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Sommario del 24/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Rimossa la scomunica ai quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre. Nota di padre Lombardi
  • Benedetto XVI ai vescovi iracheni: fate valere presso le autorità i diritti umani e civili dei cristiani perché cessino le violenze contro di loro
  • Il Papa ai giornalisti cattolici: coraggio della coerenza e dialogo col mondo laico alla ricerca di valori condivisi
  • Altre udienze e nomine
  • Il cardinale Martino ai Cavalieri di Malta: si costruisce la pace se si cresce tutti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Disappunto dei vescovi Usa per la scelta di Obama di finanziare con fondi federali i gruppi abortisti
  • La Shoah nel Magistero di Benedetto XVI
  • Giornata mondiale della lebbra: ogni anno 250 mila nuovi casi nel mondo
  • Giornalismo e Internet al centro di un confronto promosso a Milano dal cardinale Tettamanzi
  • Il Messaggio del Papa per la Giornata delle Comunicazioni Sociali: riflessione di don Domenico Pompili
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Mons. Celli ai giornalisti nella memoria di San Francesco di Sales: siate messaggeri della Verità
  • Sono costati 20 miliardi di dollari 20 anni di guerre in Medio Oriente
  • Missione Onu a Gaza per valutare le conseguenze dell’offensiva israeliana
  • Preoccupazione dei missionari saveriani per la situazione in Nord Kivu
  • Messaggio dell’arcivescovo di Mombasa sulla carestia che affligge il Kenya
  • Documento dei vescovi del Guatemala sulle sfide pastorali alla luce della crisi economica
  • Parte oggi la Missione di evangelizzazione proposta dai vescovi del Venezuela
  • “L’etica globale, sfida alla chiesa” al centro della Conferenza dei vescovi dell'Africa meridionale
  • Giornata dell’Infanzia Missionaria in Spagna
  • Grande partecipazione in Thailandia alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
  • Cina: fedeli insieme ad Hong Kong per la Settimana dell’unità
  • Le POM australiane sostengono in Vietnam una casa di accoglienza per neonati
  • Francia: incontro dei delegati diocesani alla Cooperazione Missionaria
  • Vescovi spagnoli: la pubblicità atea lede la libertà religiosa
  • Inedita testimonianza del defunto cardinale Castillo Lara su povertà e vita
  • Causa di Beatificazione di suor Maddalena Volpato: ha offerto la vita per l'unità dei cristiani
  • Al via lunedì il Consiglio permanente dei vescovi italiani
  • I ragazzi dell'Azione Cattolica italiana in marcia per la pace
  • Messaggio del cardinale Vallini sugli episodi di violenza sessuale a Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Bolivia alle urne per il referendum costituzionale di rifondazione dello Stato
  • Il Papa e la Santa Sede



    Rimossa la scomunica ai quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre. Nota di padre Lombardi

    ◊   Benedetto XVI ha accolto la richiesta di rimuovere la scomunica ai quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Marcel Lefebvre: lo ha reso noto stamani un comunicato della Santa Sede, accompagnato dal Decreto della Congregazione per i Vescovi, firmato il 21 gennaio dal cardinale prefetto Giovanni Battista Re. Il servizio di Isabella Piro:

     
    Mons. Bernard Fellay, Mons. Bernard Tissier de Mallerais, Mons. Richard Williamson e Mons. Alfonso del Gallareta: sono i quattro vescovi cui il Papa ha rimosso la scomunica. Una decisione, si legge nel comunicato della Santa Sede, arrivata “dopo un processo di dialogo tra la Sede Apostolica e la Fraternità Sacerdotale San Pio X”, quella Fraternità fondata nel 1970 a Friburgo da mons. Lefebvre, il quale contestava alcune riforme apportate dal Concilio Vaticano II. Il Santo Padre – afferma il documento vaticano – ha accolto così la richiesta formulata da mons. Fellay, anche a nome degli altri tre vescovi, in una lettera del 15 dicembre 2008: “siamo sempre fermamente determinati – si leggeva nella missiva - nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione". I quattro vescovi erano stati consacrati il 30 giugno 1988 dallo stesso mons. Lefebvre senza mandato pontificio, ed erano quindi incorsi nella scomunica latae sententiae, cioè automatica, dichiarata formalmente dalla Congregazione per i Vescovi il primo luglio 1988.

     
    Una frattura che Benedetto XVI, informa la Santa Sede, ha cercato sempre di ricomporre, anche incontrando personalmente mons. Fellay il 29 agosto 2005. In quell’occasione il Papa manifestò la volontà di procedere per gradi e in tempi ragionevoli in tale cammino. Un cammino giunto oggi alla rimozione della scomunica, rimossa – afferma la Santa Sede – “con sollecitudine pastorale e paterna misericordia”. Benedetto XVI – si legge poi nel Decreto della Congregazione per i Vescovi reso noto oggi – è “fiducioso nell’impegno espresso dai quattro vescovi di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire, nei necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede, le questioni ancora aperte, così da poter giungere presto ad una piena e soddisfacente soluzione”. “Con questo atto – continua il documento - si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica”. “Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie – si legge ancora - vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione”. L’auspicio, infine, conclude il Decreto, è quello che “questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del Magistero e dell'autorità del Papa con la prova dell'unità visibile”.

     
    Sulla rimozione della scomunica ai vescovi lefebvriani, ascoltiamo ora la nota del nostro direttore padre Federico Lombardi:


    La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si conclude con una bella notizia, che ci auguriamo sia fonte di gioia in tutta la Chiesa. La remissione della scomunica dei quattro vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X è infatti un passo fondamentale per raggiungere la riconciliazione definitiva con il movimento iniziato e guidato da mons. Lefebvre. Per comprendere il significato di questo passo tornano immediatamente alla mente le parole di Benedetto XVI nella sua lettera di introduzione al Motu Proprio Summorum Ponitificum, del 7 luglio 2007, quando scriveva che lo sguardo al passato circa le divisioni che nel corso dei secoli hanno lacerato il Corpo di Cristo fa pensare che siano state spesso le omissioni della Chiesa a lasciar consolidare le divisioni. Perciò, scriveva il Papa: “abbiamo l’obbligo di fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in questa unità o di ritrovarla nuovamente…Apriamo generosamente il nostro cuore…”.

     
    Il cardianle Ratzinger era stato protagonista dei rapporti con mons. Lefebvre nel 1988 e già a quel tempo aveva cercato di fare tutto il possibile per servire l’unione della Chiesa. Allora non era bastato e le consacrazioni episcopali del 30 giugno di quell’anno, compiute senza mandato pontificio, avevano creato una situazione di grave frattura. Ma la Commissione Ecclesia Dei, costituita da Giovanni Paolo II in quella circostanza, ha lavorato con pazienza per conservare aperte le vie del dialogo e diverse comunità in vario modo collegate al movimento lefebvriano hanno già potuto, nel corso degli anni, rientrare in piena comunione con la Chiesa cattolica. La Fraternità Sacerdotale San Pio X, con quattro vescovi, rimaneva in ogni caso la comunità più importante con cui ristabilire la comunione. Benedetto XVI ha manifestato in modo indubitabile il suo impegno per fare tutto il possibile per raggiungere questo obiettivo. Ricordiamo naturalmente anzitutto il Motu Proprio Summorum Pontificum sul rito per la celebrazione della Messa, ma possiamo anche ricordare il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede che chiariva alcuni punti discussi della dottrina ecclesiologica del Concilio Vaticano II come alcuni grandi interventi sulla corretta ermeneutica del Concilio stesso, in continuità con la tradizione. Tutto ciò ha creato naturalmente un clima favorevole, in cui i vescovi della Fraternità San Pio X hanno richiesto la remissione della scomunica attestando esplicitamente la loro volontà di essere nella Chiesa cattolica romana e di credere fermamente al Primato di Pietro. E’ bello che la remissione della scomunica avvenga nell’imminenza del 50.mo anniversario dell’annuncio del Concilio Vaticano II, in modo che questo evento fondamentale possa ora non essere più considerato occasione di tensione, ma di comunione. Il testo del decreto mette in luce che, di per sé, si è ancora in cammino verso la piena comunione, di cui il Santo Padre auspica la sollecita realizzazione. Ad esempio, aspetti come lo status della Fraternità e dei sacerdoti che vi appartengono non sono definiti nel decreto pubblicato oggi. Ma la preghiera della Chiesa è tutta concorde con quella del Papa, perché ogni difficoltà venga presto superata e si possa parlare di comunione in senso pieno e senza incertezza alcuna.

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    Benedetto XVI ai vescovi iracheni: fate valere presso le autorità i diritti umani e civili dei cristiani perché cessino le violenze contro di loro

    ◊   Le autorità irachene difendano i diritti umani e civili dei cristiani in Iraq. E’ l’appello che Benedetto XVI ha lanciato durante l’udienza concessa questa mattina ai vescovi del Paese mediorientale, ricevuti durante la loro visita ad Limina. Il Papa ha ricordato in particolare la violenza che in più occasioni ha insanguinato la Chiesa irachena, ricordando che “il sangue dei martiri è una potente intercessione presso Dio”. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    La stola di mons. Ragheed Aziz Ganni, trucidato a Mosul il 3 giugno 2007 con tre diaconi dopo aver celebrato Messa. La casula di mons. Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mosul trovato morto il 13 marzo 2008 dopo essere stato sequestrato 14 giorni prima. Ha commosso il Papa il dono dei paramenti liturgici appartenuti alle due vittime fattogli dai vescovi del Patriarcato caldeo. “Questo dono - ha detto nel riceverli - parla del loro supremo amore per Cristo e per la Chiesa”. Benedetto XVI ha mostrato grande attenzione e preoccupazione per la sorte delle comunità cattoliche dell’Iraq. Il ricordo di quelli che ha definito “martiri” si è accompagnato a una rinnovata richiesta di protezione per quei cristiani che invece vivono un’esistenza segnata da violenza e da una crescente emarginazione sociale:

     
    “Je salue leur courage…
    Saluto il loro coraggio e la perseveranza di fronte alle prove e alle minacce delle quali sono oggetto, in particolare in Iraq. La testimonianza che danno del Vangelo è un segno eloquente della vitalità della loro fede e della forza della loro speranza. Vi esorto a sostenere i fedeli a superare le difficoltà attuali e a far valere la loro presenza - appellandomi in particolare alle autorità responsabili per il riconoscimento dei loro diritti umani e civili - e li incoraggio ad amare la terra dei loro antenati, alla quale sono profondamente legati”.

     
    I cristiani che vivono in Iraq, aveva ribadito poco prima il Pontefice, “sono cittadini a pieno titolo con diritti e doveri di tutti, senza distinzione di religione. Vorrei dare il mio sostegno agli sforzi di comprensione e di buone relazioni che avete scelto come strada comune per vivere sulla medesima terra che è sacra per tutti”. Parole cariche di intensità, dilatate in un richiamo alla pace che da troppo tempo manca nel Paese del Golfo:

     
    “Je prie Dieu pour que…
    Chiedo a Dio che uomini e donne di pace in questa regione amata mettano in comune le loro forze per porre fine alla violenza e consentire a tutti di vivere in sicurezza e nella comprensione reciproca!”.

     
    Benedetto XVI si è rifatto alle antichissime radici cristiane della Chiesa caldea per ricordare che nella sua storia essa “ha sempre svolto un ruolo attivo e fecondo nella vita” delle nazioni nelle quali è presente. E oggi che “occupa un posto importante tra le varie componenti del vostro Paese”, la Chiesa caldea - ha insistito il Papa - “deve continuare questa missione al servizio del loro sviluppo umano e spirituale”. Le indicazioni del Pontefice per raggiungere questo obiettivo hanno riguardato tanto la promozione di “un elevato livello culturale dei fedeli, soprattutto giovani”, quanto una “adeguata formazione nei vari campi della conoscenza, sia religiosi e secolari”. Curate, ha aggiunto fra l’altro, l’unità episcopale in seno alla vostra Assemblea sinodale, la liturgia in base agli orientamenti del Vaticano II, i cristiani della diaspora, i rapporti ecumenici. E ancora, aspetto fondamentale, la solidarietà:

     
    “Est-il important de développer…
    E’ importante mettere a punto le opere di carità, in modo che il maggior numero di fedeli sia impegnato a servire i più poveri. So che in Iraq, nonostante i terribili momenti che ha attraversato e ancora vive, si sono sviluppate piccole opere di straordinaria carità, che fanno onore a Dio, la Chiesa e il popolo iracheno”.

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    Il Papa ai giornalisti cattolici: coraggio della coerenza e dialogo col mondo laico alla ricerca di valori condivisi

    ◊   Coraggio della coerenza con i propri valori, anche a costo di pagare di persona, e dialogo col mondo laico alla ricerca di valori condivisi: sono le indicazioni offerte da Benedetto XVI in una lettera ai giornalisti dell'Ucsi, l’Unione cattolica della stampa italiana, che in questi giorni ha celebrato a Roma il suo Congresso nazionale, nel cinquantesimo di fondazione. Ce ne parla Sergio Centofanti.

     
    Il Papa esprime il suo apprezzamento “per il prezioso servizio che l'Ucsi ha offerto, nel corso dei suoi cinquant'anni di vita, alla Chiesa e al Paese”. In questo periodo – rileva - “molte cose sono cambiate”. In modo più visibile in settori come la scienza, la tecnologia, l’economia e la geopolitica; “in modo meno appariscente, ma più profondo e anche più preoccupante – sottolinea - nell'ambito della cultura corrente, nella quale sembra essersi notevolmente affievolito, insieme con il rispetto per la dignità della persona, il senso dei valori quali la giustizia, la libertà, la solidarietà, che sono essenziali per la sopravvivenza di una società”. “Ancorato a un patrimonio di principi radicati nel Vangelo” il lavoro dei giornalisti cattolici – ha affermato il Papa - risulta oggi ancora più arduo: al senso di responsabilità e allo spirito di servizio” devono “infatti affiancare una sempre più spiccata professionalità e insieme una grande capacità di dialogo con il mondo laico alla ricerca di valori condivisi”. I giornalisti cattolici – ha aggiunto – troveranno tanto più facilmente ascolto, in particolare tra i laici, “quanto più coerente” sarà la loro testimonianza”, anche se “silenziosa, senza etichette ma di sostanza” e “ispirata ai valori della fede”. Si tratta di “un compito sempre più esigente, nel quale gli spazi di libertà sono spesso minacciati e gli interessi economici e politici hanno non di rado il sopravvento sullo spirito di servizio e sul criterio del bene comune”. Per questo il Papa esorta i giornalisti cattolici “a non cedere a compromessi” ma “ad avere il coraggio della coerenza, anche a costo di pagare di persona: la serenità della coscienza – conclude Benedetto XVI - non ha prezzo”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani mons. Philip Edward Wilson, arcivescovo di Adelaide, presidente della Conferenza episcopale australiana. Oggi pomeriggio riceverà in udienza il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Benedetto XVI ha nominato il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del VII centenario dell'inizio del soggiorno avignonese dei Romani Pontefici (1309-1377). Le celebrazioni avranno luogo ad Avignone, in Francia, il 9 ed il 10 marzo 2009.

    Negli Stati Uniti, il Papa ha nominato vescovo di Charleston mons. Robert E. Guglielmone, del clero della diocesi di Rockville Centre, finora rettore della Cattedrale Saint Agnes.
     In Argentina, Benedetto XVI ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Buenos Aires mons. Luis Alberto Fernández, vicario generale di Lomas de Zamora, assegnandogli la sede titolare vescovile di Carpi.

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    Il cardinale Martino ai Cavalieri di Malta: si costruisce la pace se si cresce tutti

    ◊   Presentando ieri sera il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2009 ai Cavalieri di Malta nella Chiesa Magistrale di Santa Maria in Aventino a Roma, il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, ha richiamato alcuni nodi drammatici delle odierne povertà, senza sciogliere i quali non è possibile oggi costruire efficacemente la pace. Il servizio di Paolo Scappucci.

     
    Sulla scorta del documento papale, il porporato ha anzitutto affermato che “individuare nello sviluppo demografico la causa della povertà nel mondo apre allo sterminio di milioni di bambini non nati e determina l’eliminazione dei più poveri degli esseri umani”. Tra i Paesi maggiormente sviluppati, quelli con gli indici maggiori di natalità godono di un vantaggio nelle potenzialità di sviluppo e quindi – come rileva il Santo Padre – “la popolazione sta confermandosi come una ricchezza e non come fattore di povertà”. Il cardinale Martino ha poi ribadito che, se si intende veramente lottare contro la povertà e costruire la pace, occorre mettere a disposizione anche dei popoli poveri le medicine e le cure necessarie, riconsiderando il sistema dei brevetti e approntando campagne di educazione a una sessualità pienamente rispondente alla dignità della persona.

     
    Dopo aver ricordato che i bambini sono le vittime più vulnerabili delle odierne povertà e che le spese militari, cresciute del 45 per cento nel decennio 1998-2007, sottraggono risorse preziose all’impegno per lo sviluppo, il Presidente di Giustizia e Pace – sempre citando Benedetto XVI – ha sottolineato che l’attuale crisi alimentare è caratterizzata non da insufficienza di cibo, ma dalla incapacità delle istituzioni politiche ed economiche a fronteggiare le emergenze derivanti dalle crescenti diseguaglianze tra ricchi e poveri. Sul tema della globalizzazione e sull’esigenza di una governance mondiale nel segno della solidarietà, il porporato ha detto tra l’altro che “la marginalizzazione dei poveri e le tristi condizioni della loro esistenza possono trovare nella globalizzazione validi strumenti di riscatto solo se ogni uomo sentirà quelle ingiustizie e quelle violazioni dei diritti umani come se fossero subite da lui stesso”. Definendo “ingiuste e anacronistiche” le misure protettive dei Paesi industrializzati nel commercio internazionale e ribadendo la necessità di un forte radicamento etico di tutta l’attività finanziaria nella prospettiva del bene comune, il cardinale Martino ha riaffermato che il valore della ricchezza dipende in misura determinante dalla capacità di produrre reddito presente e futuro e che la lotta alla povertà ha bisogno di uomini e di donne che vivano profondamente la fraternità e che sappiano accompagnare persone, famiglie e comunità in percorsi di autentico sviluppo umano. Nel mondo globale di oggi è sempre più evidente che si costruisce la pace se si cresce tutti. Il porporato ha quindi concluso con una delle affermazioni più efficaci ed incisive del Messaggio papale: “Solo la stoltezza può indurre a costruire un casa dorata, con attorno il deserto o il degrado”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il Vaticano II e il gesto di pace del Papa: in prima pagina, un editoriale del direttore per i cinquant'anni dell'annuncio, da parte di Giovanni XXIII, del Concilio. In cultura, una rievocazione di Marco Roncalli; il messaggio dell'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini che comunicò ai fedeli l'annuncio dell'assise; l'omelia di Giovanni Paolo II - nella solennità dell'Immacolata del 1985 - che ricorda il ventesimo anniversario della conclusione del concilio; il testo di Benedetto XVI, nel 2005, che chiarì l'interpretazione di quell'avvenimento ecclesiale.

    Decreto della Congregazione per i Vescovi in merito alla rimozione della scomunica a quattro presuli della Fraternità San Pio X.

    Una decisione "molto deludente": il giudizio dei vescovi degli Stati Uniti sul provvedimento di Obama in tema di aborto.

    Nell'informazione internazionale, sul duello tra Apple e Microsoft un articolo di Luca M. Possati dal titolo "La spietata guerra dell'high tech ai tempi della crisi".

    Pierluigi Natalia sulla possibile svolta nella crisi congolese dopo l'arresto del leader ribelle Laurent Nkunda.

    In Iraq i cristiani cittadini a pieno titolo: nell'informazione religiosa, il discorso del Papa ai vescovi della Chiesa caldea in visita "ad limina".

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    Oggi in Primo Piano



    Disappunto dei vescovi Usa per la scelta di Obama di finanziare con fondi federali i gruppi abortisti

    ◊   “Disappunto”: è questo il sentimento espresso dai vescovi degli Stati Uniti all’indomani della scelta di Barack Obama di sbloccare i fondi federali per finanziare i gruppi abortisti. Soddisfazione viene invece espressa dall’episcopato per la messa al bando della tortura da parte del neo presidente americano. I presuli hanno inoltre esortato il Congresso a votare una legge che estenda la copertura sanitaria a tutti i bambini. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “Un’amministrazione che vuole ridurre gli aborti non dovrebbe deviare i fondi federali per finanziare i gruppi che promuovono l’aborto”: è la denuncia del cardinale arcivescovo di Filadelfia, Justin Rigali, all’indomani della decisione del presidente Barack Obama di togliere il bando al finanziamento pubblico alle organizzazioni abortiste che operano all’estero. La misura era stata introdotta per la prima volta da Ronald Reagan nel 1984, cancellata da Bill Clinton nel 1993 e ripristinata da George W. Bush nel 2001. Il porporato, in veste di presidente della Commissione per la vita dell’episcopato americano, esprime “netto disappunto” per la scelta di ribaltare la “Mexico City Policy” che, appunto, impedisce il finanziamento federale di quegli enti che promuovono l’aborto nei Paesi in via di sviluppo come metodo di pianificazione famigliare. Il cardinale Rigali avverte, inoltre, che questa decisione amplificherà la sfiducia verso gli Stati Uniti da parte di queste nazioni i cui valori e cultura rifiutano spesso l’aborto.

     
    Plauso viene invece espresso dai presuli statunitensi per la firma di Obama di un ordine esecutivo che mette al bando ogni forma di tortura. Il vescovo di Albany, Howard J. Hubbard, presidente della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale americana sottolinea che la Chiesa Cattolica ha sempre condannato l’uso della tortura che va rifiutata come “fondamentalmente incompatibile con la dignità della persona umana e in definitiva controproducente nello sforzo per combattere il terrorismo”. Mons. Hubbard ricorda che assieme agli altri leader religiosi, i vescovi americani si sono impegnati per questo passo affinché sia protetta la dignità umana e sia ristabilito lo status legale e morale degli Stati Uniti nel mondo.

     
    Sempre in questi giorni, i vescovi degli Stati Uniti hanno chiesto al Congresso di approvare una legislazione che preveda la copertura sanitaria per tutti i bambini compresi i figli degli immigrati regolari a prescindere dalla data del loro ingresso in territorio statunitense. Copertura da estendere anche alle donne immigrate incinte. In una lettera inviata ai parlamentari statunitensi, il vescovo William F. Murphy di Rockville Centre, ribadisce che l’assistenza sanitaria è un “diritto basilare” ed esorta il Congresso a facilitare l’accesso alle cure prenatali, affinché sempre più bambini possano nascere in buona salute. Il presule, che presiede la Commissione Giustizia e Sviluppo della Conferenza episcopale americana, mette l’accento sul forte sostegno della Chiesa per la riduzione del numero di bambini senza assicurazione sanitaria e auspica che la nuova legislazione rispetti il ruolo fondamentale delle famiglie nella cura dei figli.

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    La Shoah nel Magistero di Benedetto XVI

    ◊   In questi giorni sulla stampa internazionale si è molto parlato delle dichiarazioni di mons. Richard Williamson, uno dei quattro vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X a cui oggi il Papa ha rimosso la scomunica: il presule, nel novembre scorso, rilasciò alla Tv svedese affermazioni “negazioniste” in merito alla Shoah, espressione - ovviamente - di un suo pensiero del tutto personale. Tali dichiarazioni sono state condannate dal superiore della Fraternità, mons. Fellay, in una lettera alla Tv svedese. Si tratta di posizioni personali, totalmente non condivisibili, e che tanto meno riguardano il Magistero pontificio e le posizioni della Chiesa cattolica solennemente enunciate a più riprese. Da sottolineare che il Magistero di Benedetto XVI è caratterizzato fin dal suo inizio da una forte attenzione all’ebraismo. Il servizio di Luis Badilla.

     
    Il primo segno lo si è avuto subito dopo l’elezione al Soglio pontificio quando il nuovo Papa, in risposta al messaggio di auguri inviato dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, lo ha invitato alla cerimonia d’inizio del Pontificato in Piazza San Pietro. Tutto il pensiero di Benedetto XVI così come il suo magistero con riferimento all’ebraismo è in linea con la Dichiarazione conciliare «Nostra Aetate» (1965), da lui molte volte citata nei suoi interventi, e con quanto affermato dai suoi predecessori, in particolare Paolo VI e Giovanni Paolo II. I discorsi di Benedetto XVI durante la visita alla Sinagoga di Colonia (19 agosto 2005) e ad Auschwitz (28 maggio 2006) rappresentano i due momenti più salienti del rapporto tra cattolici ed ebrei nel suo Pontificato. Certamente non sono gli unici, poiché si dovrebbero ricordare altri tre interventi negli Stati Uniti e in Francia l’anno scorso. Nella visita alla Sinagoga di Colonia nel 2005 Benedetto XVI confermava la sua ferma intenzione di continuare “con grande vigore” il cammino “verso il miglioramento dei rapporti e dell'amicizia con il popolo ebraico”. Quindi definiva la Shoah un “crimine inaudito” progettato “nel tempo più buio della storia tedesca ed europea” da “una folle ideologia razzista, di matrice neopagana” che voleva “sterminare l'ebraismo europeo”. E con Giovanni Paolo II chinava “il capo davanti a tutti coloro che hanno sperimentato questa manifestazione del mysterium iniquitatis". Ricordava quindi le “radici comuni e il ricchissimo patrimonio spirituale che gli ebrei e i cristiani condividono” ribadendo che "chi incontra Gesù Cristo incontra l'ebraismo”. Condannava poi duramente “gli odii, le persecuzioni e tutte le manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque". Incoraggiava “un dialogo sincero e fiducioso tra ebrei e cristiani”. Un dialogo – aggiungeva - che “se vuole essere sincero, non deve passare sotto silenzio le differenze esistenti o minimizzarle: anche nelle cose che, a causa della nostra intima convinzione di fede, ci distinguono gli uni dagli altri, anzi proprio in esse, dobbiamo rispettarci e amarci a vicenda”.

     
    Durante la storica visita ad Auschwitz-Birkenau (28 maggio 2006), Benedetto XVI esordì dicendo: "Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? ... Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? ... Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia! Questo grido d'angoscia che l'Israele sofferente eleva a Dio in periodi di estrema angustia, è al contempo il grido d'aiuto di tutti coloro che nel corso della storia – ieri, oggi e domani – soffrono per amor di Dio, per amor della verità e del bene; e ce ne sono molti, anche oggi”. Benedetto XVI concluse dicendo: "Il luogo in cui ci troviamo è un luogo della memoria, è il luogo della Shoah. Il passato non è mai soltanto passato. Esso riguarda noi e ci indica le vie da non prendere e quelle da prendere. Come Giovanni Paolo II ho percorso il cammino lungo le lapidi che, nelle varie lingue, ricordano le vittime di questo luogo: sono lapidi in bielorusso, ceco, tedesco, francese, greco, ebraico, croato, italiano, yiddish, ungherese, olandese, norvegese, polacco, russo, rom, rumeno, slovacco, serbo, ucraino, giudeo-ispanico, inglese. Tutte queste lapidi commemorative parlano di dolore umano, ci lasciano intuire il cinismo di quel potere che trattava gli uomini come materiale non riconoscendoli come persone, nelle quali rifulge l'immagine di Dio. Alcune lapidi invitano ad una commemorazione particolare. C'è quella in lingua ebraica. I potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità; eliminarlo dall'elenco dei popoli della terra. Allora le parole del Salmo: ‘Siamo messi a morte, stimati come pecore da macello’ si verificarono in modo terribile. In fondo, quei criminali violenti, con l'annientamento di questo popolo, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell'umanità che restano validi in eterno. Se questo popolo, semplicemente con la sua esistenza, costituisce una testimonianza di quel Dio che ha parlato all'uomo e lo prende in carico, allora quel Dio doveva finalmente essere morto e il dominio appartenere soltanto all’uomo – a loro stessi che si ritenevano i forti che avevano saputo impadronirsi del mondo. Con la distruzione di Israele, con la Shoah, - afferma Benedetto XVI - volevano, in fin dei conti, strappare anche la radice, su cui si basa la fede cristiana, sostituendola definitivamente con la fede fatta da sé, la fede nel dominio dell'uomo, del forte”.

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    Giornata mondiale della lebbra: ogni anno 250 mila nuovi casi nel mondo

    ◊   Si celebra domani la 56.ma Giornata Mondiale dei malati di lebbra: sono 250 mila ogni anno - secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità - le persone colpite dal morbo di Hansen, 40mila i bambini. Per loro il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, in un messaggio diffuso per l’occasione ha chiesto la “speciale attenzione” dei governi. Quest’anno la ricorrenza è dedicata in particolare all’India, il Paese che detiene il triste primato del più alto numero di nuovi casi ogni anno. Al microfono di Claudia Di Lorenzi, la dottoressa Alice Joseph, membro dell’Associazione Missionaria Internazionale (Ami) e responsabile del progetto Aifo di Cochin, nello Stato indiano del Kerala, spiega quali proporzioni ha raggiunto oggi la malattia:


    R. – Nel mondo ci sono oggi circa 15 milioni di persone con problemi legati alla lebbra e ogni anno, in India, si contano 150 mila casi nuovi, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità. L’India è il Paese più colpito dalla lebbra.

     
    D. – Quali fattori contribuiscono a favorire la diffusione del morbo?

     
    R. – Questa malattia è contagiosa. Tuttavia il contagio non è immediato, ha un periodo di incubazione molto prolungato. Colpisce soprattutto le persone che vivono in condizioni di povertà estrema, perché hanno le difese immunitarie molto basse e condizioni di nutrizione alimentare non adeguate. Quindi, le persone che vivono ai margini della società sono le più colpite.

     
    D. – Esiste nel Paese un sistema di assistenza sanitaria e sociale efficace?

     
    R. – Il governo indiano assieme alle organizzazioni di volontariato ha fatto un lavoro intenso per circa 15 anni per tenere sotto controllo la lebbra. Grazie a questo lavoro il numero dei nuovi casi adesso è diminuito. Dieci, quindici anni fa, noi avevamo circa 700 mila, 800 mila persone colpite dalla malattia, ma dal 2007 il numero è calato e attualmente è di circa 140 mila persone in tutta l’India.

     
    D. – E’ possibile contenere gli effetti della malattia?

     
    R. – Il problema principale è questo: diagnosticare la malattia sin dall’inizio dei suoi primi sintomi. Una volta che è stata diagnosticata, si comincia la terapia adeguata. Tutti i malati di lebbra possono guarire nel giro di sei mesi o al massimo di due anni. Il problema è che molte di queste persone colpite non sanno di essere malate, perché all’inizio la malattia non dà nessun sintomo sensibile al malato, non c’è dolore, non c’è febbre, non ci sono altri segni. Solo dopo alcuni anni o a volte alcuni mesi possono capitare segni rilevanti, che possono essere delle macchie oppure dei nervi periferici che si ingrandiscono. Se non si inizia la terapia dall’inizio, dopo un po’ di tempo si può arrivare ad una paralisi muscolare e di conseguenza anche a delle ulcerazioni delle mani, dei piedi fino a diventare dei moncherini, oppure vengono colpiti i nervi della faccia e non si possono chiudere gli occhi. Spesso a causa di infezioni si può avere un’ulcerazione corneale e si può diventare ciechi. Per cui, in questo modo, abbiamo anche tanti malati che sono guariti, ma non sono più normali, perchè hanno delle disabilità fisiche.

     
    D. – Quali interventi, dunque, si rendono necessari?

     
    R. – Il problema è che molte di queste persone vivono in paesi remoti, dove non ci sono infrastrutture, le strade non sono adeguate, non ci sono dispensari o ospedali che si possono consultare, per cui ci vogliono delle strutture che sin dall’inizio della malattia vengano diagnosticate. Per questo ci vorrebbe educazione, visite domiciliari, bisognerebbe consigliare il malato e insegnargli queste cose. Senza migliorare le condizioni di vita dei poveri è impossibile sradicare la lebbra. C’è ancora il pericolo che possa ritornare perché adesso non c’è più quel controllo che una volta faceva il governo.

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    Giornalismo e Internet al centro di un confronto promosso a Milano dal cardinale Tettamanzi

    ◊   Il giornalismo ai tempi di Internet: confronto fra l’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, e due direttori di testate giornalistiche, Ferruccio De Bortoli e Gianni Riotta, per la festa del patrono dei giornalisti San Francesco di Sales. L’incontro si è tenuto oggi al Circolo della Stampa a Milano. Il servizio è di Fabio Brenna:


    Internet non cancellerà la professione giornalistica anzi richiede già giornalisti che sappiano guidare in mezzo a tante immagini, notizie e dati. Serve il giornalismo perché l’alternativa è il conformismo o la "narcosi quotidiana", ha subito chiarito il direttore del Sole 24 Ore, Ferruccio De Bortoli. E’ indispensabile la mediazione di un professionista dell’informazione perché su Internet stanno prevalendo le tenebre, ha invece avvertito il direttore del Tg1, Gianni Riotta. Le tenebre come lettura accomodante di ciò che accade o falsamente alternativa, ma che rientra in logiche di appartenenza o schemi precostituiti. Ecco perché serve il giornalista anche su Internet, ha concordato il cardinale Dionigi Tettamanzi: un professionista capace di interpretare il reale, che tenta spiegazioni, che fa sintesi, che compone il quadro. Ecco la riflessione del porporato:

     
    “Noi non cesseremo mai di avere bisogno del vostro mestiere, del vostro servizio, cari giornalisti. In ogni epoca, anche nell’epoca di Internet. Non penso che la tecnologia prevarrà sull’uomo, mettendo continuamente in gioco la vostra umanità, la vostra persona, le vostre idee, la vostra visione di vita e lasciatemi dire – perché no? – la vostra coscienza anzi, in sintesi, il vostro cuore”.
     
    I media tradizionali devono certo prendere atto della voglia di protagonismo che viene dai blog piuttosto che dai social network, ha detto ancora De Bortoli, ma la memoria collettiva e la coscienza pubblica possono solo essere implementati da Internet, un mondo non esente da rischi, ha evidenziato Riotta:

     
    “E’ vero che i media tradizionali – televisione e giornali – hanno un forte problema di creatività e che Internet svolge un ruolo positivo di controllo; allo stesso tempo, però, non sappiamo chi mette l’informazione su Internet e potremmo arrivare al rischio di una frammentazione per cui alla fine ci saranno sei miliardi di blog per sei miliardi di esseri umani: ognuno si scrive e si legge da solo …”.
     
    Per reggere allora a queste sfide, il cardinale Tettamanzi ha sottolineato il bisogno di una comunità dietro lo strumento e dunque di giornalisti che riscoprono la passione degli esordi, il senso di servizio sociale, la sfida di scovare segni di speranza che ci sono sempre, anche in questi nostri travagliati giorni.

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    Il Messaggio del Papa per la Giornata delle Comunicazioni Sociali: riflessione di don Domenico Pompili

    ◊   Ricorre oggi la memoria di San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra, Dottore della Chiesa, proclamato patrono dei giornalisti cattolici da Papa Pio XI il 26 gennaio del 1923. Porta la data di questa memoria il Messaggio di Benedetto XVI per la 43.ma Giornata delle Comunicazioni Sociali che si celebrerà quest’anno, il prossimo 24 maggio, sul tema:”Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia”. E’ la “generazione digitale”, i giovani che navigano in Internet, la prima destinataria del Messaggio, protagonisti di una “nuova cultura della comunicazione”. Al microfono di Luca Collodi, il commento di don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio Nazionale delle Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana:


    R. – La festa di San Francesco di Sales è legata ad una figura che nella Ginevra calvinista del suo tempo escogitò forme di prossimità per evangelizzare le persone del tempo, attraverso dei foglietti che venivano puntualmente recapitati casa per casa. Sono passati molti anni e il linguaggio si è ovviamente modificato e siamo ormai nell’era di Internet, ma direi che questo Santo costituisce un riferimento proprio per la sua audacia nel trovare linguaggi sempre nuovi, per portare sempre la stessa buona notizia. Mi pare che oggi siamo perfettamente sintonizzati su questa linea.

     
    D. – Nel messaggio, il Papa invita i giovani ad evangelizzare la rete come i discepoli di Gesù, duemila anni fa, hanno portato il messaggio cristiano nel mondo dell'epoca. Una sfida importante…

     
    R. – Credo che la missione sia la stessa e tuttavia il contesto culturale è così profondamente segnato dai cambi tecnologici - cosa peraltro sempre presente nella storia dell’umanità - che ad ogni cambio tecnologico è necessario aggiornare proprio il linguaggio e rendersi conto che però la missione, come appunto fa il Papa rivolgendosi in modo privilegiato a quella che viene chiamata la generazione digitale, la missione è la stessa. Credo che non a caso il Papa si rivolga ai giovani, essendo questi, anche secondo l’ultima indagine del Censis, i migliori e più numerosi fruitori di questo nuovo linguaggio. Perciò chi volesse annunciare il Vangelo nella lingua di Internet, non può prescindere sicuramente dal contributo dei giovani. Questo spiega perché il Papa abbia direttamente coinvolto queste giovani generazioni.

     
    D. – Don Pompili, le nuove tecnologie, internet, possono modificare la pastorale della Chiesa ?

     
    R. – Direi che i cambi tecnologici, come è sicuramente Internet che di questo cambio tecnologico è il fiore all’occhiello, più che cambiare immediatamente la pastorale cambiano la coscienza delle persone perchè ogni modificazione tecnologica impatta profondamente la coscienza della persona. Così come nella tradizione orale il senso più diffuso era l’ascolto e in quella scritta la vista, in questa epoca di oralità secondaria, come viene detta, probabilmente c’è un rimescolamento di queste due funzioni, ma anche un modo diverso di approcciare la realtà, con un’intelligenza che forse non è più semplicemente lineare ma modulare. Tutto questo ci dice che effettivamente Internet cambia in qualche modo la coscienza delle persone. Però allo stesso tempo esiste una divisione tra coloro che utilizzano in modo equilibrato, critico e culturalmente maturo questi nuovi linguaggi e chi invece ne è sprovvisto. Credo che il compito della Chiesa sia di aiutare a far emergere la robustezza dell’uomo che entra dentro questo mondo di Internet. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   Domani, terza domenica del Tempo ordinario, la Liturgia propone il brano del Vangelo in cui Gesù, passando lungo il mare di Galilea, incontra Simone e Andrea, mentre gettano le reti in mare, e Giacomo e Andrea mentre riparano le reti, e dice loro:
     
    “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:
     

     
    (musica)

     
    La vita di ogni uomo è costellata di incontri. Nell’incontro acquista rilievo la nostra fisionomia interiore, ma nella molteplicità e nella diversità di significato dei tanti incontri ce n’è uno che eccelle e si innalza su tutti: è l’incontro con Cristo. Questo è l’incontro decisivo in prima ed in ultima istanza. Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni, nell’incontro con Gesù, avevano fatto esperienza di una presenza incomparabile ed avevano assistito al sorgere in loro di una corrispondenza prima sconosciuta. Lo stare con quell’uomo li ridefiniva nei loro contorni interiori, come mai era avvenuto prima. Per questo, quando quel giorno passando li chiamò sarebbe stato irragionevole e irrazionale per loro non seguirlo. Paolo, anche lui posto di fronte a quella presenza, spiega la corrispondenza unica e singolare con Cristo, affermando che in lui siamo stati eletti dal Padre prima della creazione del mondo. Essendo quindi fatti di Lui, solo quando Egli ci viene incontro cominciamo ad esistere veramente. Così fu per Paolo alle porte di Damasco. Il resto o è preludio a questo o è perdita, dispersione, vanità.

     
    (musica)

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    Chiesa e Società



    Mons. Celli ai giornalisti nella memoria di San Francesco di Sales: siate messaggeri della Verità

    ◊   La Chiesa ricorda oggi San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa, proclamato patrono della stampa cattolica da Pio XI nel 1923. La ricorrenza liturgica è occasione della pubblicazione del Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che quest’anno si celebra il 24 maggio sul tema: “Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia”. Il documento pontificio è stato presentato ieri nella Sala Stampa vaticana, questa mattina, invece, mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha celebrato alle 11, nella Chiesa di S. Maria in Traspontina, a Roma, una Messa per gli operatori vaticani dei media. Nella sua omelia il presule ha ricordato che è la Parola ad aiutare il giornalista a riscoprire la sua vocazione, perché colui che opera nel campo dei media è messaggero e deve anche annunziare la pace. Mons. Celli ha anche sottolineato che il giornalista deve pure saper sopportare la sofferenza nel testimoniare la Verità. E se Cristo ci ha chiamati amici e non servi, ha aggiunto il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ciò significa che la Verità va condivisa, che nella sua attività l’operatore nei media deve portar frutto e rendere testimonianza. Infine, invitando i fedeli a riflettere sulle letture della liturgia odierna - incentrate sulla comunicazione -, sulla Parola come spazio in cui confrontarsi e sugli scritti di San Francesco di Sales, mons. Celli ha avuto un pensiero per quanti hanno perso la vita annunciando la Verità. (T.C.)

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    Sono costati 20 miliardi di dollari 20 anni di guerre in Medio Oriente

    ◊   E’ di oltre 12mila miliardi di dollari il costo “globale” per le Nazioni che dal 1991 sono state colpite dai conflitti nel Medio Oriente. La stima, prima nel suo genere, è stata rivelata ieri presso l’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra in un rapporto dell’indiano Strategic Foresight Group - ripreso dall'agenzia AsiaNews - e riguarda anche la valutazione del mancato sviluppo dei Paesi e degli effetti sul tenore di vita delle popolazioni. I costi maggiori riguardano il conflitto tra Israele e Palestina, quelli del Libano e l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti. Sundeep Waslekar, coordinatore dello studio, ha spiegato che i redditi sia di israeliani che di palestinesi sarebbero stati almeno il doppio se alla conferenza di Madrid del 1991 fosse stata concordata una pace duratura. Se ci fosse subito la pace, il reddito medio israeliano crescerebbe molto persino se Tel Aviv accettasse di indennizzare i profughi palestinesi e di portare fuori dalla West Bank i suoi oltre 150mila coloni. Allo stesso modo, il reddito dei palestinesi sarebbe oltre il doppio, anche se accettassero la loro situazione attuale. Per questo Waslekar ritiene che non scegliere la pace significhi, per ogni Paese, solo continuare “la devastazione” e accollarsi costi sempre maggiori. All’opposto la pace avrebbe esiti molto positivi anche per gli Stati ai margini dei conflitti: ad esempio con un maggior reddito pro capite di 1.250 dollari in Giordania, dove abitano centinaia di migliaia di rifugiati palestinesi. In Iraq, senza la guerra e le precedenti sanzioni, il reddito nazionale sarebbe stato 38 volte maggiore, ovvero pari a 2,2mila miliardi di dollari. Waslekar ha specificato che lo studio ha precisi limiti, in quanto “ci sono costi che non sono misurabili, come il prezzo della dignità umana”. (R.P.)

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    Missione Onu a Gaza per valutare le conseguenze dell’offensiva israeliana

    ◊   Le Nazioni Unite lanceranno a febbraio un appello umanitario per la popolazione di Gaza dopo il resoconto di una missione giunta da alcuni giorni nei Territori palestinesi. Secondo fonti Onu, “i bombardamenti hanno causato danni consistenti alle infrastrutture civili in tutta la Striscia, mentre il rifornimento di cibo e carburante e l’erogazione di elettricità, acqua e servizi sanitari rimane critica”. L’offensiva di Israele, durata 22 giorni, ha causato oltre 1.300 vittime, di cui 412 bambini, e il ferimento di oltre 5.450 civili, 1855 dei quali minori. “Abbiamo visto moltissima distruzione” ha dichiarato il vice segretario generale per gli Affari Umanitari, John Holmes, visitando diversi siti nella Striscia di Gaza incluso quel che rimane del deposito dell’UNRWA, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi, colpito una settimana fa dalle forze israeliane. Nel corso della missione, i funzionari del Palazzo di Vetro avranno incontri con le autorità israeliane per discutere del ruolo di Tel Aviv “nel facilitare l’assistenza umanitaria per la popolazione di Gaza, inclusa la necessità di accesso pieno e incondizionato per tutti i beni e gli enti umanitari”. In agenda anche colloqui con l’Autorità Nazionale Palestinese. (B.C.)

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    Preoccupazione dei missionari saveriani per la situazione in Nord Kivu

    ◊   “Il problema del Kivu va risolto con il dialogo, lavorando alla luce del sole, con la piena partecipazione dell’Onu”. Così all’agenzia Fides padre Silvio Turazzi, missionario saveriano conoscitore dell'est della Repubblica Democratica del Congo, commentando l’operazione congiunta tra le forze armate ruandesi e congolesi che ha portato all’arresto del generale Laurent Nkunda, capo dei ribelli tutsi. Per il religioso, il fermo e le azioni militari lasciano “perplessi” ed è forte la preoccupazione dei missionari che operano accanto alle popolazioni locali perché temono che Ruanda e Repubblica Democratica del Congo stiano operando “senza la supervisione internazionale”. La missione delle Nazioni Unite in Congo (Monuc) non sta infatti partecipando all’operato dei due eserciti, “le ong – riferisce padre Turazzi - hanno sospeso le loro operazioni. Non vi sono dunque testimoni indipendenti di quello che sta avvenendo nel Kivu”. C’è anche dispiacere per la scelta della via militare e non per la trattativa come mezzo per risolvere il problema delle FDLR (Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda). “Dicono che gli uomini delle FDLR abbiano partecipato al genocidio in Ruanda del 1994 – prosegue - ma sappiamo che il 60% dei suoi appartenenti ha circa 24 anni e nel 1994 erano dei bambini”. (B.C.)

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    Messaggio dell’arcivescovo di Mombasa sulla carestia che affligge il Kenya

    ◊   È un messaggio che invita alla riconciliazione quello scritto da mons. Boniface Lele, arcivescovo di Mombasa, in Kenya. Il testo arriva, infatti, in un momento critico per il Paese africano, gravato da una forte carestia. “In molte zone – scrive mons. Lele – sono mancate le piogge, con una conseguente carenza di cibo, dovuta ai mancati raccolti dei campi. E alla fine, naturalmente, tutto ciò ha provocato la carestia che ora opprime la nazione”. Ma le radici del problema, sottolinea l’arcivescovo di Mombasa, partono da lontano, esattamente dalle violenze scatenatesi nel dicembre del 2007, dopo le elezioni presidenziali: la guerra civile che ne seguì, infatti, afferma il presule, “ha spostato e fermato molte persone addette alla produzione alimentare”, con il risultato che oggi “circa 10milioni di persone soffrono la fame” in Kenya. “Molti abitanti delle zone rurali – osserva poi mons. Lele – riescono a procurarsi un solo pasto al giorno, spesso sbilanciato dal punto di vista nutrizionale, e a volte neanche quello. Ciò ha comportato un grave aumento delle malattie e delle morti, in assenza di un adeguato sistema immunitario”. Quindi, il presule si sofferma sulla salvaguardia dell’ambiente: “Le nostre foreste – dice – si stanno estinguendo a causa di una speculazione sulle risorse energetiche, che porta a bruciare o a vendere la legna ad un prezzo irrisorio, solo per sopravvivere. Il risultato allarmante è che l’ambiente sta sprofondando in un degrado crescente”. L’arcivescovo di Mombasa si rivolge, poi, agli insegnanti del Paese, entrati in sciopero allo scopo di ottenere un aumento salariale: pur comprendendo le motivazioni di tale protesta, il presule invita i docenti ad “ascoltare la voce della ragione”, poiché “la nazione sta sprofondando nella carestia” ed auspica che il governo e gli insegnanti si siedano intorno ad un tavolo, raggiungendo “una soluzione amichevole”, attraverso il dialogo. In questo modo, continua mons. Lele, si eviterà che, a causa della chiusura delle scuole, gli adolescenti cadano vittime della prostituzione, del lavoro minorile e dell’abuso di droghe. Il messaggio si conclude, quindi, con un invito collettivo al Paese, perché tutti aiutino gli abitanti delle zone rurali, in un clima di dialogo e di riconciliazione. (I.P.)

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    Documento dei vescovi del Guatemala sulle sfide pastorali alla luce della crisi economica

    ◊   “In tempi di tragedie e di incertezze è nostro dovere come pastori quello di accompagnare il nostro popolo” e nel contesto dell’Anno Paolino, “ci appelliamo all’Apostolo delle genti per ripudiare il silenzio vergognoso perché condotta indegna dei pastori, riconoscendo inoltre le nostre debolezze pur sapendo di avere il tesoro della fede”. Così i vescovi del Guatemala, ieri, in un ampio documento al termine dei lavori della loro Assemblea plenaria nel corso della quale hanno analizzato a fondo sia il momento ecclesiale, con le sue sfide pastorali prioritarie come la Missione continentale, sia quello nazionale oggi oscurato dalle conseguenze della crisi economica internazionale, ma anche dalla violenza e dalla povertà. I presuli tornano ancora una volta a riflettere sulla violenza che colpisce il Paese e che nel 2008 si è tradotta in oltre 6mila omicidi. Ciò, osservano, “è il frutto di una criminalità favorita dalla corruzione del sistema penitenziario” nonché dell’impunità che non si riesce ad abbattere nonostante tutte le misure annunciate. Un’aggravante che peggiora ancora la delicata situazione del Paese, secondo i vescovi, “è la povertà inumana che colpisce gran parte dei guatemaltechi”, mentre si registra “un’insufficienza di politiche pubbliche audaci per promuovere, con successo, processi di sviluppo nella città e nella campagna”. Ricordando che “lo sviluppo è il nuovo nome della pace” come insegnava Paolo VI, i vescovi riflettono a lungo sugli insegnamenti di Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace 2009 che sottolinea il bisogno di “combattere la povertà” per costruire una convivenza pacifica nella giustizia e nella solidarietà. Dall’altra parte i presuli osservano con dolore il fatto che il Guatemala, proprio a causa della povertà e della violenza, è diventato un paese di migranti con mezzo milione di cittadini solo negli Stati Uniti, e in gran parte illegali. Molti di loro tra l’altro già sono vittime delle conseguenze della crisi economica mondiale e ciò si ripercuote su molte famiglie guatemalteche che vivono dalle remesse. “Di fronte ad un quadro così complesso, oggi più che mai, occorre la solidarietà per prestare cura, in modo prioritario, ai più poveri e vulnerabili della nostra società”. Una società giusta, aggiungono i presuli, “è possibile solo con una società solidale”. Una tale rete di sostegno reciproco “passa attraverso l’educazione, vero motivo di speranza poiché se oggi in Guatemala c’è una cosa che unisce i guatemaltechi è lo sforzo dei genitori e dei giovani per credere nell’educazione come mezzo per costruire il futuro”. Al riguardo, osserva la Conferenza episcopale, “c’è ancora molto da fare se si desidera fare dell’educazione uno strumento efficace”. “I guatemaltechi, concludo i vescovi, siamo un popolo religioso, ma non vediamo che la fede corrisponda ad una coerenza morale nell’esercizio del potere” nelle sfere della politica, della finanza, del commercio “e perciò diciamo che occorre un forte rinnovamento morale, il cui centro e la cui forza sia Gesù Cristo”.(L.B.)

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    Parte oggi la Missione di evangelizzazione proposta dai vescovi del Venezuela

    ◊   Quest’oggi, nell’arcidiocesi di Caracas, avrà inizio la missione evangelizzatrice lanciata il 14 gennaio dai vescovi del Venezuela . La “Grande Missione Continentale” è un grande progetto di rinnovamento religioso e spirituale, pastorale, personale e comunitario. “Per la Chiesa di Caracas questa Missione è una grazia speciale”, ha scritto il cardinale Jorge Liberato Urosa Savino, soprattutto di fronte alla “realtà che stiamo vivendo, fatta di forte secolarizzazione ed indifferenza religiosa, di disprezzo della persona e della vita umana, di rilassatezza affettiva sessuale, con l’allontanamento dalla partecipazione all’Eucaristia domenicale, con la debolezza della famiglia e la dimenticanza del matrimonio”. Tutto questo esige dai cattolici e da tutti gli operatori pastorali “un nuovo sforzo di evangelizzazione e di azione pastorale, con nuovo ardore, nuovi metodi e nuove espressioni”. Per l’arcivescovo di Caracas, inoltre, la Missione evangelizzatrice dovrà incidere “sul rinnovamento delle nostre comunità, dei nostri movimenti apostolici, nella nostra forma di vivere la fede, di proclamare con forza e gioia il Messaggio di salvezza di Nostro Signore Gesù Cristo e di vivere la nostra solidarietà e fraternità”. “La Missione evangelizzatrice – prosegue l’arcivescovo - sarà, senza dubbio, con l’aiuto di Dio e della Vergine di Coromoto, un’opportunità d’oro per rinnovare le nostre strutture e comunità ecclesiali, per ravvivare la fede e la pratica religiosa del nostro popolo cattolico, e per dare così un nuovo impulso all’evangelizzazione di quella grande quantità di persone che non conoscono Gesù e di quelle che non vivono la fede cristiana”. La missione di evangelizzazione seguirà varie tappe, la prima della quale si occuperà di sensibilizzare e motivare i sacerdoti, i consacrati, i diaconi, i seminaristi, i laici impegnati e i catechisti, e per coinvolgere nuovi evangelizzatori. Il progetto avrà come obiettivi specifici, arrivare ai più lontani, promuovere il rinnovamento della vita familiare e la rivalutazione e la celebrazione dei sacramenti del matrimonio e del battesimo, intensificare la pastorale giovanile e vocazionale, rinforzare il lavoro sociale e la scelta preferenziale per i poveri, e fortificare i diversi movimenti di apostolato laico. Il cardinale Urosa Savino, conclude, come riportato dall'Agenzia Fides, invitando tutti gli operatori pastorali a partecipare con entusiasmo all’opera di evangelizzazione. (F.C.)

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    “L’etica globale, sfida alla chiesa” al centro della Conferenza dei vescovi dell'Africa meridionale

    ◊   “L'etica globale è una sfida alle chiese”. Ad affermarlo è mons. Buti Joseph Tlhagale, arcivescovo di Johannesburg, nel discorso inaugurale dell'Assemblea Plenaria della Conferenza dei Vescovi dell'Africa meridionale (SACBC), che si concluderà il 28 gennaio prossimo. Nel discorso, riportato dall'agenzia Fides, mons. Tlhagale afferma che “la post modernità sostiene che la realtà sia una costruzione sociale, che la verità te la costruisci tu. Non vi è alcuna verità oggettiva”. La conseguenza di questa filosofia è che “Dio stesso è stato spodestato dal piedistallo. Sono l'uomo e la donna a regnare sovrani. Il singolo è diventato il creatore, ed è padrone del proprio destino”. L’etica globale esalta il concetto di scegliere, si può scegliere tutto, partendo dall’orientamento sessuale, per arrivare all’eutanasia e all’aborto. Nel discorso pronunciato dall’arcivescovo, viene messo in evidenza come per questa visione delle cose “l'eutanasia sia l'espressione del diritto di scegliere, e in questo modo si afferma anche la dignità della persona. Salute riproduttiva significa il diritto a non riprodursi. Significa l'aborto sicuro. Significa il libero accesso ai contraccettivi”. Secondo quanto affermato da mons. Tlagale, “è stata la Conferenza di Pechino del 1995 che ha eliminato il concetto di complementarità tra uomo e donna. L'obiettivo è stato quello di ottenere una società a-sessuale, una società priva di etichette sessuali”. Infine si dice preoccupato per il “colonialismo biologico”, fenomeno che si potrebbe verificare a causa della legalizzazione dell’aborto e della legittimazione della fecondazione in vitro nei Paesi africani. Questo porterà i Paesi industrializzati ad essere cacciatori di ovuli delle donne africane per utilizzarli nelle ricerche sulle cellule staminali. (F.C.)

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    Giornata dell’Infanzia Missionaria in Spagna

    ◊   “Con i bambini dell’Asia...cerchiamo Gesù”. E’ questo il tema della “Giornata dell’Infanzia Missionaria” di quest’anno, che si celebrerà domani in Spagna. Con questa iniziativa la Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria avvia un progetto che durerà cinque anni: percorrere i cinque continenti affinché i bambini e gli adolescenti continuino a raggiungere una coscienza ed una visione universale della Chiesa. Quest’anno, come riporta l'Agenzia Fides, si inizia con il continente asiatico, perchè è il continente più grande ed esteso del pianeta, ed è anche il più bisognoso di evangelizzazione. Mons. Francisco Pérez González, arcivescovo di Pamplona-Tudela e direttore nazionale delle “Pontificie Opere Missionarie” della Spagna, commenta l’iniziativa in un messaggio, in cui afferma di essere rallegrato per aver posto l’attenzione sull’Asia, “e la ragione fondamentale è perché questo continente ha la terra migliore affinché il seme del Vangelo cresca nel futuro con molta forza”. “I bambini asiatici sono molti milioni - continua il Messaggio – e ad essi dobbiamo guardare con la forza di sapere che il futuro dipenderà da ciò che viene insegnato loro adesso”. Inoltre “i Paesi asiatici si sentono orgogliosi dei loro valori religiosi e culturali tipici”, per cui “c’è terreno fertile affinché il seme del Vangelo cresca nell’anima degli asiatici”. Anche l’arcivescovo di Madrid, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela ha espresso gioia e soddisfazione per la “Giornata dell’Infanzia Missionaria”, e in una lettera destinata ai bambini di Madrid, ringrazia Dio perché, in Spagna sono molti coloro che conoscono ed amano Gesù, ma, “in molti posti del mondo, moltissimi bambini non hanno la gioia di conoscere e di amare Gesù. E questi bambini cercano un senso alla loro vita, una ragione per essere realmente felici”. E chiede di pregare per “tutti loro, che benché non lo sappiano, è Gesù che cercano”. Rivolge poi un appello affinché preghino per “i missionari che già si trovano in questi Paesi, perché annuncino senza stancarsi mai che Gesù è con loro e li ama”. (F.C.)

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    Grande partecipazione in Thailandia alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

    ◊   Richiama un numero sempre crescente di partecipanti la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani in Thailandia. Un appuntamento che, a 44 anni dalla prima celebrazione – riferisce Asianews - vede in questi giorni presenti circa mille fedeli, tra cattolici, protestanti, battisti e avventisti del settimo giorno. Un dato significativo se si considera che - spiega mons. Joseph Chusak Sirisut, vescovo di Nakhon Ratchasima e presidente della Commissione cattolica per l’unità dei cristiani – solo cinque anni fa i partecipanti non arrivavano a 200 e che nel Paese asiatico, a stragrande maggioranza buddista, i cristiani rappresentano solo l’1% dei 63milioni di abitanti. Alla cerimonia di apertura, il 18 gennaio a Bangkok, nella chiesa cattolica di St. Louis, hanno partecipato rappresentanti e fedeli di tutte le confessioni riconosciute dal dipartimento degli affari religiosi. “Oggi i frutti della preghiera si sono estesi” ha detto il reverendo Virat Koydul, rappresentante della Chiesa di Cristo, ricordando la partecipazione dei fedeli di diverse Chiese ad iniziative comuni di promozione del dialogo ecumenico. Tra le tante mons. Sirisut ha ricordato l’attività dei Christian Youth Camp, organizzati insieme da cattolici e protestanti come esempio del dialogo tra le diverse confessioni, nonché l’impegno dell’arcivescovo di Bangkok, il cardinale Michael Michai Kitbunchu, per la modifica dello statuto delle confessioni religiose nel Paese. Un impegno nel dialogo e nella fattiva collaborazione che ai cristiani indica la strada per contribuire al bene della società. “Se costruiremo un’autentica armonia tra noi – afferma il rappresentante dei protestanti - in futuro potremo essere capaci di promuovere l’unità con le diverse fedi religiose che porterà alla vera pace nella società”. Nel Paese la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è occasione di raccolta fondi in favore dei malati di AIDS. (C.D.L.)

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    Cina: fedeli insieme ad Hong Kong per la Settimana dell’unità

    ◊   Unire le forze per combattere la crisi ambientale e finanziaria globale: è la convinzione dei leader cristiani di Hong Kong, espressa durante l’incontro di preghiera in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in corso fino a domenica prossima. Secondo il “Kong Ko Bao”, il bollettino diocesano in lingua cinese, ripreso dall'agenzia Fides, circa 500 cristiani di diverse confessioni hanno partecipato all’incontro, svoltosi nella parrocchia anglicana di Saint John a Hong Kong. Tutti hanno sottolineato e sollecitato l’importanza dell’insegnamento cristiano sulla solidarietà. “I cristiani - ha detto un sacerdote cattolico - devono unirsi insieme per proteggere la creazione del Signore”. Dal suo canto, un pastore protestante ha ribadito che “i cristiani hanno il dovere di annunciare la Buona Novella di Gesù per combattere la società consumistica”. Sulla stessa linea, l’intervento di un vescovo anglicano, per il quale “negli ultimi mesi la vendita di copie della Bibbia è aumentata fortemente. È un segnale rivelatore della grande sete spirituale delle persone. Quindi i cristiani si uniscano per rispondere alle esigenze spirituali della gente”. Alcuni cristiani hanno auspicato poi uno sviluppo dell’impegno per l’unità dei cristiani: dall’incontro di preghiera, al servizio sociale, cioè al gesto concreto per sensibilizzare la società e le giovani generazioni cristiane. (I.P.)

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    Le POM australiane sostengono in Vietnam una casa di accoglienza per neonati

    ◊   Combattere gli aborti accogliendo e curando i bambini appena nati e aiutando le neo-mamme: è l’intento delle Pontificie Opere Missionarie (POM) australiane che hanno potenziato il sostegno al centro “Casa della Carità”, in una delle diocesi più povere del Vietnam. Il centro è sorto per accogliere i bambini “non voluti”, scoraggiando gli aborti e offrendo un consistente aiuto a famiglia molto povere che – temendo di non poter accudire dignitosamente i propri figli o di condannarli alla morte per fame – spesso pensano all’interruzione volontaria della gravidanza. La “Casa della Carità” - riferisce l'agenzia Fides - è gestita attualmente da sei suore e dieci volontarie che si prendono cura di 30 fra neonati e bambini abbandonati o affidati dalle famiglie. Il Centro intende pian piano ampliarsi, accogliendo fino a 200 bambini. La responsabile, suor Mary Nguyen Thi Tha Mai, che ha un’esperienza di 40 anni dedicati all’infanzia, ha messo insieme energie e risorse umane ed economiche per aprire il Centro. Grazie all’incoraggiamento della Chiesa locale e soprattutto al sostegno dall’estero, come quello delle POM australiane, è stato possibile realizzare il progetto. Le POM sostengono la Casa con un contributo di circa 5 mila dollari australiani al mese. (A.M.)

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    Francia: incontro dei delegati diocesani alla Cooperazione Missionaria

    ◊   Sono 120 i delegati diocesani alla Cooperazione Missionaria della Conferenza episcopale francese (CEF) riuniti, oggi e domani, nella sede parigina della CEF. Lo scopo dell’incontro sarà la preparazione pastorale in vista della visita del Papa in Camerun ed Angola, prevista per marzo prossimo, e in vista del Sinodo dei vescovi d’Africa, fissato per ottobre. Largo spazio, quindi, sarà riservato al risveglio del senso della missione nelle parrocchie, nelle scuole e nelle comunità diocesane, così come agli scambi con le Chiese sorelle degli altri continenti. Il tema dei lavori, guidati da mons. François Garnier, presidente della Commissione episcopale per la missione universale, è tratto dal Salmo 32: “Dio ama il diritto e la giustizia, del suo amore è piena la terra”. Tra i presenti all’incontro, mons. Joachin N’Dayen, arcivescovo emerito di Bangui (Centrafrica), che interverrà sul contesto del Sinodo per l’Africa e sulle sfide attuali della Chiesa in questo continente. La parola passerà quindi a padre Pierre-Yves Pecqueux, direttore del servizio della Missione Universale e delle Pontificie Opere Missionarie di Francia, che affronterà le relazioni internazionali e missionarie della Chiesa francese e il contenuto dell’animazione missionaria. (I.P.)

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    Vescovi spagnoli: la pubblicità atea lede la libertà religiosa

    ◊   E’ “lesiva della libertà religiosa”, secondo i vescovi spagnoli, la pubblicità contro l'esistenza di Dio prevista sugli autobus pubblici di Madrid. In un comunicato diffuso ieri dall’Ufficio Informazioni della Conferenza Episcopale Spagnola, e ripreso dall’agenzia Zenit, i presuli definiscono la pubblicità - che recita: “Probabilmente Dio non esiste. Smetti di preoccuparti e goditi la vita” – una blasfemia e un’offesa a chi crede. “La libertà d'espressione è un diritto fondamentale – riconoscono i vescovi spagnoli –. Tutti possono esercitarlo con mezzi leciti, ma gli spazi pubblici che devono essere obbligatoriamente utilizzati dai cittadini non devono essere impiegati per pubblicizzare messaggi che offendono le convinzioni religiose di molti di loro”. Quando questo accade, spigano, “si lede il diritto al libero esercizio della religione, che deve essere possibile senza che alcuno si veda sminuito o attaccato”. Per porre un freno a simili iniziative la Conferenza dei vescovi spagnoli si rivolge alle autorità competenti affinché tutelino “il pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa”, e si impegnino nella difesa e nella promozione della “libertà d'espressione di tutti”. “In ogni caso – concludono – i cattolici rispetteranno il diritto di tutti a esprimersi e saranno disposti ad agire sia con serenità e mansuetudine di fronte alle ingiurie che con forza e coraggio nell'amore e nella difesa della verità: Dio è amore”. (C.D.L.)

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    Inedita testimonianza del defunto cardinale Castillo Lara su povertà e vita

    ◊   Toccante e inedita testimonianza del cardinale venezuelano Rosalio Castillo Lara, presidente emerito dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, rilasciata all’agenzia Fides pochi giorni prima della sua morte sul tema della vita e della povertà: “Certamente il problema della povertà è gravissimo, e quasi tragico per noi, però la  soluzione dell’eutanasia della povertà attraverso la sterilizzazione è una soluzione completamente sbagliata. Nel nostro continente sud americano si avverte molto forte la sconvolgente povertà di immense moltitudini di persone che sono carenti di educazione, e a volte anche di un tetto e della possibilità stessa di un lavoro. Ripeto, però, che uccidendo la vita non si favorisce certo la ricchezza e non si elimina la povertà. Questa soluzione è molto semplice, - afferma il porporato - ma non dà un risultato autentico. E' piuttosto con una educazione integrale, seminando valori e principi etici, religiosi, morali, che si può insegnare alle persone a vivere bene e a trovare un lavoro onesto”.

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    Causa di Beatificazione di suor Maddalena Volpato: ha offerto la vita per l'unità dei cristiani

    ◊   E’ ripresa a Venezia la causa di Beatificazione della Serva di Dio Maddalena Volpato, morta a 27 anni. La sua memoria è viva, specialmente durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, iniziata il 18 gennaio. Maddalena infatti offrì la sua giovane vita al Signore per l’unità di tutti i cristiani. A chi le diceva che Dio aveva preso sul serio la sua offerta, rispondeva serena: “Io non mi pento, sono contenta di offrire la vita per una cosa in cui credo, mi basta che il Signore mi dia la forza. La sofferenza accettata con amore ha valore grande per la Chiesa”. Aprendo ufficialmente la nuova inchiesta diocesana sulla vita, il Patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola ha sottolineato lo scorso 16 gennaio lo straordinario valore della decisione di Maddalena “di offrire la propria esistenza per un bene così travagliato quale è quello dell’unità dei cristiani”. “Che una figura di donna consacrata di grande semplicità e di grande povertà di spirito, di grande umiltà possa salire agli altari - ha aggiunto il cardinale Scola - è un segno bellissimo, non solo per la Congregazione delle Figlie della Chiesa, ma anche per tutta la Chiesa di Venezia, in una prima fase, e speriamo poi per la Chiesa universale”. Maddalena era nata il 24 luglio 1918 a Sant’Alberto di Zero Branco, in provincia di Treviso. A 24 anni è entrata nel nascente Istituto delle Figlie della Chiesa e ancora novizia offrì al Signore la propria vita per l’unità dei cristiani. Morì il 27 maggio 1946, tra atroci sofferenze, a causa di tisi ossea. (A.L.)

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    Al via lunedì il Consiglio permanente dei vescovi italiani

    ◊   Una finestra sulle iniziative caritative della Chiesa in Italia – a fronte della attuale difficile congiuntura economica - e sulle recenti attività della Commissione degli episcopati d’Europa sarà offerta ai vescovi partecipanti al Consiglio permanente della Cei, al via il prossimo lunedì 26 gennaio e fino al 28 del mese. Una tre-giorni che si aprirà con l’adorazione eucaristica, alle 17.00, presso la cappella della Cei e la prolusione del cardinale presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco, e che coinvolgerà i presuli anche nella scelta del tema della prossima Assemblea generale. Secondo un documento diffuso dall’Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei, ripreso dal Sir, l’incontro darà spazio anche ad una riflessione sulle prospettive che l’introduzione del digitale terrestre opera nell’ambito della comunicazione sociale. (C.D.L.)

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    I ragazzi dell'Azione Cattolica italiana in marcia per la pace

    ◊   Si svolgerà domani, domenica 25 gennaio, la tradizionale “Carovana della pace” organizzata dai ragazzi dell’Azione cattolica (Acr) di Roma. “Offerta eccezionale: se fai pace è un vero affare”, questo lo slogan di quest’anno che mira a sensibilizzare verso il commercio equo e solidale. Per la prima volta, parteciperà alla manifestazione anche il vicario della diocesi di Roma, il cardinale Agostino Vallini al quale verranno consegnate le offerte raccolte dai ragazzi, che saranno devolute al finanziamento di alcuni progetti in collaborazione con il “Consorzio Ctm Altomercato”. La manifestazione, come scrive l'Agenzia Sir, inizierà alle 8.30 in piazza Navona dove i ragazzi, insieme agli educatori e ai genitori, daranno il via, dopo un momento di animazione, al corteo fino a Piazza S. Pietro. Qui parteciperanno all’Angelus con il Papa al termine del quale saranno liberate come di consuetudine le colombe simbolo della pace. (F.C.)

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    Messaggio del cardinale Vallini sugli episodi di violenza sessuale a Roma

    ◊   "I gravissimi atti di violenza che da qualche tempo avvengono anche nella nostra città suscitano sconcerto, dolore e fanno riflettere". Inizia così il messaggio di cordoglio del cardinale Vicario Agostino Vallini per gli episodi di violenza a sfondo sessuale che nell’ultima settimana hanno visto vittime a Roma una donna 41 enne e a Guidonia una ragazza di 22 anni. Il porporato esprime “vicinanza cordiale e sincera solidarietà alle vittime innocenti e alle loro famiglie” e assicura le proprie preghiere perché i feriti possano “recuperare la salute e la serenità” e i morti – con un riferimento probabile all’assassinio per violenza sessuale, nell’ottobre 2007, di Giovanna Reggiani – possano trovare la “pace eterna”. Un appello particolare è rivolto dal cardinale Vicario “alle forze dell’ordine e alla magistratura” affinché perseguano “gli autori di questi atti delittuosi, difendono lo stato di diritto e i valori irrinunciabili di una convivenza pacifica”. “La coercizione tuttavia non basta – ammonisce il porporato – perché “la “cultura della violenza” ha radici più profonde” e le leggi da sole non possono garantire la sicurezza. E’ necessario dunque un intervento di tipo culturale che sappia fronteggiare l’odierna “emergenza educativa”, giacché – osserva il cardinale vicario – a favorire il proliferare di simili violenze è soprattutto “una malintesa concezione delle libertà individuali”, unita al “relativismo esasperato” e alla “perdita dei valori spirituali”. Alle famiglie, alla scuola e alle istituzioni civili il cardinale Vallini chiede infine “un rinnovato impegno (…) per il superamento di questo delicato momento e per il progresso della civiltà della giustizia e dell’amore». (A cura di Claudia Di Lorenzi)

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    24 Ore nel Mondo



    Bolivia alle urne per il referendum costituzionale di rifondazione dello Stato

    ◊   Importante referendum domani in Bolivia su proposta del presidente Evo Morales di rifondazione dello Stato. Tra i temi sottoposti al consenso popolare: l’integrazione delle popolazioni indigene, la statalizzazione delle risorse e l’abolizione ai limiti del mandato del capo dello Stato. Si tratta di questioni che stanno suscitando un acceso dibattito tra maggioranza e opposizione. A quale esigenza risponde la proposta di Morales? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maurizio Chierici, esperto di America Latina:


    R. - L’esigenza è quella di dare più voce, più potere alle comunità indigene, relegate in un angolo di estrema povertà. Ecco perché ha creato circoli indigeni: piccole regioni dove i nativi hanno diritto ad una loro autonomia e ad un loro piccolo parlamento. Resta il problema del meticciato, perché nel censimento del 2001 il 40% si è dichiarato meticcio, non appartenente a nessuna di queste comunità. Il secondo nodo da sciogliere è che gli indigeni acquistano maggior peso politico e questo non piace alle regioni più ricche di petrolio, di gas, di agricoltura, e quindi il loro potere viene diminuito. Terzo nodo è la rielezione indefinita del presidente, senza limiti.

     
    D. - Quello che sventola con l’opposizione, quindi, è soprattutto il rischio che Morales diventi una sorta di presidente a vita…

     
    R. - Anche questo è un rischio, ma poi c’è il controllo delle risorse. Le risorse vengono centralizzate, e sarà lo Stato che vende petrolio, gas, a chi crede. Ciò che chiedono invece gli Stati ricchi - gli "stati-cassaforte" del Paese - è di poter saltare direttamente le autorità dello Stato. E sempre questi Stati hanno un altro problema: il contenimento della proprietà agraria tra 5 mila o 10 mila ettari. La concessione di Morales - che ha ritoccato quella proposta - è che le proprietà esistenti non sono coinvolte in questa legge e quindi non verranno smembrate. Resta però il fatto che - siccome le proprietà agrarie sono in continuo movimento, le multinazionali acquisiscono ecc.. - per il futuro questo sbarramento è piuttosto fastidioso per loro.

     
    D. - Esiste un piano di riforma alternativo, da parte dell’opposizione?

     
    R. - Il piano di riforma è estremamente vago, mantiene lo status quo prevedendo però più potere ai sindacati - che adesso non erano nessuno - in quelle zone, e una certa integrazione degli indigeni che lavorano e che sono considerati quasi degli emigranti da un altro Paese.

     
    Gaza
    La fragile tregua tra Israele e Hamas sta reggendo e nella Striscia di Gaza la situazione sta lentamente tornando alla normalità. Oltre duecento scuole dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi hanno riaperto oggi i battenti. Hamas ha poi annunciato la ripresa di tutte le attività amministrative. L’intera popolazione della Striscia resta però al momento in attesa della completa riapertura dei valichi per il rifornimento di aiuti e beni di prima necessità. Desta allarme, intanto, l’immediato ripristino di alcuni tunnel che collegano con il territorio egiziano, usati per passaggio di viveri, vestiario, ma anche di armi e munizioni.

    Pakistan
    Sono almeno 18 le vittime dell’ennesimo raid di un drone statunitense nel sud Waziristan, regione tribale pakistana al confine con l'Afghanistan, roccaforte dei talebani. Nelle azioni mirate sono stati uccisi diversi stranieri di origine araba. Fonti locali ritengono che il bilancio dei raid possa aumentare. Il nuovo portavoce della Casa Bianca si è rifiutato di commentare la notizia. Ma secondo molti osservatori l’attacco, avvenuto a tre giorni dall’insediamento del nuovo presidente Obama, conferma la volontà della nuova amministrazione di proseguire con la strategia avviata nei mesi scorsi da George W. Bush. Sempre nelle turbolenti valli nord-ovest del Pakistan si registra un preoccupante aumento del numero degli attacchi degli integralisti alle scuole, come denunciato dall’Unicef. Secondo l'agenzia Onu, sono oltre 170 gli istituti, soprattutto per bambine, fatte esplodere o bruciate.

    Afghanistan
    In Afghanistan, le forze della coalizione a guida statunitense hanno ucciso 15 militanti talebani nel corso di un'operazione contro la rete nella provincia di Laghman, a nordest di Kabul. Lo riferiscono fonti americane, per le quali l'operazione aveva come bersaglio un comandante talebano ritenuto responsabile degli attacchi compiuti nelle province di Kabul, Laghman e Kapisa, tra cui quello che nell'agosto scorso costò la vita a dieci militari francesi. Le autorità provinciali hanno riferito però di 22 vittime tutte civili. Un portavoce militare americano non ha tuttavia confermato tale versione, limitandosi a dichiarare che nulla del genere "risulta al momento", ma che sarà aperta "un'inchiesta" sulla vicenda. Sul fronte dell’impegno militare, si registrano poi le dichiarazioni del primo ministro olandese, Jan Peter Balkenende, che ha ribadito che la missione dei 1.600 soldati olandesi attualmente dispiegati in Afghanistan finirà nel 2010.

    Iraq
    Un capitano dell'esercito iracheno è stato ucciso assieme a un numero ancora imprecisato di persone, stamani, dall'esplosione di un ordigno e di un'autobomba guidata da un attentatore suicida nei pressi di Falluja, 50 km a ovest di Baghdad. Lo riferiscono fonti della polizia locale citate dall’agenzia Nina. Malgrado tutte le statistiche mostrino un trend di netta diminuzione degli attentati e delle vittime, in Iraq continua a non passare giorno in cui non si segnalino atti di terrorismo.

    Maltempo Europa
    Almeno tre bambini sono morti sepolti sotto il tetto di un impianto sportivo, crollato alla periferia di Barcellona. Diversi i feriti. Il crollo sarebbe avvenuto per le forti raffiche di vento, oltre i 160 Km orari. La bufera di vento sta flagellando anche il sud-ovest della Francia, dovecirca un milione di abitazioni sono rimaste senza elettricità. L'aeroporto di Bordeaux, città che si trova al centro dell'ondata di maltempo, è stato chiuso. Ridottissimi i collegamenti ferroviari, molto difficile il traffico stradale, con molte arterie interrotte per la caduta di alberi. Nelle zone più colpite sono stati allestiti dei centri di accoglienza per persone in emergenza.

    Lampedusa: proteste immigrati
    Almeno 650 migranti ospiti del Cpa di Lampedusa stamani sono usciti dal centro e, al grido di "liberateci!”, si sono incamminati in corteo verso il Municipio. La maggior parte di loro è comunque già rientrata. Per il Ministero dell’interno, “non c'è stata alcuna fuga” di immigrati, in quanto i Centri di prima accoglienza, come quello dell'isola, non prevedono l'obbligo di permanenza. Il premier Berlusconi ha aggiunto che la situazione è sotto controllo e che gli abitanti di Lampedusa devono stare tranquilli. Gli operatori umanitari, però, si aspettavano una simile protesta degli immigrati, come dice, al microfono di Alessandro Guarasci, padre Rosario Taormina , responsabile del Centro Astalli di Catania:

     
    R. - In un certo se, me lo aspettavo, dato il contesto in cui in questi ultimi giorni si è trovato il Centro e data la posizione del ministro degli Interni Maroni e quella della comunità locale a Lampedusa, con a capo il suo sindaco e tutta la cittadinanza, che mal sopporta questo disagio in cui si viene a trovare.

     
    D. - Si può parlare, così alcuni hanno detto, di condizioni quasi di detenzione all’interno di quel centro?

     
    R. - Non proprio. Normalmente, il Centro se accoglie circa 800 persone è gestibile. Ma essendoci già 1300 persone, ci sono disagi, soprattutto per i minori, per le donne e anche per le diverse etnie, che a volte si trovano a contatto e questo può creare problemi.

     
    D. - A questo poi si aggiungono condizioni igienico-sanitarie allarmanti…

     
    R. - Certo che sono allarmanti. Ci sono poi agitazioni, animosità che vengono da speranze deluse, perché questi immigrati hanno capito che verrebbero rispediti indietro: e dico "verrebbero" perché è assurdo pensare una cosa di questo genere. Come si fa a rimandare indietro persone che fuggono dalla guerra, dalla dittatura e da situazioni veramente disumane? Dunque, c’è da aspettarsi qualunque situazione, sia dalla comunità locale che si sente offesa, non curata dalla solidarietà nazionale, sia dagli stessi immigrati che, non avendo niente da perdere, potrebbero compiere qualunque gesto.

    Italia
    Giovedì sera, nello stesso giorno in cui il Senato ha approvato il disegno di legge sul federalismo, un’altra importante riforma è stata varata. Si tratta del nuovo modello contrattuale, firmato dal governo e da tutte le parti sociali, eccetto la Cgil. Un traguardo raggiunto dopo anni di duro confronto tra imprenditori e sindacati. Servizio di Giampiero Guadagni:


    Un accordo di portata storica. Così dicono in coro tutti coloro che hanno messo la firma in calce al documento che rivoluziona le relazioni industriali, 16 anni dopo l’intesa sulla politica dei redditi. L’accordo detta linee comuni nel pubblico e nel privato. Per i lavoratori, arrivano contratti che avranno una valenza triennale e che saranno rinnovati in base a un'inflazione prevista da un istituto di ricerca e non più programmata dal governo. Viene dato più spazio alla contrattazione di secondo livello, quella aziendale o territoriale, per cercare di legare il più possibile i salari alla produttività. L’obiettivo è quello di chiudere la stagione del conflitto sociale, con vertenze infinite costellate da scioperi in quasi tutte le categorie. Non ha firmato la Cgil, che vede nell’accordo un attacco alla contrattazione nazionale e annuncia una stagione di proteste. Soddisfatti invece gli altri sindacati confederali - Cisl, Uil e Ugl - che da tempo avevano dato il loro assenso alla riforma elaborata assieme a Confindustria. E ora da parti sociali e governo arriva pressante l’appello alla Cgil a ripensarci e a firmare. Reazioni anche nel mondo politico. Per il centrodestra il "no" del sindacato di Epifani è solo ideologico. Mentre il Partito democratico si divide nella valutazione dell’accordo. A favore si esprime un autorevole esponente del Pd, il giuslavorista Pietro Ichino. Che ieri a Milano ha deposto come parte civile nel processo alle nuove Br, ricevendo nell’aula del tribunale esplicite intimidazioni dagli imputati. L’Italia - ha commentato Ichino che da anni vive sotto scorta - è l'unico Paese in Europa dove è pericoloso discutere di lavoro.

     
    Belgio
    Il pluriomicida dell’asilo di Termonde, in Belgio, aveva con se un foglietto con il nome di un secondo asilo nido, che si trova a tre chilometri da dove è avvenuta la strage. Lo ha riferito la polizia belga, precisando che il ragazzo di 20 anni non era fuggito da un ospedale psichiatrico, e che anzi non era affatto malato. Ha agito in piena lucidità e con molta calma. Il bilancio delle vittime rimane fermo a tre, una maestra e due bambini, dieci invece sono i feriti. L’uomo, ascoltato ieri sera dal giudice, non ha fatto alcuna dichiarazione né sui fatti né sui motivi che lo hanno spinto ad agire, ma a più riprese ha sorriso.

    Somalia
    Almeno 14 persone sono rimaste uccise nell'esplosione di un'autobomba a Mogadiscio, in Somalia. Stando alle prime informazioni è avvenuta nei pressi di una base del contingente di pace dell'Unione africana. Le vittime sarebbero tutti civili. Nel Paese del Corno d’Africa si è registrato un nuovo incremento delle violenze in concomitanza del ritiro delle truppe etiopi, completato lo scorso dicembre, intervenute nel 2006 per aiutare il governo somalo a combattere le corti islamiche.

    Mauritania
    Mauritania alle urne il prossimo 6 giugno per eleggere il nuovo presidente del Paese. L’annuncio è stato dato ieri sera dalla giunta militare salita al potere con il colpo di Stato dello scorso agosto, in seguito al quale fu annunciato un periodo di transizione di 10 mesi prima del completo ripristino delle istituzioni democratiche.

    MessicoUn malavitoso messicano al servizio dei narcotrafficanti ha ammesso di aver fatto sparire almeno 300 corpi, sciogliendoli nell’acido. L’uomo, arrestato insieme a tre complici nei pressi di Tijuana, nella Baja California, aveva il compito di far sparire ogni traccia degli avversari dei suoi mandanti. La vicenda è emblematica dell’escalation di brutalità nella guerra tra bande che sta scuotendo il Messico. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Francesca Ciacci)

     

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 24

     
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