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Sommario del 27/12/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa all'Angelus a sostenere la famiglia, icona di Dio. La preghiera per le famiglie in difficoltà
  • Un milione di persone a Madrid per la Festa della Santa Famiglia
  • "Nessuno sia emarginato e abbandonato": così il Papa a pranzo alla mensa dei poveri della Comunità di Sant'Egidio
  • Buone le condizioni del cardinale Etchegaray operato per la frattura del femore
  • Oggi in Primo Piano

  • Riparte lo sfruttamento del petrolio in Iraq: le speranze della popolazione
  • La Chiesa di fronte alle critiche della società contemporanea: intervista con mons. Ravasi
  • Anno Sacerdotale: la testimonianza di un sacerdote salesiano
  • Festa della Santa Famiglia: la riflessione di padre Piergiordano Cabra
  • Chiesa e Società

  • Venezuela: il cordoglio del Papa per la morte dell'ex presidente Caldera
  • Regno Unito: intervento della Chiesa sull'educazione sessuale a scuola
  • L'Unione Cattolica della Stampa esorta i media a servire l'umanità
  • Filippine: a febbraio, pellegrinaggio organizzato dalla Comunità di Taizé
  • Al via le giornate di riflessione al monastero di Camaldoli
  • Tanzania: nel 2010 la costruzione dell’Università cattolica di agraria
  • Compie 30 anni la Bibbia del Fanciullo promossa da Aiuto alla Chiesa che Soffre
  • Indetto un concorso europeo sui diritti dei bambini
  • È morto il teologo belga Edward Schillebeeckx
  • Addio a Carlo Sgorlon, cantore del Friuli: martedì i funerali
  • 24 Ore nel Mondo

  • Scontri a Teheran. L'opposizione: morti 4 manifestanti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa all'Angelus a sostenere la famiglia, icona di Dio. La preghiera per le famiglie in difficoltà

    ◊   Nella Festa della Santa Famiglia il Papa all’Angelus, di fronte a migliaia di pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, ha lanciato un nuovo appello a sostenere e promuovere la famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Ha ribadito che i figli sono dono di Dio e non possesso dei genitori e ha rivolto una speciale preghiera per le famiglie in difficoltà. Quindi, in collegamento video, ha salutato i partecipanti alla festa della Santa Famiglia a Madrid. Il servizio di Sergio Centofanti.

     
    Il Papa invita a contemplare la scena dei pastori che nella Grotta di Betlemme si trovano “di fronte non solo il Bambino Gesù, ma una piccola famiglia: mamma, papà e figlio appena nato. Dio – ha sottolineato - ha voluto rivelarsi nascendo in una famiglia umana, e perciò la famiglia umana è diventata icona di Dio!”:

     
    “Dio è Trinità, è comunione d’amore, e la famiglia ne è, in tutta la differenza tra il mistero divino e la sua creatura umana, una espressione che riflette il mistero insondabile del Dio-Amore. L’uomo e la donna, creati ad immagine di Dio, diventano nel matrimonio ‘un’unica carne’ (Gen 2,24), cioè una comunione di amore che genera nuova vita. La famiglia umana, in un certo senso, è icona della Trinità per l’amore interpersonale e per la fecondità dell'amore”.

     
    Commenta quindi il Vangelo odierno di Gesù dodicenne che rimane nel Tempio, a Gerusalemme, all’insaputa dei suoi genitori. Alla Madre che gli chiede spiegazioni, Gesù risponde che deve occuparsi delle cose del Padre suo:

     
    “Domandiamoci: da chi aveva appreso Gesù l’amore per le ‘cose’ del Padre suo? Certamente, come Figlio, ha avuto un'intima conoscenza di Dio, una profonda relazione personale, permanente, con suo Padre, ma nella sua cultura concreta ha certamente imparato le preghiere, l'amore del Tempio e delle istituzioni d'Israele dai suoi genitori. Dunque, possiamo affermare che la decisione di Gesù di rimanere nel Tempio era soprattutto frutto della sua intima relazione col Padre ma anche frutto dell’educazione ricevuta da Maria e da Giuseppe”.

     
    “Qui – ha proseguito il Papa - possiamo intravedere il senso autentico dell’educazione cristiana” come “frutto di una collaborazione sempre da ricercare tra gli educatori e Dio”:

     
    “La famiglia cristiana è consapevole che i figli sono dono e progetto di Dio. Pertanto, non li può considerare come proprio possesso, ma, servendo in essi il disegno di Dio, è chiamata ad educarli alla libertà più grande, che è proprio quella di dire ‘sì’ a Dio per fare la sua volontà. Di questo ‘sì’ la Vergine Maria è l’esempio perfetto. A lei affidiamo tutte le famiglie, pregando in particolare per la loro preziosa missione educativa”.

     
    Il Papa ha poi rivolto in spagnolo un particolare saluto – in collegamento video - ai partecipanti alla festa della Santa Famiglia a Madrid:

     
    “Dios, habiendo venido al mundo en el seno de una familia, manifiesta...
    Dio essendo venuto al mondo nel seno di una famiglia, mostra che questa istituzione è un cammino sicuro per incontrarlo e conoscerlo ... Quindi uno dei più importanti servizi che noi cristiani possiamo rendere agli altri è offrire la nostra testimonianza, serena e ferma, della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, salvaguardandolo e promuovendolo, essendo tale istituzione di somma importanza per il presente e il futuro dell’umanità. In effetti, la famiglia è la migliore scuola nella quale si impara a vivere quei valori che danno dignità alla persona e fanno grandi i popoli. In essa, inoltre, si condividono i dolori e le gioie, sentendosi tutti avvolti dall’amore che regna in casa per il solo fatto di essere membri della stessa famiglia. Chiedo a Dio che nei vostri focolari si respiri sempre questo amore di totale dedizione e fedeltà che Gesù ha portato nel mondo con la sua nascita, alimentandolo e rafforzandolo con la preghiera quotidiana, la pratica costante delle virtù, la reciproca comprensione e il mutuo rispetto”.

     
    Infine, il Papa si è rivolto ai pellegrini italiani riuniti in Piazza San Pietro:

     
    “In questa domenica della Santa Famiglia rivolgo un caloroso saluto a tutte le famiglie di Roma e d’Italia, con una preghiera speciale per quelle che attraversano maggiori difficoltà. Il Signore vi benedica!”

     
    (Applausi)

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    Un milione di persone a Madrid per la Festa della Santa Famiglia

    ◊   La Festa della Santa Famiglia a Madrid, promossa nella Plaza de Lima dall'arcidiocesi della capitale spagnola, ha visto la partecipazione di circa un milione di persone. Da Madrid il servizio di Roberto Piermarini:

    Il futuro dell’umanità passa per la famiglia cristiana – aveva detto, in questa Piazza nel 1982, Giovanni Paolo II, nel corso della sua visita a Madrid – e ricordando questa frase, che ha fatto da sfondo all’incontro, il cardinale vicario Agostino Vallini, che ha portato ai presenti il saluto di Benedetto XVI, ha sottolineato che “la famiglia in Europa non si può relegare nella sfera privata, ma è un fatto pubblico. Davanti alla crisi della famiglia e alle istituzioni pseudo familiari – ha detto il cardinale Vallini – vogliamo annunciare l’amore di Cristo”.

     
    La celebrazione è stata preceduta da una serie di testimonianze e dai saluti del presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il cardinale Ennio Antonelli, dal presidente del Pontificio Consiglio per i laici, il cardinale Stanislaw Rylko, dal presidente dei vescovi polacchi, mons. Józef Michalik, dal cardinale Josef Cordes, presidente di Cor Unum, e dall’arcivescovo di Berlino, il cardinale Georg Sterzinsky.

     
    L’iniziatore del Cammino Neocatecumenale Kiko Argüello, che è stato uno dei promotori dell’incontro, insieme all’arcidiocesi di Madrid, ha detto che “solo la famiglia cristiana può salvare l’Europa”. Il cardinale di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela, ha celebrato con numerosi vescovi e cardinali spagnoli su un grande palco, sovrastato da una gigantesca croce bianca. Ai lati, la statua della Vergine dell'Almudena e la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà qui a Madrid nel 2011.

     
    All’omelia, il cardinale Rouco Varela ha ricordato il dono immenso della famiglia cristiana: “altri modelli entrano nella mentalità corrente – ha detto – ma sono incapaci di risolvere i fallimenti della famiglia. Solo nella famiglia cristiana, immagine della Famiglia di Nazareth, i bambini, gli ammalati, i disabili, riscoprono il dono della vita”. “In questo senso – ha proseguito il cardinale Rouco Varela – gli Stati sono chiamati a difendere l’istituzione del matrimonio. Il panorama della famiglia in Europa ci preoccupa, perché è sempre più attaccata dalla facilità di divorzi, dalle politiche contro la natalità. “Voi famiglie qui presenti – ha detto l’arcivescovo di Madrid – siete il santuario della società. Senza di voi l’Europa rimarrebbe senza figli e senza un futuro di amore”.

     
    Nonostante il freddo intenso per questo incontro sono giunte famiglie da tutta Europa, fra le più numerose quelle spagnole e circa 10 mila dall’Italia, per lo più del Cammino Neocatecumenale; ma anche di diverse diocesi francesi, tedesche, polacche. Il messaggio di Madrid non è stato solo per la famiglia della Spagna, laboratorio di numerosi strappi legislativi in contrasto alla famiglia tradizionale, ma è stata una risposta solida e decisa da parte della famiglia europea, affinché attraverso una natalità generosa possa mantenere la civiltà cristiana, che ha dato senso ai popoli del continente.

     
    E ascoltiamo alcune voci raccolte a Madrid da Roberto Piermarini. Iniziamo con il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia:

    R. – Io vedo la famiglia come la cellula vitale del popolo di Dio, della Chiesa e dei popoli dell’Europa. Questo è, quindi, secondo me, un avvenimento di speranza sia per la Chiesa, sia per l’Europa stessa. Certamente si tratta di una speranza fondata sulla presenza del Signore, che si vede anche nella vicinanza, nella partecipazione di tante famiglie, spesso generosissime e con tanti figli. Qui si vede che la vita e la gioia di vivere esplode da tutte le parti e in questo mondo piuttosto invecchiato vediamo rifiorire la primavera.

     
    D. - Giovanni Paolo II ha detto che il futuro dell’Europa ed anche dell’umanità passa per la famiglia…

     
    R. – E’ profondamente vero. Io credo che anche un’analisi molto sociologica e molto obiettiva della situazione dell’Europa di oggi non può che portare a queste conclusioni: o nell’Europa ci sarà una ripresa dell’unità della famiglia, della missione procreativa della famiglia, della missione educativa e quindi un nuovo slancio di speranza, di coesione per lo sviluppo stesso dell’Europa, e non solo dello sviluppo economico ma dello sviluppo integrale, questo patrimonio immenso e glorioso di civiltà e di fede di cui l’Europa è portatrice e che ha donato al mondo, o sarà triste vederla inaridire, vederla diventare un deserto. L’Europa ha bisogno – secondo me – di una scossa, di una presa di coscienza con la grazia di Dio.

     
    D. – Abbiamo con noi il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici: è un’anticipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù questa Giornata della Famiglia di Madrid?

     
    R. – Penso di sì. Tra la gioventù e la famiglia c’è uno stretto legame: i giovani nascono e crescono nelle famiglie e proprio oggi, anticipando per così dire – la Giornata Mondiale della Gioventù del 2011, preghiamo per le famiglie affinché siano veramente chiese domestiche, che sappiano trasmettere alle giovani generazioni questo grande tesoro della fede.

     
    D. – Ci sono tanti giovani presenti qui a Madrid oggi, oltre alle famiglie. La famiglia può essere anche una culla per le vocazioni?

     
    R. – Naturalmente. Io, essendo polacco, mi ricordo le parole di Giovanni Paolo II che ci diceva sempre: “La famiglia è il primo seminario; è un pre-seminario in cui nascono le vocazioni alla vita religiosa e al sacerdozio, ma anche al matrimonio, perché anche il matrimonio cristiano è una vocazione.

     
    D. - Voi da dove venite?

     
    R. – Veniamo da Roma.

     
    D. – Con che spirito siete venuti qui?

     
    R. – In spirito missionario, per far vedere al mondo l’importanza della famiglia cristiana.

     
    D. – La famiglia è in crisi...

     
    R. – E’ molto in crisi, molto. Noi siamo qui a dimostrare che si può vivere cristianamente il matrimonio e la famiglia.

     
    R. – Noi veniamo da Viterbo ... con uno spirito bellissimo, quello della famiglia.

     
    D. – Siete venuti anche con i figli?

     
    R. – Sì, anche con i nostri figli.

     
    D. – Che esperienza stanno facendo questi ragazzi?

     
    R. – Un’esperienza bella, nuova e se la porteranno con loro per tutta la vita.

     
    R. – Noi veniamo dalla Sicilia, dalla provincia di Agrigento.

     
    D. – Che esperienza state vivendo qui a Madrid?

     
    R. – E’ bello. I bambini vedono che c’è tanta gente come loro. Sono qui con quattro bambini: il più piccolo ne ha due e il più grande ne ha nove.

     
    D. – Una famiglia aperta alla vita...

     
    R. – Sì.

     
    D. – E’ quella che salverà l’Europa...

     
    R. – Certo, perché non c’è altro modo.

     
    D. – Da dove vieni?

     
    R. – Da Roma.

     
    D. – Che esperienza state facendo qui a Madrid?

     
    R. – Stiamo facendo un’esperienza bellissima. Ci siamo incontrati per celebrare questa festa in onore della Santa Famiglia e per annunciare al mondo che la famiglia cristiana è veramente la culla della cristianità e della speranza per l’uomo.

     
    D. – Una testimonianza di una famiglia che viene dalla Germania dove è in missione ad gentes: Qual è l’esperienza che state facendo lì e quale l’esperienza qui a Madrid?

     
    R. – Quello che abbiamo vissuto in questi tre anni di missione è vedere la situazione di famiglie distrutte e abbiamo visto che nella Germania dell’Est la famiglia non esiste. Siamo venuti qui a Madrid per dare una testimonianza e per dire che l’unica cosa che salva la società in questo tempo è rimanere uniti nella famiglia, moglie, marito e figli. Abbiamo fatto un lungo viaggio, ma siamo sicuri che anche nella Germania dell’Est l’unica realtà è restare uniti nel Signore e nella famiglia.

     
    D. – Voi siete figli di questa famiglia, che difficoltà incontrate in Germania?

     
    R. – La difficoltà maggiore è quella di riuscire ad incontrare ragazzi con la fede, ragazzi disposti a sposarsi, a rischiare e a credere nel matrimonio. Sappiamo però - perché a Dio tutto è possibile - che ci sono giovani sposati che sono contenti e sono aperti alla vita.

     
    D. – Siete molti giovani presenti qui a Madrid oggi: è un’anticipazione della GMG del 2011?

     
    R. –Sì, speriamo di essere ancora di più. Speriamo che ci saranno ancora più famiglie con bambini e che questo sia visibile a tutti. (Montaggi a cura di Maria Brigini)

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    "Nessuno sia emarginato e abbandonato": così il Papa a pranzo alla mensa dei poveri della Comunità di Sant'Egidio

    ◊   “Nessuno sia solo, nessuno sia emarginato, nessuno sia abbandonato”: è l’accorata esortazione lanciata da Benedetto XVI, durante la sua visita presso la mensa dei poveri della Comunità di Sant’Egidio a Roma. Ad accogliere il Papa, il fondatore della Comunità, Andrea Riccardi, e il suo presidente Marco Impagliazzo, accompagnati da una donna Rom e un immigrato del Senegal, e poi il vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, e l’arcivescovo Luigi Moretti, vice-gerente di Roma. La cronaca nel servizio di Cecilia Seppia.

     
    Un incontro semplice, intimo, familiare, e soprattutto gioioso quello di Benedetto XVI con gli ospiti e i volontari della Comunità di Sant’Egidio, in un luogo, la mensa dei poveri in Via Dandolo a Trastevere, senz’altro significativo per la città, ma soprattutto carico di umanità, dove è possibile toccare con mano la presenza di Cristo nel fratello che ha fame e in colui che gli offre da mangiare, dove emerge il senso più profondo dell’amore cristiano, dove il messaggio del Natale risuona ogni giorno e la carità si palesa in gesti concreti. Ecco quanto ha detto il Papa:

     
    “Attraverso gesti di amore di quanti seguono Gesù diventa visibile la verità che Dio per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l’amore (Enc. Deus caritas est, 17). Gesù dice: ‘ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi’ (Mt 25,35-36). E conclude: ‘tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me’ (v. 40). Ascoltando queste parole, come non sentirsi davvero amici di quelli in cui il Signore si riconosce? E non solo amici, ma anche familiari”.

     
    A tavola con Benedetto XVI siedono 12 persone, tra questi una famiglia di zingari, un afghano sciita, un novantenne vedovo, un ragazzo di 25 anni in sedia a rotelle fin dalla nascita e abbandonato dalla famiglia. Con cordialità ed affetto il Papa durante il pranzo ha parlato con loro, ascoltato le loro storie difficili, qui in questo luogo dove non ci limita a sfamare gli affamati ma si serve la persona senza distinzioni di razza, religione e cultura. Qui dove oggi si respira una gioia particolare, frutto non di certo di cose materiali ma dello scoprirsi fratelli in Cristo Gesù. Ancora il Papa:

     
    "Cari Amici! E’ per me un’esperienza commovente di essere con voi, di essere qui nella famiglia di Sant’Egidio, di essere con gli amici di Gesù perché Gesù ama proprio le persone sofferenti, le persone con difficoltà e vuole averli come i suoi fratelli e sorelle. Durante il pranzo, ho ascoltato storie dolorose e cariche di umanità, anche la storia di un amore trovato qui: storie di anziani, emigrati, gente senza fissa dimora, zingari, disabili, persone con problemi economici o altre difficoltà, tutti, in un modo o nell’altro, provati dalla vita. Sono qui tra voi per dirvi che vi sono vicino e vi voglio bene".

     
    Sono venuto tra voi nella Festa della Sacra Famiglia - ha detto poi Benedetto XVI - perché in un certo senso essa vi assomiglia:

     
    “Anche la famiglia di Gesù, fin dai primi passi ha incontrato difficoltà, ha vissuto il disagio di non trovare ospitalità, fu costretta ad emigrare in Egitto per la violenza del re Erode. Voi conoscete la sofferenza ma avete qui, qualcuno che si prende cura di voi, anzi, qualcuno qui ha trovato la sua famiglia grazie al servizio premuroso della Comunità di Sant'Egidio, che offre un segno dell’amore di Dio per i poveri. Qui oggi si realizza quanto avviene a casa: chi serve e aiuta si confonde con chi è aiutato e servito, e al primo posto si trova chi è maggiormente nel bisogno".

     
    L’importanza dell’essere famiglia, del noi che si sostituisce all’io di una società egoista e materialista, è stata anche ripresa nel discorso del prof. Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che ha incoraggiato tutti a ritrovare la roccia del fondamento che è Cristo Gesù, perché solo così si può essere donazione per l’altro. Al termine del pranzo con gli oltre 150 ospiti, il Papa ha voluto personalmente offrire dei doni a tutti i bambini presenti: giocatoli di ogni tipo, zainetti pieni di pennarelli e di album da colorare. Poi la visita nella scuola di italiano per i cittadini stranieri, all’interno della struttura; infine il saluto a quella folla festosa fatta di stranieri, anziani del quartiere, poveri troppo spesso emarginati, persone sole talvolta malate che il Papa ha voluto salutare quasi una per una, ribadendo che esiste una sola lingua capaci di unirci tutti: quella dell’amore.

     
    Sull’incontro del Papa con i poveri ascoltiamo Claudio Betti, della Comunità di Sant’Egidio, al microfono di Linda Bordoni:

    R. – E’ significativo perché è una testimonianza chiara di come la Chiesa voglia indicarci che il Natale non è solamente una festa consumistica, ma deve essere un momento in cui ciascun cristiano si domanda qual è la sua responsabilità nei confronti di chi è più povero e più debole.
     
    D. – Com’è cominciata la tradizione del pranzo di Natale con i poveri?

     R. – La comunità ha cominciato tanto tempo fa a fare il pranzo di Natale e ha iniziato un po’ con l’idea di non voler lasciare soli quei pochi anziani, che noi conoscevamo, qui a Trastevere. Ma piano piano è diventata molto più significativa e la gente ha cominciato a copiare la nostra iniziativa. E c’è un’ondata di solidarietà che viene costruita in questi giorni. Ogni povero ha un suo dono. Mi ricordo che un’anziana venuta ad un nostro pranzo ed entrata per caso, alla fine del pranzo ricevette un dono con il suo nome, perché in ogni pacco noi scriviamo il nome, e questa signora cominciò a piangere. Noi le chiedemmo: “Perché piangi?” Rispose: “Perché questo è chiaramente un dono di Dio. Qui nessuno conosce il mio nome se non Dio e quindi questo è un dono di Dio”. Io penso che il significato di questo pranzo è questo: noi vogliamo testimoniare che Dio, nel momento in cui nasce, è vicino prima di tutto a chi è povero.
     
    D. – Il Papa ha manifestato più volte il suo apprezzamento per il cammino intrapreso dalla Comunità di Sant’Egidio...

     R. – Il nostro cammino è un cammino che lui ama e che stima. Gli siamo molto grati per questo, perché è una consolazione: è la consolazione di un lavoro che viene fatto ogni giorno, quotidianamente, da migliaia e migliaia di volontari che spendono parte della loro vita al servizio di chi è povero. Il Santo Padre ha visitato tre volte la comunità. La prima è stata a Napoli, durante l’incontro interreligioso per la pace, e la seconda a San Bartolomeo, per ricordare i martiri del XX secolo, e questa volta l’incontro con i poveri. Sono tre aspetti della vita della Comunità di Sant’Egidio che ci sono particolarmente cari e che il Papa in qualche modo ha confermato con la sua presenza e il suo amore. Sono tutte e tre testimonianze della possibilità di comunicare il Vangelo, credo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Buone le condizioni del cardinale Etchegaray operato per la frattura del femore

    ◊   Questa mattina, presso il Policlinico Gemelli di Roma, il cardinale Roger Etchegaray è stato sottoposto ad intervento chirurgico in seguito alla frattura del collo del femore riportata nella caduta avvenuta il 24 dicembre all’inizio della celebrazione della Messa della Notte nella Basilica di San Pietro. Il porporato è stato operato di artroprotesi totale dell’anca. L’intervento – afferma un bollettino medico - è riuscito e le condizioni cliniche del paziente sono buone. Come programmato, le fasi successive all’intervento saranno trascorse dal cardinale Etchegaray nel reparto di Terapia intensiva postoperatoria del Gemelli. I chirurghi operatori, prof. Lorenzo Aulisa e prof. Carlo Fabbriciani, sono stati assistiti dall’anestesista prof. Germano De Cosmo.

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    Oggi in Primo Piano



    Riparte lo sfruttamento del petrolio in Iraq: le speranze della popolazione

    ◊   Nei giorni scorsi la questione del petrolio iracheno è balzata in primo piano: c’è stato il momento di grande tensione con l’Iran per il conteso campo di Fakka al confine tra Iraq e Iran e c’è stato il sabotaggio di un oleodotto, a 325 km a nord di Baghdad, che conduce al terminale turco di Ceyhan, con il conseguente blocco delle esportazioni. In tutto questo il petrolio ha fatto registrare un'impennata dei prezzi, circa una settimana dopo la seconda asta per l'assegnazione di altri pozzi petroliferi fatta dal governo iracheno. La prima c’è stata a giugno scorso. Ma a sei anni dallo scoppio della guerra in Iraq, che dire del mercato del petrolio iracheno? Fausta Speranza ne ha parlato con l’economista Alberto Quadrio Curzio:

    R. – La situazione è in evoluzione, anche perché l’asta per lo sfruttamento di pozzi petroliferi, recentemente bandita, ha avuto la partecipazione di numerose società petrolifere, tra cui quella russa, quella norvegese, quella francese, e perciò credo che il mercato del petrolio iracheno si stia rimettendo in moto. Naturalmente, tutto ciò, se potrà portare dei vantaggi agli iracheni, potrà creare qualche problema nella regione perché altri produttori di petrolio vedranno ritornare sul mercato un concorrente di grandissime dimensioni e di ancor maggiori potenzialità.

    D. – Forse già stiamo vedendo qualcosa, a questo proposito?

    R. – La recente occupazione, peraltro di natura simbolica, da parte di truppe iraniane di un pozzo petrolifero, era determinata dalla vicinanza a quel pozzo di circa 3.500 fuoriusciti iraniani che rappresentano in qualche modo un fastidio per il regime degli ayatollah. E tuttavia, laddove l’Iraq ritornasse a pieno regime nella produzione petrolifera, sembra addirittura con 10-12 milioni di barili di petrolio al giorno, allora per l’Iran sarebbe un problema dal punto di vista economico, perché la concorrenza diventerebbe molto molto forte. In altre parole, con quella produzione l’Iraq sarebbe il secondo produttore al mondo subito dopo l’Arabia Saudita e probabilmente prima dell’Iran stesso.

    D. – Professore, che cosa dire della presenza delle multinazionali, in questo momento?

    R. – Le multinazionali sono abbastanza diversificate, nel senso che quelle americane sono ancora piuttosto caute e tuttavia, chiaramente, aspettano una maggiore normalizzazione della situazione per intervenire al fine di sfruttare i più grandi pozzi petroliferi, tra cui quello contiguo a Baghdad – Baghdad Est – che è probabilmente uno dei più grandi al mondo. Altre imprese sono presenti e sono attive, tra cui quelle italiane – l’Eni – ma direi che ovviamente tutto il mondo dell’estrazione petrolifera è attentissimo sull’evoluzione dell’Iraq perché le riserve petrolifere di questo Paese sono certamente molto, molto grandi, e vi è ancora spazio per l’utilizzo delle medesime.

    D. – Le multinazionali sottostanno a delle regole: c’è un controllo?

    R. – Certamente il controllo ci sarà, anche perché bisogna dire che le multinazionali petrolifere - tra cui si colloca anche l’Eni che, debbo dire, è una compagnia di tutto rispetto e anche tra le più accreditate anche per comportamenti corretti nei Paesi dove si estrae il petrolio - ebbene, le compagnie si controllano l’una con l’altra; ragion per cui non credo che ci possano essere forme particolari di attività sul confine del lecito da parte delle compagnie petrolifere. La mia impressione è che il vero problema dell’Iraq rimanga quello di trovare una nuova pacificazione che richiederà molto, molto tempo. E questo è certamente un fatto assai triste, perché in quell’area c’è bisogno di pace, non c’è bisogno di guerra!

    Ma qual è il sentire della popolazione irachena in relazione alla questione dello sfruttamento del petrolio? Fausta Speranza lo ha chiesto al giornalista iracheno Latif Al Saadi:

    R. – La situazione in Iraq è molto difficile, molto complicata, ma in mezzo a tanta preoccupazione rimane comunque la speranza. La gente guarda al futuro con paura, ma coglie qualunque elemento possa far rinascere la speranza e un sentimento positivo. Si guarda dunque agli accordi stipulati con compagnie multinazionali ed agli investimenti che ne conseguiranno in termini positivi. Gli iracheni sono intelligenti, anche i più semplici, e hanno capito che, contrariamente a quello che hanno detto i mass media, non sarà soltanto la compagnia americana che dominerà le risorse petrolifere irachene, perché già sono entrate a far parte degli accordi una compagnia dell’Angola, una della Malaysia, una della Turchia, e altre … Tutti sono entrati a far parte di un consorzio: non è una compagnia ma un collettivo di diversi elementi. I cinesi hanno una forte partecipazione, per esempio. Un altro aspetto molto importante è che questi accordi non sono accordi di partecipazione, cioè le compagnie non prendono percentuali, non si torna alla statalizzazione del petrolio: sono tutti accordi di servizio. Ma c’è anche paura, la paura viene dal fatto che questi accordi hanno una durata di 20 anni: la gente teme che questi 20 anni possano compromettere o influenzare la capacità di autodeterminazione degli iracheni sul futuro dell’Iraq, per quanto riguarda le risorse petrolifere. Comunque, negli iracheni in generale prevale la speranza di migliorare la vita, di un progresso per la costruzione di un Iraq democratico, capace di essere un elemento fondamentale in Medio Oriente. Posso garantire che questa è l’opinione della maggior parte degli iracheni!

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    La Chiesa di fronte alle critiche della società contemporanea: intervista con mons. Ravasi

    ◊   Nel dibattito pubblico, sulla stampa, in radio e televisione, non è raro leggere o ascoltare parole critiche nei confronti della Chiesa e del suo ruolo nella società contemporanea. Considerazioni spesso generiche, che possono però essere anche occasioni di dialogo. La pensa così l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Fabio Colagrande gli ha chiesto se è sorpreso della durezza di certe critiche:

    R. – Per certi versi direi di no, perché anche la mia stessa esperienza è ininterrottamente in contatto con orizzonti che hanno un po’ questo colore fondamentale e devo dire non soltanto a livello popolare, ma soprattutto – alcune volte – anche a livello colto. Il dialogo, perciò, acquista tante volte anche un aspetto particolare che io vorrei esprimere con un’immagine forse brutale: siamo coinvolti in una sorta di duello. Il mio sogno sarebbe quello di riuscire - riconoscendo le diversità fondamentali che intercorrono tra il mondo della Chiesa, dei credenti e il resto - a fare un duetto perlomeno, dove le voci sono diverse - così come accade in musica - ma riescono a fare lo stesso armonia.

     
    D. - Un’accusa un po’ vaga, ma ricorrente, che si rivolge alla Chiesa è quella di non essere al passo con i tempi. Ma è giusto dire che la Chiesa deve evolversi?

     
    R. – La religione soprattutto cristiana è una religione incarnata, il che vuol dire che questa verità è come un seme che deve essere deposto nell’interno di un tessuto, di un terreno, che può avere una sua fecondità. C’è una bella immagine che usava uno scrittore austriaco importante del secolo scorso, Robert Musil, e che diceva: “La verità non è come una pietra preziosa da tenere nello scrigno, bensì come un mare in cui bisogna immergersi per navigare”. Noi tante volte ai fedeli non presentiamo questo mare e se lo facciamo – adesso andiamo fuori dell’immagine – usiamo un linguaggio che non è comprensibile, un linguaggio – come si dice in maniera molto sofistica – autoreferenziale, che è cioè chiuso in se stesso. Ecco perché l’evoluzione deve avvenire: quella verità, che è come un seme, che è come componente feconda, deve riuscire ad essere in qualche modo inserita, deve riuscire ad irradiare anche la cultura e l’esistenza quotidiana con delle caratteristiche che sono sempre nuove.

     
    D. - Molti oggi, in polemica con la Chiesa, vivono la religione come un’esperienza tutta interiore e personale. Quali sono i limiti di questo atteggiamento?

     
    R. – Da una parte la religione certamente è una adesione personale, è una opzione, è una scelta, è un atto di libertà, è una sfida, è anche un rischio, perché vivere secondo certe norme in una società che si fa vedere tutti i vantaggi del non avere norme – per esempio in campo etico – può essere effettivamente la grande tentazione. E’ una scelta, quindi, che ha una sua interiorità profonda. Pensiamo che cosa vuol dire, per esempio, la preghiera già di sua natura, che è prima di tutto espressione della propria intimità. Detto questo, però, dobbiamo ricordare sempre che la religione di sua natura è trasformare un’esistenza, incidere nell’interno di un mondo che diventi diverso, possibile secondo i grandi valori: valori di amore, di giustizia, di verità. Ecco allora la necessità indiscutibile, anch’essa, di far sì che l’esistenza esterna e l’esteriorità abbiano ad essere fecondate da questa scelta interiore.

     
    D. - Come descrivere gli attacchi più duri che oggi la Chiesa riceve nel dibattito culturale?

     
    R. – Io vorrei fare una distinzione tra l’ateismo, l’ateismo classico, l’ateismo solenne, l’ateismo teorico. Pensiamo ad una figura come Nietzsche, pensiamo alla figura di Marx stesso: questo era un ateismo – direi – importante, quasi necessario per molti versi alla stessa Chiesa, perché era una vera e propria visione del mondo alternativa, ma con dei valori propri, con delle scelte, con delle decisioni. Qualche volta la polemica era virulenta, ma nasceva da una passione. Ora noi ci troviamo di fronte, in verità, molto spesso, nell’ambito della critica alla Chiesa e ai valori religiosi, alla non credenza, che è un altro modello. E’ un modello molto simile ad una mucillagine molle. L’indifferenza religiosa è questo grigiore, questo incolore che ci domina. E’ la superficialità, la banalità, qualche volta la volgarità. E’ chiaro allora che portare il discorso su alcuni temi, qualche volta anche provocatori e pesanti, può suscitare alla fine più che la reazione polemica di una volta, che era preziosa, l’ironia, lo sbeffeggio. E’ quello che troviamo in tutti i Paesi in questo tempo: sono queste forme che creano la difficoltà di poter poi reagire. In verità l’ironia si ferma su molti aspetti esteriori, che dobbiamo cercare certamente di correggere, ma non c’è invece il vero confronto. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Anno Sacerdotale: la testimonianza di un sacerdote salesiano

    ◊   Educatore fra i giovani: vive così il suo sacerdozio don Riccardo Tonelli, salesiano, e docente di pastorale giovanile alla Pontificia Università Salesiana di Roma. Una scelta, la sua, maturata tra i figli spirituali di Don Bosco che gli hanno fatto sperimentare la gioia di donare la propria vita nel servizio per gli altri. Al microfono di Tiziana Campisi, don Tonelli racconta - per la nostra rubrica domenicale sull'Anno Sacerdotale - com’è nata la sua vocazione:

    R. – La mia vocazione sacerdotale è fondamentalmente una vocazione salesiana. Studiando in un istituto salesiano, a Bologna, ho incontrato dei sacerdoti che mi erano molto simpatici, ho apprezzato il loro modo di essere, di agire, di stare con gli altri e ho deciso di accogliere il dono che il Signore mi ha fatto misteriosamente di diventare anch’io uno come loro.

     
    D. – In che modo il sacerdozio l’ha arricchita?

     
    R. – L’essere sacerdote mi ha permesso di realizzare il mio servizio ai giovani in un certo modo e con una certa qualità, cioè mi sono reso conto che l’esperienza che quotidianamente dovrei fare di incontro personale con il Signore, per esempio, nella celebrazione dell’Eucaristia, qualifica il mio rapporto con i giovani. Mi sono reso conto che i giovani che ho incontrato erano contenti di incontrarmi, non perché sapevo fare delle cose che loro non sapevano fare, ma perché in qualche modo potevo aiutarli ad incontrare una ragione di senso e di speranza. E allora ho ripensato la qualità del mio essere sacerdote proprio sulla misura di questa urgenza, di questo servizio e, in questo senso, io credo di poter dire che mi ha molto arricchito, perché mi ha qualificato come salesiano e come educatore.

     
    D. – Che cosa significa essere sacerdote oggi?

     
    R. – Aiutare le persone a scoprire che il Dio di Gesù di cui noi vogliamo essere testimoni, noi sacerdoti, in un modo particolare, è il Dio che ci regala la vita e la speranza e ce la regala anche quando tutto sembra difficilmente sperimentabile, perché si vive personalmente o collettivamente dentro la tristezza. Il poter celebrare l’Eucaristia dicendo “Se Gesù è risorto, dopo che i suoi nemici l’avevano ucciso, anche noi possiamo essere persone di speranza”. Questo in fondo è offrire una qualità di servizio laddove le parole che possiamo costruire noi, con un tentativo di essere sapienti, non dicono più nulla.

     
    D. – Lei è felice?

     
    R. – Sì, lo dico con decisione. Se uno ci pensa, magari fa fatica a dire “sì”, ma se uno guarda in avanti, allora può dire a se stesso “sono felice” e può dirlo agli altri “sono felice, perché solo così, condividendo un’esperienza di felicità, possiamo davvero volerci bene”.

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    Festa della Santa Famiglia: la riflessione di padre Piergiordano Cabra

    ◊   “Prototipo di ogni famiglia cristiana”: così Benedetto XVI definisce la Santa Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria che la Chiesa celebra oggi, nella domenica successiva al Natale e prima dell’inizio del nuovo anno. Ma come nasce la Festa della Santa Famiglia? Isabella Piro lo ha chiesto a padre Piergiordano Cabra, appartenente alla Congregazione della Sacra Famiglia di Nazaret:

    R. – Si può dire che è una festa piuttosto recente, a conclusione – però – di secoli di crescente devozione. È stata istituita da Papa Benedetto XV intorno al 1920; la Santa Famiglia inizia con l’incontro di due giovani e del loro fidanzamento, ma il corso ordinario della loro storia diventa straordinario per l’intervento di Dio. E così, analogamente, anche la famiglia cristiana è una famiglia normale, ma è straordinaria perché ha il compito di far crescere i figli di Dio nel mondo.

    D. – Cosa dice questa festa alle famiglie di oggi, spesso minacciate da chi parla di aborto o di unioni alternative al matrimonio tra uomo e donna?

    R. – La Santa Famiglia si può dire che è un modello alternativo ai modelli alternativi. Se Giuseppe, perplesso e sconvolto di quello che succede in Maria, avesse insistito per l’aborto, noi non avremmo avuto Gesù. E se Dio avesse voluto, per venire al mondo gli bastava Maria: Giuseppe, in fondo, era superfluo. Ma Dio volle che suo Figlio crescesse in una famiglia normale, con mamma e papà, perché assieme potessero affrontare le difficoltà di educare il figlio secondo la legge del Signore che intendeva far di lui un suo servo.

    D. – Maria e Giuseppe quale modello di genitori sono?

    R. – In primo luogo, sono genitori che vivono la presenza di Dio, che sanno che quando Dio parla tutto diventa possibile. Maria e Giuseppe, poi, sono educatori secondo le loro caratteristiche peculiari: Maria trasmette il suo sentirsi amata dal Signore ed è il punto fondamentale – penso – di ogni educazione cristiana. Se Maria trasmette il senso del dono, Giuseppe trasmette il senso della risposta al dono, cioè della responsabilità, dell’impegno, dell’affrontare con forza le difficoltà della vita. Ma entrambi, poi, sono sorpresi dall’inattesa affermazione di indipendenza di Gesù: ad un certo punto, a 12 anni, egli dice “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Anche oggi i genitori possono sentirsi dire dai figli affermazioni di indipendenza e purtroppo, non sempre per fare le cose del Padre, ma per fare cose che non sembra giusto fare. Cosa fare, allora? Talvolta, amare e richiamare quello che è giusto, altre volte amare e tacere. Spesso, amare e accompagnare; sempre, amare e accompagnare con la preghiera.

    D. – I figli di oggi, invece, cosa imparano guardando a Gesù?

    R. – I figli possono imparare che hanno il diritto di scegliere la loro strada nella vita, ma che la maniera più sicura è quella di viverla all’interno della propria famiglia, imparando che l’obbedienza è la via più sicura per far sì che la libertà non diventi libertinaggio, che l’affermazione di sé non si trasformi in una lotta contro tutti e per rendersi conto che la vita non è fatta solo di diritti, ma anche di doveri; non solo di rivendicazioni, ma anche di servizio, ma soprattutto essere grati di avere avuto chi ha pensato a noi.

     
    D. – La Congregazione della Sacra Famiglia di Nazaret cui lei appartiene, come mette in pratica gli insegnamenti evangelici sulla famiglia?

     
    R. – La Congregazione si adopera nei vari campi della gioventù più povera, nel Terzo Mondo con gli orfanotrofi, con l’educazione dei meno privilegiati, sempre preparando – per quanto sia possibile – alla famiglia. La Congregazione si adopera per dare esempio di vita fraterna vissuta e qui facciamo l’impossibile, ma sempre guardando al modello della Santa Famiglia che ci incoraggia, ci impegna, ma soprattutto ci sostiene.

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    Chiesa e Società



    Venezuela: il cordoglio del Papa per la morte dell'ex presidente Caldera

    ◊   "Uomo di fede profonda e di grande amore per la Chiesa": così scrive il Papa nel telegramma di cordoglio che il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha inviato a suo nome ai familiari dell'ex presidente venezuelano Rafael Caldera, sepolto ieri a Caracas, dove è deceduto giovedì scorso all'età di 95 anni. Nel corso della Messa, presso la parrocchia "El Buen Pastor" (Boleíta Norte) è stato l'arcivescovo della capitale venezuelana, cardinale Jorge Urosa, a leggere il messaggio di condoglianze del Santo Padre a tutta la nazione. Benedetto XVI, riferisce il porporato, prega perché Dio accolga nel suo regno l'ex capo di Stato e la sua famiglia abbia consolazione. Rafael Caldera è deceduto dopo lunghi anni di sofferenza per la lotta contro il morbo di Parkinson. Alla mesta ma sentita cerimonia funebre hanno preso parte, oltre ai parenti, poche persone e quasi nessuna figura di rilievo del mondo politico attuale. L'unica personalità internazionale presente era l'ex presidente colombiano Andrés Pastrana. Tra l'altro, all'ex presidente non sono stati riservati i funerali di Stato, come accaduto nel Paese dai tempi dell'indipendenza dalla Spagna. Il cardinale Urosa, nella sua omelia, ha definto Caldera "un venezuelano tra i più illustri della storia della patria". "E' stato un figlio fedele della Chiesa da quando, giovanissimo, entrò a far parte dei giovani cattolici. Da quel momento in poi, in tutta la sua esistenza è stato un uomo di fede viva", ha aggiunto l'arcivescovo di Caracas. Caldera è stato presidente del Venezuela dall'11 marzo 1969 al 12 marzo 1974 e poi dal 2 febbraio 1994 al 2 febbraio 1999. Dopo Eduardo Frei in Cile (1964 - 1970), è stato il secondo politico democratico-cristiano a diventare presidente in America Latina e proprio con Frei è stato tra i precursori del pensiero social-cristiano nella regione. Per molti, Rafael Caldera resterà nel ricordo come uno dei più illustri divulgatori della dottrina sociale della Chiesa, materia che conosceva molto bene, e per questa ragione è stato ospite in Vaticano, per volere di Giovanni Paolo II, in diversi convegni e incontri dedicati agli insegnamenti sociali della Chiesa, in particolare alle encicliche sociali. (A cura di Luis Badilla)

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    Regno Unito: intervento della Chiesa sull'educazione sessuale a scuola

    ◊   L’educazione dei giovani nelle scuole deve essere organizzata nell’ambito di un processo che li aiuti a “sviluppare stili di vita salutari e rispettosi della santità della vita”. È quanto si afferma in un documento pubblicato dal Catholic Education Service for England and Wales (Cesew), l’agenzia per l’educazione cattolica supportata dalla Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, in risposta alle nuove e controverse proposte del governo in materia di formazione, che prevedono l’insegnamento obbligatorio dell’educazione sessuale negli istituti. Tali norme, che dovrebbero entrare in vigore a partire dal 2011, riguardano tutti gli studenti dai 15 anni in su e non prevedono la possibilità di esenzione. Le nuove direttive, annunciate dal ministero dell’istruzione, si legge nel testo, dovrebbero servire a ridurre il fenomeno del crescente numero di gravidanze che coinvolgono le minorenni. In Gran Bretagna infatti, si legge sull’Osservatore Romano, si registra il più alto numero in Europa di ragazze minorenni in gravidanza, che spesso ricorrono alla pillola per abortire. Secondo la normativa vigente, i genitori possono chiedere l’esclusione dei figli dalle lezioni didattiche riguardanti il tema della sessualità, fino al compimento del 19.mo anno di età. Con le nuove proposte, invece, oltre a rendere obbligatoria la materia per gli alunni dai 15 anni in su, è stato precisato anche che coloro che non vorranno partecipare alle lezioni per motivi religiosi o morali, riceveranno la penalizzazione dell’assenza ingiustificata e per questo motivo saranno puniti. Nel documento si esprime il desiderio che le proposte aiutino “ad affermare il valore della vita, contribuendo a fornire un sussidio nel ridurre il numero delle minorenni in gravidanza e degli aborti”. “Questo può avvenire soltanto – si legge ancora nel documento – aiutando i giovani ad avere più stima in se stessi e a credere al valore della vita matrimoniale, proteggendoli dalle pressioni esterne che invitano le nuove generazioni a praticare una vita sessuale precoce e ad avere relazioni sessuali al di fuori del matrimonio”. In particolare, nel testo viene posto l’accento sulla necessaria collaborazione tra genitori, insegnanti e comunità parrocchiali nell’educazione cattolica dei giovani. “Mantenere i giovani nell’ignoranza dei fatti, ovvero impedire una comprensione adatta all’età delle forme di contraccezione e dei suoi rischi, oppure nascondere le conseguenze negative dell’aborto, non contribuisce a ridurre le gravidanze in età adolescenziale”. “È meglio – si ribadisce nel documento – che questo apprendimento abbia luogo nel contesto dell’insegnamento della Chiesa, piuttosto che rischiare che i giovani vengano informati male dai loro coetanei, dai media e dalla pubblicità”. Intanto, il governo britannico, in una lettera inviata al Cesew, ha rivolto parole di apprezzamento per “il significativo contributo che le scuole cattoliche rendono al sistema educativo”. (A.D.G.)


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    L'Unione Cattolica della Stampa esorta i media a servire l'umanità

    ◊   L'Unione Cattolica Internazionale della Stampa ha evidenziato l’importanza del ruolo dei media nel costruire la giustizia economica ed ha esortato i giornalisti a servire l'umanità e il creato piuttosto che le agende personali. L’invito, contenuto in un documento dal titolo “Media per la giustizia sociale ed economica”, è stato pubblicato per “sottolineare il ruolo del giornalismo nel trovare soluzioni durature a problemi che tutti noi affrontiamo nel mondo”. “La giustizia sociale ed economica rappresenta la base per un mondo prospero e pacifico”, si legge nel testo, rimarcando la “particolare responsabilità” dei giornalisti e degli esperti dei media “di assicurare che la giustizia sociale ed economica a livello mondiale prevalga allo scopo di eliminare i conflitti, le guerre e altri disastri”. Alla luce di questo, riferisce l’agenzia Zenit, l'Unione della Stampa ha osservato che il testo, adottato durante l'assemblea generale del 31 ottobre, mira a “ispirare i giornalisti e gli esperti dei media perché possano lavorare per stabilire livelli esemplari di giustizia e di pace in tutto il mondo portando la questione nei forum mondiali e a livelli decisionali e di policy-making”. Il documento, redatto da scrittori, giornalisti, docenti ed esperti di Europa, Asia, Nordamerica, Africa, Medio Oriente, Caraibi e Oceania, illustra la “nobile storia del giornalismo”, osservando che “quando in passato si sono verificate delle crisi, i giornalisti sono stati capaci di parlare e di mostrare la via alla gente come veri leader”. Ora, dichiara il documento, il mondo ha a che fare con molte questioni come “consumismo, standardizzazione, distruzione dell'ambiente, globalizzazione, pagamento inadeguato dei lavoratori, dipendenza costante dei poveri dai ricchi”. L'Unione della Stampa ha anche espresso la speranza che il documento aiuti i giornalisti e gli esperti dei media nel “nobile atto” di esplorare tali questioni e renderle una priorità dell'agenda mondiale. “Tutti i giornalisti, gli editori e gli esperti, indipendentemente dalle loro condizioni di lavoro e dal salario, devono considerare la loro chiamata suprema a servire l'umanità nel suo insieme”. “Probabilmente – conclude il documento - è l'unico modo di progredire e di stabilire gradualmente la giustizia sociale ed economica”. (A.D.G.)

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    Filippine: a febbraio, pellegrinaggio organizzato dalla Comunità di Taizé

    ◊   La città di Manila, capitale delle Filippine accoglierà, per la seconda volta dopo il 1991, i giovani di tutto il mondo in occasione del “Pellegrinaggio della fiducia sulla terra”, organizzato dalla Comunità ecumenica di Taizé, che si terrà a febbraio. Ad accogliere i giovani dai 16 ai 35 anni, si legge in un comunicato, sarà il “Don Bosco Technical Institute”, che li ospiterà per tutta la durata dell’evento, dal 3 al 7 febbraio. Incentrato sul tema “Vita interiore e solidarietà”, con un’attenzione particolare alla pace e alla riconciliazione, l’incontro internazionale dei giovani vuole aiutare i ragazzi “nella ricerca di Dio e nel loro desiderio di impegnarsi nella Chiesa e nella società”. L’evento, che vedrà alternarsi momenti di preghiera, workshop e tavole rotonde di riflessione, è stato organizzato in collaborazione con la Commissione episcopale per i giovani (ECY) della Conferenza dei vescovi filippini. “La partecipazione a questa esperienza religiosa – sottolinea padre Conegundo Garganta, membro della ECY –inizierà già durante i preparativi e durerà anche dopo la fine del pellegrinaggio”. Da ricordare, infine, che quello di Manila sarà il quinto “Pellegrinaggio della fiducia sulla terra” ad essere ospitato in Asia: oltre al precedente del ’91, sempre nelle Filippine si contano quelli in India nell’85, nell’88 e nel 2006. (I.P.)

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    Al via le giornate di riflessione al monastero di Camaldoli

    ◊   Sono iniziate oggi le Giornate di incontro e riflessione per giovani, dai 20 ai 30 anni, organizzate dal monastero di Camaldoli, in collaborazione con la Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana). Il seminario, sul tema “L’essere umano di fronte a Dio. Il linguaggio dei Salmi”, si concluderà il primo gennaio. Collocate nel tempo che va dal Natale alla conclusione dell’anno civile, queste giornate possono essere un momento per “custodire la nostra relazione con Dio, con gli altri e con le vicende che segnano la storia dell’umanità”, come spiegano i promotori. Il seminario, riferisce l'agenzia Sir, sarà arricchito dalla possibilità di condividere con i monaci la preghiera liturgica, gli incontri di carattere biblico, momenti di dialogo personale e di gruppo, “in un clima di gioiosa fraternità”. Tra i relatori, il biblista belga André Wénin. Nella notte del 31 dicembre, partendo dalla chiesa dell’eremo, monaci e giovani ospiti vivranno un momento itinerante di preghiera, con la veglia della pace che terminerà nella chiesa del monastero. Poi ci sarà un momento di festa nella foresteria della comunità. (A.D.G.)

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    Tanzania: nel 2010 la costruzione dell’Università cattolica di agraria

    ◊   La Chiesa cattolica della Tanzania sta progettando la costruzione di un’università di agraria nella regione di Ruvuma, in collaborazione con le Figlie di Maria Immacolata. L’annuncio del progetto è stato dato, nei giorni scorsi, dall’arcivescovo di Dar es Salam, cardinale Polycarp Pengo, il quale ha reso noto che la costruzione della struttura dovrebbe iniziare a marzo 2010, mentre le prime iscrizioni sono previste per il mese di agosto dello stesso anno. Il luogo scelto per l’edificazione del complesso è la regione di Ruvuma, ha aggiunto il porporato che, grazie alle sue condizioni climatiche, è una zona propizia alle coltivazioni. La nuova università avrà cinque dipartimenti, dedicati rispettivamente, all’orticoltura, alla veterinaria, alla coltivazione, ai sistemi agrari integrati e all’acquacoltura. Il cardinale Pengo, si legge in un comunicato, ha poi ribadito che il nuovo ateneo ha l’obiettivo di rendere l’agricoltura locale più produttiva e di incoraggiare le persone a ripopolare le aree rurali. Quindi il porporato ha osservato che, per rilanciare l’agricoltura, è necessario guardare al problema non in senso astratto, ma concentrandosi sugli agricoltori stessi, sui loro bisogni e sulle loro necessità. Solo fornendo loro le conoscenze adeguate e gli strumenti necessari, ha spiegato l’arcivescovo di Dar es Salam, essi riusciranno a trasformare le proprie vite. Valorizzando gli agricoltori, quindi, ha concluso il cardinale Pengo, si valorizzerà anche l’agricoltura stessa. (I.P.)

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    Compie 30 anni la Bibbia del Fanciullo promossa da Aiuto alla Chiesa che Soffre

    ◊   Con oltre 47 milioni di copie tradotte in 160 lingue, la Bibbia del Fanciullo – Dio parla ai suoi figli - promossa dall'organizzazione umanitaria Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), celebra il suo 30.mo anniversario. “Nei 30 anni della sua esistenza – ha detto Maria Zurowski, direttrice del dipartimento dell'Apostolato Familiare di Aiuto alla Chiesa che Soffre – il libro è stato uno strumento per portare il messaggio di Gesù a innumerevoli anime ed è diventato un simbolo di speranza in un futuro migliore per migliaia di bambini e adulti di tutto il mondo, nel vero spirito del lavoro missionario della Chiesa”. Oltre ad essere utilizzata da sacerdoti e professori per la catechesi, riferisce l'agenzia Zenit, viene sfruttata anche per insegnare ai bambini a leggere, dato che per alcuni gruppi etnici è l'unico libro stampato nella loro lingua madre. “In Africa – ha continuato la Zurowski – ci sono duemila lingue, parlate da vari popoli del continente. Molti di loro hanno dovuto aspettare a lungo per poter disporre della Bibbia del Fanciullo nella propria lingua nativa, e molti altri ancora l'aspettano”. Il libro sarà distribuito gratuitamente ai catecumeni e alcune copie saranno donate alle scuole, perché possa essere usato nell'insegnamento. Secondo la Zurowski, il successo della Bibbia del Fanciullo è la sua disponibilità nella lingua nativa del bambino, “quella in cui si prega e ci si lamenta”, ha constatato. Il progetto è stato reso possibile grazie alle donazioni dei benefattori, che hanno contribuito a distribuire gratuitamente la Bibbia del Fanciullo anche nei Paesi poveri. Nel 1979, padre Van Straaten regalò una prima bozza del testo al Consiglio Episcopale Latinoamericano, che chiese 1,2 milioni di copie in spagnolo. Seguirono presto le versioni in inglese, francese e portoghese, così come in varie lingue regionali. Il vescovo Marc Benjamin Ramaroson di Farafangana, in Madagascar, ha descritto quanto sia stata importante la Bibbia del Fanciullo per aiutare i bambini a conoscere la propria fede. Il libro, illustrato a colori, è costituito da 99 capitoli che contengono i passi fondamentali della Scrittura dell'Antico e del Nuovo Testamento. (A.D.G.)

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    Indetto un concorso europeo sui diritti dei bambini

    ◊   Pennarelli, acquarelli e matite per realizzare un disegno che illustrI i diritti sanciti dalla Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia. Si tratta del concorso indetto dalla Commissione europea e dalla Direzione generale Giustizia, libertà e sicurezza, in occasione del 20.mo anniversario dell’adozione del testo, lo scorso 20 novembre. L’iniziativa, che coinvolge i giovani europei, di età compresa tra i 10 a i 18 anni, vuole incoraggiare i ragazzi ad approfondire la loro conoscenza e consapevolezza dei propri diritti e insegnargli a difenderli meglio. Il disegno, che dovrà essere consegnato entro il 19 marzo 2010, deve essere realizzato da un gruppo di quattro giovani, sostenuti da un responsabile adulto, e rappresentare un diritto specifico contenuto nella Convenzione, ad oggi sottoscritta da 195 Paesi. I finalisti nazionali gareggeranno una seconda volta con i finalisti europei e i vincitori saranno invitati per un fine – settimana a Bruxelles, dove conosceranno le istituzioni europee e saranno premiati. Le opere migliori saranno pubblicate sui siti internet delle rappresentanze della Commissione nei 27 Paesi membri dell’Ue e sul portale “Europa”; in futuro, si legge sull’agenzia Misna, potranno anche essere utilizzate per svolgere campagne comunitarie sul tema dei diritti dell’infanzia. (A.D.G.)

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    È morto il teologo belga Edward Schillebeeckx

    ◊   È morto a Nimega, in Olanda, alla vigilia di Natale, il teologo belga Edward Schillebeeckx. Aveva 95 anni. Ispiratore nella seconda metà degli anni Sessanta del "Nuovo catechismo olandese", il teologo domenicano è celebre anche per i suoi libri sulla figura di Gesù Cristo. Il suo lavoro teologico si è incentrato sul problema del ripensamento della fede cristiana alla luce della cultura contemporanea, ossia sulla questione di come si possa interpretare la fede in diversi contesti culturali. Negli anni Settanta la sua riflessione è stata considerata una ''teologia della prassi'', per una certa vicinanza con le teorie marxiste e la teologia della liberazione. La sua ortodossia venne messa in questione allorché fu accusato di negare la risurrezione di Cristo come un fatto oggettivo della fede. Tra le sue opere più famose, bisogna ricordare “Cristo, sacramento dell'incontro con Dio'' (1960), ''L'approccio a Gesù di Nazareth” (1972), “Gesù, la storia di un vivente” (1976), “Il Cristo, storia di una nuova prassi” (1977). (A.D.G)

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    Addio a Carlo Sgorlon, cantore del Friuli: martedì i funerali

    ◊   Si è spento a Udine il giorno di Natale lo scrittore Carlo Sgorlon, all'età di 79 anni, al termine di un lungo periodo di ricovero in ospedale. Autore di grande intensità lirica, è stato sempre fedele ad una poetica che privilegiava la sacralità del mondo e dell’uomo. Molto ampia la sua produzione letteraria, in cui spiccano la vita contadina friulana, il dramma delle guerre mondiali e le storie degli emigrati. “Il vento nel vigneto” è stata la sua prima opera, pubblicata nel 1960. Un grande successo fu poi “Il trono di legno”, grazie al quale vinse il premio Campiello nel 1973, un romanzo intriso di sentimenti ecologici e di immedesimazione con la sacralità della natura. Nel 1985 Sgorlon si aggiudicò il premio Strega con “L'armata dei fiumi perduti”. Nel suo ultimo libro, “La penna d'oro” edito da Morganti, Sgorlon ha raccontato senza veli, con ironia e disincanto, se stesso e i suoi rapporti con il mondo letterario, spesso difficili, confessando l'amarezza per il suo isolamento dagli altri scrittori e per non esser stato “ricambiato in forme piene e convinte” da quel Friuli a cui riconosceva la matrice della sua creatività, ma che avvertiva alquanto disattento nei suoi confronti. Sgorlon ha sempre rivendicato un carattere di forte moralità alla propria letteratura e una fedeltà al suo mondo e alla sua verità, di cui ha voluto essere cantore umile e semplice, anche se molto appassionato. I funerali sono stati fissati per martedì alle ore 12 nella chiesa di San Quirino, nel capoluogo friulano. (A cura di Alessandra De Gaetano)

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    24 Ore nel Mondo



    Scontri a Teheran. L'opposizione: morti 4 manifestanti

    ◊   Nuovi scontri tra le forze dell’ordine e gli oppositori del presidente iraniano Ahmadinejad a Teheran e in altre città dell’Iran, ai margine delle celebrazioni per l'Ashura, la principale festività religiosa sciita. Un sito vicino all'opposizione ha riferito che sarebbero almeno quattro le vittime tra i manifestanti e due i feriti, ma le autorità iraniane negano. Il servizio di Roberta Rizzo:

     
    Per il secondo giorno consecutivo l'opposizione scende in piazza nella capitale iraniana. E Teheran si trasforma in un campo di battaglia. Decine di migliaia di manifestanti riversati a piccoli gruppi nelle vie del centro sono stati caricati dalle forze dell’ordine schierate a presidio della città in occasione della festività sciita dell’Ashura. Gli agenti, in tenuta antisommossa, hanno lanciato gas lacrimogeni per disperdere la folla che scandiva slogan contro il regime. Cassonetti e una moto della polizia sarebbero stati dati alle fiamme mentre si contano già le prime vittime. Da ieri i siti dell'opposizione avevano diffuso appelli a dare vita a nuove proteste in occasione dell'Ashura, l'anniversario del martirio dell'Imam Hossein, la ricorrenza religiosa più importante per gli sciiti. La risposta è stata massiccia e sembra aver colto di sorpresa le forze di sicurezza iraniane. Nel frattempo sono state interrotte le comunicazioni con i cellulari nel centro della città ed è stato bloccato l'accesso a molti siti Internet. Mentre alcuni elicotteri sorvolano i cieli di Teheran continuano ad arrivare notizie di incidenti: un sito web dell'opposizione iraniana afferma che scontri fra le forze dell'ordine e gli oppositori sono in corso anche nella città di Isfahan, nel centro dell'Iran, e nella vicina Najafabad, città natale del grande ayatollah riformista Hossein Ali Montazeri, scomparso una settimana fa.

    Iraq, attacco ai cortei sciiti per la festività dell’Ashura
    Almeno cinque pellegrini sciiti sono stati uccisi e 27 feriti nel nord dell’Iraq in un attentato dinamitardo contro una processione organizzata per la festività religiosa dell'Ashura. L'esplosione è avvenuta questa mattina a Taza Kharmat, una località turcomanna 170 km a nord di Baghdad. Gli attacchi contro i cortei dell’Ashura sono iniziati martedì scorso e hanno causato 32 vittime e 164 feriti. Solo ieri in quattro attentati erano morte sette persone, tra le quali un capo tribale sunnita e alcuni pellegrini.

    Pakistan, attentati nell'anniversario dell'uccisione di Benazir Bhutto
    Almeno sei persone, tra cui quattro bambini, sono state uccise in un attentato contro la casa di un funzionato locale pachistano nel distretto di Kurrum, ai confini con l’Afghanistan. L'attacco sembra parte di una cruenta campagna dei militanti legati ad Al Qaeda contro il governo di Asif Ali Zardari, considerato filo-americano. Accanto alla profonda crisi politica il presidente deve fronteggiare una nuova andata di violenza nel giorno in cui ricorre il secondo anniversario dell’assassinio dell’ex primo ministro Benazir Bhutto, uccisa in un attentato terroristico nel 2007. Migliaia di pachistani partecipano oggi alle commemorazioni. Ma qual è la sua eredità politica? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Francesca Marino, responsabile di Stringer Asia:

    R. – Ormai è resa nulla, anche dal fatto che la Corte Costituzionale ha annullato il famoso National Reconciliation Act, con cui Musharraf aveva permesso l’ingresso nel Paese a Benazir e allo stesso Zardari, passando un colpo di spugna su tutte le accuse di vario genere e che spaziavano dalla corruzione – e nel caso di Zardari - al traffico di valuta. A questo punto, non lo stesso Zardari, perché è protetto dai suoi poteri di presidente, ma molti parlamentari governativi rischiano la galera.

     
    D. – Infatti, in questi giorni, si è parlato di un possibile colpo di Stato da parte dell’esercito...

     
    R. – Politicamente Zardari ormai non esiste più. Gilani non è mai esistito. L’esercito, dunque, non ha alcun interesse a fare un colpo di Stato aperto. In realtà a questo punto c’è un totale vuoto politico e c’è anche una lotta anche nell’esercito, che, per la prima volta, non è compatto e non è neanche d’accordo sul da farsi: una fazione tende, infatti, a seguire la famosa linea Musharraf e quindi prendere tempo per vedere come va; l’altra fazione tenderebbe invece a rompere completamente con gli americani.

     
    Attentatore aereo Usa incriminato per mancata strage
    È comparso oggi davanti al giudice, nell’ospedale di Detroit, dove si trova ricoverato, Umar Faruk Abdul Mutallab, il nigeriano che ha cercato di far esplodere, venerdì scorso, un aereo di linea in volo negli Stati Uniti. L’uomo, incriminato per tentata strage aerea, è rimasto gravemente ferito alle gambe nel tentativo di far saltare in aria il volo della Delta Airlines, decollato da Amsterdam e diretto a Detroit. L'attentatore avrebbe riferito agli inquirenti di essere stato addestrato per un mese in un centro di Al Qaida nello Yemen.

    L'esercito israeliano uccide 6 palestinesi
    Dopo mesi di relativa calma, torna la violenza nei territori. Ieri l’esercito israeliano ha ucciso sei palestinesi. Tre militanti di Fatah sospettati per l'omicidio di un colono a Natale a Nablus, nel nord della Cisgiordania. Altri tre palestinesi sono stati uccisi lungo la barriera della sicurezza a nord della Striscia di Gaza. L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha duramente condannato Israele accusandolo di sabotare gli sforzi di pace. Intanto, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha avvertito che non è ancora stato raggiunto un accordo con Hamas per la liberazione di Gilad Shalit, il caporale rapito nel 2006 a Gaza.

    Croazia al voto per le elezioni presidenziali
    Si sono aperti questa mattina i seggi per il primo turno delle presidenziali croate. Circa quattro milioni e mezzo di cittadini sono chiamati a scegliere il terzo Capo dello Stato, dall'indipendenza raggiunta nel 1991, che dovrà guidare l'ingresso di Zagabria dell'Unione Europea. Dall’estero voteranno 450 mila croati della “diaspora” e della Bosnia Erzegovina. Il favorito per succedere a Stipe Mesic, che ha lasciato l'incarico a febbraio dopo due mandati di cinque anni, è il socialdemocratico Ivo Josipovic.

    Filippine: 3 morti e oltre 20 dispersi per un naufragio
    Tre persone sono morte e 22 risultano disperse nel naufragio, avvenuto ieri, di un piccolo traghetto nel sud delle Filippine. L'imbarcazione, con a bordo 88 tra passeggeri e membri dell'equipaggio, è affondata vicino Batagas City, a sud della capitale Manila. Pochi giorni prima un incidente analogo aveva causato la morte di 27 persone.

    Mali: accordo per il rilascio degli ostaggi europei
    Un accordo tra le autorità del Mali e i terroristi di al Qaeda nel Maghreb sarebbe stato raggiunto per il rilascio dei tre cooperanti spagnoli e del cittadino francese rapiti a novembre. Lo riferisce la stampa locale, spiegando che non è possibile sapere con certezza quando termineranno i negoziati e saranno liberati gli ostaggi. Nessuna notizia invece sulla coppia italiana sequestrata la scorsa settimana, forse dallo stesso gruppo. Non è chiaro se anche loro rientrino nella trattativa.

    Crisi, appello di Trichet per la riduzione del deficit
    Il presidente della Banca centrale europea (Bce), Jean-Claude Trichet, ha avvertito che le banche devono fornire sufficiente credito e che i governi dei Paesi della zona Euro devono ridurre i deficit di bilancio per sostenere la ripresa economica globale nel 2010. Trichet ha aggiunto che per uscire dalla crisi finanziaria è necessario uno sforzo concertato per affrontare il problema della disoccupazione. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Rizzo)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 361

    È possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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