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Sommario del 10/02/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Eluana: la speranza è più forte della morte. La riflessione di mons. Fisichella e di padre Lombardi
  • Il cordoglio del Papa per le vittime dei roghi in Australia
  • Nomine
  • Il cardinale Bertone: l'Ue sia più attenta all'Africa e alla Terra Santa
  • Convegno in Vaticano sull’evoluzione. Mons. Ravasi ribadisce la necessità del dialogo tra scienza e fede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Elezioni in Israele: favorito il Likud
  • L'Italia celebra la Giornata del ricordo delle vittime delle foibe
  • Il cardinale Martino in Togo per la presentazione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa
  • Chiesa e Società

  • Sri Lanka: la guerra non risparmia civili e religiosi
  • Burkina Faso: riunione della "Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel"
  • Padre Pizzaballa invita il futuro governo israeliano a non avere paura
  • Roma: veglia di preghiera e solidarietà per la Terra Santa
  • Appello dei vescovi maroniti per un nuovo clima politico in Libano
  • India: nuova iniziativa contro il fanatismo religioso
  • In India l’assistenza delle suore di Madre Teresa di Calcutta ai bambini disabili
  • Venezuela: domani Giornata di preghiera per la pace
  • Aperta in Colombia la plenaria della Conferenza episcopale
  • Ogni divisione impoverisce tutti i cristiani: così il cardinale Murphy O'Connor al Sinodo anglicano
  • Prosegue nelle Filippine la marcia di protesta dei contadini
  • Le vittime dimenticate della guerra in Congo
  • L'Angola attende la visita di Benedetto XVI
  • I vescovi statunitensi esortano il Congresso a difendere le leggi pro-vita
  • Dibattito in Polonia per un progetto di legge sulla bioetica
  • Bolivia: grave epidemia di febbre ‘dengue’
  • Romania: proteste per un disegno di legge contro la Chiesa greco-cattolica
  • Sud Corea: al via il primo corso di Dottrina sociale della Chiesa per universitari
  • Domani in India migliaia di pellegrini pregheranno per la vita
  • Taiwan: il vescovo di Hwalien accoglie un nuovo sacerdote dell’etnia Pai Wan
  • 24 Ore nel Mondo

  • Prove di dialogo Stati Uniti-Iran
  • Il Papa e la Santa Sede



    Eluana: la speranza è più forte della morte. La riflessione di mons. Fisichella e di padre Lombardi

    ◊   L’Italia si è svegliata stamani più sola, commossa e sgomenta per la morte di Eluana Englaro. Alle 19.35 di ieri sera il suo cuore ha cessato di battere in una stanza della clinica “La Quiete” di Udine, dove da quattro giorni le era stata sospesa l’alimentazione e l’idratazione. La morte della giovane donna, in stato vegetativo da 17 anni, è avvenuta mentre in Senato si discuteva su un disegno di legge volto proprio a salvarle la vita. Intanto, la Procura di Udine ha disposto per oggi l’autopsia. Sulla drammatica vicenda, Fabio Colagrande ha raccolto la riflessione del presidente della Pontificia Accademia per la Vita, l'arcivescovo Rino Fisichella:

    R. – Innanzitutto, che in questa lunga storia giudiziale – perché di questo si tratta – ci sono stati almeno sei gradi di giudizio che avevano dato un parere contrario, e quindi meraviglia molto che nelle ultime istanze, invece, in assenza di una legge si sia arrivati ad una sentenza di questo genere. Questo, evidentemente, nel cittadino lascia molte perplessità. Ci si domanda se, non essendoci una legge, non sia intervenuta allora una visione ideologica di spingere verso espressioni che evidentemente portano ad individuare la via dell’eutanasia come la soluzione più facile.

     
    D. – La storia di Eluana ha portato anche a radicali, forti divisioni anche nell’opinione pubblica italiana …

     
    R. – Guardi, questa è una vicenda che purtroppo ha avuto una presenza pubblica gigantesca. Credo che lo sbaglio iniziale sia stato proprio questo: sia stato quello di avere voluto una evidenza mediatica oltremisura. Non dimentichiamo che a Udine, nei giorni scorsi, erano presenti televisioni da tutto il mondo. Quindi, si è creato l’evento mediatico e inevitabilmente, lo si è creato per la contrapposizione di posizioni che in questo caso sono quanto mai evidenti. Questa contrapposizione non è servita e non servirà neanche nel futuro.

     
    D. – Come si è comportata la politica, rispetto a questa vicenda?

     
    R. – Già da diverso tempo il Parlamento sta lavorando per approdare ad una legge. C’è un grande lavoro, un grande lavoro che è arrivato momentaneamente ad un testo base che mi sembra un testo di grande equilibrio, perché raccoglie due istanze differenti: l’istanza di chi vuole che si arrivi ad una dichiarazione che consenta di non favorire un accanimento terapeutico e dall’altra, c’è un'istanza – che mi sembra altrettanto lecita, giusta e quanto mai fondamentale – di non considerare idratazione e alimentazione come una terapia. Se questo dibattito è scevro da soluzioni preconcette, potrà arrivare – io me lo auguro – ad una grande maggioranza che dia soprattutto un segno al Paese: il segno che quanti rappresentano i cittadini presso il Parlamento sono realmente capaci di ascolto e sono capaci di trovare soluzioni che mettono in disparte i conflitti e aumentano invece quel senso di serenità che è la condizione basilare perché ci sia una società che crei progresso.

     
    D. – Di fronte a questa vicenda, la Chiesa ha ovviamente continuato ad invocare il principio della difesa della vita dal suo concepimento fino alla sua morte naturale; c’è chi l’ha accusata anche questa volta di ingerenza …

     
    R. – Penso che la Chiesa abbia fatto quello che è conforme alla sua natura e alla sua missione. Noi portiamo la vita, noi siamo testimoni che la morte può essere vinta, perché noi crediamo che Gesù è risorto. Chiedere a noi qualche cosa di diverso, significherebbe non chiederci quello che noi siamo. Ma è inevitabile che in una società così complessa e così articolata e così differenziata ci siano sempre delle voci stonate. Io le prendo come voci stonate, niente di più e niente di meno. Come si può pensare che anche davanti a situazioni come quelle che abbiamo vissuto in questi giorni, non si possa arrivare a sostenere molto di più la pietà cristiana? Quella pietà che non dà la morte, ma quella pietà che fa vincere attraverso l’amore. Ma noi non possiamo dimenticare la grande testimonianza che, nel silenzio, fuori dal chiasso, ma nel silenzio reale di chi ama, di chi si prende cura, hanno offerto le suore della clinica dove Eluana Englaro è stata per tanti anni ospitata, curata, amata: perché non si deve pensare che questa è la testimonianza della Chiesa? E in una società democratica, in una società che sempre più vuole essere laica, perché impedire ai cattolici di far sentire la loro voce? Io rimango fortemente convinto che in una società dove dovesse essere emarginata la voce dei cattolici, si cadrebbe inevitabilmente nel baratro di non avere più un ideale, di non avere più una capacità di speranza. Debbo anche dire che non si può accusare la Chiesa di ingerenza a corrente alterna: un giorno lo diciamo e il giorno dopo, siccome ci sono prospettive che sono più favorevoli ad un’altra parte politica, allora non c’è ingerenza. Vede, fin dagli inizi della Chiesa, quando San Pietro scriveva ai primi cristiani e diceva loro: “Siate sempre pronti a dare ragione della speranza che c’è in voi”, aggiungeva subito: “Questo sia fatto con mitezza, con retta coscienza e con rispetto”. Sono tre condizioni che sono fondamentali nel nostro essere presenti nel mondo. Noi siamo nella condizione di dover dare la nostra testimonianza di speranza e di amore, ma lo vogliamo fare non gridando: perché non è mai detto che chi grida di più abbia ragione. Ecco, io credo che questo sia il nostro messaggio, questo abbiamo bisogno ancora oggi di ribadire, soprattutto in un contesto culturale in cui sembra venir meno il concetto stesso della vita e sembra che la società vada sempre di più verso un degrado, una non comprensione reale del valore della vita.

    All’indomani della morte di Eluana, il Senato ha approvato stamani la mozione della maggioranza sul fine vita, che esclude la possibilità di sospendere l'alimentazione e l'idratazione dei pazienti non in grado di provvedere a se stessi. Intanto, si moltiplicano le reazioni di fronte ad una vicenda che ha profondamente scosso l’opinione pubblica ed ha diviso il mondo della politica. Dolore ma non disperazione è il sentimento comune a chi, fino alla fine, si è battuto per la difesa della vita e della sua dignità. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La speranza è più forte della morte: lo sanno bene le Suore Misericordine che per 15 anni hanno curato con amore materno Eluana Englaro nella clinica Beato Luigi Talamoni di Lecco e che avevano chiesto al padre Beppino di lasciarla a loro, di lasciarla vivere. Da ieri, le religiose sono raccolte in preghiera ed oggi pomeriggio ricorderanno la loro Eluana con una Messa a cui prenderanno parte anche gli altri pazienti ospitati dalla struttura. Silenzio e preghiera. E raccoglimento, in un giorno di “grande dolore e sconcerto”, lo chiede oggi il cardinale Angelo Bagnasco. Il presidente della Cei, intervenuto in una trasmissione di Canale 5, ha ribadito che “l’eutanasia resta un grande vulnus per la storia del nostro popolo”. Ha quindi espresso l’auspicio che “il Signore illumini tutti quanti per fermare questa deriva davanti alla quale diventa evidente che una legge giusta è necessaria per impedire casi del genere”.

     
    Già ieri sera, i vescovi italiani, attraverso una nota, avevano espresso il proprio dolore per la morte di Eluana. Siamo affranti, si legge nel documento Cei, “ma non viene meno la speranza che nasce dalla fede”. Poco dopo la notizia della morte della donna, il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute aveva dichiarato all’Ansa: “Che il Signore l'accolga e perdoni chi l'ha portata a questo punto”. Dolore e tristezza viene espressa dai tanti movimenti che in questi giorni, con preghiere e iniziative spontanee, hanno chiesto che Eluana non fosse condotta alla morte. “I fatti parlano da soli e alimentano i più gravi sospetti'', ha commentato Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita augurandosi che almeno Eluana “non sia morta invano”.

     
    “Diciamo grazie ad Eluana – dichiara l’Associazione Papa Giovanni XXIII - per tutto il tempo che è stata con noi e sentiamo Eluana una martire dei tempi moderni, vittima di un accanimento contro la vita senza precedenti”. La morte della Englaro, sottolinea la Comunità di Sant’Egidio, è una “grave ferita alla coscienza e alla cultura della vita del Paese”. “Con Eluana muore la libertà di vivere": è invece il commento del Rinnovamento nello Spirito Santo. Dal canto suo, l’Azione Cattolica invoca il Signore affinché “illumini le menti di chi, da subito, è chiamato a colmare un vuoto legislativo ormai insopportabile”.

     
    Sulla morte di Eluana e gli insegnamenti che si possono trarre da questa dolorosa vicenda, si sofferma in questa nota il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

     
    Di fronte alla morte il credente si raccoglie in preghiera e affida a Dio l’anima di Eluana, una persona a cui abbiamo voluto bene e che negli ultimi mesi è diventata parte della nostra vita. Ora che Eluana è nella pace, ci auguriamo che la sua vicenda, dopo tante discussioni, sia motivo per tutti di riflessione pacata e di ricerca responsabile delle vie migliori per accompagnare nel dovuto rispetto del diritto alla vita, nell’amore e nella cura attenta le persone più deboli. Quelle che – come ricordava il Papa all’Angelus di domenica – non possono in alcun modo provvedere a se stesse, ma sono totalmente dipendenti dalle cure altrui. La morte di Eluana non può non lasciarci un’ombra di tristezza per le circostanze in cui è avvenuta, ma la morte fisica non è mai, per il cristiano, l’ultima parola. Anche in nome di Eluana continueremo, dunque, a cercare le vie più efficaci per servire la vita.

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    Il cordoglio del Papa per le vittime dei roghi in Australia

    ◊   Benedetto XVI ha inviato un messaggio di cordoglio alla governatrice generale dell'Australia, Quentin Bryce, per le vittime provocate dai roghi nello Stato di Victoria. Nel messaggio, il Papa assicura "la propria vicinanza e preghiera a tutte le persone colpite e raccomanda alla misericordia di Dio le vittime". Invoca quindi "sulle famiglie delle vittime e su tutti coloro che soffrono per la perdita delle loro proprietà e per la distruzione della terra la forza e la consolazione divina". Il Pontefice prega per tutti coloro che "si stanno prodigando per dare assistenza alle vittime del disastro e li incoraggia nei loro sforzi per portare sollievo e sostegno". Intanto il bilancio degli incendi è salito a 181 morti accertati, più 50 dispersi. Ma rimane un bilancio provvisorio. Ancora 25 grandi incendi sono fuori controllo nelle zone rurali nel sudest del Paese. L'inferno di fuoco, scoppiato sabato scorso, ha incenerito più di 30 mila ettari di territorio e intere cittadine sono state distrutte. Sono oltre 7 mila le persone che si sono registrate alla Croce Rossa per ricevere assistenza e alloggio in centri di ricovero. La polizia ha creato una speciale task-force di 25 detective per indagare su alcuni incendi provocati da piromani.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Chiang Mai (Thailandia), presentata da mons. Joseph Sangval Surasarang, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede il rev.do Francis Xavier Vira Arpondratana, del clero di Bangkok, direttore del Centro Catechetico diocesano e segretario della Commissione Episcopale per la Catechesi. Il rev.do Francis Xavier Vira Arpondratana è nato il 3 ottobre 1955 a Sam Saem, nell’arcidiocesi di Bangkok. E’ stato ordinato sacerdote il 7 giugno 1981.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Fenoarivo-Atsinanana (Madagascar) il rev.do Marcellin Randriamamonjy, del clero di Ambositra, già rettore del Seminario Maggiore Interdiocesano di Vohitsoa (Fianarantsoa). Il rev.do Marcellin Randriamamonjy è nato il 12 aprile 1963 a Sandrandahy, diocesi di Ambositra. E’ stato ordinato sacerdote il 30 agosto 1992.

    Il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Simla-Chandigarh (India) il rev.do Ignatius Loyola Mascarenhas, del clero di Delhi, rettore del Seminario Propedeutico Regionale a Kauli. Il rev.do Ignatius Loyola Mascarenhas è nato il 3 giugno 1949 a Delhi. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 17 dicembre 1977.

    Il Santo Padre ha nominato vicario apostolico di El Petén in Guatemala il padre salesiano Mario Fiandri, preside del Teologato Salesiano di Guatemala. Gli è stata assegnata la sede titolare vescovile di Madarsuma. Padre Mario Fiandri è nato l’8 dicembre 1947 ad Arborea (Oristano-Italia), nella diocesi di Oristano. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 10 agosto 1974 ad Arborea.

    Il Papa ha nominato ausiliare della diocesi di Daejon (Corea) il rev.do Augustinus Kim Jong Soo, rettore del Seminario Maggiore di Daejon, assegnandogli la sede titolare vescovile di Sufasar. Il rev.do Augustinus Kim Jong Soo è nato l’8 febbraio 1956, a Taehung-dong, Daejeon. E’ stato ordinato sacerdote il 13 febbraio 1989.

    Il Santo Padre ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Ranchi (India) mons. Binay Kandulna, del clero di Khunti, collaboratore presso la nunziatura apostolica di Nuova Delhi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Auzugera. Mons. Binay Kandulna è nato il 3 gennaio 1964 a Gondra, nell’allora arcidiocesi di Ranchi, e adesso nella diocesi di Khunti. E’ stato ordinato il 23 aprile 1994 ed è incardinato nella diocesi di Khunti.

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    Il cardinale Bertone: l'Ue sia più attenta all'Africa e alla Terra Santa

    ◊   Essere più partecipe delle esigenze degli altri continenti ed avere particolare attenzione per l’Africa e la Terra Santa: è quanto il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone chiede all’Unione Europea incoraggiando le istituzioni politiche ed economiche a mettere in questione consumismo e edonismo e a sostenere la vita e la famiglia. Il porporato ha affrontato i temi che stanno a cuore alla Chiesa a livello internazionale questa mattina, incontrando gli ambasciatori dell’Unione Europea nella sede dell'ambasciata della Repubblica Ceca presso la Santa Sede, ai quali ha ricordato che per avere società stabili e coese occorrono famiglie stabili. Il servizio di Tiziana Campisi:

    “Bisogna combattere la tentazione di stabilire contatti con i Paesi africani con l’esclusivo obiettivo di trarne il maggior profitto possibile”, vanno rispettati dignità e diritti inalienabili: questo si può fare per l’Africa, ha detto il cardinale Tarcisio Bertone parlando agli ambasciatori dell’Unione Europea. “Occorre aiutare la soluzione dei conflitti in corso – ha aggiunto – lottare contro le ingiustizie che li hanno provocati e soccorrere le masse di profughi e di sfollati che soffrono e destabilizzano quel continente”. La preoccupazione per l’Africa da parte della Chiesa Cattolica, ha spiegato il porporato “ha la sua fonte ispiratrice nella communio di fede, di speranza e di carità disegnata dal Vangelo”, per questo la Chiesa, nel condividere le sorti delle popolazioni africane, ritiene necessario aiutarle “a divenire sempre di più … soggetti e … protagonisti del proprio destino, nonché del proprio sviluppo culturale, civile, sociale ed economico”. Da qui l’incoraggiamento del cardinale Bertone ai Paesi europei, sulla scia di quanto scritto da Benedetto XVI al cancelliere tedesco Angela Merkel in occasione del G-8 del 2007, “a rispettare gli impegni commerciali in favore dell’Africa”; “a risolvere … i problemi del debito multilaterale di alcuni Paesi africani”; “ad aiutare la nascita di un’agricoltura che garantisca la sicurezza alimentare”; “ad investire nella sanità pubblica”; “a combattere il commercio di armi, il traffico illegale di materie prime, il riciclaggio di denaro sporco, la fuga di capitali, la corruzione di funzionari”. Ma ad interpellare l’Unione Europea è anche la realtà della Terra Santa, ha detto il cardinale Bertone, dove non vi saranno soluzioni durevoli e sostenibili prescindendo dall’ampio panorama medio-orientale. Per accostarsi alle problematiche di quell’area geografica, per il porporato, occorre rispettare aspirazioni ed interessi “legittimi di tutte le popolazioni coinvolte”, mentre “nella striscia di Gaza è … prioritario garantire l’accesso degli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile ed insistere perché le parti in causa non si abbandonino alla logica dello scontro e della violenza, ma seguano piuttosto la via del dialogo e del negoziato”. Quanto all’Europa il cardinale Bertone invita a far memoria delle difficoltà attraversate negli anni dai suoi diversi Paesi e delle conseguenze dei regimi comunisti, così come incoraggia all’ascolto e al rispetto di quelle popolazioni che ne sono state soggette allo scopo di affrontare sfide comuni. Infine il porporato ha raccomandato una maggiore attenzione per le famiglie, esortando a politiche che ne rispettino e salvaguardino i diritti. Sottolineando la stabilità che alle società deriva da coppie uomo-donna unite in matrimonio dove viene curata l’educazione dei figli, il cardinale Bertone ha concluso assicurando il contributo della Santa Sede a sostegno della vita e della famiglia.

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    Convegno in Vaticano sull’evoluzione. Mons. Ravasi ribadisce la necessità del dialogo tra scienza e fede

    ◊   “Evoluzione biologica: fatti e teorie”, questo il tema della Conferenza internazionale, che avrà luogo a Roma dal 3 al 7 marzo, organizzata dalla Pontificia Università Gregoriana, in collaborazione con l’Università statunitense Notre Dame, nello Stato dell’Indiana, nell’ambito del progetto STOQ-Scienza Teologia, e Questione ontologica. L’iniziativa sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, è stata presentata stamane in Sala Stampa vaticana, dal presidente del dicastero mons. Gianfranco Ravasi, insieme al prof. Marc Leclerc, ordinario di Filosofia della Natura alla Gregoriana, al prof. Giuseppe Tanzella Nitti, ordinario di Teologia Fondamentale alla Pontificia Università della Santa Croce e al prof. Saverio Forestiero, docente di Zoologia all’Università di Roma Tor Vergata. Scienziati di varie discipline e filosofi – credenti e non credenti - insieme a teologi saranno chiamati da tutto il mondo per confrontarsi sulle teorie evoluzioniste, a 150 anni dalla pubblicazione de “L’origine della specie” di Charles Darwin. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Un evento particolarmente importante nei rapporti tra scienza e fede”, ha sottolineato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa, offrendo la parola a mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che già nella fase preparatoria dei lavori, nei mesi scorsi, aveva chiarito che Bibbia e teorie evoluzioniste non sono a priori incompatibili. Ha ribadito oggi la necessità del dialogo che deve intercorrere tra scienza e fede:

     
    “E’, questa, un’esigenza che viene sempre più ribadita perché nessuno di questi due approcci è di sua natura capace di esaurire la complessità, la vastità di questo orizzonte che è il mistero-Uomo o il mistero-Universo”.

     
    Ha citato a sostegno di questa evidenza, mons. Ravasi, tre pensatori della statura di Nietzsche, Plank e Pensias, sostenitori in diverso modo della non inimicizia o contrasto e finanche della complementarità di religione e scienza, pure in sfere separate:

     
    “Ecco la prima grande esigenza di questo Convegno: la necessità di ristabilire ancora questo dialogo nella diversità”.

    Ma quando – si è chiesto l’arcivescovo Ravasi – si creano difficoltà nel dialogo? Quando si travalicano i confini e si creano confusioni:

    “Io vorrei ricordare soltanto il trapasso che l’evoluzione ha subito diventando evoluzionismo. La teoria scientifica da discutere secondo lo statuto scientifico si è trasformata progressivamente in un sistema ideologico interpretativo dell’intera realtà umana, passando oltre – perciò – il suo ambito specifico. Ed ecco, per esempio, il sorgere di quella assurdità, a mio avviso, che è il darwinismo sociale”.

     
    Ha spiegato mons. Ravasi che l’autore della Genesi non aveva lo scopo di dare risposte scientifiche:

     
    “Piuttosto, egli voleva rispondere ad un quesito teologico, usando naturalmente anche la strumentazione del suo tempo. Che senso ha l’Uomo nel cosmo e in se stesso? La sua non era, quindi, un’analisi né di paleoantropologia, di paleontologia, di astrofisica ma di filosofia e di teologia”.

     
    “La vera alternativa – ha concluso il presidente del Pontifico Consiglio della Cultura – non è quindi tra evoluzione e creazione”:

     
    “Sono due interpretazioni, due analisi della realtà da angolature diverse. Caso mai, se ci dev’essere tensione, discussione, dialettica, è tra due sistemi di pensiero. Ecco, quell’evoluzione che è diventata evoluzionismo o quella creazione – dottrina teologica – che è diventato creazionismo, cioè è diventato sistema di pensiero anche scientifico, in questo caso; o l’evoluzionismo che è diventato sistema di pensiero anche filosofico. Allora, in questo caso, ci può essere un eventuale non dico ‘scontro’, ma sicuramente una dialettica abbastanza severa”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “Di fronte alla morte”

    L’intervento del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, all’incontro degli ambasciatori dell’Unione europea

    Nell’informazione internazionale, in rilievo la crisi economica: il presidente Barack Obama chiede al Congresso di approvare in tempi brevi il piano di incentivi fiscali

    Un articolo di Leonardo Becchetti dal titolo “Un dialogo possibile tra Davos e Belém”

    Ottant’anni fa i Patti lateranensi: in cultura, Romeo Astorri ricorda la ricorrenza con un articolo dal titolo “Una firma per l’Italia pensando al mondo”. Sul tema, inoltre, alcuni stralci del discorso che Pio XI tenne l’11 febbraio 1929 all’episcopato per spiegare i Patti Lateranensi

    Una serie di testimonianze sulla firma dei Patti lateranensi tratte dagli epistolari di Giovanni Battista Montini, Alcide De Gasperi e Angelo Giuseppe Roncalli

    Un articolo di Marilena Amerise per la presentazione del convegno internazionale sull’evoluzione biologica promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura

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    Oggi in Primo Piano



    Elezioni in Israele: favorito il Likud

    ◊   Urne aperte in Israele, dove cinque milioni e 200mila elettori sono chiamati ad esprimersi per rinnovare la Knesset, il parlamento israeliano. In aumento l’affluenza nonostante il maltempo che flagella Gerusalemme e altre zone del Paese: alle 12 locali aveva votato 23,4% degli aventi diritto, l'1,7% in più rispetto alle elezioni del 2006. I sondaggi danno in vantaggio il Likud, la formazione conservatrice di Benyamin Netanyahu, subito dietro Kadima, partito moderato di Tzipi Livni. Preoccupa poi la probabile ascesa dell'esponente dell'ultradestra Avigdor Lieberman, leader del partito Yisrael Beitenou. Ma quali prospettive potrebbero aprirsi se queste previsioni venissero confermate dall’esito del voto? Marco Guerra lo ha chiesto a Camille Eid, esperto di questioni mediorientali del quotidiano "Avvenire":

    R. – E’ già scontato che nessun partito israeliano avrà la maggioranza assoluta e quindi dovrà ricorrere, nella promozione del nuovo governo israeliano, al sostegno di partiti religiosi o anche nazionalisti. I sondaggi danno il partito di Benjamin Netanyahu, il Likud, come a capo di questa formazione, ma dovrà ricorrere quindi all’appoggio di Shas, che è il partito religioso degli ebrei sefarditi, e soprattutto del partito Yisrael Beiteinu dell’estremista Avigdor Lieberman. E quindi le prospettive, soprattutto riguardanti la pace, o le trattative con gli arabi ed i palestinesi, in particolare, saranno un po’ pessimiste. Avremo le prime difficoltà con la formazione di un governo di destra e di destra nazionalista.

     
    D. – Secondo lei, quali fattori incideranno sulla scelta finale degli israeliani?

     
    R. – E’ un insieme di fattori. Se ha inciso l’operazione militare contro Gaza, ha anche inciso l’opinione di alcuni leader. L’elettore israeliano guarda anche alla politica economica del governo e le sue scelte sono un po’ l’insieme di diversi fattori, una risposta a quello che promettono di offrire questi candidati. La Livni, per esempio, fa alcune promesse riguardanti il futuro dello Stato d’Israele, e le trattative con Abu Mazen. Altri invece vengono votati perché promettono di mantenere le colonie. Se la maggioranza degli israeliani voterà per la destra, vorrà dire che hanno delle idee molto precise riguardo al futuro della pace.

     
    D. – Gli analisti prevedono una forte ascesa dell’ultra destra di Lieberman. Questo potrebbe rappresentare un pericolo per il processo di pace in Medio Oriente?

     
    R. – Secondo me sì, perché questi partiti minori saranno anche l’ago della bilancia e incideranno sulla politica del prossimo governo e soprattutto il partito di Lieberman. Questa ascesa è preoccupante, perché Lieberman, nell’attuale Knesset, aveva undici seggi e adesso le previsioni gliene danno 17 o 19, il che vuol dire che questo partito è il vero vincitore dell’elezione di oggi.

     
    D. – Al voto è chiamato anche più di un milione di arabi israeliani. Quali sono le propensioni di voto e gli auspici di questa forte comunità?

     
    R. – Gli arabi purtroppo non votano in maniera compatta: sono dispersi tra diverse liste arabe ed alcuni deputati arabi nell’attuale Knesset fanno parte di partiti addirittura ebraici - chi di Kadima, chi del partito laburista – e quindi il loro voto, nonostante la sua importanza, perché rappresentano comunque il 19, 20 per cento dell’elettorato israeliano, non potrà incidere in maniera forte come poteva essere se questo voto fosse stato compatto.

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    L'Italia celebra la Giornata del ricordo delle vittime delle foibe

    ◊   L'Italia “non può dimenticare le sofferenze, sino a una orribile morte inflitta a italiani assolutamente immuni da ogni colpa”. E’ quanto ha detto il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in occasione dell’odierna “Giornata del ricordo dei martiri delle foibe e degli esuli istriani, giuliani e dalmati”. Questo giorno – ha aggiunto – corrisponde “all'esigenza di un riconoscimento umano e istituzionale già per troppo tempo mancato e giustamente sollecitato”. In tutta Italia si sono ricordate le drammatiche pagine legate alle foibe e all’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia con manifestazioni, mostre, dibattiti e documentari. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Un giorno per non dimenticare la tragica morte di migliaia di uomini, donne, anziani e bambini gettati vivi dai partigiani di Tito nelle foibe, voragini carsiche tipiche soprattutto del territorio della Venezia Giulia e dell’Istria. Si ricordano stragi compiute per colpire quanti si opponevano all’annessione delle terre contese alla nuova Jugoslavia. La memoria di quella tragedia diventa soprattutto un monito da affidare ai giovani, come spiega al microfono di Fabio Colagrande, lo scrittore fiumano Franco Enrico Gaspardis:

    "Io mi rivolgo ai giovani che avranno la possibilità di documentarsi, però partendo da una base che non è una base storico-politica, ma è una base di vita, reale; mi riferisco ad episodi realmente accaduti e a fatti che nessuno può negare. Conta il fatto, la tragedia di migliaia di morti. Penso sia l’unica chiave per riuscire a portare avanti, nel tempo, il nostro discorso. Quando noi non ci saremo più, i giovani avranno ancora la curiosità di andare a cercare e ricorderanno".

     
    Si ricordano anche oltre 350.000 persone costrette all’esilio dalle terre natie di Istria, Fiume e Dalmazia per sfuggire alla repressione dei partigiani del maresciallo Tito. Molte famiglie furono divise e senza più una patria e un lavoro, si imbarcarono sulle navi abbandonando ogni certezza. Molti furono accolti nei campi profughi allestiti in un Paese, l’Italia, stremato dalla guerra. Le comunità italiane furono strappate a forza e cancellate quasi integralmente dai territori in cui erano storicamente insediati. E’ quanto sottolinea, al microfono di Fabio Colagrande, il presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Lucio Toth:

    "Una porzione d’Italia è stata staccata dal Paese al quale era stata unita nei secoli, terre dove vivevamo, insieme con altre popolazioni, sloveni verso nord e croati, anche serbi, verso sud. Certamente, terre segnate per millenni da una cultura italiana. Queste tracce sono state strappate violentemente al di là di quello che era necessario per un semplice passaggio di sovranità. L’obbligo forzato di abbandonare il Paese attraverso la violenza fisica, la pulizia etnica, non era mai successo".

    Nella prospettiva della memoria e della riconciliazione, assume un grande significato la Beatificazione a Trieste, lo scorso 4 ottobre, del sacerdote istriano don Francesco Bonifacio, ucciso in odio alla fede dai partigiani di Tito. Ancora Lucio Toth:

    "Furono abolite le feste dei nostri Santi, furono abolite le domeniche e fu vietato di amministrare i Sacramenti. Questa fu una delle ragioni dell’esodo, perché essere strappati completamente, anche dalle proprie tradizioni religiose, ha avuto un’importanza determinante. Don Francesco Bonifacio – morto nel settembre del ’46 – volle rimanere, amministrando i Sacramenti, nella sua piccola parrocchia, però i partigiani di Tito non volevano e dicevano che faceva attività rivoluzionaria".

    Il Parlamento italiano ha votato nel 2004 la legge che istituisce il 10 febbraio come “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare “la memoria della tragedia di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel Secondo dopoguerra”. E’ una data simbolica che rimanda al 10 febbraio 1947. Quel giorno fu ratificato il Trattato di pace che sanciva il passaggio alla Jugoslavia delle ex province italiane dell’Adriatico.

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    Il cardinale Martino in Togo per la presentazione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa

    ◊   Su invito della Conferenza dei vescovi del Togo, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, si è recato nella capitale togolese Lomè a presentare il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Giunto ieri, ha incontrato il presidente della Repubblica, il primo ministro e altre autorità politiche e civili. Stamani, la presentazione del Compendio davanti ad una folla numerosa. Ma cosa vuol dire portare la Dottrina sociale della Chiesa cattolica in Africa? Ecco la risposta del cardinale Renato Martino raggiunto telefonicamente a Lomè da Sergio Centofanti:

    R. – Credo sia la cosa più bella che si possa fare, perchè è veramente un continente in attesa di questa Parola, che serve allo sviluppo integrale di tutti i popoli africani. In particolare, la mia presenza qui in Togo è stata definita provvidenziale, perché proprio in questi giorni si sta aspettando la costituzione di una Commissione nazionale della riconciliazione. Ora, qui in Togo, dagli anni ’50, e poi anche dopo l’indipendenza del Paese, ci sono stati degli scontri etnici. Quindi, adesso, sia il presidente della Repubblica che tutti i ministri e i politici sono desiderosi di avviare definitivamente una riconciliazione. E questo è importante. Tutti si attendono un contributo importante da parte dei vescovi e della Chiesa cattolica in questo processo.

     
    D. – Qual è la situazione dell’Africa in questo grave momento di crisi economica mondiale?

     
    R. – Purtroppo, l’Africa soffre di riflesso questa crisi economica mondiale, provocata dalla sete del profitto. E questa crisi finanziaria, naturalmente - è stato rilevato - è stata provocata da fogli di carta. Quello che adesso soffrono i Paesi sviluppati si riflette necessariamente anche sull’Africa. La mia speranza è che i Paesi africani sappiano cominciare ad agire indipendentemente per il proprio sviluppo.

     
    D. – L’Africa aspetta quest’anno due importanti eventi: la visita del Papa in Camerun e Angola, e il Sinodo per l’Africa. Quali le speranze?

     
    R. – Questa visita del Papa in due Paesi dell’Africa sarà importante per tutti gli altri Paesi del continente, perché tutti staranno ad ascoltare. Quello che il Papa dirà in Angola e Camerun varrà per tutti gli altri Paesi dell'Africa e questo - sono sicuro - sarà un’ulteriore spinta per gli africani ad avere fiducia in loro stessi.

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    Chiesa e Società



    Sri Lanka: la guerra non risparmia civili e religiosi

    ◊   “La situazione nel Vanni è disperata. Circa 250mila civili del nord sono intrappolati in un’area molto piccola. Continuano i bombardamenti aerei e dell’artiglieria. Negli ultimi 10 giorni solo 8 camion di generi alimentari sono arrivati nel Vanni per sfamare centinaia di migliaia di persone”. Una fonte dell'agenzia AsiaNews, che chiede di rimanere anonima, descrive così la situazione degli sfollati nella regione a nord dello Sri Lanka dove esercito e Tigri tamil si combattono. L’area di Suthanthirapuram fa parte della zona di sicurezza allestita dal governo. “Lì - afferma la fonte - ci sono diversi sacerdoti e religiosi e centinaia di persone. Ma anche loro finiscono nel mirino dei militari. Ogni giorno molte persone rimangono uccise. Ieri una suora è rimasta ferita in un attacco. Al di fuori di quest’area, nella regione costiera di Mullaitivu ci sono 60mila persone e con loro 6 sacerdoti. Non essendo nella Safety zone sono esposti agli attacchi”. Il vescovo di Jaffna, mons. Thomas Saundranayagam, ha chiesto al governo di includere anche queste aree nella zona di sicurezza, ma fino ad oggi ciò non è avvenuto. Secondo la fonte di AsiaNews “l’esercito scoraggia in ogni modo la popolazione a rimanere fuori dalla Safety zone ed è per questo motivo – dice la fonte – che i militari hanno attaccato l’ospedale di Puthukudiyirrupu”. L’accusa, rilanciata anche da personale Onu, è stata respinta dal ministero di Colombo che ha incolpato i ribelli tamil. Il ministero della difesa ha dichiarato che fino a ieri oltre 6500 civili sono arrivati nelle zone di Visuamadu, Dharmapuram e Sugandirapuram liberate dalla presenza dei ribelli. Si tratta di 1317 famiglie e di 334 singoli, ma le forze di sicurezza nel Vanni affermano che sono molti i civili rimasti intrappolati nella giungla sotto gli attacchi dei ribelli tamil. (R.P.)

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    Burkina Faso: riunione della "Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel"

    ◊   Si riunisce oggi a Ouagadougou, in Burkina Faso, la “Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel” per la 27.ma sessione del suo Consiglio di Amministrazione, che si concluderà il 17 febbraio. L’organismo è affidato al Pontificio Consiglio “Cor Unum” ed è particolarmente preposto all’aiuto alle popolazioni di nove Paesi africani: Burkina Faso, Niger, Mali, Guinea Bissau, Capo Verde, Mauritania, Senegal, Gambia e Ciad. Nel corso della settimana i partecipanti riceveranno informazioni sulla situazione globale nei Paesi della regione e ascolteranno i rapporti dei rappresentanti di Cor Unum e di altri organismi ecclesiali. Verranno quindi esaminati i progetti principali del 2008 e illustrati quelli per il 2009 con i relativi bilanci. Momento culminante della sessione è la celebrazione - il 15 febbraio - del 25.mo anniversario della Fondazione, creata il 22 febbraio 1984 da Giovanni Paolo II dopo la visita pastorale nel Burkina Faso. In quella circostanza il Pontefice lanciava lo storico “Appello di Ouagadougou” (10 maggio 1980), subito raccolto dai cattolici tedeschi e, negli anni, dai fedeli di numerosi Paesi. Da quel momento molto è stato fatto per migliorare le condizioni di vita di quelle popolazioni, in particolare in termini di strutture per l’accesso all’acqua, di ripristino di terreni coltivabili, di possibilità di istruzione e formazione: un lungo cammino rimane tuttavia da percorrere per vincere la sfida della desertificazione e le sue conseguenze. Con l’iniziativa del Giubileo, gli organismi vaticani citati e gli episcopati locali, desiderano vivere e offrire un tempo di ringraziamento al Signore per il dono della Fondazione, fare memoria di Papa Wojtyla e promuovere una più ampia condivisione con lo spirito e le attività dell’istituzione per il Sahel, in sintonia con il tema centrale del Giubileo: “Con i più poveri per una promozione umana solidale”. A celebrare l’Eucaristia giubilare di domenica prossima, presso il Santuario mariano di Yagma, sarà il cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio “Cor Unum”; saranno presenti i Vescovi del Burkina Faso e delle diocesi confinanti, il capo dello Stato e autorità amministrative, gli ambasciatori dei Paesi della regione e alcuni destinatari del progetti della Fondazione. (M.V.)

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    Padre Pizzaballa invita il futuro governo israeliano a non avere paura

    ◊   Un governo che non ascolti solo le paure ma abbia il coraggio di pensare a lungo termine. E’ l’invito – raccolto dall’agenzia Sir – di padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terrasanta, in occasione delle elezioni che si svolgono oggi in Israele. “La società israeliana – ha detto - è sotto pressione e spaventata. Il problema della sicurezza emerge sempre”. Padre Pizzaballa ha auspicato che “la maggioranza moderata dell’elettorato non si faccia impressionare da possibili estremismi”. Per quanto riguarda Gaza, il francescano si è detto convinto che quello che è accaduto non peserà sulla consultazione visto che l’intervento era appoggiato dalla maggioranza dell’opinione pubblica. “Quale che sarà il risultato del voto – ha concluso – questo non dovrebbe influire sui rapporti con la Santa Sede e sulle questioni ancora aperte”. Dal canto suo, per il parroco di Gaza, padre Manuel Musallam, il voto di oggi in Israele, non cambierà le sorti del popolo palestinese, soprattutto per quelli che vivono nella Striscia. “Da anni – dichiara al Sir - sono in corso negoziati con Israele ma questo non è pronto ad applicare tutte le decisioni assunte nei vari trattati e incontri. Questo voto non dà nessuna speranza”. Speranza che i palestinesi, almeno a sentire padre Musallam, ripongono, invece, in “Barack Obama che ha parlato di due Stati. E’ una piccola luce nella notte palestinese – conclude - la pace è collegata alla giustizia. Se non ci sarà giustizia per i palestinesi questi non accetteranno la pace con Israele”. (B.C.)

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    Roma: veglia di preghiera e solidarietà per la Terra Santa

    ◊   “In un momento di così alta tensione e drammaticità” occorre dare una “testimonianza di vicinanza spirituale e caritativa verso le popolazioni cristiane di Terra Santa”. E’ quanto si legge nel comunicato della Luogotenenza per l’Italia centrale e Sardegna dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, nel quale si annuncia una veglia di preghiera e solidarietà per la Terra Santa. L’iniziativa si terrà sabato prossimo nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore e sarà presieduta dal cardinale John Patrick Foley, Gran Maestro dell’Ordine. La veglia – si legge nel documento ripreso dall’agenzia Zenit - sarà anche l’occasione “per una raccolta straordinaria di fondi che il patriarcato Latino di Gerusalemme destinerà ai bambini e alle famiglie cristiane che vivono nei Luoghi Santi”. L’Ordine del Santo Sepolcro trae le proprie origini dal sodalizio cristiano costituitosi presso la Chiesa del Santo Sepolcro in Gerusalemme subito dopo la conquista della Città Santa da parte dei crociati. Nel 1847, Papa Pio IX affidò all’Ordine il compito di provvedere al mantenimento delle attività del patriarcato. Lo Statuto ne ha mantenuta la finalità caritativa di assicurare un regolare appoggio di preghiere e opere alle comunità cristiane in Terra Santa. Con i contributi dei circa 24 mila cavalieri e dame sparsi in ogni angolo del mondo, l’ordine del Santo Sepolcro finanzia, in particolare, circa 45 scuole frequentate da oltre 19 mila ragazzi. (A.L.)

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    Appello dei vescovi maroniti per un nuovo clima politico in Libano

    ◊   Nel comunicato finale della loro riunione mensile, svoltasi lo scorso 4 febbraio a Bkerke, i vescovi maroniti hanno definito il clima politico in Libano “senza precedenti” pertanto è necessario che “tutte le persone interessate contribuiscano a creare un clima di leale cooperazione per salvare il Paese dallo stato deplorevole in cui si dimena”. “Speriamo – aggiungono i presuli – che la prossima tornata elettorale, la cui campagna è già in corso, possano condurre all’elezione di persone veramente rappresentative e che il criterio non sia l’acquisto o la vendita di voti e altri metodi di corruzione le cui conseguenze sul Paese sono assolutamente indesiderabili”. L’appello – riferisce il Sir – si chiude con il ricordo di san Marone, di cui ieri si è celebrata la ricorrenza, e con l’appello al digiuno quaresimale quale tempo di santificazione e di perdono. (B.C.)

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    India: nuova iniziativa contro il fanatismo religioso

    ◊   La lotta al fanatismo e all’odio religioso passa attraverso l’incontro e la conoscenza reciproca dei credenti delle varie fedi. È questa l’idea alla base di un’iniziativa promossa dall’arcidiocesi di Delhi, in India, nell’ambito delle celebrazioni del cinquantenario della sua erezione, avvenuta il 4 giugno 1959. A un incontro promosso in occasione della Giornata della Pace celebrata dalla Chiesa indiana lo scorso 30 gennaio, l’arcivescovo Vincent Concessao ha annunciato il lancio in tutti i quartieri della capitale di “circoli della pace”, in cui rappresentanti delle istituzioni, residenti locali e studenti delle scuole di tutte le appartenenze religiose, saranno invitati a confrontarsi sul tema della pace e a partecipare a seminari su come costruirla. “Stabilire una rete di rapporti tra la nostra comunità e le altre religioni è importante per fermare la diffusione della violenza e dell’odio religioso” in India, ha spiegato mons. Concessao a una platea di 200 persone, tra cui diversi musulmani e indù. L’organizzatore dell’iniziativa, padre James Toppo, responsabile della Commissione diocesana della Giustizia e della Pace, ha ricordato all’agenzia Ucan come le violenze settarie e gli atti terroristici siano spesso perpetrati in nome della religione. Per questo - ha detto - i credenti delle varie fedi hanno una responsabilità particolare nella costruzione della pace. La Giornata della pace viene celebrata dalla Chiesa indiana in concomitanza con la Giornata nazionale dei Martiri che ricorda l’assassinio del Mahatma Gandhi il 30 gennaio 1948 per mano di un fanatico indù. (L.Z.)

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    In India l’assistenza delle suore di Madre Teresa di Calcutta ai bambini disabili

    ◊   Dal 1976, le missionarie della Carità gestiscono una casa a Mumbay, fondata dalla Beata Teresa di Calcutta, nella quale sono ospitati oltre 100 bambini abbandonati o affetti da disabilità, con ritardi mentali, handicap fisici. In essa si offre assistenza anche ai malati di Aids e si garantisce una morte dignitosa ai moribondi, ripudiati dalla famiglia e senza un luogo in cui trovare rifugio. L’età degli ospiti varia dai 3 ai 15 anni. “Ognuno di loro è un tesoro, un dono e una benedizione” ha detto ad Asianews suor Infanta che racconta la quotidianità del centro, alla vigilia della Giornata mondiale del malato. “Ogni vita umana – aggiunge la religiosa - merita di essere vissuta” anche se non sembra rispondere ai criteri di utilità o “produttività” imposti dai modelli attuali. “Questi bambini – continua la suora – sono creati per amare ed essere amati. Sono una fonte unica di benedizione per noi, per la società e per il mondo intero”. “I portatori di handicap fisici e mentali – evidenzia – non sono dei vegetali, ma bambini con esigenze speciali: rispondono ai gesti di affetto, al contatto fisico, individui unici che sono in grado di comunicare”. (B.C.)

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    Venezuela: domani Giornata di preghiera per la pace

    ◊   Il Consiglio nazionale dei Laici del Venezuela, attraverso un comunicato ha denunciato “la situazione di conflittualità crescente nel Paese che si manifesta in una violenza spietata, non solo contro la vita delle persone ma perfino contro i valori religiosi e le istituzioni” e ha indetto per domani, 11 febbraio, una Giornata di Preghiera per la Pace. Nel Paese, a causa della forte polemica scaturita dalla indizione per domenica prossima del referendum sulla rielezione indefinita del Presidente e di altre cariche di Governo, il clima è diventato incandescente. Gruppi contrari al Governo, nelle ultime settimane hanno attaccato sedi di istituzioni politiche e religiose, tra cui la Nunziatura Apostolica, un gesto "che è innanzitutto, - affermano - un’offesa diretta al Santo Padre e a tutta la cattolicità”. Esprimono quindi il loro disaccordo circa “le costanti offese e minacce contro la Conferenza episcopale ed altri rappresentanti della Chiesa cattolica” e “la profanazione della Sinagoga Tiferet di Caracas e tutti gli attacchi recenti alla comunità ebraica, atteggiamenti antisemiti completamente sconosciuti fino ad ora in Venezuela”. Dopo aver precisato che “la religione è parte essenziale della cultura dei popoli”, i firmatari ricordano che “lo Stato ha il dovere di rispettare la libertà religiosa, che è un diritto fondamentale riconosciuto non solo nella nostra Costituzione ma in tutti gli strumenti internazionali sui diritti umani”. “Gli atti violenti non corrispondono all’opinione del venezuelano, di sua natura pacifico, tollerante ed accogliente”, continua il testo ripreso dall'agenzia Fides. Il Consiglio nazionale dei Laici invita quindi i cattolici e tutti i fratelli cristiani e di altre confessioni religiose e tutte le persone di buona volontà, ad una Giornata nazionale di Preghiera per la Pace in Venezuela, domani, 11 febbraio, festività di Nostra Signora di Lourdes. (R.P.)

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    Aperta in Colombia la plenaria della Conferenza episcopale

    ◊   “Il nostro dovere è illuminare con la luce del Vangelo affinché il nostro popolo cristiano possa essere fermento nella trasformazione del mondo ove si registrano cambiamenti rapidi e profondi”. Così, ieri, l’arcivescovo di Barranquilla mons. Rubén Salazar Gómez, presidente della Conferenza episcopale colombiana nella sua relazione di apertura dei lavori della 80.ma Assemblea plenaria che concluderà i suoi lavori venerdì prossimo. Secondo il presule i cattolici in Colombia sono “chiamati ad essere luce e sale, segno e strumento nel focolare, nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nell’intera società”. Durante l’assemblea - ha aggiunto mons. Rubén Salazar Gómez – verranno analizzati “fenomeni di ordine culturale, politico, economico e religioso in cui sono coinvolti i colombiani”. Alla luce della nostra fede - ha aggiunto – “vedremo come la Chiesa, oggi pellegrina in questa nazione, può essere con la massima chiarezza possibile e con forza, strumento dell’amore di Dio”. Riconoscendo che l’attuale realtà della Colombia è molto complessa e delicata, mons. Salazar Gómez ha precisato che verrà compiuto ogni sforzo possibile “per tentare di scoprire i meccanismi interni degli avvenimenti”. Così verranno individuate “le cause, le interdipendenze, i precedenti storici e le proiezioni future”. “Certamente – ha detto il presidente della Conferenza episcopale colombiana - non perderemo mai di vista che lo scopo e fine non è altro che l’essere umano, la persona, che è e sarà sempre il motivo ultimo delle nostre preoccupazioni”. Mons. Rubén Salazar Gómez ha anche ricordato che la Chiesa può dare un importante contributo per aiutare a superare la crisi del Paese, orientando con i suoi valori e principi la ricerca di soluzioni efficaci e adeguate”. Un contributo anche per percorrere “le strade che possono condurci a vivere come una nazione ove ciascuno possa prendere parte alla costruzione di una società più giusta e fraterna, raggiungendo così una pace solida e duratura, basata sulla verità dell’uomo, sulla sua dignità inalienabile e su suoi diritti inderogabili”. Le azioni e le parole della Chiesa - ha osservato il presule - “sono profondamente politiche se ciò si riferisce al bene comune, alla costruzione della cosa pubblica, al conseguimento dell’equità e della giustizia, al consolidamento delle istituzioni democratiche che configurano lo Stato sociale e di diritto”. E “al rinforzamento del dialogo e alla concertazione delle forze di una società tormentata dal conflitto sociale”. L’arcivescovo ha poi precisato che la politica nel suo senso ampio, non partitico e tanto meno ideologico, è una costante aspirazione a realizzare l’essere sociale di ciascuno. E’ dunque una costante tensione per cercare e realizzare nuove “forme di sviluppo capaci di garantire giustizia sociale reale, avvicinamento delle parti in conflitto, superamento di ciò che divide e separa e trovare ciò che unisce e fa diventare tutti veri fratelli”. La comunità ecclesiale non si configura né come partito politico né come organizzazione non-governativa. La Chiesa – ha concluso - sarà sempre “segno e strumento di salvezza”. (A cura di Lui Badilla)

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    Ogni divisione impoverisce tutti i cristiani: così il cardinale Murphy O'Connor al Sinodo anglicano

    ◊   Quali che siano le attuali difficoltà, il cammino ecumenico della Chiesa cattolica e della Chiesa anglicana deve continuare “verso una più piena comunione” in cui possano affrontare insieme le sfide poste dalla società secolarizzata del nostro tempo. Con questo forte auspicio, il cardinale Cormac Murphy O’Connor, arcivescovo di Westminster, è intervenuto ieri all’apertura dei lavori del Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra, che termineranno venerdì prossimo a Londra. Ricordando il percorso compiuto in questi decenni nella prima e nella seconda fase del lavoro della Commissione Internazionale Anglicano-Cattolica, il Primate cattolico inglese ha evidenziato che la piena comunione è e deve restare “l’obiettivo finale” di tale cammino, nonostante appaia oggi lontano, anche a causa delle attuali divisioni interne alla stessa Comunione anglicana. Divisioni - ha sottolineato - che “toccano tutti” e “non possono lasciare indifferenti i cattolici”. In questa delicata fase - ha quindi rilevato l’arcivescovo di Westminster - la natura del rapporto tra le due Chiese potrebbe essere definita come “una sorta di ecumenismo recettivo”. Tale approccio esprime “un ecumenismo spirituale che è il cuore stesso del movimento ecumenico: invece di puntare sulla convergenza dottrinale, che pure è fondamentale, esso promuove un dialogo vivo permettendo uno scambio di doni spirituali che ci arricchiscono reciprocamente” nella crescente consapevolezza della necessità “di affrontare insieme le sfide della nostra società sempre più secolarizzata”. “Ma la Chiesa come comunione – ha concluso il cardinale O'Connor - è anche una sfida alle nostre rispettive Chiese ad approfondire la loro comunione interna, nelle loro stesse strutture di autorità: chiama la Chiesa anglicana a consolidare queste strutture e a raggiungere quell’unità indispensabile per la vita e l’annuncio del Vangelo” e chiama "anche la Chiesa cattolica a riflettere molto più di quanto non sia stato fatto finora sul ruolo della diversità nella vita della Chiesa e su come dovrebbe essere esercitata l’autorità ai suoi vari livelli”. Oltre allo stato dei rapporti tra la Chiesa cattolica e la Chiesa d’Inghilterra, tra i principali temi del sinodo figurano il ministero della Chiesa anglicana e i rapporti con le altre Chiese. Si parlerà poi della crisi finanziaria e dell’impegno in ogni ambito sociale. Si discuterà anche delle diverse proposte di normative future, tra cui quella concernente l’ordinazione delle donne all’episcopato. Una proposta che, come è noto, ha aperto un aspro dibattito all’interno dell’intera Comunione anglicana. (L.Z.)

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    Prosegue nelle Filippine la marcia di protesta dei contadini

    ◊   Partita il 7 febbraio scorso, la marcia di 500 contadini non conosce soste. Chiedono la proroga della legge sulla riforma agraria (Carp), promulgata nel 1988 sotto la presidenza di Corazon Equino. La norma intendeva distribuire “tutti i terreni pubblici e le aree rurali” per far fronte alla situazione di estrema povertà nel Paese, oltre a sradicare una delle principali cause di rivolte sociali. Una legge che nella pratica ha arricchito i grandi latifondisti a discapito degli agricoltori. La norma doveva durare 10 anni ma la sua scarsa applicazione ha convinto i parlamentari a prolungarne di altri 10 anni la validità, sino al dicembre 2008. Come riporta Asianews, la Chiesa cattolica filippina ha preso posizione chiedendo al governo una proroga di altri 5 o 10 anni per garantire una ulteriore distribuzione di terre fra i poveri. Secondo gli ultimi dati, infatti, vi sono ancora 1,3 milioni di ettari di terra da assegnare di cui poco più di 440 mila a Mindanao. Un appello alla politica affinché ascolti le richieste degli agricoltori è arrivato da mons. Vicente Navarra, vescovo di Bacolod. Sulla stessa linea mons. Antonio Ledesma, arcivescovo di Cagayan de Oro, che ha ricordato come molti deputati siano anche latifondisti o parenti di grandi proprietari terrieri. (B.C.)

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    Le vittime dimenticate della guerra in Congo

    ◊   Sono più di 900 i morti nella Repubblica democratica del Congo da Natale ad oggi. E’ quanto denuncia l’agenzia Fides parlando di tragedia dimenticata. I massacri sono stati compiuti dall'armata dell'Esercito di Resistenza del Signore (LRA), un gruppo ugandese, formato soprattutto da bambini soldato arruolati dopo essere stati rapiti, che da tempo agisce non solo nel nord Uganda ma anche in Congo, Sud Sudan e nella Repubblica Centrafricana. A fine 2008 per cercare di sconfiggere le truppe della LRA, è stata avviata un'operazione militare congiunta da parte degli eserciti dell’Uganda, del Congo e del sud Sudan, operazione appoggiata anche dall'ONU e dagli Stati Uniti, ma questo intervento, come sottolinea ancora l’agenzia, è fallito. Per tutta risposta l'Esercito di Resistenza del Signore ha scatenato una violenta rappresaglia contro le innocenti popolazioni congolesi: interi villaggi sono stati saccheggiati e distrutti; famiglie intere massacrate: donne e bambini sono stati i primi a farne le spese. Intanto i 17 mila Caschi Blu della Missione delle Nazioni Unite in Congo sembrano essere solo degli spettatori dei massacri delle popolazioni che dovrebbero difendere. (F.C.)

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    L'Angola attende la visita di Benedetto XVI

    ◊   La visita di Benedetto XVI in Angola, nel marzo prossimo, sarà fonte di fede e privilegio per la società cattolica del Paese: è quanto ha affermato mons. Guimarães Kevano, vescovo della diocesi di Ondjiva sottolineando che il viaggio del Papa s’iscrive nei legami istituzionali tra il governo angolano e il Vaticano. “Il Santo Padre – ha detto il presule – verrà in Angola per stimolare e rafforzare i fedeli nella ricerca dell’amore del prossimo e nella fraternità e così anche per lasciare un messaggio di pace ai governanti del Paese nel percorso della riconciliazione e dell’unità nazionale”. Per il vescovo di Ondjiva le elezioni legislative del 5 settembre che si sono tenute nel Paese, sono state un esempio di democrazia in Africa e per il mondo, mettendo in rilievo un clima di pace, tranquillità e trasparenza per il benessere degli angolani. In tale contesto, ha proseguito il presule, Benedetto XVI verrà ad apportare la tranquillità spirituale, un messaggio di fraternità, di armonia e di pace nei cuori degli angolani, perché essi sappiano salvaguardare e valorizzare tutte le conquiste del Paese ed essere d’esempio per le nazioni africane e per il mondo. La visita del Papa in Angola prevede un breve soggiorno a Luanda, capitale del Paese, con una messa all’aperto con i giovani, un incontro con i movimenti cattolici di promozione della donna e un breve colloquio di cortesia con il presidente della repubblica José Eduardo dos Santos. E’ la seconda volta che un Papa visita l’Angola dopo il viaggio di Giovanni Paolo II nel 1992. (T.C.)

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    I vescovi statunitensi esortano il Congresso a difendere le leggi pro-vita

    ◊   L'appello è stato lanciato in una lettera scritta il 5 febbraio dal cardinale Justin Francis Rigali, presidente del Comitato episcopale per le Attività Pro-Vita. Il porporato ha sottolineato come uno dei primi punti dell'agenda del Congresso sia l'esame dei disegni di legge per lo stanziamento dei fondi per finanziare i programmi federali, e in questo contesto ha avvertito contro la rimozione delle clausole contro l'aborto. Il cardinale Rigali nella lettera riportata dall'Agenzia Zenit, ha sottolineato la mancanza di sostegno al Freedom of Choice Act, e ha poi commentato i nuovi provvedimenti che il governo vorrebbe prendere. Anche “i legislatori che non concordano sulla legalità dell'aborto saranno costretti dal Governo a sostenere o a partecipare all'aborto contro la propria volontà”. Il porporato ha quindi elencato molti emendamenti da difendere, una legislazione che spazia dall'evitare che le tasse degli americani finanzino gli aborti alla difesa dell'obiezione di coscienza da parte dei professionisti sanitari. “In una società che spesso sembra lacerata tra i valori della 'scelta' e della 'vita', è facile concordare sul fatto che dovremmo rendere onore alla coscienza delle donne incinte e dei professionisti sanitari che vogliono scegliere la vita”, ha dichiarato. “In una società che vuole ridurre gli aborti, non ha senso che il Governo costringa i suoi cittadini a finanziare e a promuovere l'aborto stesso” conclude il cardinale. (F.C.)

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    Dibattito in Polonia per un progetto di legge sulla bioetica

    ◊   Il lume della ragione e l'ardore del cuore per confermare il valore della vita umana e la dignità della persona. E’ l’auspicio espresso in una lettera scritta di recente dal Consiglio per la famiglia della Conferenza episcopale polacca (Kep) per la traduzione dell'istruzione Dignitatis personae. Una nota indirizzata ai politici affinché adottino leggi rispettando la persona. Come riporta il Sir, il partito Piattaforma Civica dovrebbe ultimare, entro la metà di febbraio, il progetto di legge sulla bioetica per procedere poi alla ratifica della convenzione sulla bioetica del Consiglio d'Europa. Il disegno di legge propone di consentire l'accesso alla procreazione in vitro solo alle coppie sposate, autorizza la creazione e l'impianto di non più di due embrioni, vieta la loro distruzione, prevedendo invece in alcuni casi la possibilità di adozione, e limita la crioconservazione solo a casi estremi. Inoltre, introduce il divieto di commercio o donazione degli embrioni, il divieto di commercio delle cellule germinali, vieta la messa a disposizione gratuita degli ovociti o degli spermatozoi, così come l'inseminazione con gli spermatozoi di un donatore esterno. La legge proibisce sia la clonazione sia l'utilizzo degli embrioni per scopi scientifici o terapeutici, nonché la creazione delle chimere e degli organismi ibridi. Nella legge, inoltre, vengono definiti i casi di accanimento terapeutico, dai quali vengono escluse le terapie di mantenimento in vita per mezzo della somministrazione dei liquidi e delle sostanze nutritive, e precisate le circostanze della stesura del testamento biologico. Il partito d’opposizione Legge e Giustizia ha presentato un altro progetto di legge che vieta la creazione degli embrioni ma tollera la fecondazione in vitro fin quando non sarà utilizzato tutto il materiale biologico esistente. Da settembre, infine, il parlamento polacco rimane in attesa di dibattere un disegno di legge predisposto dai gruppi di sinistra che prevede un rimborso, da parte del sistema sanitario nazionale, delle spese sostenute dalla coppia per la fecondazione in vitro. A tutt’oggi in Polonia il numero degli embrioni congelati è stimato dai 20 ai 55 mila. Per il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, bisogna sottolineare che “la fecondazione in vitro non è soltanto questione della scienza e della morale cattolica ma riguarda la stessa dignità della persona". “Il criterio principale di valutazione – ha aggiunto il porporato - non è la religione ma il rispetto della dignità della persona, il riconoscimento dei suoi diritti fondamentali, e tra questi del diritto alla vita e alla sua trasmissione in modo conforme alla dignità dell'uomo".(B.C.)

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    Bolivia: grave epidemia di febbre ‘dengue’

    ◊   Circa 10 le morti causate dalla malattia nella versione emorragica, la più grave, mentre continua a crescere vertiginosamente il numero dei contagiati dalla malattia classica; ormai sono più di 12 mila. Il dipartimento di Epidemiologia del ministero della Sanità – come reso noto dall’Agenzia Misna – fa sapere che dalla scorsa settimana sono stati segnalati ogni giorno a livello nazionale quasi un migliaio di nuovi casi. La situazione più grave si riscontra nella regione orientale di Santa Cruz dove si contano circa 976 casi. L’epidemia in corso è considerata la più grave dell’ultimo decennio e secondo stime del governo, nello spazio di una settimana e mezzo le persone colpite potrebbero essere più di 50 mila. Intanto nel Paese è in corso un’operazione di bonifica degli acquitrini e delle zone insalubri, luoghi ove si annidano le zanzare vettori del virus. (F.C.)

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    Romania: proteste per un disegno di legge contro la Chiesa greco-cattolica

    ◊   Costernazione per l’atto “chiaramente vessatorio" e "odiosamente discriminatorio" verso la Chiesa Romena greco-cattolica. E’ quanto si legge in un comunicato, pubblicato nei giorni scorsi, riferito al disegno di legge presentato a fine gennaio alla Commissione giuridica della Camera dei deputati del Parlamento romeno. “Tale disegno di legge - si legge nel comunicato - costituisce in merito ai diritti di proprietà, una definitiva ratifica del tragico decreto n. 358 del 1948, con cui il regime comunista privò la nostra Chiesa unita con Roma dei diritti di esistere, incamerandone tutti i beni mobili e immobili”. In un articolo è scritto, ad esempio, che “nelle località rurali dove esistono comunità parrocchiali di entrambe le confessioni, i beni sacri sono di proprietà del culto maggioritario". Di fronte a questo gesto, Lucian Muresan, arcivescovo maggiore, ha indirizzato una lettera alle autorità del Paese e anche ai vescovi italiani come alle ambasciate della Romania in Italia e presso la Santa Sede. Nel testo si legge che il disegno di legge è "infondato e ingiusto in uno Stato di diritto" e ne richiede di conseguenza il ritiro. Nel Paese domani si terrà – rende noto Zenit - una giornata di preghiera e digiuno. “Siamo consapevoli – ha detto mons. Virgil Bercea, vescovo dell’eparchia greco-cattolica di Oradea – di essere troppo piccoli per avere il potere di impedire che la legge venga approvata. La nostra forza è tutta nella preghiera, la nostra e di quanti vorranno sostenerci”. “Ci sono località - continua - dove si convive in buona armonia e dove sono stati restituiti dalla Chiesa ortodossa alla Chiesa greco-cattolica se non tutti i beni che le appartenevano, almeno tutti quelli di cui aveva bisogno”. (B.C.)

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    Sud Corea: al via il primo corso di Dottrina sociale della Chiesa per universitari

    ◊   In Corea del Sud ha preso il via nei giorni scorsi il primo corso di Dottrina sociale della Chiesa per studenti universitari. Ad organizzarlo è la Commissione Giustizia e Pace dell’arcidiocesi di Seoul, in collaborazione con la Federazione degli studenti universitari cattolici della capitale. Le lezioni, ospitate una volta alla settimana nella cattedrale Myeongdong, prevedono relazioni, documentari e discussioni di gruppo su vari temi di attualità sociale alla luce del Magistero della Chiesa. Si parlerà quindi di globalizzazione, diritti umani, commercio equo e solidale, rapporti di lavoro, bene comune, educazione, giustizia e disuguaglianze tra ricchi e poveri. È da 14 anni che la Commissione diocesana della Giustizia e della Pace tiene corsi sulla Dottrina sociale cattolica, ma è la prima volta che ne viene organizzato uno specificamente rivolto agli studenti, ha riferito all’agenzia Ucan il suo presidente padre Hugo Park Jung-woo. Rispetto al passato, i giovani sono meno interessati alle questioni sociali e pochi conoscono gli insegnamenti della Chiesa in questo campo, ha spiegato il sacerdote. L’obiettivo dell’iniziativa è dunque di sensibilizzarli su queste tematiche e spronarli a difendere attivamente il valore della dignità umana contro il materialismo imperante. “Il corso servirà a illustrare il punto di vista di Gesù, che è molto diverso da quello proposto dalla società”, ha detto da parte sua il cappellano universitario padre John Kim Kyoung-sik, esprimendo l’auspicio che esso possa stimolarli a diventare “il sale e la luce delle loro comunità”. (L.Z.)

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    Domani in India migliaia di pellegrini pregheranno per la vita

    ◊   In occasione della Giornata mondiale del malato, che si celebrerà domani, migliaia di pellegrini e fedeli pregheranno nella basilica di Nostra Signora della Salute a Velankanni, nello Stato indiano del Tamil Nadu, per chiedere il risanamento delle ferite provocate dalle violenze anticristiane in Orissa e dalla guerra in Sri Lanka. La Basilica, definita ‘Lourdes dell’Oriente’ e meta di pellegrinaggio per migliaia di fedeli di ogni ceto sociale e religione, è luogo e fonte di sollievo. “In questi giorni – ha detto all’agenzia Asianews padre Xavier, rettore della Basilica – decine di migliaia di persone hanno pregato ai piedi della Madre Santa”. “E’ commovente – ha aggiunto – vedere persone di tutte le fedi religiose inginocchiarsi e pregare con fede e devozione, certi che riceveranno conforto”. Verrà anche ribadito che “ogni forma di vita umana” è degna di essere vissuta. “Vi sono casi di persone – ha spiegato padre Xavier – che spingono a credere che si fa un buon servizio ‘mettendo fine alle sofferenze dei pazienti’ e privando forme di vita ‘in apparenza inutili’ del diritto a nascere”. “E una logica assolutamente falsa e diabolica – ha affermato il rettore della Basilica - perché ogni vita umana è preziosa”. Il santuario risale al 17.mo secolo e in questi ultimi anni è stata completata una profonda opera di restauro dopo lo tsunami del dicembre del 2004. (A.L.)

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    Taiwan: il vescovo di Hwalien accoglie un nuovo sacerdote dell’etnia Pai Wan

    ◊   La diocesi di Hwalien dell’isola di Taiwan ha iniziato l’anno 2009 con un evento che rimarrà nella storia della Chiesa locale, accogliendo un nuovo sacerdote, don Xie Hui Neng, che appartiene all’etnia di minoranza Pai Wan. Il vescovo della diocesi, mons. Philip Huang Zhao Ming, ha presieduto la solenne Eucaristia di accoglienza che è stata arricchita dai canti e dalle danze delle diverse etnie, 56 sacerdoti hanno concelebrato la Santa Messa. Infine - riferisce l'agenzia Fides - quando il nuovo sacerdote ha benedetto i fedeli, il vescovo stesso si è inginocchiato davanti a lui per ricevere la benedizione, suscitando negli oltre 2.800 partecipanti, una grande commozione per questo gesto di grande umiltà del Pastore. In tutta la celebrazione e nella festa si sono manifestati i segni che contraddistinguono la realtà diocesana, che è una convivenza amichevole di diverse etnie e di popolazioni indigene. Il vescovo ausiliare, mons. Johen B. Tseng, è il primo vescovo indigeno della comunità cattolica di Taiwan ed è l’attuale presidente della Commissione di pastorale indigena. Mons. Huang spesso sollecita la cura delle vocazioni considerando la particolare realtà diocesana. Il suo gesto di umiltà e anche di carità nei confronti del nuovo sacerdote ha incoraggiato tanti giovani presenti e i loro genitori. Secondo “Catholic Church Directory Taiwan 2004”, la diocesi di Hua Lien (Hwalien) fondata il 15 luglio 1963, conta oltre 56.000 fedeli, 2 Vescovi, 54 sacerdoti, 120 religiose, 45 parrocchie. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Prove di dialogo Stati Uniti-Iran

    ◊   Un Obama a tutto campo ieri nella prima conferenza stampa da presidente degli Stati Uniti, in cui ha voluto subito ripetere l'appello al Congresso perché voti il piano di stimolo per evitare una “catastrofe nazionale”. Sulla politica estera l’inquilino della Casa Bianca ha parlato della necessità di un miglior coordinamento in Afghanistan tra Usa e Paesi alleati. Obama ha anche sottolineato che Stati Uniti e Russia devono essere le prime a dare il buon esempio in tema di riduzione degli armamenti. Mano tesa infine all’Iran, dal quale Obama ha detto di aspettarsi aperture per avviare un tavolo diplomatico. E l'Iran raccoglie l’apertura di Obama, dicendosi disponibile ad un dialogo con gli Stati Uniti, a patto che si svolga nel rispetto reciproco. Lo ha dichiarato il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad nel corso delle celebrazioni per il 30.mo anniversario della rivoluzione islamica. Intanto, è giunta la conferma della candidatura di Mohammad Khatami alle prossime elezioni presidenziali di giugno. A Maria Grazia Enardu, docente di relazioni internazionali all’Università di Firenze ed esperta di Medio Oriente, Stefano Leszczinski ha chiesto quali siano le ragioni di questa "distensione" nelle relazioni tra Stati Uniti e Iran:

    R. – Ahmadinejad si sta ripresentando alle elezioni in un momento molto difficile. C’è una crisi economica dovuta alla caduta dei prezzi del petrolio; ci sono le difficoltà del programma nucleare. Ahmadinejad ha poi il problema di attrarre elettori delusi. La presenza di un forte concorrente come Mohammed Khatami, che è stato presidente della Repubblica prima di lui e per ben due mandati, è un ulteriore elemento che suggerisce ad Ahmadinejad di rifarsi un 'look elettorale' perché altrimenti rischia di essere in grandissime difficoltà.

     
    D. – Un Paese molto giovane, l’Iran, con una popolazione studentesca molto istruita; la situazione come potrebbe cambiare, se questa popolazione giovane andasse effettivamente in massa al voto in giugno?

     
    R. – Si dà addirittura Khatami vincente due a uno su Ahmadinejad, se c’è un’alta partecipazione al voto. L’altra volta per Ahmadinejad ci fu un forte astensionismo di tutti quei ragazzi che non si riconoscevano nei candidati che i guardiani del Consiglio della rivoluzione avevano ammesso alle elezioni.

     
    D. – L’Iran è un Paese strategico in tutto il Medio Oriente: di qui l’interesse degli Stati Uniti ad un rapporto diretto …

     
    R. – L’Iran è un Paese importantissimo, strategico ed è potenzialmente un forte elemento di stabilità, perché è uno Stato sciita in un mare sunnita. E' un Paese che, nell’ultimo secolo, non ha mai fatto una guerra ma le ha sempre subite …

     
    Iraq
    Quattro soldati statunitensi e un interprete sono rimasti uccisi in un attentato a Mossul, nel nord dell'Iraq. Un kamikaze a bordo di un’autobomba si è fatto esplodere al passaggio del convoglio americano. Intanto, sul fronte diplomatico si registra la visita a sorpresa a Baghdad del presidente francese, Nicolas Sarkozy, che è stato ricevuto dal suo omologo iracheno, Jalal Talabani. Secondo una nota dell’Eliseo, il presidente francese intende esprimere la vicinanza all’Iraq e l'appoggio per i suoi sforzi in direzione della riconciliazione nazionale.

    Afghanistan
    Due soldati della Nato sono rimasti uccisi e uno ferito per l'esplosione di una bomba in un provincia orientale dell'Afghanistan. Non si conosce la nazionalità dei soldati, ma testimoni affermano che nelle vicinanze c’è una base americana. Il presidente Barack Obama tornando a parlare delle truppe in Afghanistan ha detto che per il successo serve un miglior coordinamento con gli alleati dell'America. Obama non ha voluto porre scadenze alla presenza americana nel Paese.

    Sri LankaFonti dell'esercito dello Sri Lanka hanno reso noto che ribelli delle Tigri Tamil hanno ucciso almeno 19 persone. Si tratta di civili assassinati mentre tentavano di lasciare le zone ancora controllate dai ribelli. Oltre alle vittime, ci sono 75 feriti soccorsi dai militari. Intanto continua l’esodo ininterrotto: oggi oltre mille persone hanno lasciato la zona controllata dalle tigri.

    Filippine
    Continuano nelle Filippine gli scontri tra il gruppo di integralisti islamici responsabile del rapimento degli operatori della Croce Rossa e la polizia. Questa mattina due ribelli sono rimasti uccisi. La polizia conferma che le operazioni per la liberazione dei tre ostaggi stanno andando avanti. Gli ostaggi starebbero bene e si troverebbero in un'area distante da quella in cui sono avvenuti gli scontri. Nessuna conferma su una richiesta di riscatto da parte dei rapitori. Una fonte ha comunque riferito che i sequestratori sarebbero disposti a liberare gli operatori in cambio di una serie di progetti umanitari nei villaggi poveri musulmani nel sud del Paese.

    India
    Al Qaeda minaccia l'India. Se New Delhi dovesse attaccare il Pakistan subirà attentati simili a quelli del novembre scorso a Mumbai. In un video ricevuto dalla BBC, il comandante di Al Qaeda in Afghanistan, Mustafa Abu al-Yazid, minaccia: l'India “deve sapere che pagherà un alto prezzo se attaccherà il Pakistan; colpiremo i loro centri economici e li raderemo al suolo”. Intanto il Pakistan ritarda la consegna del dossier delle indagini per gli attacchi del a Mumbai.

    Zimbabwe
    E’ il segretario generale del Movimento per il cambiamento democratico, partito del premier Morgan Tsvangirai, il ministro delle Finanze nel nuovo governo di unità nazionale dello Zimbabwe. Si tratta di Tendai Biti che proprio con Tsvangirai ha posto la stabilità economica del Paese come obiettivo dell’esecutivo, nato sulla base della spartizione del potere col presidente Mugabe. Sul futuro del nuovo governo, che è stato presentato oggi e che giurerà venerdì, rimangono però delle incognite, come fa notare la professoressa Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, intervistata da Giada Aquilino:

    R. – Questo accordo, pur mettendo fine ad una crisi politica difficile e dalle conseguenze dolorose, tuttavia non rispetta la volontà espressa dai cittadini dello Zimbabwe, quasi un anno fa, a marzo, quando con le elezioni generali hanno per la prima volta dato la maggioranza ai partiti dell’opposizione. soprattutto, hanno revocato la fiducia al presidente in carica, Robert Mugabe. Con questa soluzione non si rimuovono le cause principali. C’è un governo che negli anni scorsi ha adottato politiche economiche disastrose e che rimane, pur nella condivisione del potere con l’opposizione, in mano al presidente in carica, Robert Mugabe, e ai suoi ministri.

     
    D. – Alla profonda crisi economica si è aggiunta anche l’emergenza colera. Perché lo Zimbabwe stenta a ripartire?

     
    R. – Nel 2000 sono stati adottati dei provvedimenti economici che hanno stanzialmente distrutto la principale industria del Paese, che era quella agricola. Centinaia di fattorie che producevano per il mercato ed esportavano prodotti agricoli, sono state confiscate. Al momento, in parte, sono del tutto incolte e, in parte, sono state ridistribuite affidandole a famiglie che, per le condizioni economiche in cui versano, le usano per l’autoconsumo.

     
    D. – Da dove si deve ricominciare ora?

     
    R. – Da un programma economico serio e dettagliato, che non si limiti alla richiesta di aiuti internazionali. La ripresa economica del Paese dipende da iniziative, da riforme strutturali che riportino il Paese alla situazione di 15, 20 anni fa, quando appunto era un esempio, un modello di sviluppo e di crescita economica e sociale. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Francesca Ciacci)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 41

     
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