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Sommario del 26/06/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • I vescovi del Vietnam dal Papa per la visita ad Limina: intervista col presidente della Conferenza episcopale
  • Altre udienze
  • Il bilancio dell’Anno Paolino in Sala Stampa vaticana: un grande successo di presenze e di fede che ora deve continuare nelle Chiese del mondo
  • Mons. Vegliò: accogliere, non respingere quanti fuggono da fame, povertà e guerre
  • La Chiesa universale accanto ai cristiani di Terra Santa: la riflessione di mons. Franco
  • Il cardinale Comastri alla Messa per i Santi Pietro e Paolo: il Vaticano sia faro di bontà agli occhi del mondo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iran: valide le elezioni per il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione
  • Ban Ki-moon: tortura tollerata e praticata in numerosi Stati
  • Giornata contro gli stupefacenti: aumenta l'uso di droghe sintetiche nei Paesi poveri
  • Il nuovo cinema israeliano al Festival di Pesaro
  • Chiesa e Società

  • Croce Rossa: civili vittime più dei militari nei Paesi in guerra
  • Conferenza Onu su crisi economica: i Paesi ricchi disertano
  • Giornata per la “carità del Papa”: il cardinale Vallini esorta i fedeli alla generosità
  • Comece: convegno sull’emergenza ambientale a Bruxelles
  • Perù: la Chiesa presente alla riunione sulla crisi amazzonica
  • Il no della Chiesa cilena alla "pillola del giorno dopo"
  • I vescovi Usa: rispettare i diritti dei lavoratori
  • Camerun: la pace al centro dei lavori della plenaria dei vescovi
  • India: concluso il Forum sui diritti umani dei Cristiani Uniti del Karnataka
  • L'Anno Sacerdotale in Thailandia
  • Singapore: solenne apertura dell'Anno Sacerdotale
  • Cina: la diocesi di Han Dan chiude l'Anno Paolino e apre quello sacerdotale
  • Le celebrazioni in Cina per la festa di San Giovanni Battista
  • Costrette a chiudere le agenzie cattoliche inglesi per le adozioni a causa della legge anti-discriminazione
  • Il cardinale Ruini: scommettere sulla capacità del cristianesimo di trasformare la società
  • Intervento del cardinale Bagnasco al convegno sulla pastorale familiare
  • Università Salesiana: don Carlo Nanni nuovo rettore magnifico
  • Il saluto del Papa all'astronauta che ha portato nello spazio le reliquie di Santa Teresina
  • Domenica su Sat 2000 e Telelazio-Rete Blu l’opera lirica “Il Mistero del Corporale”
  • Le vette delle Dolomiti diventano Patrimonio dell’Umanità
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il vertice di Trieste chiede la fine delle violenze in Iran
  • Il Papa e la Santa Sede



    I vescovi del Vietnam dal Papa per la visita ad Limina: intervista col presidente della Conferenza episcopale

    ◊   Prosegue la visita ad Limina dei presuli del Vietnam. Dopo il primo gruppo di ieri, oggi sono stati ricevuti dal Papa altri 6 vescovi: mons. Joseph Vu Văn Thiěn, vescovo di Hai Phòng; mons. Antoine Vu Huy Chuong, vescovo di Hung Hoá; mons. Joseph Dăng Dúc Ngân, vescovo di Lang Són et Cao Bang; mons. Francois Xavier Nguyên Van Sang, vescovo di Thái Bình; mons. Joseph Nguyên Chi Linh, vescovo di Thanh Hóa; mons. Paul-Marie Cao Dinh Thuyên, vescovo di Vinh. In Vietnam il ruolo sociale e educativo della Chiesa viene apprezzato dall'intera società anche se non c'è un riconoscimento formale. Della situazione nel Paese, padre Georges Cheung, responsabile del Servizio Documentazione della Radio Vaticana, ha parlato con mons. Pierre Nguyên Văn Nhon, vescovo di Đà Lat, presidente della Conferenza episcopale del Vietnam.

    R. - L’Evangile du Christ est semé sur le sol du Vietnam...
    Il Vangelo di Cristo è stato seminato sul suolo del Vietnam dal 1533; dopo ci sono stati momenti difficili, ma grazie a Dio tutto è passato. Bisogna aspettare il 1960 perché la gerarchia vietnamita sia formata; la Conferenza episcopale del Vietnam nasce nel 1964, poi nel 1969 è arrivata la prima delegazione della Santa Sede con il cardinale Roger Etchegaray. Ed è a partire da questo momento che le visite della delegazione del Vaticano hanno avuto luogo regolarmente in Vietnam. Ma con la prima visita si è già avuta una svolta storica, perché dopo, ogni volta che ci sono state visite della delegazione, abbiamo riscontrato qualcosa di nuovo. Per esempio, recentemente, la visita della delegazione dal 5 all’11 marzo 2007, con mons. Pietro Parolin, sottosegretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, è stata provvidenziale, perché questa visita è avvenuta poco dopo l’incontro storico del 25 gennaio 2007 tra il primo ministro del Vietnam e Sua Santità Benedetto XVI, in Vaticano. Allora, in momenti come questi, si parla di un cammino positivo nelle relazioni diplomatiche. Desideriamo ardentemente la presenza permanente della Santa Sede: un rappresentante del Papa sarebbe per noi un segno tangibile del Santo Padre e della Chiesa. Credo che ogni volta che vi sono visite come questa, sembra che si tratti di piccole cose, ma dopo si vedono molti progressi. Concretamente, per esempio, le nomine dei vescovi, adesso sono molto più libere. Qualche volta vi sono delle difficoltà, oppure delle tensioni, ma attraverso il dialogo ci si può incontrare e risolvere i problemi meglio di prima.

     
    D. - Il Vietnam è un Paese in maggioranza buddista, quali sono i rapporti della Chiesa con le altre religioni?

     
    R. - En général, il faut dire que l’Eglise catholique...
    In generale, bisogna dire che la Chiesa cattolica ha buone relazioni con le altre religioni e le diverse confessioni religiose. Benché le dottrine siano differenti, ci sono valori comuni: il credere in un Essere supremo e soprattutto la questione della morale. Si è molto vicini gli uni agli altri.

     
    D. - Come si prospetta l’avvenire per quanto concerne le vocazioni e il ruolo dei laici nella Chiesa e nella società vietnamita?

     
    R. - Chaque séminaire a beaucoup de séminaristes...
    Ogni seminario ha molti seminaristi, tra i 150 e i 250. In generale vi sono circa mille seminaristi, senza contare i propedeutici. Sono gli studenti che hanno già scelto una vocazione, ma prima di entrare nei grandi seminari trascorrono un periodo in parrocchia per la preparazione. Per quanto riguarda i laici, devo dire che amano la Chiesa e rispettano la gerarchia. Hanno molte qualità ma hanno bisogno di una migliore preparazione perché non solo vivano la fede ma possano anche spiegare agli altri i contenuti della nostra fede. Noi contiamo molto sui giovani, perché i giovani in Vietnam sono amati e rispettati, sono la base dell’avvenire. Soprattutto nelle varie parrocchie e nelle varie attività i giovani occupano una posizione importante. Per esempio, se parliamo di catechisti, sono tutti volontari, circa 50 mila. Vogliono servire la Chiesa con tutto il cuore e rendere gli altri più felici. Ma se parliamo di giovani positivamente, possiamo parlare allo stesso modo degli anziani. Quando ci si domanda perché in Vietnam ci sono tante vocazioni, la sola risposta è: “grazie alla famiglia. Perché la famiglia vietnamita è un supporto, è già un pre-seminario, c’è tutto nella famiglia”.

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    Altre udienze

    ◊   Il Papa riceverà questo pomeriggio il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

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    Il bilancio dell’Anno Paolino in Sala Stampa vaticana: un grande successo di presenze e di fede che ora deve continuare nelle Chiese del mondo

    ◊   Diecimila pellegrini al giorno solo nelle ultime settimane. E poi, un generale “successo” al quale molto ha contribuito con le sue catechesi e i suoi discorsi colui che il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo ha definito “grande Dottore della Chiesa”, ovvero Benedetto XVI. E’ stato proprio l’arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura a tracciare stamattina, in un briefing in Sala Stampa vaticana, il bilancio dell’Anno Paolino per il quale il Papa avvierà domenica prossima le celebrazioni conclusive, presiedendo in San Paolo fuori le Mura i Primi Vespri nella solennità dei Santi Pietro e Paolo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Prima la “freddezza” e una generale “lentezza” a concepire iniziative che celebrassero i duemila anni dalla nascita di Saulo di Tarso, secondo gli auspici del Papa. Poi, graduale, una crescita di interesse in tutto il mondo, fino alle folle di migliaia di pellegrini alla volta, con la Basilica ostiense a fare da centro propulsore e catalizzatore della riscoperta di San Paolo, specie in chiave ecumenica. E’ il “tracciato” che il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo ha offerto ai giornalisti sull’andamento dell’Anno Paolino, con i quali ne ha ricordato la genesi:

     
    “Un Anno Paolino è la prima volta nella storia che si fa. Quando l’ho proposto al Papa, io avevo quasi l’idea di dire: 'facciamo un Anno santo'; il Papa mi ha subito corretto: 'no, un Anno santo no, un anno tematico'. Mi ha detto subito, all’inizio, uno degli obiettivi: far conoscere meglio San Paolo, perché è il massimo divulgatore della dottrina cattolica ma è poco conosciuto, mal conosciuto o mal interpretato, e vorrei dire che questo l’Anno Paolino l’ha centrato in pieno ed ha avuto un notevole successo”.
     
    La curva di interesse in prepotente ascesa registrata dall’evento giubilare è simboleggiata da quella “Fiamma paolina” che il 29 giugno 2008 - giorno di apertura del giubileo - vide Benedetto XVI e il Patriarca ecumenico ortodosso, Bartolomeo I, affiancato in preghiera nel quadriportico della Basilica. Una fiamma che da piccolo fuoco è divampata in un incendio di fede e devozione, secondo l’arciprete di San Paolo fuori le Mura:

     
    “Numerosissimi sono stati i gruppi di fedeli venuti con i loro vescovi da Chiese locali, molti da quelle italiane, ma anche da ogni parte del mondo; e non solo cattolici, ma anche ortodossi, protestanti, anglicani e cristiani di varie denominazioni, riuniti in associazioni ed istituzioni cristiane. E’ stato difficile, anzi impossibile contarli”.
     
    Una sottolineatura sui frutti spirituali dell’Anno Paolino è stata data anche dall’ing. Pier Carlo Visconti, il delegato per l’amministrazione della Basilica, presente in Sala Stampa:

     
    “In Cina quest’Anno Paolino ha determinato il raddoppio dei battesimi e nel mondo c’è stato un incremento enorme di bambini battezzati con il nome di Paolo: è una novità”.
     
    Se Benedetto XVI aveva proclamato l’Anno Paolino come evento di punta di una grande mole di lavoro svolta negli anni passati e iniziata nel precedente Pontificato, è però grazie al Papa attuale - ha riconosciuto il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo - che si deve in prima istanza il decollo dell’anno giubilare:
     
    “Al grande ed innegabile successo di tutto l’Anno Paolino nel mondo ha contribuito certamente l’apporto dottrinale, da grande 'dottore della Chiesa', di Benedetto XVI, non solo con le sue catechesi nel corso delle Udienze Generali del mercoledì (…), ma anche con numerosi discorsi, interventi, citazioni, riferimenti in occasione di incontri ed eventi innumerevoli, avvenuti in circostanze diverse e con differenti connotazioni”.
     
    Preghiera e liturgia, studio e libri, ma anche cinema, musica e teatro: sono i tanti volti dell’Anno Paolino nel mondo. L’arciprete della Basilica ostiense ha riassunto per capitoli i momenti centrali del giubileo paolino, tanto quelli nel mondo quento quelli avvenuti all’interno della Basilica, nella quale, ha ricordato:

     
    “Delicati lavori hanno permesso di aprire un varco nell’antico muro di mattoni del V secolo che sotto l’Altare papale circonda la Tomba di Paolo, per riuscire a permettere ai pellegrini la vista di un fianco del grande sarcofago di marmo, finora mai aperto, che raccoglie da venti secoli le spoglie dell’Apostolo delle Genti. Ciò ha permesso ai fedeli di poter scendere nell’ipogeo e pregare a pochi metri dalla tomba, vedendone il sarcofago”.
     
    Alcuni dei giornalisti presenti hanno chiesto in proposito sulla possibilità di una futura ispezione del contenuto del sarcofago. Il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo ha ribadito che in via teorica la possibilità esiste, aggiungendo tuttavia che si tratterebbe di un lavoro molto lungo e delicato e negando che sia già stata eseguita un’indagine con telecamera all’interno del monumento funerario. Quindi, gli auspici finali su un evento che si conclude, eppure, ha ribadito il porporato, prosegue su un altro piano:
     
    “L’Anno Paolino termina, ma i benefici spirituali che ha suscitato in tutto il mondo e le trasformazioni che ha prodotto devono continuare. Il grande fervore di iniziative pastorali, di catechesi, di promozioni culturali sono destinate a continuare, e ad avere un importante seguito sia a livello locale, sia in tutti i continenti per il beneficio nella fede di tutti i cristiani e per continuare a procedere nel cammino irreversibile dell’unità dei cristiani”.

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    Mons. Vegliò: accogliere, non respingere quanti fuggono da fame, povertà e guerre

    ◊   I tanti immigrati che fuggono da povertà, fame e guerre “possano essere accolti e non respinti”: è questo l’appello lanciato ieri sera dall’arcivescovo Antonio Maria Vegliò durante la preghiera ecumenica che si è svolta nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere a Roma in memoria delle vittime dei viaggi verso l’Europa. Il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha parlato dell’indifferenza del mondo ricco di fronte ai drammi di tanti profughi: “la loro accoglienza – ha affermato citando il Papa – pone non poche difficoltà ma è doverosa”. “Non bisogna distogliere lo sguardo – ha aggiunto – e dimenticare la sofferenza in cui intere popolazioni vivono”. Ma ascoltiamo la testimonianza di Dagmawi Yimer, un immigrato etiope, arrivato in Italia dopo oltre un anno di sofferenze, e autore di un documentario sui viaggi della speranza. L’intervista è di Marina Tomarro:

    R. – Quando decidiamo di uscire, di certo non sappiamo cosa ci aspetta; ma piuttosto che morire a casa nostra nella miseria, decidiamo di andare avanti e provare a cercare un futuro. Ma prima di arrivare in Italia c’è una grande sofferenza che nessuno si può immaginare. Il viaggio è molto duro; tutti gli episodi che affrontiamo soprattutto con la polizia libica sono momenti molto duri. La maggior parte di noi non riesce nemmeno a superare quelle sofferenze e a testimoniare qui le cose che ha passato.

     
    D. – Dagmawi, ci racconti la tua esperienza?

     
    R. – Io e i miei amici siamo partiti dall’Etiopia, da Addis Abeba. Fino al Sudan non c’è stato problema; dal Sudan in poi iniziano le sofferenze. Siamo finiti nelle mani dei contrabbandieri perché ci siamo trovati in mezzo al deserto e siamo stati costretti a stare alle loro condizioni, sia per quando riguardava il denaro, sia per le donne obbligate a subire violenza sessuale. Poi, con tanta fatica siamo riusciti ad arrivare in Libia e lì è iniziato un altro gioco, dove ogni intermediario ha il suo territorio. Noi non sapevamo dove saremmo andati a finire perché tra gli intermediari c'erano anche poliziotti libici: avevamo solo la scelta di pagare e andare a Tripoli perché se non si paga si viene arrestati. Poi, a Tripoli o a Bengasi, quando siamo arrivati ci sono state le retate ad opera della polizia libica: ci hanno arrestato per conoscere la nostra identità, così dicono. Ma in realtà, non avviene così: la prima cosa sono le botte, senza chiedere da dove veniamo, perché siamo lì … Dopo l’arresto, siamo rimasti nelle prigioni. Poi, stipati in un container con altre 100 persone, ci hanno mandato verso Cufra, che è al confine tra il Sudan e la Libia. A Cufra un’altra esperienza: quella della compravendita tra intermediari e poliziotti. Usciamo con la polizia fingendo che stanno per espellerci, ma in realtà non succede così: ci lasciano in un luogo tra i cespugli dove ci raccoglie l’intermediario per portarci via per compiere ancora il viaggio verso le principali città della Libia. Lì la maggior parte sceglie di imbarcarsi, anche quando il mare è grosso, perché lì la sofferenza è tale per cui piuttosto che subire le carceri libiche, è meglio andare via!

     
    D. – Ma, nonostante tutte queste sofferenze, cosa vi spinge ad andare avanti?

     
    R. – Una volta che sei partito, l’unica soluzione è andare avanti: non c’è ritorno, perché ritornare vuol dire rischiare di nuovo la vita per niente, perché non è sicuro che alla fine tu riesca a tornare indietro. Il profitto ed il guadagno degli intermediari, infatti, è portarti verso la Libia, non riportarti indietro!

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    La Chiesa universale accanto ai cristiani di Terra Santa: la riflessione di mons. Franco

    ◊   La Chiesa di tutto il mondo resta accanto ai cristiani di Terra Santa. E’ stato uno dei concetti ripetuti ieri da Benedetto XVI, nella sua udienza alla Roaco. Una solidarietà che in tutta l’area è molto sentita, considerate le difficoltà che continuano a ostacolare la vita delle comunità cattoliche locali, come racconta il nunzio in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e Palestina, l’arcivescovo Antonio Franco, avvicinato da Amedeo Lomonaco durante i lavori della Roaco:

    R. – In Israele la situazione, sia pure con le difficoltà, è migliore. In Israele si trova il lavoro, i cristiani possono lavorare; potendo lavorare, possono avere una vita decorosa nonostante tutti i limiti e le restrizioni, e si comincia a porre il problema di come loro affermano la loro identità. A mio avviso, per quanto riguarda Israele, si dovrebbe porre maggiormente l’accento sulla formazione, perché devono prendere una coscienza profonda della loro identità. La loro identità non deve essere soltanto una componente sociale, ma dev’essere anche una convinzione personale profonda, che porta ad agire in conformità con la propria fede e testimoniare la propria fede. Per quanto riguarda i cristiani nei Territori palestinesi ci sono anche quelle che sono le componenti di natura più umana, più pratica. La cosa più importante è il lavoro, e quindi come guadagnare il pane, guadagnare la propria vita?

     
    D. – E’ un lavoro, poi, che si trova spesso oltre il muro ed è anche difficile raggiungerlo il luogo di lavoro…

     
    R. – Molti vanno a lavorare in Israele, dove c’è tanta immigrazione - anche illegale -, e quindi anche sfruttamento del lavoro, ed i palestinesi fanno parte di quella categoria di sfruttati del lavoro.

     
    D. – Cosa può fare concretamente, a livello di progetti, la Roaco?

     
    R. – La Roaco fa già molto. Queste varie associazioni, queste varie organizzazioni aiutano i progetti per la Terra Santa e credo che quello che si dovrebbe avere il coraggio di fare è vedere quali progetti potrebbero aiutare di più la Chiesa nel suo insieme e le iniziative a favore di quelle popolazioni.

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    Il cardinale Comastri alla Messa per i Santi Pietro e Paolo: il Vaticano sia faro di bontà agli occhi del mondo

    ◊   Il ricordo del martirio di Pietro deve spingere i cristiani a ritrovare gioia e coerenza nel vivere la propria fede: è l’esortazione del cardinale Angelo Comastri nella Messa tenutasi stamani nella Basilica Vaticana per i dipendenti vaticani in preparazione alla solennità dei Santi Pietro e Paolo. Il vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano ha sottolineato che, nonostante le persecuzioni del passato e di oggi, il Signore ci rassicura che le potenze del male non prevarranno sulla Chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti:
     
    Canti

     
    I dipendenti vaticani devono sentire con particolare fervore la Festa dei Santi Pietro e Paolo, perché lavorano in un luogo bagnato dal sangue di tanti martiri. E’ quanto affermato dal cardinale Angelo Comastri, che ha aggiunto: le pareti della Basilica Vaticana “poggiano sul martirio e sono voce e memoria del martirio”. Il porporato ha invitato i fedeli a tornare con il pensiero alla Roma di 19 secoli fa, quando la nascente comunità cristiana dell'Urbe subì la terribile persecuzione dell’imperatore Nerone:

     
    “Se chiudiamo gli occhi in un momento di silenzio, di raccoglimento, e facciamo un po’ di attenzione interiore possiamo vedere gente innocente portata al patibolo con la preghiera sulle labbra, possiamo sentire i colpi dei chiodi che fissarono il corpo di Pietro sulla croce, la croce destinata agli schiavi”.

     
    Queste persecuzioni e quelle successive, ha osservato, non annientarono il gregge del Signore. Oggi come allora, ha detto, risuonano le rassicuranti parole rivolte da Gesù a Pietro: le potenze del male non prevarranno sulla Sua Chiesa:
     
    “Aggrappata alla Parola di Cristo e all’esempio dei primi cristiani la comunità continuò il suo tormentato cammino nell’Impero Romano crescendo e trovando rinnovato vigore dopo ogni persecuzione. Pensate che Tertullliano nell’anno 190 poteva scrivere: 'Quanti più ci mietete, tanti più diventiamo. Il sangue di cristiani è il seme di altri cristiani'”.

     
    Anche oggi, ha proseguito, tanti cristiani subiscono persecuzioni dal Pakistan all’Iraq, dall’India alle Filippine. Eppure, ciò avviene nella pressoché totale indifferenza del mondo occidentale. Fenomeno, questo, che suscita una domanda alla quale un cristiano non può sottrarsi:
     
    “Io mi interrogo: non dipende anche dai nostri cattivi esempi? Non dipende anche dalla nostra incoerenza che rende irriconoscibile il Vangelo di Gesù nella nostra vita e pertanto rende poco amabile la sua Chiesa?”

     
    Il ricordo del martirio di Pietro e dei primi cristiani di Roma, è l'esortazione del cardinale Comastri, “susciti in tutti noi un sincero esame di coscienza, che ci permetta di ritrovare entusiasmo e coerenza e gioia nel vivere la meravigliosa avventura della fede”. Un invito particolarmente significativo per chi lavora in Vaticano:
     
    "Così, questo luogo, che si chiama Vaticano, ancora apparirà davanti agli occhi del mondo un faro di bontà e come una splendida miniatura di Vangelo vissuto, perché questa è la missione di questo luogo”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "L'Africa e le promesse non mantenute".

    Nell'informazione internazionale, in rilievo la condanna del G8, a Trieste, delle violenze post elettorali in Iran.

    Le due stelle di Papa Damaso: in cultura, Carlo Carletti sulle più antiche testimonianze archeologiche del culto comune dei santi Pietro e Paolo.

    Giulia Galeotti presenta il volume "Confini. Dialogo sul cristianesimo e il mondo contemporaneo" tra il cardinale Camilo Ruini ed Ernesto Galli Della Loggia.

    Marcello Filotei e Giuseppe Fiorentino ripercorrono la parabola artistica di Michael Jackson, morto ieri.

    E' cinema nonostante la storia: Luca Pellegrini sui giovani registi israeliani alla mostra internazionale di Pesaro.

    Nell'informazione religiosa, un articolo sulla Messa celebrata dal cardinale Tarcisio Bertone per i 140 anni del Circolo San Pietro.

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    Oggi in Primo Piano



    Iran: valide le elezioni per il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione

    ◊   In Iran il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, incaricato di decidere la legittimità dei risultati nelle contestate elezioni presidenziali, ha ribadito che non è stato commesso alcun broglio nella tornata elettorale che ha visto la vittoria di Mamoud Ahmadinejad. Intanto, a Teheran non si ferma la protesta dei manifestanti vicini a Mir Hossein Moussavi e all'altro leader dell'area riformista, Mehdi Karroubi. Dal canto loro, 50 religiosi sciiti hanno esortato la guida spirituale iraniana, Alì Khamenei, a rivedere il suo appoggio incondizionato ad Ahmadinejad. Sulle forti tensioni si è espresso ieri anche il Sir, l'agenzia della Conferenza episcopale italiana, che, in una nota, esorta l’Onu e l’Unione Europea a fare di tutto, affinché l’Iran ritrovi la via verso la riconciliazione. Che cosa, dunque, può fare la comunità internazionale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale ed analista del "Corriere della Sera":

    R. – Innanzitutto, mantenere un atteggiamento molto fermo, perché quello che sta accadendo in Iran non si può nascondere. E’ vero che non ci sono più i giornalisti stranieri a documentare, però ci sono i blogger, c’è il web che ci porta immagini sempre più drammatiche. Ora, di fronte a questa repressione, non si può tacere e bisogna continuare a fare tutte le possibili pressioni. Questo non significa interferire con gli affari interni iraniani, ma significa che in quel Paese non si stanno rispettando i diritti umani più elementari e a questo punto credo che l’Onu e le nazioni del mondo abbiano il dovere di far sentire la loro voce. Credo anche che molto dipenderà da quello che potrà ancora accadere in Iran: penso a proteste non violente, penso a uno sciopero generale, penso a tutte quelle iniziative che possono dare l’idea che quanto sta avvenendo è destinato a continuare, e si vuole che continui. Non si vuole permettere che scenda il silenzio su un risultato elettorale che a molti osservatori ormai pare decisamente falsato. E, in fondo, se l’Iran vuol stare nel consesso internazionale deve rispondere a queste pressioni. Io credo che questo sia il desiderio anche della maggioranza del popolo iraniano. Ecco perché la comunità internazionale non può rimanere silenziosa.

     
    D. - Quello che sta avvenendo in Iran è soltanto una lotta per la guida del Paese o dietro c’è qualcosa di più?

     
    R. - Probabilmente c’è anche dell’altro. La determinazione del regime a fronteggiare queste manifestazioni ci dice che il timore di veder crollare l’establishment di Ahmadinejad è altissimo, forse per ragioni economiche, e io credo anche per ragioni di equilibri e di alleanze internazionali. Non escluderei che qualcuno abbia tutto l’interesse a vedere crescere, anche come potenza egemone, il ruolo dell’Iran nella regione non soltanto come minaccia a Israele ma anche in funzione antisunnita, visto che i sunniti tutto sommato sono ancora la maggioranza. Quindi, in fondo, si utilizza Ahmadinejad, perché è quello che più decisamente si è eretto a portabandiera della nuova grande potenza nucleare iraniana nella regione. Ahmadinejad per certe forze deve restare al suo posto e forse si tratta anche di forze internazionali.

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    Ban Ki-moon: tortura tollerata e praticata in numerosi Stati

    ◊   “Nonostante l’esistenza di un esauriente quadro giuridico e istituzionale per la prevenzione della la tortura, questa è ancora largamente tollerata o addirittura praticata dai governi e l’impunità dei responsabili continua a persistere”. A denunciarlo è il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel suo messaggio in occasione della Giornata internazionale a sostegno delle vittime della tortura che si celebra oggi. “La tortura – ribadisce il segretario Onu - non ha alcuna giustificazione in nessun luogo e in nessuna circostanza”. Da qui l’esortazione a “tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite che non hanno ancora provveduto, a ratificare e applicare la Convenzione Onu contro la tortura e le disposizioni del Protocollo Facoltativo”. E di tortura si è discusso anche stamani, presso la sede del Centro Astalli, a Roma, nel convegno “Accogliere le vulnerabilità”. Padre Giovanni La Manna, presidente del Centro di accoglienza, spiega al microfono di Alessio Orlandi chi sono le vittime di questi trattamenti inumani e degradanti.

    R. – Sono persone che non decidono di venire in Italia, in Europa. Sono in prevalenza donne con bambini e ragazzi giovani che scappano dal loro Paese, avendo fatto esperienza del carcere e della tortura.

     
    D. – Che cosa subiscono queste persone nei loro Paesi?

     
    R. – Subiscono una violazione, che è quella di non vedersi riconosciuti nella propria dignità di persona. La propria umanità viene offesa, svilita. I sistemi di tortura sono tanti e sono fatti anche in maniera scientifica, in modo da non lasciare tracce evidenti. Noi abbiamo l’idea che per integrare una persona basta dargli una casa e un lavoro. Con la maggior parte di queste persone, che fanno esperienza di tortura, c’è tutto un lavoro per riportarli alla loro dignità di persona, che hanno visto fortemente provata e, in alcuni casi, annullata.

     
    D. – Cosa cercano in Italia, cosa sperano di trovare?

     
    R. – La speranza è quella di trovare un luogo dove vivere in pace, dove non avere il terrore di ripetere l’esperienza vissuta, un luogo del quale potersi fidare di nuovo, quindi stabilire delle relazioni, potendo esprimere e vivere in pace la propria cultura, la propria religione. Il nostro servizio è proprio questo: riconoscerli nella loro dignità di persone e accettare la relazione per restituirgli dignità.

     
    D. – Quali sono le conseguenze psicofisiche che queste persone si portano addosso?

     
    R. – Gli effetti quotidiani che noi riscontriamo sono la fatica nel dormire, la fatica di fidarsi. Le persone possono piangere alla vista dell’effetto di un flash o alla vista di un macchinario che fa l’elettrocardiogramma, perché quel macchinario gli ricorda qualche altra macchina, servita per torturare.

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    Giornata contro gli stupefacenti: aumenta l'uso di droghe sintetiche nei Paesi poveri

    ◊   Cala l’uso di cocaina, eroina e marijuana, aumentano le droghe sintetiche soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. E’ quanto afferma il Rapporto Onu per l’odierna Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di stupefacenti. L’Afghanistan produce il 93% dell’oppio di tutto il mondo, la Colombia la metà della cocaina. La marijuana resta la droga più coltivata e usata e i dati mostrano che è diventata più nociva rispetto a quanto comunemente si crede. Cosa ci dicono questi dati? Eliana Astorri lo ha chiesto a Federico Tonioni, ricercatore all’Istituto di Psichiatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:

    R. – Sicuramente aiutano a ricordarci che il problema della droga sussiste ed è in continua e costante diffusione e progressione.

     
    D. – Cosa spinge una persona a provare una sostanza stupefacente la prima volta?

     
    R. – In genere questo accade nella prima adolescenza, anche se abbiamo notizie di assunzioni sempre più precoci da parte dei nostri giovani. I motivi possono essere tanti, possono essere motivi legati alla curiosità, squisitamente ricreativi e, sotto questi, possono sussistere invece dei bisogni molto più importanti, legati ai processi mentali dei nostri adolescenti.

     
    D. – Dottor Tonioni, sono tutti esposti al pericolo d’iniziare ad usare queste sostanze?

     
    R. – Potenzialmente sì. Ciò non significa che chi inizia ad assumere una sostanza stupefacente debba poi necessariamente diventare un tossicodipendente.

     
    D. – Qual è, invece, il profilo psicologico di chi usa droga da anni e anni?

     
    R. – Dipende qual è la droga. Attualmente possiamo suddividere – un po’ artificiosamente – l’assunzione di droga in due o tre settori principali. Esistono le droghe cosiddette “psichedeliche”, tipo LSD o per esempio ketamina, tra le quali - diciamo - c’è una new entry nel campo della droga: in realtà è un farmaco, un anestetico usato in veterinaria, che però è un anestetico detto “dissociativo”, per cui preso in dosi subcliniche può dare delle allucinazioni molto forti. Esistono poi droghe psicostimolanti, che vanno tanto di moda – anfetamine e cocaina – e droghe più sedative e contemplative, tipo la cannabis e tutti gli oppiacei.

     
    D. – Al di là dei problemi psicologici che portano la persona a drogarsi, le motivazioni ambientali che oggi spingono all’uso della droga sono simili a quelle di venti o trent’anni fa?

     
    R. – Direi di no. Oggigiorno il panorama sociale è estremamente cambiato: dagli anni Settanta ai nostri tempi c’è stata una vera e propria rivoluzione multimediale, per cui adesso anche il modo di mettersi in relazione con l’altro è profondamente cambiato, le relazioni tra gli esseri umani sono molto cambiate, e quello che c’era prima ora proprio non esiste più; viviamo in un’epoca probabilmente di ipercontrollo sociale, dovuta a mezzi di comunicazione, al fatto che siamo entrati in un mondo multimediale. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il nuovo cinema israeliano al Festival di Pesaro

    ◊   La 45a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro diretta da Giovanni Spagnoletti, in programma fino al 29 giugno, dedica una delle sue sezioni principali al “Nuovo cinema israeliano”. Un occasione per riflettere sulla forza narrativa e morale dell’arte cinematografica israeliana, in un dibattito che soprattutto coinvolge le ultime generazioni di registi alle prese con le tante contraddizioni e ricchezze culturali della società in cui vivono e operano. Da Pesaro, Luca Pellegrini:

     
    Anima critica del Paese, il cinema israeliano proiettato a Pesaro in una ricca retrospettiva – e di cui molto si è discusso in una vivace tavola rotonda con alcuni tra i suoi più giovani e brillanti rappresentanti -, ha decisamente riconfigurato molte delle certezze, presunte e relative, con le quali si è abituati a percepire l’attuale società israeliana. Forte di un’autonomia e libertà espressiva rare nel mondo dell’arte e della comunicazione, sorretto da finanziamenti statali generosi, con un produzione media annuale di 25 lungometraggi e 100 documentari, il cinema israeliano occupa un ruolo fondamentale nella coscienza collettiva di un popolo che non affronta soltanto guerre e terrorismo. Un mondo assolutamente inaspettato avvolge lo spettatore: i registi israeliani arrivati a Pesaro con i loro film, Danny Lerner, Michale Boganim, Raphael Nadjari, Ran Slavin, Maya Zack, parlano di scuole e di famiglia, di drammi psicologici e solitudini, di diritti e doveri, di scontri tra una società secolarizzata e quella più legata al rigore espresso dalle tradizioni religiose. Insomma, nella retrospettiva pesarese – da non perdere – ci si rende conto di un’altra Israele. Maurizio G. De Bonis, che ha scelto con attenzione e rigore pellicole e registi, non ha dubbi sulla vivacità della moderna cinematografia israeliana e aggiunge:

     
    R. – La vivacità della cinematografia israeliana è direttamente proporzionale alla vivacità della società israeliana; una società complessa, multietnica, piena di contraddizioni, ma anche piena di attenzione per le questioni legate al Medio Oriente e alle questioni sociali, ed il cinema è lo specchio della società israeliana.

     
    D. - I diversi registi presenti a Pesaro testimoniano la capacità nell’affrontare, anche con vere e proprie sperimentazioni formali e visive, temi estremamente delicati…

     
    R. – Il cinema israeliano affronta, ormai da una decina d’anni, questioni assolutamente centrali nella storia del Medio Oriente e nella storia del Paese. Certamente, i due aspetti più affrontati sono quelli legati al conflitto con il mondo arabo-palestinese, ma anche le questioni sociali interne e gli aspetti contraddittori della vita religiosa sono al centro delle prospettive dei registi israeliani che cercano, con lucidità, di analizzare questioni e problematiche che poi, in Europa e negli Stati Uniti, assumono connotazioni differenti.

     
    D. – Secondo lei, il cinema può dare, nella sua prospettiva etica, un contributo, se non alla pacificazione del Medio Oriente, ad una più lucida coscienza dei diritti e dei doveri dei due popoli in guerra?

     
    R. – Direi che i cineasti israeliani lavorano con estrema attenzione sulla questione della pace, dei diritti del popolo palestinese. Il cinema israeliano, in tal senso, attraverso l’opera dei suoi registi, è una sorta di grande psicanalisi collettiva, all’interno della quale si analizzano le problematiche comportamentali degli individui ma anche della collettività, in funzione di una prospettiva di pace che, in fin dei conti, nonostante quello che viene fuori anche dagli organi d’informazione, la maggioranza degli israeliani insegue.

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    Chiesa e Società



    Croce Rossa: civili vittime più dei militari nei Paesi in guerra

    ◊   Nel conteggio dei morti il numero dei civili supera quello dei combattenti e le popolazioni vengono in gran parte trasformate in profughi. È quanto è emerso da un rapporto presentato dal Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) alla vigilia del suo 150.mo anniversario dalla fondazione. Lo studio, dal titolo “Il nostro mondo, visto dal campo” dimostra che più della metà dei civili intervistati in 8 Paesi in guerra (Afghanistan, Colombia, Georgia, Haiti, Libano, Liberia, Filippine e Repubblica Democratica del Congo) sono stati sfollati a causa dei conflitti nei loro Paesi. Secondo il rapporto, il 66% degli intervistati hanno patito gli effetti della guerra, mentre il 56% hanno dovuto abbandonare il luogo in cui abitavano e per la maggior parte hanno perduto il contatto con i loro cari. In tutti i Paesi esaminati, inoltre, i conflitti hanno limitato o reso impossibile l’accesso all’acqua, al cibo, all’elettricità, all’assistenza sanitaria. C’è scetticismo anche riguardo agli aiuti internazionali: il 59% delle persone intervistate ritiene che la corruzione impedisca aiuti efficaci. (V.V.)

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    Conferenza Onu su crisi economica: i Paesi ricchi disertano

    ◊   Quasi tutti i 30 capi di Stato e di governo che partecipano alla Conferenza internazionale sulla crisi economica mondiale, organizzata dall’Onu a New York e in corso da mercoledì, provengono da Paesi dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia. La presenza invece degli Stati più ricchi è minima. La denuncia arriva all’agenzia Misna da diverse Organizzazioni non governative e dalla Campagna per la riforma della Banca Mondiale. Il rischio, secondo gli organizzatori, è che l'evento di New York rappresenti un’occasione persa per aiutare i Paesi più deboli che non hanno responsabilità nella crisi ma che ne pagano le conseguenze più pesanti. In apertura dei lavori, Miguel D’Escoto Brockmann, presidente dell’Assemblea Generale dell’Onu, ha sottolineato che “la crisi economica globale e le sue conseguenze devono essere affrontate in un contesto come le Nazioni Unite e non nei vertici ristretti ai Paesi più industrializzati”. Brockmann ha aggiunto che le Nazioni più industrializzate hanno scelto coscientemente di boicottare la Conferenza organizzata dall’Onu, inviando a New York soltanto funzionari di secondo livello. “Preferiscono elaborare le loro soluzioni in riunioni come il G8 o il G20”, ha aggiunto Brockmann. La Conferenza si prefigge di identificare le attuali emergenze determinate dalla crisi economica e le possibili risposte che possano limitarne l’impatto sulle popolazioni più vulnerabili. (M.P.)

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    Giornata per la “carità del Papa”: il cardinale Vallini esorta i fedeli alla generosità

    ◊   Domenica 28 giugno sarà la giornata dedicata tradizionalmente alla “carità del Papa”, occasione in cui viene annualmente organizzata una raccolta di fondi, quest’anno in aiuto alle popolazioni colpite da povertà, catastrofi naturali o dalle guerre. “Sono certo - ha affermato in un messaggio il cardinale vicario Agostino Vallini - che i fedeli della nostra diocesi che, secondo la ben nota espressione di Sant’Ignazio di Antiochia, ‘presiede nella carità’, con la loro generosità aiuteranno il loro vescovo a confermare attraverso le iniziative caritative l’annuncio del Vangelo”. Il porporato esorta i fedeli ad essere generosi. Lo scorso anno, ricorda il Sir, la raccolta complessiva nelle diocesi italiane è stata di 2,66 milioni di euro, cui si sono aggiunti i fondi messi a disposizione dalla Cei. Per Roma, in particolare, la raccolta viene organizzata dai soci del Circolo San Pietro, ai quali sarà possibile consegnare direttamente i fondi. Si possono anche affidare al Vicariato (tel. 06-69886162) o versare su un apposito conto corrente postale n. 75070003 intestato a “Obolo di San Pietro” – 00120 Città del Vaticano; oppure sul conto corrente bancario CIN B – ABI 03226 – CAB 03202 intestato “Obolo di San Pietro” presso Unicredit Banca d’Impresa. (M.P.)

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    Comece: convegno sull’emergenza ambientale a Bruxelles

    ◊   I cambiamenti climatici sono diventati una questione di sopravvivenza, in particolare per i poveri, e rappresentano una sfida per i modelli di vita, la solidarietà e la giustizia mondiale. Lo hanno ribadito i rappresentanti dell'Unione europea e delle Chiese in occasione del seminario di dialogo dal titolo: “Cambiamento climatico come sfida per gli stili di vita, la solidarietà e la giustizia globale”, promosso dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), dalla Commissione Chiesa e società della Conferenza delle Chiese europee (Kek) e dal Bureau dei consiglieri politici della Commissione europea, svoltosi a Bruxelles. “Un'efficace risposta al cambiamento climatico richiede sia leadership politica, sia riflessione e dibattito etico. Sono entrambi essenziali per convincere non solo le menti, ma anche i cuori dei cittadini e rendere effettivo il cambiamento”, ha detto padre Piotr Mazurkiewicz, segretario generale della Comece. I rappresentanti della Commissione e del Parlamento europei hanno riconosciuto che il sostegno delle Chiese nella lotta contro il cambiamento climatico è essenziale per convincere i cittadini ad adottare quotidianamente un comportamento rispettoso dell'ambiente. “L'inquinamento dell'ambiente e dei mari, la contaminazione degli alimenti e lo spreco delle risorse energetiche - ha osservato il metropolita Athanasios di Acaia - riguardano i diritti umani delle generazioni future”. Il vicepresidente del gruppo intergovernativo di esperti sull'evoluzione del clima, il professor Jean-Pascal van Ypersele, ha presentato inoltre gli ultimi dati relativi ai cambiamenti del clima. In base a queste stime, l'obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2020 fissato dall'Unione europea non è sufficiente a garantire che il riscaldamento globale non superi i due gradi centigradi. Trattando la posizione di negoziazione dell'Ue, in vista della conferenza di Copenhagen, Helga Kromp-Kolb, meteorologa che ha ricevuto numerosi premi scientifici, ha dichiarato che “il 30% non è sufficiente, due gradi centigradi è già troppo e il 2020 è troppo tardi”. Karl Falkenberg, direttore generale per l'ambiente nella Commissione europea ha sottolineato che: “Noi, l'Unione europea, non dobbiamo solo assumerci la nostra responsabilità, ma anche essere leader per il resto del mondo. Il risultato di Copenhagen non sarà positivo se non arriveremo a convincere gli altri grandi Paesi produttori di emissioni come la Cina, l'India o la Russia a unirsi a noi nell'impegno a ridurre in modo significativo le emissioni di gas serra”. Un richiamo ai principi di giustizia e responsabilità “per salvare l'armonia del creato” è stato espresso da Rüdiger Noll, direttore e segretario generale aggiunto della Kek. Infine, Bernd Nilles, segretario generale della Cisde (Agenzie cattoliche per lo sviluppo), e Marlene Grundström dell'Aprodev (Associazione del consiglio mondiale delle Chiese) hanno ricordato a nome delle entità cristiane di aiuto allo sviluppo che la lotta contro i cambiamenti climatici deve essere fortemente legata alla politica di aiuto allo sviluppo e hanno messo in guardia contro la mancanza di solidarietà nei confronti dei Paesi poveri nella fase finale dei negoziati di Copenhagen. (V.V.)

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    Perù: la Chiesa presente alla riunione sulla crisi amazzonica

    ◊   Dopo i gravi e luttuosi fatti nella regione amazzonica in cui hanno perso la vita decine di persone, soprattutto indigene, che protestavano in difesa delle loro terre minacciate dall’industria del petrolio, in applicazione del Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti, lo scorso 22 giugno si è riunito il Gruppo di lavoro che dovrebbe studiare e coordinare lo sviluppo dei popoli dell’Amazzonia. Oltre ai rappresentanti delle autorità dello Stato, fra cui diversi ministri del governo del Presidente Alan Garcìa, i dirigenti delle popolazioni indigene, ha partecipato il Presidente della Conferenza episcopale, l’arcivescovo di Trujillo, mons. Miguel Cabrejos Vidarte. La Chiesa peruviana tra l’altro a più riprese aveva chiesto la riunione di questo Gruppo di lavoro ritenendo che solo il dialogo e il negoziato potevano mettere fine a tre settimane di violenza e, soprattutto, tracciare il sentiero per risolvere seriamente tutti i problemi nel rispetto dei legittimi interessi di tutte le parti. Da parte degli indigeni è stata ribadita la richiesta di mettere fine allo stato d’emergenza imposto nella regione e, al tempo stesso, è stato rinnovato il desiderio di discutere il cosiddetto “Piano per lo sviluppo dell’Amazzonia” con i popoli coinvolti, nella cornice di un’ottica interculturale. Le autorità di governo da parte loro hanno riconosciuto che tutta la materia deve essere affrontata con il contributo di tutte le parti e hanno annunciato che presto sarà cancellato lo stato d’emergenza e il coprifuoco. Mons. Cabrejos Vidarte da parte sua ha valutato come molto positivo quest’annuncio ricordando che è altrettanto importante e necessaria la creazione della “Commissione per la verità”, come richiesto dalle le popolazioni indigene, per chiarire fino in fondo quanto accaduto all’inizio del mese in località Bagua, dove sono morti poliziotti e aborigeni. I partecipanti all’incontro hanno deciso, a conclusione della riunione, la formazione di tavoli di lavoro regionali per affrontare alcuni problemi specifici con la presenza delle autorità locali e delle popolazioni. (L.B.)

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    Il no della Chiesa cilena alla "pillola del giorno dopo"

    ◊   In Cile, giorni fa, il massimo tribunale amministrativo del Paese (Contralorìa general de la Republica) ha confermato che tutte le istituzioni dello Stato, e dunque anche i Comuni, devono rispettare la sentenza del potere giudiziario che vieta la distribuzione della cosiddetta “pillola del giorno dopo”. Viene a cadere così una scorciatoia utilizzata per evitare l’applicazione della sentenza. Il governo di Michelle Bachelet ha sostenuto e incoraggiato fortemente questa distribuzione gratuita poiché, ha ribadito, la realtà delle gravidanze tra le adolescenti è particolarmente grave, soprattutto tra le ragazze più povere che registrano un tasso 20 volte superiore alle loro coetanee socialmente agiate. Il Presidente dell’episcopato cileno, mons. Alejandro Goic, vescovo di Rancagua, ieri ha difeso la scelta della Chiesa da sempre contraria a questa misura governativa e a tutti gli artifici utilizzati per applicare la disposizione legale bocciata dalla magistratura. Il presule ricorda che le ragioni della Chiesa in materia fanno riferimento al documento governativo conosciuto come “Norme per la regolazione della fertilità umana” che i vescovi, con l’aiuto di esperti, hanno analizzato nel loro documento sulla “accoglienza e promozione della vita” del 2007. Mons. Goic ricorda che l’Episcopato mette al centro di qualsiasi dibattito la considerazione “della procreazione nel contesto del matrimonio e della famiglia così come della vita e dello sviluppo della nazione. Al tempo stesso, aggiunge il presule, la Chiesa rivendica come necessaria l’educazione alla responsabilità di fronte al meraviglioso dono di Dio che è la sessualità umana”. Non è possibile “sostituire la formazione etica” delle persone, in particolare dei giovani, “con il ricorso a mezzi tecnici” poiché è “l’educazione al rispetto dei valori morali ciò che aiuta veramente a crescere come esseri umani”. Senza quest’educazione e rispetto, secondo mons. Goic “non vi è neanche un contributo allo sviluppo di una società sana e responsabile”. D’altra parte il vescovo di Rancagua ricorda che l’esistenza di dati scientifici secondo i quali questa pillola ha un’efficacia “intercettiva” significa che si configura come un mezzo abortivo e, quindi, a maggior ragione inaccettabile e inammissibile per chi rispetta la vita umana. “La dignità delle persone esige che la società protegga coloro che non sono in grado di esercitare l’autonomia come accade nel caso dell’essere umano prima dell’impianto nell’utero materno. “Qualsiasi uso di formule destinate a snaturare questa realtà non deve confondere”, osserva mons. Goic, poiché ciò allontana dai veri valori quali “l’amore, la famiglia, la libertà, la responsabilità sociale e personale”. La procreazione è un diritto umano che lo Stato deve proteggere e rispettare e perciò è anche un suo obbligo favorire un insegnamento capace di valorizzarla e viverla nella cornice naturale: la paternità e la maternità responsabili. Questi scopi, osserva il Presidente dei vescovi cileni, non si raggiungono con la pubblicità dei preservativi poiché, alla fin fine, questi mezzi favoriscono la superficialità e la banalizzazione dei rapporti sessuali. Una vera educazione, conclude il presule, deve ricordare in ogni istante che svicolare la sessualità dall’amore e dal matrimonio, e soprattutto dal supremo dono della procreazione responsabile, non solo riduce questa suprema dimensione umana a semplice fatto biologico, ma avvilisce la persona e la sua dignità. (A cura di Luis Badilla)

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    I vescovi Usa: rispettare i diritti dei lavoratori

    ◊   La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha pubblicato un documento in cui offre alcune linee guida per favorire un clima di maggiore collaborazione tra datori di lavoro, sindacati e lavoratori operanti nelle strutture sanitarie cattoliche. Il documento di 12 pagine è intitolato “Rispettare i giusti diritti dei lavoratori: guida e opzioni per l'assistenza sanitaria e i sindacati cattolici”. Un comunicato dei vescovi spiega che il testo è il frutto di un ampio accordo raggiunto dopo più di due anni di consultazioni. “Al centro di questo straordinario accordo - ha precisato alla conferenza stampa di presentazione il card Theodore McCarrick che ha partecipato alle trattative – vi è l’idea che spetta ai lavoratori e non ai vescovi, ai manager degli ospedali o ai leader sindacali decidere se essi debbano essere rappresentati o meno da un determinato sindacato. Dal momento che l’assistenza sanitaria cattolica è un servizio e non un’industria - ha puntualizzato l’arcivescovo emerito di Washington - il modo in cui tratta i suoi operatori e in cui essa è trattata dai lavoratori non sono semplici questioni interne, ma dovrebbe riflettere l'insegnamento cattolico sul lavoro e sui lavoratori, sull'assistenza sanitaria e sul bene comune”. Un concetto chiarito nell’introduzione da mons. William Murphy, presidente del Comitato episcopale per la Giustizia Interna e lo Sviluppo Umano, che richiama la necessità di “una rinnovata attenzione per ciò che è al cuore del servizio sanitario cattolico: i pazienti e i lavoratori che li assistono”. Per fare questo – sottolinea - occorre “misura e cooperazione e nuovi comportamenti” da parte di tutte le parti interessate: lavoratori, manager vescovi e pazienti. Tra i principi – peraltro non vincolanti – per “una giusta ed equa organizzazione” del lavoro il documento indica il rispetto reciproco tra datori di lavoro e sindacati dei rispettivi ruoli e la salvaguardia della salute del paziente. Il documento invita inoltre le parti ad evitare indebite pressioni sui lavoratori, a fornire loro pari accesso alle informazioni e a rispettare criteri di verità ed equilibrio nelle loro comunicazioni. (L.Z.)

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    Camerun: la pace al centro dei lavori della plenaria dei vescovi

    ◊   La pace cui fa riferimento il secondo Sinodo sull’Africa che si svolgerà dal 4 al 25 ottobre a Roma, è un dono di Dio che il Cristo apporta al mondo: lo ha detto in apertura della 34.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale camerunense, il presidente mons. Victor Tonyé Bakot. Tra i temi che i presuli affronteranno il sacerdozio e la preparazione dei vescovi che si recheranno a Roma per il Sinodo dedicato alla Chiesa “al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. “Una pace grazie alla quale il mondo vivrà una vera solidarietà, una vera condivisione, il vero amore – ha affermato mons. Bakot – Quanto alla giustizia, essa promuove una vera carità e permette a ciascuno di vivere in armonia con il proprio fratello”. All’apertura dei lavori, il nunzio apostolico in Camerun, mons. Antonio Eliseo Ariotti, si è felicitato e ha ringraziato i camerunensi per l’accoglienza riservata a Benedetto XVI durante la sua recente visita nel Paese. Mons. Ariotti ha invitato inoltre i vescovi a mettere in pratica il messaggio che il Papa ha inviato ai sacerdoti nella lettera pubblicata in occasione del 150.mo anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, esortandoli ad essere fedeli nella loro condotta morale, nella gestione dei beni ecclesiastici e nel rispetto dell’autorità”. I lavori di questa 34.ma plenaria saranno anche un’occasione per discutere del protocollo di Maputo, perché la Chiesa cattolica camerunense possa esplicitare la propria posizione su questo testo relativo ai diritti della donna africana. (T.C.)

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    India: concluso il Forum sui diritti umani dei Cristiani Uniti del Karnataka

    ◊   Gli attacchi contro i cristiani dell’India, sono stati al centro dell’incontro, tenuto nei giorni scorsi, dal Forum sui diritti umani dei Cristiani Uniti del Karnataka (KUCFHR). L’evento, che si è svolto nella Cattedrale di San Marco a Bangalore su iniziativa della diocesi locale, ha visto la partecipazione di otto vescovi cattolici del posto, di numerosi delegati dei metodisti, degli ortodossi e della Federazione delle Chiese cristiane, per un totale di circa 200 presenti. Inaugurando i lavori, l’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Moras, ha ricordato che “Dio ha la capacità di far nascere il bene persino dal male. E questo Forum ne è la prova. Gli attacchi alle chiese, ai sacerdoti, alle suore ed ai pastori che si sono verificati nel settembre del 2008 hanno portato i leader religiosi a pensare a come fermare questa violazione del nostro diritto di professare la nostra fede”. “In questa comune sofferenza – ha aggiunto il presule – abbiamo avvertito fortemente la necessità di istituire un forum formato dai leader e dai membri di diverse denominazioni cristiane, così da presentare alle autorità competenti un’immagine comune del nostro dolore”. Quindi, il presule ha aggiunto: “Siamo preoccupati per le gravi violazioni dei nostri diritti umani, perpetrate perché professiamo pacificamente la nostra fede. Anche se il tema centrale del Forum è scaturito dalle violenze anticristiane, tuttavia dobbiamo guardare avanti e cercare di fare di questo Forum una piattaforma in cui identificare quello che abbiamo in comune per realizzarlo insieme, raggiungendo anche i meno fortunati e gli emarginati della società”. Poi, l’arcivescovo Moras, che ricopre anche l’incarico di presidente del Consiglio episcopale regionale del Karnataka, ha sottolineato che gli attacchi anticristiani “hanno rafforzato la nostra fede. Nulla potrà prevalere sull’unità dei cristiani”. Durante i lavori, i partecipanti hanno riflettuto anche sui possibili modi di proclamare la fede, ribadendo, in ogni caso, la condanna per le conversioni forzate. (I.P.)

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    L'Anno Sacerdotale in Thailandia

    ◊   Una buona occasione offerta ai sacerdoti per riflettere sulla scelta vocazionale, rinnovare il mandato e promuovere un’attività pastorale che sia al passo con la società odierna. Con questo spirito la Chiesa cattolica in Thailandia si appresta a vivere l’Anno Sacerdotale, inaugurato lo scorso 19 giugno da Benedetto XVI e che nel Paese prenderà il via ufficialmente domenica prossima. La cerimonia di apertura a Roma è stata seguita via internet nella sede della Conferenza episcopale thai (Cbct). Durante la funzione liturgica, riferisce l'agenzia AsiaNews, i vescovi hanno assistito all’annuncio del Papa e alla lettura della missiva che il cardinale Claudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il clero, ha indirizzato ai sacerdoti. Mons. George Yod Phimphisan, presidente dei vescovi, spiega che la Chiesa thai deve cogliere l’occasione “per riscoprire l’importanza della vocazione sacerdotale” cercando di far fronte ai “problemi attuali”. Padre Anthony Vorayuth Kitbamrung, segretario della Commissione cattolica per il clero, riferisce della distribuzione fra i sacerdoti di un libro sulla vita di S. Giovanni Maria Vianney – scelto dal Papa come patrono di tutti i parroci e dei sacerdoti – per “approfondire lo studio e la discussione”. Egli invita inoltre i membri del clero a diffondere fra i cattolici e i fedeli di altre religioni i motivi alla base della scelta del sacerdozio e lo stile di vita che un buon sacerdote deve mantenere. Un esempio di vocazione sacerdotale all’insegna della povertà viene da padre Joseph Phibun Visitnonthachai, direttore della Commissione cattolica per i rifugiati e del corrispettivo della Caritas locale nominato da Benedetto XVI il 19 giugno scorso a vescovo di Nakhon Sawan, nel nord del Paese. Egli è celebre per lo stile di vita sobrio ed è stato un modello per i seminaristi negli anni in cui ha guidato il seminario minore di San Giuseppe. In Thailandia i cattolici sono poco più dello 0,6% su un totale di oltre 65milioni di abitanti. I sacerdoti diocesani sono 442, i preti di ordini religiosi 253, i religiosi 121 e le religiose 1428; essi si prendono cura di 470 chiese sparse per il Paese. (V.V.)

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    Singapore: solenne apertura dell'Anno Sacerdotale

    ◊   Centinaia di fedeli a Singapore hanno partecipato alla solenne Eucaristia di apertura dell’Anno Sacerdotale. La Messa presieduta dall’arcivescovo mons. Nicholas Chia nella locale Cattedrale del Buon Pastore, è stata concelebrata da una sessantina di sacerdoti. Nell’omelia – riferisce l’agenzia Ucan - mons. Chia ha esortato i sacerdoti ad essere come Cristo “il Buon Pastore che diede la vita per il suo gregge per fare la volontà del Padre e non la nostra” e a “staccarsi dalle preoccupazioni di questo mondo”. Egli ha poi invitato tutti i fedeli a vivere questo anno speciale come un’occasione per “scavare nel mistero” del dono divino del sacerdozio e quindi a partecipare alle numerose iniziative in programma nei prossimi 12 mesi nell’arcidiocesi. “Questi sforzi concertati”, ha detto, aiuteranno i sacerdoti ad essere “veri pastori” e daranno come frutto numerose vocazioni. La celebrazione si è conclusa con la benedizione di una statua di San Giovanni Maria Vianney che, durante l’Anno Sacerdotale, compirà un pellegrinaggio nelle 31 parrocchie del territorio diocesano. La statua si fermerà in ogni parrocchia per una settimana durante la quale vi saranno veglie di preghiera, incontri e celebrazioni per invocare da Dio il dono di vocazioni sacerdotali. Tra le altre iniziative figurano giornate di ritiro organizzate per i sacerdoti locali e la pubblicazione di testi del Santo Padre sui temi essenziali della vita e della missione sacerdotale nell’epoca attuale. Il Centro di Spiritualità cattolica di Singapore prevede un’apertura speciale in preparazione al 4 agosto, festa del 150° anniversario della morte di San Giovanni Maria Vianney. Il prossimo ottobre, mese del Rosario, sarà invece dedicato alle preghiera per le vocazioni. (L.Z.)

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    Cina: la diocesi di Han Dan chiude l'Anno Paolino e apre quello sacerdotale

    ◊   La chiusura dell’Anno Paolino della diocesi di Han Dan è contemporaneamente un invito ad una attiva partecipazione all’Anno Sacerdotale. Così oltre mille fedeli, un centinaio di religiose e una settantina di novizie delle congregazioni religiose femminili, oltre ai seminaristi del seminario diocesano, hanno preso parte alla solenne Celebrazione Eucaristica di chiusura dell’Anno Paolino e di apertura dell’Anno Sacerdotale, che si è svolta il 19 giugno nella cattedrale, preseduta da mons. Yang Xiang Tai e concelebrata da una cinquantina di sacerdoti. Dopo la Santa Messa, don Xi Jian Ke, cancelliere diocesano, insieme a diversi parroci, ha fatto un resoconto della celebrazione dell’Anno Paolino. Secondo il cancelliere, oltre 6.000 catecumeni sono stati battezzati durante l’Anno, e per lui “la chiusura non è altro che un nuovo inizio, che richiama un ulteriore impegno missionario con lo spirito di San Paolo”. Durante la liturgia di chiusura dell’Anno Paolino e di apertura dell’Anno Sacerdotale sono stati ordinati 3 nuovi diaconi diocesani, è stata letta la Lettera pastorale del vescovo diocesano per l’Anno Sacerdotale e il decreto per lucrare le indulgenze. La diocesi di Han Dan, che include 19 distretti civili, si trova nel sud della provincia dell’He Bei e conta oltre 130.000 cattolici, su una popolazione di 8,3 milioni di persone. L’evangelizzazione della diocesi risale al grande missionario gesuita padre Matteo Ricci nel ‘500. Attualmente vi sono in diocesi centinaia fra chiese e cappelle, 58 sacerdoti, 40 seminaristi, e 200 religiose appartenenti a due congregazioni diocesane. Inoltre la diocesi gestisce diversi dispensari, ambulatori e strutture impegnate nell’assistenza sociale. (R.P.)

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    Le celebrazioni in Cina per la festa di San Giovanni Battista

    ◊   Una preghiera per tutti i sacerdoti che stanno vivendo l’Anno Sacerdotale indetto dal Santo Padre Benedetto XVI, una preghiera per tutti quelli che portano il nome di Giovanni Battista, una preghiera per tutti i fedeli, perché “possano seguire le orme del Santo e convertirsi costantemente, testimoniare la presenza di Cristo nella loro vita e santificare la propria vita nell’attesa della venuta di Cristo”. Sono state queste le intenzioni più ricorrenti nelle numerose comunità cattoliche cinesi del continente, espresse durante la celebrazione della festa di San Giovanni Battista, primo testimone di Gesù e della Fede. La festa di S. Giovanni Battista è molto sentita e celebrata in Cina. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, alle 6 del mattino, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori, nelle chiese della diocesi di Zhou Zhi della provincia di Shaan Xi, erano giù state celebrate le Messe solenni in onore del Santo. Secondo un sacerdote di Pechino, “nell’Anno Sacerdotale la figura di San Giovanni Battista assume un significativo particolare per noi sacerdoti, perché, essendo stato precursore di Cristo, ci sollecita a trasformarci in precursori di Cristo”. Proprio nel giorno della festa un anziano sacerdote, molto stimato ed amato dai cattolici cinesi, padre Giovanni Battista Zhang Yong Shan, della Congregazione della Missione, si è spento all’età di 93 anni. Da anni padre Zhang, che era stato ordinato nel 1947 nella solennità della Santissima Trinità, si era ritirato a riposo nel villaggio di Xiao Han Cun della diocesi di Tian Jin, ma fino alla fine non si era mai ritirato dalla missione sacerdotale. Ha fatto costruire la chiesa, ha convertito tantissime persone, ha consolidato la fede di numerosissimi fedeli. Anche quando ormai non poteva più camminare e doveva rimanere a letto, teneva fra le dita quel rosario che non si è mai separato da lui, e pregava per le missioni, per la Chiesa, per i fedeli, per le opere di Dio. Secondo i giovani preti che hanno collaborato con lui, “nell’Anno Sacerdotale abbiamo Giovanni Maria Vianney come esempio, e in mezzo a noi abbiamo anche padre Zhang”. (V.V.)

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    Costrette a chiudere le agenzie cattoliche inglesi per le adozioni a causa della legge anti-discriminazione

    ◊   L’agenzia cattolica per le adozioni dell’arcidiocesi di Westminster ha chiuso le sue attività. Il motivo è la legge contro le discriminazioni e suoi regolamenti attuativi che, dallo scorso gennaio, vietano a tutte le agenzie del settore nel Regno Unito di rifiutare l’affidamento di bambini a coppie omosessuali. “Se dovessimo continuare questa nostra attività – spiega la Westminster Catholic Children’s Society in un comunicato ripreso dall’agenzia Cns - ci vedremmo costretti a trattare anche le richieste delle coppie omosessuali, in contrasto con i nostri criteri secondo i quali le coppie richiedenti devono essere un uomo e una donna sposati. I nostri trustees – precisa il comunicato - sono convinti che questa sia la cosa migliore per un bambino, come del resto dimostrato dalla ricerca, ma anche in linea con gli insegnamenti della Chiesa”. L’agenzia aveva sospeso la sua attività il 1° gennaio scorso, in attesa della sentenza di un tribunale di Leeds chiamato a decidere su un ricorso della locale agenzia diocesana per le adozioni che aveva chiesto di poter continuare la sua attività secondo gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Il ricorso è stato respinto. Quella dell’arcidiocesi di Westminster è la seconda agenzia cattolica di adozioni ad avere optato per la chiusura dopo quella di Salford, a Manchester, che ha chiuso le sue attività nel 2008. La maggior parte delle agenzie cattoliche di adozione britanniche ha invece deciso di rinunciare al proprio status di agenzia diocesana. (L.Z.)

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    Il cardinale Ruini: scommettere sulla capacità del cristianesimo di trasformare la società

    ◊   “Le difficoltà per il futuro sono in aumento in Occidente perché esso sembra allontanarsi sempre più dalle sue radici umanistiche… bisogna riscoprire l’ispirazione della nostra civiltà che ha origine soprattutto nel cristianesimo”. È uno dei punti salienti, riportato dal Sir, dell’intervento del cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il Progetto culturale della Cei, che ieri sera a Roma ha presentato il volume “Confini. Dialogo sul cristianesimo e il mondo contemporaneo”. Il libro contiene cinque conversazioni tra lo stesso cardinale e lo storico Ernesto Galli della Loggia riguardanti la modernità, la laicità e il rapporto Chiesa-Stato, il futuro dell’Occidente e il rapporto con le altre culture. Alle diverse domande di storici e giornalisti, il presidente del Comitato per il Progetto culturale della Cei ha replicato che di fronte ai grandi mutamenti di questi ultimi decenni, sarebbe sbagliato scommettere sulla crisi della modernità, ma occorrerebbe piuttosto scommettere sulla capacità del cristianesimo di trasformarla. Durante l’incontro ha rievocato i sedici anni alla guida della Cei: “Mi ha dato grande forza la certezza di interpretare per l’Italia l’orientamento di fondo dato da Papa Wojtyla”. Il porporato ha inoltre precisato, in risposta alla messa in discussione del Concordato, quanto sia una soluzione idonea per certi Paesi e non per altri. In merito alle domande sul Concilio ha sottolineato l’importanza del primo Concilio ecumenico che ha affrontato non solo aspetti teologici o dottrinali, ma anche temi sociali ed ha affermato il principio della libertà religiosa fondata sulla dignità intrinseca della natura umana. Quanto al fondamentalismo islamico, il porporato ha detto che a suo giudizio è destinato ad esaurirsi e il suo limite di colpire gli stessi islamici porrà interrogativi all’interno del loro mondo. Il cardinale ha concluso ribadendo che “il cristianesimo è una religione di libertà”. (M.P.)

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    Intervento del cardinale Bagnasco al convegno sulla pastorale familiare

    ◊   “Nel cuore della coppia e della famiglia fondata sul matrimonio, sta la sua vocazione di grembo naturale della vita, di prima scuola di umanità, dove le diverse generazioni imparano ed esercitano ogni giorno il gusto e le virtù del vivere non solo accanto ma, ben più insieme nel segno delle diverse sfumature dell’amore: dono, perdono, concretezza e sacrificio, pazienza e quotidianità, gioia e dolore”. Sono le parole del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella seconda giornata del convegno nazionale di pastorale familiare che si sta svolgendo a Cotronei in Calabria. Dopo aver ricordato che Papa Benedetto XVI ha “richiamato frequentemente il carattere oggettivo, stabile e permanente sia del matrimonio che di altre realtà”, il cardinale Bagnasco ha sottolineato che “la bellezza umana e sacramentale del matrimonio richiede tutta la nostra attenzione di Chiesa e da sempre la cura della coppia e della famiglia fa parte integrante della nostra pastorale”. Insieme, dunque, verso le nozze e la preparazione al matrimonio che, continua il cardinale, deve essere un’occasione per riscoprire la fede, per incontrare il Signore. La comunità deve curare l’attenzione e l’affetto verso chi si prepara alle nozze e si dispone a creare un nuovo nucleo d’amore che non riguarda solo i due ma l’intera comunità cristiana e tutta la società. Questa attenzione affettuosa diventa come un grembo che accompagna e che genera. Rivolgendosi ai partecipanti del convegno, il presidente della Conferenza episcopale italiana evidenzia che la coppia è “espressione della maternità della Chiesa che si fa prossima a realizzare il loro sogno d’amore”. “Come credenti che vivono nella storia a modo di lievito e luce - ha continuato - non possiamo non desiderare che i giovani che guardano al matrimonio trovino anche l’aiuto dell’intera società dove vivono e di cui sono parte viva”. Secondo l’Avvenire le giornate di studio e confronto a Cotronei possono essere considerate come il “dossier più vasto e dettagliato mai realizzato a livello nazionale su un tema che interroga urgentemente Chiesa e società: i giovani, l’amore, il matrimonio, le convivenze”. Il lavoro raccoglie i questionari provenienti dalla quasi totalità delle diocesi italiane (192 su 226). (M.P.)

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    Università Salesiana: don Carlo Nanni nuovo rettore magnifico

    ◊   Nuovo vertice per l’Università pontificia salesiana (Ups). È stato nominato rettore magnifico con decreto della Congregazione per l’educazione cattolica, don Carlo Nanni, già decano della Facoltà di scienze dell’educazione nel sessennio 1995-2001 e di nuovo dal 23 aprile 2008. Don Nanni, si legge nella nota diffusa dal Sir, era stato eletto “come primo della terna scelta dal Senato il 4 marzo 2009 (con maggioranza assoluta alla prima votazione) e altrettanto dal collegio dei docenti stabili dell’Università (anche in questo caso con una maggioranza di oltre due terzi alla prima votazione)”. Entrerà in carica dal prossimo mercoledì 1 luglio e sarà insediato ufficialmente venerdì 10 luglio da don Pascual Chávez Villanueva, Gran cancelliere dell’Ups e Rettore maggiore dei Salesiani. Don Nanni, che succede a don Mario Toso giunto a conclusione del suo sessennio, ha conseguito la licenza in filosofia all’Ups e si è laureato in filosofia alla Sapienza di Roma. In seguito, ha conseguito la licenza in teologia patristica e storia del dogma alla Pontificia università gregoriana. È professore ordinario di filosofia dell’educazione e pedagogia della scuola nella Facoltà di scienze dell’educazione e, da vari anni, insegna filosofia della comunicazione nella Facoltà di scienze della comunicazione sociale. (V.V.)

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    Il saluto del Papa all'astronauta che ha portato nello spazio le reliquie di Santa Teresina

    ◊   Tra le migliaia di pellegrini che hanno partecipato questo mercoledì in Piazza San Pietro in Vaticano all'udienza generale, Benedetto XVI ha salutato l'astronauta statunitense Ronald Garan, che ha portato una reliquia di Santa Teresa di Lisieux nello spazio a bordo del Discovery Shuttle. A questa reliquia, in orbita da un anno, se ne aggiungerà un'altra portata dallo stesso Garan nella prossima missione in programma nel marzo 2011 nella stazione spaziale internazionale. Secondo quanto ha riferito il colonnello della Nasa, prima di intraprendere la missione spaziale dal 31 maggio al 14 giugno dell'anno scorso, ha chiamato le suore della comunità carmelitana di New Caney (Texas) per chiedere le loro preghiere per il viaggio, e ha detto loro che avrebbe voluto portare qualche oggetto nello spazio per conto della comunità. Le suore, riferisce l'agenzia Zenit, hanno pensato alle parole di Santa Teresa: “Ho la vocazione di un apostolo. Vorrei viaggiare in tutta la terra per predicare il tuo nome e piantare la tua croce gloriosa sul suolo ateo. Mio amato, una missione non mi basterebbe. Vorrei predicare il Vangelo nei cinque continenti contemporaneamente e perfino nelle isole più remote. Sarei una missionaria non per pochi anni, ma dall'inizio della creazione alla fine dei tempi”. Le carmelitane hanno quindi dato all'astronauta una reliquia di Santa Teresa per il volo. Garan, con i suoi familiari, ha anche fondato l'associazione Manna che, con la tecnologia della Nasa e il finanziamento dell'Onu, ha sviluppato un sistema per rendere potabile l'acqua nei villaggi del Ruanda e installare pannelli solari in scuole e ospedali. (V.V.)

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    Domenica su Sat 2000 e Telelazio-Rete Blu l’opera lirica “Il Mistero del Corporale”

    ◊   L’opera lirica “Il Mistero del Corporale”, sul miracolo eucaristico di Bolsena, sarà trasmessa domenica prossima alle ore 9 sulle televisioni della Cei (Sat 2000 e Telelazio-Rete Blu). Si tratta di un’opera del maestro Alberico Vitalini, già direttore del Programma Musicale della Radio Vaticana, che per prima registrò e trasmise l’opera, in occasione della proclamazione dell’Enciclica di Papa Giovanni Paolo II “Ecclesia de Eucaristia”. In una delle sue ultime apparizioni per l’appuntamento domenicale in Piazza San Pietro, lo stesso Giovanni Paolo II ebbe modo di esprimere il suo apprezzamento per l’opera. “Il Mistero del Corporale” è anche un omaggio alla recente Esortazione apostolica postsinodale “Sacramentum Caritatis” di Benedetto XVI sull’Eucarestia. Ricordiamo inoltre che il maestro Vitalini è anche l’autore del segnale d’intervallo della nostra emittente. Il testo dell’opera è stato curato da Raffaello Lavagna. Con la trasmissione de “Il Mistero del Corporale” si potrà apprezzare un’esecuzione di alto valore artistico, realizzata dall’Orchestra sinfonica siciliana, diretta dal direttore del Festival Pucciniano di Torre del Lago, Alberto Veronesi, in occasione del Congresso Eucaristico Diocesano di Palermo. (V.V.)

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    Le vette delle Dolomiti diventano Patrimonio dell’Umanità

    ◊   231 mila ettari di montagne del gruppo delle Dolomiti sono diventate Patrimonio dell’Unesco. La notizia arriva dall’Assemblea Generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite, riunita in questi giorni a Siviglia. Le vette italiane che rientrano nel Patrimonio percorrono le province di Trento, Bolzano, Belluno, Pordenone ed Udine. Sono comprese anche la cima più alta delle Dolomiti (3.343 metri) e il ghiacciaio più significativo, quello che attraversa il territorio veneto e parte del Trentino. Sono adesso 44 i siti italiani riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio mondiale. Sino ad ora il riconoscimento come bene naturale era stato assegnato solo alle Isole Eolie. (M.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il vertice di Trieste chiede la fine delle violenze in Iran

    ◊   L’Iran è ancora in primo piano anche nella seconda giornata del vertice G8 dei ministri degli Esteri in corso a Trieste. Nella dichiarazione comune dei capi delle diplomazie delle otto economie più importanti del mondo, viene rivolto un “forte invito” alle autorità di Teheran a cercare soluzioni pacifiche alla crisi in atto. Mano tesa poi per riaprire il dialogo sul programma nucleare. Il servizio di Marco Guerra:

    Il tema principale in agenda dell’odierna giornata del vertice di Triste è la stabilizzazione dell’Afghanistan e del Pakistan, ma la mattinata ha visto di nuovo un intenso confronto sulle vicende postelettorali in Iran. In una dichiarazione congiunta i ministri degli Esteri del G8 hanno chiesto che ''le violenze cessino immediatamente'', esprimendo grande preoccupazione e una ferma condanna per le vittime di questi giorni, senza però entrare nel merito del risultato del voto. Il canale diplomatico resta tuttavia aperto per la soluzione del programma nucleare di Teheran, ma gli otto grandi assicurano che nei prossimi mesi verificheranno se ''la mano tesa verrà raccolta oppure no''. Non meno importante è poi l’appello lanciato a israeliani e palestinesi per il blocco degli insediamenti in Cisgiordania e la fine delle violenze e del terrorismo, e la condanna, fortemente voluta dal Giappone, dei test nucleari della Corea del Nord. Al momento, su tutti questi dossier si è registrata una posizione comune, sebbene si tema più prudenza da parte di Mosca nei confronti del documento finale che potrebbe essere adottato oggi. Ad ogni modo, nel pomeriggio si entrerà nel vivo dei lavori della seconda giornata, con riunioni allargate ai ministri di Afghanistan e Pakistan, dei Paesi confinanti e di quelli contributori. A margine di questi incontri, si terrà inoltre una riunione del Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Ue, Russia e Onu).

     
    Iraq: nuovo attentato a Baghdad
    Continuano gli attacchi kamikaze in Iraq, dopo i quattro ordigni esplosi ieri, stamattina almeno venti persone sono rimaste uccise e altri 45 sono i feriti in un attentato dinamitardo in un mercato del centro di Baghdad. Lo hanno reso noto fonti dei Ministeri dell'interno e della Difesa. La bomba, piazzata su una moto, è esplosa intorno alle 9 nell’affollatissimo mercato di Nahda, aperto solo il venerdì, giorno di riposo per i musulmani. Tra le vittime, molti giovani.

    Medio Oriente
    Il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Meshaal, ha auspicato l'avvio di dialogo "diretto e senza precondizioni" con gli Stati Uniti. La decisione è stata presa dopo il discorso di Barak Obama al Cairo, del 4 giugno scorso, nel quale il presidente americano aveva riconosciuto che Hamas - considerato da sempre un'organizzazione terroristica da Washington - ha l'appoggio di gran parte dei palestinesi e per questo può avere un ruolo nella realizzazione delle loro aspirazioni. Intanto, nell’ambito del processo di pace inter-palestinese si registra la liberazione, da parte del presidente dell’Anp, Abu Mazen, di 40 attivisti di Hamas reclusi in Cisgiordania. Dietro agli sforzi di riconciliazione fra le due maggiori forze politiche palestinesi vi è in particolare l'Egitto, che vorrebbe raggiungere un accordo entro la prima settimana di luglio.

    PakistanNon si fermano le violenze in Afghanistan. Militanti talebani hanno fatto esplodere oggi una bomba in una scuola femminile alla periferia di Peshawar, nel villaggio di Mattni. Nessuna vittima in quanto la scuola era chiusa per le vacanze estive, ma l'edificio è stato gravemente danneggiato. È il quarto attacco contro una scuola in una settimana. Tutti gli attentati sono stati attribuiti a militanti islamici talebani che vogliono imporre la sharia.

    Italia: decreto anticrisi
    Aumento degli assegni dei contratti di solidarietà, formazione dei cassaintegrati, detassazione degli utili reinvestiti e riduzione del costo dell’energia per famiglie e imprese. Sono le principali misure contenute del decreto anticrisi, che oggi ha avuto il via libera dal Consiglio dei ministri del governo italiano. La manovra estiva nel complesso dovrebbe assicurare una liquidità intorno ai 5-6 miliardi di euro.

    Nigeria
    Una serie di attentati contro le strutture dell’industria petrolifera sono stati compiuti negli ultimi giorni in Nigeria dai ribelli del Mend, il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger. L’ultimo è avvenuto questa mattina contro un oleodotto della Dutch Shell, nonostante ieri il presidente nigeriano, Yar’Adua, abbia offerto un’amnistia ai ribelli che deporranno le armi. Roberta Rizzo ha chiesto a Raffaello Zordan, esperto di Africa per la rivista dei Comboniani "Nigrizia", quali siano gli obiettivi del Mend:

    R. - Questo movimento ha come obiettivo principale quello di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica africana, ma soprattutto internazionale, sul fatto che la Nigeria essendo un Paese piuttosto ricco di petrolio ha dato in concessione a molte imprese internazionali - la Shell è una di queste - la possibilità di prelevare petrolio. Tutto ciò avviene senza che ci sia una ricaduta positiva sulle popolazioni, che vedono i loro territori devastati dai campi petroliferi, con danni ambientali, inquinamento, eccetera, senza che ci sia né un recupero ambientale né una ricaduta positiva in termini di ridistribuzione dei redditi petroliferi. Sappiamo che la Nigeria è uno Stato federale: nel Delta del Niger ci sono alcuni “staterelli” che ovviamente devono spartirsi, anche loro, i pezzettini di questa torta. Tutto questo ha a che fare con il governo centrale, che ad oggi non sta rispondendo positivamente alle richieste non solo del Mend ma neanche di altri movimenti che si sono ritrovati a rivendicare le stese cose.

     
    D. - Questa serie di attentati avviene immediatamente dopo la visita del presidente russo al presidente nigeriano…

     
    R. - Certamente, è la seconda visita di un presidente russo in Nigeria. Prima c’era stato Putin, tre anni fa. Però, sappiamo che la Russia ha la necessità di riaprire una serie di canali politici e commerciali con vari Stati africani. E’ chiaro che il Mend ha scelto di attuare questi attentati in questo momento.

     
    D. - Il Mend chiede anche l’indipendenza della regione del Delta del Niger?

     
    D. - Se c’è una richiesta di questo genere tra le loro richieste non è sicuramente quella prioritaria e, comunque, non mi pare che nello schema di come è disposta oggi la Nigeria ci sia spazio per operazioni di questo genere.

     
    Zimbabwe
    Il presidente del parlamento dello Zimbabwe, Lovemore Moyo, ha aperto i lavori della commissione incaricata di riscrivere la Costituzione. La commissione è composta da 25 membri eletti dal parlamento tra le file del partito del presidente, Robert Mugabe, e in quello del primo ministro, Morgan Tsvangirai, le due formazioni che hanno formato il governo di unità nazionale. Prosegue, intanto, la lotta alla grave crisi economica che attanaglia il Paese. Il presidente Mugabe ha detto che potrebbe decidere di rimettere in uso la valuta locale poiché il dollaro, introdotto per fermare l’iperinflazione, non è disponibile alla maggioranza della popolazione. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 177

     
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