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Sommario del 11/06/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Stasera la Messa di Benedetto XVI nella solennità del Corpus Domini e la processione verso Santa Maria Maggiore
  • L’arcivescovo Tomasi all'Ilo: mantenere l’occupazione e tutelare la dignità dei lavoratori la via per uscire dalla crisi economica
  • La Commissione Teologica Internazionale nel suo ultimo documento: serve un'etica universale basata sulla legge naturale e non su quella del più forte
  • Oggi in Primo Piano

  • I vescovi irlandesi esortati dal Papa a stabilire la verità sugli abusi ai minori. L’impegno dell’episcopato a garantire che sia fatta giustizia
  • Tese le ultime ore della campagna elettorale in Iran, domani le presidenziali. Intervista con Alberto Zanconato
  • Le celebrazioni alla Cattolica di Roma a 50 anni dalla scomparsa del fondatore, padre Agostino Gemelli. Intervista col prof. Antonio Cicchetti
  • Il cardinale Bertone: Pio XII Papa antinazista il cui vero volto è stato oscurato dalla cattiva coscienza del blocco sovietico
  • Chiesa e Società

  • Celebrata in diversi Paesi la Settimana di preghiera per Israele e i Territori palestinesi
  • Richiesta un’indagine urgente sul sequestro di bambini in Sri Lanka
  • Preoccupazione dell’Acnur per la nuova escalation di violenza in Somalia
  • Myanmar: migliaia di civili in fuga dalla guerra fra esercito e ribelli Karen
  • La Chiesa indiana chiede al governo di porre fine alla violenza nel Kashmir
  • Morto mons. Michael Nguyen Khac Ngu, il più anziano vescovo vietnamita
  • Libano: la Chiesa maronita esorta lo Stato ad avviare una nuova stagione di riforme
  • Manifestazione a Washington per chiedere la riforma della legge sull’immigrazione
  • Honduras: la Commissione per la pastorale denuncia l’indebolimento del sistema democratico
  • Il razzismo al centro dei lavori del Consiglio mondiale delle Chiese
  • Sudafrica: incontri con Pam Stenzel, sostenitrice della castità
  • In Spagna avanzata la proposta di una piattaforma civica per la Gmg di Madrid 2011
  • Il segretario dei vescovi italiani su povertà, equità sociale ed immigrazione
  • A Mosca le reliquie di Santa Paola Frassinetti
  • Presentato alla Fiera di Milano il progetto di restauro del colonnato di Piazza San Pietro
  • 24 Ore nel Mondo

  • Seconda giornata a Roma del leader libico Gheddafi ricevuto in Senato ma non in Aula
  • Il Papa e la Santa Sede



    Stasera la Messa di Benedetto XVI nella solennità del Corpus Domini e la processione verso Santa Maria Maggiore

    ◊   Benedetto XVI celebrerà questa sera alle 19, nella Basilica Lateranense, la Messa nella solennità del Corpus Domini, che sarà seguita al termine dalla processione lungo Via Merulana fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, dove migliaia di fedeli hanno partecipato alle tradizionali 40 ore di adorazione in preparazione alla festa liturgica. La solennità odierna si lega quest'anno in modo particolare ai preparativi per il prossimo Congresso eucaristico nazionale italiano, che si svolgerà ad Ancona dal 4 all'11 settembre 2011: proprio martedì scorso si è insediato nell’arcidiocesi marghigiana il comitato organizzativo. Lo stesso arcivescovo di Ancona, mons. Edoardo Menichelli sottolinea questo legame, al microfono di Fabio Colagrande:

    R. - Siamo di fronte ad un evento che aiuta tutta la Chiesa a ri-centrare tutta la sua vita nel mistero che la fonda, che la anima, che la santifica, che appunto è l’Eucaristia. Sono lieto di fare questo colloquio con voi nel giorno in cui nella Città del Vaticano si celebra la festa del Corpus Domini. E allora, questa festa deve diventare occasione, ancora una volta, perché tutti i discepoli di Cristo si mettano in uno stato di adorazione del mistero dell’Eucaristia e rinnovino non solo la fede, ma anche ne riprendano tutta l’efficacia spirituale, salvifica e anche tutta la forza comunionale. Guardando al Congresso eucaristico, tutto questo l’abbiamo pensato in due modalità. Innanzitutto, nel tema del Congresso eucaristico, che è stato riassunto nella parola presa dal capitolo VI di San Giovanni: “Signore, da chi andremo?”. Mi pare che questo sia il grido di tutti noi, il grido della Chiesa che senza Gesù Cristo perde la sua identità, perde la sua forza, senza l’Eucaristia perde il senso del suo esistere. Ma “Signore da chi andremo?” è anche il grido di tutta l’umanità, in questa sorta di confusione che sperimentiamo ogni giorno riguardo ai grandi valori della vita, riguardo agli aspetti etici del vivere, rispetto - anche - alle tante ferite, alle tante sofferenze. “Signore, da chi andremo?” è il grido di speranza dell’umanità. Tutto questo il Congresso lo vuole dispiegare sul versante della vita quotidiana, cioè se l’Eucaristia non cala nella vita quotidiana, se essa non diventa impegno di santità, forza nel servizio, se essa non diventa elemento e forza di comunione, non diventa anima e forza della missione, è ovvio che l’Eucaristia perderebbe il suo significato.

     
    D. - La festa del Corpus Domini, il Congresso eucaristico nazionale che si sta avvicinando sono occasioni per attingere al mistero eucaristico nuova luce, nuova energia. Forse è il caso davvero che questa "sosta" eucaristica diventi ancora più centrale nella nostra vita?

     
    R. - In questa giornata in cui la Chiesa celebra la festa del Corpus Domini c’è uso di fare quella che si chiama la “processione”, direi la processione più grande e solenne che noi abbiamo. Mi pare bello che questa processione possa sviluppare un’idea. Noi generalmente siamo stati abituati a dire che Gesù nell’Ecaristia, posto nel tabernacolo, è “il Divin prigioniero” - una volta si diceva così. A me pare, invece, che la processione, cioè questo portare Cristo per le strade là, dove l’umanità vive, soffre, spera, abbia un significato molto bello: far sì che l’Eucaristia diventi l’anima vera della vita. Per cui le speranze, le delusioni, i problemi, le tragedie, le gioie, i problemi di ogni giorno debbono essere illuminati, santificati, sorretti da questa compagnia del Risorto, del Vivente, che è presente in un modo misterioso sotto le specie del pane e del vino.

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    L’arcivescovo Tomasi all'Ilo: mantenere l’occupazione e tutelare la dignità dei lavoratori la via per uscire dalla crisi economica

    ◊   “L’attuale crisi economica e finanziaria impone misure concrete per indirizzare e cambiare comportamenti, regole e valutazioni erronee" che l'hanno causata: lo ha sottolineato l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede, presso l’ONU di Ginevra, intervenuto ieri alla Conferenza annuale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), che vede riuniti nella città elvetica, dal 3 al 19 giugno, circa 4 mila delegati di governi e rappresentanti del mondo dell’impreditoria e dei lavoratori, interpellati dall’impatto della crisi sull’occupazione. Il pensiero di mons. Tomasi al microfono di Emer McCarthy, della redazione inglese della nostra emittente:

     
    R. - Mi è parso utile ricordare, prima di tutto, che la crisi non è semplicemente il risultato di qualche ingranaggio del meccanismo economico che non ha funzionato bene, ma che c’è stata una mancanza di valori etici alla radice della crisi. L’ingordigia e la cupidigia di alcuni manager che hanno costruito un’economia non basata su una produttività reale, ma su una specie di economia digitale che accumulava denaro ma non dava un servizio sociale o materiale, secondo le esigenze delle persone e del bene comune. Poi, bisogna ricordare la solidarietà in questo momento difficile, perché attraverso la solidarietà si aggiunge un elemento importante per uscire dalla crisi. Ma, soprattutto, una soluzione al problema con cui ci confrontiamo è quella di mantenere l’impiego delle persone, di mantenere i posti di lavoro, e questo lo si può fare aiutando non solo le grandi banche o le grandi compagnie, ma le piccole e medie imprese che danno lavoro sia nei Paesi sviluppati che in quelli poveri alla grande maggioranza di persone. Poi, soprattutto, ritornando a un preciso concetto di lavoro, il quale ha valore perché è il prodotto di una persona che ha capacità creativa e il cui talento piccolo o grande è messo a servizio del bene comune. Quindi, anche per quelli che perdono il lavoro rimane questa dignità. Non è il prodotto che fanno che è importante - anche se necessario, è chiaro - ma è la loro dignità di persone sia quando lavorano che quando non lavorano. Questo è bene ricordarlo di fronte al rischio che ci possano essere circa 50 milioni di persone che hanno già perso o che perderanno il lavoro prima che questa crisi si sblocchi.

     
    D. - Arcivescovo Tomasi, però il suo intervento ha anche dato un’idea per la ripresa dell’economia mondiale: puntare sui talenti delle persone perché sono le persone che creano il lavoro e soprattutto puntare sui giovani…

     
    R. - I giovani trovano grande difficoltà a entrare nel mercato del lavoro e, quindi, tutta l'energia, tutta la creatività che essi possiedono non è messa al servizio della comunità e della produttività reale in modo da poter facilitare la risoluzione della crisi in cui ci troviamo. Perciò la strada maestra per uscire dalla crisi è riuscire a mantenere la gente impiegata nel proprio lavoro, con il doppio vantaggio di dare, da un lato, un contributo attraverso la loro capacità di produzione e, dall'altro, di aiutare a mantenere una stabilità sociale. Vediamo che quando c’è disperazione e mancanza di fiducia nel futuro, entriamo in fasi di disordine sociale che alle volte sbocca addirittura nella violenza.

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    La Commissione Teologica Internazionale nel suo ultimo documento: serve un'etica universale basata sulla legge naturale e non su quella del più forte

    ◊   E’ possibile concepire un’etica universale, fondata sui valori più profondi che definiscono l’uomo, al di là di razze o religioni, e dunque far dipendere da questa etica universale le norme che regolano la politica o l’economia, o gli stessi diritti umani, evitando che essi siano regolati dalla legge del più forte? E’ la domanda di fondo che attraversa l’ultimo documento pubblicato di recente dalla Commissione Teologica internazionale e presentato sulle pagine dell’Osservatore Romano dal Domenicano francese, il prof. Thomas Bonino. In un’epoca nella quale si parla spesso di valori non negoziabili, ma dove all’opposto si tende a separare l’ordine morale da quello sociopolitico o nella quale tali valori sono soggetti a una considerazione umorale da parte della gente o a manipolazioni della classe governante, è necessario - si legge nel documento - un consenso su valori etici oggettivi e universali. "Essi devono fondarsi - asserisce padre Bonino - su ciò che definisce l'essere umano come umano, e cioè sulla natura umana quale si realizza concretamente in ogni persona, qualunque sia la sua razza, la sua cultura o la sua religione”.

    Valori così fissati, aggiunge, possono, ad esempio, “assicurare ai diritti dell'uomo una base più solida del fragile positivismo giuridico” e impedire a settori dell’attività umana - dalla giustizia, all’economia, alla politica - di evolvere senza riferimenti normativi a un bene morale, oggettivo e universale. Secondo la Commissione Teologica Internazionale, o la mondializzazione avanza “più o meno regolata da un quadro giuridico puramente positivo, incapace di arginare a lungo termine l'arbitrio e il diritto del più forte. Oppure, gli uomini prendono in mano il processo per orientarlo in funzione di finalità propriamente umane”. E qui padre Bonino osserva praticamente che per proporre la legge naturale nel contesto odierno si deve “liberarla da presentazioni caricaturali che l'hanno resa incomprensibile a molti dei nostri contemporanei e mettere a profitto i recenti elementi innovativi della teologia morale cattolica”. Se le convergenze tra molti aspetti religiosi e culturali nel mondo dimostrano che esiste un patrimonio etico comune, la venuta di Cristo - sottolinea poi il documento - ha indotto un “profondo cambiamento di prospettiva nella presentazione della legge naturale”. “Alla luce della fede - spiega padre Bonino - il cristiano riconosce in Gesù Cristo il Lògos eterno che presiede alla creazione, e che, essendosi incarnato, si è presentato agli uomini come la Legge vivente, il criterio di una vita umana conforme alla legge naturale”. “La legge naturale non è quindi abolita – conclude - ma è portata a compimento dalla legge nuova della carità”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Oggi in Primo Piano



    I vescovi irlandesi esortati dal Papa a stabilire la verità sugli abusi ai minori. L’impegno dell’episcopato a garantire che sia fatta giustizia

    ◊   Vergogna, umiliazione e pentimento: sono i sentimenti espressi dall’episcopato irlandese per gli abusi compiuti sui minori nelle scuole rette da istituzioni cattoliche. In un comunicato diffuso, ieri, al termine dell’assemblea estiva della conferenza episcopale d’Irlanda, i vescovi sottolineano la ferma volontà di Benedetto XVI affinché venga stabilità la verità e sia fatta giustizia per tutti. Proprio in queste ore, prende il via nel parlamento irlandese la discussione sul “Rapporto Ryan”, documento pubblicato il 20 maggio scorso che ha messo in luce gli abusi perpetrati sui minori da sacerdoti e religiosi cattolici. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    Gli abusi sui minori, evidenziati dal Rapporto Ryan, “rappresentano un grave tradimento della fiducia riposta nella Chiesa, per questo chiediamo perdono”: è quanto si legge nel comunicato dei vescovi irlandesi al temine della loro assemblea estiva. Documento nel quale i presuli esprimono “profonda tristezza” per i “crimini odiosi perpetrati contro i più innocenti e i più deboli”, con il pretesto del missione di Gesù Cristo. La nota ricorda il recente incontro con Benedetto XVI, in Vaticano, del cardinale Seán Brady, presidente della Conferenza episcopale irlandese, e dell’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin. Il Papa, afferma il comunicato, ha ribadito quanto sia urgente che tutti i vescovi si impegnino affinché venga stabilita la verità dei fatti e venga assicurata la giustizia per tutti. Dal Pontefice anche l’esortazione a verificare che le misure messe in atto affinché gli abusi non si verifichino più siano pienamente applicate. Il Papa chiede inoltre ai presuli che la Chiesa irlandese faccia il possibile per lenire le ferite delle vittime.

     
    “Proviamo vergogna, siamo umiliati e chiediamo scusa - ribadiscono i presuli - se il nostro popolo si è allontanato così tanto dai propri ideali cristiani”. Esprimono dunque l’auspicio di lavorare assieme alle vittime per aiutare quanti hanno subito degli abusi e chiedono a tutti i fedeli di pregare per coloro che hanno sofferto. Nel comunicato si ricorda inoltre l’importante appuntamento del 50.mo Congresso eucaristico internazionale, che si terrà in Irlanda nel 2012. All’assemblea dei presuli ha partecipato anche l’arcivescovo Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Mons. Marini, si legge nella nota, ha affermato che il Congresso di Dublino sarà un segno di fede e carità e un’occasione di pellegrinaggio per i fedeli di tutto il mondo. Il Congresso Eucaristico, è l’augurio dei vescovi, servirà ad approfondire la fede nell’Eucaristia e la comprensione della sua incidenza nella vita di ogni giorno.

    Sempre ieri, si è tenuta a Dublino una marcia silenziosa delle vittime degli abusi con centinaia di partecipanti. Un’iniziativa alla quale hanno preso parte anche rappresentanti dell’arcivescovado di Dublino. Il servizio di Enzo Farinella:

    E’ stata la marcia delle emozioni più che la marcia della protesta. Centinaia di persone sono sfilate in silenzio in piena solidarietà con le vittime di abusi fisici, psichici e sessuali da parte di uomini e donne consacrati, che non avrebbero mai dovuto agire come hanno fatto e per i quali non ci sono attenuanti o scuse di alcun genere. La cultura che ha permesso un simile agire viene oggi rigettata da tutti. Uno striscione di dimostranti asseriva: “Prendiamoci cura di tutti i bambini della nazione ugualmente”. In queste parole, più che inutile recriminazione, c’è la visione di un futuro più equo per le vittime e per i futuri attori della nostra storia. Oggi, il parlamento irlandese inizia due giorni di dibattito su quanto è accaduto negli anni dell’abuso, perché non si debba mai più ripetere una simile azione.

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    Tese le ultime ore della campagna elettorale in Iran, domani le presidenziali. Intervista con Alberto Zanconato

    ◊   Vigilia di elezioni in Iran per le presidenziali di domani. Ieri si è chiusa la campagna elettorale. Le ultime ore sono state caratterizzate dalle tensioni per la lettera inviata dall'ex presidente Rafsanjani alla Guida suprema, l'ayatollah Khamenei, per chiedere lo svolgimento di consultazioni “pulite” e lamentando il “silenzio” sulle accuse di corruzione rivoltegli dal presidente uscente, Ahmadinejad. A tale proposito, questa mattina si è tenuto un colloquio tra l’ayatollah Khamenei e lo stesso Rafsanjani. I due sono visti da alcuni osservatori come i principali sostenitori rispettivamente di Ahmadinejad e di Moussavi. Secondo la stampa internazionale, infatti, tra il presidente uscente e l’ex primo ministro si gioca la sfida di domani. Ce ne parla Alberto Zanconato, corrispondente Ansa da Teheran, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Sicuramente, sarà una sfida a due perché i candidati minori - cioè Karroubi, che è riformista, e Rezai, che è un conservatore “indipendente” ed è l’ex comandante dei Pasdaran - non sembrano avere grandi possibilità. Tutte le possibilità sembrano andare in questo momento al presidente uscente, Ahmadinejad, che si ricandida per un secondo mandato, e all’ex primo ministro, Moussavi, che si dichiara lui stesso un conservatore moderato, ma è praticamente l’uomo sul quale hanno trovato il consenso i conservatori critici di Ahmadinejad e i riformisti dell’ex presidente, Katami, per cercare di sfidare Ahmadinejad e impedirgli di governare per altri quattro anni.

     
    D. - Cosa propone Moussavi rispetto ad Ahmadinejad?

     
    R. - Le proposte di Moussavi sono piuttosto vaghe. La sua campagna elettorale si è basata soprattutto sugli attacchi contro Ahmadinejad, contro la sua politica e la sua retorica intransigente a livello internazionale, quindi contro gli Stati Uniti e contro Israele, e sul programma nucleare. Questa intransigenza, secondo Moussavi, ha provocato un isolamento del Paese. Poi, si è basata anche su attacchi che riguardano la situazione economica dell’Iran: la Repubblica islamica, in questo momento, ha un’inflazione che viaggia sul 25 per cento, una disoccupazione, secondo il dato ufficiale, del 12,5 per cento, ma che secondo gli esperti indipendenti è molto più alta. Questa situazione, secondo i critici di Ahmadinejad, è stata provocata in gran parte dalle politiche del presidente, che negli anni scorsi ha speso a pioggia i grandi introiti dalla vendita del petrolio e ha provocato una spinta inflazionistica molto forte. E, ovviamente, quello che Moussavi propone in primo luogo è una distensione verso l’Occidente, che poi possa avere anche effetti benefici dal punto di vista economico.

     
    D. - Oltre 46 milioni di aventi diritto al voto, la metà dei quali nata dopo il 1979, anno della Rivoluzione islamica: cosa ci si attende dalle urne?

     
    R. - Il voto giovanile effettivamente sarà quello decisivo, non solo per i giovani che andranno a votare, ma anche perché probabilmente la maggioranza di questi giovani convincerà i genitori ad andare a votare come loro.

     
    D. - Nucleare e petrolio: quale sarà la linea dell’Iran nei prossimi anni?

     
    R. - E’ difficile pensare che queste elezioni portino ad un cambiamento radicale della linea iraniana, soprattutto sul nucleare. Quella del programma nucleare è una decisione strategica presa molti anni fa, sulla quale hanno proseguito i diversi presidenti, quindi anche il riformista Katami. C’è da dire che la retorica di Ahamadinejad non ha certo favorito la ricerca di un compromesso con l’Occidente. Se dovesse essere eletto Moussavi, la speranza soprattutto in Occidente - ma anche di molti iraniani - è che si possa cercare una certa distensione che poi porti a dei risultati, in una politica del passo dopo passo, che potrebbe essere aiutata comunque anche da un cambiamento di volto del presidente.

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    Le celebrazioni alla Cattolica di Roma a 50 anni dalla scomparsa del fondatore, padre Agostino Gemelli. Intervista col prof. Antonio Cicchetti

    ◊   E’ stata una mattina di grandi celebrazioni all’Università Cattolica di Roma, nel ricordo del fondatore dell’ateneo, padre Agostino Gemelli. Un convegno internazionale, dal titolo “Sfidare il futuro guardando il passato”, ha ricordato i 50 anni dalla scomparsa - avvenuta il 15 luglio 1959 - del celebre religioso e medico, al quale è stata dedicata una mostra nella hall del Policlinico. A prendere la parola, tra gli altri, è stato il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, che ha ricordato la dedizione con cui padre Gemelli curava i malati “facendo molte volte - ha detto - quello che gli infermieri, che erano soldati, non sapevano fare o facevano con ripugnanza”. Durante la mattina è stato presentato anche il libro-intervista di Cristina Stillitano - “Il Gemelli. Dal sogno di un Francescano all’ospedale del futuro” - che raccoglie le parole del prof. Antonio Cicchetti, direttore amministrativo dell’Università Cattolica di Roma. Eliana Astorri lo ha intervistato :

    R. - Certamente, già negli anni Trenta, padre Gemelli inseguiva questo sogno che lui definiva il “sogno dell’anima mia”, quello di fare una Facoltà di medicina, che poi negli anni si è aperto alla soluzione di una Facoltà di medicina a Roma. Non dimentichiamo che l’Università cattolica nasce a Milano e la facoltà di Medicina, invece, nasce a Roma sotto la volontà di due Papi, prima della guerra e poi dopo la guerra. E’ stato un sogno, quindi, lungamente maturato che poi ha iniziato il vero cammino nel 1958.

     
    D. - Cosa dovevano avere di diverso i medici che si sarebbero poi formati alla Cattolica?

     
    R. - Di diverso non dovevano avere niente: dovevano credere negli ideali, essere in sintonia con essi. D’altro canto, l’Università cattolica è un’università di tendenza: c’è un aggettivo scritto in maniera molto chiara e pertanto è il tipo di formazione che conta, insieme alla predisposizione. E’ questo che da sempre l’Università cattolica - non solo a Medicina ma in tutte le facoltà che ha in giro per l’Italia - persegue come obiettivo.

     
    D. - Dottor Cicchetti, padre Agostino Gemelli non vide la realizzazione del suo sogno?

     
    R. - No, il sogno lui l’aveva in mente, perché morì nel ’59. Però lanciò il progetto, fece iniziare i lavori della Facoltà attraverso la costruzione degli Istituti biologici, il progetto originario, quello che ha dato l’impulso. Fece approvare il piano al Consiglio superiore della Pubblica istruzione, il piano della Facoltà. Questo fu opera sua, prima di morire, nell’anno che intercorse fra l’avvio ufficiale, dopo il 1958, e la sua morte, avvenuta un anno dopo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il cardinale Bertone: Pio XII Papa antinazista il cui vero volto è stato oscurato dalla cattiva coscienza del blocco sovietico

    ◊   Sulla figura di Pio XII è stata fatta nel secolo scorso una lettura parziale, focalizzata sul modo in cui il Pontefice si è posto di fronte al nazismo, scegliendo, in silenzio, di salvare migliaia di ebrei in conventi, monasteri e chiese. E’ quanto ha affermato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, intervenuto ieri a Roma alla presentazione del libro “In difesa di Pio XII. Le ragioni della storia”, un volume - edito da Marsilio - nel quale il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, ha raccolto i contributi su Papa Pacelli di studiosi e teologi. Aggiungendo che la Santa Sede sta lavorando per consentire l’accesso agli archivi della Seconda Guerra mondiale - anche per far conoscere meglio Pio XII - il cardinale Bertone ha lanciato un appello perché vengano aperti pure altri archivi e resi noti documenti e faldoni di quel periodo. Il servizio di Tiziana Campisi:

    Un Papa che ha lasciato diverse Encicliche, che ha preparato il terreno per il Concilio Vaticano II e che da cardinale ha lavorato al fianco di Pio XI, considerato antifascista e antinazista. Pacelli, Papa Pio XII, è stato questo, ha detto il cardinale Tarcisio Bertone, e i suoi presunti silenzi sulla Shoah non sono che una leggenda:

     
    “Penso ci sia un rigurgito della cattiva coscienza dei russi dell'epoca e la cattiva coscienza anche delle potenze alleate - perché possiamo ben parlare anche dei silenzi delle potenze alleate. Non vogliamo fare né apologia né agiografia, ma dobbiamo collocare ogni Papa, e anche ogni giudizio, nel suo momento storico”.
     
    Anche per Paolo Mieli, ex direttore del Corriere della Sera, autore di uno dei contributi contenuti nel libro curato dal direttore dell’Osservatore Romano, le convinzioni che si sono diffuse su Pio XII non concordano con i dati storici:

     
    “Questo è stato un Pontefice antitotalitario: quando è finita la guerra, lui ha continuato ad essere antitotalitario fino a che è morto e quindi è stato anticomunista. Ed è quello il conto che gli viene continuamente ripresentato sotto mentite spoglie”.
     
    E per far luce negli anni bui della storia non c’è che da studiarne le pagine nascoste, ha aggiunto il cardinale Bertone:

     
    “Siamo alla ricerca di documenti, vogliamo approfondire i documenti. Tutti chiedono di aprire gli archivi vaticani durante il periodo della guerra, soprattutto dal 1939 al 1945. Io inviterei però tutti coloro che possiedono archivi, materiali, faldoni, che tutti aprano gli archivi e li mettano a disposizione dei ricercatori per una opportuna consultazione. Noi stiamo lavorando per preparare gli archivi e ci vorrà molto tempo. Noi abbiamo aperto gli archivi dal 1930 al 1939, il cardinale Pacelli è stato nominato segretario di Stato il 7 febbraio 1930. Quindi, sono nove anni di vita, di attività accanto a Pio XI che è considerato il grande Papa dell’antinazismo, dell’antifascismo. Con una vicinanza, una sinergia e una empatia abbiamo aperto questi archivi: nessun ricercatore di parte ebraica è venuto a consultare questi archivi. C’è molto materiale da studiare, da approfondire. Poi si continuerà negli archivi del tempo di guerra”.
     
    Solo il rigore dello studio dei documenti, ha concluso il porporato, potrà svelare il vero volto di Pio XII.

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    Chiesa e Società



    Celebrata in diversi Paesi la Settimana di preghiera per Israele e i Territori palestinesi

    ◊   Le Chiese cristiane si sono fortemente impegnate anche quest’anno con campagne di informazione, azioni di sensibilizzazione e momenti di preghiera per la “Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele”. L’iniziativa, che si è conclusa ieri, si è rivelata un’occasione per rinnovare in diversi Paesi l’accorato appello rivolto a israeliani e palestinesi a percorrere insieme il cammino della pacificazione. In Medio Oriente, Asia, Australia ed Europa le comunità ecclesiali si sono mobilitate per “Pregare, informare, chiedere”. Il momento centrale dell’iniziativa, promossa dal Consiglio Mondiale delle Chiese, si è svolto domenica scorsa: nella zona est di Gerusalemme e contemporaneamente in altre nazioni del mondo è stata recitata una preghiera comune, scritta per l’occasione dai leader religiosi della città. Nella preghiera – riferisce l’Osservatore Romano – si invoca la benedizione di Dio affinché “doni ai governanti e ai politici il coraggio di trovare giuste e adatte soluzioni al conflitto”. In molte chiese è stata inoltre celebrata una speciale liturgia sul tema “It’s time for peace”, i cui contenuti sono stati ispirati dalla comunità irlandese del Consiglio Mondiale delle Chiese. Numerosi partecipanti alla “Settimana di preghiera” hanno poi preso parte ai diversi momenti di preghiera in Israele e nei Territori Palestinesi, in particolare presso i checkpoints militari, le scuole e i campi per i rifugiati. Sempre domenica scorsa è stato organizzato in Svizzera un incontro al quale è intervenuto l’ex arcivescovo anglicano di Capetown, Desmond Tutu: “Ogni situazione, anche quella che appare del tutto intrattabile - ha detto - può essere risolta”. Il 5 giugno nelle Filippine si è tenuta inoltre una veglia per la pace alla quale hanno aderito cristiani e musulmani. In Norvegia, poi, è stato organizzato un seminario dal titolo “Terra Promessa”. In Australia i membri del Parlamento hanno ricevuto da una delegazione ecumenica un rapporto sulla situazione umanitaria a Gaza. Internet, infine, è stato utilizzato come mezzo di unione tra i partecipanti all’iniziativa per indirizzare preghiere e messaggi di pace. (A.L.)

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    Richiesta un’indagine urgente sul sequestro di bambini in Sri Lanka

    ◊   Gruppi paramilitari sostenuti dal governo dello Sri Lanka stanno sequestrando minori nei campi di rifugiati e nella città di Vavuniya, nel nord del Paese. E’ quanto ha denunciato la Coalition to Stop the Use of Child Soldiers. L'organizzazione ha anche lodato l'iniziativa dell'Ufficio Onu del rappresentante speciale del Segretario generale su Bambini e Conflitti Armati di mandare un inviato speciale nello Sri Lanka per indagare su questi e altri abusi sui bambini. “L'ultima fase dei combattimenti nello Sri Lanka ha avuto un impatto catastrofico sui bambini. La visita dell'inviato speciale deve essere compiuta senza indugi”, ha detto la direttrice della Coalizione, Victoria Forbes Adam. L'inviato deve disporre di tutto il sostegno necessario per svolgere una valutazione indipendente della situazione e identificare quali misure bisogna prendere per difendere i bambini dagli abusi. Deve anche indagare sulla dimensione dell'impatto del disastro umanitario. L'organizzazione – rende noto l’agenzia Zenit - ha ricevuto rapporti contrastanti relativi a sequestri di minori di 18 anni, fuori e dentro i campi di sfollati a Vavuniya, e sul reclutamento di bambini da parte di gruppi paramilitari nei distretti orientali di Batticaloa e Trincomalee. I gruppi paramilitari apparentemente non possono accedere ai campi di sfollati di Vavuniya. Ad ogni modo, sono stati sequestrati dei bambini. I motivi del rapimento non sono chiari. Alcuni potrebbero essere stati portati via per la loro presunta relazione con il gruppo ribelle tamil, altri sono stati rapiti per chiedere un riscatto. L'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha dichiarato lo scorso 18 maggio che le restrizioni all'accesso ai campi di Vavuniya stanno ostacolando la possibilità di controllare la situazione. (A.L.)

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    Preoccupazione dell’Acnur per la nuova escalation di violenza in Somalia

    ◊   Migliaia di somali sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni a causa di drammatici scontri a Mogadiscio. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati stima che ormai sono più di 117 mila gli sfollati a seguito delle violenze dell’ultimo mese. Più di 20 mila persone sono state uccise solo nel mese scorso. Per la maggior parte si tratta di civili. L’Acnur esprime preoccupazione per questi nuovi episodi di violenza che stanno ulteriormente aggravando la già disperata situazione umanitaria sul campo. L’Alto Commissariato fa appello alle parti in conflitto affinché garantiscano l’incolumità e la sicurezza della popolazione civile. Nella maggior parte dei casi, gli sfollati sono donne e bambini. Molti sono fuggiti con pochissimi effetti personali e devono sopportare circostanze estremamente difficili. Le donne sono particolarmente vulnerabili. Sono giunte notizie di stupri e abusi sessuali durante la loro fuga e nei luoghi in cui si sono rifugiate. Molte famiglie sono state separate dal conflitto e le persone che vogliono fuggire rimangono bloccate nelle loro case per giorni senza cibo e acqua in attesa di una tregua. A causa dell’ultima escalation di violenza dello scorso 8 maggio, l’Acnur ha sospeso infine la distribuzione pianificata di aiuti d’emergenza nelle vicinanze di Kilometer, nella periferia orientale di Mogadiscio. (A.L.)

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    Myanmar: migliaia di civili in fuga dalla guerra fra esercito e ribelli Karen

    ◊   Migliaia di abitanti in fuga dalla guerra, colpi di artiglieria che cadono anche in territorio thailandese, civili usati come portantini dai militari birmani o come sminatori. La guerra fra l’esercito del Myanmar e i ribelli Karen, nell’omonimo Stato a est del Paese, assume proporzioni sempre più drammatiche, tanto che le Nazioni Unite hanno inviato una squadra per monitorare da vicino la situazione. L’offensiva dell’esercito birmano, sostenuta dal Democratic Karen Buddhist Army (Dbka), contro il Karen National Liberation Army (Knla) – braccio armato del movimento politico Karen National Union’s (Knu) – ha ripreso vigore il 2 giugno scorso. Il conflitto fra i due fronti - riferisce l'agenzia Asianews - ha costretto alla fuga più di 6500 civili, la maggior parte dei quali sono donne e bambini che hanno trovato riparo oltreconfine, in Thailandia. Fonti locali denunciano il bombardamento dell’affollato campo profughi di Ler Per Har, in territorio Karen; frange del Dbka, intanto, hanno iniziato il reclutamento forzato di civili come portantini e per le operazioni di bonifica dei terreni. Un ufficiale dell’Esercito di liberazione nazionale Karen parla di “colpi di artiglieria” lanciati dai militari “caduti nel villaggio di Mae Thari, in Thailandia”. Dai primi resoconti non si hanno notizie di feriti. Nei giorni scorsi le Nazioni Unite hanno inviato una delegazione in cinque diverse zone lungo il confine fra Thailandia e Myanmar, dove hanno trovato rifugio migliaia di profughi. Lo Stato Karen è teatro di una battaglia decennale fra i birmani – l’etnia più diffusa in Myanmar – e la minoranza locale, che costituisce il 7% dei circa 47 milioni di abitanti del Paese. Essa è iniziata il 31 gennaio del 1949 – soprannominato “il giorno della rivoluzione Karen” – e ha causato più di 500mila profughi. In Myanmar la religione più diffusa è il buddismo, ma nello Stato Karen vi è una forte presenza cristiana, sia cattolica che protestante. (R.P.)

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    La Chiesa indiana chiede al governo di porre fine alla violenza nel Kashmir

    ◊   Porre fine alle violenze nella Valle del Kashmir, in particolare a quelle scatenatesi negli ultimi giorni, dopo il rapimento e l’uccisione di due donne. Un omicidio per il quale sono state accusate le forze di polizia indiane. “Giustizia deve essere fatta”, ha detto don Babu Joseph, portavoce della Conferenza episcopale cattolica dell’India, chiedendo al governo di “procedere quanto prima verso la restaurazione della pace nella regione”. “È triste – ha aggiunto il sacerdote ripreso dall'agenzia Ucanews – vedere che, mentre i politici parlano di dare un maggiore potere alle donne, esse subiscono ancora abusi nel Paese”. Le violenze e i disordini nella regione sono scoppiati circa 10 giorni fa, dopo che il 30 maggio erano stati ritrovati, nel distretto di Shopian, i corpi di due ragazze di 17 e 22 anni, Nilofar Ahmad e Asiya Jan, rapite precedentemente. Delitti per i quali l’All Parties Hurriyat Conference, la coalizione politica che mira all’autonomia del Kashmir, ha accusato le forze di sicurezza indiane. Numerosi manifestanti sono scesi in piazza, chiedendo l’arresto dei responsabili dei crimini e scandendo slogan a favore dell’autonomia del Kashmir dall’India. Negli scontri con le forze dell’ordine, sono rimaste ferite 24 persone. (I.P.)

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    Morto mons. Michael Nguyen Khac Ngu, il più anziano vescovo vietnamita

    ◊   E’ morto ieri mons. Michael Nguyen Khac Ngu. Era il più anziano dei vescovi vietnamiti: meno di un mese fa, il 14 maggio, aveva festeggiato 100 anni. Quel giorno nella cattedrale della “sua” diocesi di Long Xuyen, c’erano il cardinale Jean Baptiste Pham Minh Man, con 21 arcivescovi e vescovi di tutto il Paese, 260 sacerdoti, 140 religiosi e più di mille fedeli, per celebrare anche i 75 anni di sacerdozio e i 50 di episcopato di mons. Michael Nguyen. La sua è stata una vita interamente dedicata alla Chiesa del suo Paese, con la quale ha vissuto momenti storici importanti. Nato nel 1909 nella diocesi di Thai Binh, nel nord del Paese, nel 1922 è entrato nel seminario minore di Lang Son. Dopo una permanenza in Francia per motivi di studio, è stato ordinato sacerdote nel 1934. Nel 1954, dopo la presa di potere dei comunisti nel nord del Vietnam, quando le attività della Chiesa furono fortemente limitate, si è spostato con alcuni parrocchiani a Long Xuyen, nel sud del Paese. In questa città sono stati costruiti la cattedrale della Regina della pace, due seminari minori, un seminario maggiore, alcuni centri di formazione, parrocchie e chiese. Nel novembre 1960 è stata poi creata la diocesi di Long Xuyen e mons. Michael Nguyen Khac Ngu è stato il primo vescovo. Mons. Joseph Ngo Quang Kiet, arcivescovo di Hanoi, ha ricordato che mons. Michel Nguyen “metteva da parte del denaro e lo mandava ai preti più anziani e a quelli delle zone più remote”. Al momento della creazione della diocesi - ricorda AsiaNews - i cattolici erano 20 mila cattolici divisi tra 12 parrocchie. Ora sono 240 mila, con 108 parrocchie. (A.L.)

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    Libano: la Chiesa maronita esorta lo Stato ad avviare una nuova stagione di riforme

    ◊   “Avviare delle riforme per rendere le istituzioni costituzionali più efficienti. Queste sole possono assicurare stabilità politica e protezione dei cittadini”. E’ l’appello che giunge dai vescovi della Chiesa maronita al termine del loro Sinodo annuale che si è tenuto dal 31 maggio al 6 giugno a Bkerkeh, in Libano. Nel comunicato finale, diffuso dal Patriarcato e ripreso dal Sir, i vescovi affermano che “per costruire l’unità nazionale, diminuire la violenza del dibattito sul potere centrale e implementare uno sviluppo equilibrato, è necessario dare priorità ad una vasta decentralizzazione amministrativa”. Per fare fronte al problema dell’emigrazione e alle preoccupazioni dei libanesi in materia di diritti all’istruzione e alla salute, i padri sinodali chiedono allo Stato “riforme economiche e di tasse e misure di sostegno per le industrie, l’agricoltura ed il turismo”. Dai vescovi anche la richiesta “di una particolare attenzione al mondo giovanile e alle potenzialità che esprime attraverso la creazione di opportunità di lavoro”, offrendo loro, in tal modo, “la possibilità di restare nel loro Paese e crearsi una famiglia”. Il comunicato finale termina con un appello a tutta la popolazione a “mantenere il Libano unito, solidale, mettendo da parte divisioni e ribellioni. Solo il dialogo sana le divergenze”. (A.L.)

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    Manifestazione a Washington per chiedere la riforma della legge sull’immigrazione

    ◊   Sostenere il programma di riforma della legge sull’immigrazione negli Stati Uniti e chiedere al presidente statunitense, Barack Obama, di mantenere le promesse fatte in tema di immigrazione. Sono state queste le finalità di una manifestazione tenutasi nei giorni scorsi a Washington e promossa da movimenti e associazioni provenienti da 31 Stati dell’Unione. L’iniziativa – rende noto l’Osservatore Romano – fa parte della “Reform Immigration for America Campaign”, campagna di mobilitazione per contrastare l’esclusione sociale alla quale aderiscono movimenti religiosi e di difesa dei diritti dei lavoratori. Nel corso della manifestazione è stata chiesta a gran voce l’approvazione di una riforma giusta e comprensiva. Numerosi immigrati hanno offerto le loro testimonianze di vita ricordando il loro arrivo negli Stati Uniti e le difficoltà incontrate nel processo di integrazione sociale. In occasione della conferenza stampa per il lancio della campagna è stata espressa la speranza che la riforma della legge sull’immigrazione possa avviarsi quest’anno. A tal proposito è stato ricordato l’impegno preso dal presidente degli Stati Uniti che ha posto proprio il tema dell’immigrazione in cima alla sua agenda politica. Il presidente della commisione episcopale per le questioni migratorie negli Stati Uniti, il vescovo di Salt Lake City, mons. John Charles Wester, ha sottolineato infine la necessità “di una riforma della legge sull’immigrazione”: “Le Sacre Scritture – ha osservato – rivolgono un appello ai credenti a dare il benvenuto al nuovo arrivato, a trattare lo straniero con rispetto e carità e a fornire assistenza umanitaria e pastorale alle persone e alle loro famiglie”. (A.L.)

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    Honduras: la Commissione per la pastorale denuncia l’indebolimento del sistema democratico

    ◊   In Honduras i membri della Commissione nazionale per la pastorale hanno analizzato l’1 e il 2 giugno la situazione del Paese: in un comunicato hanno sottolineato l’indebolimento della democrazia nel Paese. “Stiamo vivendo una catastrofe di intensità maggiore del sisma che ha spazzato via molte strutture nel territorio”. “Il sistema democratico – si legge nel testo ripreso dall’agenzia Fides - affonda ogni giorno di più con la perdita di credibilità e di fiducia da parte della popolazione nelle sue istituzioni: la Costituzione della Repubblica, i partiti politici, i poteri legislativo, giudiziario ed esecutivo, il Tribunale Superiore dei Conti”. Sembra che si cerchi solamente “il beneficio personale o di gruppo, mentre le grandi maggioranze continuano a convivere con problemi acuti, frutto di un sistema ingiusto e senza equità”. La cosa più triste di tutta questa realtà – fanno notare i membri della Commissione Nazionale per la Pastorale - è la “passività, l’indolenza e l’indifferenza” con cui la maggior parte dei cittadini considera l’attuale situazione. I membri della Commissione Nazionale per la Pastorale hanno anche lanciato alcune proposte ricordando in primo luogo che “il dialogo tra tutti i settori è l’unica strada che può garantire un vero Stato di diritto”. Una società libera e sovrana – si legge nel comunicato - si potrà costruire solo “con la partecipazione di tutti”, restituendo a ciascuno il “potere di pensare, decidere e scegliere il futuro, scegliere il bene comune e proteggere i più bisognosi, senza essere ingannati per altri scopi”. La richiesta è quindi quella di agire con “trasparenza e coerenza in tutte le azioni del Governo, nei mezzi di comunicazione, affinché si dica la verità sulle reali od occulte intenzioni per le quali si desidera convocare un’Assemblea Costituente”. La strada che si sta seguendo improvvisamente e a grande velocità può condurre all’anarchia, alla violenza ed al deterioramento della pace. Il comunicato si conclude con una proposta per risolvere l’attuale crisi: “che il Congresso della Repubblica approvi una legge organica per le figure del plebiscito e del referendum già esistenti nella nostra costituzione”. Domenica scorsa il cardinale Óscar A. Rodríguez, arcivescovo di Tegucigalpa, ha infine affermato che l’Honduras “è segnato dalla povertà, dalla violenza, dall’ingiustizia, dalla mancanza di amore”. (A.L.)

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    Il razzismo al centro dei lavori del Consiglio mondiale delle Chiese

    ◊   Dal 14 al 17 giugno prossimo si riunisce a Doorn nei Paesi Bassi il Consiglio Mondiale delle Chiese per “Promuovere l'integrazione come risposta teologica ed etica al razzismo”. I rappresentanti di circa cinquanta comunità ecclesiali si riuniranno per individuare strategie comuni volte a contrastare l'emarginazione delle minoranze in diversi Paesi del mondo. L’iniziativa coincide con il quarantesimo anniversario della «Notting Hill conference», da cui ha preso il via il programma del Consiglio (Programme to Combat Racism) per la lotta contro ogni discriminazione razziale nel mondo. Il programma ha fra l'altro fornito un contributo per l'eliminazione dell'apartheid in Sud Africa e supporta le istanze delle popolazioni oppresse in altre nazioni, tra cui l'India, per quanto concerne la questione dei “dalit” (per indicare coloro che, all'interno del sistema delle caste, occupano la posizione più misera). “La conferenza — spiega il segretario generale del Consiglio nei Paesi Bassi, il reverendo Klaas van der Kamp — ha come obiettivo quello di definire strategie, “più potenti della forza militare”, in grado di cambiare la situazione delle minoranze nei diversi Paesi”. “Ancora oggi — ricorda van der Kamp — siamo consapevoli che la lotta al razzismo deve continuare. Anche in una nazione liberale e tollerante, come i Paesi Bassi. Per esempio, nel 2007 si sono registrate 4.247 denunce da parte di persone che hanno subito atti di intolleranza”. “Mentre la globalizzazione — si afferma — spinge i popoli della terra ad allacciare relazioni sempre più strette, varie forme di esclusione sociale di stampo antico e moderno appaiono ancora attive nelle società. Per questo motivo — è aggiunto — il Consiglio ritiene necessario che le comunità ecclesiali elevino ancora una volta la loro voce per la pace, la giustizia e il rispetto”. A tale scopo, al termine della conferenza – riferisce l’Osservatore Romano che dà notizia dell’evento - sarà pubblicato un messaggio per ribadire l'impegno di solidarietà dell'organismo ecumenico. Alla cerimonia conclusiva dell'evento sarà presente anche la Regina Beatrice dei Paesi Bassi. L'avvio della conferenza, invece, sarà preceduto da una cerimonia religiosa presso la chiesa di saint Martin, in occasione della quale interverrà il segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, Samuel Kobia. (A.V.)

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    Sudafrica: incontri con Pam Stenzel, sostenitrice della castità

    ◊   Pam Stenzel, impegnata sostenitrice della castità e promotrice del rispetto del sesso, dell’amore e delle relazioni, ha tenuto una serie di incontri in Sudafrica e nella regione dell'Africa meridionale. Dal 31 maggio al 5 giugno - riferisce l'agenzia Ans - ha parlato ad oltre 6 mila giovani. L’iniziativa di questi incontri è stata sostenuta dalla “Metanoia Media Ministries”, un centro di produzione di audiovisivi di Cape Town, e dai Salesiani della Visitatoria “Beato Michele Rua” dell’Africa Meridionale. I salesiani, che dal 2001 conducono il “Love Matters” per l’educazione dei giovani ad un comportamento sessuale responsabile, da qualche anno hanno utilizzato spesso i sussidi prodotti dalla Stenzel. Il giro di conferenze ha permesso per la prima volta a Pam Stenzel di illustrare direttamente la propria esperienza. Nel 1964, la mamma di Pam Stenzel, allora una ragazza di 15 fu rapita e violentata e, rimasta incinta, decise di portare a termine la gravidanza. La giovane madre diede alla sua bambina una famiglia adottando 7 figli.  Con lo slogan “Sex Has a Price Tag” (Il sesso ha un prezzo), Pam Stenzel gira per tutto il mondo. Richiesta da ogni parte, a volte con un anticipo di tre anni, la Stenzel incontra almeno 500 mila ragazzi ogni anno. Divenuta cattolica insieme a suo marito nel 2002, continua il proprio l’impegno di testimoniare ai giovani la forza e l’integrità dei valori dell’amore e della castità. Nel suo giro sudafricano la Stenzel ha toccato il “Bosco Youth Centre” nel Gauteng, provincia del Sud Africa che comprende Johannesburg. Qui la Stenzel ha parlato a 450 persone. In un’altra tappa ha avuto modo di rivolgersi a genitori, catechisti, insegnanti, sacerdoti, religiosi e religiose e studenti sulle relazioni dei ragazzi, i temi della sessualità e della famiglia. Martedì 2 giugno a Manzini, nello Swaziland, ha incontrato, presso la palestra dell’Istituto salesiano, circa 4.500 studenti provenienti da una dozzina di scuole superiori. I giornali nazionali hanno dato un grande risalto all’evento con una abbondanza di fotografie e articoli, la “National Swazi TV” ha dedicato un lungo servizio. A Città del Capo, infine, la Stenzel ha tenuto altre due conferenze, una presso la “Immaculata School” e l’altra nella “Savio Hall” di Lansdowne. (A.M.)

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    In Spagna avanzata la proposta di una piattaforma civica per la Gmg di Madrid 2011

    ◊   Una piattaforma civica per convogliare tutti quei settori della società civile nella organizzazione della Giornata mondiale della Gioventù di Madrid dell’agosto del 2011. E’ quanto si propone di realizzare la Fondazione “Madrid Vivo”, cui è stato affidato il compito di organizzare la GMG, che ieri si è riunita sotto la presidenza del cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, per incontrare alcuni importanti rappresentanti del mondo imprenditoriale spagnolo e verificare le possibilità di collaborazione. Secondo quanto riporta un comunicato della Fondazione ripreso dal Sir, “la piattaforma sarà presentata nel prossimo novembre e durante l’autunno si svolgerà un intenso programma di attività per promuovere la partecipazione cittadina alla Giornata nella quale sono attesi più di un milione e mezzo di giovani”. “La Gmg rappresenta un’occasione unica per Madrid – si legge nel testo – che sarà conosciuta nel mondo come ‘la capitale dei valori’. Proprio per questo valore trascendente, oltre che sociale, culturale ed economico, le imprese e le istituzioni presenti hanno ribadito la loro volontà di collaborare all’organizzazione della Giornata”. (A.L.)

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    Il segretario dei vescovi italiani su povertà, equità sociale ed immigrazione

    ◊   La globalizzazione fa emergere anche dolorose e dirompenti conseguenze nel tessuto sociale, segnato dal “dilagare della disoccupazione, da flussi migratori di massa e dall’emarginazione di coloro che non sono attrezzati, professionalmente od economicamente, ad affrontare un cambiamento così vasto e rapido”. Lo ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, intervenendo stamani a Siena al 21.mo Congresso nazionale delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di risparmio spa organizzato dall’associazione Acri. La globalizzazione – ha aggiunto mons. Crociata – è un fenomeno “che mette a dura prova le strutture pubbliche e il sistema del welfare che i nostri ordinamenti hanno faticosamente costruito nel tempo”. L’associazione Acri, che rappresenta le Casse di Risparmio spa e le Fondazioni bancarie, costituisce secondo il segretario generale della Cei un elemento fondamentale nella costruzione e nello sviluppo del tessuto comunitario. “E’ con lo stesso spirito – ha spiegato mons. Crociata le cui parole sono state riprese dal Sir – che la Chiesa italiana ha deciso di costituire un fondo di garanzia per le famiglie numerose in difficoltà, avvalendosi del concorso operativo dell’Associazione bancaria italiana”. L’intervento promosso dalla Cei a livello nazionale non è isolato: “negli ultimi anni – ha detto mons. Crociata – abbiamo assistito in tutto il Paese ad un fiorire inarrestabile di iniziative e progetti ecclesiali che, nelle singole diocesi e a livello regionale, hanno cercato di rispondere in maniera efficace ai bisogni via via emergenti”. Sono nuove forme di prossimità e di solidarietà – ha affermato – frutto dell’intelligenza e della carità, che si aggiungono “ai numerosi servizi ormai stabili, come i centri di ascolto, i fondi antiusura, le iniziative per le emergenze familiari, il microcredito”. Sono il segno della vitalità delle nostre comunità cristiane che radicate nella carità – ha osservato mons. Crociata - sanno esprimere “solidarietà a chi ha più bisogno di aiuto, mobilitandosi in maniera straordinaria e commovente di fronte a eventi drammatici, come nel caso del recente terremoto in Abruzzo”. Il segretario generale della Cei ha sottolineato infine che il compito per il futuro è quello di “preservare l’equità nel rapporto tra le generazioni, aiutando le comunità a riscoprire le proprie radici”. (A.L.)

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    A Mosca le reliquie di Santa Paola Frassinetti

    ◊   Le reliquie di santa Paola Frassinetti, fondatrice delle Suore di santa Dorotea si trovano in Russia da quasi due mesi. Le ha portate un sacerdote russo, don Alexey Yandushev–Rumyantseve, attratto dalla spiritualità della santa genovese, il cui corpo riposa “intatto” sotto l’altare della cappella in via di Sant’Onofrio a Roma. “In Russia la venerazione delle reliquie dei santi è parte importantissima della devozione cristiana – ha detto don Alexey - e non importa se cattolica oppure ortodossa. Anzi, la presenza delle reliquie dei Santi unisce la gente, che crede in Cristo nei suoi santi. La presenza e la conoscenza dei santi di entrambe le Chiese aiuta a capire che il Signore sempre agisce per il bene del suo popolo e che i Santi sono un segno visibile dell’unità desiderata dal Signore”. Per questo motivo don Alexey ha deciso “di chiedere la reliquia di santa Paola da portare in Russia: per farla conoscere, per venerarla, per aprire la strada, insomma, a questa santa anche nel suo Paese”. Sebbene ancora “c’è molto da fare! – conclude il sacerdote - La Chiesa cattolica in Russia vive un periodo di rinascita dopo il periodo buio del regime antiumano ed anticristiano. Le chiese sono state distrutte - ma si può ricostruirle”. E dopo le reliquie, oggi custodite nella cappella privata dell’arcivescovo Pezzi a Mosca, don Yandushev intende intitolare anche una chiesa a santa Paola Frassinetti, beatificata l’8 giugno del 1930 e santificata da Giovanni Paolo II l’11 marzo 1984. Il Papa Pio IX, nei suoi numerosi incontri con la fondatrice delle suore dorotee, ha sempre avuto parole di stima e di incoraggiamento per la sua opera apostolica. “Il Signore ci vuole appoggiate a Lui solo e se avessimo un poco più di fede quanto più tranquille staremmo anche in mezzo alle tribolazioni” diceva la santa, che ha vissuto l'abbandono completo alla Volontà di Dio “l'unica gemma che dobbiamo cercare - ripeteva - e che costituisce il suo paradiso". Proprio domani ricorre la festa liturgica di santa Paola Frassinetti con una celebrazione prevista per le 18.00 presso la cappella dove è custodita la salma. Il 20 marzo del 1906 il corpo fu trovato, con somma sorpresa, incorrotto. Il 2009 è un anno speciale per la Congregazione voluta dalla Frassinetti, ricorrono infatti i 175 anni dalla fondazione della Congregazione ed i 25 anni dalla canonizzazione. (A cura di Anna Villani)

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    Presentato alla Fiera di Milano il progetto di restauro del colonnato di Piazza San Pietro

    ◊   Alla Fiera di Milano è stato presentato stamani il progetto di restauro del colonnato di piazza San Pietro. Si tratta di un progetto ambizioso che riguarderà la revisione delle coperture, il controllo del deflusso delle acque piovane e la rimozione di vecchi restauri impropri e la pulitura. Dopo una serie di test, gli esperti, sotto il controllo dei Servizi Tecnici e dei Musei vaticani, procederanno a definire il metodo migliore per arrivare ad un’uniformità globale a tutto l’emiciclo. Il restauro totale del Colonnato di San Pietro che, ormai sul piede di partenza, andrà avanti nei prossimi quattro anni. Si tratta di individuare un metodo - ha spiegato il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci - che sarà possibile poi applicare all’intero complesso. Per questo è stato allestito un cantiere pilota in fondo all’emiciclo di sinistra che sta fornendo le linee guida per il restauro affidato alla società Navarra e diretto dai funzionari dei servizi Tecnici e dei Musei Vaticani. I problemi evidenziati dall’intero complesso sono gli stessi per tutta l’estensione del monumento, a causa anche della qualità non sempre eccellente del travertino impiegato. Si interverrà revisionando le coperture, controllando il deflusso delle acque meteoriche e rimuovendo vecchi restauri impropri; quindi si passerà ad eliminare lo sporco e a consolidare le superfici. Un intervento importante che riguarderà colonne, stemmi, statue, prodotti in cantiere e poi messi in opera dal Bernini e dai suoi assistenti. Un restauro seriale dunque per un’opera “seriale” ha insistito Paolucci: “Due criteri governarono il cantiere: rapidità esecutiva e massimo contenimento dei costi, criteri che bisognerà tener presente nel restauro”, ha quindi concluso Paolucci, dopo aver fornito un’interessante l’excursus storico dell’opera voluta da papa Alessandro VII nel 1657. (Da Milano, per Radio Vaticana, Fabio Brenna)

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    24 Ore nel Mondo



    Seconda giornata a Roma del leader libico Gheddafi ricevuto in Senato ma non in Aula

    ◊   Nella seconda giornata a Roma di Gheddafi, il leader libico ha parlato di terrorismo, intervenendo in Senato. La visita prevista poi a fine mattinata all’Università la Sapienza è slittata e il leader libico sta arrivando solo ora. Del suo discorso sul terrorismo ci riferisce nel servizio Fausta Speranza:

    “Siamo contro il terrorismo e lo condanniamo” ma “dobbiamo cercare di capire le ragioni vere di questo fenomeno pernicioso”. È quanto ha affermato Gheddafi che, nella sua seconda giornata a Roma, è stato accolto oggi in Senato, non in Aula ma nella sala Zuccari di palazzo Giustiniani. Il leader libico ha affermato che “grazie agli Stati Uniti oggi l'Iraq è diventato “un'arena aperta” per i terroristi di Al Qaeda, aggiungendo che con Saddam Hussein “l'Iraq era una fortezza contro il terrorismo e al Qaeda non poteva entrare". Parlando poi di Libia e Italia, Gheddafi ha detto che “nemmeno il peso del mondo in oro può risarcire le atrocità e le umiliazioni subite dal popolo libico, ma ha poi aggiunto": “Abbiamo chiesto e ottenuto una condanna del passato”. Dopo il discorso in Senato il leader libico si è spostato all’Università “La Sapienza” per incontrare studenti e docenti. Ieri aveva incontrato il capo dello Stato Napolitano e il premier Berlusconi, a Villa Madama. Nella conferenza stampa Gheddafi-Berlusconi numerosi i temi affrontati: dalla politica colonialista italiana, alla situazione in Somalia, al terrorismo, il petrolio, fino all’immigrazione. A questo proposito Gheddafi ha detto che “la Libia ha bisogno di diversi miliardi di euro per poter efficacemente frenare i flussi di immigrati che vogliono raggiungere l'Italia e l'Europa”. Alle 18 si terrà l’incontro in Campidoglio con il sindaco di Roma, Alemanno.

     
    Sul fatto che si tratti di una nuova fase dei rapporti tra Italia e Libia è d’accordo il prof. Giampaolo Calchi Novati, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi afroasiatici presso l'Università di Pavia. La visita di per sé è un fatto nuovo, spiega al microfono di Francesca Sabatinelli:

    R. - Come spesso è capitato tra Paesi che hanno avuto un passato coloniale, la visita del leader nella potenza ex metropolitana è un pò un evento che ammette in un certo modo la parità tra i due Paesi. Gheddafi aveva insistito molto per essere invitato. Credo che questo sia un fatto nuovo. Per quello che riguarda la sostanza dei rapporti tra Italia e Libia, questi hanno un fondamento politico e uno economico; quello economico interessa molto all’Italia, quello politico va verificato volta per volta perché le situazioni in cui si potrebbero trovare i rapporti tra Italia e Libia sono tutte da verificare.

     
    D. – Quanta ragione hanno di esserci le polemiche che hanno accompagnato l’arrivo di Gheddafi?

     
    R. - Gheddafi viene accusato di essere stato un esponente destabilizzatore, forse sostenitore del terrorismo. Certamente ha compiuto azioni criminose nei confronti, soprattutto, dei suoi oppositori politici. Dall’altra parte le critiche vengono dal fatto che Gheddafi è stato ricevuto in Italia dopo la firma di un accordo che non é tanto dignitoso per l’Italia. L’impegno per il cosiddetto contrasto all’immigrazione clandestina comporta nelle modalità di violare o di arrivare molto vicini a violazioni dei diritti e, in generale, non consentono quella libertà di movimento che dovrebbe costruire uno dei modi di essere delle relazioni internazionali di cui l’Italia si è ampiamente giovata in passato per tutta la sua storia di immigrazione.

     
    Feriti tre militari italiani in Afghanistan
    Tre militari italiani sono rimasti feriti, due in modo lieve e uno in modo serio, in uno scontro a fuoco avvenuto poco fa a Farah, nell'ovest dell'Afghanistan. Sono tre paracadutisti della brigata "Folgore" che erano impegnati in un pattugliamento congiunto con i soldati dell'esercito afghano. Il militare in condizioni più gravi, secondo quanto si è appreso, avrebbe una ferita al petto. Nella stessa zona di Farah, ma durante la notte, si era avuto un altro attacco ad una pattuglia di militari italiani. Avevano risposto al fuoco, senza riportare alcuna conseguenza. La provincia di Farah si trova nella parte meridionale della regione ovest, a comando italiano. È una zona tradizionalmente calda, così come lo è anche quella della provincia di Bala Morgab, che si trova invece nella parte nord dell'area di responsabilità italiana: proprio qui, ieri, si è verificata una dura battaglia durante la quale sono stati colpiti due elicotteri Mangusta, ma non ci sono stati feriti tra gli italiani. Ingenti, invece, le perdite tra gli ‘insorti’.

    Pakistan
    Una bomba è esplosa in un treno in Pakistan facendo almeno un morto e 35 feriti. Si tratta del Bolan Express, un treno che viaggiava da Karachi a Quetta, verso la parte orientale del Pakistan. Intanto, una ventina di militanti talebani sono stati uccisi durante un’operazione notturna dalle forze di sicurezza pachistane nel distretto di Bannu (Pakistan nord-occidentale) confinante con la esplosiva regione del Waziristan dove si ritiene si trovi il nucleo più importante delle forze vicine a Al Qaeda. E c’è da dire che le Nazioni Unite e gli uffici delle altre agenzie e organizzazioni internazionali hanno sospeso le loro attività a Peshawar, chiudendo i loro uffici. La decisione è stata presa a seguito dell'attentato di due giorni fa all'hotel Pearl Continental, nel quale sono morte 19 persone inclusi tre stranieri, di cui due lavoravano per le Nazioni Unite.

    Libano
    Saad Hariri, leader dell'alleanza filo-occidentale "14 Marzo" che ha vinto le elezioni parlamentari di domenica scorsa, è il candidato favorito a diventare nuovo premier del Libano; mentre Nabih Berri, della coalizione guidata dal movimento Hezbollah, verrà con ogni probabilità confermato presidente del Parlamento, scrive oggi la stampa di Beirut. Il nuovo Parlamento si riunirà per eleggere il presidente dopo la fine del mandato dell'assemblea uscente il 30 giugno. Si procederà solo dopo alla formazione del nuovo governo. Berri, il leader del movimento sciita Amal, la cui candidatura non viene contrastata da altri pretendenti, ha il sostegno totale del suo potente alleato Hezbollah. Dopo la rielezione di Berri, il presidente cattolico maronita Michel Suleiman avvierà le consultazioni con i 128 deputati (64 cristiani e 64 musulmani) che presenteranno il nome del loro candidato alla carica di premier, destinata ai sunniti. Con ogni probabilità sarà Saad Hariri, che, citato dalla stampa locale, ha affermato di essere “pronto ad assumersi le sue responsabilita”'. Esponenti di Hezbollah citati dai giornali di Beirut hanno fatto sapere che non si opporranno alla “inevitabile” candidatura di Hariri, il loro maggiore avversario degli ultimi quattro anni, ma anche leader della nuova maggioranza parlamentare e leader del maggior gruppo sunnita, al Mustaqbal.

    Somalia
    Alla situazione in Somalia è stata dedicata la XV riunione dell’International Group of Contact, che si è chiusa ieri al Ministero degli Esteri italiano. Il foro raggruppa Stati e Organizzazioni internazionali. Alla riunione, è emersa la necessità di mantenere viva l’attenzione della comunità internazionale sull’instabilità politica che affligge il Paese. Dall'Italia l'invito a sostenere un governo di unità nazionale che contrasti i continui episodi di pirateria del Corno d’Africa. Roberta Rizzo ha chiesto a Giuseppe Morabito, Direttore Generale della Farnesina per l’Africa Sub-Sahariana, quali sono stati i risultati della conferenza:

    R. – Un rinnovato impegno della comunità internazionale a considerare la pirateria come un fenomeno criminale pericolosissimo, che fattura cifre enormi. Ed è emerso anche l’impegno ad affrontare le cause che sono alla base della pirateria, dovute all’insicurezza del Paese, alla mancanza di prospettive di lavoro per i giovani, al fatto che il governo somalo non riesca a controllare il Paese. Per cui bisogna rafforzare questo governo nella sua concezione nazionale e dargli gli strumenti per poter finalmente, non solo controllare il territorio da un punto di vista di polizia, ma anche da un punto di vista di prospettive per i somali, che devono trovare attività di lavoro che non siano soltanto quelle legate alla pirateria, al traffico di merci o altre cose illegali.

     
    D. – A livello di impegno economico, l’Italia cosa è disposta a fare?

     
    R. – Insieme all’Unione Africana destineremo 3 milioni di euro, aggiuntivi ai quattro che abbiamo stanziato alla conferenza di Bruxelles, l’aprile scorso. Di questi 3 milioni uno andrà all’Amison, cioè alle forze di peacekeeping dell’Unione Africana, e due alle forze di sicurezza somale per Capacity Building, per le amministrazioni somale. L’impegno dell’Italia è un impegno serio ad appoggiare il nuovo governo somalo di unità nazionale, costituito all’inizio dell’anno, il quale cerca con tenacia e determinazione di avviare una politica di riconciliazione nazionale. Significa dialogo con quelle forze che finora si sono opposte al processo di pace, ma che sono disposte a rinunciare alla violenza e al terrorismo e a partecipare a questo processo di rinascita della Somalia.

     
    Nucleare e Corea del Nord
    La Corea del Nord non smantellerà il suo arsenale nucleare fino a quando non sarà stata eliminata “la minaccia nucleare degli Usa”. Ricordando che gli Usa forniscono il loro “ombrello” nucleare alla Corea del Sud, il quotidiano sostiene che per Pyongyang “l'unico modo di prevenire una guerra e proteggere la sovranita”' nazionale è quello di “mantenere una capacità di contro-attacco nucleare”. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si appresta ad adottare una risoluzione sul programma nucleare della Corea del Nord con la quale, secondo le previsioni, verranno inasprite le sanzioni economiche già in vigore.

    Ripresa dei colloqui tra le due Coree sulla zona industriale di Kaesong
    Le due Coree hanno ripreso i colloqui in un incontro tra funzionari governativi nella città di Kaesong, dove sorge un consorzio industriale intercoreano, nel primo vertice tra i due Paesi dopo le tensioni seguite all'esperimento nucleare di Pyongyang del mese scorso. Durante l'incontro preliminare, cui faranno seguito ulteriori negoziati nel pomeriggio, le parti hanno esposto le rispettive posizioni in merito al futuro del complesso industriale, dove sono presenti oltre 100 aziende sudcoreane che danno lavoro a circa 39.000 operai del Nord. La prima tornata di incontri tra i funzionari dei due Paesi si era svolta lo scorso 21 aprile: in quell'occasione Pyongyang aveva chiesto a Seul la rinegoziazione degli accordi per Kaesong indicando in particolare un aumento dei salari per gli operai nordcoreani e il pagamento dei diritti di sfruttamento dei terreni da parte delle compagnie del Sud fin dal 2010, quattro anni in anticipo rispetto alle intese originali. Negli ultimi mesi l'area industriale, dalla quale diverse imprese sudcoreane hanno annunciato di voler uscire, è stata alla base di forti frizioni tra i due Paesi, soprattutto dopo le ripetute e improvvise chiusure della frontiera da parte del Nord e la detenzione, tutt'oggi in corso, di un lavoratore del Sud fermato per aver criticato il regime stalinista.

    Scontri nelle Filippine: morti due soldati e sei ribelli
    Sono morti due soldati filippini e sei ribelli musulmani nel corso degli scontri avvenuti oggi nelle Filippine meridionali, tra l'esercito ed il gruppo di ribelli Abu Sayyaf. Si tratta del gruppo che da cinque mesi tiene in ostaggio Eugenio Vagni, il volontario della Croce Rossa Internazionale, rapito nel gennaio scorso insieme ad altre due persone, successivamente liberate. Gli scontri sono in corso dall'alba tra una pattuglia dell'esercito e 150 membri del gruppo, vicino alla città di Indanan, sull'isola meridionale di Jolo. Vagni, 62 anni, è stato rapito a gennaio proprio su quell'isola. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Anna Villani)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 162

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