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Sommario del 25/06/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Nuovo appello di Benedetto XVI per la pace in Medio Oriente: Gaza abbandonata a se stessa
  • In udienza dal Papa il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Fra’ Matthew Festing
  • Altre udienze
  • Il 10 luglio il presidente Obama dal Papa
  • Il cardinale Rodè di ritorno dalla Bosnia: Paese balcanico a rischio islamizzazione
  • Il cardinale Marchisano compie 80 anni. Nuova composizione del collegio cardinalizio
  • Mons. Marchetto: gli studenti stranieri un’opportunità per la Chiesa e per gli Stati
  • Mostra su San Paolo ai Musei Vaticani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iran: Ahmadinejad contro Obama. La protesta non si ferma
  • Il cardinale Rodríguez Maradiaga e mons. Nozza: poveri sempre più dimenticati
  • Convegno della Comunità di Sant'Egidio sul dramma dei bambini soldato
  • Chiesa e Società

  • I vescovi ai leader del G8: il vertice metta al centro i poveri
  • Fame nel Corno d’Africa: battaglia quasi persa
  • Sri Lanka: sei sacerdoti prigionieri nei campi profughi
  • Campagna di Aiuto alla Chiesa che Soffre a sostegno di Haiti
  • Rapporto Onu: la crisi colpisce anche il mercato della droga
  • Corte dei Conti: in Italia la corruzione è una tassa da oltre 60 miliardi di euro
  • Il cardinale Poletto: la politica è una missione, non una sistemazione
  • La Federazione Biblica Cattolica festeggia i 40 anni della fondazione
  • Conclusa a Bari e Bitonto la Settimana nazionale di aggiornamento pastorale
  • Gli “Identes “ festeggiano i 50 anni di fondazione nella Basilica di San Paolo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Russia: la Corte suprema ordina la riapertura del processo per l’omicidio Politkovskaia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nuovo appello di Benedetto XVI per la pace in Medio Oriente: Gaza abbandonata a se stessa

    ◊   Mai più guerra e violenza in Terra Santa. L’udienza ai membri della Roaco, la Riunione delle Opere in Aiuto delle Chiese Orientali, ha offerto questa mattina a Benedetto XVI l’occasione per riflettere su uno dei punti nevralgici del pianeta, il Medio Oriente, dove il destino della Chiesa locale è strettamente intrecciato con le vicissitudini del conflitto israelo-palestinese. Con molta schiettezza, il Papa si è soffermato sulla situazione della Striscia di Gaza e sul fenomeno degli immigrati, chiedendo sia affrontato con “competenza” e grande solidarietà. Il servizio di Alessandro De Carolis.

    Primo, evitare tutto ciò che inutile. Secondo, analizzare con “sobrietà” la situazione - che sia la crisi economica mondiale, il dramma degli immigrati o il conflitto infinito in Medio Oriente - per poi intervenire sui bisogni reali, la cui soluzione rappresenta la prima pietra della pace. E’ la concretezza a caratterizzare in larga parte il discorso del Papa alla Roaco, un insieme di agenzie ecclesiali che fanno dell’azione solidale tra i cristiani dell’Oriente del mondo la loro cifra missionaria. I luoghi dove la fede cristiana è diventata storia sono stati al centro dei pensieri di Benedetto XVI che - parlando in quattro lingue - ha ricordato il pellegrinaggio di un mese e mezzo fa e i suoi “molti momenti di grazia, quando - ha detto - ho potuto incoraggiare e confortare la comunità cattolica in Terra Santa, esortando i suoi membri a perseverare nella loro testimonianza - una testimonianza riempita dalla fedeltà, dalla celebrazione, e, a volte da grandi sofferenze”:

    “I renew my prayer and my appeal…
    Rinnovo la mia preghiera e il mio appello perché non vi sia più guerra, non più violenza, non più ingiustizia. Desidero assicurarvi che la Chiesa universale resta al fianco di tutti i nostri fratelli e sorelle che vivono in Terra Santa”.

     
    Poco prima, parlando della conclusione ormai imminente dell’Anno Paolino, il Papa aveva ribadito che la carità “è la fonte feconda di tutto il servizio nella Chiesa, la sua misura, il suo metodo e la sua verifica”. Un metro sul quale, ha proseguito, la Roaco e la Congregazione per le Chiese Orientali fondano le loro iniziative, pensate per dare “sostegno spirituale e materiale” alla vita ecclesiale nei Paesi d’Oriente. Tuttavia, ha obiettato Benedetto XVI, questo “movimento di carità” che dal Papa cerca di giungere alle comunità più piccole e lontane non è esente dal dovere del raziocinio, di un’organizzazione curata e lungimirante capace di cogliere, ha sostenuto, le giuste priorità”:

     
    “Aus dem Geist des Glaubens...
    In spirito di fede, con analisi competenti e la dovuta sobrietà si possono correggere delle decisioni inutili e si possono affrontare i bisogni attuali; per esempio la situazione dei rifugiati e dei migranti, un problema soprattutto nelle Chiese Orientali, e la ristrutturazione della Striscia di Gaza, che è ancora abbandonata a se stessa, dove si deve anche tenere conto della legittima preoccupazione dello Stato di Israele per la sua sicurezza”.

     
    Poi, un nuovo pensiero all’Anno Sacerdotale. “Mi preme raccomandarvi - ha affermato il Pontefice - di considerare col massimo favore la cura dei sacerdoti e il sostegno ai seminari. “Quando - ha soggiunto - venerdì scorso, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, ho inaugurato questo singolare anno giubilare”:

     
    “Ho affidato al Cuore di Cristo e della Madre Immacolata tutti i sacerdoti del mondo, con un pensiero speciale per quelli che in Oriente come in Occidente stanno vivendo momenti di difficoltà e di prova. Colgo la presente occasione per chiedere anche a voi di pregare per i presbiteri. Vi domando di continuare a sostenere anche me, Successore dell’apostolo Pietro, perché possa svolgere appieno la mia missione al servizio della Chiesa universale”.

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    In udienza dal Papa il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Fra’ Matthew Festing

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza Fra’ Matthew Festing, principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta con il seguito. Festing è stato eletto alla guida dell’Ordine di Malta, poco più di un anno fa, l’11 marzo 2008, succedendo a Fra’ Andrew Bertie. Un breve profilo dell’Ordine melitense nel servizio di Alessandro Gisotti:

    “Tuitio fidei et obsequium pauperum”, difesa della fede e servizio ai poveri: fedele al suo motto da oltre nove secoli, l’Ordine di Malta è sorto nel 1048 quando alcuni mercanti di Amalfi ottennero dal Califfo d’Egitto il permesso di costruire a Gerusalemme una chiesa, un convento e un ospedale nel quale assistere i pellegrini. Oggi l’ordine melitense intrattiene rapporti diplomatici con 103 Paesi ed è apprezzato in tutto il mondo per il suo impegno in favore dei malati e dei bisognosi. L’Ordine svolge la propria azione umanitaria attraverso l’opera dei suoi 12.500 membri, 80 mila esperti volontari e 20 mila dipendenti molti dei quali medici e paramedici.

     
    Il Corpo italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta è stato tra i primi gruppi di volontari ad accorrere sui luoghi devastati dal terremoto che ha colpito L’Aquila lo scorso 6 aprile. In poche ore sono state allestite due tendopoli per quasi mille sfollati e due presidi medici. Ogni giorno, inoltre, i volontari dell’ordine melitense provvedono a preparare e distribuire 2 mila pasti ai terremotati. Dal canto suo, il Gran Maestro Fra’ Matthew Festing si è già recato due volte in Abruzzo per esprimere vicinanza e solidarietà alla popolazione colpita dal terremoto.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza anche alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, in visita "ad Limina": mons. Joseph Ngô Quang Kiêt, arcivescovo di Hà Nôi, con il vescovo ausiliare Laurent Chu Van Minh, vescovo tit. di Tinisa di Numidia; mons. Cosme Hoàng Van Dat, gesuita, vescovo di Bac Ninh; mons. Joseph Hoang Văn Tiêm, salesiano, vescovo di Bùi Chu, con il vescovo ausiliare Pierre Nguyên Văn Dê, salesiano vescovo tit. di Ammaedara.

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    Il 10 luglio il presidente Obama dal Papa

    ◊   Benedetto XVI riceverà in Vaticano il presidente statunitense Barack Obama il prossimo 10 luglio, nel pomeriggio. Il primo incontro tra il Papa e il nuovo capo della Casa Bianca è stato confermato ieri sia dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che dal portavoce presidenziale Robert Gibbs: al centro del colloquio – ha spiegato Gibbs – ci sarà “un'ampia gamma di questioni, compresa la loro comune convinzione della dignità di tutte le persone''. Sempre nel mese di luglio è previsto che il Papa riceva in udienza privata il premier giapponese Taro Aso, il primo ministro australiano Kevin Rudd e, probabilmente, il premier canadese Stephen Harper.

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    Il cardinale Rodè di ritorno dalla Bosnia: Paese balcanico a rischio islamizzazione

    ◊   In Bosnia è in corso un processo di islamizzazione: è quanto sottolinea il cardinale Franc Rodé, di ritorno da un viaggio nel Paese Balcanico, svoltosi dal 19 al 21 giugno scorsi. Il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica è stato in visita nell’arcidiocesi di Sarajevo su invito del cardinale Vinko Puljić e nella diocesi di Banja Luka, invitato da mons. Franjo Komarica. Ai microfoni di Olivier Bonnel, della nostra redazione francese, il cardinale Rodé si sofferma sulla condizione dei cattolici in Bosnia:

    R. – Numericamente sono molto diminuiti. Per esempio, nella diocesi di Banja Luka, prima della guerra del ’91-’95, i cattolici erano 150 mila, oggi arrivano a 35 mila. La maggior parte di loro è partita perché le loro case sono state bruciate, anche per la pressione, per la paura di perdere persino la vita. Tanti cattolici sono fuggiti andando sia in Croazia che in Paesi più lontani come l’Australia, il Canada e la Nuova Zelanda.

     
    D. – Eminenza questo è successo solo a Banja Luka o anche in altri posti?

     
    R. - Si può dire lo stesso di Sarajevo. Sarajevo è una città di 600 mila abitanti, che conta solo 17 mila cattolici, dunque, praticamente, è diventata una città musulmana. Le moschee costruite in questi ultimi anni sono più di un centinaio, anche in villaggi dove non è mai esistita una moschea. C’è, dunque, una volontà di islamizzazione della regione di Sarajevo, come del resto c’è una volontà di fare della Repubblica Serba un Paese ortodosso, dove il governo costruisce delle chiese ortodosse – tra l’altro molto belle - ma c’è una politica di identificazione. I serbi, anche se quelli che sono attualmente al potere prima erano membri del partito comunista, oggi sono tranquillamente e apertamente ortodossi.

     
    D. – Chi ha sofferto di più durante la lunga guerra che ha sconvolto il Paese?

     
    R. - Le principali vittime di questa guerra sono stati i cattolici. Hanno perso molte chiese che sono state distrutte, bruciate, molti conventi che sono stati distrutti, molti sacerdoti, religiosi e religiose che sono stati uccisi. La strage sofferta dalla popolazione cattolica è grande. Devo dire però che l’atmosfera che ho trovato a Banja Luka e, in modo particolare, a Sarajevo non é di pessimismo, non è di scoraggiamento, ma c’è piuttosto una ferma volontà di restare lì, di testimoniare il Vangelo e di offrire i servizi della Chiesa non solo ai cattolici ma anche agli ortodossi e ai musulmani, soprattutto, per quanto riguarda le opere sociali le opere di educazione e di formazione umana. Per esempio, a Banja Luka, si progetta persino una università cattolica la cui caratteristica sarebbe proprio quella del dialogo interreligioso. Speriamo che questa grande idea di mons. Franjo Komarica possa essere realizzata.

     
    D. – Anche se sofferente, che Chiesa ha trovato nel suo viaggio?

     
    R. - La Chiesa che ho trovato in Bosnia ed Erzegovina, anche se numericamente ridotta, è una Chiesa viva, attiva, piena di speranza; una Chiesa molto motivata e, soprattutto, che non manca di vocazioni sacerdotali e religiose.

     
    D. – Quale è il suo auspicio per i futuri rapporti tra le tre comunità presenti in Bosnia ed Erzegovina?

     
    R. - Il fatto già di stabilire dei rapporti di tolleranza e, se possibile, di rispetto e anche di una certa simpatia, e di collaborare, per esempio in un campo sociale o altro, sarebbe già una grande cosa.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il cardinale Marchisano compie 80 anni. Nuova composizione del collegio cardinalizio

    ◊   Il cardinale Francesco Marchisano ha compiuto oggi 80 anni. Cambia dunque la composizione del Collegio cardinalizio: complessivamente i porporati sono 186, di cui 114 cardinali elettori e 72 non elettori. I cardinali italiani sono 39 di cui 19 elettori e 20 non elettori.

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    Mons. Marchetto: gli studenti stranieri un’opportunità per la Chiesa e per gli Stati

    ◊   Gli studenti esteri sono un’opportunità per la Chiesa di realizzare la propria identità di comunione e la propria vocazione missionaria e un’occasione per gli Stati di veicolare valori culturali ed interessi economici. Lo ha sottolineato stamane mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti, intervenuto al Seminario organizzato a Roma dall’Associazione dei College e delle Università cattoliche statunitensi (ACCU). Il servizio di Roberta Gisotti.

    In un mondo dove attraversare le frontiere nazionali sta divenendo sempre più ricorrente e tanti più studenti sono in grado di viaggiare per seguire corsi in altri Paesi tutto il settore dell’educazione secondaria – ha osservato l’arcivescovo Marchetto - si trova di fronte a nuove sfide in evoluzione. Oltre a ciò le innovazioni tecnologiche stanno mutando la natura dell’apprendimento, in società sempre più velocizzate, dove gli studenti internazionali sono maggiormente alfabetizzati tecnologicamente, hanno più grandi aspettative e sono più fortemente pressati rispetto alle generazioni precedenti. Studi recenti – ha riportato il presule – mostrano che la domanda degli studenti internazionali arriverà dai 2 milioni e 100 mila del 2003 a 5 milioni e 800 mila del 2020, con una larga percentuale di iscrizioni dalla Cina e dall’India nei Paesi anglofoni.

     
    Del resto le opportunità globali stanno attraendo molti nuovi ‘agenti’ pubblici e privati, internazionali e nazionali, con alleanze diverse e nuovi approcci di cooperazione. E gli studenti esteri – ha proseguito il responsabile del Dicastero vaticano - “sono potenzialmente tra i più autorevoli ambasciatori e persuasivi operatori”. La loro esperienza – e questa include non solo gli studi accademici ma anche la loro vita quotidiana – è fondamentale nel formare e influenzare le loro opinioni. Se i benefici economici del reclutamento di studenti stranieri sono innegabili, ora anche molti Governi riconoscono l’importanza degli studenti esteri per motivi economici, culturali, commerciali e politici.

     
    Allo stesso modo la Chiesa – ha sottolineato mons. Marchetto - riconosce che le positive esperienze maturate dagli studenti lontani da casa che interagiscono con i Paesi ospiti, “produce frutti sia spirituali che umani”. In questa parte formativa della loro vita quindi – ha concluso il presule - “è vitale che la Chiesa li accompagni con amore e sollecitudine, supportandoli e incoraggiandoli ogniqualvolta possibile”, realizzando l’invito di Gesù ad accoglierlo nello straniero.

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    Mostra su San Paolo ai Musei Vaticani

    ◊   A chiusura dell’Anno Paolino, indetto da Benedetto XVI lo scorso 29 giugno per celebrare l’Apostolo delle Genti nel bimillenario della nascita, è stata presentata questa mattina presso i Musei Vaticani la mostra “San Paolo in Vaticano: la figura e la parola dell’Apostolo delle Genti nelle raccolte pontificie”. Sarà aperta al pubblico a partire da domani. C’era per noi Paolo Ondarza.

    (Musica)

    Un invito a riscoprire la figura e l’opera dell’Apostolo delle Genti attraverso le innumerevoli testimonianze artistiche lasciateci nel corso dei secoli: è la mostra “San Paolo in Vaticano”, 130 opere, tra sarcofagi in marmo, disegni, dipinti, reperti recentemente recuperati dagli ultimi scavi presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura prima e dopo l’incendio che la distrusse nel 1823. Il curatore Umberto Utro:
     
    “I visitatori di questa mostra potranno scoprire opere che sono nella stragrande maggioranza mai viste, inedite. L’invito che facciamo, noi dei Musei Vaticani, è quello di venire a vedere questo tesoro mai aperto al pubblico e in questa occasione rivelato”.
     
    Quanto esposto proviene prevalentemente dalle collezioni vaticane ed è articolato in due sezioni. Il visitatore ammirerà le prime figurazioni di Paolo, modellate sulla ritrattistica classica: evidente la somiglianza tra i tratti somatici dell’Apostolo e quelli del filosofo Plotino. Tra gli ideatori della mostra c’è mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura:

     
    “Paolo ha ispirato l’arte dei secoli attraverso il suo 'biografo' Luca. Negli Atti degli Apostoli le narrazioni, per esempio della famosa via di Damasco, l’esperienza della predicazione nell’Areopago di Atene, i suoi viaggi, sono entrati naturalmente nell’immaginario. Forse appare meno il Paolo delle Lettere, anche perchè lì la riflessione è una riflessione molto più alta, che forse si riassume nei ritratti ricalcati su figure di filosofi dell’antichità, quasi a dimostrare che Paolo è il nuovo pensiero cristiano che, lentamente, entra nell’interno della cultura dell’Occidente e ad essa si sostituisce”.

     
    In rassegna anche le fasi costruttive del grande santuario edificato nel IV secolo sulla tomba di Paolo a Roma, le raffigurazioni di Pietro e Paolo provenienti dall’antica Basilica vaticana. Chiude il percorso la seconda sezione dedicata all’attualità del messaggio paolino con preziosi codici miniati rinascimentali, libri stampati nelle lingue volgari fino alle più recenti traduzioni dei testi paolini, tra cui quella interconfessionale utilizzata da tutti i cristiani.

    Una delle immagini che la mostra lascia nella memoria del visitatore è sicuramente la prima raffigurazione del martirio di San Paolo nel sarcofago del IV secolo d.C. ritrovato nella Basilica sulla via Ostiense e conservato oggi presso il Museo Pio Cristiano: nella scena non è effigiato il momento violento della decollazione, ma l’istante immediatamente precedente l’esecuzione: alla figura carica di pathos del carnefice nell’atto di sfoderare la spada si contrappone l’immagine virile e serena dell’Apostolo, atleta della fede e testimone della Parola fino agli estremi confini della terra.

     
    (Musica)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Pace e giustizia in Terra Santa: nel discorso alla Roaco il Papa rinnova l’appello lanciato durante il pellegrinaggio del maggio scorso.

    Il cinguettio che cambia l’informazione: in prima pagina, Luca M. Possati sui nuovi network e la crisi.

    Nell’internazionale, un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Senza Teheran il G8 sull’Iran”.

    In cultura, i testi dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi e Antonio Paolucci in merito alla mostra “San Paolo in Vaticano”, un excursus artistico sulla figura e la parola dell’Apostolo delle genti nelle raccolte pontificie.

    Anticipazione dell’intervento di Concetta Argiolas al seminario di studio, a Roma, sull’opera omnia di don Luigi Sturzo.

    Siamo tutti satelliti con gli occhi puntati sulle stesse stelle: la cronaca di Silvia Guidi del convegno della Specola Vaticana dedicato al dialogo fra le culture.

    Un articolo di Marcello Filotei dal titolo “Da casa di riposo a casa dell’arte”: una mostra sulla corte degli zar inaugura l’Hermitage di Amsterdam.

    Nell’informazione religiosa, l’intervento del presidente di Caritas internationalis, cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, a conclusione del 33° convegno nazionale a Torino.

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    Oggi in Primo Piano



    Iran: Ahmadinejad contro Obama. La protesta non si ferma

    ◊   “Chi è dietro ai brogli elettorali è responsabile del bagno di sangue”. È quanto scrive l'ex candidato moderato alle presidenziali iraniane, Mussavi, nel suo sito. A Teheran resta alta la tensione, dopo le manifestazioni di ieri che hanno provocato la morte di diverse persone. Il Parlamento dell’Ue esprime la sua “forte protesta e condanna della repressione dei manifestanti da parte delle autorità iraniane”. Da parte sua, il presidente rieletto, Ahmadinejad, attacca apertamente il presidente americano. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    “Barack Obama è come Bush, pretendo delle scuse dagli Stati Uniti”. L’affondo del presidente iraniano Ahmadinejad nei confronti di Washington è senza appello. Il capo della Casa Bianca, insomma, è caduto – per il leader conservatore - nella trappola dell’Europa, accusata di aver inasprito i toni di condanna verso Teheran subito dopo le elezioni. Ribadito, dunque, il concetto del complotto, che nei giorni scorsi aveva indotto il ministro degli Esteri iraniano Mottaki ad attaccare apertamente la Gran Bretagna, con l’accusa di aver organizzato le manifestazioni di piazza. Obama, dal canto suo, aveva scelto la strada della prudenza, lasciata solo di fronte alle violenze degli ultimi giorni, che hanno provocato oltre 20 morti, almeno secondo fonti ufficiali. Intanto le contestazioni continuano: questa mattina i leader dell'opposizione riformista iraniana hanno annunciato che, nonostante la repressione violenta, andranno avanti nella protesta, per contestare la legittimità del risultato elettorale che ritengono sia viziato da brogli. Da segnalare, infine, che il leader dell'opposizione iraniana, Mir Hossein Mousavi, ha detto di aver ricevuto delle pressioni perché ritiri la sua richiesta di annullamento dei risultati delle elezioni presidenziali.

     
    Le grandi manifestazioni di protesta degli ultimi giorni in Iran hanno colto di sorpresa anche i più attenti osservatori. Ma chi sono questi manifestanti? Fabio Colagrande lo ha chiesto ad Antonello Sacchetti, grande conoscitore dell’Iran ed autore di numerose pubblicazioni sulla Repubblica Islamica:

     
    R. – Credo tutte le persone che ovviamente hanno votato per Moussavi, che sono state tantissime; probabilmente sono state più di quel 32% che stabilisce il dato ufficiale delle elezioni. Sono le persone che probabilmente appartengono a certi ceti: soprattutto urbani e sociali. Vengono soprattuto da Teheran nord, cioè la parte più ricca e benestante della città, anche quella più istruita, che ha uno stile di vita molto differente dalle persone che hanno forse sostenuto altri candidati, soprattutto Ahmadinejad. Credo che però sia anche un popolo molto composito questo delle manifestazioni: ci sono, all’interno, sicuramente quelle persone scontente per il voto, gli oppositori tout court, persone che sono schierate contro questo sistema politico. In questo momento è anche un po’ difficile capire esattamente come si sta svolgendo questa cosiddetta “onda verde”.

    D. – Guardiamo invece all’altro fronte, a coloro che stanno reprimendo queste proteste di piazza a Teheran. Da una parte le forze di resistenza, dall’altra i guardiani della rivoluzione; chi sono queste milizie?

     
    R. – Sono le milizie nate proprio subito dopo la rivoluzione. L’Iran non aveva una tradizione militare nella sua storia; molto spesso era ricorsa a truppe straniere. La rivoluzione ha fatto questo, ha cioè creato delle milizie popolari, volontari, e sono quelle che poi hanno combattuto moltissimo negli otto anni di guerra con l’Iraq. Queste milizie – la maggior parte è composta da persone provenienti dagli strati sociali più bassi – esprimono, però, in questo momento, un fronte generazionale; per queste persone l’ascesa al potere di Ahmadinejad ha rappresentato il culmine, il traguardo di un percorso politico.

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    Il cardinale Rodríguez Maradiaga e mons. Nozza: poveri sempre più dimenticati

    ◊   “L'Italia ha diminuito del 56% il suo aiuto per Paesi poveri. La percentuale più bassa da 20 anni”. Così, il cardinale arcivescovo di Tegucigalpa, Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis a conclusione, oggi, del Convegno nazionale delle Caritas diocesane a Torino. Il porporato ricordando che l’impegno preso dai Paesi ricchi di destinare lo 0,7% del reddito nazionale per aiutare chi più svantaggiato, viene spesso ignorato, ha invitato a cambiare rotta anche in vista del prossimo G8. E l’aggravarsi della crisi economica secondo la Caritas italiana impone subito scelte politiche serie. Massimiliano Menichetti ha intervistato mons. Vittorio Nozza, direttore nazionale della Caritas italiana:

    R. - Il lavoro che si è sviluppato in questi giorni è stato teso ad intravedere la crisi economico–finanziaria attualmente in atto. Alcune azioni importanti, per quanto riguarda il mondo ecclesiastico, e soprattutto per quanto riguarda la Caritas, sono quelle tese a rafforzare maggiormente l’ascolto, l’osservazione, l’accompagnamento, perché ci sembra questo il modo più capace di captare, di cogliere quelli che sono i bisogni da vicino. L’altra grande azione sta in tutta quella serie d’iniziative che le Chiese in Italia hanno saputo mettere in atto in questi mesi, alcune delle quali erano già presenti negli anni precedenti e che si stanno rafforzando proprio in riferimento, più che a una situazione di povertà, a una situazione di precarietà e di fragilità per quelle persone, per quelle famiglie, che perdendo il posto di lavoro, passano da una vita vivibile a una vita molto precaria.

     
    D. – Lei ribadisce: “Non possiamo svolgere solo noi un ruolo di delega”...

     
    R. – Sì, la Chiesa ha nel suo Dna, nella sua storia, nel suo esserci - diremmo così – una prossimità, proprio come suo modo di essere dentro la storia, dentro il mondo. Però, nello stesso tempo, questa non può essere ritenuta come l’unica possibile risposta ad un’emergenza, ad una situazione di gravità oppure a una situazione di povertà, di disagio ordinario che tanta gente incontra.

     
    D. - Per quanto riguarda l’impegno di Caritas, parliamo di 120 iniziative contro la crisi a livello diocesano, del prestito di solidarietà della Cei, dei servizi di Caritas radicati su tutto il territorio e anche dei fondi dell’otto per mille. Eppure, nonostante questo, si fa fatica a rispondere alle tante domande...

    R. – Questo non può bastare. Se non ci sono risposte concrete e strutturali, date dalle istituzioni alle realtà in situazioni di difficoltà, c’è il rischio che si assottiglino anche le risorse a disposizione, per interventi pensati su un’abbondante presenza di poveri.

     
    D. – Lei ha ribadito: “Adesso alcune nostre azioni vengono percepite addirittura come non opportune e fastidiose”, questo in riferimento all’immigrato...

     
    R. – Probabilmente percependosi gli stessi cittadini italiani, le stesse fasce di cittadini italiani, in una situazione di precarietà, c’è il rischio che ne nasca una "guerra tra poveri", cioè tra persone che percepiscono la precarietà o vivono dentro la precarietà. Dà fastidio e si sentono infastidite dal fatto che qualcuno continui ad avere attenzione nei confronti di chi è meno dotato di risorse, per chi sta già sul nostro territorio o da chi su questo territorio viene a collocare la propria vita per il futuro.

     
    D. – E come si supera questo punto?

     
    R. – Secondo me, si supera innanzitutto serenamente, continuando ad operare in questo modo, perché se un territorio viene arricchito, viene costantemente mantenuto ricco di solidarietà e ci stiamo meglio tutti. Se invece - diremmo così – si impoverisce, questa solidarietà si esprime meno: ci troviamo tutti dentro una grande situazione d’insicurezza, di fragilità, senza punti di riferimento per tutti.

     
    D. – Quindi, in sostanza, lei sta ribadendo che è necessario alimentare le ragioni del cuore...

     
    R. – E’ necessario alimentare l’impasto delle ragioni della testa e del cuore. Quello che a me preoccupa è questa disgiunzione, questa distanza che pian piano si sta realizzando tra testa e cuore. La testa ci aiuta a guardare con chiarezza, a valutare con chiarezza le situazioni, a considerarle con molta criticità, a valutarle nei loro aspetti positivi e negativi. Ma, dall’altra parte, ci vuole anche un cuore capace – diremmo così – di far scattare, nel limite del possibile, tutte quelle attenzioni, quelle opportunità, che servono in maniera critica, bella, valutativa, responsabilizzante per andare a porre sentimenti, gesti, parole, azioni, progettualità, stimoli alle istituzioni, che siano nella direzione della dignità, del sostegno, dello sviluppo, della dignità della persona.

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    Convegno della Comunità di Sant'Egidio sul dramma dei bambini soldato

    ◊   Il dramma dei bambini-soldato e il ruolo delle organizzazioni religiose. Questi i temi al centro di un convegno promosso ieri dalla Comunità di Sant'Egidio con la partecipazione del rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per i Bambini e i Conflitti Armati, Radhika Coomaraswamy. All’incontro era presente suor Rosemary Nyurumbe, direttrice del Centro Santa Monica di Gulu, in Uganda, creato per le ex ragazze-soldato e sostenuto da Sant’Egidio. Sull’opera di riabilitazione delle giovani vittime dei conflitti armati ascoltiamo suor Rosemery al microfono di Roberta Rizzo:

    R. – It is a difficult thing, I should say...
    E’ un’operazione molto difficile, perchè richiede molta pazienza, ma soprattutto molto amore, attenzione su come seguire le varie fasi della situazione.

     
    D. – In cosa consistono le fasi di riabilitazione?

     
    R. – There are many fases...
    La primissima fase è il fatto di stare con loro e di ottenere la loro fiducia, di ascoltarli, di poter poi lavorare insieme. In un certo senso è necessario tornare bambini e poter pensare come pensano loro, per poterli capire. Solo in questo modo è possibile essere visti non solo come degli adulti, ma come degli amici, delle persone che hanno a cuore il loro benessere, la loro salute, la loro felicità. Quello di cui loro si occupano non è una riabilitazione diretta, ma indiretta, attraverso l’esposizione di diverse attività che permettono ai bambini di recuperare la loro infanzia, tutto quello che hanno perso e che non hanno potuto vivere.

     
    D. – La situazione dei bambini soldato e delle bambine soldato è differente. Spesso le bambine soldato sono messe da parte...

     
    R. – The difference is that…
    Le bambine soldato vivono una doppia tragedia, nel senso che diventano al tempo stesso schiave sessuali, ma anche madri. Devono quindi confrontarsi con problemi di diversa natura. La questione dell’educazione per le ex bambine soldato è ancora più complessa perché una volta recuperata l’ex bambina soldato, bisogna occuparsi dei suoi bambini. Probabilmente questa ragazza, o giovane donna, ha anche dei bambini e quindi bisogna recuperare l’intera famiglia. Un’ulteriore tragedia, naturalmente, è che queste bambine soldato a loro volta hanno dei bambini che hanno bisogno di assistenza, di affetto, e spesso sono anche frutto di violenze. Quindi bisogna mettere in piedi un sistema che si occupi di tutto quello che è venuto a mancare, naturalmente, nella vita del bambino.

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    Chiesa e Società



    I vescovi ai leader del G8: il vertice metta al centro i poveri

    ◊   Il G8, previsto in Abruzzo dall’8 al 10 luglio prossimi, metta al centro i poveri. E’ l’esortazione dei presidenti delle Conferenze episcopali dei Paesi che si riuniranno al summit in Abruzzo. Nella lettera rivolta ai leader del G8 si sottolinea che si devono prendere “provvedimenti condivisi, finalizzati a proteggere i più poveri e assistere gli Stati in via di sviluppo”. Nel documento, ripreso da Avvenire, si indicano alcune priorità: prevenire ulteriori crisi finanziarie e continuare a sostenere gli aiuti allo sviluppo per raggiungere gli Obiettivi del millennio, specie nei Paesi africani. Si devono anche rendere gli Stati in via di sviluppo “agenti attivi della loro crescita”. I presidenti delle Conferenze episcopali chiedono anche impegni concreti per creare dei meccanismi in grado di “mitigare ulteriori cambiamenti climatici” coinvolgendo i Paesi in via di sviluppo. Nella situazione attuale – si legge inoltre nella lettera – il G8 può portare “una luce di speranza nel mondo facendo in modo che “sia assicurato il bene comune di ciascuno”. “Come famiglia umana – concludono i presidenti delle Conferenze episcopali – siamo chiamati ad assicurare i nostri stessi benefici anche ai nostri membri più deboli”. (A.L.)

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    Fame nel Corno d’Africa: battaglia quasi persa

    ◊   Il mondo sta lentamente perdendo la sua battaglia contro la fame nel Corno d’Africa: a denunciarlo è il Comitato internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa secondo cui sono oltre due milioni e mezzo le persone a rischio di insicurezza alimentare in Etiopia, Kenya, Somalia e Gibuti. In un rapporto pubblicato a Nairobi e ripreso dalla Misna, il comitato afferma che “la battaglia contro la fame è stata progressivamente abbandonata, con la conseguenza che ora rischia di essere persa”. “Il messaggio che vogliamo mandare al mondo è semplice: la fame, in questa parte del mondo, uccide migliaia di persone all’anno”, ha detto Asha Mohamed, responsabile del comitato per l’Africa Orientale. La mancanza di cibo crea instabilità e genera conflitti tra le comunità locali, come accaduto di recente tra le popolazioni nomadi al confine tra Somalia e Kenya. Particolarmente grave, affermano i responsabili, è la situazione in Somalia dove la metà delle morti dei bambini al di sotto dei cinque anni è dovuta alla malnutrizione. “Con la ripresa delle violenze nel Paese e l’aumento del numero di sfollati nei campi profughi – si sottolinea infine nel rapporto - l’alimentazione diventa una priorità e un bisogno da soddisfare con urgenza”. (A.L.)

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    Sri Lanka: sei sacerdoti prigionieri nei campi profughi

    ◊   Sei sacerdoti cattolici sono  tenuti in isolamento nei campi profughi dello Sri Lanka. Sono quattro preti della diocesi di Jaffna e 2 missionari che hanno vissuto tra la popolazione tamil sino agli ultimi istanti della guerra. Le condizioni sono al collasso e alle organizzazioni umanitarie non è permesso di intervenire. La Chiesa srilankese ha subito chiesto la liberazione dei sacerdoti ma non ha ancora ottenuto alcuna risposta dal ministero della Difesa. Un operatore umanitario impegnato nei campi in cui vivono 300 mila sfollati ha raccontato ad AsiaNews la loro vicenda denunciando anche la scomparsa di tre medici che avevano diffuso cifre e dati sui morti durante gli ultimi giorni di guerra tra esercito e Tigri Tamil. C’è bisogno urgente - ha spiegato - di organizzare servizi di assistenza. C’è anche bisogno di fornire sostegno psicologico per aiutare le persone che sono rimaste traumatizzate dalla guerra. Alle ong non è permesso di lavorare tra la gente: possono visitare i campi portando gli aiuti ma devono consegnarli ai militari, gli unici a poterli distribuire. Ad alcuni sacerdoti è consentito di celebrare la Santa Messa ma sono sempre accompagnati da personale dell’esercito. Giornalisti, agenzie umanitarie e attivisti per i diritti umani non possono visitare i campi. Le autorità – ha detto infine l’operatore umanitario - affermano che le zone da cui provengono i profughi sono cosparse di mine. Il governo tiene in inoltre in isolamento i profughi per evitare che ribelli tamil si possano infiltrare nei campi. (A.L.)

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    Campagna di Aiuto alla Chiesa che Soffre a sostegno di Haiti

    ◊   L’Opera di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre” ha lanciato una campagna a sostegno della popolazione di Haiti, che soffre il dramma della denutrizione infantile ed una povertà estrema che colpisce il 55 per cento della popolazione. Secondo i dati della Banca Mondiale e dell’Unicef, l’aspettativa di vita ad Haiti è di 59 anni. Il tasso di mortalità prima dei 5 anni è del 7,6 per cento, cioè 21.000 bambini all’anno. Il 47 per cento della popolazione è analfabeta. Come ha spiegato la dottoressa Carmen Lagos, operatrice volontaria in un ambulatorio alla periferia di Port-au-Prince, ad Haiti, “pur riconoscendo che Haiti è il Paese più povero dell’America latina, ci sono realtà così diverse dalle nostre che se uno non le vede, risultano difficili da immaginare”. Ad esempio ad Haiti non “è ovvio avere l’acqua, non è ovvio che la gente sappia leggere e scrivere, poiché soltanto la metà dei bambini frequenta la scuola”. Anche Claudio Ramírez, membro delle forze di pace del Cile ad Haiti, spiega come “il lavoro delle forze di pace dell’Onu sia fondamentale per sostenere un minimo di ordine e rifondare la polizia e l’esercito del Paese”. Ma questo non basta, perché “l’educazione e la dignità degli haitiani non si ottiene solo con l’impegno di forze di pace straniere che garantiscano una minima stabilità”. In tal senso, la Chiesa cattolica svolge un ruolo fondamentale predicando la pace, favorendo l’educazione e con il lavoro sociale. La campagna di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” è incentrata fondamentalmente su tre progetti: programmi di alfabetizzazione radiofonica; ricostruzione di una parrocchia; ristrutturazione di un centro di promozione e sviluppo per bambini, giovani ed adulti. (A.L.)

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    Rapporto Onu: la crisi colpisce anche il mercato della droga

    ◊   “Finché la domanda di droga persiste, i Paesi deboli saranno sempre presi di mira dai trafficanti. Se l'Europa vuole davvero aiutare l'Africa, dovrebbe ridurre il suo appetito per la cocaina”. Lo ha affermato Antonio Maria Costa, direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga e alla criminalità presentando il rapporto annuale sulla produzione e il consumo di sostanze stupefacenti nel mondo. Il dossier è stato pubblicato in vista della Giornata mondiale contro la droga, che si celebra domani. Nel rapporto, ripreso dall’agenzia Fides, si prende atto che grazie agli sforzi internazionali, vi è un declino dei flussi di cocaina diretti dall’America Latina in Europa, passando per l’Africa occidentale. Nonostante questo però la violenza connessa al narcotraffico e l'instabilità politica continuano a rappresentare una serie minaccia per diversi Paesi della regione, in particolare per la Guinea-Bissau. Il rapporto lascia intravedere anche dei motivi di speranza perché afferma che è in calo il mercato della cocaina, degli oppiacei e della cannabis. Allo stesso tempo lancia l’allarme sulla diffusione delle droghe sintetiche, amfetamine, metamfetamine e ecstasy, nei Paesi in via di sviluppo. Mentre infatti l’abuso di queste sostanze è stabile nei Paesi sviluppati, nei Paesi in via di sviluppo si registra un aumento della produzione e del consumo. Per quel che riguarda la cocaina, Antonio Maria Costa ha affermato infine che “il mercato globale della cocaina di 50 miliardi di dollari sta subendo uno sconquasso sismico”, come dimostrato dal fatto che “il livello di purezza e i sequestri sono in ribasso. (A.L.)

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    Corte dei Conti: in Italia la corruzione è una tassa da oltre 60 miliardi di euro

    ◊   La Commissione Europea ha deciso di deferire l'Italia, insieme con Australia, Irlanda e Spagna, alla Corte di Giustizia Europea per non aver recepito la direttiva sulla revisione dei conti. La normativa impone a tutti gli Stati membri di istituire sistemi esterni di controllo della qualità, nonchè il controllo pubblico sulla professione di revisore contabile. Sempre oggi il procuratore generale della Corte dei Conti, Furio Pasqualucci, nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2008, ha affermato che il fenomeno della corruzione all’interno della Pubblica Amministrazione “è rilevante e gravido di conseguenze”. Si tratta di una vera e propria “tassa immorale e occulta”. Secondo il procuratore è più che ragionevole temere che il suo impatto sociale “possa incidere sullo sviluppo economico del Paese anche oltre la stima effettuata dal Servizio anticorruzione del ministero della Pubblica Amministrazione nella misura prossima a 50-60 miliardi di euro all’anno”. L'evasione fiscale è “un vero e proprio tesoro che ove acquisito all'erario risolverebbe non pochi problemi consentendo una sollecita riduzione del debito, una riduzione della pressione fiscale e un incremento delle spese in conto capitale tale da rilanciare l'economia”, afferma ancora il procuratore generale della Corte dei Conti. Il presidente di sezione della Corte dei Conti, Gian Giorgio Paleologo, nella relazione sul rendiconto generale dello stato per il 2008 ha sottolineato poi come durante lo scorso anno sia “aumentato in misura consistente il gettito delle addizionali regionali e comunali (rispettivamente del 10,6% e del 21,6%) nonostante il rallentamento del ciclo economico”. (A.L.)

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    Il cardinale Poletto: la politica è una missione, non una sistemazione

    ◊   “La celebrazione della festa del patrono non può ridursi a semplice coreografia, come purtroppo vedo sottolineare da certi giornali, dove l’aspetto religioso è ignorato e perfino accostato ad antichi riti ancestrali che nulla hanno a che spartire con la fede”. E’ quanto ha affermato ieri il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, durante la Santa Messa per la solennità di San Giovanni Battista, patrono del capoluogo piemontese. "Mi pare doveroso ribadire – ha aggiunto il porporato - che da questa festa dobbiamo sentirci stimolati a metterci in discussione nei confronti di Dio" e con “la verità che Egli ci ha rivelato, specialmente per mezzo di Gesù Cristo”. “Giovanni, come lampada splendente, ha avuto il compito di rendere testimonianza alla verità su Gesù, come Messia e Figlio di Dio. Oggi molti di noi stanno per troppo poco tempo sotto questa luce e continuano a non riconoscere l’esistenza e l’amore del Signore, anche se non mancano coraggiosi testimoni della fede impegnati nei più diversi ambiti di vita”. Ricordando, inoltre, che si allarga sempre di più una situazione di povertà per molte famiglie, l’arcivescovo di Torino ha sottolineato che occorre maggiore solidarietà. E’ necessaria – ha aggiunto – anche “una capacità di lettura obiettiva delle cause per rimuovere le situazioni che hanno creato tante ingiustizie”. “La Chiesa di Torino – ha spiegato il porporato – è in prima linea, come sempre, sul versante della carità”. Ma quando la povertà è frutto di ingiustizia allora “le istituzioni civili, governative, imprenditoriali, sindacali, ed ora in particolare gli istituti bancari, devono non solo rimboccarsi le maniche senza perdere tempo, ma anche fare un serio esame di coscienza per verificare se non si sia permesso che gli interessi di parte prevalessero sul bene comune”. “La crisi - ha detto il cardinale - sta strozzando il mondo del lavoro”, mette in difficoltà intere famiglie togliendo “speranza per progettare il futuro a molti giovani" e "richiede interventi urgenti”. Sono urgenti risposte responsabili – ha osservato l’arcivescovo di Torino – non solo per “rilanciare le grandi, medie e piccole imprese, ma anche per garantire a tutti, compresi i molti lavoratori precari che hanno perso il lavoro, qualche forma di sostegno economico attraverso l’allargamento della possibilità di usufruire dell’aiuto degli ammortizzatori sociali”. Il cardinale Severino Poletto ha infine sottolineato che “chi ha avuto dai cittadini investiture politiche ad ogni livello deve sentirsi in prima linea per superare questa autentica calamità”. “La politica – ha affermato – deve essere considerata una missione, non una sistemazione”. “Chiedo a quanti fanno la scelta dell’impegno politico – ha concluso il porporato – di vivere questo impegno non finalizzato a convenienze personali, di questo o quello schieramento, ma come vero servizio per il bene di tutta la collettività”. (A.L.)

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    La Federazione Biblica Cattolica festeggia i 40 anni della fondazione

    ◊   In occasione dei 40 anni di fondazione della Federazione Biblica Cattolica e del trasferimento della sua sede nel monastero dei Benedettini Missionari di St. Ottilien (Germania) si svolgerà presso la nuova sede, sabato prossimo, una conferenza stampa alla presenza, tra gli altri, dell’arciabate padre Jeremias Schröder, e di mons Arturo M. Bastes vescovo di Sorsogon. In questa occasione si presenterà la storia della nascita della Federazione Biblica, e verranno ricordati i motivi che hanno portato alla scelta della sede in Germania (Stoccarda) e la decisione del suo trasferimento a St. Ottilien con gli attesi effetti di sinergia e i vantaggi della nuova sede nel monastero dei Benedettini Missionari di St. Ottilien. La federazione biblica cattolica - ricorda l'agenzia Fides - venne fondata il 16 aprile 1969 da Papa Paolo VI. Nella Federazione confluiscono organizzazioni bibliche internazionali, nazionali e locali con amministrazione autonoma, che si impegnano nel campo della pastorale biblica. E’ stata fondata con lo scopo di realizzare le raccomandazioni del Concilio Vaticano II e in particolare del capitolo VI della Costituzione Dei Verbum riguardo ad una pastorale fondata sulla Bibbia. Attualmente è presente con più di 300 membri in più di 130 paesi in tutto il mondo. (A.L.)

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    Conclusa a Bari e Bitonto la Settimana nazionale di aggiornamento pastorale

    ◊   Affrontare con uno sguardo appassionato il tema dell’educazione. È quello che hanno fatto i circa 200 partecipanti alla Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, che per quattro giorni, fino ad oggi, si sono ritrovati a Bitonto e Bari per riflettere su “Comunità cristiana ed educazione”. “Fra i tanti modi di pensare alla situazione problematica dell’educazione scegliamo di stare dalla parte di una visione positiva”, ha affermato in conclusione il presidente del Centro di orientamento pastorale e vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini, riprendendo le parole del sociologo Luca Diotallevi, che aveva evidenziato come la maggiore domanda di educazione nasca dal fatto di vivere “in una società che ci costringe ad essere più liberi”. Certo, non vanno trascurati difficoltà e problemi, come la crisi dell’autorità perché “hanno perso autorevolezza le istituzioni che essa rappresenta: famiglia, scuola, comunità cristiana”. Ma nessuno, e men che meno la Chiesa, può abdicare al compito educativo. Educare, ha concluso l’arcivescovo di Campobasso-Boiano, mons. Giancarlo Maria Bregantini, è “coniugare sogno e segno: accompagnare i giovani a realizzare il sogno che hanno nel loro cuore attraverso segni precisi e coerenti”. (A cura di Francesco Rossi)

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    Gli “Identes “ festeggiano i 50 anni di fondazione nella Basilica di San Paolo

    ◊   Più di 2500 “Identes”, provenienti dalle nazioni di Europa, Nord America, America Latina ed Asia in cui operano, hanno celebrato oggi nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura i 50 anni di fondazione: sono missionari e missionarie consacrati e laici riuniti nella “Famiglia Idente” e nella “Gioventù Idente”. La Messa solenne di ringraziamento è stata presieduta dal cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, concelebranti 12 vescovi e 80 sacerdoti, fra i quali il presidente degli “Identes” padre Jesús Fernández Hernández. Già il 6 dicembre dell'anno scorso migliaia di “Identes” si erano riuniti attorno al Sepolcro dell’Apostolo delle Genti nel quarto anniversario della morte del loro fondatore, Fernando Rielo Pardal, per sottolineare il loro carisma missionario paolino, di vivere e trasmettere in Vangelo. Idente è un sillogismo dell’imperativo spagnolo “Id”( andate) che, con la desinenza del participio latino, è diventato “Identes”, designando così coloro che vanno nel mondo per annunciare il Vangelo, identificandosi con Cristo. Loro motto è "Cree y espera" (Credi e spera) . Dall’ “Istituto Id di Cristo Redentore, Missionari e Missionarie Identes” sono nati i due rami della “Famiglia Idente” e della “Gioventù Idente” che oltre ad operare nel mondo familiare, studentesco e culturale, “chiamano ad aspirare alla santità gli sposi, in virtù della dignità propria del sacramento del matrimonio che Cristo conforma ad esempio della sua mistica unione con la Chiesa”.  (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Russia: la Corte suprema ordina la riapertura del processo per l’omicidio Politkovskaia

    ◊   In Russia, la Corte suprema - annullando la sentenza di assoluzione per le tre persone accusate dell'omicidio della giornalista, Anna Politkovskaia - ha ordinato la riapertura del processo. La Corte ha così accolto il ricorso della Procura, presentato dopo che lo scorso febbraio una corte militare integrata da giudici popolari aveva assolto all' unanimità i tre imputati dell'omicidio - tutti ceceni - della giornalista, uccisa nell'ascensore della sua abitazione a Mosca il 7 ottobre 2006. I tre imputati sono l'ex dirigente della polizia moscovita, Serghei Khadzhikurbanov, accusato di essere l'organizzatore logistico del delitto, e i fratelli Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, presunti "pedinatori" della vittima (un terzo fratello, Rustan, è ricercato all'estero come presunto killer). Khadzhikurbanov si trova in carcere perchè arrestato poco dopo l'assoluzione per una vicenda di estorsione, mentre non è noto dove si trovino i due fratelli Makhmudov.

    La questione iraniana al centro del G8 Esteri di Trieste
    L'Iran non partecipa a Trieste al G8 dei ministri degli Esteri che si apre oggi, ma quella che ormai è divenuta la "questione iraniana" terrà banco, relegando inevitabilmente al ruolo di comprimario il dossier sulla stabilizzazione di Afghanistan e Pakistan. L'Italia, presidente del G8 e consapevole sostenitrice dell'inevitabile ruolo dell'Iran nella regione, ha tentato di portare Teheran al tavolo dei ministri degli Esteri dei Paesi più industrializzati. Solo ieri il capo della diplomazia iraniana, Mottaki, ha detto che non avrebbe partecipato. Accanto ai due ministri degli Esteri direttamente interessati, l'afghano Rangin Dadfar Spanta e il pakistano Makhdoom Mahmood Qureshi, ci sono, tra gli altri, anche i rappresentanti di India, Russia, delle Repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale. Non ci sarà il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, a causa della frattura al gomito che l'ha costretta nei giorni scorsi a un intervento chirurgico. Ci saranno invece l'inviato americano in Afghanistan e Pakistan, Holbrooke, il sottosegretario per gli Affari politici Burns e l'inviato per il Medio Oriente, Mitchell. Mosca ha già lanciato un monito perché non vengano imposte soluzioni esterne al conflitto del Nagorno-Karabakh, uno dei temi nell'agenda del vertice.

    Attentati in Iraq
    A sei giorni dal completo ritiro delle truppe statunitensi dalle principali città irachene continuano gli attentati nel Paese. Quattro gli ordigni esplosi tra ieri pomeriggio e oggi. Ieri, l’attentato più grave in un mercato del quartiere sciita di Sadr City, nella parte orientale di Baghdad: morte almeno 72 persone, tra cui donne e bambini, e oltre 127 i feriti. Stamani, in due esplosioni sempre nella capitale, uccisi un ufficiale e due civili. Nei pressi di Falluja, hanno perso la vita anche quattro poliziotti. Il comandante delle truppe americane in Iraq, il generale Ray, ha confermato che il ritiro delle truppe avverrà comunque secondo il calendario previsto.

    Pakistan: Onu chiede sicurezza prima del rientro dei profughi nella valle dello Swat
    È giunta oggi l’esortazione dell’Onu alle autorità del Pakistan affinché si verifichi che la valle dello Swat, la zona nordoccidentale del Paese, sia sicura per il rientro di milioni di profughi scappati dai combattimenti. Questo territorio, colpito dalla guerra tra esercito e talebani iniziata lo scorso 26 aprile, è stato devastato e i villaggi potrebbero non essere sicuri. Secondo fonti dell’esercito pakistano, la popolazione può ritornare alle proprie case. Il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite, Martin Mogwanja, dichiara in una conferenza stampa: “E' importante essere sicuri che a queste persone siano assicurate delle condizioni minime: acqua, cibo e servizi sanitari. Siamo preoccupati soprattutto per la sicurezza”.

    Afghanistan
    Il parlamento kirghizo ha ratificato oggi gli accordi siglati il 22 giugno scorso con il governo Usa per la creazione di un centro di transito all'aeroporto di Manas, alla periferia della capitale Bishkek, allo scopo di supportare le operazioni antiterrorismo della coalizione internazionale in Afghanistan. Al centro di transito potranno passare solo carichi non militari, anche se non è previsto il controllo da parte delle autorità locali. Il Kirghizistan aveva deciso di chiudere la base militare aerea Usa di Manas lo scorso febbraio, ma nei giorni scorsi è stato trovato l’accordo con l'intervento personale del presidente americano, Obama, la triplicazione dei costi d'affitto a carico di Washington e il via libera di Mosca.

    Nabih Berri presidente del parlamento libanese per la quinta volta
    Con 90 voti su 127, il neoeletto parlamento libanese ha eletto stamani a Beirut, per la quinta volta consecutiva, il leader sciita, Nabih Berri, come presidente dell'assemblea, che secondo il sistema confessionale locale deve appartenere alla comunità musulmana sciita. Berri è leader del partito sciita Amal, alleato del movimento filo-iraniano Hezbollah, ed è alla quinta legislatura in parlamento dal 1990. È uno degli esponenti di spicco dell'opposizione libanese che nelle elezioni del 7 giugno scorso ha perso di misura (13 seggi) contro la passata e attuale maggioranza.

    Human Rights Watch denuncia: Hamas vieta visite umanitarie al soldato Shalit
    L'Ong per la difesa dei diritti umani, Human Rights Watch (Hrw), ha condannato oggi con un duro comunicato il rifiuto di Hamas di permettere visite dei rappresentanti della Croce Rossa Internazionale al soldato israeliano Ghilad Shalit, da tre anni prigioniero di Hamas a Gaza.

    L’esercito israeliano riduce la presenza in 4 città cisgiordane
    L'esercito israeliano ha acconsentito a ridurre la sua presenza in quattro delle maggiori città palestinesi in Cisgiordania, dove d'ora in poi i servizi di sicurezza dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) godranno di piena libertà d'azione 24 ore al giorno. L'esercito al tempo stesso si riserva la libertà d'azione e di ingresso in queste città in casi particolari, al fine di sventare attacchi. Le quattro città sono Betlemme, Ramallah, Gerico e Qalqilia. Una decisione in questo senso, secondo fonti israeliane e palestinesi, è emersa al termine di una riunione ieri a Betlemme tra alti ufficiali israeliani e dell'Anp. L'annuncio conferma la progressiva attenuazione della pressione militare israeliana in Cisgiordania e la progressiva presa di responsabilità per la sicurezza da parte delle forze palestinesi, che tuttavia dovranno continuare a operare in coordinamento con quelle israeliane.

    Bruxelles richiama l’Italia sull’età pensionabile
    Discriminazione basata sul sesso per l’età pensionabile tra uomini e donne in Italia. È questa l’accusa della Commissione europea al sistema pubblico previdenziale italiano che non adempie alla sentenza della Corte Ue sull’equiparazione dell’età pensionabile e del trattamento economico tra i due sessi. Bruxelles invierà all’Italia una lettera di avviso formale di messa in mora sulla violazione del governo italiano. Se il Paese non dovesse adottare le misure richieste, seguirebbe un secondo e ultimo avviso prima delle sanzioni. Intanto, arriva un segnale dal ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, che dichiara di voler equiparare subito l’età e destinare l’intera somma risparmiata alle donne stesse per finanziare iniziative a favore delle lavoratrici e delle famiglie. Domani, a Roma ,il commissario europeo agli affari sociali, Spidla, parlerà della questione con il ministro del Lavoro italiano, Sacconi, a margine di un incontro preparatorio del G8.

    Somalia: crescono incertezza e debolezza istituzionale
    Sempre più instabile la situazione in Somalia. Più della metà dei parlamentari si trova all’estero o è in fuga dalla guerriglia islamica. L’attività istituzionale è bloccata, dato che le decisioni debbono essere votate almeno dai due terzi dei deputati. È stato chiesto a tutti di rientrare per approvare lo stato di emergenza, proclamato dal presidente Sheikh Sharif Ahmed alcuni giorni fa, ma la richiesta potrebbe cadere nel vuoto, dato che i fondamentalisti islamici controllano gran parte del Paese. Quale rischio corre dunque la Somalia a causa di questa estrema debolezza istituzionale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Enrico Casale, esperto di Africa della rivista “Popoli”:

    R. - Il rischio è che le fragilissime strutture istituzionali somale, create attraverso lunghe trattative, rischino di crollare e lasciare spazio agli shebab, i fondamentalisti islamici che stanno pian piano conquistando tutta la Somalia, sullo stile dell’Afghanistan dei talebani.

     
    D. - Con istituzioni così fragili, come potrà realizzarsi l’aiuto, richiesto proprio dal governo somalo, agli eserciti confinanti?

     
    R. - Un intervento dei Paesi confinanti può essere molto rischioso perché potrebbe infiammare non solo la Somalia, ma l’intero Corno d’Africa. Gli aiuti internazionali sono molto difficili da questo punto, soprattutto se le istituzioni si indeboliscono ulteriormente.

     
    D. - Un infiammarsi della situazione quali conseguenze potrebbe avere nei rapporti internazionali?

     
    R. - Già l’attuale situazione va a danno dei Paesi occidentali, favorisce la pirateria nel golfo di Aden. Diverso sarebbe il caso in cui dovessero prendere il potere gli shebab: probabilmente, instaurerebbero un governo fondamentalista islamico, che sarebbe certamente un governo non democratico, ma più stabile. È chiaro che uno Stato di questo tipo potrebbe diventare il rifugio per i fondamentalisti di tutto il mondo, in particolare per quei fondamentalisti legati ad Al Qaeda, che sono in fuga dal Pakistan e dall’Afghanistan e stanno pian piano installandosi nel nord dello Yemen ed in Somalia.

    Il presidente russo Medvedev in Africa: annuncia investimenti in Nigeria
    Dmitri Medvedev, in viaggio in Africa, andrà nei prossimi giorni in Nigeria. Dopo l’annuncio ieri del presidente russo di ingenti investimenti in gas e petrolio nigeriani non c’è un benvenuto di certo accogliente da parte della guerriglia del Delta del Niger. In un messaggio diffuso per email, Gbomo, il portavoce del Mend, il Movimento di emancipazione del delta del Niger, si rivolge sarcasticamente al presidente russo screditando gli accordi economici firmati: “Sebbene Paesi come il suo, (la Russia), traggano benefici quando trattano con tiranni corrotti al potere… - scrive - tutto ciò cambierà nella nuova Africa”. Il Mend rivendica un attentato ad un oleodotto della Shell nel sud del Paese, che sarebbe avvenuto in questi giorni ma che non è stato ancora confermato da altre fonti.

    Inviato Onu in Birmania
    Ibrahim Gambari, l’inviato speciale delle Nazioni Unite, andrà domani in Birmania. L’inviato del Palazzo di Vetro incontrerà sia i responsabili della giunta militare che governano il Paese, sia alcuni membri del partito di cui è leader Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la Democrazia. La missione di Gambari sarà quella di preparare il terreno ad una eventuale visita del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon. Intanto, continuano gli arresti domiciliari del Premio Nobel per la Pace, San Suu Kyi. I suoi avvocati hanno sollecitato l’Alta Corte del Myanmar per prendere in considerazione due testimonianze in favore della leader del movimento birmano che rischia sino a cinque anni di carcere dopo che nel mese di maggio un americano si era introdotto in casa sua.

    Istanbul rischia di non essere più Patrimonio dell’Umanità
    “Il governo turco e la città di Istanbul non preservano la propria eredità culturale e artistica che risulta minacciata da progetti urbanistici che potrebbero modificare radicalmente alcune aree della città”. È questa l’accusa dell’Unesco contro la Turchia che rischia di vedersi cancellata la metropoli Istanbul dall’elenco dei beni Patrimonio dell’Umanità. L’allarme arriva da Siviglia dove in questi giorni si sta svolgendo l’Assemblea generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite. Sotto accusa le demolizioni delle abitazioni rom del quartiere di Sulukule, i lavori di ampliamento dell’Hotel Four Season e la creazione di una nuova stazione della metropolitana nel cuore turistico di Istanbul. La Commissione darà un anno di tempo per prendere delle misure adeguate. Già nel 2006 e nel 2008 era giunta la richiesta dall’Unesco di una modifica delle politiche urbanistiche da parte del governo turco. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 176

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