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Sommario del 14/02/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Uno Stato piccolo per una missione grande: così il Papa per gli 80 anni della Città del Vaticano
  • Benedetto XVI ai vescovi nigeriani: l'annuncio del Vangelo non segue distinzioni etniche, difendete la famiglia e la correttezza liturgica
  • Altre udienze e nomine
  • Lettera di Kirill al Papa: il nuovo Patriarca di Mosca auspica un fruttuoso sviluppo delle relazioni tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa russa
  • Verso Gerusalemme: nota di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il G7 a Roma: no al protezionismo per vincere la crisi mondiale
  • San Valentino. Mons. Paglia: il vero amore contro la cultura dell'usa e getta
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Venezuela. Messaggio dei vescovi sul referendum che potrebbe dare a Chávez la presidenza a vita
  • Quattro senzatetto morti assiderati a Roma
  • Orissa: i bambini cristiani non possono andare a scuola
  • Mons. Sako: un Sinodo per il Medio Oriente
  • Mongolia: primi passi della Chiesa nel campo dell'istruzione
  • I vescovi di Taiwan rilanciano il ruolo dei laici nella Chiesa
  • I Carmelitani scalzi si preparano ad aprire una nuova fondazione nello Sri Lanka
  • Basilica ostiense: pellegrinaggio dell’Ordine di Malta e di 80 vescovi partecipanti ad un incontro della Comunità di Sant'Egidio
  • Un successo il blog dei vescovi francesi sulla bioetica
  • 24 Ore nel Mondo

  • Mons. Marchetto: preoccupazione per le nuove misure sull'immigrazione in Italia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Uno Stato piccolo per una missione grande: così il Papa per gli 80 anni della Città del Vaticano

    ◊   Lo Stato della Città del Vaticano è uno strumento necessario per dare alla Chiesa e al Papa la possibilità di adempiere al mandato ricevuto da Cristo: è quanto sottolineato stamani da Benedetto XVI. Occasione dell’intervento del Papa è stata l’udienza, in Sala Clementina, ai partecipanti al Convegno per l’80.mo di fondazione dello Stato vaticano intitolato “Un piccolo territorio per una grande missione”. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato che ha promosso il convegno di studi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Uno Stato tanto piccolo quanto grande è la sua missione: Benedetto XVI ha messo l’accento sul valore spirituale e civile dello Stato Vaticano, posto “interamente al servizio della grande missione” affidata da Gesù all’apostolo Pietro e ai suoi Successori. Quindi ha tratteggiato i caratteri salienti di Città del Vaticano:

     
    “La Civitas Vaticana è in verità un punto quasi invisibile sui mappamondi della geografia mondiale, uno Stato minuto ed inerme privo di eserciti temibili, apparentemente irrilevante nelle grandi strategie geopolitiche internazionali. Eppure, questo presidio visibile dell’assoluta indipendenza della Santa Sede, è stato ed è centro di irradiazione di una costante azione a favore della solidarietà e del bene comune”.

     
    Lo Stato Vaticano, ha aggiunto, “che racchiude in sé tesori di fede, di storia, di arte, custodisce un patrimonio prezioso per l’umanità intera”:

     
    “Dal suo cuore, dove presso la tomba di San Pietro abita il Papa, si leva un incessante messaggio di vero progresso sociale, di speranza, di riconciliazione e di pace”.

     
    Benedetto XVI ha quindi elogiato l’impegno volto ad approfondire e a far meglio conoscere la storia e la fisionomia della Civitas Vaticana. Una realtà, ha rilevato, “non sempre ben compresa nella sue ragioni d’essere e nei molteplici compiti che è chiamata a svolgere”:

     
    “Per chi opera quotidianamente a servizio della Santa Sede o per chi vive nell’Urbe è un dato di fatto scontato che esista nel cuore di Roma un piccolo Stato sovrano, ma non a tutti è noto che esso è frutto di un processo storico alquanto tormentato, che ne ha reso possibile la costituzione, motivata da alti ideali di fede e da lungimirante consapevolezza delle finalità a cui doveva soddisfare”.

     
    Il Papa è tornato dunque con la memoria all’11 febbraio del 1929, ripensando con “profonda riconoscenza” a Pio XI, che fu con “lucida lungimiranza e indomita volontà il vero fondatore e il primo costruttore dello Stato della Città del Vaticano”. Un Papa, ha detto, che guidò la Chiesa in anni difficili e “dovette misurarsi con le difficoltà e le persecuzioni che la Chiesa subiva in Paesi quali il Messico e la Spagna e con la lotta che ad essa portarono i totalitarismi sorti e consolidatisi in quegli anni”:

     
    “Si rimane davvero ammirati di fronte all’opera saggia e forte di questo Pontefice, che per la Chiesa volle solo quella libertà che le permettesse di svolgere integralmente la sua missione. Anche lo Stato della Città del Vaticano, sorto a seguito dei Patti Lateranensi e in particolare del Trattato, fu considerato da Pio XI uno strumento per garantire la necessaria indipendenza da ogni potestà umana, per dare alla Chiesa e al suo Supremo Pastore la possibilità di adempiere pienamente al mandato ricevuto da Cristo Signore”.

     
    Il significativo anniversario, che in questi giorni stiamo commemorando, ha detto il Papa, è “motivo di profondo ringraziamento al Signore, che guida le sorti della sua Chiesa nelle vicende spesso turbolente del mare della storia”. Ha così incoraggiato quanti operano nei diversi uffici e servizi vaticani “a svolgere le loro mansioni non solo con onestà e competenza professionale, ma anche con una sempre più viva consapevolezza che il loro lavoro costituisce un prezioso servizio alla causa del Regno di Dio”. Ed ha auspicato che questo Stato, dopo i suoi primi 80 anni, riprenda “il cammino con più forte slancio apostolico”.

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    Benedetto XVI ai vescovi nigeriani: l'annuncio del Vangelo non segue distinzioni etniche, difendete la famiglia e la correttezza liturgica

    ◊   Rispetto per le forme della liturgia e testimonianza del Vangelo in tutti i settori della società, per opporre i valori cristiani a corruzione e degrado morale. Sono alcune delle indicazioni che Benedetto XVI ha dato ai vescovi nigeriani, ricevuti in udienza per la visita ad Limina. Il Papa ha anche apprezzato il lavoro dei presuli nel dialogo con l’islam e li ha invitati a curare con attenzione il senso cristiano del matrimonio. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La Chiesa nigeriana è in crescita e in un Paese di 150 milioni di abitanti - moltissimi dei quali legati a religioni tradizionali - “le abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose - ha subito constatato Benedetto XVI - sono anche un chiaro segno del lavoro dello Spirito in mezzo a voi”. Ma una Chiesa in espansione è una Chiesa che ha bisogno di cure attente in ogni settore. E su questi ambiti della pastorale, il Papa ha concentrato le sue osservazioni. Un nodo delicato - in un Paese con 250 gruppi etnici diversi - è costituito proprio dalla diffusione del Vangelo in questa variegata geografia di ceppi e appartenenze. Benedetto XVI ha anticipato che di questa tematica se ne tratterà al prossimo Sinodo dei Vescovi per l'Africa, ma intanto ne ha parlato come di una “sfida”. Sacerdoti e seminaristi in particolare, ha affermato, devono “crescere in maturità e generosità, consentendo al messaggio del Vangelo di purificare e di superare ogni possibile limitatezza degli orizzonti locali:

     
    “I express my appreciation …
    Esprimo il mio apprezzamento a coloro che hanno accettato una missione pastorale al di fuori dei limiti del proprio gruppo linguistico o regionale e ringrazio i sacerdoti e le persone che vi hanno accolto e sostenuto. La vostra disponibilità ad adattarvi agli altri è un segno eloquente che (…) non c'è posto nella Chiesa per nessun tipo di divisione. Ai catecumeni e ai neofiti si deve insegnare ad accettare questa verità, secondo il loro impegno per Cristo e per una vita di amore cristiano”.

     
    In precedenza, sempre rivolgendosi alla gerarchia ecclesiale, il Papa aveva chiesto oculatezza nella pianificazione pastorale e nella formazione. “Insegnate l'arte della preghiera, incoraggiando la partecipazione alla liturgia e ai sacramenti”, sono state le parole del Pontefice, che si è poi soffermato sulla cura della liturgia:

     
    “I commend you in your efforts …
    Mi raccomando ai vostri sforzi per mantenere il corretto equilibrio tra i momenti di contemplazione e i gesti esterni di partecipazione e di gioia nel Signore. A tal fine occorre prestare attenzione alla formazione liturgica dei sacerdoti ed evitare eccessi che ne sono estranei”.

     
    Altra priorità formativa indicata ai vescovi nigeriani è stata quella della famiglia. Benedetto XVI ha chiesto rinnovata “sollecitudine” attraverso corsi per fidanzati e catechesi specifiche e generali sul valore della vita umana e il matrimonio. Quindi, ha ringraziato la Chiesa nigeriana per aver reso un “importante servizio alla nazione” costruendo, “con pazienza e perseveranza”, “forti relazioni di rispetto, amicizia e cooperazione concreta con altre persone di altre fedi”, specie con i musulmani.

     
    Infine, con uno sguardo generale al momento contingente del Paese africano, il Papa ha insistito affinché i principi del Vangelo, “correttamente intesi e applicati alla realtà civile e politica”, si traducano - ha chiesto - in una “garanzia” per tutti i cittadini “di una vita di libertà, nel rispetto della loro dignità come persone”, ma anche in una “protezione da abusi e manipolazioni ideologiche basate sulla legge del più forte”:

     
    “With confidence in the Lord ...
    Con la fiducia nel Signore, continuate ad esercitare la vostra autorità episcopale nella lotta contro la corruzione e le pratiche ingiuste e contro tutte le cause e le forme di discriminazione e di criminalità, in particolare contro i trattamenti degradanti delle donne e la deplorevole pratica del rapimento. Promuovendo la dottrina sociale cattolica, offrite il vostro leale contributo per il vostro Paese e contribuite al consolidamento di un ordine nazionale basato sulla solidarietà e sulla cultura dei diritti umani”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Il Santo Padre ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Lahore (Pakistan) il padre francescano Sebastian Francis Shah, già ministro provinciale dell’Ordine dei Frati Minori in Pakistan, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tino. Padre Sebastian Francis Shah è nato il 14 novembre 1957 a Padri-Jo-Goth, Sanghar nella provincia di Sindh, nella diocesi di Hyderabad. Il 6 dicembre 1991, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale.

    Il Santo Padre, per la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo in Vaticano dal 4 al 25 ottobre 2009, sul tema La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. "Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14), ha nominato presidenti delegati: il cardinale Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; il cardinale Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar; il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban. Relatore generale è stato nominato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, arcivescovo di Cape Coast (Ghana). Segretari speciali sono stati nominati mons. Damião António Franklin, arcivescovo di Luanda (Angola), e mons. Edmond Djitangar, vescovo di Sarh (Ciad).

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    Lettera di Kirill al Papa: il nuovo Patriarca di Mosca auspica un fruttuoso sviluppo delle relazioni tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa russa

    ◊   Il nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill ha inviato una lettera a Benedetto XVI in riposta al messaggio che il Papa gli aveva indirizzato in occasione della sua elezione, il 27 gennaio scorso. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Kirill, ringraziando “cordialmente” per le “calorose parole di augurio” rivoltegli dal Pontefice, auspica “un fruttuoso sviluppo” delle relazioni tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa russa. Il Patriarca ha affermato di aver assunto la nuova responsabilità “obbedendo alla volontà di Dio”. “Una delle priorità” del suo ministero – ha precisato – “è costituita dalla necessità fondamentale di attestare ed affermare i valori del Vangelo di Cristo nella società contemporanea”. Si è quindi detto “convinto che a questo debbano contribuire il dialogo e la collaborazione di tutti coloro che si fanno chiamare cristiani”. Proseguendo il cammino del suo predecessore Alessio II, Kirill assicura il Papa “che la Chiesa ortodossa russa resterà immutabilmente aperta alla cooperazione con quanti si dichiarano seguaci del Signore Gesù Cristo e mantengono la visione tradizionale circa i contenuti del messaggio che i cristiani debbono recare al mondo contemporaneo. Tra i collaboratori in questo campo – sottolinea il Patriarca - la Chiesa cattolica di Roma occupa un posto particolare, così come un posto particolare negli sforzi comuni dei cristiani” – aggiunge – è quello occupato “personalmente” da Benedetto XVI. Kirill conclude la sua lettera augurando al Papa “pace, salute e aiuto di Dio nel suo operato”.

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    Verso Gerusalemme: nota di padre Lombardi

    ◊   La Terra Santa attende il Papa: è stato lo stesso Benedetto XVI ad affermare di essere impegnato “a preparare una visita in Israele”. L’annuncio è giunto durante l’incontro, giovedì scorso, con una delegazione della Conferenza dei presidenti delle principali organizzazioni ebraiche americane. Ascoltiamo in proposito la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi.

    E’ una bella notizia. Andare a Gerusalemme: è il desiderio di tutti gli israeliti e di tutti i cristiani. Gli antichi israeliti salivano verso di essa cantando, Gesù vi si dirige decisamente per compiervi fino in fondo la volontà del Padre. E’ andare pellegrini ai luoghi più santi, luoghi degli incontri fra Dio e gli uomini che hanno segnato la storia della nostra salvezza. Anche il Papa porta in sé questo desiderio. Benché in precedenza vi sia già stato, sente l’importanza di recarvisi di nuovo come capo di una comunità di credenti, che possano pellegrinare in unione spirituale con lui e per mezzo di lui ai luoghi delle radici della loro fede. Non a caso Paolo VI iniziò proprio dalla Terra Santa la serie dei viaggi internazionali dei Papi e Giovanni Paolo II ne seguì i passi ponendo segni indimenticabili di riconciliazione e di speranza di pace.

     
    Ora è la volta di Benedetto. La sua è una decisione coraggiosa. Vi sono le incertezze della situazione politica, le numerose divisioni interne ai vari campi. Vi sono le tensioni continue di una regione percorsa da conflitti e recentissimamente segnata da una guerra che ha devastato la striscia di Gaza e ferito profondamente il suo popolo. Il processo di pace stenta a fare passi risolutivi. Ombre o diffidenze tornano in modo ricorrente ad oscurare il dialogo ben avviato fra il mondo ebraico e la Chiesa cattolica.

     
    Ma bisogna andare lo stesso. Anzi, forse proprio per tutti questi motivi è urgente andarvi. Per pregare nei punti più cruciali del confronto fra l’odio e l’amore: là dove la riconciliazione sembra umanamente impossibile. Per ricordare che il nome e la vocazione di Gerusalemme è di essere “città della pace”, di incontro dei popoli nel nome di un Dio di salvezza, di pace e di amore per tutti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una “città sul monte” al servizio dell’umanità: Benedetto XVI sottolinea l’azione svolta dallo Stato della Città del Vaticano a favore della solidarietà e del bene comune

    Nell’informazione internazionale, un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo “Afpak, un nuovo teatro politico militare” e un articolo di Pierluigi Natalia sul referendum in Venezuela in merito alla proposta di riforma costituzionale

    In cultura, la prefazione del cardinale Tarcisio Bertone al libro del vice direttore “Ti credevo un altro”: il futuro visto con la lente del Vaticano II e del Sessantotto

    La giustizia che sa fermarsi ai margini della strada: Raffaele Alessandrini su testimonianze e progetti dell’associazione “Voce alla vittima!”

    Stefania Zuliani illustra l’antologica di Giorgio Morandi da New York a Bologna

    Il coraggio di arrivare secondi; l’uomo che toccò la Luna dopo Armstrong: Sabino Caronia recensisce il primo romanzo di Johan Harstad “Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?”

    Un articolo di Andrea Monda “La Bibbia nei rotoli (di celluloide)”: al Museum of Biblical Art di Manhattan una rassegna sul cinema e la Scrittura

    Il segno dell’attenzione della Chiesa per il continente africano: nell’informazione religiosa, il messaggio del cardinale Tarcisio Bertone nel venticinquesimo anniversario della fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel

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    Oggi in Primo Piano



    Il G7 a Roma: no al protezionismo per vincere la crisi mondiale

    ◊   Negli Stati Uniti anche il Senato, dopo la Camera e il Congresso, ha dato il via libera al piano di rilancio dell’economia da 787 miliardi di dollari voluto da Obama. Il presidente americano potrebbe controfirmarlo all'inizio della prossima settimana e dunque a meno di un mese dal suo insediamento alla Casa Bianca. Intanto, l’economia globale è stata al centro del G7 a Roma. Dopo l'incontro informale di ieri sera con la cena di gala, questa mattina si sono aperti i lavori. Nel primo pomeriggio, la conferenza stampa conclusiva. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    Standard legali, ovvero regole comuni, e un nuovo "no" al protezionismo: di questo hanno parlato stamani i cosiddetti 7 Paesi più industrializzati, che proprio per discutere di regole sovranazionali hanno invitato o chiamato in causa Fmi, Banca mondiale, WTO, OCSE e Financial stability forum. Il punto, sul quale l’Italia presidente di turno del G7 ha insistito, è darsi regole condivise sia in ambito di mercati finanziari, sia di politiche fiscali, sia di commercio internazionale. Un obiettivo non da poco, che sembra partire dalla lotta alla tentazione del protezionismo. Ma intanto - è stato ben sottolineato - c’è urgenza di azioni immediate per riportare la normalità sui mercati, per ripristinare la fiducia. Sul punto, abbiamo chiesto un'opinione all’economista Alberto Quadrio Curzio:

     
    R. - Ristabilire la fiducia significa, a mio avviso, collegare molto meglio l’economia finanziaria all’economia reale. Il che vuol dire che l’economia finanziaria non deve assumere rischi eccessivi e non deve soprattutto creare dei veicoli di investimento, degli strumenti finanziari, per i quali nessuno è in grado di calcolare esattamente il rischio, tanto esso è grande. Sappiamo benissimo com’è nata tutta questa vicenda: è nata con indebitamenti eccessivi di soggetti che non avevano la capacità non solo di ripagare il debito, ma neppure di pagare gli interessi sul debito. Poi, c'è stato il successivo camuffamento di queste situazioni, già patologiche di per sé, in prodotti finanziari talmente difficili da comprendere che tutti andavano ad acquistarli senza intendere il grado di rischio. E ancora, c'è stata la distribuzione di questi prodotti in tutto il mondo, con conseguenze gravissime.

     
    D. - Dunque, quale lezione trarre innanzitutto?

     
    R. - Il punto è che il risparmio fondamentale deve servire per finanziare gli investimenti, gli investimenti devono servire per finanziare la crescita, lo sviluppo e l’occupazione, e non per fare plusvalenze di breve periodo, molto spesso legate a meccanismi di scambio speculativi, che non hanno nulla a che fare con la fisiologia del mercato e del buon vivere comune. E’ vero, il protezionismo è un pericolo: tuttavia, facciamo attenzione anche al rispetto delle regole del commercio internazionale. Queste vanno rispettate sia sotto il profilo degli standard dei prodotti - che vengono commerciati e che ad esempio non possono essere ovviamente dei prodotti pericolosi per la salute - sia sotto il profilo del rispetto delle regole del commercio. Quindi, parliamo di falsificazioni, piuttosto che di dumping sociali, per cui certi prodotti hanno prezzi bassi nel commercio internazionale semplicemente perchè vengono sfruttate le popolazioni che producono i prodotti medesimi. Ebbene, questo non va bene e bisogna in qualche modo porre rimedio a queste situazioni di profonda ingiustizia.

     
    D. - Professore, abbiamo vissuto il G7 di questi giorni con lo sguardo già al G20, che è ormai prossimo, perché sembra proprio che la partita economica mondiale, a questo punto, si giochi su un terreno più ampio, che deve comprendere le nuove economie. E’ così?

     
    R. - E’ così, ed è giusto che lo sia. Non si può certamente pensare che i sette Paesi più industrializzati, ai quali è stata aggiunta la Russia, possano in qualche modo “governare” i destini economici del pianeta senza fare i conti con la Cina, con l’India e con altri grandi Paesi emergenti. Peraltro, includerei anche i Paesi mediorientali, produttori di petrolio, che hanno una rendita petrolifera gigantesca che, ahimé, non viene utilizzata adeguatamente per determinare lo sviluppo di quei Paesi e delle loro popolazioni. Sono interlocutori molto forti, con i quali, in qualche modo, bisogna trattare, possibilmente condizionandoli affinché il loro sviluppo sia rivolto davvero al bene comune. E tuttavia, nei limiti in cui ciò non sia possibile, trattando con la democrazia e con la diplomazia piuttosto che con le armi.

     
    D. - Il direttore generale del Fondo monetario internazionale ha detto che “l’economia mondiale è in profonda recessione, anche se non attraversa necessariamente un periodo di depressione”. Professore, che vuol dire? Qual è la differenza?

     
    R. - La recessione è un rallentamento temporaneo della crescita economica, che può estendersi per qualche trimestre o per un anno. La depressione è una fase molto prolungata, in cui la caduta della domanda e la caduta conseguente dell’offerta determina delle aspettative completamente negative degli operatori, sicché il pil non solo non cresce ma cala nel lungo termine, per uscire poi dalla depressione. Il termine stesso richiama anche talune patologie del vivere umano. E’ molto difficile e richiede ovviamente delle terapie molto pesanti e, talvolta, le terapie pesanti lasciano degli strascichi anche sul corpo sociale e sul corpo economico.

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    San Valentino. Mons. Paglia: il vero amore contro la cultura dell'usa e getta

    ◊   Come ogni anno, in occasione della festa di San Valentino, a Terni nella Basilica dedicata al vescovo, patrono degli innamorati, domani mattina cento coppie di sposi al traguardo delle nozze d’argento rinnoveranno il loro impegno di fronte a Dio. Una settimana fa è toccato a centinaia di giovani fidanzati che hanno affidato alla protezione del santo il loro progetto di vita insieme. Intanto questa mattina il vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia, ha presieduto la Santa Messa per la festa del patrono alla presenza di autorità civili e militari. E le celebrazioni nella città umbra proseguiranno anche domani pomeriggio con una “festa di benvenuto” organizzata per 1800 nuovi residenti provenienti da circa 20 Paesi stranieri. Paolo Ondarza ha intervistato mons. Vincenzo Paglia:

    R. – C’è un episodio che si ricorda, quello di una ragazza di Terni, che si era innamorata di un giovane romano che era pagano, e Valentino vedendo il loro amore sincero aiutò a superare tutte le difficoltà che ovviamente si frapponevano, sino alla conversione di questo giovane e poi al matrimonio che li unì, nonostante poi la ragazza morisse poco dopo. Questo il significato: molti fidanzati, che magari si sposeranno in quest’anno, vengono a celebrare quella che noi chiamiamo la festa della promessa e a dire che intuiscono che l’amore per essere tale deve essere solido. E questo, in un mondo, nel quale in fondo c’è una cultura dell’usa e getta, è un messaggio particolarmente significativo.

     
    D. – E’ un desiderio effettivamente che si scontra anche a volte con dei dati statistici che dicono che il matrimonio è in crisi. Non sono poche le coppie che poi guardando a questa fotografia si scoraggiano. Si rimanda o si ritarda l’idea del matrimonio, se non addirittura si accantona talvolta...

     
    R. – Esatto. Questo, infatti, a me sorprende ogni volta: vedere come di fronte a queste statistiche figlie di una certa cultura, poi io vedo invece che quest’anno sono state più di 250 le coppie, tutte a professarsi fedeltà reciproca, chiedendo aiuto a Dio: senza accogliere l’amore di Dio, è certo difficile resistere alle tempeste che si abbattono nella vita quotidiana.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa sesta Domenica del Tempo ordinario, la Liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui un lebbroso supplica Gesù in ginocchio: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Gesù ne ha compassione e toccandolo con la mano gli dice:

    «Lo voglio, sii purificato!».

     
    Ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:

    (musica)

     
    Uno dei contrassegni più certi ed anche più inquietanti della frattura originaria, che costantemente si ritrova nell'uomo, è il suo nascondersi, il suo occultare qualcosa di spiacevole di sé. «E l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio» (Gn 3, 8). «Ho avuto paura ... e mi sono nascosto» (3, 10), risponde Adamo al Creatore che lo cerca. Per paura, l'uomo si rintana e diventa quel che Josef Tischner chiamava «l'uomo dei nascondigli». Sembra che l'uomo voglia tenere per sé la sua debolezza e la sua infermità e ciò è causa di una malattia ancor più grave della prima.

     
    Il lebbroso del Vangelo odierno non si nasconde, ma va da Cristo e gli palesa la sua condizione, si espone a Lui in un atto di piena confessione. Gesù accoglie il suo atto di uscita dalla vergogna, dalla paura e dal nascondiglio, lo tocca, tocca la sua umanità lebbrosa e lo guarisce.

     
    «E allora pensiamo anche noi fratelli carissimi - scrive Origene - come nessuno nella sua anima nasconda la lebbra del peccato, come nessuno nel suo cuore conservi le contaminazioni delle colpe, e, seppure le possiede, istantaneamente adorando il Signore, rivolga a Lui queste parole: "Signore, se vuoi, tu puoi guarirmi" (Mc 1, 40) (Hom. in Matth., 2, 3). Ambrogio gli fa eco quando scrive: «Mostra a Lui, che è medico, le tue piaghe, ed Egli ti guarirà».

     
    (musica)

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    Chiesa e Società



    Venezuela. Messaggio dei vescovi sul referendum che potrebbe dare a Chávez la presidenza a vita

    ◊   “Il nostro è un invito rivolto a tutti i venezuelani e un’esortazione ai cristiani, donne e uomini di buona volontà affinché prendano molto sul serio questo referendum” di domani. Così i vescovi del Venezuela in un breve comunicato pubblicato alla vigilia della consultazione popolare che dovrà decidere sostanzialmente sulla possibilità di rieleggere il presidente della Repubblica, cosa che il testo costituzionale del 1999 vieta. Il presidente Chávez in un suo comizio ha assicurato che se vincerà “avrà la possibilità di un terzo mandato: 2009-2019”. Poi ha aggiunto: “E ancora, 2019-2029, 2029-2039, 2039-2049". È proprio quest’impostazione, che la stampa locale presenta come “una presidenza vita natural durante”, ciò che più divide e polarizza in queste ore l’elettorato venezuelano. Infatti, i sondaggi danno il “sì” e il “no” in una situazione di sostanziale pareggio e dunque, come in passato, saranno gli indecisi a decretare la vittoria di una delle due posizioni. Era già accaduto nel 2007, quando il presidente aveva presentato centinaia di emendamenti per riformare la cosiddetta “costituzione bolivariana” da lui fatta approvata nel 1999. Gli indecisi alla fine decretarono la sconfitta di Chávez che ora, tramite meccanismi sulla cui costituzionalità dubitano molti giuristi del Paese, a 14 mesi di distanza ci prova ancora una volta. Ecco perché i presuli chiamano a “vincere l’apatia e l’indifferenza” e chiedono che “tutti vadano a votare (…) senza paura, in coscienza, tenendo presente il Paese (…), poiché ogni voto è fondamentale per la democrazia in Venezuela”. Dall’altra, l’episcopato chiede anche alle autorità preposte allo svolgimento del processo elettorale di facilitare al massimo le operazioni e i diritti che ha ogni elettore. I presuli ricordano che è necessario che tutte le parti sappiano accettare democraticamente i risultati ufficiali “evitando atti di violenza o disordini che potrebbero mettere in pericolo la pace e la convivenza dei cittadini. Se ci saranno denunce o proteste da presentare” di fronte ad eventuali irregolarità i vescovi ricordano che occorre “seguire sempre i canali istituzionali”. Infine l’episcopato sottolinea l’importanza che ogni “seggio elettorale sia una scuola di trasparenza democratica”, augurandosi ancora una volta “la collaborazione e il rispetto reciproco” tra i venezuelani. Infine i presuli invocano l’assistenza dello Spirito Santo “affinché illumini sia i governanti sia i governati” e al tempo stesso “conceda a tutti, dopo il voto, la saggezza e l’intelligenza spirituale che è necessaria a tutti per vivere pacificamente nella tolleranza e nel rispetto reciproco”. (A cura di Luis Badilla)

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    Quattro senzatetto morti assiderati a Roma

    ◊   Il grande freddo di questi giorni sta mettendo a rischio la vita di decine di senzatetto a Roma. Particolarmente drammatica la situazione sul litorale della capitale dove negli ultimi sei giorni quattro clochard hanno trovato la morte per assideramento. I quattro uomini, tre polacchi e un ungherese, fra i 40 e i 50 anni, vivevano tra Ostia e Dragoncello. Le condizioni di salute di queste persone, che in vita accumulano stenti e malattie non curate, vengono messe a dura prova dalle temperature rigide e sono ulteriormente peggiorate dall’alcol assunto per riscaldarsi. Fra di loro c’è Luigi Szabo Lijos, il medico ungherese come lo chiamavano tutti. Viveva sulla panchina della parrocchia San Nicola del Borghetto dei pescatori tra stracci e cianfrusaglie. Non ha sopportato il freddo ed è morto a causa di una polmonite. Gli altri tre clochard erano Andrzej Ofman, Marek e Tolek. Sono stati trovati chi su un marciapiede e chi vicino alla pineta di Castelfusano. Le salme si trovano nella sala mortuaria dell’ospedale Grassi in attesa che sia la comunità di Sant’Egidio con l’aiuto dell’Ama ad occuparsi dei loro funerali. “Servono più strutture per l’accoglienza e meno indifferenza”, spiega a “Il Messaggero” Stefano Natali, che rappresenta i volontari impegnati al fianco dei clochard del tredicesimo Municipio. Difficile fare un calcolo dei senzatetto che vivono sul litorale romano. Solo all’interno della pineta di Castelfusano ce ne sono centinaia. “Alcuni di loro vanno nelle strutture d’accoglienza del territorio che però non bastano per tutti – sostiene ancora Stefano Natali. Per altri raggiungere i capannoni della Fiera di Roma è impossibile. C’è poi chi non vuole essere avvicinato per paura. La situazione peggiora quando si fanno gli sgomberi in pineta d’inverno. Quando perdono le baracche queste persone vivono sotto l’acqua e al freddo”. Domenica alle 11,30 nella parrocchia San Vincenzo De Paoli a Ostia, la comunità di Sant’Egidio ha organizzato una Messa in ricordo di Modesta Valenti (una senzatetto morta nel 1983 alla stazione Termini e diventata il simbolo dei diseredati della capitale) ma anche di tutti i senzatetto morti nel tredicesimo municipio negli ultimi anni. Il Comune di Roma ha disposto già da qualche giorno l'apertura straordinaria delle metropolitane durante la notte per far sì che le persone senza fissa dimora possano ripararsi. L'assistenza dei senzatetto è affidata alla Caritas, gli operatori offrono loro bevande calde e generi di prima necessità, mentre l'Ama si occupa ogni mattina della pulizia delle stazioni interessate dal servizio di ricovero. (M.G.)

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    Orissa: i bambini cristiani non possono andare a scuola

    ◊   I bambini cristiani del Kandhamal stanno perdendo l’anno scolastico. È questa una delle denunce fatte da Sajan George, presidente nazionale del Global Council of Indian Christians (Gcic). “Fuggiti di casa con le loro famiglie e costretti a rimanere nei campi profughi, i giovani delle comunità cristiane dell’Orissa non possono frequentare le lezioni e l’anno scolastico sta ormai per finire”, ha detto il presidente. L’educazione rappresenta una delle priorità della Chiesa nell’Orissa perché è un fattore di sviluppo e di emancipazione della popolazione. L’opera di educazione compiuta dai missionari con i dalit (i fuori casta) è stata una delle più grandi cause dell’insofferenza e della gelosia dei fondamentalisti che ora cercano di soffocare lo sviluppo dell’educazione dei ragazzi del Kandhamal. In questa regione inoltre continua ad essere alta la tensione e il rischio di attacchi rimane costante . “Con le elezioni dietro l’angolo - afferma George ad AsiaNews - la situazione si sta facendo ancor più tesa. I cristiani del Kandhamal sono ancora più discriminati e corrono il serio pericolo di venire ridotti a cittadini di serie "B": non hanno documenti d’identità e quindi sono privati della possibilità di esercitare un loro diritto fondamentale che è quello di voto”. Krishan Kumar, responsabile dei campi profughi governativi per il Kandhamal, ha dichiarato che “degli iniziali 25mila sfollati raccolti nei campi ora ne restano 4mila. Di questi 2500 sono stati trasferiti in campi temporanei vicini ai loro villaggi d’origine. Nei centri d’accoglienza attualmente restano solo 1500 persone”. (F.C.)

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    Mons. Sako: un Sinodo per il Medio Oriente

    ◊   Celebrare un Sinodo per la Chiesa in Medio Oriente per dare una risposta ai tanti cristiani “schiacciati da tante sofferenze e incalzati da molte sfide”. La proposta è stata lanciata da mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, in Iraq, in un'intervista rilasciata alla rivista Oasis e ripresa dall’agenzia Zenit. “Siamo comunità esigue e per affrontare tutti questi problemi abbiamo bisogno di essere aiutati”, ha riconosciuto il presule elencando una serie di difficoltà, la più grande delle quali “è certamente l'esodo dei cristiani dalle nostre regioni”. “E' concreto il rischio che in un prossimo futuro non ci siano più cristiani in Medio Oriente – ha avvertito mons. Sako. Noi siamo profondamente preoccupati che il destino dei cristiani in questi Paesi possa divenire lo stesso dei cristiani in Turchia o in Iran, dove ormai sono pochissimi”. Un altro problema sottolineato dal presule è quello della pastorale. “Spesso oggi sperimentiamo la mancanza di un programma pastorale adeguato alla situazione in cui viviamo e ci chiediamo come prepararne uno adatto ai nostri fedeli”, ha osservato. Allo stesso modo, bisogna rispondere alle difficoltà rappresentate dalla riforma liturgica, dalla formazione dei seminaristi, dei monaci e dei religiosi e “dall'incontro con i musulmani” per “aiutarli a conoscere e capire un po' di più il nostro cristianesimo”. Per quanto riguarda i diversi riti, “sarebbero coinvolti i caldei, i siriaci, gli armeni, i copti, i maroniti e i melchiti”, tutti i riti praticati nell'area mediorientale. Il Sinodo - secondo il presule - potrebbe aiutare a trovare una nuova via per relazionarsi con i musulmani, promuovendo “un linguaggio nuovo, diverso da quello apologetico o polemico”. Infine mons. Sako esprime grande soddisfazione per i risultati delle elezioni provinciali irachene svoltesi il 31 gennaio in 10 delle 14 province irachene, che hanno visto sconfitti i partiti religiosi estremisti. (M.G.)

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    Mongolia: primi passi della Chiesa nel campo dell'istruzione

    ◊   “La creazione di un sistema educativo cattolico globale” è una delle priorità della Chiesa in Mongolia. A sostenerlo in un colloquio con l’Agenzia Fides è mons. Wenceslao Padilla, prefetto apostolico di Ulaanbataar. Per raggiungere questo obiettivo sarà quindi creato un istituto comprensivo, “che accompagni la crescita dei bambini dalla scuola primaria fino all’università”. “E’ un passo molto importante per la presenza della Chiesa in Mongolia – dice a Fides mons. Padilla – per diverse ragioni: prima di tutto perché l’istruzione cattolica contribuisce a quel cambiamento di mentalità necessario per il radicamento e la crescita della Chiesa in Mongolia; in secondo luogo, molti studenti, oggi costretti a recarsi all’estero per gli studi superiori, potrebbero restare in patria e continuare a dare un contributo alla comunità locale; infine questo processo potrà contribuire alla fioritura di vocazioni e dunque alla vita della Chiesa in Mongolia che, con i suoi circa 500 fedeli, è ancora molto dipendente dai missionari”. Al momento la Chiesa cattolica gestisce alcune scuole materne ed elementari, il percorso formativo superiore e accademico sarà dunque completato con la creazione dell’istituto comprensivo. Fra le congregazioni attive nell’opera di istruzione vi sono i Salesiani che in Mongolia gestiscono una scuola professionale a Ulaanbataar e hanno in programma di aprire una nuova scuola elementare. Mons. Padilla riferisce anche di un altro importante evento: il prossimo ingresso nel seminario di Daejeon (Corea del Sud), del primo aspirante sacerdote originario della Mongolia. Il giovane Enkh Baatar, 21 anni, laureatosi in Biotecnologia presso l’Università Internazionale di Ulaanbataar, ha compiuto il suo discernimento vocazionale grazie all’accompagnamento di mons. Padilla e altri sacerdoti della Congregazione dei Missionari di Scheut (Cicm), presenti nel Paese. Il 2 marzo entrerà formalmente nel Seminario Maggiore di Daejeon, prescelto per la vicinanza con la Mongolia e per la qualità dell’istruzione impartita. “Tutta la Chiesa in Mongolia spera che il giovane prosegua nei suoi studi, si fortifichi nel cammino di fede e possa giungere al sacerdozio. Sarebbe un passo storico per la missione della Chiesa locale, che attende con trepidazione il primo sacerdote mongolo della sua storia”, conclude mons. Padilla. (M.G.)

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    I vescovi di Taiwan rilanciano il ruolo dei laici nella Chiesa

    ◊   Nel 150.mo anniversario della sua evangelizzazione la Chiesa di Taiwan invita la comunità cattolica a guardare all’esempio di San Paolo. “Dobbiamo abbandonare la riva dove stiamo pescando in pace - affermano i vescovi dell'isola, citati da AsiaNews - e coraggiosamente portare le nostre barche verso le grandi onde imprevedibili, dove il mare è profondo, e gettare le nostre reti”. Nella lettera pastorale per il nuovo anno i presuli taiwanesi guardano anche con preoccupazione alle “inquietudini sociali” del Paese. I casi di corruzione, la litigiosità della classe politica e la crisi economica globale “hanno reso più profonda la miseria e la delusione del popolo”. Davanti a questa situazione affermano che “la riconciliazione con Dio, con la natura e tra le persone è il cammino che si deve percorrere”. Nella missiva si prende atto anche della crisi delle vocazioni e “del bisogno di consolazione” espresso dalla società, che richiedono al clero di assecondare l’impegno e la disponibilità dei laici: “ La Chiesa cattolica a Taiwan tende ad avere un’eccessiva dipendenza dalla gerarchia, dai preti e dalle suore. Ora è tempo che i laici emergano e offrano le loro personali competenze per servire la Chiesa”. Secondo i presuli l’impegno deve quindi esprimersi su diversi fronti. In primo luogo “entrare nel mondo di oggi, essere familiari con le gioie e le speranze della presente generazione, con le sue ansietà e preoccupazioni”. Per questo è necessario “essere creativi nel lavoro di evangelizzazione”. “I responsabili della Chiesa - affermano ancora i vescovi - non dovrebbero sottovalutare le suggestioni che giungono dai laici, ma accettarle, e usare i loro talenti per renderli partecipi nelle decisioni della Chiesa”. D’altro canto i laici devono “capire che la Chiesa è un fattore indispensabile nella loro vita”: solo allora potranno seguire San Paolo nel suo impeto missionario. Un secondo fattore decisivo nel futuro della Chiesa di Taiwan è un più profondo coinvolgimento delle comunità nelle attività sociali e nelle opere a favore delle giovani generazioni. Per i vescovi queste offrono anche l’occasione di “attrarre i non credenti ad impegnarsi o sostenere le opere caritative della Chiesa rivolte in particolare ai nuovi abitanti, ai lavoratori migranti, agli anziani, agli handicappati e agli emarginati”. Infine, ricordando le parole di Benedetto XVI, in occasione della recente visita ad limina compiuta dai vescovi a Roma, i presuli ripetono ai fedeli di Taiwan l’invito a “pregare costantemente per la Chiesa in Cina”. “Dobbiamo incoraggiare la moltitudine di laici della Cina continentale a vivere la nostra stessa esperienza”. La maggior libertà di movimento è per i vescovi un’occasione “per sostenere la formazione dei laici e dei consacrati in Cina, in modo che il loro rapporto con la Chiesa universale si intensifichi”. (M.G.)

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    I Carmelitani scalzi si preparano ad aprire una nuova fondazione nello Sri Lanka

    ◊   Il Definitorio generale dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi ha ricevuto il via libera da alcune province indiane per l’organizzazione di una nuova fondazione nello Sri Lanka. Nel Paese sono 50 le suore dell’Ordine, e con questa fondazione potranno dare maggior aiuto alla popolazione e promuovere le vocazioni locali. Il primo convento dell’Ordine dei Carmelitani è stato quello di Indigolla che nel 1966 venne soppresso dagli scontri tra i ribelli tamil e le forze governative. Oggi, come si legge sull'agenzia Zenit, sono tre i monasteri Carmelitani. Nella grande isola dell'Oceano Indiano i cristiani sono solo l'1,8% della popolazione. (F.C.)

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    Basilica ostiense: pellegrinaggio dell’Ordine di Malta e di 80 vescovi partecipanti ad un incontro della Comunità di Sant'Egidio

    ◊   Oltre seicento tra cavalieri e dame della Veneranda Lingua d’Italia del Sovrano Militare Ordine di Malta, guidati dal Gran Maestro Fra’ Mattew Festing, dai membri del Governo e del Sovrano Consiglio, sono venuti oggi, in abito da chiesa,  pellegrini dell’Anno Paolino alla Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. Spettacolare la processione che, formatasi nel quadriportico, ha attraversato la porta Paolina e tutta la navata centrale fino al transetto; qui all’altare della Confessione, eretto sopra il sepolcro dell’Apostolo, l’arciprete cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo ha presieduto la celebrazione dell’Eucaristia; concelebranti altri suoi confratelli fra cui il prelato, arcivescovo Angelo Acerbi, assistiti dai monaci dell’Abbazia benedettina di San Paolo. Nell’omelia il cardinale ha evocato le finalità che il Papa ha voluto imprimere alle celebrazioni per il bimillenario della nascita di San Paolo, in particolare quella ecumenica, ed esaltando la grandiosa sua opera di evangelizzatore, ha sottolineato la coincidenza con la liturgia del giorno che ha fatto memoria dei Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi, e per questo proclamati da Giovanni Paolo II “patroni d’Europa” e “precursori dell’ecumenismo”. Per tutti i membri dell’Ordine egli ha quindi invocato la loro protezione, e quella di San Paolo, grandi comunicatori della Parola di Dio per poterla vivere, assistiti dalla vergine Maria, “in ogni momento, in ascolto e nelle opere di carità”. Questa mattina si sono recati in pellegrinaggio alla Basilica di San Paolo fuori le Mura anche ottanta vescovi di ogni parte del mondo che partecipano a Roma all’incontro annuale della Comunità di Sant’Egidio. Guidati da un suo esponente, mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, sono stati accolti dal cardinale Cordero Lanza. (A cura di Graziano Motta)

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    Un successo il blog dei vescovi francesi sulla bioetica

    ◊   Un vero e proprio successo il blog dedicato alla bioetica messo in linea la scorsa settimana dai vescovi francesi. In soli dieci giorni il sito è stato consultato da 6 mila visitatori. Il blog ha anche registrato numerosi commenti e domande alle quali gli esperti hanno provveduto a rispondere. Molti, come riporta l’Agenzia Sir, gli attestati di ringraziamento per lo spazio aperto al dialogo. I navigatori si soffermano sul tema della sofferenza, dell’embrione malato, sul desiderio di avere un figlio, sulle cure palliative. Il blog – al sito www.bioethique.catholique.fr – propone ogni settimana una riflessione scritta da un esperto. Questa settimana, la nota è scritta da Véronique Margron, teologa, che si sofferma sul concetto di dignità umana e le sue “ambiguità” interpretative, relative per esempio alla eutanasia. I visitatori del blog possono interagire con l’esperta, porle considerazioni e domande. L’iniziativa è stata promossa dai vescovi francesi per dare un contributo “cristiano” al dibattito lanciato dagli “Stati Generali della bioetica” voluti dal presidente francese Sarkozy in vista della revisione dei testi legislativi in vigore. (F.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Mons. Marchetto: preoccupazione per le nuove misure sull'immigrazione in Italia

    ◊   Proseguono in Italia le polemiche per l’approvazione al Senato del disegno di legge sulla sicurezza che contiene, fra le altre, una norma che darebbe facoltà ai medici di denunciare i pazienti che siano immigrati irregolarmente. ‘Se i migranti si faranno prendere dalla paura della possibilità di una tale denuncia – sottolinea l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti - perderanno fiducia nei medici e potrebbero non rivolgersi più alle strutture del servizio sanitario nazionale’. Sulle possibili conseguenze di questo provvedimento ascoltiamo il presule al microfono di Fabio Colagrande:

    R - Le conseguenze possono essere gravi, oltre alla cosa in sé. Potrebbero svilupparsi strutture clandestine con effetti nefasti per la salute dei migranti stessi e di tutti gli italiani. Faccio due esempi: quelli del parto e della prostituzione, con possibile contagio di malattie gravi. Esami medici, per questi due esempi, senza considerarne altri, richiedono strutture specializzate e una fiducia totale nel medico. Sono cose gravi.

     
    D - Il ddl introduce il reato di immigrazione clandestina...

     
    R. - Criminalizzare l’immigrazione irregolare, metterla alla pari di reati comuni, vuol dire non riconoscere che in principio c’è un diritto all’emigrazione. Lo attesta la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. E, da parte ecclesiale, dobbiamo ricordare la Pacem in terris, secondo la quale ogni essere umano ha il diritto “quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse”, e lo dice anche il Concilio Ecumenico Vaticano II. So, naturalmente, che spetta allo Stato regolare i flussi migratori che ora, peraltro, sono misti perché composti da migranti economici, per così dire, e richiedenti asilo, che non possono essere trattati allo stesso modo. E ciò viene fatto in vista del bene comune di un certo Paese, che comprende pure l’aspetto sicurezza, ma nel contesto del bene comune universale. Tutto ciò deve far riflettere, anche considerando le situazioni di estrema necessità di molti migranti. La criminalizzazione non rispetta la dignità di queste persone che fuggono dai loro Paesi in cerca di una vita migliore, ma spesso spinti dalla fame e dalla disperazione. “Preferisco la morte piuttosto che il ritorno al Paese d’origine”, dice espressamente qualcuno. Le ronde, poi, di volontari civili, mi sembrano un’abdicazione dello Stato e non credo sia questa la strada per risolvere il problema migratorio, che del resto non è solo un problema, come attestato dal nostro Papa Benedetto XVI: è in effetti anche una sfida e un’opportunità.

     
    Gaza
    Potrebbe slittare la firma dell’accordo per la tregua a Gaza fra Israele e Hamas, prevista per domani. Lo ha detto il leader politico del movimento fondamentalista in esilio in Siria, Chaled Meshaal. Intanto sono 1.800 i palestinesi bloccati al valico di Rafah, chiuso dalle autorità egiziane proprio in attesa della definizione dell’intesa. Tra di loro anche 500 malati cronici che hanno bisogno di cure non disponibili negli ospedali di Gaza. Israele farà il punto sui colloqui questa sera in una riunione del gabinetto politico-militare.

    Israele: colloqui per la formazione del governo
    Sul versante interno dello Stato Ebraico partiranno mercoledì prossimo le consultazioni ufficiali per la formazione del nuovo governo. Proseguono le trattative informali condotte dal Likud di Nethanyiau, da un lato, e dal partito centrista Kadima della Livni dall’altro. L’Unione Europea vede con favore un esecutivo formato dai due partiti per evitare il coinvolgimento dell’estrema destra di Lieberman che potrebbe creare maggiori difficoltà sul percorso di pace tra israeliani e palestinesi.

    Zimbabwe
    Ancora tensioni nello Zimbabwe in concomitanza con il varo del nuovo governo di unità nazionale guidato dal leader dell’opposizione, Tsvangirai. Il giuramento della compagine, avvenuto ieri nella capitale Harare, è stato preceduto da disordini in seguito all’arresto del tesoriere del Movimento per il cambiamento democratico che avrebbe dovuto ricoprire un alto incarico nel ministero dell’Agricoltura. L’opposizione ha contestato le accuse di ‘alto tradimento’ avanzate dalle autorità giudiziarie, sostenendo che l’arresto ha invece motivazioni di natura politica. Smentito il fermo di un altro membro del partito, come annunciato in precedenza.

    Libano - anniversario morte Hariri
    Decine di migliaia di libanesi nel centro di Beirut per commemorare il quarto anniversario dell’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri. Secondo gli esperti, che guardano alle elezioni politiche di primavera, si tratta di un segnale importante per la coalizione partitica antisiriana e di una dimostrazione di forza nei confronti del movimento sciita di Hezbollah. Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha promesso che il tribunale speciale dell’Aja “scoprirà la verità” su quanto accaduto. Secondo la stampa araba un team di 32 membri della commissione di inchiesta dell’ONU si trova a Damasco, in Siria, proprio per ulteriori indagini prima dell’avvio del processo in programma il primo marzo.

    Attacco Usa in Pakistan
    In Pakistan sono almeno 27 i ribelli rimasti uccisi in un attacco missilistico condotto stamattina da un aereo americano senza pilota nella regione tribale del Waziristan, al confine con l’Afghanistan. Obiettivo dell’attacco la base di un leader dei talebani, ritenuto legato ad Al Qaeda e sospettato di essere coinvolto nell’assassinio dell'ex primo ministro pachistano Benazir Bhutto nel dicembre del 2007.

    Pakistan-Zardari
    Intanto il presidente pachistano Asif Ali Zardari ha ribadito il massimo impegno, compreso l’uso della forza, nella lotta contro i Talebani che – ha precisato – continuano ad avere un forte radicamento nel territorio e mirano al controllo dell’intero Paese. Proprio in queste ore l’India, assieme agli Stati Uniti, ha sollecitato il Pakistan a chiarire i retroscena degli attentati di Mumbai. La richiesta giunge all’indomani dell’ammissione di Islamabad che gli attacchi dello scorso novembre sono stati pianificati in parte nel proprio territorio.

    India
    E si è aggravato il bilancio delle vittime del treno deragliato ieri ad un centinaio di chilometri dalla capitale dello Stato indiano dell’Orissa. I morti sono 16. Circa 200 i feriti. Ancora da chiarire le cause dell’incidente che ha coinvolto 12 vagoni del treno espresso che collegava Calcutta e Madras.

    Attentato in Iran
    Quattro agenti della guardia di frontiera iraniana uccisi da una bomba esplosa vicino al confine con il Pakistan. Lo riferisce l’agenzia Mehr precisando che l’ordigno è stato azionato da un comando inviato dal territorio pachistano. L’attentato è avvenuto nei pressi della città di Saravan, proprio dove lo scorso anno un gruppo armato separatista sunnita rapì e uccise 16 poliziotti.

    Arabia Saudita
    Il re Abdallah d'Arabia Saudita ha nominato una donna come vice ministro dell’Educazione. Si tratta della prima rappresentante femminile nella storia ad entrare in un governo del Paese. Varati inoltre avvicendamenti alla guida dei ministeri della Pubblica Istruzione, della Giustizia, dell'Informazione e di altre Istituzioni come la Banca Centrale e la Corte Suprema.

    Spagna-Venezuela
    Il ministero degli Esteri spagnolo ha fatto sapere che convocherà “al più presto” l’ambasciatore venezuelano a Madrid per la vicenda dell’Eurodeputato del Partito Popolare espulso dal Venezuela. Secondo Caracas il politico ha definito ‘dittatore’ il presidente venezuelano Hugo Chavez.

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 45
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