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Sommario del 17/06/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale parla di Cirillo e Metodio: il Vangelo deve calare nella cultura di ogni popolo per illuminarla con i suoi valori
  • Benedetto XVI: il G8 ascolti i leader religiosi. Il commento di Maria Voce, presidente dei Focolari
  • Fedeltà integrale al Vaticano II e al Magistero post-conciliare: così il Papa ai vescovi austriaci. Intervista col cardinale Schönborn
  • Sala Stampa vaticana: illegittime le ordinazioni sacerdotali della Fraternità San Pio X
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Brasile: ucciso sacerdote impegnato nella pastorale giovanile
  • Iran: non si ferma la protesta
  • Presentato un nuovo documentario su Padre Pio
  • Chiesa e Società

  • L'Africa celebra la Giornata del bambino
  • Giornata contro la desertificazione
  • Rapporto sugli Obiettivi del Millennio: la crisi minaccia i più poveri
  • Onu: 42 milioni i rifugiati nel mondo
  • Svelato il piano di Hitler per far rapire o uccidere Pio XII
  • West Bengala: è ancora emergenza per il ciclone Aila
  • Filippine: appello dei vescovi contro il lavoro minorile
  • Caritas: alleviare le sofferenze dei civili in Corea del Nord
  • Documento conclusivo della Conferenza dei vescovi dell’Africa del Nord
  • Negato il visto di entrata a Commissione Usa sulla libertà religiosa in Orissa e Gujarat
  • Mons. Eguren: sedicenti organizzazioni 'cattoliche' promuovono l'aborto in Perù
  • Perù: in Amazzonia si insedia commissione per il dialogo con i popoli indigeni
  • La Paz: primo Congresso Internazionale su "Famiglia e dignità umana"
  • Per l’arcivescovo di Madrid l‘Anno Sacerdotale è un dono di Dio
  • Bolivia: lettera dell’arcivescovo di Sucre per l'Anno Sacerdotale
  • Il vescovo di Denver chiede una riforma delle politiche migratorie
  • Gioia in Finlandia per il primo vescovo finlandese di Helsinki dopo 500 anni
  • Tratta: in Italia 3500 donne nigeriane “salvate” dalle suore
  • L’arcivescovo di Barcellona: incomprensibili i contratti miliardari agli sportivi
  • Irlanda: l’arcivescovo di Dublino presenta il volume “Chi è il mio prossimo?”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Vertice Ue-Pakistan: fondi per l’emergenza umanitaria nella valle dello Swat
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale parla di Cirillo e Metodio: il Vangelo deve calare nella cultura di ogni popolo per illuminarla con i suoi valori

    ◊   I due apostoli dell’Oriente cristiano, i compatroni d’Europa Cirillo e Metodio, e la loro straordinaria esperienza di evangelizzazione condotta nel mondo slavo del nono secolo, sono stati al centro della catechesi di Benedetto XVI, all’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro, tenuta dal Papa di fronte a 40 mila persone. Al termine, il Pontefice ha rivolto un saluto al nuovo Patriarca della Chiesa di Antiochia dei siro-cattolici, Sua Beatitudine Mar Ignace Youssef III Younan, presente all’udienza con una delegazione del Patriarcato mediorientale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Applicarono in modo ispirato e diffuso i principi dell’inculturazione del Vangelo quando l’inculturazione non era stata ancora definita. Fu questo il più grande merito di Metodio e di suo fratello Cirillo. Da Costantinopoli in mezzo ai pagani della Grande Moravia con un’idea semplice e dirompente: non si può insegnare Cristo con una lingua e una scrittura che la gente non conosce e non capisce, ma bisogna presentarla con parole comprensibili e dunque va tradotta, integrata nel tessuto dov’è annunciata, in un sola parola: “inculturata”. Benedetto XVI ha messo a fuoco in questi termini il genio apostolico dei due fratelli greci:

     
    “Cirillo e Metodio erano convinti che i singoli popoli non potessero ritenere di aver ricevuto pienamente la Rivelazione finché non l’avessero udita nella propria lingua e letta nei caratteri propri del loro alfabeto”.

     
    Se 1200 anni fa la Grande Moravia - ovvero la porzione dell’est europeo che oggi corrisponde alla Slovacchia e a parti dell'Ungheria settentrionale - fu il teatro di una missione tanto innovativa, la storia e l’abilità di Cirillo e Metodio vengono da più lontano. Cirillo aveva già compiuto un viaggio nella zona del Mar Nero inviato a parlare con saraceni ed ebrei, dei quali impara la lingua. Poi, con Metodio, vengono inviati dall’imperatore Michele III in Moravia, da dove il principe Ratislao aveva rivolto questa precisa richiesta:

     
    “’Il nostro popolo - gli aveva detto - da quando ha respinto il paganesimo, osserva la legge cristiana; però non abbiamo un maestro che sia in grado di spiegarci la vera fede nella nostra lingua’. La missione ebbe ben presto un successo insolito”.

     
    E' l'inizio dell'avventura apostolica che, fra alterne vicende, anche difficili, segnerà la presenza dei due fratelli tra gli slavi. Ciò che rimane come atto di assoluto valore è il lavoro che avviano e che poi sarà proseguito dai loro discepoli: il “progetto - ha spiegato Benedetto XVI - di raccogliere i dogmi cristiani in libri scritti in lingua slava”. E’ da lì che viene l’alfabeto “glagolitico” poi designato come “cirillico” in onore del suo ispiratore:

     
    “In effetti, Cirillo e Metodio costituiscono un esempio classico di ciò che oggi si indica col termine 'inculturazione': ogni popolo deve calare nella propria cultura il messaggio rivelato ed esprimerne la verità salvifica con il linguaggio che gli è proprio. Questo suppone un lavoro di ‘traduzione’ molto impegnativo, perché richiede l’individuazione di termini adeguati a riproporre, senza tradirla, la ricchezza della Parola rivelata. Di ciò i due santi Fratelli hanno lasciato una testimonianza quanto mai significativa, alla quale la Chiesa guarda anche oggi per trarne ispirazione ed orientamento”.

     
    Tra i saluti conclusivi del Papa ai gruppi di fedeli presenti nell’assolata Piazza San Pietro, sa rilevare quello all’Abate Dom Pietro Vittorelli, e ai fedeli dell’Abbazia di Montecassino, che hanno voluto ricambiare la visita del Papa dello scorso 24 maggio. E con altrettanta gioia, Benedetto XVI ha rivolto un saluto al Patriarca della Chiesa di Antiochia dei siro-cattolici, Sua Beatitudine Mar Ignace Youssef III Younan, per la prima volta in visita ufficiale in Vaticano. Nel sottolineare il “vivo legame” tra la “tradizione orientale cristiana e il Vescovo di Roma”, il Papa ha così concluso:

     
    “Mentre assicuro per Lei, venerato Fratello, e per quanti La accompagnano la mia preghiera, vorrei nel contempo esprimere la mia sollecitudine e considerazione a tutte le Chiese Orientali Cattoliche, incoraggiandole a proseguire la missione ecclesiale, pur tra mille difficoltà, per edificare ovunque l'unità e la pace”.

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    Benedetto XVI: il G8 ascolti i leader religiosi. Il commento di Maria Voce, presidente dei Focolari

    ◊   Le religioni hanno molto da offrire ai leader politici: è quanto ribadito, stamani, da Benedetto XVI, che salutando i pellegrini di lingua inglese, all’udienza generale, ha rivolto un pensiero speciale ai partecipanti al IV Summit dei leader religiosi in occasione del G8. All’evento, che si conclude stasera a Roma dopo due giorni di lavori, prendono parte oltre cento leader religiosi uniti nel ribadire il ruolo dei credenti nella costruzione di un mondo di pace. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI sostiene l’impegno dei leader religiosi mondiali in favore della pace e loda il “G8 delle religioni”, iniziativa che ribadisce il ruolo fondamentale dei valori spirituali nella vita dei popoli e di ogni persona. All’udienza generale, il Papa ha parole di apprezzamento per i promotori del Vertice:

     
    I am confident that it will do much to draw the attention…
    “Sono sicuro – è la convinzione del Pontefice – che questo evento farà molto per calamitare l’attenzione dei leader politici del mondo sull’importanza delle religioni all’interno del tessuto sociale di ogni società”. Un Summit, ha aggiunto, che mette l’accento sul dovere dei leader di promuovere leggi e politiche che sostengano il bene comune. E sul contributo che le religioni possono dare alla società, specie in un periodo di crisi, si è soffermato ieri il cardinale Jean-Louis Tauran. Il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha affermato che l’ambizione dei leader religiosi è di “illuminare la riflessione” dei capi politici “da un punto di vista etico e aprire gli spiriti e i cuori alla ricerca del bene comune”. I responsabili delle istituzioni, ha avvertito il porporato, devono porsi la domanda se “la politica, l’economia, le leggi sono al servizio della persona umana creata ad immagine di Dio”. Serve “un esame di coscienza”, è l’esortazione del cardinale Tauran, che ha aggiunto: “In un mondo globalizzato, illuminiamo la loro strada perché nascano solidarietà concrete”.

     
    Il Vertice delle religioni, che si tiene a Villa Madama ed è iniziato, ieri nella mattinata, con una visita degli oltre cento leader religiosi alle popolazioni dell’Aquila colpite dal terribile sisma del 6 aprile scorso, si concluderà nella serata di oggi con l’approvazione di un documento finale. Altro momento importante, ieri pomeriggio, l’incontro dei partecipanti al Summit con il presidente della Repubblica, al Palazzo del Quirinale. Giorgio Napolitano ha sottolineato che è “essenziale un ristabilimento di valori spirituali e morali che sono stati largamente assenti” nelle scelte “di molti soggetti economici e politici del mondo negli anni scorsi”. Valori, ha detto, che possiamo trovare proprio nelle religioni mondiali. Nella nostra visione, ha aggiunto, “riconosciamo pienamente” che “il fatto religioso, la presenza religiosa” hanno una “dimensione pubblica e un valore pubblico”.

     
    E stamani, è intervenuta al “Summit delle Religioni” anche Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, che in questa intervista di Alessandro Gisotti si sofferma sui frutti che possono portare iniziative come questo Vertice in corso a Roma:

    R. – Il primo frutto è proprio questo fatto di potersi guardare in faccia e parlare costruendo dei rapporti; quindi, il primo frutto è proprio a livello personale: però questi rapporti non restano fine a se stessi, evidentemente, perché poi ognuno credo che porti, nel proprio ambito ed anche nella comunità religiosa cui appartiene, una nuova speranza, perché sente che si tratta di valori condivisi che investono un po’ tutte le persone, tutti gli esseri umani di buona volontà ed anche una nuova presa di coscienza che abbiamo davvero, in quanto persone appartenenti alle diverse religioni, la nostra parola da dire all’umanità.

     
    D. – Viviamo un periodo di grande crisi, economica ma non solo; che cosa possono dare le grandi religioni ad un’umanità un po’ smarrita?

     
    R. – Io penso che possano dare degli ideali sicuri, cioè l’ideale della fraternità, e far vedere che c’è un piano di Dio sull’umanità, per fare dell’umanità una famiglia e quindi costruire rapporti di famiglia non solo fra gli uomini, ma anche fra i popoli, e questo è un messaggio che, partendo dalle religioni, può arrivare alle persone che contano, anche nella politica dei vari Stati.

     
    D. – Dal cardinale Tauran al presidente della Repubblica italiana Napolitano, c’è una condivisione: servono i valori spirituali, anche di fronte alla crisi economica?

     
    R. – Penso proprio di sì. Penso che servano i valori spirituali, perché la crisi economica, in fondo, è una crisi legata a delle sperequazioni che sono nate dall’odio, dalla guerra, dalla sopraffazione, quindi dai mali che, purtroppo, sono entrati nel cuore dell’uomo. Quindi, se al posto di questi si mette l’amore, si mettono i valori spirituali, penso che questo può provocare un’inversione di tendenza, e quindi arrivare anche a dei risultati concreti.

     
    D. – Con questo vertice si vuole anche sottolineare la dimensione pubblica delle religioni…

     
    R. – Certo. Proprio negli interventi di stamattina, c’era quello del rappresentante del Canada – che ospiterà il vertice il prossimo anno –il quale affermava anche quest’intenzione: cioè che i membri del summit religioso potessero incontrare i membri effettivi del G8.

     
    D. – Il G8 è ormai alle porte, e alle porte è anche – il Papa stesso lo ha detto - la pubblicazione di un’enciclica sociale; anche questo può essere un contributo importante…

     
    R. – Assolutamente. Noi aspettiamo quest’enciclica con grande gioia, ci sembra anche che questa presa di coscienza della Chiesa – che si esprime attraverso il Papa nell’enciclica sociale – può essere un grandissimo aiuto per attuare quello che Gesù vuole.

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    Fedeltà integrale al Vaticano II e al Magistero post-conciliare: così il Papa ai vescovi austriaci. Intervista col cardinale Schönborn

    ◊   La situazione della diocesi Linz e più in generale della Chiesa in Austria sono stati i temi al centro della visita di due giorni compiuta in Vaticano da una delegazione di vescovi austriaci. I presuli, guidati dal presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, hanno incontrato il Papa e alcuni capi dicastero della Curia Romana. Il servizio di Sergio Centofanti.

    In un comunicato della Sala Stampa vaticana si sottolinea come tale riunione, conclusa ieri, sia stata caratterizzata da vivo “affetto collegiale”: i temi sono stati affrontati “in un dialogo fraterno e in spirito costruttivo” e sono state prospettate “soluzioni per i problemi in atto”. Il Papa “ha richiamato l’urgenza dell’approfondimento della fede e della fedeltà integrale al Concilio Vaticano II e al Magistero post-conciliare della Chiesa, e del rinnovamento della catechesi alla luce del Catechismo della Chiesa Cattolica”. Inoltre – continua il comunicato – “si è parlato di questioni dottrinali e pastorali e della situazione del clero, del laicato, dei Seminari maggiori e delle Facoltà teologiche a Linz ed in altre diocesi dell’Austria”. Da parte loro “i vescovi austriaci hanno ringraziato il Santo Padre per la sua sollecitudine paterna e per questo incontro, segno della sua vicinanza alla Chiesa in Austria e lo hanno assicurato della loro piena comunione e del loro affetto”. Gratitudine è stata espressa dai vescovi austriaci anche alla Curia Romana “per la fruttuosa collaborazione e la disponibilità”. All’incontro hanno preso parte i cardinali Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, e Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici.

     
    Su questo incontro ascoltiamo il cardinale Schönborn, intervistato dalla collega Gudrun Sailer:

    R. – Wir waren „eingeladen“ – ich betone das ausdrücklich, denn es war ein sehr …
    Siamo stati “invitati” – e ci tengo a sottolinearlo, perché si è trattato di un colloquio molto cordiale, molto fraterno; non siamo stati “convocati” a Roma, ma ci è stato chiesto un confronto sulla situazione della Chiesa in Austria e più in particolare nella diocesi di Linz. Non è mistero che in quella diocesi ci siano forti tensioni, che esistono fazioni, che la nomina di mons. Wagner a vescovo ausiliare abbia scatenato forti controversie, che il suo ritiro, o meglio, la sua richiesta al Santo Padre di poter recedere dall’incarico e di non ricevere la consacrazione, da un lato è stata accolta con grande soddisfazione e dall’altro con grande rammarico: questi sono dati di fatto. E tutto questo desta preoccupazione. Ci si chiede: com’è la situazione a Linz? Cosa succederà a Linz? E per questo il Santo Padre ha voluto – l’iniziativa è stata sua personale – invitare noi, il vescovo di Linz, le tre prime cariche della Conferenza episcopale – il presidente, il vice-presidente e il metropolita di Salisburgo – per discutere con noi e con i responsabili delle rispettive Congregazioni, la situazione. Questo colloquio si è svolto affrontando i temi singolarmente, anche secondo le competenze delle rispettive Congregazioni, quindi sul seminario diocesano, sulla facoltà teologica, sulla condizione dei laici, sulle domande relative al Magistero – quindi di competenza della Congregazione per la Dottrina della fede –, sulle domande relative alla disciplina ecclesiastica … ma tutto questo in modo molto fraterno. In nessun momento abbiamo avuto la sensazione di trovarci sul banco degli imputati; abbiamo veramente percepito la preoccupazione comune ed è stata per noi un’esperienza toccante prendere coscienza del gran da fare che ha il Santo Padre con questa Chiesa che è universale, e che ciò nonostante egli si prende tanto tempo per ascoltare le preoccupazioni della piccola Chiesa austriaca, per ascoltare le nostre preoccupazioni, per formulare le preoccupazioni di Roma nei nostri riguardi. Abbiamo sentito il profondo amore del Papa per l’Austria, per la Chiesa che è in Austria, e gli siamo molto, molto riconoscenti.

     
    D. – Questioni di Magistero e questioni di disciplina, lei diceva: sono state affrontate anche le richieste contenute nelle iniziative dei laici, con i quali lei si è recentemente confrontato?

     
    R. – Das war nicht direkt Thema dieses Treffens, aber ich habe ja der Laieninitiative …
    Non è stato direttamente argomento di questo incontro, anche se io avevo promesso all’iniziativa dei laici che avrei personalmente consegnato le loro richieste, il loro memorandum: ed è quello che ho fatto, consegnando il tutto al cardinale Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, accompagnato da una mia lettera di accompagnamento. Ho pregato lui, che è competente per il clero in tutto il mondo, di leggere il documento con attenzione – anche se io personalmente non sono d’accordo con alcune conclusioni di questa iniziativa, cosa che ho detto apertamente – perché credo che sia importante che a Roma si conosca la posizione di una parte dei nostri laici in merito ad alcune preoccupazioni della Chiesa. In questo senso ho consegnato il documento. Questo non è stato parte del nostro incontro, ma un’aggiunta allo stesso.

     
    D. – Quali sono oggi quei punti dolenti nella Chiesa in Austria per i quali lei pensa di avere fatto veramente un passo avanti nel colloquio di questi giorni? Quali suggerimenti porta con sé, tornando a casa, in Austria?

     
    R. – Es ist zuerst und ganz entscheidend was der Heilige Vater uns am Anfang…
    E’ di primaria e determinante importanza quello che il Santo Padre ci ha detto fin dall’inizio e che ci ha ripetuto a conclusione dell’incontro: la cosa determinante è la questione della fede. La fede viva in Dio, in un Dio che “è” veramente e che è veramente “divenire”, che veramente è presente. Il Santo Padre ci ha detto una cosa che ci ha molto colpiti, anche a proposito del grande tema del celibato, perché in Austria e in particolare nell’Austria del Nord, questo è ovviamente un argomento discusso con grande fervore. Egli ha detto: in definitiva, la questione è: noi crediamo che sia possibile, che sia ragionevole impostare la propria vita interamente su questo unico fondamento che è Dio? E al servizio di Dio e di Gesù Cristo, conferire a questo servizio anche uno stile di vita, nello stile di vita del celibato come lo aveva inteso Gesù, “per il Regno dei Cieli”, non per sfiducia nei riguardi del matrimonio o come disprezzo del matrimonio, ma perché il bene più alto che ci è dato, che ci è stato affidato, Dio, Gesù Cristo, è presente nel mondo e per questo è possibile e ragionevole impostare la propria vita interamente su Cristo? Il Santo Padre ci ha parlato dell’Anno sacerdotale, che inizia venerdì e ci ha mostrato come il punto nodale sia proprio questo: l’esempio del Santo Curato d’Ars, patrono dei parroci, e poi anche patrono dei sacerdoti, quale sarà proclamato quest’anno, l’esempio di una vita che ha una tale forza irradiante ed una tale forza persuasiva come quella del parroco di Ars, una vita vissuta tutta nella dedizione a Dio, nella preghiera e nell’Eucaristia e che per questo è stata per tanti uomini un dono incredibile … Ecco, questo è l’esempio da seguire e se anche soltanto proviamo un poco a seguire questo esempio, allora avremo fatto una cosa determinante per il rinnovamento.

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    Sala Stampa vaticana: illegittime le ordinazioni sacerdotali della Fraternità San Pio X

    ◊   Le ordinazioni sacerdotali dei lefebvriani sono da considerarsi “illegittime”: è quanto sottolinea la Sala Stampa della Santa Sede in una nota pubblicata oggi che risponde alle “frequenti domande” a proposito delle ordinazioni della Fraternità San Pio X in programma alla fine di giugno. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Finché la Fraternità (San Pio X) non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa (...) finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri (...) non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa”: la nota della Sala Stampa vaticana ricorda alcuni passaggi fondamentali della Lettera indirizzata da Benedetto XVI ai vescovi lo scorso 10 marzo. “Le ordinazioni – ribadisce il comunicato - sono quindi da considerarsi tuttora illegittime”. Nella stessa Lettera, rammenta la comunicato, il Papa ha annunciato la sua intenzione “di provvedere a un nuovo status della Commissione Ecclesia Dei in collegamento con la Congregazione per la Dottrina della Fede”. “Vi è ragione di pensare – si legge ancora – che la definizione di tale nuovo status sia prossima”. Ciò, spiega la nota, “costituisce la premessa per l'avvio del dialogo con i responsabili della Fraternità San Pio X in vista dell'auspicato chiarimento delle questioni dottrinali e, conseguentemente, anche disciplinari, che rimangono tuttora aperte”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il messaggio della fede va calato nella cultura di ogni popolo: all'udienza generale il Papa parla dell'opera svolta dai santi Cirillo e Metodio.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Luca M. Possati dal titolo "Da Washington a Teheran uno sguardo attraverso il prisma mediorientale".

    L'ultima fatica di Michelangelo pittore: in cultura, Antonio Paolucci anticipa le linee guida e i risultati dei restauri appena completati della Cappella Paolina in Vaticano.

    Aleksander Horowski sul rapimento mistico di san Paolo nell'interpretazione di san Bonaventura e dei suoi maestri.

    Un anno vissuto pericolosamente (oppure no): Marcello Filotei recensisce il libro "1969. Tutto in un anno".

    Il ricco giacimento della memoria dei cattolici in politica: i sessant'anni dell'Istituto Luigi Sturzo nell'intervento del segretario generale, Flavia Piccoli Nardelli, in occasione della consegna del nono premio Giambattista Gifuni.

    L'insospettabile profondità del giallo: Silvia Guidi sull'incontro fra scrittori a Roma, sotto la luna di Massenzio.

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    Oggi in Primo Piano



    Brasile: ucciso sacerdote impegnato nella pastorale giovanile

    ◊   Dolore e sgomento nella Chiesa brasiliana: il sacerdote stimmatino Gisley Azevedo Gomes, tra i responsabili della pastorale giovanile in seno alla Conferenza episcopale, è stato brutalmente assassinato. Aveva 31 anni. Costernati i vescovi del Brasile: padre Gisley – hanno sottolineato - è stato vittima della violenza che combatteva. Il servizio di Bianca Fraccalvieri.

    Ucciso con un colpo di pistola sul viso e due nella testa: la polizia di Brazlândia, un paese vicino alla capitale Brasilia, ha già arrestato quattro giovani, tra cui un minorenne, che hanno confessato il crimine. Saliti in macchina con padre Gisley, gli hanno rubato un assegno di circa 300 euro e due carte di credito. Dopo, l’hanno ucciso. Padre Gisley è stato visto l'ultima volta domenica sera: il suo corpo è stato ritrovato ieri pomeriggio. In comunicato, la Conferenza episcopale brasiliana chiede alle autorità che i colpevoli siano puniti e ricorda l'impegno di padre Gisley in favore della gioventù brasiliana. Il sacerdote era uno dei responsabili della campagna nazionale "Gioventù in Marcia contro la violenza". Ecco quanto ci ha detto dom Dimas Lara Barbosa, segretario generale della Conferenza Episcopale Brasiliana, al microfono di Silvonei Protz:

     
    R. – Quello che vorrei dire è che padre Gisley Azevedo Gomes era un prete giovane che combatteva in favore delle cause della gioventù. Nell’ultimo messaggio che ci ha lasciato, ha detto che la pastorale della gioventù in Brasile voleva iniziare una campagna nazionale contro lo sterminio dei giovani, perché i giovani sono le principali vittime della violenza e lui, prete giovane, è stato coinvolto in questa violenza. Dunque, anche se i nostri cuori in questo momento sono tristi per la dipartita del nostro fratello, la sua morte ci spinge ancora di più in direzione di una lotta in difesa della pace.

     
    Sempre sorridente, padre Gisley, in visita alla Radio Vaticana lo scorso aprile, ha parlato della violenza giovanile in Brasile e del lavoro della Chiesa Cattolica. Ascoltiamo quanto ha detto al microfono di Silvonei Protz:

     
    "Não podemos deixar de priorizar a opção pelos jovens empobrecidos..."
    Non possiamo non fare dell'opzione per i giovani poveri una priorità. Nel caso del Brasile, Paese colpito da un alto tasso di violenza, sappiamo della speciale attenzione che bisogna dare ai giovani poveri, di periferia, ai giovani neri che sono i più vulnerabili nella nostra società di oggi. Anzi, con molta tristezza esortiamo tutti a rivolgere uno speciale sguardo alla gioventù perché sono molti i giovani che vengono uccisi ogni giorno. Con molta tristezza vi dico che, in Brasile, perdiamo ogni anno 45-50 mila giovani soltanto per episodi di violenza. Tutto ciò a causa di situazioni che potrebbero essere evitate se avessimo un Paese con maggiore giustizia, se la nostra azione evangelizzatrice riuscisse veramente ad arrivare a questi giovani, se avessimo più gruppi giovanili nelle nostre comunità ecclesiali! Invitiamo tutti a mettersi in marcia contro la violenza che sta uccidendo la nostra gioventù e sta togliendo la vita alla Chiesa, alla famiglia e alla società.

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    Iran: non si ferma la protesta

    ◊   Il candidato sconfitto alle elezioni presidenziali iraniane, Mir Hossein Mussavi, ribadisce, sul suo sito web, la richiesta di annullamento del voto del 12 giugno e di una nuova consultazione. E l’opposizione in Iran si dà appuntamento oggi pomeriggio di nuovo in piazza, mentre continuano gli arresti di esponenti riformisti e censure. Dal canto suo, il presidente rieletto, Mahmud Ahmadinejad, afferma che “la causa rivoluzionaria ha vinto” nelle presidenziali. Intanto, il mondo riflette sulle parole di Obama: “c'è poca differenza tra le politiche del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e del suo rivale alle elezioni Mir Hossein Mussavi”. Il servizio di Fausta Speranza:

    L'appuntamento è per le 17, di nuovo in piazza nel centro di Teheran, mentre si viene a sapere di manifestazioni con incidenti avvenute negli ultimi giorni anche in altre città. Per domani il riformista Mussavi chiede una giornata di lutto per le vittime con marce e raduni. Da parte sua il parlamento annuncia un’inchiesta sull’assalto notturno a un dormitorio per studenti. Intanto, il governo cancella gli accrediti degli inviati stranieri, proibisce di seguire le manifestazioni e accusa alcuni media stranieri di farsi ''portavoce'' dei ''rivoltosi'': il Ministero degli Esteri iraniano avverte che a questi ''nemici'' sarà inflitto ''uno scacco matto''. D’altra parte, il giro di vite sull’informazione si stringe anche per il web: i pasdaran, nel loro primo intervento pubblico dalla fine delle elezioni, minacciano di intervenire se non verranno rimosse da siti web e blog notizie che "diffondano tensione". Ma non è solo censura mediatica: proseguono fermi e arresti. In mattinata è toccato a un noto professore universitario di sociologia, Hamid Reza Jalaipur, e al direttore del giornale economico Sarmayeh (l'economista e analista politico Said Laylaz). Intanto la stampa estera riporta le parole di Obama: il presidente degli Stati Uniti che aveva lanciato inviti al dialogo all’Iran, ribadisce, in un’intervista alla Cnbc, la profonda preoccupazione per le incertezze e le violenze post elettorali citando per la prima volta in questi ultimi giorni i nomi dei due protagonisti. Spiega che in entrambi i casi si tratta di politiche all’interno di un regime ostile agli Stati Uniti che hanno a cuore che il regime non abbia un'arma nucleare e non fomenti il terrorismo. Obama in ogni caso ribadisce con forza il principio universale in base al quale "le voci devono essere ascoltate e non soppresse''.

     
    Ad Ahmad Rafat, giornalista iraniano, Stefano Leszczynski, ha chiesto quali siano le differenze tra i due schieramenti che si fronteggiano in Iran in questi giorni:

    R. – Visto che nell’ultimo anno la crisi economica in Iran è stata molto forte, con un’inflazione sopra il 25 per cento, credo che le questioni economiche siano uno dei motivi principali del perché la gente in Iran abbia votato Mussavi. Nella politica estera - alla quale credo si riferisca il presidente Obama - io non ho dubbi che, per esempio, su una questione cruciale come il nucleare, Mussavi, Ahmadinejad e chiunque altro venga eletto presidente in Iran, nella fase attuale, porterebbe avanti la stessa politica.

     
    D. – Quindi, quando si parla di un esponente della corrente moderata per Mussavi, in sostanza, ci si riferisce alla capacità di comunicare e di dialogare in maniera politica senza esasperare più di tanto le tensioni?

     
    R. - Devo precisare che Mussavi si autodefinisce un conservatore moderato. Non si è mai definito riformatore nel senso di appartenere a quell’ala che fa riferimento a Khatami ma si è spostato dall’altra parte per salvare il Paese dalla grave crisi economica.

     
    D. – Tuttavia, quello che sta facendo in questi giorni in Iran appare, almeno agli occhi dell’Occidente e del resto del mondo, piuttosto rivoluzionario…

     
    R. - C’è stata una rottura nell'“establishment” e questa spaccatura esiste e diventa ogni giorno più profonda. Adesso dipende da come i riformatori, chi vuole veramente cambiare, possano utilizzare questo. Quello che Mussavi ha fatto e sta facendo in questi giorni nelle piazze di Teheran è esattamente quello che conservatori come lui hanno fatto trent’anni fa durante il regime dello Shah prima del ritorno di Khomeini.

     
    D. - Questa crisi potrebbe sfuggire di mano ai suoi leader e trasformarsi in qualcosa di diverso?

     
    R. – Ci sono tutte le condizioni perché succeda. Io credo che il prossimo venerdì sia una giornata decisiva, sempre seguendo il calendario religioso. Se in massa si contesterà Khamenei durante la preghiera, se la gente farà sentire la sua voce anche a lui, la risposta che lui darà può essere decisiva per quello che potrà succedere. O vinceranno le trattative e i manifestanti dovranno rientrare in casa perché perderanno una guida oppure da venerdì in poi la faccenda si farà molto più seria.

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    Presentato un nuovo documentario su Padre Pio

    ◊   “Sulle orme di Padre Pio: i suoi luoghi, il suo messaggio”. E’ il titolo del documentario prodotto da Angelo Bassi e Gioacchino Marino in collaborazione con i Frati cappuccini della Basilica di San Giovanni Rotondo e presentato stamani nella sede della nostra emittente. Il documentario, diretto da Annarita Cocca, verrà distribuito domenica prossima in concomitanza con la visita di Benedetto XVI a San Giovanni Rotondo. Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri, il giornalista di “Famiglia Cristiana” Saverio Gaeta, il vaticanista di Rai Vaticano Giuseppe De Carli e il rettore della Basilica di San Giovanni Rotondo, fra Francesco Dileo. C’era per noi Amedeo Lomonaco:

    (musica)

     
    Il documentario offre un suggestivo itinerario per ripercorrere i luoghi del frate di Pietrelcina. Le immagini – ha spiegato Saverio Gaeta - mostrano i luoghi di Padre Pio e diversi oggetti, tra cui il calice, il messale e il crocifisso:

    “Dopo tanti documentari, tanti libri, tante esperienze e tanti racconti, che quasi ci fanno pensare che non ci sia più nulla di nuovo da dire su Padre Pio, in questo documentario ci viene consentito di percorrere le stesse orme del Santo. La santità, spesso, viene vista come un qualcosa di alto ma di disincarnato. Documentari come questo ci mostrano, invece, che la realtà di ogni Santo è fatta di gesti molto semplici, molto concreti e molto umani”.

    Dal documentario – ha aggiunto Giuseppe De Carli - emerge la figura di Padre Pio come modello di sacerdote che entra nelle case della gente lasciandovi un messaggio di amore, di fede e di speranza:

    “Mi sembra quindi giusta la scelta di riproporre il religioso che celebra la Santa Messa. Questa scena si ripete più volte. Ma la frase più luminosa è quella che lo stesso Padre Pio sceglie per definirsi. Scrive semplicemente: ‘Sono soltanto un sacerdote che prega’. Per questo milioni di persone si sono innamorate di lui”.

    Fra Francesco Dileo ha ribadito infine il significato e l’obiettivo di questo percorso sui luoghi di Padre Pio accompagnato dalle telecamere:

    “L’esperienza di accompagnare le telecamere nei luoghi di San Pio l’ho subito vissuta come una sorta di apostolato, un modo differente, se vogliamo, per arrivare alla gente e far conoscere la figura di Padre Pio”.

    (musica)

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    Chiesa e Società



    L'Africa celebra la Giornata del bambino

    ◊   Il “diritto all’istruzione e alla dignità” è stato il tema della Giornata del bambino africano che, giunta alla XIX edizione, si è celebra ieri nel ricordo delle centinaia di scolari neri uccisi dalla polizia a Soweto, in Sudafrica, il 16 giugno 1976, mentre marciavano per protestare contro la qualità inferiore della loro educazione e per sostenere il loro diritto a ricevere l’istruzione nella loro propria lingua. “È un giorno – ha detto Seynabou Ndiaye Diakhate, presidente del Comitato dell’Unione Africana per i diritti dei bambini - per meditare sulla sofferenza che la maggior parte dei bambini africani deve sopportare e su come possiamo operare insieme per trovare una soluzione sostenibile ai problemi che un bambino africano deve affrontare”. Numerose le manifestazioni che si sono svolte ieri in ogni angolo del continente – riferisce l’agenzia Misna - per attirare l’attenzione sulle condizioni di vita dei bambini in Africa oggi. A Yaoundè, in Camerun, 180 bambini provenienti dalle diverse regioni del paese partecipano per una settimana agli incontri del ‘parlamento dei bambini’ per discutere come eliminare la povertà, garantire l’istruzione per tutti ed eliminare il lavoro minorile. Almeno 200 bambini hanno attraversato, a ritmo di musica, le strade di Kigali, in Rwanda, innalzando striscioni con messaggi come “Abbiamo diritto di essere protetti e curati” e “Fermate il lavoro minorile”. Più di 500 bambini a Bentiu, in Sud-Sudan, hanno partecipato a giochi e spettacoli teatrali organizzati nello stadio della città. Varie iniziative sono state organizzate anche in Etiopia, ad Addis Abeba, dall’Unione Africana, che 15 anni fa, nel 1991, in ricordo della rivolta di Soweto, dichiarò il 16 giugno Giornata del bambino aficano, attestando ufficialmente il contributo dei bambini e degli adolescenti alla lotta contro l’apatheid. Nel continente “sono ancora disattesi il diritto all’identità, alla salute, all’educazione, alla famiglia” fa sapere all’agenzia Sir l’associazione Ai.Bi. Amici dei bambini. In Kenya, Paese in cui opera, sono quasi due milioni e mezzo gli orfani, un terzo dei quali sotto i cinque anni. Anche nella Repubblica Democratica del Congo, “nel clima di terrore e caos della guerra che colpisce il Paese da anni – spiega l’Ai.Bi -, molti bambini sono stati separati dalle loro famiglie, altri sono stati abbandonati nei centri o per le strade. Più di 4 milioni gli orfani. Dati allarmanti e che impongono una seria riflessione” conclude il presidente dell’associazione Marco Griffini. (R.P.)

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    Giornata contro la desertificazione

    ◊   Si celebra oggi la quindicesima “Giornata Mondiale per la Lotta alla Desertificazione e alla Siccità”, voluta nel 1994 dall’ dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema e promuovere l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite meglio nota come Unccd (United nations convention to combat desertification), per la lotta alla desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e desertificazione, in particolare l’Africa. La desertificazione fa sentire il suo peso su un terzo della superficie terrestre, minacciando la vita, il benessere e lo sviluppo di ben un miliardo di persone. Di fronte a lunghi periodi di siccità, la carestia e la povertà, molti abbandonano questi territori aridi. Ci sono, secondo le stime, 24 milioni di persone in fuga. Un numero che potrebbe salire a 200 milioni entro il 2050. Si tratta perlopiù di profughi che vedono a rischio la salute ed il benessere a causa di avverse condizioni climatiche ma anche per le conseguenze delle attività messe in essere dall’uomo sul pianeta. Il timore è che la superficie terrestre, già inaridita per circa il 47%, si possa trasformare ulteriormente in deserto, nelle zone caratterizzate da carenza di piogge e da alte temperature. In particolare, l’Africa. Il primo passo, dicono gli esperti dell'Unccd, deve essere quello di un protocollo contro la sete per fornire a ogni essere umano l’acqua necessaria. In Italia, secondo il Corpo forestale dello Stato, oltre il 21% del territorio nazionale è a rischio di desertificazione. Il cambiamento climatico è un fattore determinante, ma non l'unico. In particolare, vanno riconsiderate – sempre secondo il rapporto del’Unccd - le pratiche agricole in riferimento all’uso delle risorse idriche destinate sempre più a diminuire. La crescente domanda anche per i biocarburanti graverà ulteriormente sulle risorse disponibili, se non gestite in maniera sostenibile. ( A cura di Anna Villani)

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    Rapporto sugli Obiettivi del Millennio: la crisi minaccia i più poveri

    ◊   “Il 2009 sarà un anno cruciale per la povertà nel mondo. La crisi economica globale ha già fatto precipitare 50 milioni di persone, soprattutto donne e bambini, nella totale indigenza; in questa situazione la salute dei più deboli diventa una priorità assoluta per governi, società civile e organizzazioni umanitarie”: lo afferma il rapporto Onu sullo stato di attuazione degli Obiettivi del millennio (Odm) 2009, relativi alla salute globale, presentato ieri alle Nazioni Unite. “Ridurre la mortalità infantile di due terzi e quella materna di tre quarti entro il 2015, due tra i più trascurati Odm – riferisce il rapporto ripreso dall'agenzia Misna – risultano inoltre minacciati dalla peggior crisi economica che si ricordi dagli anni Trenta, specie nei paesi a basso reddito”. Ma questo periodo di crisi sarebbe il momento più sbagliato per tralasciare l’impegno a soddisfare le esigenze di base dei più poveri, sottolinea il documento, 58 pagine redatte da una commissione di esperti e con il contributo di numerosi capi di stato e di governo, secondo cui “i tempi sono maturi per una maggiore responsabilità, soprattutto da parte di quei paesi che hanno completato il loro cammino verso il pieno sviluppo”. Nel presentare il rapporto Margareth Chan, direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha sottolineato che “se la crisi è globale le sue conseguenze non sono percepite con la stessa gravità in tutto il mondo. Ancora una volta a pagare il prezzo più alto sono i Paesi in via di sviluppo e all’interno di essi i più vulnerabili”. Fare di più di quello che si sta facendo “è un imperativo non solo morale nei loro confronti ma dettato dal fatto che le malattie, nel mondo odierno, possono raggiungere livelli pandemici”. La Chan ha sottolineato che “esiste un pericoloso squilibrio nell’accesso alle cure e alla salute in generale” e che i governi sono chiamati a confrontarsi con un cambio di rotta nelle politiche internazionali, percepito come un’urgenza da parte dei paesi più poveri”.

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    Onu: 42 milioni i rifugiati nel mondo

    ◊   L’80% dei rifugiati del mondo, che solo lo scorso anno 2008 sono stati 42 milioni, si trova nei Paesi in via di sviluppo, così come la stragrande maggioranza degli sfollati. Sono i dati del “Global Trends” il rapporto statistico annuale pubblicato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr). Un dato che risulta incrementato dalla maggiore durata dei conflitti. Nei numeri del rapporto sono compresi pure i 16 milioni di rifugiati, i richiedenti asilo ed i 26 milioni di sfollati all'interno del proprio Paese. Dai dati provvisori del 2009, non rappresentati nel rapporto, - rende noto il Sir - si avverte un mutamento di tendenza. “Nel 2009 abbiamo già assistito a un consistente movimento forzato di popolazioni, principalmente in Pakistan, Sri Lanka e Somalia” ha detto l'Alto Commissario Antonio Guterres. “Se alcune forme di fuga possono avere breve durata, altre possono durare anni e perfino decenni in attesa di una soluzione”. L'Unhcr si occupa di 25 milioni di persone, fra i quali 14,4 milioni di sfollati e 10,5 milioni di rifugiati. Gli altri 4,7 milioni di rifugiati sono palestinesi sotto la competenza dell'Unrwa. (A.V.)

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    Svelato il piano di Hitler per far rapire o uccidere Pio XII

    ◊   Adolf Hitler voleva far rapire o uccidere Papa Pio XII: il quotidiano ‘Avvenire’ con nuovi dettagli e testimonianze ricorda il piano organizzato dal ‘Quartier generale per la sicurezza del Reich’ di Berlino. Il figlio di uno dei personaggi chiave, Niki Freytag von Loringhoven, ha rivelato che il 29 e 30 luglio del 1943 si svolse a Venezia un incontro segreto per informare il capo del controspionaggio italiano, generale Cesare Amè, dell’intenzione del Führer di punire gli italiani per l’arresto di Mussolini con il rapimento o l’uccisione di Pio XII. A tale scopo arrivarono in aereo direttamente da Berlino il capo controspionaggio, ammiraglio Wilhelm Canaris, e due colonnelli, Erwin von Lahousen e Wessel Freytag von Loringhoven. Il capo del controspionaggio italiano, una volta rientrato a Roma, divulgò la notizia e il piano venne accantonato. Il proposito di uccidere o rapire il Papa era stato rivelato per la prima volta, nel 1972, dal generale delle ss Karl Wolf. Di questo piano non erano emersi finora altri riscontri. (A.L.)

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    West Bengala: è ancora emergenza per il ciclone Aila

    ◊   Sono quasi 7milioni gli indiani colpiti dal ciclone Aila che tra il 25 ed il 27 maggio si è abbattuto sullo Stato del West Bengala. I distretti più colpiti sono North e South 24 Parganas che raccolgono circa 173 isole sulla fetta di mare che divide India e Bangladesh. Il padre gesuita Jothi, direttore di Udayani, un forum di associazioni che opera in soccorso delle vittime, afferma ad AsiaNews che ”oltre 100mila persone hanno perso la casa e vivono senza l’accesso a cibo, acqua potabile, medicinali e possibilità di riparo. A quasi un mese dall’arrivo di Aila, nella regione permane una situazione di emergenza. Gli operatori delle Ong affermano che il ciclone ha raso al suolo anche le case più solide, divelto tetti e sradicato alberi che hanno danneggiato le linee elettriche e reso impraticabili le vie di trasporto. Il sacerdote dice che “da ieri il governo ha iniziato a distribuire razioni di acqua potabile nella municipalità di Gosaba e tra la gente si sono verificati diversi casi di diarrea come già capitato a Lahiripur”. Padre Jothi afferma che il governo ed i partiti dell’opposizione stanno cercando di rispondere ai bisogni immediati senza però programmare interventi di riabilitazione a lungo termine. Per il gesuita “la sfida più grande ora è rendere la terra ancora coltivabile”. Il sale dell’acqua marina “ha inzuppato il suolo ed è il maggior pericolo per i campi di riso, cocomeri e peperoncino che rappresentano la maggior fonte di reddito della zona”. Nonostante la situazione sia grave, padre Jothi non dispera. “Udayani, il nome della nostra associazione, - ha detto - significa alba e io vedo il sole che sale all’orizzonte. Il ciclone ha generato una gara di generosità e di umanità nella popolazione di Calcutta e delle zone rurali”. Il sacerdote, già impegnato negli aiuti di emergenza in occasione di altre calamità naturali del recente passato, spiega che “molte Ong, gruppi di giovani ed altri volontari raccolgono aiuti e materiale necessario per la ricostruzione dimostrando una partecipazione che non ho mai visto prima”. (R.P.)

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    Filippine: appello dei vescovi contro il lavoro minorile

    ◊   Un’azione coordinata tra Chiesa, governo ed operatori sociali per porre fine alla terribile piaga del lavoro minorile. È quanto chiede mons. Deogracias Iñiguez, vescovo di Caloocan e presidente della Commissione per gli Affari pubblici della Conferenza episcopale cattolica delle Filippine (CBCP). Ribadendo la necessità di un impegno concertato “che aiuti l’opinione pubblica a sensibilizzarsi su questo problema”, il presule afferma: “Quella che abbiamo davanti è una vera sfida e dobbiamo lavorare fianco a fianco, perché non possiamo risolvere il problema se restiamo divisi”. Di qui, l’appello alle autorità civili e politiche perché trovino una soluzione per allontanare i bambini dal mondo del lavoro e riportarli nelle scuole. Da ricordare che, secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale statistico filippino, attualmente nel Paese sono circa 4 milioni i bambini che lavorano, con un’età compresa tra i 5 e i 17 anni. Più della metà di essi vengono impiegati nel lavoro nero o a rischio ed il 30% non ha alcuna scolarizzazione. Inoltre, nel rapporto 2007 dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, si sottolinea l’allarmante declino della partecipazione scolastica: tra il 2000 ed il 2001 i dati parlavano di un 6,7%, mentre tra il 2006 ed il 2007 la percentuale sfiorava l’83,22%. Per di più, a causa dell’attuale crisi economica, c’è il rischio che il numero degli abbandoni scolastici aumenti ancora, come afferma Julius Cainglet, membro della Federation of Free Workers’ Information, una sorta di sindacato delle Filippine: “La crisi economica nel Paese aggiunge sempre più bambini ai 4 milioni che sono già al lavoro, invece di andare a scuola”. (I.P.)

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    Caritas: alleviare le sofferenze dei civili in Corea del Nord

    ◊   Alleviare la sofferenza dei poveri più che agire a livello militare: è la soluzione che sostiene la Caritas per uscire dalla drammatica situazione che si vive in Corea del Nord. Proprio la scorsa settimana si sono incontrati, a Pechino, i membri di Caritas Internationalis di Asia, Nord America ed Europa per discutere la situazione nella penisola coreana tra le crescenti tensioni che la affliggono. Il segretario generale di Caritas Internationalis Lesley-Anne Knight ha partecipato all'incontro affermando che “un intervento armato in risposta alle azioni belligeranti della Corea del Nord provocherà solo una maggiore tragedia umana e aggraverà la sofferenza della popolazione. La situazione disperata di molti nordcoreani deve essere affrontata dalla comunità internazionale – ha proseguito la Knight – La maggior parte della popolazione è altamente vulnerabile e vive in uno stato precario in cui non sono garantite le necessità fondamentali. Queste persone non dovrebbero essere vittime delle provocazioni del loro governo”. Le Nazioni Unite – riferisce Zenit che ha ricevuto la comunicazione dalla Caritas - hanno imposto delle sanzioni alla Corea del Nord dopo che il governo di Pyongyang ha condotto dei test di armi nucleari e ha affermato che intende rafforzare il suo programma di armamenti. In questo contesto, la Caritas chiede la denuclearizzazione della regione per poter sostenere uno sviluppo pacifico, colloqui di pace che propongano soluzioni pratiche per i nordcoreani, dichiarando inoltre che rappresentano il modo migliore per evitare ogni escalation che possa portare a un'azione militare. Nei suoi programmi di aiuto, la Caritas ha dato priorità a bambini, donne e anziani. Per molti anni l'organizzazione ha fornito assistenza umanitaria ai più poveri in Corea del Nord, e continuerà a mobilitarsi nei settori della distribuzione di aiuti alimentari, della sanità e dell'istruzione, coadiuvata dai suoi partner locali e regionali. La rete Caritas globale lavora attraverso Caritas Corea per coordinare tutte le attività. La crisi umanitaria in Corea del Nord è sempre più grave. Almeno 8,7 milioni di persone (su una popolazione totale di 23 milioni) hanno bisogno di assistenza alimentare e gli aiuti subiranno ulteriori tagli per mancanza di finanziamenti. In molte zone, le infrastrutture sanitarie ed educative sono vicine al collasso. (A.V.)

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    Documento conclusivo della Conferenza dei vescovi dell’Africa del Nord

    ◊   Pastorale degli studenti, ruolo delle comunità religiose, partecipazione alla seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, approfondimenti teologici della missione. Sono questi gli argomenti discussi dalla riunione della “Conferenza episcopale regionale dell'Africa del Nord” (CERNA) che si è tenuta a Tunisi dal 9 al 12 giugno scorsi. A proposito degli studenti dell’Africa sub-sahariana che studiano nelle università nordafricane, i vescovi si sono chiesti come possono contribuire alla formazione di coloro che saranno i futuri quadri dirigenti dei loro Paesi, e come sostenerli “nella loro responsabilità di essere il volto della Chiesa in un mondo universitario essenzialmente musulmano”. Ogni diocesi nordafricana cerca di offrire a queste persone un’assistenza umana e spirituale e una formazione per aiutarle a maturare come laici impegnati nei loro Paesi e nelle loro Chiese. I vescovi hanno sottolineato l’importanza della presenza e dell’impegno delle comunità religiose. “Constatiamo numerose partenze dovute all’invecchiamento”- affermano i vescovi della Cerna nel loro comunicato finale ripreso dall'agenzia Fides - ma ci rallegriamo per l’arrivo di nuove comunità, provenienti ormai da tutti i continenti; queste accettano di venire a continuare la nostra presenza ecclesiale nella regione”. Queste comunità religiose, notano i presuli, hanno accettato la sfida dell’inculturazione nel Maghreb, in particolare dell’apprendimento della lingua, della conoscenza dell’islam, nella tradizione spirituale delle Chiese locali contrassegnate da figure come Charles de Foucauld. Nel corso della riunione della Cerna è stata inoltre preparata la partecipazione dei propri delegati alla seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi. Gli interventi dei vescovi della Cerna verteranno su quattro sfide che sono specifiche della loro regione: il dialogo islamo-cristiano, gli studenti, i migranti e le diversità culturali. L’Anno Sacerdotale proposto dal Santo Padre aiuterà a precisare meglio il posto originale del ministero presbiteriale nelle nostre Chiese in trasformazione” afferma il comunicato della CERNA. I vescovi hanno anche eletto il loro Consiglio permanente. Mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat (Marocco), è stato rieletto presidente. Mons. Lahham, vescovo di Tunisi, è stato rieletto vicepresidente, e mons. Ghaleb Bader, arcivescovo di Algeri, membro del Consiglio permanente. Padre Daniel Nourissat è stato confermato segretario generale della Cerna. (R.P.)

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    Negato il visto di entrata a Commissione Usa sulla libertà religiosa in Orissa e Gujarat

    ◊   Il governo indiano non ha concesso i visti di entrata ai rappresentanti di una commissione statunitense sulla libertà religiosa, la Uscirf (United States Commission on International Religious Freedom) che volevano fare un’inchiesta sugli avvenimenti del Gujarat e dell’Orissa, i due Stati indiani che sono stati teatro di disordini a carattere religioso. Nel distretto di Kandhamal, in Orissa, vi sono stati episodi di violenza, incendi di chiese, uccisioni di persone ed interi villaggi evacuati nello scorso anno. In Gujarat nel 2002 i musulmani sono stati oggetto di violenza. La commissione Uscirf - riferisce l'agenzia AsiaNews - pubblica ogni anno una relazione sui vari Stati dove vi sono state persecuzioni o restrizioni di libertà religiosa. Prima di mettere l’India in questa lista, la commissione voleva fare una visita per verificare i fatti. Un gruppo sarebbe dovuto arrivare a New Delhi il 12 Giugno, ma non ha ricevuto il permesso d’entrata. L’ambasciata indiana a Washington, che avrebbe dovuto rilasciare i visti, ha ammesso che la richiesta è stata fatta e che tutto è stato riferito a New Delhi. Senza dire che il visto è stato negato, un portavoce del governo ha poi dichiarato che il momento non era opportuno. L’amministrazione Obama non sembra voler fare pressioni per ottenere i visti proprio mentre il sottosegretario di stato William Burns è a New Delhi. In luglio anche la segretario di Stato Usa Hillary Clinton visiterà l’India. (R.P.)

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    Mons. Eguren: organizzazioni 'cattoliche' canadesi promuovono l'aborto in Perù

    ◊   Mons. José Antonio Eguren Anselmi, arcivescovo di Piura e presidente della commissione episcopale per la pastorale della famiglia, ha indirizzato recentemente una lettera ai vescovi del Canada per far presente che alcuni aiuti economici da loro inviati nel Paese, finiscono nelle mani di organizzazioni che, pur presentandosi come “cattoliche”, promuovono l’aborto in Perù. Secondo AciPrensa, agenzia peruviana di notizie ecclesiali, si tratta di organizzazioni nazionali che da molto tempo ricevono aiuti dall’agenzia “Development & Peace” (Desarrollo y Paz), organizzazione dei vescovi canadesi per la solidarietà internazionale. I presuli del Canada - si legge nella lettera di mons. José Antonio Eguren - sono stati ingannati e offrono sostegno economico a “gruppi che lavorano contro i vescovi del Perù e danneggiano la protezione del diritto alla vita delle persone non ancora nate”. Il presule rende noto inoltre che la Conferenza episcopale peruviana ha realizzato approfondite indagini e ha potuto accertare che almeno tre organizzazioni di fatto “appoggiano pratiche abortive”. “Per questo - si legge nella lettera - con molto rispetto chiediamo formalmente che sia fermato questo finanziamento a gruppi abortisti da parte di ‘Development & Peace’, e offriamo la nostra collaborazione per individuare organizzazioni cattoliche coinvolte in autentici progetti di sviluppo” e che potrebbero essere beneficiate “con la generosità dei cattolici canadesi”. Carlos Polo, membro della Commissione episcopale per la famiglia, ha rilevato che la questione non riguarda solo la Chiesa canadese o quella peruviana. Riguarda l’intera comunità cattolica poiché la difesa della vita è un pilastro senza frontiere. L’agenzia ecclesiale ‘Development & Peace’, fondata nel lontano 1967, nel mese di marzo scorso aveva affrontato un problema quasi identico in Messico dopo la denuncia dei vescovi di questo Paese. L’episcopato del Canada ha inviato tra il 15 e il 18 aprile una commissione d’inchiesta in Messico per parlare con le autorità della Chiesa locale e poi consegnare un rapporto ai vescovi. In quell’occasione, l’arcivescovo di Winnipeg, mons. James Weisgerber, presidente della Conferenza episcopale del Canada, aveva affermato: “Non appena saranno accertati i fatti, la Chiesa agirà con tempestività e severità poiché questi aiuti sono per difendere e proteggere la vita, dono di Dio”. (A cura di Luis Badilla)

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    Perù: in Amazzonia si insedia commissione per il dialogo con i popoli indigeni

    ◊   “Voglio ringraziare la Chiesa cattolica e quella evangelica. Che il sangue versato si trasformi in terra fertile di pace, riconciliazione, senza più odio né interessi personali”. Così il primo ministro Yehude Simon si è pronunciato alla cerimonia di insediamento della ‘Commissione per il dialogo’ con i popoli indigeni dell’Amazzonia, mobilitati da oltre due mesi per chiedere la cancellazione di un pacchetto di decreti legislativi che, affermano, mirano a privatizzare le risorse naturali della foresta. Dopo le violenze del 5 giugno a Bagua – il cui bilancio resta incerto – Simon si è recato lunedì nella Selva Centrale, dove ha incontrato i dirigenti delle comunità native a cui ha promesso di promuovere in parlamento la deroga di due discussi decreti, che i popoli autoctoni considerano lesivi dei loro diritti. Simon - precisa l'agenzia Misna - si è peraltro detto pronto a lasciare l’incarico “quando tutto tornerà tranquillo, credo nelle prossime settimane” con un gesto interpretato come un chiaro segnale di distacco dal governo centrale. Mentre la Selva Centrale resta paralizzata in attesa di sapere se le promesse del governo saranno mantenute, le autorità di Lima hanno reso noto di aver concesso un salvacondotto ad Alberto Pizango, presidente dell’Associazione interetnica di sviluppo della selva, promotrice della mobilitazione dei nativi; Pizango, accusato di sedizione, ha ottenuto asilo politico dal Nicaragua dove potrebbe trasferirsi a breve. (R.P.)

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    La Paz: primo Congresso Internazionale su "Famiglia e dignità umana"

    ◊   Oggi e domani si tiene a La Paz, in Bolivia, il primo Congresso Internazionale “Famiglia e dignità umana, un solo impegno”, che conta sulla partecipazione di relatori del Messico, del Cile, dell’Ecuador, dell’Argentina e della Bolivia. In questi due giorni di lavoro si affronteranno temi legati alla dignità, ai diritti e alle sfide che deve affrontare oggi la famiglia. Come spiegano gli organizzatori, la famiglia si trova oggi a vivere delle sfide permanenti a causa di diverse situazioni, sfide alle quali occorre fare fronte con un’adeguata formazione dei genitori, che permetta loro un chiaro discernimento della realtà e l’adeguamento delle loro strategie formative a beneficio della famiglia. Con molta preoccupazione si assiste in America Latina alla crescita dei tassi dell’abbandono scolastico, della delinquenza, delle gravidanze inaspettate, dei divorzi, delle madri nubili. Si tratta di segni allarmanti che denotano una spaccatura nel fondamento della società che è la famiglia, principale nucleo di formazione ed educazione di tutti gli esseri umani. Durante il Congresso verranno trattati i seguenti argomenti: “Gravidanze inaspettate. Conflitto e cause”; “Sfide della famiglia nella società attuale”; "Dignità umana e diritti umani”; “La donna ed il nuovo femminismo”; “Educare alla sessualità: il ruolo della famiglia”; “La vittima silenziosa. La sindrome post aborto”. (R.P.)

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    Per l’arcivescovo di Madrid l‘Anno Sacerdotale è un dono di Dio

    ◊   L’Anno Sacerdotale “come un dono di Dio, come una grazia speciale per rinnovare spiritualmente l'amore alla nostra vocazione sacerdotale e come chiamata ad una maggiore fedeltà alla missione che Egli ci ha affidato: quella di essere strumenti privilegiati del suo amore salvatore per gli uomini”, così ha scritto l’arcivescovo di Madrid, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, in una lettera ai sacerdoti diocesani, nella quale invita a partecipare alla preghiera dei Vespri che si terranno nella cattedrale dell'Almudena il 19 giugno. Proprio in occasione dell’apertura dell’anno giubilare sacerdotale indetto dal Papa Benedetto XVI. “Sarà – precisa il porporato - un incontro di preghiera, con la recita dei Vespri e l’adorazione eucaristica, per chiedere al Signore che i frutti di quest’Anno Sacerdotale siano abbondanti”. “Nei giorni di Pasqua – ha aggiunto l’arcivescovo di Madrid, si legge in una nota del Sir - si è confermata in noi l'esperienza che Cristo è vivo e operante nella Chiesa e nel mondo. Si è rinnovata la certezza che l’aspetto fondamentale nel nostro servizio e ministero pastorale non è ciò che noi possiamo fare, bensì quello che il Signore Gesù fa attraverso noi verso quelli di cui abbiamo cura: lasciamolo agire!”. (A.V.)

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    Bolivia: lettera dell’arcivescovo di Sucre per l'Anno Sacerdotale

    ◊   Mons. Jesús Pérez Rodríguez, arcivescovo di Sucre, ha indirizzato una lettera a tutti i sacerdoti della diocesi in occasione dell’inizio dell’Anno Sacerdotale. Il presule ricorda loro che questo Anno rappresenta un’occasione molto propizia per “riscoprire la bellezza e l’importanza del sacerdozio e di ogni sacerdote”. “Il tema scelto dal Santo Padre – si legge nel documento ripreso dall’agenzia Fides - è sommamente evocatorio e ci invita a ritornare al Cenacolo, al Giovedì Santo, quando venne istituita l’Eucaristia. Istituendo il sacerdozio, lo unì inseparabilmente all’Eucaristia”. Per questo - ricorda l’Arcivescovo ai sacerdoti - “celebrare l’Eucaristia significa celebrare quello che siamo; vivere sempre la nostra identità sacerdotale, il nostro ministero o servizio di rendere presente ai nostri giorni la Cena del Signore”. Per l’arcivescovo questa occasione significa innanzitutto un rinnovato atteggiamento interiore “alla riscoperta gioiosa della propria identità, della fraternità nel proprio presbiterio di questa nostra Chiesa particolare e della relazione sacramentale con il vescovo”. È dunque importante “continuare a fidarsi di Cristo, che ci chiamò immeritatamente”, fiducia che si alimenta “ricorrendo al Signore, alimentando la nostra vita con la preghiera, nel rimanere con il Signore, nel darsi del tempo per stare con Lui, perché ‘chi rimane in me produce molto frutto’ (Gv 15,5) ed essere coscienti della necessità del suo aiuto”. A questo proposito mons. Pérez Rodríguez insiste sulla necessità dell’adorazione alla presenza reale di Cristo nel “pane consacrato”. Infatti, “la vocazione sacerdotale cresce, si sviluppa, si mantiene fedele e feconda, solo nell’intensa relazione con Cristo. La radice della fedeltà al ministero raccomandato e del sacro celibato sta nell’amore a Cristo”. “Un sacerdote che ha coscienza della presenza reale di Cristo – conclude l’arcivescovo di Sucre - sarà un uomo di Dio, distaccato da se stesso e da tutti quegli affetti che lo separino dal Signore e dalla missione. Avrà l’ardore per realizzare una pastorale missionaria, creativa e propositiva e non soltanto una pastorale di mantenimento”. (A.L.)

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    Il vescovo di Denver chiede una riforma delle politiche migratorie

    ◊   L’arcivescovo di Denver, mons. Charles Chaput, ha chiesto alle autorità politiche di lavorare per una riforma delle politiche migratorie, in modo da risolvere “le necessità economiche e di sicurezza del Paese”, regolando però anche “la situazione di molti immigrati che pur privi di documenti, contribuiscono alla crescita della società”. In un recente incontro tenuto dall’associazione nazionale no-profit “Familias Unidas”, il presule ha ricordato l’impegno della Chiesa a favore della dignità del migrante, “un impegno che deriva dalla stessa radice del nostro impegno a favore dei nasciturii”, poiché “ogni cattolico che sente veramente la fede sa che il diritto alla vita ha la precedenza su qualsiasi altro diritto umano”. Mons. Chaput ha poi sottolineato che il dibattito sulla riforma delle politiche migratorie richiede il coinvolgimento di “tutti i partiti, compresi quelli che hanno opinioni diverse”. “Per la maggior parte, – ha aggiunto il presule – i migranti sono persone che cercano un futuro migliore per le loro famiglie”. Ribadendo che la Chiesa rispetta la legge, mons. Chaput ha però aggiunto: “Non possiamo ignorare i bisognosi e non taceremo di fronte a leggi che non funzionano o che causano sofferenze”. Di qui, l’appello del presule a tutti gli statunitensi perché partecipino, in modo disinteressato, al lavoro per l’approvazione di “una riforma delle leggi sull’immigrazione”, poiché “il futuro del Paese dipende da questo”. (I.P.)

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    Gioia in Finlandia per il primo vescovo finlandese di Helsinki dopo 500 anni

    ◊   In Finlandia è stata accolta con grande gioia la notizia della nomina, da parte di Benedetto XVI, di padre Teemu Sippo, finlandese, come vescovo di Helsinki. Si tratta di una nomina storica: l’ultimo vescovo finlandese di Helsinki è stato infatti Arvid Kurki, nato nel 1464 e morto nel 1522. Dopo la Riforma, il clero finlandese si è sempre più caratterizzato per l’internazionalità. Inizialmente la maggior parte degli ecclesiastici sono stati lituani, seguiti da olandesi e polacchi. La Chiesa in Finlandia ha conosciuto una crescita considerevole a partire dal 1970 grazie agli immigrati e ai nuovi convertiti. La maggior parte dei cittadini finlandesi sono luterani. Negli anni 70’ i cattolici erano meno di 3000, nel 2005 quasi 10 mila. Mons. Sippo, della Congregazione dei Dehoniani, ha 62 anni e ha seguito gli studi filosofico-teologici presso l’Università di Freiburg im Breisgau, in Germania. Ordinato sacerdote, ha ricoperto fra gli altri l’incarico di parroco della Cattedrale di Helsinki, di direttore del Centro cattolico di informazione, di vicario episcopale per l’Ecumenismo. Patrono di Helsinki è Sant’Enrico, la cui festa è celebrata il 19 gennaio. Per avere maggiori informazioni si può consultare il sito della Conferenza episcopale finlandese www.catholic.fi . (A.L.)

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    Tratta: in Italia 3500 donne nigeriane “salvate” dalle suore

    ◊   “I trafficanti sono organizzati a livello transnazionale e noi dobbiamo porci allo stesso livello per contrastarli” così ha affermato suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata in occasione del Congresso, in corso di svolgimento fino al 18 luglio prossimo a Roma. Religiosi e laici si ritrovano attorno al tema: “Religiose in rete contro la tratta delle persone” promosso da Uisg (Unione internazionale superiore generali) e dall’Oim (Organizzazione internazionale migrazioni). Durante i lavori sono stati resi noti dei dati significati del lavoro svolto dalle religiose affianco alle donne sfruttate. Le suore hanno infatti aiutato dal 2000 ad oggi circa 3500 donne, provenienti dalla Nigeria e immesse sul mercato dello sfruttamento sessuale. In Italia – riferisce l’agenzia Sir - sono 250 le religiose impegnate in 110 progetti di assistenza e recupero. Le procedure per far uscire le donne dalla tratta sono complesse: il primo contatto avviene di notte, in strada, dove decine di suore sono presenti senza clamore e con grande efficacia. Le donne entrano in un primo centro che si occupa della protezione immediata; poi vengono accolte in famiglie o in centri sicuri. Quindi vengono aiutate per i documenti, in collaborazione con le ambasciate dei Paesi di origine. Segue la preparazione professionale e l’assistenza psicologica e spirituale, prima di mettere a punto un piano di rientro nel Paese di origine. “In moltissimi casi – ha evidenziato suor Bonetti – sono stati i bambini a salvare le mamme, dando loro la forza di uscire dal circolo vizioso di questa moderna, ignobile e nascosta forma di schiavitù”. (A.V.)

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    L’arcivescovo di Barcellona: incomprensibili i contratti miliardari agli sportivi

    ◊   I contratti miliardari di alcuni sportivi sono incomprensibili. E’ quanto ha dichiarato domenica scorsa l’arcivescovo di Barcellona, cardinale Lluís Martínez Sistach, chiedendo anche maggiore austerità e solidarietà nei confronti di chi è particolarmente colpito dall’attuale crisi economica. Il riferimento è soprattutto ai contratti miliardari di diversi giocatori di calcio. In Spagna, in particolare, alcuni calciatori hanno stipendi che prevedono un compenso di almeno 8 milioni di euro all’anno. Oltre a questo mondo c’è poi la realtà di una società profondamente segnata dalla recessione. Secondo il porporato “questa crisi economica, che è anche una crisi di valori, ci chiede di valorizzare più l’essere che l’avere, di dominare l’istinto smisurato di guadagno e di possesso”. Si deve accettare che la persona “nella sua realizzazione individuale e sociale è il centro della società e che il lavoro è al suo servizio e non il contrario”. L’arcivescovo - rende noto l’agenzia Zenit - ha quindi invitato i cristiani a vivere una solidarietà che “chiede di condividere i beni, pochi o tanti, con quanti sono in una situazione di necessità”. Il cardinale si è inoltre soffermato sull’allontanamento “sempre più radicale dalla fede e dall’antropologia cristiana”, come dimostra in Spagna “l’attuale disegno di legge sull’aborto”. Il porporato ha ricordato infine che l’arcivescovado di Barcellona sta per avviare un nuovo piano triennale per conoscere, celebrare e vivere la Parola di Dio. (A.L.)

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    Irlanda: l’arcivescovo di Dublino presenta il volume “Chi è il mio prossimo?”

    ◊   L’arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin, ha presentato il volume “Chi è il mio prossimo?”, realizzato dalla Commissione Irlandese per la Giustizia e gli Affari Sociali (ICJSA). Si tratta di un organismo guidato dal vescovo ausiliare di Dublino, mons. Raymond Field, e che ha il compito di supportare la Conferenza episcopale d’Irlanda nella promozione della dottrina sociale della Chiesa. Il libro “Chi è il mio prossimo?” raccoglie gli atti del convegno organizzato lo scorso febbraio dalla stessa ICJSA e svoltosi con lo stesso titolo. Il volume contiene anche contributi aggiuntivi che evidenziano l’importanza della prima enciclica di Benedetto XVI, la "Deus caritas est", soprattutto nel settore della giustizia, dei diritti umani e dell’educazione. Presentando il libro, padre Eoin Cassidy, direttore del dipartimento internazionale della ICSJA, ha ribadito che l’enciclica papale è “estremamente attuale” nel contesto della crisi finanziaria globale: “Nel proclamare il mistero di Dio, che è amore, e l’inscindibilità dell’amore di Dio e del prossimo – ha detto il religioso – questa enciclica fornisce una visione di solidarietà che, da sola, riesce a suscitare quel tipo di trasformazione sociale richiesta dalla crisi attuale”. “La Deus caritas est – ha aggiunto padre Cassidy – fornisce le necessarie correzioni agli eccessi del capitalismo. Una cultura animata dai principi del Vangelo, così come sottolineato nell’enciclica, dà un contributo unico, ovvero quello di umanizzare la cultura contemporanea. Essa ha la potenzialità di portare la speranza in un mondo globalizzato, segnato dall’individualismo”. Quindi, padre Cassidy ha concluso: “Sfidando il principio che vede la gente sottomessa al mercato con la convinzione che è il mercato a doversi mettere al servizio degli esseri umani, la Deus Caritas est ha anche la capacità di creare solidarietà tra la gente e di portare giustizia in un mondo troppo spesso marcato da divisioni economiche e sociali”. Il libro, diviso in due sezioni, è aperto da una prefazione del cardinale Seán Brady, arcivescovo di Armagh. (I.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Vertice Ue-Pakistan: fondi per l’emergenza umanitaria nella valle dello Swat

    ◊   L'Unione Europea si impegnerà ad aiutare il Pakistan a far fronte all'emergenza umanitaria nelle zone tribali della valle del Swat, dove è in corso un'offensiva dell'esercito pakistano contro i talebani che ha creato centinaia di migliaia di rifugiati. Secondo l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati, sono oltre due milioni i civili fuggiti dagli scontri nel nordovest del Pakistan. Al vertice Ue-Pakistan di oggi a Bruxelles, la Ue si dovrebbe impegnare per altri 45 milioni di euro oltre i 200 già stanziati.

    Iraq, inchiesta sul carcere di Baghdad
    Il primo ministro iracheno, Nouri al-Maliki, ha ordinato la creazione di una commissione d'inchiesta sulle condizioni di detenzione di una grande prigione di Baghdad, dove 300 detenuti hanno cominciato ieri uno sciopero della fame in segno di protesta proprio per il trattamento al quale vengono sottoposti nel carcere, anche se è stata smentita la morte di uno dei prigionieri. Il portavoce del movimento radicale sciita di Moqtada Sadr fa sapere che lo sciopero continua e che “le condizioni dei detenuti peggiorano”. Intanto, dopo quasi vent'anni, il governo iracheno limita la distribuzione di aiuti alimentari solo agli strati più poveri della popolazione, sotto il milione e mezzo di dinari, circa mille euro. La distribuzione risale al 1990, in seguito all'imposizione da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu di sanzioni economico-commerciali all'allora regime di Saddam.

    Al Cairo, riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi arabi
    Oggi, al Cairo, riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi arabi per discutere delle iniziative di pace per il Medio Oriente proposte dagli Stati Uniti. Si tratta di un evento che riveste particolare importanza alla luce delle recenti aperture del governo israeliano sulla possibile creazione di uno Stato palestinese e delle continue esortazioni internazionali alla ripresa dei negoziati. Qual è la posizione del mondo arabo sul futuro dei rapporti israelo-palestinesi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:

    R. - È vero che Netanyahu finalmente ha pronunciato questa famosa parola sullo Stato palestinese, chiedendo però contemporaneamente due precondizioni molto forti: la prima è quella dello Stato demilitarizzato, la seconda - ancora più pesante - è che Gerusalemme non si tocca. Nessuno, nel mondo palestinese, accetterà mai di iniziare un negoziato vero con queste due precondizioni.

     
    D. - Il ruolo degli Stati Uniti acquista importanza nella mediazione internazionale che necessariamente dovrà esserci?

     
    R. - Credo di sì. Gli Stati Uniti hanno deciso di svolgere, in questa fase, un ruolo importante in questo processo di pace, e dobbiamo metterci in testa che è un processo lungo. Israele ha una politica che avanzava in direzione diametralmente opposta al processo di pace, e non dimentichiamo che l’autorità palestinese vive una crisi profonda ormai da mesi, con Fatah e Hamas che non trovano un accordo. Di fatto, però, l’impegno su campo che sta mettendo l’amministrazione americana - attraverso la presenza di George Mitchell - sta comunque cambiando lo scenario.

     
    D. - Ci si chiede anche quale sia la compattezza da parte israeliana nel portare avanti il dialogo, e se non siano destabilizzanti situazioni di contorno: prima tra tutte, quella iraniana…

     
    R. - Oggi, c’è un punto chiave di tutta la situazione, che è la questione degli insediamenti: se Israele ha intenzione di andare avanti in quella massiccia, nuova ondata di costruzioni che il governo ha annunciato, o se vuole aderire al blocco che l’amministrazione americana ha chiesto. Questo, evidentemente, è assolutamente destabilizzante per il governo Netanyahu, perché aderire al blocco che l’amministrazione americana chiede significherebbe la fine di questo governo. E tutto questo s’inserisce anche nel contesto più vasto, internazionale, ovvero ciò che sta avvenendo in Iran. Di certo, c’è un Medio Oriente in movimento: si stanno mischiando di nuovo le carte, e credo che questa possa essere un’opportunità importante per ricominciare a ragionare su come dare pace e stabilità a questa regione del mondo.

     
    Nel 2010 in Italia deficit al 6% e debito al 115%: i dati dell'Ocse
    Nel 2010 il deficit italiano “raggiungerà il 6% del Pil, il debito pubblico supererà il 115% e continuerà a crescere, nonostante un certo sforzo di consolidamento fiscale”. È quanto scrive l'Ocse nel nuovo rapporto sull'Italia. Il servizio di Anna Villani:

    La contrazione del Prodotto interno lordo italiano (pil) “continuerà fino alla fine di quest'anno, con un ritorno molto lento alla crescita nel 2010”. L’Ocse parla di una “recessione sorprendentemente forte” che ha colpito il Paese e prevede per il 2009 un calo del Pil del 5,3% e per il 2010 un rialzo di appena lo 0,4%”. L'organismo fa poi una raccomandazione: anche in un periodo di crisi “le riforme strutturali non dovrebbero essere dimenticate”, l'Italia dovrebbe proseguire sulla strada dei progressi fatti negli anni scorsi nella liberalizzazione dei servizi e dovrebbe “migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione”. Il processo di liberalizzazione, afferma l'Ocse, “dovrebbe essere completato ed esteso ad altre aree, ad esempio: trasporti e servizi locali, per migliorare “l'efficienza generale”. Suggerisce “vari meccanismi di controllo”. Inoltre, decisa crescita della disoccupazione nel 2009 fino al 10%. L'Ocse avverte: “è incerta la reazione del mercato del lavoro alla crisi''. E poi “c'è la possibilità di riconsiderare la struttura proprietaria della Banca d'Italia, ora formalmente posseduta dalle banche che controlla”. Sulle tasse si auspica una nuova Ici. Nella scuola il 52% d'insegnanti superano i 50 anni, mentre solo il 3% ha un'età inferiore ai 30 anni. La scuola italiana va incontro a ''cambiamenti molto rilevanti'', ma manca una valutazione del sistema educativo, necessaria “a più livelli”. Istituito con la Convenzione sull'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel 1960, dell’Ocse fanno parte 30 Paesi e compie periodici monitoraggi sulle presunte violazioni delle linee guida internazionali.

    Ulster
    Centoquindici romeni, tra i quali donne e bambini, si sono rifugiati in una chiesa a Belfast, terrorizzati da una serie di attacchi razzisti contro le loro case, iniziati mesi fa ma diventati sempre più violenti nell'ultima settimana. Le 20 famiglie sono state ora trasferite in un centro sociale della zona. Il Consiglio cittadino di Belfast, la polizia e i servizi sociali si riuniranno in giornata per discutere della vicenda che ha suscitato la condanna del vicepremier dell'Irlanda del Nord, Martin McGuinness, che ha parlato di “episodio assolutamente vergognoso”, e del sindaco, Naomi Long. Lunedì sera, una marcia in sostegno agli immigrati era stata attaccata con lancio di bottiglie da giovani che facevano il saluto nazista.

    Grecia
    Un poliziotto in abiti civili che sorvegliava un testimone in un processo di terrorismo è stato ucciso stamane a colpi d'arma da fuoco in un quartiere del centro di Atene. L'agente, indicano fonti della polizia, si trovava nella sua auto davanti alla casa della persona protetta, nel quartiere di Ano Patissia, ed è stato raggiunto da numerosi colpi d'arma da fuoco sparati da due sconosciuti su una moto. Il testimone protetto sarebbe, secondo i media, una donna testimone in un processo contro il gruppo Lotta del popolo rivoluzionario (Ela), una formazione armata apparsa nel 1971 che da tempo non faceva più parlare di sè. La polizia ritiene che successori di Ela sarebbero i Nuclei Rivoluzionari (Rn), anch'essi negli ultimi tempi inattivi in Grecia dove invece hanno compiuto azioni soprattutto altre organizzazioni, come Lotta rivoluzionaria (Ea) e Setta dei rivoluzionari. Inoltre, ha rivendicato varie azioni fra cui una che portò al ferimento grave di un agente.

    Spagna
    Il governo del premier socialista, Josè Luis Zapatero, è stato nuovamente sconfitto ieri sera al Congresso dei deputati su una mozione presentata dall'opposizione per chiedere l'abolizione di tre ministeri: lo riferisce oggi la stampa spagnola. La mozione - non vincolante per il governo, ma politicamente significativa - è stata approvata con 173 voti a favore e 170 contrari. Il governo monocolore socialista è senza maggioranza in parlamento da marzo dopo avere perso l'appoggio dei nazionalisti baschi del Pnv, senza per ora soluzioni di ricambio. La mozione presentata dalla sinistra repubblicana catalana di Erc è stata appoggiata dal Partido Popular e dai nazionalisti baschi, catalani, galiziani e delle Canarie. Con il Psoe di Zapatero, precisa il quotidiano Publico, si sono schierati la sinistra di Iu, i nazionalisti della Navarra e il piccolo partito centralista Upyd. Nel documento, il parlamento ha chiesto l'abolizione dei Ministeri della cultura, della Casa e delle Pari opportunità per ridurre la spesa dello Stato ed evitare doppioni con le comunità autonome (le regioni).

    Russia e Cina non trovano l’accordo sui prezzi: rinviate le forniture di gas
    Le forniture di gas russo alla Cina non prenderanno il via come previsto nel 2011 per il persistere di disaccordi sui prezzi. Lo ha detto oggi un rappresentante del colosso energetico russo Gazprom, in concomitanza con la visita a Mosca del presidente cinese, Hu Jintao. “I negoziati andranno avanti, al momento non vi è accordo sui prezzi, e non si parla più del 2011” per l'avvio delle forniture, ha detto Aleksandr Ananenko di Gazprom, come riferisce l'agezia Itar-Tass.

    Indonesia: esplosione in miniera uccide 17 minatori
    Sono morti 17 minatori, altri 20 risultano dispersi per l’esplosione accidentale verificatasi in una miniera abusiva di carbone nel distretto di Sawah Lunto, nell'ovest dell'isola di Sumatra. Nove operai sono stati invece ricoverati ed il bilancio del Ministero della sanità riferisce di 23 minatori ancora intrappolati nelle profondità della miniera, nella quale e vittime utilizzavano metodi tradizionali per le attività di scavo. La deflagrazione, provocata dal metano, ha aperto un cratere nella zona, dove si levano fiamme, che divampavano fino a 50 metri di altezza. L'Indonesia è il secondo Paese esportatore di carbone nel mondo, dopo l'Australia.

    India
    Tre dirigenti del partito comunista indiano-marxista (Cpm) sono stati uccisi oggi in un attacco portato nel villaggio di Bhankshol (Stato del West Bengala) da un presunto commando del partito comunista indiano-maoista (Cpi). Se la responsabilità dell'episodio avvenuto stamani venisse confermata, si tratterebbe della terza operazione delle organizzazioni maoiste in tre giorni che ha provocato vittime e gravi danni. Ieri, infatti, in un'imboscata quattro agenti di polizia sono stati uccisi ed altri due gravemente feriti a Beherakhand, nel distretto di Palamau. Lunedì scorso, invece, più di 100 militanti del Cpi hanno fatto saltare in aria tre edifici governativi a Chakrabanda, villaggio nel distretto di Gaya, nello Stato del Bihar, e ingaggiato uno scontro a fuoco con la polizia che si è però risolto senza vittime. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 168

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