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Sommario del 13/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ai funerali del cardinale Laghi: ha servito la Chiesa con dedizione e la causa della pace tra i popoli
  • Si inaugura in Vaticano il Simposio promosso dalla Penitenzieria apostolica: intervista con il cardinale James Francis Stafford
  • Domani a Città del Messico l'apertura del sesto Incontro mondiale delle famiglie, attese a centinaia di migliaia. Intervista con Carlo Casini
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Trentamila sfollati palestinesi fuori da Gaza, dove l'esercito israeliano rafforza le posizioni. Colpito un presidio medico della Caritas. Intervista con mons. Béchara Raï
  • Il dramma delle bambine-schiave, vendute in Nepal per 20 dollari: intervista con Simona Lanzoni di Pangea
  • Una trovata pubblicitaria che non giova al dialogo tra posizioni diverse: il commento di don Gianfranco Calabrese ai "bus dell'ateismo"
  • Chiesa e Società

  • Organizzazioni umanitarie auspicano la mediazione internazionale per la crisi a Gaza
  • Da Indonesia e Pakistan nuovi appelli per la fine del conflitto israelo-palestinese
  • In Orissa il governo chiude i campi profughi dove sono stati accolti i cristiani vittime di violenze
  • In Russia requiem nelle Chiese ortodosse per lo scomparso Patriarca Alessio II
  • Dopo l'incontro tra Obama e Calderón, più vicina l'auspicata riforma del sistema migratorio Usa
  • Il commento dell’arcivescovo di Belo Horizonte al messaggio del Papa per la Giornata della Pace
  • In Myanmar il governo chiude le case di preghiera di cristiani e musulmani
  • Vietnam: andrà in appello la condanna degli otto cattolici di Thai Ha
  • Bangladesh: in prima assoluta la “Settimana della Bibbia” in occasione dell’Anno Paolino
  • Sud Corea: documento dei vescovi sul Rinnovamento carismatico cattolico
  • Taiwan: pellegrinaggio alla Madonna di Wan Jin per i 150 anni dell’evangelizzazione dell’isola
  • Mancano fondi per le operazioni di sminamento in Afghanistan
  • Pubblicata la ricerca sulla libertà economica mondiale: Hong Kong prima, Nord Corea ultima
  • Sessione del Comitato sui diritti umani per l’applicazione della Convenzione ONU
  • Giovedì a Parigi verrà inaugurato l’Anno dell’Astronomia nel ricordo di Galileo Galilei
  • La Paz, capitale ispano-americana delle culture per il 2009
  • Il gesuita australiano padre Michael Kelly è il nuovo direttore dell’agenzia Ucanews
  • Il lavoro di comunicazione svolto in Ucraina dal Centro mediale cattolico di Kiev
  • Il periodico della diocesi di Ascoli Piceno “La Vita Picena” compie 100 anni
  • 24 Ore nel Mondo

  • Annunciata la ripresa del flusso di gas dalla Russia all’Ucraina e dunque all’Europa, ma la Commissione Ue parla di “situazione inaccettabile”
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ai funerali del cardinale Laghi: ha servito la Chiesa con dedizione e la causa della pace tra i popoli

    ◊   Il cardinale Pio Laghi ha dedicato la sua vita al servizio della Chiesa e alla costruzione di legami di pace tra i popoli: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nell’omelia al termine delle esequie del porporato, celebrate stamani dal cardinale decano Angelo Sodano nella Basilica di San Pietro. Il Papa ha ricordato, con gratitudine, il lungo servizio diplomatico del cardinale Laghi, spentosi domenica scorsa all’età di 86 anni dopo una grave malattia. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    (canti)

    Un servitore di Cristo e della Santa Sede, impegnato per la pace e il dialogo tra i popoli: Benedetto XVI ha tratteggiato così la figura del cardinale Pio Laghi, del quale ha ripercorso le tappe salienti della vita. Il Papa ha ricordato che il porporato ricevette dalla sua famiglia una salda formazione umana e cristiana. Quindi, si è soffermato sul lungo servizio diplomatico iniziato nel 1952, che lo ho portato ad incarichi sempre più rilevanti in Nicaragua, India, Terra Santa, Argentina e Stati Uniti. Il Pontefice ha poi rammentato con gratitudine le missioni speciali affidate al cardinale Laghi, in particolare nel 2001 presso Israele e l’Autorità Palestinese e nel 2003 a Washington per la pace in Medio Oriente:

    “Missioni delicate che egli cercò di compiere, come sempre, con fedele dedizione a Cristo e alla sua Chiesa. “Ho inteso amare Cristo - scrive nel suo testamento spirituale - e servirlo tutta la mia vita, sebbene spesso la mia umana fragilità mi abbia impedito di manifestargli in modo sempre edificante, come avrei voluto, il mio amore, fedeltà e piena dedizione ai suoi voleri”.
     
    Patrono del Sovrano Ordine di Malta dal 1993, il cardinale Laghi, ha proseguito il Papa, fu scelto da Giovanni Paolo II come prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Ricordo corredato da una riflessione su un ambito pastorale particolarmente a cuore al porporato:
     
    “Una speciale menzione merita lo zelo che egli ha posto nella promozione delle vocazioni e nella formazione dei sacerdoti. Confidiamo che ora possa contemplare faccia a faccia quel Gesù, che tanto ha cercato di amare e servire nei fratelli”.

     
    Conformandoci alla Parola di Dio, ha affermato Benedetto XVI, “ci è possibile trasformare in fonte di pace e in sorgente di gioia anche le prove e le sofferenze che fanno parte del nostro pellegrinaggio terreno” :

     
    “Chiediamo al Signore che renda questo nostro fratello partecipe della beatitudine eterna, le cui primizie egli ha potuto pregustare già qui sulla terra nella comunione ecclesiale, e nella costruzione di legami di pace e di concordia tra i popoli e le nazioni, presso cui è stato inviato come rappresentante pontificio”.

     
    La speranza che ha illuminato la vita sacerdotale del cardinale Laghi, ha concluso il Papa, trova ora piena e definitiva realizzazione nella chiamata divina a partecipare al convito del Cielo.

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    Si inaugura in Vaticano il Simposio promosso dalla Penitenzieria apostolica: intervista con il cardinale James Francis Stafford

    ◊   Un incontro accademico che metta in evidenza la natura, la struttura e le funzioni della Penitenzieria apostolica - il più antico dicastero della Curia Romana - e che offra una più ampia ed accurata comprensione del Sacramento della Penitenza. Sono gli obiettivi che si pone il Simposio che si svolge oggi e domani al Palazzo della Cancelleria in Vaticano, intitolato “La Penitenzieria Apostolica e il Sacramento della Penitenza. Percorsi storico-giuridici-teologici e prospettive pastorali”. Si tratta del primo evento di questo tipo ad essere organizzato dal Tribunale delle Penitenzieria, come spiega il cardinale penitenziere maggiore, James Francis Stafford, al microfono di Philippa Hitchen:


    R. - L'obiettivo che abbiamo è quello di approfondire il significato pastorale del nostro Tribunale e del perchè la Chiesa, nella sua saggezza, ha creato questo ufficio. Perchè la Chiesa ha creato questo Tribunale di misericordia? La mia speranza è che la risposta sia chiara in questi due giorni di incontri e di conversazione.

     
    D. - L'ufficio da lei presieduto è il più antico della Santa Sede e risale al XII secolo. Eppure, si sa molto poco dell’importanza di questo lavoro oggi. Perché questo e che cosa si può fare per cambiare questa percezione?

     
    R. - La sfida nella catechesi della Chiesa nell'epoca post-moderna è di offrire agli uomini e alle donne post-modernisti l’opportunità di riflettere più profondamente sulla loro vita interiore e di richiedere a Dio il perdono per l’abuso del potere che è nelle loro mani.

     
    D. - Abbiamo visto un grande declino del Sacramento della penitenza in tempi moderni. In che modo, a livello pratico, si può cercare di cambiare questa tendenza?

     
    R. - Dobbiamo recuperare nella nostra visione cristiana l’importanza, la priorità della vita contemplativa: una vita di silenzio davanti a Dio, una vita di conversazione sacra con Dio e con gli altri. ( Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Domani a Città del Messico l'apertura del sesto Incontro mondiale delle famiglie, attese a centinaia di migliaia. Intervista con Carlo Casini

    ◊   E' vigilia di apertura, a Città del Messico, del sesto Incontro mondiale per le famiglie, promosso dal competente dicastero pontificio, guidato dal cardinale Ennio Antonelli. I lavori si apriranno domani per concludersi domenica 18 gennaio, alla presenza di migliaia di esperti e centinaia di migliaia di persone da tutte le parti del mondo. Il tema, fortemente voluto da Benedetto XVI, è “La famiglia, formatrice ai valori umani e cristiani”. Dalla capitale messicana ci riferisce padre Gianfranco Grieco:


    Città del Messico, insieme con la sua Chiesa primaziale, è abituata ai grandi eventi. Prima del Giubileo accolse tra le sue braccia oltre duemila sacerdoti provenienti da tutto il mondo, che si preparavano al grande Giubileo dell’Anno 2000. E fino al 2002, Città del Messico ha sempre accolto con fede e con amore Giovanni Paolo II, che in questo Paese si è fermato per ben cinque volte: nel 1979, nel '90, nel '93, nel '99 e nel 2002. Anche la vicina Guadalajara, qualche anno fa, ha celebrato il Congresso eucaristico internazionale, proprio a conclusione dell’anno dedicato all’Eucaristia.

     
    Il Messico sempre fedele, da domani ritorna alla ribalta della vita della Chiesa universale: prima, con un Congresso teologico-pastorale, che in particolare vuole affrontare alcune tematiche scottanti come i rapporti ed i valori familiari, la famiglia e la sessualità, la vocazione educatrice della famiglia. Poi con le celebrazioni di sabato pomeriggio e di domenica mattina, quando migliaia e migliaia di fedeli raggiungeranno il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe per la recita del Santo Rosario e per la solenne celebrazione eucaristica domenicale presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, inviato di Benedetto XVI. Per il Congresso teologico internazionale si prevedono circa 10 mila esperti, mentre per le celebrazioni di sabato e di domenica oltre un milione. Quanto questo Incontro mondiale delle famiglie inciderà in particolare sui futuri programmi legislativi e pastorali dei Paesi dell’America del Nord, del Centro e del Sud è negli auspici. Ma se il giorno si vede dal mattino, allora vuol dire che l’evento ha tutti i requisiti per segnare un nuovo inizio latinoamericano sui grandi temi della famiglia e della vita.

     
    Tra i partecipanti all'Incontro mondiale delle famiglie in Messico vi sarà l'eurodeputato Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita. Luca Collodi gli ha domandato in quale stato di salute versi la famiglia in Europa:


    R. - Se non fossimo cristiani, se non sapessimo che lo spirito guida la storia, dovremmo essere abbastanza tristi perché, guardando dall’angolo di osservazione del Parlamento europeo, è in atto una pressione, un accanimento contro la famiglia cosiddetta “tradizionale”. Già la parola “tradizionale” potrebbe mettere la famiglia fondata sul matrimonio, l’unione indissolubile di un uomo e di una donna, tra le cose sorpassate: la pressione è fortissima. In più, ci sono delle difficoltà economiche, il cambiamento della mentalità, il lavoro della donna, una pornografia dilagante, in Europa, che continua a cambiare le categorie mentali del pensare alla dimensione sessuale come a qualcosa di strettamente unita all’amore e quindi alla famiglia. Anche a livello di Parlamento europeo, non poche risoluzioni cominciano già a mettere accanto alla famiglia come noi l’abbiamo sempre intesa - secondo la visione tipica dell’antropologia cristiana - una famiglia che invece è fondata sulla libertà di scelta - la famosa "autodeterminazione" - che non è una scelta impegnativa, ma una scelta puntuale: vale oggi, domani posso cambiare. Questo è estremamente pericoloso, tuttavia non bisogna rassegnarsi: bisogna reagire ad altri livelli, pastorale, educativo, ecc…

     
    D. - Onorevole Casini, voi state portando avanti sulla famiglia, dall’estate scorsa, una petizione a livello italiano ma anche europeo, lanciata al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. Di cosa si tratta e a che punto è l'iter della petizione?

     
    R. - La nostra ambizione sarebbe realizzare questa petizione in tutti 27 Paesi dell’Unione Europea, e possibilmente anche fuori di essa, nell’ambito di tutta l’Europa geografica che fa parte del Consiglio d’Europa, per svolgere un’azione di pressione affinchè in ogni decisione - che sia una risoluzione o raccomandazione, o direttiva o regolamento o impegni di spesa, che riguardino le istituzioni europee - si tenga conto del valore della famiglia fondata sul matrimonio e della vita che comincia dal concepimento. Questo è il senso di questa petizione. Non ci facciamo illusioni di cambiare le cose con una firma, però l’esperienza dice che molte gocce fanno il mare e che una petizione ampiamente diffusa, ampiamente reclamizzata, illustrata, spiegata alla gente, ha intanto un valore educativo molto grande. La gente che si risveglia non si rassegna. In secondo luogo, serve a svolgere veramente un ruolo di pressione verso le istituzioni, nelle quali ci sono, sì, persone ostili, ma ci sono anche tante persone che non sarebbero ostili e che più che altro sono distratte, indifferenti, e che quindi si tratta di risvegliare dal "sonno". (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Ettore Gotti Tedeschi sui possibili strumenti per superare l’attuale crisi economica.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la missione di Ban Ki-moon in Vicino Oriente per una soluzione alla crisi di Gaza.

    In cultura, la prolusione del cardinale James Francis Stafford e la relazione di Johan Ickx in occasione del simposio, a Roma, che ripercorre la storia della Penitenzieria Apostolica.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Nessuna supplenza. Il Parlamento recuperi la sua centralità”: Giovanni Maria Flick a chiusura delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della Costituzione italiana.

    Nell’informazione religiosa, l’omelia del Papa alle esequie del cardinale Pio Laghi.

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    Oggi in Primo Piano



    Trentamila sfollati palestinesi fuori da Gaza, dove l'esercito israeliano rafforza le posizioni. Colpito un presidio medico della Caritas. Intervista con mons. Béchara Raï

    ◊   Dalle Forze armate giordane arriva informale smentita sui presunti colpi d'arma da fuoco sparati questa mattina dalla parte giordana del confine con Israele contro una pattuglia israeliana, come asserito da organi di stampa. Risulta invece confermato che, nel corso della nottata, l'esercito israeliano ha rafforzato la presenza nei rioni periferici di Gaza City. Trentamila palestinesi sfollati hanno trovato riparo nelle scuole dell'Unrwa, l'ente delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi. Il presidente del Comitato internazionale della Croce rossa (CICR), Kellenberger, è giunto a Gaza per una missione di tre giorni. In mattinata, di nuovo la tregua di tre ore per gli aiuti umanitari. Il servizio di Fausta Speranza:


    Blindati dell'esercito israeliano hanno operato nella notte incursioni in tre quartieri della città di Gaza: dalla costa alla zona sud, supportati da bombardamenti intensi per tutta la notte. Da Tel Aviv, riferiscono che decine di miliziani sono stati uccisi. Tra i riservisti israeliani ci sono otto feriti: quattro sono stati colpiti da un’esplosione all'interno di una casa. Intanto, Hamas fa sapere che sta discutendo “l’iniziativa egiziana” per mettere fine alle ostilità a Gaza, ma pure che si opporrà nettamente all'invio di forze internazionali nella Striscia. La possibilità di una dislocazione sulla frontiera fra Egitto e Gaza è stata avanzata da più parti, per garantire ad Israele che in futuro non sia più possibile per Hamas contrabbandare armi dal Sinai. Sul piano diplomatico, il presidente egiziano, Mubarak, è diretto a Riad per un colloquio con il re saudita, Abdullah bin Abdel Aziz, sulla situazione nella Striscia di Gaza. Da due settimane, Mubarak sta mantenendo contatti intensi con israeliani e palestinesi, oltre che con la diplomazia occidentale, per ottenere un cessate-il-fuoco immediato nell'area degli scontri. Per domani, è annunciato l'arrivo in Egitto del segretario generale dell'Onu, Ban ki-Moon.

    Una guerra che non risparmia bambini, donne, anziani, ed anche malati e feriti. Di ieri, la notizia della distruzione di un Centro medico della Caritas, bombardato a Gaza, mentre padre Manuel Musallam, unico sacerdote cattolico presente nella Striscia, parroco della Santa Famiglia, ha dichiarato stamane alla stampa: “Io sono vivo ma la pace lo è sempre meno”. Ed un appello per aiuti d’urgenza arriva oggi dalla Caritas di Gerusalemme, rilanciato nella rete internazionale. Roberta Gisotti ha intervistato Silvio Tessari, responsabile della Caritas italiana per il Medio Oriente:


    D. - Tessari, quali sviluppi sul piano umanitario a Gaza, dopo la perdita del presidio sanitario?

     
    R. - Succede che gli altri devono lavorare di più. Ma succede, forse più in particolare, che lo staff medico deve purtroppo spostarsi - è triste dirlo - fra una bomba e l’altra, fra un cumulo di macerie e l’altro. Stanno veramente lavorando fra bombardamenti, polvere, macerie e immondizie e devono naturalmente cercare anche di riposare un po’. Ma si immagini cosa significa riposare in una situazione come si è verificata qui in questi ultimi due, tre giorni, in particolare.

     
    D. - Quali altri organismi umanitari riescono ad operare insieme alla Caritas in questo momento?

     
    R. - C’è ancora qualche organismo, per fortuna: c’è il "Catholic Relief Service", che è la branca americana della Caritas, poi c’è un gruppo di organizzazioni palestinesi che si coordinano con ciò che resta delle autorità di Gaza. Quindi, nonostante tutto, c’è un certo grado di assistenza e c’è, soprattutto, una discreta assistenza fra le persone stesse: chi ha ancora la casa in piedi, accoglie parenti e amici che invece ce l’hanno distrutta.

     
    D. - E’ stato lanciato un appello per una raccolta di fondi. Quali sono in questo momento i generi di maggiore necessità per le popolazioni?

     
    R. - Manca il pane, perchè bisogna pur mangiare, e poi fa freddo di notte. Ricordiamoci che, anche se siamo in zona mediterranea, di notte fa freddo quasi come da noi e quindi bisogna avere delle coperte. C’è poi un grande bisogno di materiale sanitario. L’appello della Caritas di Gerusalemme riguarda in particolare il materiale di pronto soccorso, un kit per l’igiene personale ed anche, per quanto è possibile, delle piccole somme di denaro perché non funzionano le banche - Gaza è una città relativamente moderna, ma non c’è un sistema bancario. Manca proprio il denaro liquido per acquistare qualcosa di cui si può avere bisogno e quindi sarebbe utile poter disporre anche di piccole somme di denaro, date in particolare alle famiglie più disagiate, dove ci sono i feriti, per esempio, o dove si contano i morti, che ormai hanno superato le 900 unità.

     
    D. - Oltre alla sopravvivenza giornaliera è possibile immaginare un futuro?

     
    R. - Questa è una domanda molto difficile e io l’ho posta negli stessi termini allo staff di Gaza e loro mi hanno risposto: “Ora pensiamo all’oggi”. Quindi, io cerco di interpretare un po’ la loro disperazione. Dobbiamo dare speranza al loro futuro, se la comunità internazionale e se noi cristiani manteniamo la tensione di far sentire loro che la nostra solidarietà potrà avere un impatto positivo sul loro futuro. Adesso, è veramente un momento di buio.

    E sulla generale situazione di crisi che sta attraversando il Medio Oriente Massimiliano Menichetti ha intervistato mons. Béchara Raï, vescovo di Byblos dei Maroniti.


    R. - Condanniamo tutto quello che avviene e ci rincresce molto che le nazioni e i popoli ricorrano ancora alle armi, ricorrano al terrorismo e alla violenza. Speriamo che questa tragedia termini con la buona volontà e con il dialogo delle nazioni. Anche perché quelli che pagano sono in genere gli innocenti. Noi, comunque, auspichiamo che tutte le intenzioni di preghiera dei cristiani, specialmente gli appelli del Santo Padre, trovino delle orecchie che ascoltino e rispondano agli appelli di tutta l’umanità, per mettere fine a questa tragedia che non fa onore a nessuno.

     
    D. - Ma come si esce da questa spirale di violenza?

     
    R. - Bisogna trovare le soluzioni di diritto, sia dei palestinesi, sia degli israeliani. Una pace che possa durare, non può essere una pace a detrimento degli altri: la pace non può essere da una parte sola, non è mai a senso unico.

     
    D. - E’ dal 1948, da quando venne creato lo Stato d’Israele, che si è aperta la questione israelo-palestinese. Le ultime speranze per la riapertura del dialogo di pace portano il nome di Annapolis, ma ancora si combatte e continuano gli attentati...

     
    R. - Io temo che questo dialogo sia ancora lontano e si allontani. Adesso c'è bisogno di buona volontà per mettere fine al conflitto, guardando all’interesse sia di Israele sia dei palestinesi, se veramente la comunità internazionale vorrà trovare una pace giusta e durevole. Ma non potrà mai essere giusta e durevole se non si tiene conto dei diritti dei popoli.

     
    D. - Le diplomazie internazionali sono a lavoro: da più parti si invoca un cessate-il-fuoco permanente...

     
    R. - Il cessate-il-fuoco mette fine, sì, allo spargimento di sangue, questo è vero. Ma non risolve niente. Bisogna andare in fondo. Bisogna che gli ebrei accettino i musulmani e i musulmani accettino gli ebrei.

     
    D. - L’offensiva israeliana entra nella terza fase: continuano i lanci di razzi palestinesi e alcuni missili sono stati tirati anche dal territorio libanese verso Israele. Hezbollah ha negato ogni coinvolgimento. Ma c’è il rischio che questo gruppo diventi parte attiva in questo conflitto?

     
    R. - Anche Hezbollah è un partito libanese e vorrebbe che il Libano fosse salvo e così la popolazione. Non penso che farà questo sbaglio. Penso che Hezbollah sostenga a livello di principio, a livello di solidarietà, il conflitto palestinese, ma non andrà oltre.

     
    D. - Come vive il Libano il conflitto tra israeliani e palestinesi?

     
    R. - Il Libano è il luogo dove si ripercuotono tutti i conflitti della regione, essendo l’unico Paese democratico, con libertà di espressione e di convivenza. Quindi, si richiede ai libanesi di essere ancora più coscienti, di risolvere i loro problemi interni e di non dare accesso a crisi che provengono dal di fuori. All’inizio avevamo molta paura di ripercussioni, ma adesso no. La paura viene meno, perché siamo sicuri che il danno sarà molto grande se Hezbollah fa qualcosa. Ma non lo farà, penso.

     
    D. - Qual è il ruolo dei cristiani, considerando anche lo scenario internazionale?

     
    R. - Il Medio Oriente vive oggi un grande conflitto tra sciiti e sunniti, cominciato in Iraq, che si ripercuote in Libano. I cristiani dovrebbero trovare il loro ruolo e ricomporre una società pluralistica in un’unità nazionali. I cristiani adesso sono chiamati a giocare questo ruolo. Non abbiamo un problema interno tra musulmani e cristiani: non esiste. I cristiani sono diventati un po’ più deboli a causa di questo conflitto che si allarga. Ma noi diciamo sempre che i cristiani non devono mai essere dalla parte di uno contro l’altro, ma piuttosto fare il gioco con tutti e due, per ricomporre l’unità nazionale che torna a vantaggio di tutti quanti. Speriamo che i cristiani lo possano fare con molta libertà. Questo appello è sempre continuo da parte della Chiesa.

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    Il dramma delle bambine-schiave, vendute in Nepal per 20 dollari: intervista con Simona Lanzoni di Pangea

    ◊   Comprate al costo di 20 dollari per poi finire spesso vittime della tratta. Accade in Nepal alle bambine della comunità etnica Tharu, vendute dai genitori che, sotto la pressione dei debiti, sperano di dare loro un futuro migliore. Un fenomeno denunciato dall’agenzia dell’Onu per i diritti umani, che nei giorni scorsi ha chiesto al governo di Kathmandu di cessare questa pratica, abolita di fatto otto anni fa, ma che affligge ancora migliaia di bimbe. Ma quali le ragioni di questa realtà? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Simona Lanzoni, responsabile del progetto Pangea:


    R. - Questo è possibile per il fatto che in Nepal c’è una legislatura secondo cui, fino a 16 anni, i bambini e le bambine non sono registrate. Dopo di che, fino a quest’anno, i maschietti potevano auto-registrarsi al compimento del diciassettesimo anno mentre le femminucce potevano essere registrate solo da un componente maschile della famiglia. Questo ha permesso, purtroppo, un enorme traffico di vite umane, soprattutto delle bambine. In realtà, la legge è cambiata quest’anno, però ancora non viene applicata. Il problema è che le tradizioni sono dure a morire.

     
    D. - Stiamo parlando di persone a cui è negato ogni basilare diritto...

     
    R. - Assolutamente sì. Pensiamo che l’Associazione che supporta la "Pangea Women Foundation" era nata proprio perché era scomparsa una bambina e i genitori la cercavano in tutte le università: l’avevano venduta a un dottore facoltoso della città, che aveva fatto credere loro che la figlia sarebbe andata all’università. E questo la dice lunga anche sull’ingenuità di queste persone. Quindi, visto che volevano rivederla, i genitori si erano recati in città, partendo da zone poverissime e rurali, venendo poi in contatto con delle studentesse che in seguito hanno creato Women Foundation per combattere il fenomeno della tratta. Il traffico delle donne è, inoltre, anche il traffico della prostituzione al quale queste persone vengono molto spesso destinate, oltre che allo sfruttamento lavorativo. Molte finiscono in India per questo motivo, tra Delhi, Calcutta, Bombay.

     
    D. - Nonostante il governo di Katmandu abbia da tempo abolito questa pratica, oggi il fenomeno è tutt’altro che estinto. Perché?

     
    R. - Perché, anzitutto, la popolazione continua ad essere estremamente povera. Ricordiamo che il Nepal è uscito solo quest’anno da una lunga guerra civile e soprattutto la legge non favorisce un cambiamento in questo senso.

     
    D. - E il monito delle Nazioni Unite?

     
    R. - Deve essere supportato anche da aiuti per tutte quelle associazioni che stanno adoperandosi affinché realtà come queste vengano fermate: si smetta assolutamente di vendere i figli.

     
    D. - Serve quindi un’azione che deve essere congiunta ad una lotta più efficace alla povertà?

     
    R. - Assolutamente. Lotta alla povertà e soprattutto impegno a fermare il traffico di persone. Sono circa 250 mila le donne che oggi si trovano in India - parliamo dai sei anni in su - per motivi di prostituzione, ed ogni anno sono circa cinque-settemila le bambine sottoposte al traffico alla frontiera tra l’India e il Nepal.

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    Una trovata pubblicitaria che non giova al dialogo tra posizioni diverse: il commento di don Gianfranco Calabrese ai "bus dell'ateismo"

    ◊   Fa discutere la notizia diffusa ieri sui principali quotidiani italiani on line della campagna atea sull’inesistenza di Dio che sarà promossa a Genova dal prossimo 4 febbraio. Su alcuni autobus del capoluogo ligure campeggerà infatti lo slogan: "La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno". Analoghe iniziative sono state lanciate nei mesi scorsi anche negli Stati Uniti, in Australia, in Inghilterra e in Spagna. Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di don Gianfranco Calabrese della diocesi di Genova, docente della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale:


    R. - La pubblicità è sempre un modo di rendersi pubblico di alcune posizioni che vogliono, in qualche modo, farsi dello spazio. Se fosse un dibattito sereno, potrebbe starci, ma non vorrei fosse un modo polemico di reagire a delle posizioni nel segno di un anticlericalismo che ormai - secondo me - è datato, perché oggi c’è una forte ricerca d’incontro, di dialogo.

     
    D. - La Chiesa, come dicono gli organizzatori di quest’iniziativa, è dunque così pervasiva da occupare tutti gli spazi?

     
    R. - C’è un po’, in queste tesi, un motivo dominante: che la Chiesa parla sempre ed è sempre presente in tutte le cose. Ma io credo che il problema non sia che la Chiesa è presente: il fatto è che, in una società debole dal punto di vista dei valori, la maggioranza delle persone interpella la Chiesa perché vede in essa un riferimento a quei valori che vorrebbe trovare in altre figure, anche non della Chiesa, e che purtroppo non sono presenti. Quello che mi preoccupa di più, però, è che non vorrei che questi modi di agire - di tipo pubblicitario - creino polemicamente delle contrapposizioni che, in questo momento, nel nostro Paese non dovrebbero esserci, perché credo sarebbe bene lavorare insieme o almeno dibattere, ma non così, per slogan.

     
    D. - Quanto impatto, quanta presa sulla gente può avere una pubblicità così?

     
    R. - Può colpire all’inizio, ma di fatto non incide in profondità. Anche perché la gente, se è convinta, dentro, di certi valori positivi o negativi, conduce comunque la vita secondo questi valori, in particolare per cià che riguarda la religiosità, che io vedo - nel popolo italiano - molto radicata.

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    Chiesa e Società



    Organizzazioni umanitarie auspicano la mediazione internazionale per la crisi a Gaza

    ◊   L’attacco militare israeliano nella Striscia di Gaza, iniziato lo scorso 27 dicembre in risposta al lancio di razzi da parte di fondamentalisti palestinesi, sta creando molto turbamento e pessimismo nell’opinione pubblica internazionale, anche per l’elevato numero di vittime civili. E’ quanto si legge nel comunicato di World Conference Religions for Peace, che sottolinea come di fronte a questi eventi, si diffondano sempre di più “un senso di frustrazione e l’impressione di essere dei ‘sognatori’ fuori della realtà”. “Noi di Religions for Peace che abbiamo come missione centrale quella di sollecitare le religioni ad agire come fattori di pace - si precisa nel comunicato - ci sentiamo messi in discussione in casi come questi nei quali la componente religiosa riveste un ruolo indiscutibile nel definire l’identità etnica delle parti in conflitto”. Al governo israeliano l’organizzazione umanitaria chiede “di ascoltare di più la voce di molti suoi cittadini” che auspicano trattative anche con Hamas, “nonostante la sua inconcepibile scelta di voler cancellare lo Stato di Israele”. Si deve in particolare contare maggiormente “sulla mediazione internazionale nella soluzione dell’ormai ‘storico’ conflitto piuttosto che su un’autodifesa isolata che rischia solo di allontanare indefinitamente possibilità di riconciliazione”. Ai responsabili di Hamas, World Conference Religions for Peace chiede poi di “rinunciare definitivamente alla delegittimazione dello Stato di Israele, che ostacola drasticamente la possibilità di pace nella regione”. Vengono anche invitati i media a promuovere “un’informazione che mostri anche tutti gli sforzi umanitari, che vanno al di là degli schieramenti”. Si devono cioè “costruire ponti anche in situazioni così difficili piuttosto che rifugiarsi in  inutili e pericolose demonizzazioni”. Il rabbino Ron Kronish, direttore dell’ “Interreligious Coordinating  Council in Israel”, sottolinea poi che entrambi le parti coinvolte nel conflitto dovrebbero essere addolorate per gli effetti drammatici della guerra, tra cui l'uccisione di civili innocenti. “Questo – aggiunge il rabbino – è un tempo molto difficile per coloro che sono impegnati nel processo di riconciliazione”, ma quando le violenze diminuiranno bisognerà rafforzare le iniziative tese a promuovere la convivenza pacifica tra ebrei e palestinesi. L’auspicio del rabbino e che possa finalmente trovare riscontri concreti la speranza nel dialogo e nella via diplomatica. Sul terreno, intanto, “i servizi d’urgenza degli ospedali sono allo stremo” e secondo il Ministero della Sanità, “circa il 25% dei morti sarebbe costituito da donne e bambini”. L’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere rende noto infine che la tregua, riguardando solo la città di Gaza e non le periferie urbane, non agevola “il lavoro degli operatori umanitari né l’accesso dei pazienti agli ospedali”. MSF è in attesa delle ultime autorizzazioni per fare rientrare 21 tonnellate di materiale medico, tra cui due tende mediche gonfiabili che permetteranno di crescere le capacità di ricovero e terapia intensiva. (A.L.)

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    Da Indonesia e Pakistan nuovi appelli per la fine del conflitto israelo-palestinese

    ◊   Non si fermano gli appelli dei leader delle Chiese e delle altre religioni nel mondo per la fine della guerra nella Striscia di Gaza. In Indonesia, nei giorni scorsi, una cinquantina di esponenti religiosi hanno consegnato a un rappresentante locale del Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) una dichiarazione comune per esprimere tutte le loro preoccupazioni per l’escalation delle violenze che sta facendo strage di civili. Tra i presenti all’incontro per la Chiesa cattolica - riferisce l'agenzia Ucan - c’era padre Antonius Benny Susetyo, segretario esecutivo della Commissione per gli affari interreligiosi della Conferenza episcopale indonesiana. Intervistato dall’agenzia Ucan, il sacerdote ha evidenziato come tra le vittime di questa tragedia umanitaria vi siano anche cristiani. Ricordando i recenti appelli del Santo Padre Benedetto XVI per la fine degli attacchi e una soluzione pacifica del conflitto, padre Susetyo ha espresso l’auspicio che tutti i leader religiosi facciano sentire la loro voce nel mondo. E un appello alla fine degli attacchi è giunto nei giorni scorsi anche dalla Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale pachistana. In una conferenza stampa a Faisalabad presenziata dal vescovo locale mons. Joseph Coutts, il direttore della Commissione diocesana per il dialogo interreligioso, padre Aftab James Paul, ha ribadito la ferma condanna della Chiesa di quanto sta accadendo. Il sacerdote ha anche invitato l’OIC, l’Organizzazione della Conferenza islamica, a fare sentire la sua voce e a pregare per la pace. (L.Z.)

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    In Orissa il governo chiude i campi profughi dove sono stati accolti i cristiani vittime di violenze

    ◊   In India non sembra avere fine il dramma dei cristiani in Orissa: il governo sta chiudendo tutti i campi profughi dove sono stati accolti molti cristiani in fuga dalle violenze perpetrate da estremisti indù. Nella zona di Kandhamal in particolare, gruppi di fondamentalisti hanno ucciso centinaia di persone, bruciato chiese e case, distrutto coltivazioni. Degli oltre 50 mila sfuggiti ai massacri, circa 20 mila hanno trovato rifugio in campi approntati dal governo. “Ma adesso questi campi – riferisce ad AsiaNews padre Nithiya, segretario esecutivo di Giustizia e pace – vengono chiusi e la gente viene mandata via con un piccolo compenso di circa 153 euro”. “I cristiani di Kandhamal – aggiunge il sacerdote - vivono ormai nella paura e non trovano riparo da nessuna parte. Non possono vivere con dignità: la somma data loro non è sufficiente nemmeno a comprare il cibo; i loro campi sono stati bruciati; le loro case sono ormai distrutte”. Sul terreno, la situazione resta drammatica: “Due giorni fa – racconta una fonte da Raikia, dove sono avvenuti diversi massacri – nel villaggio di Mokobili, i gruppi estremisti indù hanno rintracciato i cristiani ritornati dai campi profughi, li hanno svegliati nella notte e li hanno minacciati”. Frate Oscar Tete, superiore dei Missionari della carità, il ramo maschile dell’ordine fondato da Madre Teresa, riferisce poi che anche per loro “non vi è futuro certo”. Le loro case e il lebbrosario a Srasananda (Kandhamal) sono stati distrutti due volte: nel dicembre 2007 e nell’agosto 2008. Ogni settimana vanno a visitare i cristiani e i lebbrosi a Srasananda perché la loro presenza “è un conforto per la nostra gente”. La situazione è ancora più dolorosa per tanti fedeli: “questi – spiega frate Oscar Tete - sono lavoratori a giornata e nessuno offre loro lavoro. Anche se qualcuno ha dei soldi, i negozianti si rifiutano di vedere qualunque roba ai cristiani, perfino il cibo”. (A.L.)

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    In Russia requiem nelle Chiese ortodosse per lo scomparso Patriarca Alessio II

    ◊   In tutte le Chiese ortodosse russe si celebrano oggi, 13 gennaio, funzioni liturgiche in suffragio del Patriarca Alessio II, morto 40 giorni fa. A Mosca sarà il metropolita Kirill, a presiedere la Divina Liturgia e il Requiem nella Cattedrale della Epifania dove il Patriarca Alessio è sepolto. Secondo la tradizione ortodossa, un’anima si presenta al giudizio finale di Dio 40 giorni dopo la morte, lo stesso tempo trascorso da Gesù sulla terra dopo la Risurrezione fino all’Ascensione. Per questo motivo, è tradizione intensificare le preghiere per il defunto in questo giorno. Fervono intanto nel mondo ortodosso russo i preparativi e le attese per il Concilio locale, l’organo più rappresentativo della Chiesa ortodossa russa, chiamato ad eleggere il 28 e il 29 gennaio il nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Le norme contenute nello Statuto della Chiesa ortodossa russa – ricorda l’agenzia Sir - non prescrivono una procedura d’obbligo. Secondo lo statuto della Chiesa ortodossa russa, il candidato al seggio patriarcale deve essere un vescovo, aver superato i 40 anni, avere una formazione teologica superiore, ed essere dotato di esperienza alla guida di una diocesi. “E’ stato suggerito che le elezioni al Concilio episcopale e a quello locale – ha spiegato Kirill – siano segreti per garantire a ciascun partecipante la possibilità di votare in pieno accordo con la sua coscienza”. “Il successore di Alessio II – ha aggiunto Kirill - avrà il difficile compito di mostrarsi alla altezza del suo predecessore defunto. Un immenso lavoro ci attende nel futuro: la nostra epoca genera problemi nuovi che richiedono un lavoro serio”. (A.L.)

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    Dopo l'incontro tra Obama e Calderón, più vicina l'auspicata riforma del sistema migratorio Usa

    ◊   Dopo l’incontro ieri tra il presidente eletto degli Stati Uniti, Barak Obama, ed il presidente del Messico, Felipe Calderón, sono in molti a pensare che con la nuova amministrazione di Washington si aprirà una pagina nuova nella delicata e complessa questione dell'immigrazione: potrebbe in particolare essere più vicina l'auspicata riforma del sistema migratorio statunitense. A conclusione della settimana dal 4 al 10 gennaio, che l’episcopato statunitense ha dedicato al problema, il vescovo di Salt Lake City (Utah) e presidente del Comitato episcopale per le migrazioni, mons. John Charles Wester, ha lanciato una appello ai due governanti affinché insieme si possano prendere misure adeguate per fermare gli abusi contro gli emigranti. Secondo il presule, il fenomeno delle migrazioni illegali va affrontato in modo coordinato poiché non si tratta di un qualcosa che riguarda solo il Paese di arrivo, ma anche gli Stati da dove partono gli emigranti. In questo senso, occorre controllare questi flussi applicando un alto senso umanitario e rigorosità nei confronti di coloro che praticano il traffico umano. Esperti dell’episcopato statunitense ritengono che dal 1964 ad oggi almeno 4 mila migranti hanno perso la vita durante il tentativo di attraversare la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti. Per mons. Wester a nulla servono i muri e le militarizzazioni: occorre invece lavorare insieme per accrescere nelle zone confinanti lo sviluppo, l’educazione e la promozione della dignità umana. Da ricordare, tra l’altro, che lo scorso 8 gennaio, Benedetto XVI nel suo discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede ha auspicato “che i bisogni di coloro che emigrano siano presi in considerazione da legislazioni che facilitino il ricongiungimento familiare e concilino le legittime esigenze della sicurezza e quelle dell’inviolabile rispetto della persona”. L'arcivescovo di Denver, mons. Charles Joseph Chaput si è dichiarato a favore di un'immigrazione ordinata e di una riforma integrale delle leggi e delle politiche migratorie al termine della Settimana Nazionale delle Migrazioni degli Stati Uniti. Commentando l'importanza dell'evento, secondo quanto riferisce l'agenzia Zenit, mons. Chaput ha constatato che il tema dell'immigrazione “è stato un punto scottante prima delle elezioni e ampiamente dibattuto durante la campagna”. “La nostra Chiesa - ha aggiunto - è a favore di un'immigrazione ordinata e per una riforma integrale del sistema migratorio, in modo che le nostre frontiere siano difese e tutto il mondo sia rispettato. Questi due principi sono molto importanti per una comprensione cattolica della migrazione che si radica sulla convinzione cristiana che tutti noi siamo migranti alla ricerca della nostra patria celeste”. “Dobbiamo comprendere - ha concluso mons. Chaput - che il nostro Paese ha il dovere di difendere le sue frontiere, il dovere di accogliere quanti migrano legalmente e la responsabilità di affrontare con giustizia i difetti delle leggi e delle politiche migratorie”. (A cura di Luis Badilla)

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    Il commento dell’arcivescovo di Belo Horizonte al messaggio del Papa per la Giornata della Pace

    ◊   “La popolazione è una ricchezza e non un fattore di povertà”. E’ quanto sottolinea l'arcivescovo di Belo Horizonte, mons. Oliveira de Azevedo commentando il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2009 in un articolo inviato all’agenzia Zenit. La povertà – si legge nel testo - appare spesso associata allo sviluppo demografico, come se questo ne fosse la causa. “Per questo - afferma non sono pochi quanti sostengono le campagne di riduzione della natalità, promosse a livello internazionale”. Secondo il presule, al centro di tali campagne “c'è l'uso di metodi che non rispettano la dignità della donna né il diritto degli sposi di decidere responsabilmente il numero di figli”. “In questo contesto, si inseriscono gli assurdi che attentano contro il sacro diritto alla vita”. Mons. Oliveira de Azevedo osserva che si giustifica “lo sterminio come una lotta contro la povertà. Sterminare i nascituri non è altro che sterminare i più poveri tra gli esseri umani”. Il processo della lotta alla povertà “richiede incursioni nell'ordine dei valori morali che stanno presiedendo le coscienze e motivando la scelta di priorità sociali e politiche”. “Le scelte delle priorità sociali e politiche – constata - non possono essere rette semplicemente dalla considerazione dei numeri e nemmeno delle strategie che definiscono funzionamenti”. L'arcivescovo spiega infine che il Papa “focalizza la presunzione esistente per cui la riduzione della popolazione è responsabile della diminuzione del tasso di coloro che nel mondo vivono al di sotto della soglia di povertà”. “Sembra incontestabile – precisa il presule - che esisterebbero risorse per risolvere il problema della povertà, anche nel caso dell'aumento della popolazione”. (A.L.)

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    In Myanmar il governo chiude le case di preghiera di cristiani e musulmani

    ◊   Il regime militare dispone il blocco dei riti e delle preghiere in edifici privati e abitazioni. Chi non si attiene alle nuove disposizioni subirà il sequestro del locale e “seri provvedimenti”. Da tempo la giunta non rilascia permessi per la costruzione di luoghi di culto. Il governo birmano ha disposto il blocco dei riti e delle preghiere in edifici privati e abitazioni. Chi non si attiene alle nuove disposizioni subirà il sequestro del locale e “seri provvedimenti”. Secondo fonti locali, il Ministero per gli affari religiosi ha ordinato ai proprietari dei locali di sottoscrivere un accordo in cui “vengono messi al bando i gruppi di preghiera e i servizi religiosi all’interno degli edifici”. “Di recente – aggiungono le fonti – alcuni incaricati del ministero hanno convocato i proprietari di edifici privati usati come case di preghiera e hanno consegnato un ordine in cui se ne proibisce l’uso come luogo di culto”. La fonte spiega inoltre che è proibito “riunirsi per pregare” o insegnare il catechismo e studiare il Corano. Quanti violeranno la disposizione, subiranno il “sequestro” o la “chiusura” dei locali. In Myanmar – sottolinea l’agenzia AsiaNews - il governo ha bloccato da tempo il rilascio di certificati di proprietà di terreni a organizzazioni religiose per la costruzione di chiese o luoghi di culto. La decisione ha spinto molti fedeli e pastori a riunirsi in luoghi privati, fra cui abitazioni private, che il più delle volte sono prese in affitto da terzi. In tutta Yangon ci sarebbero almeno 50 chiese domestiche. Un pastore di una chiesa protestante della cittadina di Pabedan – che chiede l’anonimato per ragioni i sicurezza – lamenta che ora “non si ha più un posto dove svolgere le funzioni della domenica”. “Dal 1990 – riferisce il pastore – le autorità non vendono terreni e non rilasciano autorizzazioni per la costruzione di chiese”. Un giovane fedele cristiano di Yangon chiarisce che circa “l’80% delle chiese sono incluse nel provvedimento. Solo una minima parte delle chiese possiede terreni di proprietà. Molte altre utilizzano edifici presi in affitto, case e uffici”. Musulmani, infine, non potranno più pregare o imparare i precetti del Corano nelle abitazioni. Si tratta di un bando che si somma al divieto di costruire moschee. In Myanmar il 90% dei fedeli è di religione buddista Theravada, il 5% è di fede cristiana e almeno il 4% sono di musulmani. (A.L.)

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    Vietnam: andrà in appello la condanna degli otto cattolici di Thai Ha

    ◊   Andrà alla Corte d’appello il caso degli otto cattolici condannati in prima istanza per la vicenda della parrocchia di Thai Ha, ad Hanoi. L’8 gennaio, infatti, la Corte ha accettato di esaminare il loro caso. La data dell’udienza sarà fissata entro i prossimi due mesi. L’appello - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stato frapposto contro un ingiusto verdetto pronunciato contro gli otto catolici per il loro ruolo che l’accusa ha descritto al Tribunale del popolo di Ba Dinh come “condotta disordinata” e “danneggiamento di proprietà statali”, senza permettere alla difesa di presentare qualsiasi prova. Sebbene la condanna sia stata sorprendentemente lieve - 12-17 mesi, senza ammonimento amministrativo – gli imputati non vi vogliono vedere una clemenza senza precedenti – grazie all’attenzione mondiale con la quale il processo è stato seguito – ma vogliono semplicemnete la verità e l’assoluzione dalle accuse. L’appello è il prossimo, e finale, passo per realizzare tale obiettivo. Un altro fattore che ha contribuito alla decisione di ricorrere in appello sono state le falsità diffuse dai media statali durante e dopo il processo. Accusati e testimoni hanno riferito che tutti gli imputati si dichiararono non colpevoli davanti al tribunale. Ma i media statali, in particolare il New Hanoi News e Vietnam Television 1 deliberatamente hanno riportato che “tutti gli imputatti hanno ammesso la loro colpevolezza, riconoscendo che hanno compiuto azioni negative in violazione della legge”. (R.P.)

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    Bangladesh: in prima assoluta la “Settimana della Bibbia” in occasione dell’Anno Paolino

    ◊   Per la prima volta nella storia della Chiesa in Bangladesh si tengono nel paese una mostra biblica e una “Settimana della Bibbia” che attraggono fedeli cristiani e visitatori non cristiani. L’iniziativa è stata lanciata, in occasione dell'anno dedicato a San Paolo, nella parrocchia di Satkhira, cittadina di 50mila abitanti a Est di Khulna, verso il confine con il Bengala indiano. “L'obiettivo della mostra – spiega all'agenzia Fides il missionario saveriano padre Giovanni Gargano, assistente nella parrocchia e direttore dell'orfanotrofio maschile di Satkhira – è entusiasmare i cristiani all'utilizzo della Bibbia, perché sia un libro sempre più letto da giovani e adulti. Altro obiettivo è moltiplicare i gruppi di riflessione biblica nelle varie comunità cristiane dei villaggi che compongono la vasta parrocchia di Satkhira”. Nell'esposizione si possono ammirare Bibbie provenienti da tutto il mondo, in diverse lingue: giapponese, cinese, panjabi, indi, urdu, tedesco, arabo. Le persone che visiteranno la mostra della Bibbia fino al 18 gennaio ne potranno acquistare una copia in lingua bengalese, in particolare l'edizione “Bibbia del Giubileo” (approvata dalla Conferenza Episcopale del Bangladesh), nonché testi di studi biblici, di esegesi e pastorale. Anche la stampa locale si è mostrata interessata a questa mostra della Bibbia, annunciando il programma su tutte le testate giornalistiche, con viva soddisfazione della Chiesa locale. (R.P.)

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    Sud Corea: documento dei vescovi sul Rinnovamento carismatico cattolico

    ◊   SEOUL, 12 gen 08 - I vescovi sud-coreani hanno pubblicato un documento in cui segnalano alcuni aspetti negativi del Movimento del Rinnovamento Carismatico Cattolico, pur riconoscendone i contributi positivi alla vita della Chiesa in Corea. Scopo del documento, preparato dalla Commissione episcopale per la Dottrina della Fede, è di offrire un orientamento ai carismatici cattolici indicando gli aspetti di incompatibilità di alcune pratiche con l’insegnamento della Chiesa. Intitolato “Per una corretta comprensione dello Spirito Santo”, il testo riconosce la grande dedizione dei fedeli carismatici che ha permesso al movimento di crescere nel Paese, ma evidenzia anche diverse condotte e pratiche che lo danneggiano. Nelle sue 88 pagine si parla di fraintendimenti sulla fede, di comportamenti non etici, di abusi nell’uso dei carismi e di interpretazioni erronee degli insegnamenti della Chiesa da parte di alcuni suoi membri, nonché di un certo fanatismo che anima i loro incontri. Nelle mire dei vescovi sono in particolare alcune credenze diffuse da taluni gruppi, come quella secondo la quale i peccati degli antenati si trasmettono alla discendenza e vanno quindi purificati con riti di guarigione, pena una serie di disgrazie. Un’“affermazione falsa”, ricorda il documento, che contrasta con la dottrina della Chiesa sulla Grazia ricevuta attraverso il sacramento del Battesimo, che toglie tutti i peccati, compreso quello originale. I vescovi segnalano anche il comportamento scorretto di alcuni suoi membri che hanno privilegiato la fama, il denaro, i privilegi e il proprio tornaconto personale, trascurando il bene comune della Chiesa. Alcuni responsabili dell’Associazione nazionale dei carismatici cattolici coreani (NCCSA) interpellati dall’agenzia Ucan hanno riconosciuto che questi rilievi sono corretti se riferiti agli inizi del movimento in Corea, negli anni 70 e 80, ma che oggi molte cose sono cambiate. Secondo la NCCSA, gruppi carismatici sono oggi presenti in tutte le diocesi sud-coreane . (L.Z.)

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    Taiwan: pellegrinaggio alla Madonna di Wan Jin per i 150 anni dell’evangelizzazione dell’isola

    ◊   I fedeli della diocesi di Tai Nan hanno manifestato grande devozione per la Madonna di Wan Jin, la cui immagine è in pellegrinaggio nelle diverse diocesi dell’isola di Taiwan per “invocare la benedizione del Signore sul paese”, in occasione dell’anniversario dei 150 anni di evangelizzazione. Il cardinale Paul Shan, vescovo emerito di Kaohsiung, ha presieduto la solenne processione che ha accolto a Tai Nan l’arrivo della Madonna pellegrina di Wan Jin. Quando il corteo religioso è passato davanti al tempio buddista, - riferisce l'agenzia Fides - anche i buddisti che stavano pregando nel tempio sono usciti tenendo le mani giunte e si sono inchinati davanti alla statua in segno di grande rispetto. L’immagine della Madonna partirà dalla diocesi di Tai Nan il 20 gennaio, per raggiungere la diocesi di Chia Yi. Il pellegrinaggio mariano è partito dalla diocesi di Kao Hsiung l’8 settembre scorso e percorrerà tutta l’isola durante questo anno di celebrazione dei 150 anni dell’evangelizzazione, perché tutti sentano come rivolte a sé stessi le parole che Gesù ha detto sulla Croce “Ecco tua Madre!”. Invocando la benedizione per l’isola, il pellegrinaggio lancia così anche una grande iniziativa di evangelizzazione. Il Santuario della Madonna di Wan Jin fu costruito nel 1896 e venne eretto a basilica mariana nel 1984, per volontà di Giovanni Paolo II. E’ anche la prima basilica di Taiwan di Diritto pontificio. Il primo ed unico pellegrinaggio della Madonna di Wan Jin risale a 18 anni fa. (R.P.)

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    Mancano fondi per le operazioni di sminamento in Afghanistan

    ◊   Non sarà possibile raggiungere l’obiettivo di rimuovere entro marzo 2013 tutte le mine e gli ordigni inesplosi in Afghanistan, se non si provvederà a finanziare al più presto il Centro delle Nazioni Unite per le operazioni di sminamento (Unmaca): lo ha detto a Kabul il direttore dei progetti dell’Unmaca, Haidar Reza. L’Afghanistan – ricorda l’agenzia Misna - ha firmato nel 2003 il Trattato di Ottawa, impegnandosi a distruggere in 10 anni tutte le mine antiuomo presenti sul suo territorio e a ridurre del 70% entro il 2011 i terreni “inquinati” da mine e altri ordigni. Secondo Reza per raggiungere questo obiettivo sono necessari almeno 500 milioni di dollari da utilizzare per le operazioni in tutto il Paese. “Nel 2008 – ha specificato Reza durante la conferenza stampa – sono state distrutte circa 82.000 mine antiuomo e 900 mine anticarro, bonificando un’area di 50 chilometri quadrati e restituendo la terra a più di 500 comunità rurali”. Secondo dati dell’organizzazione non governativa inglese Halo Trust, dal 1979 ad oggi sono state disseminate, ufficialmente, almeno 640.000 mine, cui vanno aggiunti altri milioni di ordigni inesplosi. In base alle informazioni fornite dall’Onu, tra il 1989 e il 2007, sarebbero stati distrutti circa 400.000 ordigni. “In termini di sviluppo – ha detto infine Reza ai giornalisti – l’Afghanistan non riuscirà mai a raggiungere i suoi obiettivi, fino a quando resteranno sul terreno i residuati esplosivi di 30 anni di guerre”. (A.L.)

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    Pubblicata la ricerca sulla libertà economica mondiale: Hong Kong prima, Nord Corea ultima

    ◊   I Paesi economicamente più liberi al mondo sono Hong Kong, Singapore e Australia. E’ quanto emerge dallo studio pubblicato oggi da Heritage Foundation e Wall Street Journal. La ricerca prende in considerazione il grado di apertura rispetto a dieci indicatori che descrivono la libertà con cui gli operatori economici possono muoversi in ciascun Paese del mondo. I parametri presi in considerazione, espressi con un punteggio da 0 a 100, sono relative a varie libertà, tra cui quella imprenditoriale, fiscale, monetaria e d’investimento. La classifica di quest’anno comprende 183 Stati, 21 in più rispetto allo scorso anno. Sono stati aggiunti, tra gli altri, Afghanistan, Eritrea, Liechtenstein e Maldive. Tra i primi dieci Stati, ben quattro sono europei: Irlanda, Danimarca, Svizzera e Regno Unito. Tra i Paesi che hanno perso più posizioni rispetto allo scorso anno c’è lo Zimbabwe, che figura al penultimo posto. Gli Stati Uniti scivolano poi dal quinto al sesto posto a causa sia dell’aumento della pressione fiscale sia della spesa pubblica in relazione al Pil. L’Italia è collocata al 76.mo posto, dietro democrazie molto più giovani come la Repubblica del Kirghizistan e Paesi dall’economia più incerta come Armenia, Georgia e Romania. “In Italia la spesa pubblica - si legge nel rapporto - è molto alta” e “lo Stato ancora controlla alcune aziende strategiche, in particolare nei trasporti e nell'energia”. “La correlazione tra libertà economica e ricchezza nazionale - spiega sul Wall Street Journal Terry Miller, direttore all'Heritage Foundation - è confermata anche dai dati di quest’anno: i Paesi più liberi godono di una ricchezza pro-capite maggiore di oltre dieci volte rispetto a quella degli Stati più repressi”. (A.L.)

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    Sessione del Comitato sui diritti umani per l’applicazione della Convenzione ONU

    ◊   Si è aperta ieri a Ginevra la 50.ma sessione del Comitato per i diritti del fanciullo, che ha il compito di vigilare sull’applicazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia (1989). Child right information network (Crin, rete internazionale con sede a Londra, finalizzata alla diffusione delle informazioni sui temi della Convenzione) fa sapere che durante le sessioni, che si concluderanno il 30 gennaio, il Comitato esaminerà le relazioni sull’attuazione della suddetta Convenzione in Repubblica Democratica di Corea, Repubblica Democratica del Congo, Malawi, Repubblica di Moldavia, Paesi Bassi e Ciad. Particolare attenzione - sottolinea il Sir - sarà dedicata alla Repubblica Democratica del Congo, dove è sempre più diffuso il fenomeno dei “bambini stregone” o “shégués”: minori vittime di pregiudizi, accusati di stregoneria e per questo sottoposti a crudeli riti esorcistici spesso senza risultato e quindi abbandonati dai familiari e costretti a vivere per la strada tra soprusi e violenze. A Ginevra il Comitato esaminerà inoltre l’applicazione del Protocollo facoltativo su tratta dei minori, prostituzione e pornografia infantile (Opsc), e sarà riservato spazio anche al Protocollo per il coinvolgimento dei minori nei conflitti armati (Opac) di Maldive, Repubblica di Moldova e Tunisia. (A.L.)

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    Giovedì a Parigi verrà inaugurato l’Anno dell’Astronomia nel ricordo di Galileo Galilei

    ◊   “L’Onu ha voluto celebrare le grandi scoperte di Galileo Galilei, che, 400 anni fa, fu l’iniziatore della scienza moderna, scienza di primo livello, da cui dipende l’astronomia, scienza di secondo livello, in quanto non riproducibile in laboratorio”. E’ quanto ha affermato Antonino Zichichi, presidente della Federazione mondiale degli scienziati, che ha promosso la mostra “Galileo, divin uomo” (dal 21 dicembre 2008 al 18 aprile 2009, presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, a Roma). Zichichi, tra i ricercatori del Cern di Ginevra dove sono in atto gli studi sulle origini dell’Universo, ha spiegato il senso dell’istituzione del 2009 quale Anno Internazionale dell’Astronomia, che si inaugura giovedì prossimo a Parigi. Galileo Galilei – ha ricordato Zichichi all’agenzia Sir – ha scoperto le macchie lunari, i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno, le fasi di Venere ma “fu soprattutto lo scopritore della scienza in quanto tale, cioè, di un metodo della ragione per fare domande intelligenti a Colui che ha ordinato il mondo, che è il più intelligente di tutti”. Lo scienziato pisano fu il primo a scrutare la nostra galassia con il cannocchiale, per leggere meglio il “libro di Dio”. “Invitava a studiare le pietre, considerate al suo tempo materia ‘volgare’, al pari delle stelle, materia ‘nobile’, per cercare in ogni cosa le impronte del Creatore, le leggi fondamentali della natura”. (A.L.)

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    La Paz, capitale ispano-americana delle culture per il 2009

    ◊   Esempio di integrazione e unità, ma anche della dignità di tutti i boliviani: con questa motivazione, La Paz è stata proclamata capitale ispano-americana delle culture 2009, un anno in cui si celebrerà anche il bicentenario della sua sollevazione contro i colonizzatori spagnoli. “E’ un riconoscimento - ha detto Mercedes de la Merced Monge, rappresentante dell’Unione delle città capitali ispano-americane (Ucci) - per la promozione delle culture in una città che ha sperimentato negli ultimi anni una profonda trasformazione”. “Nel 2009 – ha aggiunto - La Paz dedicherà molti eventi a carattere nazionale e internazionale incentrati sui valori della solidarietà, dell’interculturalità e della convivenza”. Il sindaco di La Paz, Juan del Granado - sottolinea l’agenzia Misna – “si è impegnato a fare della capitale boliviana un rinnovato simbolo di integrazione guardando al futuro, ma senza dimenticare le sue radici, grazie al patrimonio della sua diversità e alla sua capacità di creare comunicazione oltre le distinzioni”. Durante la cerimonia, ospitata al teatro municipale ‘Alberto Saavedra Pérez’, è stato sottolineato che per ogni Paese del mondo la cultura resta un elemento imprescindibile per essere all’avanguardia dello sviluppo. (A.L.)

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    Il gesuita australiano padre Michael Kelly è il nuovo direttore dell’agenzia Ucanews

    ◊   Il gesuita australiano padre Michael Kelly è il nuovo direttore dell’agenzia cattolica asiatica Ucanews. Succede al Missionario americano di Maryknoll, padre Robert Astorino, fondatore dell’agenzia, la cui redazione centrale è oggi a Bangkok, in Thailandia. Nata nel 1979 a Hong Kong con appena tre addetti e pochi lanci settimanali in lingua inglese, Ucanews (Union of Catholic Asian News) è diventata ormai una delle più importanti agenzie cattoliche di informazione nel mondo, con uno staff fisso di quaranta giornalisti professionisti, 250 corrispondenti in tutta l’Asia e redazioni nazionali in diversi Paesi. Oggi pubblica anche in diverse lingue asiatiche, tra cui il cebuano (parlato nelle Filippine), l’indonesiano e il vietnamita. Ad aumentarne in modo esponenziale la sua diffusione è stato ovviamente Internet, una risorsa cruciale su cui ha investito molto in questi anni. La nomina di padre Kelly è in un certo senso il segnale della volontà di continuare in questa direzione, potenziando il carattere multimediale dell’agenzia per potere raggiungere un pubblico sempre più vasto, anche nelle aree più remote del continente. A cominciare dai giovani, più sensibili alle nuove tecnologie. Giornalista di lungo corso e già collaboratore dell’Ucan, padre Kelly ha lavorato in questi ultimi dieci anni come direttore esecutivo della Gestione Risorse della Chiesa in Australia, carica che per il momento conserva, insieme suo lavoro per la Provincia australiana della Compagnia di Gesù. (L.Z.)

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    Il lavoro di comunicazione svolto in Ucraina dal Centro mediale cattolico di Kiev

    ◊   La Chiesa in Ucraina è impegnata a dare una immagine di sé usando anche i mezzi di comunicazione sociale. E’ questo il senso delle attività e delle iniziative prodotte a Kiev dal Centro Mediale Cattolico. Lo spiega il suo direttore, il sacerdote Pavlo Wyshkovskyy. “Il compito di questo Centro – dice il sacerdote – è di far conoscere, attraverso i mass media, la vita della Chiesa cattolica, informando la popolazione ucraina in modo obiettivo sulla vita dei cattolici in Ucraina e nel mondo. La cooperazione con i centri d’informazione ucraina – aggiunge – permette di dispiegare le varie problematiche relative ad associazioni sociali, cittadine, statali e internazionali. Tale cooperazione si realizza nella produzione di vari programmi educativi per la radio e per la televisione. “Solo l’anno scorso – ricorda il sacerdote – abbiamo distribuito più di 3500 libri contro l’aborto nelle varie regioni ucraine risvegliando anche nelle altre confessioni l’impegno per la tutela della vita”. Giova ricordare in proposito che dei 50 milioni di abitanti in Ucraina buona parte sono cristiani. Tra cassette audio e video, libri e pagine web, fa bella figura nella produzione del Centro Mediale Cattolico la rivista per bambini “Vodograj” (Allegra cascatella), 5 mila copie distribuite in tutte le realtà cattoliche e, da due anni, in 200 scuole statali, nonché in 20 orfanotrofi. Inoltre “Vodograj” è anche un sito internet dove i bambini possono comunicare tra loro. Vivace anche il settore radiofonico del Centro. Dal 1997 va in onda tutte le domeniche “Credo” , una delle più riuscite trasmissioni registrata in locali ad hoc insieme ai radiogiornali in polacco e in ucraino della Radio Vaticana. Non poteva mancare tra le iniziative del Centro Mediale Cattolico l’istituzione di una scuola per l’uso intelligente dei mezzi di comunicazione sociale. La scuola funge anche da polo per collegamenti via Internet e per la distribuzione a tutte le televisioni ucraine delle celebrazioni di Natale e di Pasqua in San Pietro riprese dal Centro Televisivo Vaticano. (A.M.)

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    Il periodico della diocesi di Ascoli Piceno “La Vita Picena” compie 100 anni

    ◊   Compie cento anni il quindicinale della diocesi di Ascoli Piceno, “La Vita Picena”, un compleanno che il periodico celebra con una nuova veste grafica, un numero di pagine raddoppiato, un nuovo gruppo redazionale e un nuovo direttore, don Giampiero Cinelli. Il primo numero del nuovo corso arriverà nelle parrocchie e agli abbonati sabato prossimo. “Il proposito – afferma il vescovo di Ascoli mons. Silvano Montevecchi - è di dare voce a tutte le realtà diocesane, centrali e periferiche”. Il presule – rende noto il Sir - si dice convinto che “la carta stampata abbia ancora un suo ruolo importante” e che “la voce della Chiesa” si deve sentire ancora di più oggi, in un periodo in cui una “cultura ispirata al pensiero debole, al soggettivismo esasperato, porta a rifiutare la legge naturale sulla quale si fondano tutti i diritti umani”. Il direttore Cinelli, nel suo primo editoriale, spiega che “La Vita Picena” sarà un giornale che nella fedeltà al “Magistero della Chiesa ed in particolare della chiesa locale, si apre al confronto col territorio e vuole essere specchio e fermento della comunità ecclesiale, di cui è a servizio, ed entrare in dialogo con tutte le realtà”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Annunciata la ripresa del flusso di gas dalla Russia all’Ucraina e dunque all’Europa, ma la Commissione Ue parla di “situazione inaccettabile”

    ◊   Il colosso del metano russo Gazprom ha riaperto nelle prime ore di oggi i rubinetti del gas diretto ai consumatori europei attraverso il territorio ucraino. La Commissione europea, però, commentando gli sviluppi in mattinata, parla di “situazione inaccettabile”. Il presidente dell'esecutivo europeo, Barroso, nel corso di un colloquio telefonico con il premier russo, Vladimir Putin, ha espresso “la delusione della Commissione" per gli ulteriori ritardi nelle forniture di gas russo verso l'Ue e per il mancato accesso degli osservatori Ue nelle sale operative delle centrali di smistamento di Gazprom e Naftogaz. L'annuncio della riapertura dei rubinetti era stato dato a Bruxelles dopo che tutte le parti interessate avevano firmato la versione definitiva dell'accordo sulla missione Ue di monitoraggio in territorio russo e ucraino. Missione composta da 18 osservatori Ue e integrata con tecnici di Gazprom e di Naftogaz.

    Repubblica russa dell’Inguscezia
    E' salito a tre morti il bilancio dell'esplosione di un palazzo federale che ospitava ufficiali giudiziari e i loro familiari a Nazran, in Inguscezia, provocata da una fuga di gas. Lo comunica la polizia locale, escludendo che alla base del disastro - che ha provocato anche 19 feriti, due molto gravi - ci sia un atto di terrorismo. L'Inguscezia è da questo punto di vista una delle zone più calde del Caucaso russo.

    Somalia
    Le truppe etiopiche hanno iniziato questa mattina il ritiro dal territorio somalo occupato alla fine del 2006. I soldati di Addis Abeba erano intervenuti per espellere le Corti islamiche che controllavano buona parte del Paese. Il timore, con il ritiro degli etiopi e con un governo somalo praticamente inesistente, è che il controllo della Somalia possa passare in mano alle Corti, già in lotta tra di loro per il controllo del Paese, diventando così una Repubblica Islamica. Intanto “Medici Senza Frontiere” denuncia la grave situazione in cui versa la popolazione, che costretta ad allontanarsi dalle maggiori città, si rifugia nelle zone rurali, difficilmente raggiungibili dall’associazione per portare aiuti. “Il conflitto, in una zona in cui già in condizioni normali il cibo scarseggia, potrebbe portare ad una situazione disastrosa”, fa sapere Tom Quinn, coordinatore di Msf in Somalia. Anche l'inviato speciale Onu per la Somalia, Ahmedou Ould-Abdallah, si è espresso sul ritiro delle truppe etiopiche, e rivolgendo un appello ai somali, ha detto: “E' tempo che si concluda questo circuito insensato di uccisioni e violenze”. Per una testimonianza sulla situazione in Somalia, Kelsea Brennan-Wessels, della nostra redazione inglese, ha raggiunto telefonicamente mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico a Mogadiscio:


    R. – Le truppe etiopiche stanno lasciando il Paese e oggi sembra che lascino Mogadiscio. Le posizioni che occupavano certamente saranno prese da qualcuno. ià alcuni parlavano di ribelli, soprattutto islamici, altri di membri dell’alleanza per la liberazione della Somalia, che stavano occupando le zone tenute dagli etiopici e dalle forze governative. Ecco, il problema più grave rimane l’accordo fatto a Gibuti tra il governo di transizione e una parte dell’opposizione di Asmara. Questo accordo reggerà all’eventuale violenza che potrebbe scatenarsi in questi giorni? E’ un punto di domanda cui non saprei come rispondere in questo momento.

     
    Nigeria
    Una nave norvegese con a bordo 52 membri dell’equipaggio è stata attaccata dai pirati al largo della Nigeria. La nave operante nel settore petrolifero è stata assalita, questa mattina all’alba, nei pressi della frontiera con il Camerun. I pirati sono riusciti a salire sul ponte, ma non ad entrare all’interno, quindi sono fuggiti. I membri dell’equipaggio stanno tutti bene.

    Due civili uccisi in Algeria
    Due civili sono stati uccisi e due sono stati feriti domenica pomeriggio da un gruppo di presunti terroristi vicino al villaggio di Merine, 450 km a sud-ovest di Algeri. Le forze di sicurezza hanno circondato la zona e, soltanto nella notte, sono riusciti a recuperare i corpi delle vittime. Nell'ovest algerino, scrive "Liberté", si sono verificati negli ultimi mesi diversi attacchi terroristici, anche se le regioni orientali del Paese, ed in particolare la Cabilia, restano quelle maggiormente colpite dai gruppi armati membri di Al Qaeda per il Maghreb islamico (ex- Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento).

    Iraq
    Al suo secondo giorno di visita a Baghdad, il vicepresidente eletto degli Stati Uniti Joe Biden si è incontrato oggi con il premier iracheno al Maliki, con il quale ha discusso in particolare del futuro dei soldati americani in Iraq. E’ giunto poi nella città di Kirkuk, nel nord del Paese, da dove proseguirà per il Kurdistan iracheno, per un colloquio con il presidente della regione indipendente curda, Barzani. Accompagnato da diversi senatori, Biden è giunto in Iraq per l'ultima tappa di un giro che lo ha condotto nei giorni scorsi in Pakistan, Afghanistan e India, in qualità di presidente della commissione Esteri del Senato, prima di insediarsi ufficialmente come vicepresidente alla Casa Bianca, il prossimo 20 gennaio.

    Pakistan
    Questa notte, ribelli talebani hanno lanciato razzi contro un deposito della Nato nel nordovest del Pakistan vicino a Peshawar. Un camion ha preso fuoco e altri tre sono stati leggermente danneggiati. Questo è il primo assalto da quando, il mese scorso, l'esercito pachistano ha lanciato una vasta operazione contro i talebani che minacciano i rifornimenti alle truppe in Afghanistan.

    Malta
    Sarà George Abela il prossimo presidente della Repubblica di Malta. Lo ha reso noto il primo ministro Lawrence Gonzi che ha ottenuto l'approvazione della nomina da parte del Consiglio dei ministri e, per la prima volta in 30 anni, anche l'approvazione dell'opposizione. George Abela, avvocato di 60 anni succederà al presidente uscente Edward Fenech Adami il prossimo aprile. Ritenuto un moderato, George Abela era il vice leader del partito laburista al governo tra il 1996-98, ma un forte contrasto con l'allora premier Alfred Sant lo aveva allontanato dalla politica fino all'anno scorso, quando si è presentato per la carica di leader dell'opposizione e del partito laburista, che però ha perso dopo una seconda votazione. Il primo ministro Lawrence Gonzi ha spiegato che la nomina di George Abela alla carica di capo dello Stato anche da parte dell'opposizione è una chiara dimostrazione della “maturità politica” raggiunta nel Paese. Il capo dell'opposizione laburista Joseph Muscat intanto ha approvato la scelta del governo ed ha elogiato le qualità di George Abela come “uomo che gode la fiducia di tutti i maltesi".

    Oltre 500 imprese di Taiwan hanno chiuso i battenti per la crisi economica
    Sarebbero più di 500 le imprese di Taiwan che hanno chiuso i battenti l'anno scorso nella Cina continentale, abbandonando la loro attività a causa della crisi economica internazionale. Lo afferma il giornale taiwanese "Economic News" citando “imprenditori locali”. Funzionari della città di Dongguan, uno dei centri dell'industria manifatturiera nella Cina meridionale, hanno sostenuto che nella loro municipalità sono 856 le imprese straniere, incluse quelle di proprietà taiwanese, che hanno chiuso nel 2008. Gli imprenditori intervistati dal giornale sostengono che la crisi in corso è “peggiore di quella finanziaria del 1997” e che “altre imprese taiwanesi” sono destinate al fallimento.

    Nucleare
    Una delegazione del governo della Corea del Sud si recherà giovedì in Corea del Nord per discutere la gestione delle barre di combustibile nucleare non utilizzato presenti nel reattore di Yongbyon, una questione chiave per la verifica dello smantellamento atomico di Pyongyang emersa nella seconda fase dei negoziati a Sei nazioni. La missione a Pyongyang rappresenta la prima visita ad alto livello di esponenti del governo di Seul in Corea del Nord dall'elezione del presidente Lee Myung-bak, sostenitore di una politica meno accondiscendente verso il Nord e per questo violentemente attaccato dal regime stalinista. La situazione di stallo nei rapporti tra le due Coree ha raggiunto l'apice lo scorso novembre, quando Pyongyang ha ordinato una drastica riduzione del personale sudcoreano autorizzato a rimanere sul proprio territorio. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 13

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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