scelte fossero correttamente informate, probabilmente ci sarebbe meno enfasi su questa procedura.
A Roma un incontro sulla testimonianza dei martiri cristiani nel Novecento. Con noi, il cardinale Sepe, il prof. Riccardi e il giornalista Saviano
◊ Resistere al male attraverso la propria testimonianza. È l’opera dei martiri cristiani del 900, ma anche quella dei nuovi martiri contemporanei, le cui storie sono raccontate nella seconda edizione del libro “Il secolo del martirio. I cristiani nel Novecento”, curato dallo storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi. Il testo, presentato ieri a Roma nella Basilica di San Bartolomeo all’isola, ha quindi offerto un’occasione di dibattito sul tema del male e della violenza. Per noi, c’era Linda Giannattasio:
Sono oltre 12 mila le persone che hanno reso testimonianza alla fede cristiana e hanno saputo resistere al male, anche a costo della loro stessa vita. Un martirio di massa, quello di cui sono stati vittime i cristiani, protagonisti di una resistenza mite, pacifica, ma allo stesso tempo forte, contro la violenza. È dedicato a loro il libro di Andrea Riccardi, nato nel 2000 dopo l’intuizione di Giovanni Paolo II, che definì il 900 un "Secolo di martiri" e volle l’istituzione di una Commissione dei Nuovi Martiri. Un testo che da oggi si arricchisce di un capitolo nuovo, contemporaneo, come spiega il curatore del libro, Andrea Riccardi:
“Mi sono reso conto che il Novecento è stato il secolo del martirio però mi sono reso anche conto che il martirio non è finito. Sono cambiate le forme. Sono perseguitati non più dalle guerriglie, non più dai regimi totalitari, ma sono perseguitati da qualcosa di nuovo, terribile. E’ una condizione disumana quella introdotta dal mondo globalizzato, però c’è come una guerra civile diffusa che colpisce i cristiani, uomini e donne. Insomma, i cristiani continuano a morire”.
L’itinerario dei nuovi martiri, continua, quindi anche in questo decennio, con le tristi vicende dei cristiani in india, ma anche della Chiesa caldea in Iraq, o la storia di missionari come don Andrea Santoro. Storie di chi rischia la vita per la propria fede, ma anche in nome della verità, come spiega Roberto Saviano, presente al dibattito, che parla di un percorso, quello dei martiri, che è la strada di chi sceglie la vita, non la morte, come spesso si è portati a credere. Ma si può resistere alla violenza anche attraverso la denuncia? Risponde lo stesso Roberto Saviano:
“Sì, certamente, raccontare e scrivere per me sono un modo di resistere”.
Eppure il martirio fa parte dell’essere cristiani come sottolinea il cardinale Cescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. Ma chi sono i nuovi martiri oggi? Il cardinale Sepe:
“Martiri sono le mamme che non accettano l’aborto, che non accettano il divorzio, sono queste “mamme coraggio”. Sono i tanti “papà coraggio”, sono i tanti giovani che non si lasciano attrarre dal male, sono i tanti anziani che sfidano anche le difficoltà in cui vivono. Oggi il martirio è una dimensione fondamentale del vivere cristiano, allora facciamo leva su questi martiri dei giorni d’oggi per creare quella civiltà dell’amore. Si resiste al male in nome del bene”.
Un percorso, quello dei martiri cristiani, che non si è interrotto nel Novecento e forse non si interromperà in futuro, quindi, ma che sarà sempre un percorso di vita, una testimonianza che combatte la violenza e resiste al male.
Pakistan: nel Punjab centinaia di musulmani assaltano le case di decine di cristiani
◊ Una folla di circa 600 mussulmani ha preso d’assalto un centinaio di case di cristiani a Bahmani, villaggio del distretto di Kasur nella provincia del Punjab. Lo riferisce la Commissione nazionale di giustizia e pace (Ncjp), organismo della Chiesa cattolica pakistana, affermando che gli attacchi hanno causato gravi danni alle abitazioni dei cristiani da cui sono stati anche rubati oggetti di valore e soldi. Gli incidenti sono avvenuti il 30 giugno. Il clero della moschea locale ha incitato alla violenza gli abitanti musulmani del villaggio accusando i cristiani di blasfemia. Irfan Barkat, membro della Commissione, spiega ad AsiaNews che i disordini sono iniziati lunedì 29 giugno dopo una zuffa tra un ragazzo cristiano ed uno musulmano. Zuffa che è diventata la causa dei primi disordini dopo che il ragazzo musulmano, a quanto riferiscono fonti locali, si è rivolto a un religioso islamico del villaggio che gli avrebbe suggerito di accusare Mashi di blasfemia. Nella notte del 30 giugno i fedeli musulmani hanno preso d’assalto la zona del villaggio in cui vivono i cristiani. Nell’attacco hanno preso di mira un centinaio di abitazioni appiccandovi il fuoco con il lancio di bombe molotov. La folla composta da circa 600 persone ha inoltre assalito i cristiani con bastoni ed acido, bruciato macchine e moto e distrutto la rete elettrica. Irfan Barkat afferma che il 1° luglio un comitato composto da sei cristiani e sei musulmani della zona si è incontrato per affrontare la vicenda e negoziare la rappacificazione tra le due comunità, proponendosi di trovare una soluzione entro quattro giorni. Fatti come quello di Bahmani sono molto frequenti nella provincia del Punjab. I musulmani motivano le violenze ricollegandosi quasi sempre all’accusa di blasfemia che, secondo il Ncjp, dal 1986 ad oggi ha colpito 892 persone. Il Codice penale pakistano, sotto la sezione 295 B, prevede l'ergastolo ed anche la pena di morte per chi offende Maometto, l’islam o dissacra il Corano. (R.P.)
India: per la Chiesa l'omosessualità non è un crimine ma non può diventare 'norma sociale'
◊ “La Chiesa indiana considera giusta e appropriata la decisione di rimuovere il marchio della ‘criminalità’ associato all’omosessualità, ma allo stesso tempo non può essere d’accordo con la proposta di affermarla come un comportamento normale”. Padre Babu Joseph, portavoce della Conferenza dei vescovi dell’India (Cbci), spiega ad AsiaNews la posizione dell’episcopato indiano rispetto alla decisione della Corte suprema di New Delhi di depenalizzare l’omosessualità dichiarando incostituzionale l’articolo 377 del codice penale per quanto riguarda le persone maggiorenni e consenzienti. Esponenti della comunità musulmana e indù hanno sollevato all’unisono dure critiche contro il governo colpevole di tradire la cultura indiana. I leader religiosi attribuiscono all’esecutivo guidato da Manmohan Singh la responsabilità di aver aperto la strada alla decisione della Corte suprema, che ha risposto ad una petizione promossa da un’associazione per i diritti dei gay, lasciando trapelare la notizia che il governo stava riflettendo sulla revisione dell’articolo 377. “Gli omosessuali non devono essere messi in prigione o discriminati per i loro orientamenti - afferma padre Babu Joseph – tuttavia non si può affermare che il loro sia un comportamento normale. Nei fatti l’omosessualità va contro l’ordine naturale ed ogni cosa che va contro l’ordine della natura non regge nel tempo ed avrà un impatto negativo sulla vita degli individui e della società. La Chiesa si oppone da sempre alle relazioni e ai matrimoni omosessuali - dice padre Babu - perché afferma la sacralità della famiglia e la considera il nucleo di base della società. E una famiglia è composta da un uomo ed una donna che condividono quella complementarietà della natura attraverso cui sorge una nuova generazione che sostiene una società. Questa unità di base della società chiamata famiglia non può essere violata”. Per il portavoce della Cbci “gli omosessuali e chi sostiene le loro rivendicazioni vogliono affermare una nuova definizione di famiglia che a lungo termine non è sostenibile in una società. La posizione della Cbci è chiara: in primo luogo non possiamo approvare un comportamento del genere ed in secondo luogo non accettiamo che il comportamento di una piccolissima minoranza sia eretto a ‘norma sociale’. Perché questo avrà un influsso negativo sulla vita della gente e aprirà le porte a comportamenti lascivi”. A chi afferma che la decisione della Corte interviene a tutela dei diritti del singolo, padre Babu risponde affermando che “la società ha tutto il diritto di prendere in considerazione gli aspetti etici e morali nella vita dell’individuo. La legalità è una cosa, ma ci sono anche altre questioni relative alla vita umana che vanno oltre la legalità e riguardano aspetti morali ed etici. È su questo che la Chiesa fonda il suo giudizio per cui considera la decisione della Corte suprema inaccettabile”. (R.P.)
Caritas Corea: al Nord non solo emergenza cibo. Mancano istruzione e diritti umani
◊ La crisi umanitaria in Corea del Nord “non riguarda solo l’emergenza cibo”, ma comprende una serie di “violazioni ai diritti umani di base” fra i quali “la salute, l’educazione e la libera espressione”. Per far fronte alle difficoltà – rivela l’agenzia Asia news - Caritas Corea e Caritas Internazionale promuovono progetti specifici per il Nord focalizzati nel settore sanitario, che comprendono infrastrutture mediche e cura di pazienti affetti da tubercolosi ma anche la distribuzione di cibo e bevande ai malati, programmi a lunga scadenza e progetti pilota nel campo sociale per minori e disabili. “In Corea del Nord vi è una crisi umanitaria cronica – ha spiegato all’agenzia Wolfgang Gerstner, responsabile di Caritas Corea per il programma internazionale di aiuti al Nord – ma non vi sono dati disponibili e l’ultima inchiesta del programma alimentare mondiale prevista per la fine del 2008, è stata annullata dal governo”. “Nel corso della mia ultima visita agli inizi di maggio – ha detto Gerstner - non si vedevano segni evidenti di carestia, ma è vero anche che gli stranieri non hanno alcuna libertà di movimento e non possono parlare liberamente con la popolazione locale”. Nel settore agricolo la situazione rimane precaria, il Paese dipende “dalle scorte di cibo fornite da Cina e Stati Uniti”. Il responsabile di Caritas Corea aggiunge che la crisi non riguarda solo le forniture alimentari, ma interessa anche “la salute, l’educazione e la libera espressione”. “L’attenzione di Caritas – afferma – è ora focalizzata nel settore medico e in progetti pilota nel campo sociale, per bambini e portatori di handicap”. L’attività dei cattolici si rivolge anche ai profughi nord-coreani in fuga dalle miserie della dittatura, grazie all’allestimento di quattro centri di accoglienza in grado di ospitare da due a sei persone, cui si aggiungono tre punti di consulenza e assistenza.
G8: al via il Junior Summit, 56 giovani tra Roma e L'Aquila per "farsi ascoltare"
◊ Un team di 56 giovani di età compresa tra i 14 e i 17 anni, provenienti dai Paesi del G8 oltre che da Brasile, Cina, Egitto, India, Messico e Sud Africa parteciperanno al Junior 8 Summit, il meeting parallelo al G8 promosso dall’Unicef, che si svolgerà a Roma dal 4 al 12 luglio. Una delegazione di 14 ragazzi - riferisce l'agenzia Sir - incontrerà il prossimo 9 luglio i leader del G8 all’Aquila. Durante il Junior 8 Summit – informano i promotori – i giovani avranno l’occasione di partecipare ad eventi istituzionali, incontri e conferenze stampa. I cambiamenti climatici, la crisi finanziaria e lo sviluppo in Africa e il loro impatto sulle vite dei bambini dei giovani: questi i temi principali del Junior 8, che prevede diversi eventi a Roma, aperti alla stampa. Tra questi, il 4 luglio, il “Grande Orecchio” (opera di Lorenzo Terranera) che verrà esposto provvisoriamente in un angolo storico di Roma, per “permettere ai ragazzi di farsi ascoltare dai grandi del mondo”. Il 6 luglio, la cerimonia ufficiale di apertura del Summit, alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, del Ministro della Gioventù Giorgia Meloni, del presidente dell’Unicef Italia Vincenzo Spatafora. (R.P.)
Kinshasa: l’arcivescovo lancia un appello contro la corruzione
◊ “Denunciare la corruzione a tutti i livelli delle istituzioni”. È l’invito rivolto ai fedeli dall’arcivescovo di Kinshasa, monsignor Laurent Monsengwo Pasinya, durante la celebrazione eucaristica nella solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, alla Giornata delle comunicazioni sociali e alla chiusura dell’anno giubilare delle Edizioni paoline. Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Misna, l’arcivescovo ha scelto di ricordare Pietro - che portò il cristianesimo a Roma - gli insegnamenti dell’apostolo Paolo e il passaggio delle sacre scritture in cui si sottolinea che c’è più gioia nel donare che nel ricevere, e ha quindi sottolineato: “Siamo missionari di Cristo di fronte a diverse prove di sofferenza di questo mondo e siamo chiamati a testimoniare sempre Cristo fino alla morte”. L’abbé Adrien Luviki, curato della parrocchia di Saint Paul de Barumbu - dove si è svolto il rito - ha esortato i suoi parrocchiani a vivere secondo il modello del loro santo patrono. Il contributo alla diffusione del Vangelo e alla formazione umana nel mondo della comunicazione, rivolto in special modo alla gioventù congolese, offerto dalla Comunità delle figlie di San Paolo attraverso le loro edizioni e librerie, è stato messo a fuoco da suor Godelive Mastaki, superiora della Comunità che ha anche festeggiato i 50 anni di vita religiosa (giubileo d’oro) di Bénédine Hema et Franka Perona; presenti in cinque continenti con 250 comunità, le suore paoline sono, infatti, da mezzo secolo attive in città congolesi come Kinshasa, Kisangani e Lubumbashi.
Zimbabwe: lotta al sottosviluppo priorità del nuovo arcivescovo di Bulawayo
◊ La lotta alla povertà e al sottosviluppo. Saranno queste le priorità pastorali del missionario verbita Alex Kalinyanil, nominato dal Santo Padre nuovo arcivescovo di Bulawayo, in Zimbabwe. Intervistato dall’agenzia Cns il sacerdote, che succede a mons. Pius Ncube dimessosi prematuramente nel settembre 2007, ha precisato che non cercherà di riempire il vuoto lasciato dal predecessore, aperto oppositore del regime di Robert Mugabe, quanto piuttosto di concentrare la sua attenzione sui problemi vitali della popolazione locale. “La mia priorità è la gente che qui ha bisogno di aiuti materiali e spirituali”, ha detto. Nato in India 49 anni fa e attuale Superiore regionale della Società del Verbo Divino nello Zimbabwe, padre Kalinyanil lavora nel Paese sudafricano da vent’anni, molti dei quali passati nelle aree rurali di Bulawayo, che è la seconda città dello Zimbabwe. Tra le principali sfide che dovrà affrontare - ha spiegato l’arcivescovo designato - vi sono “la povertà, il sottosviluppo, la disoccupazione – che qui raggiunge il 90% della popolazione - e l’Aids”. A suo giudizio i recenti sviluppi politici nel Paese fanno intravedere qualche segnale di speranza per il futuro: dalla costituzione del governo di unità nazionale lo scorso febbraio, dice, “ci sono stati progressi: gli aiuti umanitari stanno arrivando e la gente è tornata a sperare in un cambiamenti positivo della loro vita”. Restano le “profonde ferite” lasciate dalle violenze di questi anni e da quelle seguite alle elezioni presidenziali del 2008. Ferite a cui la Chiesa locale sta cercando di porre rimedio con un vasto programma di riconciliazione nazionale, come ha riferito padre Joseph Buchena Nkatazo, coordinatore della Commissione diocesana della giustizia e della pace. Tra le iniziative in questo ambito – ha detto il sacerdote – la Commissione ha promosso una serie di incontri tra le vittime e gli autori delle violenze. (L.Z.)
“No ai fondi pubblici per finanziare l’aborto negli Usa”. L’appello del cardinale Rigali
◊ Il governo di Washington non può finanziare l’aborto con fondi pubblici. È il messaggio che il cardinale Justin Francis Rigali, arcivescovo di Philadelphia e presidente del Comitato per le attività pro-life della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ha lanciato in una nota ai membri dell’House Appropriations Committee, perché non ammettano la sovvenzione pubblica di organizzazioni abortiste che operano nel distretto di Columbia. Una sovvenzione approvata proprio la scorsa settimana dall’House Subcommittee e contenuta in un capitolo del programma del Financial Services appropriation per il 2010. Nella nota, come riportato anche nelle pagine dell’Osservatore Romano, il cardinale Rigali sottolinea che la decisione del sottocomitato annullerebbe il Dornan amendement, che per diciotto anni ha impedito proprio l’utilizzo di fondi pubblici a favore di organizzazioni abortiste nel distretto di Washington e ribadisce come tale uso sia respinto anche dalla maggioranza della popolazione, contraria a fornire soldi per alimentare enti favorevoli all’aborto. Una decisione, quella di finanziare con fondi pubblici questi enti, che sarebbe anche in contraddizione con il programma legislativo della stessa Amministrazione, nel quale si dichiarava l’intento di adoperarsi per la riduzione degli aborti, ma soprattutto – rileva l’arcivescovo di Philadelphia – una scelta che divide l’opinione pubblica in vista della riforma del sistema sanitario, realmente utile ai cittadini. L’arcidiocesi di Washington ha espresso quindi forte disappunto per la decisione del Sottocomitato in un comunicato diffuso sul proprio sito Internet. Nel comunicato si riporta anche l’intervento di Christa Lopiccolo, responsabile del sostegno al diritto alla vita per i concepiti all’interno dell’arcidiocesi, che rileva come il 40% delle gravidanze nel distretto di Columbia vengano interrotte per via dell’aborto. Una delle percentuali più alte degli Stati Uniti che secondo Lopiccolo sarebbe da correlare proprio agli aiuti dati alle organizzazioni abortiste e che andrebbero sostituiti – sostiene Lopiccolo - con una più forte attenzione alla vita e con un numero maggiore di servizi per aiutare le mamme ad allevare i propri figli. (L.G.)
Migrazioni e famiglia: l'incontro dei vescovi di Usa, Canada, Messico, America Centrale
◊ Il fenomeno delle migrazioni e il suo impatto sulla famiglia, l’avvio di politiche migratorie che rispettino la dignità umana e difendano la vita dei migranti. Sono alcuni dei temi centrali affrontati nell’incontro che ha riunito nei giorni scorsi i vescovi di America Centrale, Messico, Stati Uniti e Canada a Tecún Umán, alla frontiera tra Messico e Guatemala. Con loro anche il segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, monsignor Agostino Marchetto, oltre ai tanti sacerdoti, religiose, laiche e laici impegnati nella pastorale delle migrazioni. Secondo quanto riferito in un messaggio emesso al termine dell'incontro dai Vescovi responsabili della Pastorale per i Migranti dei diversi paesi partecipanti e ripreso dall’agenzia Zenit, nel convegno l’attenzione è stata rivolta alle “migliaia e migliaia di migranti che cercano un futuro migliore per le loro famiglie a causa della povertà dei loro luoghi d'origine”, sottolineando l’accezione ampia del termine migranti, che include rifugiati, sfollati e lavoratori temporanei”. “La crisi economica globale ha colpito tutte le Nazioni e non può essere esclusa al momento di trovare una soluzione ai problemi migratori” per questo, affermano i vescovi, “non c'è tempo da perdere”. I vescovi sostengono che “si deve prestare una grande attenzione ai gruppi del crimine organizzato, soprattutto a quelli coinvolti nel traffico di droga, che in molti casi operano impunemente lungo le nostre frontiere e dentro i nostri Paesi”. I presuli confessano che preoccupa “gravemente l'impatto delle migrazioni sull'unità familiare” ed esprimono la propria tristezza constatando che “nelle comunità parrocchiali non si accolgono e non si assistono i migranti come fratelli nella stessa fede e membri della stessa famiglia”. Per questo, insistono ancora una volta nel dichiarare che “nella Chiesa nessuno è straniero”, esortando in primo luogo i Presidenti di Stati Uniti, Messico e dei Paesi dell'America Centrale e il Primo Ministro del Canada “a trovare consensi sulla cooperazione regionale sui temi della migrazione e dello sviluppo” e invitando i Vescovi, i sacerdoti, le persone di vita consacrata e i laici “ad accogliere nelle comunità parrocchiali con amore e sollecitudine i migranti che passano per le vie dell'America Centrale, del Messico, degli Stati Uniti e del Canada”. I presuli rivolgono quindi un appello a esaminare le politiche di difesa al rifugiato e al richiedente asilo”, ringraziando “chi con sforzo e dedizione serve i migranti nelle case di accoglienza, nelle comunità parrocchiali e nelle famiglie, rischiando anche la vita”. “Queste persone – concludono i vescovi – dimostrano la loro coerenza cristiana e rafforzano la Pastorale dei Migranti come pastorale specifica della Chiesa”.
India: a Bangalore inaugurata una statua di Madre Teresa di Calcutta
◊ Più di due metri di altezza per un peso di 1,5 tonnellate: è una statua imponente quella che ritrae Madre Teresa di Calcutta e che è stata inaugurata, nei giorni scorsi, a Bangalore, in India. L’opera è stata collocata nel Santuario cittadino del Sacro Cuore che nel 1995 ha celebrato il centenario alla presenza della stessa Madre Teresa. La scultura della religiosa missionaria - riferisce l'agenzia Sarnews - ha richiesto oltre sei mesi di lavorazione ed è stata realizzata da un artista ottuagenario, Putten Acharya, originario dello Stato del Karnataka. Scoprendo la statua, l’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Moras, ha ricordato che la chiesa del Sacro Cuore è un punto di riferimento importante e un centro devozionale molto conosciuto per i fedeli locali, poiché raccoglie persone di fedi diverse. “Questa Chiesa è stata onorata dalla visita di Madre Teresa – ha detto il presule – ed ora siamo felici di esporre alla pubblica venerazione una statua a lei dedicata. Madre Teresa è un’icona di semplicità, sacrificio, servizio ed abbandono alla volontà di Dio. Il suo eterno amore per Dio e per i poveri ha spinto gente di tutte le fedi a pregare per lei e ad imitarla”. “Spero che questa statua – ha detto ancora mons. Moras – sia un’ispirazione e un monito per quella vita di sacrificio e servizio a cui Dio ci chiama”. Contemporaneamente, l’arcivescovo di Bangalore ha benedetto anche il College pre-universitario del Sacro Cuore, una struttura riservata ai poveri e agli emarginati: “Se Cristo ci ha chiesto di andare incontro alle pecorelle smarrite, dobbiamo comprendere che la nostra missione è raggiungere anche coloro che vengono privati dell’educazione. La Chiesa sarà vicina a tutti gli emarginati, a prescindere dal loro Credo”. (I.P.)
Vietnam: primo anno del Centro per i bambini poveri delle Francescane Missionarie di Maria
◊ Aperta da poco più di un anno, la casa delle Francescane Missionarie di Maria a Song Doc, nel lembo meridionale del Vietnam, è già un importante punto di riferimento per la popolazione di Ca Mau. Essa è formata per il 70% da migranti del nord trasferitisi nei nuovi distretti economici in seguito alla politica adottata dal Governo negli anni '70. Per offrire una normale vita pastorale alla maggioranza cattolica – spesso priva di strutture adeguate – le religiose hanno lavorato per più di dieci anni nel distretto finché, nel 2007, è stata decisa la costruzione di un centro pastorale consistente nella casa della comunità e in una scuola a due piani. Le religiose hanno portato a termine i lavori con notevole rapidità grazie all'aiuto di tutti, uomini e donne dell'area che si sono offerti di collaborare per il trasporto dei materiali e la messa in opera dei cantieri. Già alla fine dell'anno 2007 - riferisce l'agenzia Fides - i primi 40 studenti, la maggior parte provenienti da famiglie povere, hanno iniziato le lezioni nella nuova scuola e un asilo, ricavato temporaneamente nei locali sotterranei, ha accolto i primi bambini. Quindi il 28 giugno 2008 è stato ufficialmente inaugurato il centro “Assunta II” con una Celebrazione Eucaristica che ha unito tutti gli abitanti del distretto di Tran Van Thoi. Attualmente il centro è gestito dal parroco della provincia di Ca Mau mentre l'apostolato delle Francescane Missionarie di Maria include il catechismo, la preparazione al matrimonio, la preparazione della liturgia domenicale, le visite alle famiglie della parrocchia, la scuola per adulti e il reinserimento dei migranti nella vita pastorale. (R.P.)
Il Ministro britannico dell’Istruzione e la Famiglia elogia le scuole cattoliche
◊ Le scuole cattoliche nel Regno Unito hanno molto da insegnare non solo per la qualità dell’istruzione da esse impartita, ma anche per quanto riguarda la promozione delle pari opportunità, della diversità culturale e della coesione sociale. Ad affermarlo è stato il Ministro britannico dell’istruzione e la famiglia, Ed Balls. Parlando martedì a Westminster in occasione dell’incontro annuale con i rappresentanti dell’educazione cattolica in Inghilterra e nel Galles, Balls ha elogiato l’impegno profuso dalle scuole cattoliche per mantenere i loro “standard, ma anche per promuovere il benessere dei ragazzi e allargare i loro orizzonti culturali, spirituali e morali”. Queste scuole – ha evidenziato - accolgono ragazzi svantaggiati e di diversa origine etnica in proporzione maggiore alla media e con risultati anch’essi superiori alla media”. Al ricevimento hanno partecipato anche il vescovo di Nottingham Malcolm MacMahon, neo-presidente dell'ufficio per l'educazione della Conferenza episcopale inglese e gallese, i responsabili nazionali e diocesani dell’educazione cattolica insieme ai presidi e agli insegnanti delle scuole cattoliche. Nel suo discorso – riferisce l’agenzia Ccn - mons. McMahon si è soffermato sui numerosi contributi che può dare l’educazione cattolica al mondo dell’istruzione, invitando i cattolici a “farsi avanti”: “L’educazione cattolica può dire una parola di verità e una parola di grazia, insegnando al mondo a perseguire il bene”, ha detto il presule. La Chiesa cattolica gestisce più di 2mila scuole in Inghilterra e Galles, per un totale di ottocentomila alunni. In molte di esse gli appartenenti a religioni diverse superano un quarto degli studenti. (L.Z.)
Per i vescovi britannici positive le nuove linee guida dell’Ordine dei Medici sul fine vita
◊ I vescovi dell’Inghilterra e del Galles valutano nell’insieme positivamente la decisione del General Medical Council (GMC), l’Ordine dei Medici britannico, di rivedere le linee guida per i trattamenti di fine vita. La bozza del documento, sottoposta in queste settimane a una vasta consultazione pubblica, modifica in parte il precedente codice deontologico in materia, basato sulla giurisprudenza che si è andata consolidando a partire dal caso Bland nel 1993, una vicenda analoga a quella di Eluana Englaro in Italia. I giudici decisero che i medici non avevano l'obbligo di somministrare trattamenti divenuti inutili a seguito della valutazione scientifica della condizione di vita del paziente e che, quindi, non erano rispondenti al suo “migliore interesse”. La sentenza ha fatto giurisprudenza nel Regno Unito e da essa è scaturita il “Mental Capacity Act”, la legge sul testamento biologico varata nel 2005, ma ha lasciato aperti diversi nodi etici. Nodi che l’Ordine dei medici britannico cerca di affrontare con le sue nuove linee guida. In una relazione preparata dal Dipartimento episcopale per la Responsabilità Cristiana e la Cittadinanza i vescovi inglesi e gallesi riconoscono alcuni significativi miglioramenti nel nuovo testo. Essi segnalano, tra l’altro, l’insistenza sulla necessità di promuovere le cure palliative e spirituali; l’attenzione posta al problema del suicidio assistito e dell’omicidio compassionevole; il riconoscimento che l’alimentazione e l’idratazione è considerata da molte persone come una forma di sostegno vitale, anche quando somministrata con un sondino. I vescovi condividono inoltre l’affermazione che i medici devono sempre offrire un’alimentazione e un’idratazione assistita se può aiutare a prolungare la vita del paziente e il principio per cui le decisioni sul fine vita non devono mai essere motivate “dal desiderio di causare la morte del paziente”. Altrettanto condivisibile per i presuli inglesi e gallesi è la sostituzione della dizione “alimentazione e idratazione artificiale” con quella di “alimentazione e idratazione clinicamente assistita”. La relazione esprime, infine, apprezzamento per l’attenta formulazione delle linee guida su come risolvere i contenziosi su questa delicata materia. (L.Z.)
Turchia: sarà organizzato dal Comune il prossimo simposio a Tarso su san Paolo
◊ Le buone notizie arrivate da Tarso, e cioè che la chiesa costruita in onore dell’Apostolo Paolo potrà ancora essere utilizzata come luogo di culto, ha confortato i partecipanti al XIII Simposio su Paolo, che si è concluso a Iskenderun il 30 giugno. Da 13 anni i lavori di questi interessanti incontri di studio si aprono proprio in “quella” chiesa. Interessanti gli ultimi interventi degli studiosi sulla “recezione” di Paolo, vale a dire sull’accoglienza e soprattutto sui riferimenti che i Padri e gli scrittori ecclesiastici hanno fatto alle Lettere dell’Apostolo, specialmente nei primi due secoli; sulle omelie da loro tenute tra il IV e il V secolo; sulla sua Autorità e sulle sue parole nel monachesimo antico; sul suo influsso nel problema della verità in Sant'Agostino, e finalmente sulla sua “romanità” in Gregorio Magno. La realtà dei Simposi non è mai sfuggita agli intellettuali turchi, che più di una volta vi hanno partecipato con puntualizzazioni archeologiche: ora essa ha suscitato un particolare interesse nel belediye (comune) di Tarso, il quale si è detto disposto a organizzare, d’intesa con l’Istituto Francescano di Spiritualità dell’Antonianum di Roma, quello del prossimo anno su temi da definire insieme. Quindi, oltre agli studiosi cattolici, che attendono la pubblicazione in due volumi di alcuni interventi fatti nei tredici simposi precedenti, anche gli intellettuali musulmani di Tarso sono interessati a conoscere meglio un uomo che ha unito al suo nome quello di una città che altrimenti sarebbe rimasta sconosciuta. (Da Tarso, padre Egidio Picucci)
Basilica Ostiense: conclusa la "Peregrinatio Pauli". Visita ufficiale del sindaco di Roma
◊ Benchè concluso, l’Anno Paolino sta continuando a vivere intensi momenti nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. L’altra sera vi si è concluso uno degli eventi più coinvolgenti vissuti dalla Chiesa italiana, la Peregrinatio Pauli, ovvero il pellegrinaggio di una Icona dell’Apostolo delle Genti che ha toccato più di 60 diocesi, e in ognuna vi sono state in media una ventina di tappe in cattedrali, chiese parrocchiali, cappelle, piazze, scuole, librerie, comunità religiose, sedi di istituzioni pubbliche, stazioni ferroviarie (come la Termini di Roma). Ha persino attraversato con una nave speciale lo Stretto di Messina. La Peregrinatio , promossa dalle Figlie di San Paolo, ha ottenuto un così grande successo, per la ricchezza spirituale e per le molteplici iniziative che ha suscitato, da superare ben presto tutte le previsioni, tanto che ad una prima riproduzione dell’Icona ( l’immagine venerata dalle suore nella loro casa madre di Alba) se ne sono dovute aggiungere altre due; in tal modo ha potuto coprire l’intero territorio nazionale entro la fine dell’Anno Paolino. Le tre Icone sono state esposte nell’abside della Basilica, presso il sepolcro dell’Apostolo, in occasione di una solenne celebrazione eucaristica che, presieduta da padre Edmund Power, Abate della comunità benedettina di San Paolo fuori le Mura, ha coinvolto tutte le dieci componenti della Famiglia Paolina riunite peraltro per festeggiare il patrono San Paolo, come per tradizione, all’indomani della solennità liturgica. Al termine della Messa, conclusiva della Peregrinatio, le Figlie di San Paolo hanno lasciato una Icona di San Paolo alla Basilica, donandola al suo arciprete, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, che questa mattina ha ricevuto il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, venuto in Basilica per testimoniare con quanta partecipazione egli abbia vissuto l’Anno Paolino. Altre volte era venuto in pellegrinaggio con la famiglia o in visita privata; stavolta la sua visita ha avuto carattere ufficiale, e ad accoglierlo erano infatti l’Abate dell’Abbazia benedettina padre Edmund Power e il delegato per l’amministrazione della Basilica ing. Pier Carlo Visconti, A salutarlo sono stati anche alcuni membri del Consiglio per le attività pastorali, fra cui il vescovo ausiliare di Roma mons. Paolino Schiavon. Il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo ha ringraziato il Sindaco per l'assidua collaborazione data alla riuscita dell’Anno Paolino, - del quale ha ricordato alcune tra le principali iniziative - oltre che per una recente intesa che consentirà di stabilire, su un terreno comunale, un’area di rispetto attorno alla Basilica. Il Sindaco ha evocato recenti manifestazioni che hanno rinsaldato i vincoli di “Roma civile e Roma santa”. E’ seguito uno scambio di doni, in particolare il cardinale ha dato al Sindaco la medaglia d’oro commemorativa dell’Anno Paolino. Il congedo degli ospiti è avvenuto, dopo la visita alla Porta Paolina - ammirata per le formelle in bronzo -, all'esterno del Quadriportico. (A cura di Graziano Motta)
Nuova sfida della Corea del Nord alla comunità internazionale: testati due missili a corto raggio
◊ La Corea del Nord continua a preoccupare la comunità internazionale con i suoi esperimenti. Stamani sono stati lanciati due missili a corto raggio. Lo ha riferito il Ministero della Difesa sudcoreano. I due test balistici sono giunti mentre a Pechino l’inviato statunitense era impegnato ad ottenere il sostegno cinese per applicare le sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, decise dopo il secondo test nucleare di Pyongyang del 25 maggio scorso.
Honduras
In Honduras il Paese è ancora spaccato in due dopo il colpo di Stato dei militari che hanno destituito il presidente Manuel Zelaya. Intanto stanno per iniziare le prime trattative tra i settori che hanno appoggiato il golpe ed una missione dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), in arrivo oggi nella capitale Tegucigalpa. Aperto anche un dialogo nazionale per coinvolgere esponenti di tutti i settori sociali e politici. Intanto restano negative le reazioni dei governi dell’America Latina che vedono nel golpe un precedente pericoloso per la stabilità regionale. Il servizio di Francesca Ambrogetti:
Tensione in aumento in Honduras, dove il governo de facto di Roberto Micheletti ha deciso ieri notte di sospendere le garanzie individuali durante il coprifuoco. Continua intanto il braccio di ferro tra la comunità internazionale e il governo de facto. La prima si è schierata con il presidente Manuel Zelaya ma le nuove autorità continuano a sostenere che non cederanno a nessuna pressione. L’organizzazione degli stati americani, per sbloccare la situazione, ha dato un ultimatum di 72 ore ai golpisti intimandoli a ripristinare la democrazia pena la sospensione. La risposta non si è fatta aspettare, il nuovo ministro degli esteri … ha affermato che non esiste la minima possibilità che Zelaya torni al potere. Quest’ultimo ha deciso di rinviare fino alla scadenza dell’ultimatum il ritorno a Tegucicalpa previsto inizialmente per oggi ma non appena scenderà dall’aereo verrà arrestato, hanno ribadito le nuove autorità.
Afghanistan
Le forze statunitensi in Afghanistan hanno lanciato l’operazione “Khanjar” nel sud del Paese contro le roccaforti talebane della valle di Helmand. Si tratta della più vasta operazione militare dei marines dai tempi della guerra del Vietnam e coinvolge circa 4.000 soldati statunitensi e 650 tra poliziotti e militari afgani. L’obiettivo è quello di riportare la calma nella regione in vista delle elezioni del 20 agosto. Sempre stamani però i Talebani hanno rivendicato la cattura di un soldato americano dato per disperso da tre giorni. Di “probabile cattura” ha parlato anche un portavoce dell’esercito statunitense.
Pakistan
Ancora violenza in Pakistan. Almeno sei persone sono morte a seguito di un esplosione a Rawalpindi. Un motociclista, con il mezzo carico di esplosivo, si è lanciato contro un autobus. Tra i 20 feriti fino ad ora ricoverati negli ospedali, sette sono in condizioni critiche. Si teme che il bilancio delle vittime possa aumentare.
Inchiesta su omicidio Bhutto
Al via a Washington i lavori della commissione dell'Onu istituita per fare luce sull'omicidio dell'ex premier pachistana Benazir Bhutto. Lo ha annunciato ieri al Palazzo di vetro lo stesso presidente della commissione, l'ambasciatore cileno presso le Nazioni Unite Heraldo Munoz. La commissione di inchiesta ha sei mesi per terminare il suo lavoro e presentare le risultanze, e alla fine del mese i suoi membri saranno in Pakistan per le investigazioni sul luogo.
Iraq
Sono almeno 437 le persone morte a causa delle violenze nel mese di giugno in Iraq. Si tratta del bilancio più alto degli ultimi undici mesi. Il preoccupante dato è stato reso noto ieri dai ministeri iracheni di Difesa, Interno e Sanità. Intanto il governo di Baghdad ha sciolto il nodo sui contratti destinati allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Paese: solo uno sarà destinato a compagnie straniere. Il resto sarà gestito dalle compagnie di Stato. Sempre sul fronte economico si segnala l’arrivo a Baghdad del primo ministro francese Fillon con un delegazione di imprenditori transalpini per la firma di diversi accordi commerciali.
Medio Oriente
Incontro ieri tra i genitori del caporale Gilad Shalit, nelle mani di Hamas da 3 anni, e i presidenti di Camera e Senato italiani, Fini e Schifani. La richiesta della famiglia di Shalit è che i leader del G8 spingano per la liberazione dell’ostaggio. Secondo Noam Shalit, padre del militare israeliano, questa potrà avvenire soltanto attraverso uno scambio di prigionieri.
Unione Europea
Si è aperto ieri il semestre di presidenza svedese dell’Unione Europea. Lotta alla crisi economica, rilancio dell’occupazione e contrasto dei cambiamenti climatici sono alcune delle priorità che Stoccolma intende seguire. Poi la delicata questione della nomina del presidente della Commissione Ue. Sentiamo Giovanni Del Re:
“Saranno sei mesi molto eccitanti ma i compiti di fronte a noi non saranno facili”. E’ stato molto franco il premier svedese Frerik Reinfeldt presentando il semestre di presidenza del suo Paese. Il pensiero, anzitutto, al clima e alla conferenza internazionale di Copenaghen a fine anno, ma c’è anche la crisi economica e finanziaria. La Svezia - ha spiegato ancora il presidente di turno - vuole gettare le basi per un nuova strategia per l’occupazione e la crescita. Stoccolma dovrà affrontare anche spinose questioni istituzionali. Incontra, in effetti, crescenti problemi la conferma già questo mese al Parlamento europeo di José Manuel Barroso alla guida della Commissione Europea. Complessivamente nei prossimi mesi la Svezia dovrà guidare circa tremila riunioni. Intanto, il ministro degli esteri svedese, Carl Bildt, ieri ha detto che la Svezia non tollererà altre molestie nei confronti dei dipendenti delle ambasciate europee in Iran ma Stoccolma ha anche respinto l’idea britannica di un richiamo in patria degli ambasciatori dei 27 Stati membri a Teheran.
Bce
La Banca Centrale Europea ha lasciato i tassi d'interesse invariati, come ampiamente atteso dai mercati. Lo ha deciso il Consiglio direttivo dell'Eurotower, che ha mantenuto il tasso di riferimento principale all'1%.
Albania
In Albania il partito democratico del primo ministro Sali Berisha si è proclamato vincitore delle elezioni tenutesi domenica scorsa. Immediata la reazione dell’opposizione socialista, guidata da Edi Rama che ha contestato il risultato e lanciato accuse di brogli.
Italia: pacchetto sicurezza
Il ddl sicurezza è legge. Questa mattina l'Aula del Senato ha definitivamente approvato il testo con 157 voti favorevoli, 124 contrari e 3 astenuti. Le misure principali del pacchetto prevedono il reato di clandestinità, una tassa per la cittadinanza; il prolungamento nei centri d’identificazione ed espulsione fino a 6 mesi e il riconoscimento di ronde di volontari per la sicurezza. Su questi aspetti Debora Donnini ha intervistato Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione della Caritas italiana:
R. - L’introduzione del reato di immigrazione clandestina piuttosto che l’allungamento dei tempi nei “Centri di identificazione ed espulsione”, porteranno delle difficoltà diffuse, non solo a carico degli immigrati, ma anche a carico dell’intera collettività. I pubblici ufficiali saranno chiamati a denunciare coloro che sul territorio in qualche modo sono sprovvisti del permesso di soggiorno. Tutto questo, al di là delle complessità tecniche delle norme previste nel pacchetto sicurezza, è a nostro avviso sicuramente un passo indietro nella politica migratoria nazionale.
D. – Se un immigrato dovesse perdere il lavoro, cosa succederà a lui e alla sua famiglia?
R. – Perdendo il lavoro, sostanzialmente con il pacchetto sicurezza non accade nulla di più di quanto accadeva nel passato. Certamente questo quadro già di per sé difficile, rende ancora più vulnerabile la posizione di chi già nel passato, con la normativa vigente, si trovava in condizioni di grande precarietà.
D. – Come Caritas Italiana quali sono le vostre proposte?
R. – Ci sono questioni in qualche modo centrali che non si ha il coraggio, né a destra né a sinistra, di affrontare in maniera seria: sono quelle delle politiche di ingresso e quindi dei flussi. Se non si decide in qualche modo di governare questo fenomeno attraverso flussi, che abbiano quote realistiche - quindi non certo le centomila, le centocinquantamila per fare un esempio - non ci sarà nessuna misura efficace che potrà risolvere la questione. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 183
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