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Sommario del 24/06/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • All'udienza generale, il Papa parla dell'Anno Sacerdotale e lancia un appello: liberate Eugenio Vagni e tutti i rapiti in zone di guerra
  • Nomina
  • In visita "ad Limina" in Vaticano i vescovi del Vietnam, Paese che vanta una Chiesa in crescita nonostante le difficoltà
  • Secondo giorno della riunione della Roaco, dedicata alla situazione della Chiesa bulgara. Intervista con mons. Proykov
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La religiosa vittima di violenza nello Stato indiano dell'Orissa riconosce un terzo aggressore. La situazione dei cristiani nelle parole di mons. Cheenat
  • Il Papa apprezza il lavoro dell'Onu per combattere la piaga dei bambini soldato
  • La Chiesa ricorda oggi la natività di San Giovanni Battista, l’unico Santo del quale i cristiani celebrano la nascita

  • Chiesa e Società

  • Caritas Internationalis rilancia l’impegno per la martoriata regione sudanese del Darfur
  • L’arcivescovo Sarah: l’Occidente impone la cultura della morte all’Africa
  • Togo: voto unanime del parlamento per l’abolizione della pena di morte
  • Messico: i vescovi di Acapulco chiedono giustizia per l’uccisione di un sacerdote e due seminaristi
  • L’arcivescovo di San Salvador incoraggia i piani in favore dei più poveri e contro la violenza
  • Preghiera ecumenica in memoria delle vittime dei viaggi verso l'Europa
  • Caritas italiana preoccupata per la crisi: "Servono scelte per rafforzare il tessuto sociale"
  • Sussidio dei vescovi di Abruzzo e Molise per vivere con fede il tempo del terremoto
  • Cina: il cammino dell’Anno Sacerdotale della diocesi di Shang Hai
  • Cambogia: l’Anno Sacerdotale aperto al Seminario Saint Jean Marie Vianney di Phnom Penh
  • Filippine: veglie e raccolta di offerte, per sostenere l'opera dei sacerdoti nell’Anno Sacerdotale
  • Colombia: campagna di preghiera nell’ambito dell’Anno Sacerdotale
  • Riconciliazione e giustizia: temi dell’Anno Sacerdotale dell’arcidiocesi di Kinshasa
  • Sudafrica: la Chiesa si prepara ai Mondiali di calcio del 2010
  • Le Suore Figlie della Misericordia di Savona costruiscono un ospedale in Burundi
  • Pakistan: lanciato a Lahore il primo canale televisivo cattolico via cavo
  • Regno Unito: no dei vescovi agli spot pro-aborto e sui contraccettivi
  • Germania: la Federazione Biblica Cattolica festeggia i 40 anni della fondazione
  • Roma: prolungata l’esposizione della Bibbia Carolingia a San Paolo fuori le Mura
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’Iran non sarà al vertice di Trieste. Teheran lancia accuse di ingerenza da parte di britannici e statunitensi
  • Il Papa e la Santa Sede



    All'udienza generale, il Papa parla dell'Anno Sacerdotale e lancia un appello: liberate Eugenio Vagni e tutti i rapiti in zone di guerra

    ◊   Appello di Benedetto XVI per il rilascio di Eugenio Vagni e di tutte le persone sequestrate in zone di guerra. All’udienza generale, nell’odierna festa della natività di San Giovanni Battista, il Papa ha spiegato le ragioni dell’Anno Sacerdotale appena inaugurato. Prima del commiato, ha poi ricordato il 150.mo anniversario dell’idea che ha portato alla nascita della Croce Rossa Internazionale ed ha espresso la sua vicinanza a tutti i bambini vittime di violenza nel mondo. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Che la persona umana, nella sua dignità e nella sua interezza sia sempre al centro dell’impegno umanitario”: così il Papa rievocando l’idea “di una grande mobilitazione per l’assistenza delle vittime della guerra”, maturata dallo svizzero Henry Dunant, durante la sanguinosa battaglia di Solferino, il 24 giugno del 1859, che poi diede vita alla Croce Rossa Internazionale. Da qui, l’incoraggiamento specie ai giovani “ad impegnarsi concretamente verso questa benemerita istituzione”. Quindi l’appello:

     
    “Approfitto di questa circostanza per chiedere il rilascio di tutte le persone sequestrate in zone di confitto e nuovamente la liberazione di Eugenio Vagni, operatore della Croce Rossa nelle Filippine”.

     
    Benedetto XVI, rivolto poi alla delegazione ONU, guidata da Radhika Coomaraswamy sottosegretario e rappresentante speciale per i bambini in situazioni di conflitto armato, presente in Piazza San Pietro, ha ricordato tutti i bambini sofferenti, “esposti alla paura, all’abbandono, alla fame, alla malattia, alla morte”:

     
    “Il Papa è vicino a tutte queste piccole vittime e li ricorda sempre nella preghiera”.

     
    Nella catechesi, il Santo Padre ha spiegato le ragioni dell’Anno Sacerdotale, inaugurato il 19 giugno scorso, nel ricordo di San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, morto 150 anni fa, “un povero contadino diventato umile parroco” in un piccolo villaggio, e che “apparentemente non ha compiuto nulla di straordinario”, ma come San Paolo, in modo totale, ha saputo identificarsi con il proprio ministero e vivere la comunione con Cristo. Un’aspirazione alla perfezione spirituale - ha sottolineato Benedetto XVI - che deve accomunare anche tutti i sacerdoti nel mondo contemporaneo, perché siano “servi” piuttosto che “padroni” della Parola evangelica:

     
    “In un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto del quale, la 'funzionalità' diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno della coscienza ecclesiale”.

     
    Ha spiegato il Papa che negli ambienti teologici, come pure nella prassi pastorale, “si confrontano, e talora si oppongono due differenti concezioni del sacerdozio”: quella sociale-funzionale imperniata sul concetto di servizio alla comunità e quella sacramentale-ontologica, che ancora il servizio all’essere del ministro, quale dono concesso da Dio mediante la Chiesa. Non sono dunque concezioni contrapposte, ha chiarito Benedetto XVI, laddove “la tensione che pur esiste tra di esse va risolta all’interno”:

     
    “Il Santo Curato d’Ars ripeteva spesso con le lacrime agli occhi: ‘Come è spaventoso essere prete!’. Ed aggiungeva: ‘Come è da compiangere un prete quando celebra la Messa come un fatto ordinario! Com’è sventurato un prete senza vita interiore!’.”

     
    Possa “l’Anno sacerdotale - ha concluso Benedetto XVI - condurre tutti i sacerdoti ad immedesimarsi totalmente con Gesù crocifisso e risorto”.

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    Nomina

    ◊   In Brasile, Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Assis mons. José Benedito Simão, finora ausiliare di São Paulo. Il neo presule ha 58 anni ed ha frequentato i corsi di Filosofia presso la Fai (Faculdades associadas do Ipiranga), e quelli di Teologia presso la Pontificia Facoltà “Nossa Senhora da Assunção”, nell’arcidiocesi di São Paulo. In seguito ha ottenuto un dottorato in Teologia Morale, presso la Pontificia Accademia Alfonsiana a Roma. Ordinato sacerdote, ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di parroco, responsabile della pastorale vocazionale e della pastorale della gioventù. È stato rettore del “Teologado Dom José Gaspar” (1984-1986) e del Seminario teologico dell’arcidiocesi di São Paulo, oltre che professore e direttore della Pontificia Facoltà “Nossa Senhora da Assunção”. Nel 2001 è stato nominato vescovo titolare di Tagaria ed ausiliare di São Paulo. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 gennaio 2002. Dal 9 marzo dello stesso anno, è stato vicario episcopale per la Regione “Brasilandia” dell’arcidiocesi di São Paulo.

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    In visita "ad Limina" in Vaticano i vescovi del Vietnam, Paese che vanta una Chiesa in crescita nonostante le difficoltà

    ◊   Da qualche giorno, i vescovi del Vietnam sono in Vaticano per la loro visita ad Limina. Grande poco più dell’Italia, abitato da 83 milioni di abitanti, lo Stato del sudest asiatico conta circa 6 milioni di cattolici, il 7 per cento della popolazione. La Chiesa vietnamita è suddivisa in tre arcidiocesi e 23 diocesi. Per un profilo della comunità ecclesiale del Vietnam, ascoltiamo il servizio di Alessandro Gisotti:

    Una comunità vitale nonostante le difficoltà e le persecuzioni. Quella della Chiesa in Vietnam è una storia segnata da oppressioni. Tra il XVII secolo e il XIX vengono emanati ben 53 editti contro i cristiani, ma anche nel recente passato i fedeli e i loro pastori hanno subito pesanti restrizioni alla propria libertà da parte del regime socialista. Oggi, il governo ha reso meno stringenti i controlli e anche ai vescovi è concessa maggiore libertà di movimento. Inoltre, le strutture caritative possono svolgere con più facilità le proprie opere in favore della popolazione. La situazione resta comunque difficile, come ribadiscono, tra l’altro, i rapporti dell’Associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. E tuttavia, sono numerosi i segni che indicano una notevole vitalità della Chiesa vietnamita.

     
    Nonostante la cronica scarsità dei sacerdoti, le celebrazioni eucaristiche sono sempre caratterizzate da una grande affluenza di fedeli. D’altro canto, i laici - attraverso gruppi e movimenti - sono molto impegnati, specie nell’azione missionaria verso i non cristiani. Altro segno di questa vitalità è l’alto numero di vocazioni sacerdotali e religiose, nonostante le restrizioni governative. Attualmente, nel Paese si contano 50 Congregazioni femminili e più di 20 maschili. Particolarmente attivi sono i Salesiani e i Redentoristi. Questi ultimi, hanno lavorato alla traduzione della Bibbia in lingua vietnamita. Tre le grandi sfide per la Chiesa vietnamita di oggi figurano l’evangelizzazione, la formazione dei candidati al sacerdozio e la crisi della famiglia, sempre più minacciata dagli effetti destabilizzanti dell’urbanizzazione e dagli stili di vita edonistici. Proprio alla famiglia, i presuli hanno dedicato un lettera pastorale lo scorso dicembre. Per rilanciare l’evangelizzazione, l’episcopato ha varato quest’anno un nuovo Piano nazionale che prevede, tra l’altro, la distribuzione delle Bibbie e la creazione di stazioni missionarie nelle aree periferiche del Paese.

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    Secondo giorno della riunione della Roaco, dedicata alla situazione della Chiesa bulgara. Intervista con mons. Proykov

    ◊   La realtà della Chiesa cattolica bulgara è al centro del secondo giorno di lavori della riunione della Roaco, il Comitato che riunisce le Opere di aiuto alle Chiese Orientali. Durante l’incontro di questa mattina, è stato sottolineato che venti anni dopo la fine del periodo comunista, la Chiesa della Bulgaria sta lentamente rialzandosi. Sull’attuale situazione della comunità cattolica del Paese est europeo, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’esarca di Sofia e presidente della Conferenza episcopale bulgara, mons. Christo Proykov:

    R. - La Chiesa, in Bulgaria, è veramente una piccola realtà. Siamo stati sempre l’1% della popolazione, che attualmente conta 8 milioni di persone. Abbiamo tre diocesi, due latine ed una orientale. Grazie a Dio, pian piano, dopo il periodo segnato dal comunismo e dall’ateismo - durato 50 anni - la Chiesa si sta rialzando. E’ un processo molto difficile, perché durante il regime sono stati confiscati tutti i beni. Oggi, è assolutamente necessario promuovere l’educazione alla fede, perché durante il regime tutti i seminari, tutte le scuole cattoliche erano chiusi. Ci sono almeno due generazioni che si sono succedute senza avere questo tipo di istruzione e il catechismo era vietato. Per questo, oggi l’istruzione è la cosa più importante. Grazie a Dio, possono venire anche religiosi, religiose e sacerdoti stranieri che possono aiutarci. In Bulgaria, noi religiosi cattolici siamo in pochi perché non abbiamo avuto nessun seminario durante il regime. Ora, abbiamo delle vocazioni al sacerdozio da parte di giovani bulgari. Quest’anno, per le tre diocesi sono previste sei ordinazioni. Non è questo un avvenimento che si ripete ogni anno, però è significativo. Sono bulgari e questo è importante: la Chiesa locale inizia a crescere.

     
    D. - Durante il regime comunista, sono stati imprigionati anche molti sacerdoti. Poi, negli anni Sessanta, quando sono stati liberati, sono usciti e si sono trovati in un carcere più grande che - come lei ha sottolineato nella sua relazione - si chiamava “Bulgaria”. Che tipo di Paese era la Bulgaria in quegli anni?

     
    R. - Il regime, negli anni Sessanta, era in auge. I sacerdoti uscivano dal carcere, ma erano molto indeboliti da questa esperienza. Ricordo molto bene che alcuni di loro, dopo mesi o anni, morivano anche a causa di esaurimenti. La vita è stata veramente molto dura per i sacerdoti bulgari in quegli anni e la mia vocazione è avvenuta proprio in quel periodo. Vedevo diversi preti che, quando uscivano dalla prigione, poco dopo morivano. Pensavo, come pensavamo tutti in Bulgaria, che il comunismo sarebbe stato eterno. Pensavo anche che offrendo la mia vita alla Chiesa, avrei potuto essere di aiuto alla Chiesa stessa. In questo contesto è avvenuta la mia vocazione: ho studiato di nascosto, nel 1970-1971 sono diventato sacerdote, con il regime ancora pienamente in vigore. Il mio vescovo, che mi aveva ordinato, venne subito chiamato dalla polizia, incontrando delle difficoltà. Ma era già un esempio per gli altri.

    La situazione dei cristiani in Terra Santa è l’altro tema affrontato dai partecipanti alla riunione della Roaco. Ieri, in particolare, sono state ribadite l’urgenza di sostenere la comunità locale e l’importanza del pellegrinaggio compiuto da Benedetto XVI dall’8 al 15 maggio scorsi in Giordania, Israele e Territori Palestinesi. Padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, ricorda al microfono di Amedeo Lomonaco la missione della Chiesa nei luoghi di Gesù:

    R. - La Chiesa di Terra Santa ha una missione ed una testimonianza da dare: custodire la memoria dell’incarnazione di Gesù. Questa missione deve proseguire sia durante un periodo di tensione e di conflitto come questo - richiamando ai valori della giustizia - e, speriamo presto, anche in periodo di pace, richiamando a quei valori che sono alla base dell’umanità.

     
    D. - Sottolineature e valori bene espressi anche durante il pellegrinaggio del Santo Padre in Terra Santa...

     
    R. - Sì, è stato un momento intenso e molto importante soprattutto per la piccola comunità cristiana che si è sentita molto incoraggiata. I cristiani di Terra Santa hanno acquisito una grande visibilità in tutto il Medio Oriente.

     
    D. - Quali sono i modi per aiutare, oggi, la Terra di Gesù?

     
    R. - I modi sono diversi. Il primo è naturalmente quello di pregare. La preghiera deve poi diventare un qualcosa di concreto. Un modo principale penso sia quello di recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa, ma anche di sostenere attraverso varie iniziative e diverse agenzie, come quelle della Roaco, tanti piccoli progetti di vita e di carità. Progetti, realizzati in Terra Santa, che sono un esempio concreto della vitalità della Chiesa ed anche della sua testimonianza per cristiani, ebrei e musulmani.

     
    D. - Quali sono oggi, in particolare, le sfide prioritarie?

     
    R. - La sfida di sempre è quella della formazione, dell’educazione. Sono molto importanti le scuole in Terra Santa e questo richiede investimenti cospicui a livello finanziario, ma soprattutto energie e risorse umane.

     
    D. - Qual è un affresco della Terra Santa che custodisce nel suo cuore, un’immagine che secondo lei rappresenta la Terra Santa?

     
    R. - Ce ne sono diversi. A me piace molto Cafarnao ed il lago, perché forse è stato meno modificato nel corso dei secoli. Ci richiama un po’ più da vicino a quei bellissimi passaggi del Vangelo, quando si parla dei diversi miracoli di Gesù. Penso a quel quadro di vita che oggi si può ancora percepire molto bene in quei luoghi.

     
    D. - Un luogo incontaminato, un richiamo indelebile per tutti i cristiani che si recheranno come pellegrini in Terra Santa…

     
    R. - E’ indelebile perché toccare quelle pietre, vedere dove Gesù è passato e leggere a Cafarnao il passo del Vangelo di Marco non è un’esperienza comune.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dalla parte dei bambini vittime di ogni violenza: all'udienza generale il Papa lancia un appello per l'infanzia e per tutti i sequestrati in zone di conflitto.

    Un Bric pieno di futuro: in prima pagina, Giuseppe Fiorentino sul crescente peso economico e politico dei Paesi emergenti.

    Intervista alla giornalista Hu Lanbo, autrice del libro "La strada per Roma": nell'informazione internazionale, Elisabetta Galeffi sull'integrazione degli immigrati cinesi.

    Un vaso ricolmo di sapienza: in cultura, la relazione di Inos Biffi al convegno dedicato a san Tommaso lettore di san Paolo.

    Davide Luglio su Dante poeta teologo e Marco Tibaldi sul tour mondiale di letture dantesche curate da Roberto Benigni.

    Fantoche e la sua stirpe sullo scenario dello stupore: Claudia Di Giovanni rievoca le origini del cinema di animazione.

    Gaetano Vallini recensisce il film di Henry Selick "Coraline e la porta magica".

    Celluloide sul tappeto volante: Emilio Ranzato sulla versione restaurata, al Fantafestival di Roma, del "Ladro di Bagdad" di Raoul Walsh.

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    Oggi in Primo Piano



    La religiosa vittima di violenza nello Stato indiano dell'Orissa riconosce un terzo aggressore. La situazione dei cristiani nelle parole di mons. Cheenat

    ◊   Ha un volto anche un terzo assalitore di suor Meena Barwa, la religiosa che il 25 agosto 2008 venne violentata da un gruppo di radicali indù nello Stato indiano dell’Orissa. La suora 29.enne ha effettuato l’identificazione in carcere riconoscendo in Sitaram Patra uno dei suoi aggressori. Padre Chellan, direttore del Centro pastorale Divyajyoti, nel distretto di Kandhamal, dove si consumò la violenza, ha affermato che che “da quando il caso di Sr. Meena ha assunto rilevanza internazionale si è registrata una maggiore serietà da parte delle autorità nelle indagini”. Una considerazione che trova eco nelle affermazioni di mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, in Orissa, che si sofferma sulle cause dell’ostilità contro i cristiani. L’intervista è di padre Jozef Polak, responsabile della redazione polacca della nostra emittente:

    R. - You will know that people...
    Saprete che le persone hanno paura di tornare, perchè temono di essere attaccate di nuovo. Inoltre, non sembra che i criminali siano stati puniti finora, anche se sono passati quasi due anni. Nessuna persona è stata incriminata per danni alle proprietà, per quelli che hanno perso la vita e per tutte le persone che si sono dovute spostare. Nessun singolo criminale è stato punito per questo. I cristiani sono stati attaccati soprattutto a causa dell’ideologia indù integralista, che rivendica il modo in cui una nazione indù dovrebbe essere fondata. Quindi gli integralisti hanno cercato un’opportunità per fare questo. La ragione principale dell’attacco a Kandhamal risiede nel fatto che si trattava di un’area nella quale negli ultimi 10 anni c’erano state un grande numero di conversioni. Inoltre i dalit, i cosiddetti “senza casta”, erano considerati emarginati, senza diritto di parola e non istruiti. Ora, però, si stanno sviluppando a livello finanziario, sociale, stanno facendo grandi progressi in ogni campo. Gli indù non vogliono vedere gente, che una volta erano loro schiava, arrivare a posizioni più rispettabili nella società, con un buon lavoro, una migliore collocazione. I progressi dei dalit e delle tribù sfidano le classi più alte: gli indù non vogliono che accada, e per questo li vogliono fermare. Fondamentalmente, la ragione è che loro non vogliono che gli emarginati crescano e che mettano alla prova la classe più elevata.

     
    D. - Per cercare di salvare la loro vita le persone hanno lasciato i loro villaggi. Le loro case sono state bruciate, alcuni dei membri della famiglia sono stati uccisi. Hanno paura di tornare nelle loro case. Secondo lei, quali sono le prospettive future?

     
    R. - As far as I think...
    Sebbene all’inizio la situazione fosse molto triste e senza speranza, io ho potuto vedere la fede della gente. Sono pieni di speranza, la loro fede è molto forte e la manifestano in molti modi. A partire dalla fede della gente, saremo capaci di ricostruire. Ora si stanno compiendo dei progressi e sono state fatte anche delle promesse da parte del governo.

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    Il Papa apprezza il lavoro dell'Onu per combattere la piaga dei bambini soldato

    ◊   Si è tenuto ieri a Roma, alla presenza della rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu per i bambini e i conflitti armati, Radhika Coomaraswamy, del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e del ministro degli Esteri, Franco Frattini, l’incontro internazionale “Bambini e giovani colpiti dai conflitti armati: ascoltare, capire, agire”. Promosso dall’Unicef e da Save The Children, in collaborazione con il Dipartimento delle Nazioni Unite per le operazioni di peace-keeping, l’incontro ha esaminato il dramma - in allarmante crescita - dei bambini soldato. All'impegno dell'Onu per questa problematica è andato anche l'incoraggiamento di Benedetto XVI, oggi all'udienza generale. Il servizio di Roberta Rizzo:

    Bambini strappati alle loro famiglie e gettati sui campi di battaglia. Adolescenti che impugnano le armi, ragazzini di 12, 13 anni e perfino più piccoli che non hanno altra scelta, se non quella di combattere in una delle tante guerre civili che si consumano in ogni parte del mondo. A raccontare la loro storia è proprio un ex bambina soldato, originaria dell’Uganda, Grace Akallo, che ha portato la sua testimonianza all’incontro internazionale sui giovani vittime dei conflitti armati:

    “I escaped after seven month in captivity…
    Sono fuggita dopo sette anni di prigionia. L’unica persona che ha cercato di aiutarci è stata sorella Rachele che è stata quasi uccisa per averci difeso e per aver mantenuto la sua posizione. Dopo sette mesi sono riuscita a scappare e sorella Rachele mi ha raccolta nella stessa scuola che frequentavo prima della prigionia e mi ha aiutata a superare quei momenti difficili che stavo passando”.

    Grace oggi è cofondatrice della rete di ex ragazzi soldato, il "Network of Young People Affected by War", che ha realizzato una mostra fotografica visibile a Roma in questi giorni in Campidoglio per denunciare un dramma in costante crescita, come spiega Marta Santa Santos Pais, direttore del Centro ricerca innocenti Unicef:
     
    “E’ importante aiutarli a uscire da questo orrore e assicurare un’assistenza a quei bambini che si trovano ancora in 42 Paesi per conflitti armati”.
     
    Secondo le stime delle Nazioni Unite e di Save the Children, sono 250 mila i bambini che in varie parti del mondo vengono impiegati nei conflitti armati come soldati, spie o schiavi sessuali. La Comunità internazionale ha messo a punto una solida base legale affinché i responsabili delle più atroci violazioni contro i bambini vengano portati a giudizio, come spiega Radhika Coomaraswamy, il rappresentante speciale del segretario generale Onu per i bambini e i conflitti armati:

    “I think the international community…
    Penso che le Nazioni Unite stiano intervenendo in due modi fondamentali: primo, punendo i colpevoli come forma di deterrenza. Secondo, attraverso la protezione dell’infanzia così da garantire dei servizi sociali. Il Consiglio di sicurezza si incontrerà ogni due mesi per discutere sulle diverse situazioni di conflitto e di reclutamento dei bambini, poi ci sarà un crescente sforzo della comunità internazionale, ci si augura, per raccogliere fondi, per aiutare la reintegrazione dei bambini”.

    La riabilitazione e la reintegrazione sono passaggi decisivi per spezzare il ciclo di violenza e impedire che i bambini vengano nuovamente reclutati.

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    La Chiesa ricorda oggi la natività di San Giovanni Battista, l’unico Santo del quale i cristiani celebrano la nascita
     

    ◊   La Chiesa ricorda oggi la Natività di San Giovanni Battista. La tradizione cristiana lo ha chiamato il “Precursore”, cioè “colui che corre innanzi”, l’araldo del Messia, sulla base della profezia di Isaia. E’ vissuto al tempo di Erode Antipa. Giovanni ne condannò pubblicamente la condotta perché conviveva con la cognata Erodiade e per questo il re lo fece imprigionare. Il Battista è l’unico Santo del quale i cristiani celebrano la nascita. Ce ne spiega il motivo padre Gabriele Ferlisi, Agostiniano scalzo, al microfono di Tiziana Campisi:

    R. - Quando Maria è andata a far visita ad Elisabetta, che già portava in grembo il figlio di Dio, Gesù nel grembo di Maria santifica Giovanni, nel grembo della madre Anna. E’ stato santificato prima della nascita e quindi è l’unico Santo di cui si celebri la nascita a questo mondo. E di lui si celebra anche la nascita alla vita eterna, il 29 agosto, che è il giorno del martirio di San Giovanni Battista, quando è stato decapitato.

     
    D. - Una figura singolare quella di San Giovanni Battista. Forse, a volte, un po’ dura nel modo di esprimersi...

     
    R. - Lui è molto cosciente della missione che gli è stata affidata e deve preparare la venuta di Gesù. E’ molto bello quello che dice Sant’Agostino, cioè che San Giovanni è posto come un confine fra i due testamenti: l’Antico e il Nuovo. Quindi, è una figura che fa da ponte. Lui è la voce, Cristo è il Verbo. Quindi, sono due figure che si richiamano e si completano, dove Giovanni Battista, che simboleggia il Vecchio Testamento, è completato da Cristo che è il Nuovo Testamento.

     
    D. - Ma per il cristiano, che cosa significa celebrare questa festa?

     
    R. - Oggi, le persone vogliono non tanto maestri, quanto testimoni. Giovanni Battista è un autentico testimone. Lui paga con il sangue la sua fede nel Cristo. Non si perde in elucubrazioni, in sofismi. Lui va all’essenziale. Indica Cristo come l’Agnello che toglie il peccato del mondo. Lui indirizza i suoi discepoli a Cristo. Lui si dichiara incapace di sciogliere i legacci dei suoi sandali. E’ come dovrebbe essere ciascuno di noi: un testimone che indirizza Cristo, una presenza della presenza del Signore. E questo lo si può essere quando la persona è davvero credibile in ciò che vive, in ciò che crede, in ciò che insegna. Il messaggio di oggi, ripeto, è che abbiamo bisogno di testimoni.

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    Chiesa e Società



    Caritas Internationalis rilancia l’impegno per la martoriata regione sudanese del Darfur

    ◊   Mettere a punto nuove strategie per superare in modo definitivo lo stato di permanente crisi umanitaria che attanaglia il Darfur e il sud del Sudan. Questo l’intento del Forum internazionale convocato a Roma da Caritas Internationalis, che si è concluso ieri. L’organizzazione cattolica è infatti in prima linea per migliorare l’assistenza e favorire lo sviluppo in Sudan. Provvede a 297 mila persone con cibo, rifugi e ripari, acqua potabile, medicine e cure mediche, supporto per educazione e consulenze. Tuttavia, nonostante gli sforzi, dopo decenni di guerra civile, i numeri nella regione sudanese del Darfur sono drammatici: nove persone su dieci vivono con meno di 1 dollaro al giorno, 300 mila persone ammazzate, 2,7 milioni sradicati dalle proprie case, 290 mila ulteriori rifugiati solo nel 2008, la più alta mortalità materna del mondo, con 2030 donne morte ogni 100.000 nascite, 16% di malnutriti. “La cosa più urgente – ha esordito il segretario generale di Caritas, Lesley-Anne Knight – è lavorare insieme, Caritas, Ong, associazioni, istituzioni internazionali, per ricostruire la fiducia e un ambiente operativo tra la gente. L’unità è fondamentale, poiché dà forza”. “Abbiamo bisogno – ha poi aggiunto Knight citato dalla Fides – di leader che siano capaci di vivere e portare nelle loro decisioni politiche i valori, come il rispetto per la dignità umana, i diritti umani, e l’ambiente”. Numerosi gli ospiti, soprattutto provenienti dalla regione colpite dal dramma. “Abbiamo bisogno di aiutare nelle cose più elementari e fondamentali – ha detto mons. Daniel Adwok Marco Kur, vescovo ausiliare di Khartoum – soprattutto da quando sono state espulse 16 organizzazioni umanitarie”. Mons. Antonio Menegazzo, missionario in Sudan dal 1957 e vescovo di El Obeid, che comprende il Darfur, ha sottolineato le difficoltà a vivere la fede cristiana e l’impegno per i profughi: “Noi aiutiamo attraverso le organizzazioni internazionali che operano dentro i campi profughi e all’interno di accordi internazionali, ma non tutti i rifugiati sono lì. Molti cercano ospitalità da amici e parenti; così solo noi e le associazioni possiamo operare, perché in qualche modo più liberi e meno burocratizzati”. (M.G.)

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    L’arcivescovo Sarah: l’Occidente impone la cultura della morte all’Africa

    ◊   L’aiuto che l’Occidente offre all’Africa è legato all’accettazione di pratiche come il controllo delle nascite, tramite l’aborto e la sterilizzazione, e alla promozione di ideologie relativiste come quella del gender. È questa, in sintesi, la denuncia dell’arcivescovo Robert Sarah, segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, espressa in un’intervista al mensile Consulente Re ripresa da Avvenire. Il presule ammonisce quindi i Paesi europei e nordamericani per voler imporre la loro cultura all’Africa come condizione per ricevere aiuti economici. “Una lotta di Davide contro Golia” è definita dal vescovo originario della Guinea, tuttavia “il continente sta acquistando una maturità evangelica confortante, sempre più conscia di dover respingere le false glorie, i falsi ideali e i paradisi artificiali”. E in questo senso va letto anche il viaggio del Pontefice in Africa, con cui “ha voluto dirci che Dio ha scelto il Continente Africano perché diventi dimora di Suo figlio”. “Io sento – dice in conclusione mons. Sarah – di dover ringraziare il Santo Padre per la sua sollecitudine paterna nell’attirare l’attenzione dell’Africa intera su questi temi”. (M.G.)

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    Togo: voto unanime del parlamento per l’abolizione della pena di morte

    ◊   La pena di morte scompare anche dal Togo. Il parlamento del Paese africano ieri ha votato all’unanimità l’abolizione della pena capitale, approvando un progetto di legge promosso lo scorso dicembre dal governo. La legge, di cui riferisce la Misna, prevede la conversione della pena capitale nell’ergastolo e la sostituzione di qualunque riferimento alla pena di morte nel codice penale e in qualunque altro testo giudiziario. Il Togo, era comunque un paese abolizionista di fatto non avendo eseguito condanne capitali da almeno 30 anni; l’approvazione del provvedimento cancella ora definitivamente la possibilità di ricorrere a questa misura. “L’abolizione della pena di morte, considerata come una pena umiliante e degradante e crudele dalla comunità delle Nazioni rispettose dei diritti umani, si è imposta alla coscienza collettiva dei togolesi dopo trent’anni di moratoria” diceva una nota diffusa a dicembre dal Consiglio dei ministri di Lomé nella quale la punizione veniva giudicata “irrimediabile” e “incompatibile” con la scelta del paese di dotarsi di “una giustizia che limiti gli errori giudiziari, corregga, educhi e garantisca i diritti inerenti la persona”. Il Togo si unisce così ai molti paesi africani che negli ultimi anni hanno preso decisioni analoghe. Il continente africano ha d’altra parte avuto un ruolo centrale nell’approvazione, nel dicembre 2007, da parte dell’Assemblea generale dell’Onu della moratoria contro la pena di morte; misura riconfermata dall’Organismo anche nel 2008. (M.G.)

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    Messico: i vescovi di Acapulco chiedono giustizia per l’uccisione di un sacerdote e due seminaristi

    ◊   Per i quattro vescovi della provincia di Acapulco, in Messico, la “violenza che regna in alcune regioni dello Stato di Guerrero tocca soprattutto gente innocente”. Così, dopo l’uccisione lo scorso 13 giugno di un sacerdote, padre Habacuc Hernández Benítez e due seminaristi, Eduardo Oregón e Silvestre González, si esprimono i presuli della famosa città di Acapulco, arcivescovo Felipe Aguirre Franco e gli altri vescovi Chilpancingo-Chilapa, Ciudad Altamirano e Tlapa. I vescovi osservano che questa violenza ha un’origine precisa: “Il crimine organizzato che si è praticamente costituito come un potere” autonomo e che “semina insicurezza e paura tra la popolazione”. Ricordando che il 5 luglio la nazione messicana dovrà eleggere i deputati del Congresso federale, i presuli ribadiscono l’importanza di affrontare ora, durante la campagna elettorale il tema della sicurezza per ottenere dai candidati gli impegni necessari. Fra questi si sottolinea una lotta alla criminalità che sia “integrale”, e cioè che tenga conto non solo della componente repressiva e preventiva, “ma anche di quella che riguarda i diritti umani”, “il contrasto della corruzione, l’attenzione ai problemi economici dei messicani”, e soprattutto, “l’educazione nei valori necessari per una sana convivenza sociale”. Nell’affrontare anche la questione dell’impunità i presuli ripetono ancora una volta che si attendono dalle autorità, in merito alla morte del sacerdote e dei seminaristi, un’inchiesta seria e trasparente anche perché, come scrive la stampa locale in questi giorni, in realtà le tre persone uccise furono in pratica giustiziate alle spalle mentre transitavano a bordo di un piccolo veicolo in un settore dove i narcotrafficanti la fanno da padrone. La difesa della vita, si ricorda, è il supremo valore comune che tutti devono difendere e dunque ogni cittadino si deve sentire responsabile, in un periodo di elezioni, ad esprimere la propria opinione al riguardo. E’ una questione di “responsabilità cittadina”, spiegano i vescovi dello Stato di Guerrero e poi aggiungono: “Questa responsabilità si espleta con la partecipazione matura nelle prossime elezioni federali cominciando per una adeguata analisi della diverse proposte dei candidati e dei partiti”. Infine, i vescovi rilevano che i livelli di corruzione sono talmente alti che le stesse autorità della nazione che combattono questo fenomeno rischiano in prima persona e perciò, precisano, occorre che la Chiesa approfondisca nell’ambito laicale la formazione a partire della dottrina sociale: “si tratta, concludono i presuli, di aprire alla speranza e al servizio del bene comune i giovani che delusi non credono nella politica e che per la stessa ragione si sottraggono allo sviluppo e alla partecipazione”. (A cura di Luis Badilla)

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    L’arcivescovo di San Salvador incoraggia i piani in favore dei più poveri e contro la violenza

    ◊   Due le principali preoccupazioni della Chiesa cattolica nel Salvador secondo quanto ha ripetuto domenica scorsa, dopo la celebrazione eucaristica, l'arcivescovo della capitale mons. José Luis Escobar Alas: da un lato la sicurezza cittadina di fronte ad un’ondata di violenza che a volte sembra inarrestabile e dall'altro il sostegno ai più poveri nel momento in cui la crisi fa sentire i suoi effetti più negativi. Sono tra l’altro le stesse priorità già proposte dai vescovi salvadoregni durante la recente campagna per le elezioni presidenziali vinte dal Presidente Mauricio Funes. E commentando proprio il piano del neogoverno sulla crisi economica e finanziaria nonché sociale che affronta la nazione, l’arcivescovo, senza entrare in considerazioni tecniche che non spettano alla chiesa, ha valutato come positivo, complimentandosi con le autorità, “l’aver tenuto conto dei più poveri e dei più vulnerabili”. In concreto il presule si riferiva ai quasi 587 milioni di dollari che dovrebbero essere utilizzati in investimenti a favore dei settori più indifesi e le misure annunciate allo scopo di migliorare le strutture del servizio sociale e dare un sostegno diretto alle famiglie più indigenti e agli anziani più poveri. Con riferimento alla grave situazione di violenza e totale insicurezza che si vive in tutte le regioni del Paese, lasciando una media di morti ammazzati di 13 vittime al giorno, mons. Escobar considera che “l’impiego della Forze armate a sostegno della Polizia è una decisione positiva”. “Si tratta di una speranza”, ha aggiunto augurandosi “che sia pronto una realtà”. Ricordando che poi tutti i piani e proposte devono passare il vaglio della realtà, l’arcivescovo di San Salvador, ha chiesto a tutte le forze sociali del Paese di assumersi le proprie responsabilità sia per quanto riguarda la lotta contro la violenza sia nel caso della crisi socio-economica. Al governo, ha spiegato il presule, “aspetta un ruolo unificante e di stimolo” per creare il consenso necessario e, concludendo le sue riflessioni, si è dichiarato “soddisfatto poiché c’è stata una reazione immediata. Spero - ha infine osservato -, che sia realizzato il piano migliore contro la violenza e contro la crisi”. (L.B.)

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    Preghiera ecumenica in memoria delle vittime dei viaggi verso l'Europa

    ◊   Una veglia ecumenica in memoria delle vittime dei viaggi verso l’Europa per accendere i riflettori sulla situazione di questi uomini e donne che va ad aggravarsi sempre di più. L’iniziativa si terrà domani dalle ore 18.00 a Roma nella Basilica Santa Maria in Trastevere, e sarà presieduta da mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Fra i promotori della preghiera le più importanti realtà che operano nel settore dell’immigrazione come Acli, Associazione Centro Astalli, Caritas Italiana, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Fondazione Migrantes. Prevista la presenza anche di numerose comunità e associazioni di immigrati, rifugiati e organizzazioni di volontariato. E a pochi giorni dalla Giornata mondiale del Rifugiato 2009, le associazioni cattoliche invitano a riflettere sui dati relativi agli incidenti nel canale di Sicilia. Solo nei primi quattro mesi del 2009 in quel tratto di mare ci sono stati 339 morti. In tutto il 2008 erano stati 642. Dal 1988 le morti documentate dalla stampa internazionale sono state 14.661, tra cui si contano 6.327 dispersi. Tuttavia secondo le stesse associazioni sono ancora tragicamente troppo pochi coloro che riescono ad arrivare alla meta: molti, nessuno sa quanti, non ce la fanno nemmeno a raggiungere le coste nordafricane perché muoiono nella lunga traversata del deserto. Altri trovano la morte in quella striscia di mediterraneo che divide l’Africa dall’Europa. Sono uomini e donne in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni per le quali in molte parti del mondo ancora si muore. Infine nella nota diffusa alla stampa gli organizzatori della preghiera esprimono preoccupazione sui respingimenti in mare da parte del governo italiano verso la Libia. Le centinaia di persone tra cui donne e bambini, oltre ad aver rischiato la vita in un viaggio ai limiti della realtà, vengono accompagnati in un Paese che non garantisce il rispetto dei diritti umani fondamentali. Di molti purtroppo non si hanno più notizie. (M.G.)

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    Caritas italiana preoccupata per la crisi: "Servono scelte per rafforzare il tessuto sociale"

    ◊   L’aggravarsi della crisi in Italia, con la conseguente perdita di posti di lavoro e impoverimento della popolazione, preoccupa molto la Caritas italiana, che a livello diocesano non ce la fa a fronteggiare economicamente le numerose richieste. A metà anno già molti centri d’ascolto diocesani hanno esaurito i fondi. “Non possiamo svolgere solo noi un ruolo di delega, riempiendo i portamonete ogni volta - afferma mons. mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana ripreso dall'agenzia Sir -. C’è urgente bisogno di scelte politiche serie, che contribuiscano a rafforzare di nuovo il tessuto sociale”. La preoccupazione di mons. Nozza è stata espressa oggi, parlando ad alcuni media cattolici, durante il 33° convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso dal 22 al 25 giugno a Torino. Nell’ottobre scorso il rapporto Caritas-Zancan già parlava di 7 milioni e mezzo di poveri in Italia, prefigurando anche un potenziale di 15 milioni di persone in difficoltà, ai quali si stanno dando molteplici risposte tramite strumenti diversi, come i circa 6000 centri d’ascolto parrocchiali e diocesani, gli osservatori povertà e risorse, e una “abbondante progettualità” su temi nuovi come il microcredito e i fondi di solidarietà. Nonostante le 120 iniziative contro la crisi avviate a livello diocesano, il Prestito di solidarietà della Cei, i servizi Caritas radicati su tutto il territorio italiano, anche grazie ai fondi dell’otto per mille, si fatica a rispondere agli innumerevoli e nuovi bisogni. “Non si tratta di vere e proprie povertà ma di situazioni di precarietà e difficoltà - spiega mons. Nozza -. La gente, soprattutto quando perde il lavoro, non ha i soldi per pagare l’affitto, le bollette, e si rivolge ai nostri centri d’ascolto per chiedere aiuto. Ma quanto a lungo si potrà reggere?” Con due problemi in più: l’assenza di interlocuzione con le istituzioni nazionali - “tutti i tavoli su temi sociali, tra cui immigrazione, cpt, tratta, non sono stati più convocati” - e la mancanza di un consenso univoco, anche all’interno dello stesso mondo cattolico. “C’è un oscuramento generale della mentalità - rileva mons. Nozza -. Prima le nostre buone azioni provocavano solidarietà, consenso e qualche applauso. Ora vengono percepite da alcuni come non opportune e fastidiose. Arrivano anche messaggi di disapprovazione che ci accusano di essere ‘troppo accoglienti’ o ‘troppo disponibili’, soprattutto in materia di immigrazione”. Secondo il direttore della Caritas oggi “la ragione e il cuore non camminano più insieme, e l’attenzione, il rispetto e la disponibilità nei confronti dell’altro sembrano passati di moda”.Ma attenzione, avverte mons. Nozza: “Facendo sparire la prossimità quotidiana rischiamo di ritrovarci tutti in condizione di maggiore insicurezza”. “La difficoltà di vivere con fiducia e l’insicurezza - osserva - non sono dovuti ai nuovi che arrivano, ma al fatto che il tessuto sociale si è frantumato. Si punta il dito sugli ultimi arrivati, ma è solo lo spettro di una nostra paura e di un nostro disagio che ci sta portando all’isolamento”. “L’attenzione nei confronti degli immigrati e dei più emarginati - aggiunge - viene letta come disattenzione nei confronti della precarietà degli italiani”. Mons. Nozza non nasconde, in materia di migrazioni, una “distanza” con il governo, “perché ha una lettura semplificata del fenomeno, alla quale noi opponiamo una lettura complessa, da affrontare con una molteplicità di azioni”. (R.P.)

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    Sussidio dei vescovi di Abruzzo e Molise per vivere con fede il tempo del terremoto

    ◊   Offrire ai fedeli delle “schede per la riflessione personale e comunitaria” che aiutino a “vivere con fede il tempo del terremoto”. Sono queste le ragioni che hanno spinto la Conferenza episcopale abruzzese-molisana a realizzare, in collaborazione con la Caritas, un sussidio intitolato “Il Dio Vicino”, che sarà distribuito a partire da domani a tutte le diocesi della Regione ecclesiale. “Uno strumento – si legge nell’introduzione - già utilizzato dopo il terremoto del 1980 in Irpinia e che l’Ufficio catechistico regionale ha deciso di riproporre per riflettere alla luce della Parola di Dio sul sisma che ha devastato L’Aquila e molte parti dell’Abruzzo”. Ciascuna scheda comprende tre punti: i fatti, il confronto e l’azione. Il sussidio vuole essere, uno strumento di riflessione sulla Parola ma anche su come affrontare i tempi della ricostruzione. Le tematiche si raggruppano intorno a tre momenti: il terremoto, l’emergenza e la ricostruzione. “Di fronte al terremoto molti - credenti e non credenti - si sono chiesti: «Dov’era Dio quella notte? Perché ha permesso o ha voluto la morte di tanta gente?». È questa “antica e sempre nuova domanda sul dolore, specialmente sul dolore innocente” che apre il sussidio “Il Dio Vicino” realizzato dalla Ceam. “Una domanda – si legge - che è risuonata anche sulle braccia della croce: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?» (Marco 15,34). La risposta è certo avvolta dal silenzio e dalla discrezione ma la Parola di Dio ci spinge ad andare oltre la domanda del Crocifisso, ad accompagnare ancora la sua storia verso l’ora luminosa della Pasqua”. Da qui l’invito rivolto alle comunità a “esercitarsi nella scoperta dei Suoi segni, partecipando alla sofferenza degli altri verso una sofferenza attiva”. Senza però dimenticare come il numero delle vittime sia stato “accresciuto da una serie di cause dovute certamente all’egoismo e alla mano dell’uomo”. Il sussidio si sofferma anche su uno dei principali problemi che sta emergendo nelle zone colpite dal sisma: la disgregazione di comunità e paesi. “Nell’ora dell’emergenza – scrivono - contro il rischio della disgregazione, che è il risultato dell’isolamento egoistico e del disimpegno rispetto ai problemi altrui, la carità cristiana significa comunione e corresponsabilità. Chi si isola per pensare a sé e risolvere solo i propri problemi è come un membro del corpo che volesse funzionare senza l’armonia con tutti gli altri”. In un contesto in cui la realtà è difficile e “le avverse condizioni climatiche - col freddo, col caldo - hanno reso difficoltosa la vita nelle tende alcuni fuggono da questa realtà, e altri sono tentati di guardare al futuro con avidità” ma seppur nell’emergenza il “cristiano deve ricordare che è l’uomo della speranza”, fuggendo la tentazione della disperazione, per la quale il male presente è talmente grande, da schiacciare ogni possibilità di risurrezione e di vita”. Da evitare è anche la tentazione della temerarietà “l’atteggiamento di chi specula sull’emergenza a proprio vantaggio”. Contro questa presunzione la speranza cristiana diventa “non solo appello a confidare in Dio, ma protesta contro calcoli utilitaristici che distruggono la comunione”. Il sussidio della Ceam mette in guardia i fedeli da una ricostruzione che “non sia solo materiale” in cui si riflettono “i proprio modi di vivere i valori”. Da qui l’invito ai cristiani impegna­ti nella ricostruzione a perseguire come obiettivo primario “la ricostruzione della comunità, che abbia reali possibilità di vita e in cui ciascuno ritrovi se stesso. (R.P.)

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    Cina: il cammino dell’Anno Sacerdotale della diocesi di Shang Hai

    ◊   “Pregate per la santificazione dei 408.000 sacerdoti del mondo, pregate per questi 5 diaconi e futuri sacerdoti, perché abbiano la santità che merita il nome dell’apostolo di Gesù, perché evangelizzino il mondo intero”. Così mons. Giuseppe Xing Wen Zhi, ausiliare della diocesi di Shang Hai, ha aperto l’Anno Sacerdotale celebrando anche la chiusura dell’Anno Paolino durante la solenne Eucaristia celebrata sabato scorso nella Cattedrale. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, oltre 3.000 tra sacerdoti, religiose e fedeli hanno preso parte alla liturgia di ordinazione. I 5 nuovi diaconi appartengono alla diocesi di Shang Hai (3) e alle diocesi di Wen Zhou e di An Hui. Alla conclusione del rito è stata distribuita una immaginetta che da una parte riporta la preghiera per la vocazione sacerdotale, e dall’altra l’immagine di Gesù Buon Pastore e di San Giovanni Maria Vianney. Durante l’omelia della celebrazione di apertura dell’Anno Sacerdotale nella diocesi di Ji Nan, della provincia di Shan Dong, mons. Zhang Xian Wang, ordinario della diocesi, ha sottolineato il significato dell’indizione di Benedetto XVI invitando tutti i sacerdoti “ad imitare San Giovanni Maria Vianney con l’umile e fedele servizio”, come raccomandato dal Papa; e tutti i fedeli “preghino per la santificazione del loro Pastore”. Una solenne Eucaristia celebrata il 19 giugno ha aperto l’Anno Sacerdotale anche nella diocesi di Nan Chong, della provincia del Si Chuan, zona terremotata. Come loro anche tante altre diocesi, parrocchie, comunità ecclesiali di base, hanno celebrato l’apertura dell’Anno Sacerdotale seguendo le indicazioni del Papa e in comunione con il Papa e con la Chiesa Universale. (R.P.)

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    Cambogia: l’Anno Sacerdotale aperto al Seminario Saint Jean Marie Vianney di Phnom Penh

    ◊   Venerdì scorso, l’Anno Sacerdotale è stato solennemente inaugurato al Seminario maggiore Saint Jean Marie Vianney di Phnom Penh, alla presenza del vicario apostolico di Phnom Penh, mons. Emile Destombes, del vicario apostolico emerito, mons. Yves Ramousse, di sacerdoti, religiose e giovani venuti dalle diverse parrocchie della città di Phmom Penh. La celebrazione, nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, è stata anche l’occasione per venerare le reliquie di Saint Jean Marie Vianney, patrono del seminario. Al termine della celebrazione eucaristica, all’aperto, ogni sacerdote ed ogni seminarista è stato invitato ad offrire grani di incenso davanti alle reliquie del Santo. Per la circostanza, i seminaristi hanno composto una preghiera in onore di Saint Jean Marie Vianney, in cui ricordano la pazienza, l’umiltà, il dono di sé, l’abnegazione per l’istruzione dei cristiani, la perseveranza nell’accogliere i fedeli che volevano ricevere il sacramento del perdono, oltre che l’amore che il Curato d’Ars nutriva per il Sacramento dell’Eucaristia e per la Chiesa. Le reliquie del Santo Curato d’Ars, dopo la sosta al seminario, saranno portate in processione al monastero delle carmelitane di Phnom Penh. Successivamente le parrocchie delle tre circoscrizioni ecclesiastiche della Cambogia avranno la possibilità di accogliere le reliquie per proporle alla venerazione dei fedeli. In occasione dell’Anno Sacerdotale, il seminario ha predisposto un fitto programma per consentire ai sacerdoti, e soprattutto ai giovani, di riflettere e di meditare sulla vocazione sacerdotale, per il servizio alla Chiesa. Incontri per i giovani, conferenze per i seminaristi, la pubblicazione di un opuscolo in cambogiano sul Santo Curato d’Ars e la traduzione in cambogiano della Presbyterorum Ordinis (il Decreto del Concilio Vaticano II sul ministero e la vita del sacerdote) saranno realizzati a breve. L’Anno Sacerdotale sarà concluso con un pellegrinaggio del Seminario di Phnom Penh ad Ars, Lourdes e Lisieux. (R.P.)

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    Filippine: veglie e raccolta di offerte, per sostenere l'opera dei sacerdoti nell’Anno Sacerdotale

    ◊   È grande il coinvolgimento di tutta la comunità cattolica filippina per l’Anno Sacerdotale inaugurato lo scorso 19 giugno da Benedeto XVI. Tenuto conto che si tratta dell’unico Paese asiatico, insieme a Timor Est, a maggioranza cattolica  con 68 milioni di fedeli e del ruolo che i sacerdoti vi giocano operando attivamente nel settore dell’educazione e dell’assistenza, assume ancora più significato l’esortazione della Chiesa locale a pregare per tutti i religiosi loro affinché il Signore li illumini nei momenti di debolezza, di solitudine, di dubbio”. Bisogna inoltre considerare che la Repubblica Filippina è anche uno dei più poveri Stati al mondo, con un tasso di povertà superiore al 15%. In questo contesto sono circa 25 mila i sacerdoti che operano nelle varie parrocchie, servendo ciascuno una media di 8 mila fedeli, numero che sale a 20 mila nella capitale Manila. Per sensibilizzare il sostegno dei laici la Conferenza episcopale filippina ha quindi emesso una circolare, citata da AsiaNews, dove afferma che “la celebrazione dell’Anno Sacerdotale mira alla creazione di una grande consapevolezza tra i fedeli sull’indispensabile ruolo dei sacerdoti nelle loro comunità e del bisogno di preghiere a sostegno delle vocazioni e dei nuovi ordinati”. Altro fattore fondamentale è il sostegno economico ai seminaristi, spesso impossibilitati a continuare il proprio percorso, per mancanza di soldi. Flores Jose, operatrice parrocchiale dell’arcidiocesi di Manila afferma infatti che lei e altri laici stanno offrendo ai giovani seminaristi il proprio aiuto monetario.  Durante l’Anno Sacerdotale l’arcidiocesi di Manila organizzerà in tutte le parrocchie e cappelle due momenti di preghiera settimanale, l’”Ora Santa” il venerdì e l’adorazione eucaristica il sabato. Esse inizieranno il primo luglio 2009 e serviranno a sostenere spiritualmente ed economicamente il lavoro dei sacerdoti, attraverso le preghiere e le offerte dei fedeli. (M.G.)

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    Colombia: campagna di preghiera nell’ambito dell’Anno Sacerdotale

    ◊   Il movimento “Legami d’Amore Mariano”, con sede a Medellin, in Colombia, ha lanciato una campagna di preghiera “Adotta un sacerdote” nell’ambito dell’Anno Sacerdotale. L’obiettivo della campagna è di pregare per un sacerdote tutti i giorni “come impegno per questo Anno Sacerdotale”. Come segnala il movimento nel suo sito ripreso dall'agenzia Fides, l’iniziativa intende ottenere dal Signore la forza spirituale di cui hanno bisogno i sacerdoti, “in questi tempi difficili a causa di molte tentazioni”. “Poche volte nella storia della Chiesa i sacerdoti si sono visti sottoposti a tante aggressioni e tentazioni che cercano di separarli dalla missione per la quale il Signore li ha chiamati. L’attacco che stanno subendo da parte dei nemici della Chiesa è sistematico, e certamente essi non sono esenti dai limiti umani, per cui hanno bisogno dell’aiuto dello Spirito Santo per essere fedeli ogni giorno”, si legge. A tale proposito, il movimento invita tutti coloro che desiderano aiutare i sacerdoti, ad unirsi a questa campagna: si tratta di “un impegno privato e particolare, in cui si raccomanda un sacerdote nella preghiera e si offrono sacrifici affinché Cristo Gesù conceda loro la forza ed il dono della perseveranza nella loro missione redentrice”. (R.P.)

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    Riconciliazione e giustizia: temi dell’Anno Sacerdotale dell’arcidiocesi di Kinshasa

    ◊   “Il sacerdote ministro di riconciliazione e promotore di giustizia”: è questo il tema scelto per l’Anno Sacerdotale dall’arcidiocesi di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. A darne l’annuncio, nei giorni scorsi, è stato l’arcivescovo della città, mons. Laurent Monsengwo Pasinya, il quale ha precisato che il tema scelto richiama quello della seconda Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che si terrà in ottobre, intitolata appunto “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Ma l’Anno Sacerdotale dell’arcidiocesi di Kinshasa sarà dedicato anche al card. Joseph-Albert Malula, arcivescovo locale, ordinato vescovo 50 anni fa, nel 1959, e scomparso nel 1989. “Il card. Malula – si legge in una nota – ha dato l’esempio di un sacerdote innovatore, che ha dato un volto al cristianesimo locale”. “L’Anno Sacerdotale – continua la nota ripresa dall'agenzia Apic – è un’occasione per la Chiesa per pregare per i sacerdoti e per apprezzare la grazia della loro missione”. A tal proposito, mons. Monsengwo ha ricordato che l’arcidiocesi di Kinshasa conta 212 sacerdoti diocesani e 350 preti missionari al servizio di 9 milioni di abitanti. (I.P.)

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    Sudafrica: la Chiesa si prepara ai Mondiali di calcio del 2010

    ◊   “2010 World Cup: Church on the Ball!”. Con questo slogan - traducibile come “Mondiali di calcio 2010: la Chiesa scende in campo!” - la Conferenza episcopale del Sudafrica (SACBC) si prepara ad accogliere le squadre e gli spettatori della competizione internazionale calcistica, che avrà luogo nel Paese dal 11 giugno all’11 luglio 2010. “È la prima volta, nella storia del calcio, che l’Africa ospita i mondiali – si legge in una nota – Per questo, la pagina web della Conferenza episcopale avrà una sezione dedicata a varie iniziative proposte dalle singole diocesi nei prossimi mesi”. “La Chiesa in Sudafrica – si legge ancora – vuole contribuire al successo dei Mondiali di calcio e desidera dimostrare la propria ospitalità a tutti i visitatori, in questa particolare occasione. Il Mondiale di calcio deve unire popoli, nazioni, lingue, religioni, culture ed etnie. La Chiesa vuole fare la sua parte”. Intanto, è iniziata lunedì e si concluderà domani, a Pretoria, una conferenza del Ministero dello Sport, in occasione della Confederation Cup, organizzata dalla FIFA. “Le informazioni diffuse durante questo incontro – commenta la SACBC – saranno utili alla Chiesa per un programma di evangelizzazione da realizzare durante i Mondiali. Questa conferenza rappresenta una grande opportunità per scoprire nuove possibilità di crescita per le comunità cristiane locali, soprattutto quelle formate da giovani”. (I.P.)

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    Le Suore Figlie della Misericordia di Savona costruiscono un ospedale in Burundi

    ◊   Un nuovo ospedale a Kanyosha, nei pressi della capitale del Burundi Bujumbura. È il progetto presentato in questi giorni dalle Suore Figlie della Misericordia di Savona. Nella località, che ha subito una massiccia urbanizzazione dopo la guerra del 1993, la maggioranza della popolazione è povera e molte persone muoiono per mancanza di cure. L’ospedale più vicino, nella capitale, è a sette chilometri. Di qui l’idea di costruire una nuova struttura ospedaliera con diversi obiettivi: seguire i cardiopatici, i diabetici, gli epilettici e le vittime della malaria, aiutare le donne in gravidanza con consulenze prenatali e l’assistenza al parto, seguire la crescita dei neonati, visitare i poveri e le persone che non possono pagarsi le cure. Nella nuova struttura, che comprenderà un reparto maternità, presteranno la loro opera alcune Figlie della Misercordia africane che hanno cominciato gli studi in medicina. La congregazione metterà a disposizione il terreno per l’ospedale, mentre il gruppo diocesano “Amici della Santa Rossello” sta organizzando iniziative con alcune parrocchie savonesi per raccogliere fondi per il progetto. (L.Z.)

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    Pakistan: lanciato a Lahore il primo canale televisivo cattolico via cavo

    ◊   Si chiama “Catholic TV” il primo canale televisivo cattolico via cavo in Pakistan. Il progetto è stato realizzato nella parrocchia di San Francesco di Lahore per iniziativa del padre cappuccino Morris Jalal che ne è anche il direttore. “Ho voluto approfittare dell’era della comunicazione veloce per promuovere la diffusione dei valori umani e il messaggio evangelico al grande pubblico”, ha spiegato il sacerdote all’agenzia Ucan. “La carta stampata è accessibile solo ai cristiani istruiti, mentre i media elettronici sono visti da tutti”. Secondo padre Jalal, l’iniziativa “può contribuire a costruire e rafforzare una società pacifica e tollerante” in Pakistan. La “Catholic TV” offre una programmazione ricca e articolata: film cristiani, documentari sulle attività nelle parrocchie dell’arcidiocesi, talk show, interviste, musica religiosa, la recita del Rosario, quiz sulla Bibbia e le Sante Messe domenicali in diretta. Il tutto con pochi mezzi, essendo il progetto interamente auto-finanziato dalla parrocchia di San Francesco: gli studi e le redazioni sono ospitati nella casa parrocchiale e attualmente vi lavora una squadra di 11 persone. Si tratta di giovani con molto entusiasmo, ma poca esperienza, dice padre Jalal, che spera di potere presto assumere professionisti per formarli. Ed entusiasta dell’iniziativa è anche l’arcivescovo di Lahore Lawrence Saldanha: “Questo nuovo canale cattolico ha prodotto buoni risultati in tempi molto brevi, nonostante i pochi mezzi, permettendoci di raggiungere non solo i nostri parrocchiani, ma anche un pubblico più vasto”, ha detto il presule che è anche presidente del Centro nazionale per le Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale pakistana. Le autorità per le telecomunicazioni in Pakistan non hanno ancora concesso la licenza di trasmissione a nessuna radio o televisione cristiana e la tv nazionale riserva ai cristiani solo 30 minuti settimanali della sua programmazione. In compenso, diverse Chiese cristiane hanno approfittato dell’introduzione della televisione via cavo e di quella satellitare per creare propri canali televisivi. Lo scorso 21 febbraio l’arcidiocesi di Karachi ha lanciato la “Good News TV”. Realizzato dal Centro catechistico dell’arcidiocesi, il progetto è stato salutato con grande entusiasmo dai vescovi pakistani. (L.Z.)

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    Regno Unito: no dei vescovi agli spot pro-aborto e sui contraccettivi

    ◊   I vescovi dell’Inghilterra e del Galles sono contrari all’introduzione di spot pro-aborto e alla pubblicità dei contraccettivi in televisione. Un progetto in tal senso è stato presentato dal “British Code of Advertising Practice”, l’autorità britannica che regola la pubblicità radio-televisiva, in vista della nuova regolamentazione del settore prevista per il prossimo anno. In sostanza, l’organismo governativo vuole autorizzare spot televisivi sulle attività delle cliniche e dei consultori privati specializzati in aborti e rendere meno restrittive le norme sulla pubblicità ai preservativi (attualmente permessa solo a una tv commerciale). Nelle intenzioni del governo l’obiettivo è di arginare le sempre più frequenti gravidanze indesiderate e le malattie veneree tra gli adolescenti nel Regno Unito. Chiamati ad esprimere un parere nell’ambito di una vasta consultazione nazionale sulla questione, i vescovi inglesi e gallesi hanno manifestato la loro totale contrarietà. “L’aborto – rileva la loro relazione presentata ieri - non è né una cura né una merce”. Una simile concezione “mina il rispetto per la vita, è ingannevole e danneggia le donne che potrebbero essere indotte a decisioni affrettate e irrevocabili”. Inoltre – ricordano i presuli - l’aborto nel Regno Unito non è permesso senza il consenso di almeno due medici. A preoccupare l’episcopato è anche l’ipotesi di autorizzare la pubblicità dei contraccettivi tra i minori di 16 anni (l’età del consenso sessuale secondo la legge inglese). Promuovere l’uso dei preservativi tra i bambini e gli adolescenti – argomentano i vescovi - equivale a incoraggiarli ad un’attività sessuale precoce, diffondendo la falsa idea del sesso sicuro contro le gravidanze non desiderate e le malattie sessualmente trasmissibili. Di qui, in conclusione, l’invito a non incoraggiare la diffusione di una percezione riduttiva della sessualità pubblicizzando servizi che hanno già fatto danni enormi: “Il rispetto per la vita, il sesso e la genitorialità – affermano i vescovi - sono fondamentali per una società sana e di questo occorre tenere conto quando si regolano i limiti della pubblicità”. (L.Z.)

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    Germania: la Federazione Biblica Cattolica festeggia i 40 anni della fondazione

    ◊   In occasione dei 40 anni di fondazione della Federazione Biblica Cattolica (CBF) e del trasferimento della sua sede nel monastero dei Benedettini Missionari di St. Ottilien, in Germania, si svolgerà presso la nuova sede, il 27 giugno prossimo, una conferenza stampa alla presenza dell’arciabate padre Jeremias Schröder, di mons Arturo M. Bastes, vescovo di Sorsogon, nelle Filippine, moderatore del Comitato esecutivo della Federazione Biblica Cattolica, e del Segretario generale della CBF, Alexander M. Schweitzer. Nella cornice della conferenza si presenterà la storia della nascita della Federazione Biblica, i motivi che hanno portato alla scelta della sede in Germania, a Stoccarda, e la decisione del suo trasferimento a St. Ottilien con gli attesi effetti di sinergia e i vantaggi della nuova sede nel monastero dei Benedettini Missionari di St. Ottilien. La CBF - precisa l'agenzia Fides - venne fondata il 16 aprile 1969 da Papa Paolo VI. Nella Federazione confluiscono organizzazioni bibliche internazionali, nazionali e locali con amministrazione autonoma, che si impegnano nel campo della pastorale biblica. E’ stata fondata con lo scopo di realizzare le raccomandazioni del Concilio Vaticano II e in particolare del capitolo VI della Costituzione "Dei Verbum" riguardo ad una pastorale fondata sulla Bibbia. La CBF coordina il lavoro delle organizzazioni bibliche cattoliche in tutto il mondo e promuove il loro sviluppo. Attualmente è presente con più di 300 membri in più di 130 paesi in tutto il mondo. (R.P.)

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    Roma: prolungata l’esposizione della Bibbia Carolingia a San Paolo fuori le Mura

    ◊   In seguito al grande successo di visitatori l’abate Edmund Power e la comunità monastica benedettina hanno deciso di prorogare fino al 27 settembre 2009 l’esposizione della Bibbia Carolingia presso l’abbazia di San Paolo fuori le Mura. La decisione nasce anche da un'intesa con i Musei Vaticani, che dal 25 giugno ospitano una mostra sull’Apostolo delle genti. Secondo quanto riferisce il Sir, il codice del IX secolo rimarrà ancora aperto sulla pagina dell’Epistola ai Romani di San Paolo. L’esposizione - inaugurata lo scorso 19 aprile dal segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone - secondo le intenzioni originarie si sarebbe dovuta concludere il 29 giugno, giorno in cui la Bibbia Carolingia sarebbe tornata definitivamente tra le mura dell’abbazia, che la custodisce già da oltre mille anni. Il volume, commissionato nell’866 da Carlo il Calvo al monaco Ingoberto, è già stato visitato da molte migliaia di persone. In concomitanza con la visita di Benedetto XVI alla tomba di San Paolo, per la chiusura dell’Anno paolino, mercoledì primo luglio, il cortile d’onore dell’abbazia di San Paolo fuori le Mura ospiterà il concerto della banda dell’Esercito italiano. Al concerto interverrà, tra gli altri, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    L’Iran non sarà al vertice di Trieste. Teheran lancia accuse di ingerenza da parte di britannici e statunitensi

    ◊   Il Ministero dell'interno “non ha concesso l'autorizzazione” per raduni di protesta che dovessero essere tenuti domani in segno di lutto in Iran per commemorare i manifestanti uccisi nei giorni scorsi. Rappresentanti del governo accusano persone con passaporto britannico di essere coinvolte negli incidenti sanguinosi degli ultimi giorni e chiamano in causa anche i servizi statunitensi. E l’Iran fa sapere che non sarà domani alla riunione allargata dei ministri degli Esteri del G8 a Trieste. Parlando con i giornalisti, il presidente Usa, Barak Obama, ha detto che senza osservatori internazionali “non si può sapere esattamente cosa sia successo ai seggi”, ma dal momento che una vasta percentuale del popolo iraniano considera questa elezione illegittima, sorgono seri dubbi. Intanto, secondo notizie riportate dal sito internet Twitter, “tutti gli ospedali e le ambasciate sono circondati dalla milizia”. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    Mir Hossein Moussavi, il candidato uscito sconfitto dalle elezioni presidenziali del 12 giugno, non si rassegna e continua a lanciare accuse di brogli da parte dei sostenitori di Ahmadinejad. Dopo le drammatiche manifestazioni dei giorni scorsi, costate la vita ad almeno 17 persone, nelle Piazze di Teheran sembra tornata la calma, anche se l’opposizione denuncia che tutti gli ospedali e le ambasciate sono circondati da uomini della milizia, che hanno arrestato 25 giornalisti e dipendenti del giornale di Moussavi. La repressione delle proteste tuttavia sembra aver prodotto i primi risultati, tanto che il candidato conservatore, Mohsen Rezai, ha deciso di ritirare il ricorso presentato per presunte irregolarità nello scrutinio. Rezai ha però criticato "il poco tempo accordato dalle autorità per esaminare i ricorsi", nonostante ieri il Consiglio dei Guardiani della Costituzione abbia annunciato una proroga di cinque giorni. Manifestazioni di protesta si sono invece svolte davanti all’ambasciata britannica da parte dei sostenitori del presidente Ahmadinejad, dopo l’espulsione di due diplomatici iraniani da Londra in risposta all’espulsione di due diplomatici britannici dalla capitale iraniana. Una spaccatura quella con l’Occidente, che ha criticato la dura repressione dell’opposizione, che ha già prodotto i primi risultati negativi con l’annuncio da parte del ministro degli Esteri, Mottaki, che l’Iran non parteciperà ai lavori del G8 al via da domani a Trieste.

     
    Afghanistan, morto un soldato afghano e ferito un parà italiano
    Un militare afghano è deceduto nel corso di una operazione congiunta delle forze di sicurezza afghane e il contingente internazionale Isaf, nella valle di Bala Murgab, a 200 chilometri a nord di Herat. Cinque i soldati feriti tra cui un paracadutista italiano del 183.mo reggimento “Nembo”. L’operazione rientra nell’attività delle unità militari internazionali “volta ad eliminare ulteriori sacche di resistenza presenti nell'area”. Intanto 27 ex detenuti, accusati di collaborare con Al Qaeda, raccontano ai microfoni della Bbc gli abusi subiti dai militari statunitensi durante la prigionia a Bagram, città a 60 km a nordovest di Kabul. Reclusi in diversi periodi tra il 2002 e il 2008, venivano drogati, addormentati, minacciati e assoggettati ad ogni sorta di abuso fisico e psicologico. Il Pentagono ha negato le accuse.

    In Pakistan sale a 83 morti il bilancio del razzo USA di ieri
    A meno di due mesi dalle molte vittime civili causate per errore in un attacco alla località afghana di Farah, gli Stati Uniti si trovano di fronte ad un nuovo, analogo incidente per il lancio, avvenuto ieri, di un razzo da parte di un velivolo senza pilota (drone) che ha colpito il gruppo di persone riunito per un funerale nel Waziristan meridionale: oggi il bilancio è salito a 83 morti. Secondo fonti locali, circa 200 persone si erano radunate a Shobikhel - villaggio natale del comandante talebano radicale, Baitullah Mehsud - per rendere l'estremo saluto a un capo talebano, di nome Khozhwali, ucciso da un razzo lanciato da un drone in mattinata. Mentre era in corso la cerimonia, un secondo drone ha esploso due razzi che hanno causato 83 morti e ferito altre decine di persone. Da due settimane, si sono intensificate le operazioni aeree statunitensi e le incursioni delle forze di sicurezza pakistane sul Waziristan meridionale, turbolenta regione tribale al confine con l'Afghanistan, dove si troverebbero le basi più importanti di Mehsud, considerato vicino ad Al Qaeda. Nei giorni scorsi, alcuni dei razzi avrebbero centrato il quartier generale di due capi talebani radicali: il pakistano Qari Hussain e l'afghano Sangeen, che sarebbero stati uccisi.

    Netanyahu a Roma: “Se il regime di Teheran si indebolisce è possibile la pace”
    “Se il regime di Teheran è indebolito avremo la pace”. Lo ha affermato ieri il primo ministro israeliano, Netanyahu, durante il pranzo a Montecitorio con il presidente della Camera, Fini. Netanyahu, che oggi è al Quirinale, ha parlato di possibile riconoscimento reciproco tra palestinesi e israeliani dichiarando che però “elemento fondamentale è la smilitarizzazione”. Nell’incontro, sempre ieri, con il premier italiano Berlusconi, Netanyahu ha avuto parole di apprezzamento per il cosiddetto Piano Marshall, “un piano di pace che rilancia l'economia e punta a sviluppare il turismo”, di Berlusconi e Netanyahu hanno parlato a lungo. Dopo la tappa in Italia, Netanyahu prosegue il tour europeo in Francia. E giunge notizia oggi che è stato annullato a sorpresa un incontro fissato per giovedì a Parigi fra il premier israeliano e George Mitchell, l'emissario personale di Obama per il Medio Oriente. Secondo il quotidiano Yediot Ahronot, resta elevata la tensione fra Israele e Stati Uniti provocata dalla richiesta dell'amministrazione del presidente Obama di un congelamento nella costruzione delle colonie ebraiche in Cisgiordania, richiesta cui lo Stato ebraico si oppone. A incontrare Mitchell sarà invece, lunedì a Washington, il leader laburista Barak, responsabile per la Cisgiordania.

    Ma quali sono gli obiettivi di questo tour europeo di Netanyahu? Linda Giannattasio lo ha chiesto alla professoressa Marcella Emiliani, docente di Storia e istituzioni del Medio Oriente all’Università di Bologna:

    R. - Lo scopo che ha, è di trovare consensi relativamente al suo piano di ammettere l’esistenza di uno Stato palestinese, ma smilitarizzato, cosa rifiutata dai palestinesi perché uno Stato smilitarizzato è uno Stato che ha rinunciato alla propria sovranità. L’impressione è che Netanyahu voglia cercare in Europa quei consensi che stanno un po’ calando da parte dell’amministrazione americana, decisa a lavorare per la creazione di uno Stato palestinese sovrano. Inoltre, vedendo quello che sta succedendo in Iran - l’elezione piuttosto controversa di Ahmadinejad - Netanyahu intende ricoalizzare una unione di Stati che faccia dell’Iran il Paese definito il più pericoloso nell’area.

     
    D. - La possibilità di uno Stato palestinese totalmente smilitarizzato, può rappresentare un segnale di apertura rispetto alla linea oltranzista precedente?

     
    R. - Netanyahu non ha mai parlato di Stato palestinese e indubbiamente ora ne parla, però le condizioni che pone sono condizioni tali per cui non si crea uno spazio politico di negoziato. E’ una proposta che lui può sempre dire di aver fatto, ma sa benissimo che allo stato attuale non c’è nessuno disposto ad accettarla.

     
    D. - Netanyahu non ha neanche intenzione di arrestare la crescita degli insediamenti in Cisgiordania?

     
    R. - Già, dice di voler creare uno Stato palestinese, ma non ferma la colonizzazione. I fatti dimostrano che questo Stato palestinese non lo vuole e ormai la terra per un ipotetico Stato palestinese si restringe di giorno in giorno.

     
    Trafficanti di esseri umani dalla Nigeria all’Europa, 30 arresti
    Tratta di esseri umani, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione: sono queste le accuse per trenta persone, di nazionalità nigeriana e italiana, che sfruttavano i cittadini nigeriani fatti giungere illegalmente in Italia, riducendoli in schiavitù. Tra gli arrestati, anche due medici italiani che si occupavano delle interruzioni di gravidanza delle vittime, con tariffe tra i 200 e i 2.000 euro. La vasta operazione è stata condotta dalla Procura distrettuale antimafia di Ancona. Intanto, ad Atene è stato arrestato un trafficante di esseri umani nigeriano, ricercato in Italia perché referente di un’organizzazione criminale che introduceva giovani nigeriane attraverso la Grecia e destinate poi allo sfruttamento sessuale nei Paesi europei.

    Arrestato per crimini di guerra l’ex primo ministro kosovaro
    Accusato dalla Serbia e ricercato dall’Interpol per crimini di guerra commessi in Croazia e in Kosovo, Agim Ceku è stato arrestato ieri in Bulgaria al confine con la Macedonia. Comandante della guerriglia albanese negli anni del conflitto in Kosovo, è stato premier dall’aprile 2006 al novembre 2007. È già la seconda volta che viene arrestato con un mandato serbo.

    Cecenia
    In Cecenia, due persone sono morte per l'esplosione di una bomba al passaggio del furgone sul quale viaggiavano. È avvenuto nei pressi di Urus-Martan. Un ordigno depositato sul ciglio della strada è esploso mentre transitava un furgone con a bordo dei civili, provocando la morte di due dei passeggeri. L'autista del mezzo è rimasto ferito.

    Corea del Nord, il figlio di Kim Jong-Il alla guida dell’intelligence
    Il leader nordcoreano, Kim Jong-il, ha affidato al terzogenito, Kim Jong-un, la guida dei servizi di intelligence, una mossa che rafforza l'ipotesi che la successione alla guida non sia molto lontana. Il “caro leader”, secondo il quotidiano sudcoreano Dong-a Ilbo, ha visitato lo scorso marzo la sede del Dipartimento di sicurezza dello Stato, insieme al suo successore, di soli 26 anni, invitando i vertici a considerarlo il capo della struttura. Kim, continua il quotidiano, citando fonti anonime, ha poi invitato i leader del dipartimento a “proteggere la vita di Kim Jong-un con la vostra vita, così come avete fatto con me in passato”. In segno di stima, il “caro leader” ha regalato ai massimi funzionari cinque automobili straniere del valore di 88 mila dollari l'una. Kim, inoltre, ha visitato a maggio una scuola di formazione di agenti-spia, ribadendo la sua decisione. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 175

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